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IL CANONE DEI TESTI SACRI

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2021 18:53
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23/06/2019 17:29
 
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Al di là dei versetti biblici che citi, il problema non è se YHWH possa o meno servirsi di un malvagio, ma come come fai a sapere che si sta servendo di quel malvagio. Sappiamo infatti che dal punto di vista dei TdG la Chiesa partoriva dottrine apostate prima del IV secolo (data della creazione del canone), e dopo ha pure continuato a partorirne. Quindi, anche ammesso per ipotesi che DIo possa servirsi di un malvagio, come fai a sapere che se ne è servito solo ed unicamente per quella dottrina tra le tante, posteriore addirittura a Nicea, che è la creazione del canone?
E poi, come ricavare che DIo si possa servire di malvagi? Non leggendo la Bibbia spero. Non si può infatti usare come metro di misura del canone una teoria che sarebbe vera solo dopo aver già dimostrato che quel canone è corretto. Non ha senso infatti ad esempio dire che Dio s'è servito di re Ciro, e dunque può servirsi anche di altri malvagi, se prima non mi spieghi come fai a sapere che DIo s'è servito di Ciro senza passare dai libri del canone attuale che non hai ancora dimostrato essere canonici. E' un circolo logico, perché presumi per convalidare il canone degli aspetti teologici che hai ricavato da quel canone stesso, e così, ciò che dovrebbe stare solo alla conclusione del ragionamento, viene messo tra le premesse. E' la stessa cosa che accade quando dicono "già Pietro cita Paolo e le sue lettere". Ma per fare questo ragionamento tu devi prima dimostrare che l'epistola di Pietro fa parte del canone, e solo allora potrai usare le informazioni ivi contenute per argomentare. 

http://www.christianismus.it/modules.ph ... =20&page=5
QUi c'è scritto:"Un testo interessante, che documenta il nuovo uso dell’espressione «Nuovo Testamento», è quello di un anonimo scrittore antimontanista citato da Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica V,16,3), e che probabilmente scrisse intorno al 190; egli afferma: «Temevo ed evitavo che a qualcuno sembrasse che io volessi aggiungere o imporre qualcosa alla parola del Nuovo Testamento evangelico, alla quale chi ha scelto di vivere secondo il Vangelo non può aggiungere o togliere niente». Prima di questo periodo si usavano altre espressioni: ad esempio, verso il 150 si indicavano l’AT e il NT come «i Libri e gli apostoli».

Questo anonimo autore del quale parla Eusebio,sembra riconoscere già nel 190, periodo nel quale scrive, un canone del N T.
 A fine II secolo, data in cui scrive l'anonimo, il canone nella Grande Chiesa contava un corpus di 22 dei 27 libri attuali. Il contentenuto del Nuovo Testamento, come già detto, è fluttuato tra II e IV secolo.

 L'anonimo del 190 d.C., esattamente come il canone muratoriano di 10 anni circa prima, presentano un canone che quella gente credeva chiuso. Ma non fu così, in quanto di discendenti di costoro aggiunsero altri libri, che magari erano già canonici in alcune aree geografiche, e invece altri ne tolsero.
Come già detto infatti, finché non c'è un' autorità infallibile col potere di sigillare il canone, cioè la Chiesa in un Concilio Ecumenico, esso potrebbe essere ampliato e decurtato a piacere, così come avvenne infatti nella Grande Chiesa tra II e IV secolo.
I TdG cioè non hanno nessuna possibilità di spiegarci perché credono che quel canone sia chiuso. Se non c'era nel I secolo, né nel II, né nel III, che valenza può mai avere per loro un canone chiuso nel IV sec.? Perché si basano sullo stadio tardo a cui giunse questa dottrina, cioè il canone, solo nel IV secolo, e non invece su come esso era nel III, o nel II? Ma l'apostasia non era cominciata per loro a fine I secolo? E se è così, cosa se ne fanno di una dottrina del IV, non attestata mai nella forma attuale prima questa data?

Se è cosi' allora perchè le Bibbie cattoliche odierne preferiscono a volte varianti testuali del testo greco o del testo ebraico che alterano la comprensione dottrinale e che sono differenti da quella della Vulgata? Prendiamo un esempio ancora più estremo che va oltre con quanto detto sopra: la CEI 74/2008 scrivono su Siracide 25:31 Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo è una donna che mantiene il proprio marito. Eppure queste parole, sono tutte inventata di sana pianta. Non esistono nè nel Siracide greco, nè in quello ebraico e tantomeno nella versione della Vulgata. A quale ortodossia dottrinale cattolica si starebbe facendo riferimento?


