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L' ultimo volo dell' aquila

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2010 18:04
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L’ ultimo volo dell’ aquila

Il vecchio Yaya aveva quasi sessant’ anni ed era il più vecchio della sua tribù. Era malato e sentiva che ormai la sua ora stava per giungere. Molte lune prima era morta la sua cara sposa e ormai i figli erano tutti sistemati e vivevano le loro vite da soli. Prima che le forze lo abbandonassero del tutto raccolse le sue cose e si allontanò dal villaggio, senza che nessuno se ne accorgesse, per intraprendere il suo ultimo viaggio. Sarebbe morto in pace, di notte, con gli occhi fissi verso il cielo stellato. Era la stagione secca e non avrebbe piovuto per mesi e egli sperava di finire il suo tempo portando con se l’ immagine della stella più luminosa che per tanti anni aveva guidato il suo popolo lungo le migrazioni dalle montagne della neve alle grandi vallate del sud.
Aveva scelto il luogo dove morire tanti anni addietro. Quando venne il tempo del grande cambiamento, lo avevano mandato ad affrontare la prova del grande coraggio, necessaria per essere accettato dal mondo degli adulti, si era trovato a vagare per giorni nelle foreste delle grandi colline alla ricerca dell’ animale simbolo da esibire al suo ritorno e del quale avrebbe preso il nome e la personalità. In cima ad un picco alla base di una montagna, aveva visto il nido di un aquila. Si inerpicò fino alla cima e, dopo un pomeriggio di attesa, nascosto tra i cespugli, riuscì a cogliere di sorpresa l’ aquila uccidendola con un colpo di lancia prima che potesse riprendere il volo. Al suo ritorno, fu accolto con gli onori riservati solo ai grandi cacciatori e potè prendere in sposa la più bella ragazza della tribù. Lo stesso giorno aveva deciso che quel luogo sarebbe stata la sua tomba.
Dopo un lungo cammino ritrovò il picco e cominciò subito a salire la montagna, ma le gambe malferme si stancarono presto e questo gli fece capire che l’ impresa sarebbe stata tutt’altro che semplice, ma la sua determinazione e la convinzione che gli dei avrebbero gradito il suo gesto, gli fecero trovare una forza inaspettata. Dopo quasi un pomeriggio di sforzi riuscì ad arrivare fino alla vetta dove c’ era il nido. Sul suo capo, legata ad una ciocca di capelli bianchi, teneva la penna più lunga della coda di quell’ uccello che tanta fortuna e valore gli aveva donato. Stremato si sedette con la schiena appoggiata ad una roccia, si avvolse nel mantello e cominciò a cantare. Era una preghiera rivolta agli dei del cielo, perché lo accogliessero tra loro. Lì avrebbe riabbracciato la sua amata moglie, i suoi genitori, i suoi fratelli e tutte le persone che aveva conosciuto in vita e che erano morte prima di lui. Ultimamente aveva passato molte ore della sua giornata a comporre quella canzone ripensando e cambiando più di una volta le parole. Voleva che fosse perfetta, solo così sarebbe stato ascoltato dagli dei:

Oh miei amici scomparsi
da qui dove il cielo e la terra si toccano
vedo i grandi fiumi
scorrere fino al lago azzurro
il cui ventre partorì il nostro popolo.

Vedo le cime degli alberi
e il nero delle rocce
dove vive libero il leone
che ha insegnato ai cacciatori
come uccidere il grande cervo.

Sento la brezza fredda
scendere dalle vette più alte,
la stessa che rinfresca
le sere passate davanti al fuoco
durante la stagione secca.

Sono un aquila e volo
sulle correnti calde
sopra le foreste e guardo
gli animali correre impauriti
nel vedere la mia ombra.

Ascolto il rumore delle ali
quando superano il vento
mentre mi dirigo veloce
verso l’ ultimo arcobaleno
per rubarne tutti i colori.

Salgo verso il sole
dove le mie piume bruceranno
e nudo tornerò a te, madre,
come una foglia
caduta da un ramo
che aspetta che il tempo
la faccia ridiventare terra.

Cantò tutta la notte senza sosta, finchè ebbe voce. Poi si accasciò e morì con la stessa dignità con cui era vissuto.
Il mattino seguente un’ aquila volò alta sopra il villaggio gridando la sua presenza e tutti, alzando gli occhi verso il cielo, capirono che il vecchio Yaya non c’ era più e gli dei lo avevano accolto con loro.



Claudio
[Modificato da camilloextrema 08/02/2010 21:06]


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"ogni cosa che ha un inizio ha una fine"
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I miei più vivi complimenti...
Mi sono commossa a leggere questa storia, di come si possa morire con grande dignità... hai in un certo senso dato valore alla morte, in queste righe non è più la fine della vita, ma il suo punto culminante da vivere in pieno prima di riabbracciare i nostri cari ed iniziare l'altra vita.
E poi quel canto, che è poesia pura, mi ha fatto venire i brividi per quanto è bello ed evocativo.

Davvero complimenti e grazie per queste splendide emozioni!

Veronica [SM=x142887]
[Modificato da Stella.85 08/02/2010 22:08]
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Splendido! [SM=x142874] [SM=x142874] [SM=x142874]


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La mente è come un paracadute, funziona soltanto se si apre.
A. Einstein
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E' vero! Sei bravissimo in poesia, ma anche nella prosa. I tuoi racconti sono avvincenti, dolci, significativi e riflettono molto il tuo modo di essere. Sono sempre piu' felice di leggerti [SM=x142922]


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Giovanna
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10/02/2010 10:51
 
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Ho voluto rileggerlo a mente fredda, con più calma…
Un bellissimo racconto…commovente fin dalle prime righe…molto significativo…
Complimenti!!!!!
[SM=x142861]
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10/02/2010 18:38
 
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Vi ringrazio tutti per la lettura e per i vostri lusinghieri commenti.

Un abbraccio.


Claudio


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"ogni cosa che ha un inizio ha una fine"
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Re:
camilloextrema, 10/02/2010 18.38:

Vi ringrazio tutti per la lettura e per i vostri lusinghieri commenti.

Un abbraccio.


Claudio



Tutto strameritato!!!!

Veronica [SM=x142887]


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emozionante fin dalla prima riga il racconto e la poesia, sei bravissimo! [SM=x142874] [SM=x142874] [SM=x142887]


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chiaraluna
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Di nuovo grazie Veronica!!
E grazie anche a te Fiorella.

Un abbraccio.


Claudio


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"ogni cosa che ha un inizio ha una fine"
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