Non confondiamo i piani. E' una cosa che ho già spiegato: la Vulgata è esente da errori dottrinali, come ho scritto, ma ciò non dice nulla sulla presenza o meno da errori filologici. Voglio dire che se nella Vulgata ci fosse una traduzione erronea dal greco, la Chiesa avrebbe comunque dichiarata libera da errori dottrinali la traduzione latina latina. Questo non vuol dire che il testo greco originale non sia ispirato, vuol dolo dire che la traduzione latina è dichiarata ortodossa e libera da errori. 
Comunque la domanda che poni travagliò la Chiesa ai tempi della controversia modernista, perché alcuni esponenti della Chiesa sostenevano che, essendo la Vulgata libera da errori dottrinali, tanto valeva tradurre da quella. Sarà bene dunque riportare in vita un'eco di quella controversia, e leggere cosa rispose l'abate Ricciotti, il maggior biblista italiano della prima metà del '900, che invece difendeva l'uso dell'ebraico: 

"Conosciamo benissimo la vecchia obiezione. Ci si dirà : Per il cattolico di rito latino il testo genuino della Bibbia è la Vulgata latina, dichiarata autentica dal concilio di Trento ; egli quindi potrà, e forse anche dovrà, fare a meno di ogni altro testo biblico. — La risposta è facile : quale sia la vera portata delPinvocato decreto del Tridentino, è stato nettamente delineato dai teologi più moderni e più sicuri ; a noi basterà rimandare in proposito a una pubblicazione che va per le mani di tutti e che, se non ha valore ufficiale, ne ha uno ufficioso, insieme con sovrabbondanti garanzie di ortodossia, cioè al testo per seminarii pubblicato dal Pontificio Istituto Biblico, De textu SS. Scripturarum auctore P. A. Vaccari S. J., Ro- mae 1926, p. 222 ss. ; da esso risulta che il decreto del Tridentino non proibisce allo studioso di ricorrere ad altri documenti antichi, fuori della Vulgata, per stabilire il testo genuino della Bibbia. — Ma a chi ricorresse, ancora oggi, a quella obiezione si può rispondere anche invitandolo ad un esame di coscienza. E’ inesorabilmente passato il tempo in cui poteva venire in mente a qualche teologo, digiuno naturalmente di studi storico-critici, che la Vulgata fosse testo autentico etiam quoad omnes litteras et apices, anzi che fosse addirittura ispirata, in quanto versione latina, dallo Spirito Santo (vedi citazioni in H. Hopfl, Introductionis in sacros utriusque Testamenti libros compendium, I, Romae 1922, p. 296 ss.). Questo tempo è passato : e oggi unanimemente si interpreta il decreto del Tridentino come limitato ai passi della Bibbia toccanti la fede e i costumi, e come riferito alla Vulgata in confronto con altre traduzioni latine, non con i lesti originali (ebraici, aramaici e greci), nè con antiche traduzioni orientali. Chi, dunque, può ancora invocare quel decreto ?
Guardiamoci bene negli occhi, egregio con-tradditore, e parliamoci con sincerità. E’ proprio lo zelo per l’ortodossia e per la disciplina che vi spinge ad invocare quel decreto, o non piuttosto il desiderio di trovare una giustificazione alla vostra imperizia? Credete voi che un decreto d’un concilio ecumenico possa autorizzare la vostra ignoranza, e sanzionare la vostra incompetenza ? Se voi non siete in grado di fare quanto è necessario per stabilire il genuino testo della Bibbia, che volete citare anche fuori di passi toccanti la fede e i costumi, fareste molto meglio a non citarla, per non far passare per parola di Dio ciò che non è punto tale. Credete voi che le scienze teologiche non progrediscano e non si perfezionino ? Se volete convincervene, e se siete buon cattolico, ispiratevi, oltreché ai decreti della Chiesa interpretati legittimamente e non violentemente, anche alla pratica ufficiale ed ufficiosa della Chiesa stessa.” (Giuseppe Ricciotti, Bibbia e non Bibbia, 1943, Brescia, Morcelliana, pp. 44-45)



"Prendiamo un esempio ancora più estremo che va oltre con quanto detto sopra: la CEI 74/2008 scrivono su Siracide 25:31 Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo è una donna che mantiene il proprio marito. Eppure queste parole, sono tutte inventata di sana pianta. Non esistono nè nel Siracide greco, nè in quello ebraico e tantomeno nella versione della Vulgata. A quale ortodossia dottrinale cattolica si starebbe facendo riferimento? "


Ma siamo seri... Come puoi credere che il meglio dei professori di filologia biblica si inventino versetti? Tanto varrebbe credere ai complottisti ufologi che credono all'area 51 nel Nevada con alieni all'interno...
Il testo greco non esiste, ce ne sono infatti due recensioni, una breve ed una lunga. L'ebraico similmente, pur nella forma frammentaria che c'è pervenuta, ha due versioni, una breve ed una lunga, la vetus latina e la Vulgata seguono per lo più la recensione lunga, ma con diverse varianti. Quando affermi che non c'è né in greco né in ebraico, a che recensione ti riferisci, a che edizione critica?
LA CEI traduce dal testo critico più corrente, quello curato da J. Ziegler. Comunque il versetto greco è: "ὀργὴ καὶ ἀναίδεια καὶ αἰσχύνη μεγάλη γυνὴ ἐὰν ἐπιχορηγῇ τῷ ἀνδρὶ αὐτῆς."
Dove hai letto che questo versetto non esiste? Dubito che un qualsiasi filologo abbia potuto dirti una cosa simile. Ti consiglio in futuro di scegliere meglio le tue fonti, perché non ci può documentarsi di filologia presso dei dilettanti.


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