Il prof.Luigi Garlaschelli è tornato ad occuparsi di Sindone ma lo studio appare ancora superficiale.


Uno studio che non dovrebbe essere accettato su una peer review, ed ecco perché.


 


Gent.mo prof. Luigi Garlaschelli, lei aveva già provato nel 2010 a produrre un falso della Sindone pubblicando i risultati sulla rivista Micromega, un tentativo che aveva subito mostrato di aver fallito il suo scopo come mostra senza margini di dubbio anche confronto superficiale delle due immagini che sono una disegnata e l’altra ottenuta per disidratazione di un sottilissimo strato del lino, un effetto che il CNR ha ottenuto solo con impulsi ad altissima energia della durata non superiore a 50 miliardesimi di secondo:



Ma nonostante l’evidente inadeguatezza tale tentativo era invece stato ugualmente preso per buono dalla nota rivista che nel 2010 titolava sulla ‘dimostrata’ falsità del reperto:



Adesso lei si è riproposto di tornare sull’argomento puntando su un altro punto, sulla presenza cioè di rivoli di sangue sugli avambracci dell’uomo della Sindone, per farlo ha condotto una prova documentata anche con un video:


 


Diciamo subito che per testare il percorso della colata di sangue lei ha avuto l’accortezza di impiegare del vero sangue umano, scelta interessante, ma poi ha fatto delle scelte e delle considerazioni che francamente non ci si aspetterebbe da professori come lei e il prof. Matteo Borrini che l’ha affiancata in questa occasione. In primo luogo la prova è stata effettuata con il braccio non in appoggio sul supporto in legno che avrebbe inevitabilmente condizionato lo scorrere del sangue.


Un errore non da poco che oggettivamente sorprende da parte di due professori di cui uno di antropologia forense dal quale ci si sarebbe aspettati una ricostruzione più completa delle condizioni reali. Così come ci si sarebbe aspettati delle considerazioni più informate sulle macchie di sangue presenti sul telo, macchie che lei liquida come (presunto), con tanto di parentesi. Chi legge non viene quindi informato delle conclusioni alle quali giunsero indipendentemente nel 1981 J.H. Heller,  A.D. Adler e B. Bollone che stabilirono la natura ematica delle macchie esaminate. Non solo, venne accertata la presenza di bilirubina (indizio di uno stato di sofferenza e sforzo fisico)  e quella di siero nelle zone adiacenti alle macchie stesse, sarebbe stato quanto meno corretto spiegare perché lei dubiti ancora della presenza di sangue, non crede? Come verrebbe valutato su una peer review un articolo con queste incompletezze?


Lei prof. Garlaschelli poi dichiara, senza entrare nello specifico delle contestazioni, che accetta come corretta la datazione al C14 effettuata nel 1988, una datazione viziata da una serie di scorrettezze procedurali che avrebbero fatto invalidare qualsiasi altra ricerca, al riguardo può visionare il documentario “La notte della Sindone” che le fornirà elementi in abbondanza.


Quali sono infine le conclusioni alle quali giungono i due ricercatori?


Eccole in poche righe:



 Le conclusioni sono che l’angolo, la posizione e la forma di queste colature coincidono a quelle che si verificherebbero in un uomo con le mani inchiodate quasi verticalmente, in una specie di posizione a Y, ma non esattamente sopra la testa, come se fossero inchiodate a un unico palo verticale (come sostengono i Testimoni di Geova).



In poche parole niente di nuovo, come infatti fa notare la testata New Scientist, si tratta di una posizione già presente in numerose rappresentazioni iconografiche e che non ha mai sollevato alcun problema di congruità con la tradizione, al riguardo allego una foto da me personalmente ripresa in questi giorni alla Scala Santa a Roma, uno dei luoghi più rappresentativi del cattolicesimo:



 A queste immagini se ne può affiancare un’altra compatibile con le tracce ematiche segnalata dalla eserta prof. Emanuela Marinelli in un articolo su Tempi:



 In pratica lo studio si conclude con un nulla di fatto, data la posizione dei due autori si sarebbe potuto fare di meglio, non crede?


Onesta la segnalazione del finanziamento da parte dell’UAAR, come nel caso precedente, ma era davvero necessario quel finanziamento? E per cosa, per comprare il sangue scaduto?


Un consiglio prof. Garlaschelli, se davvero lei e il CICAP volete dare un contributo alla conoscenza della verità sul reperto archeologico che va sotto il nome di Sindone dovreste lavorare in collaborazione di altri studiosi come la prof. Marinelli, perché non lo avete mai fatto?


Perché il CICAP non ospita un confronto tra i diversi studi e i diversi ricercatori?


Finché questo non avverrà il CICAP non potrà svolgere la funzione che si prefigge lasciando trasparire una sbiadita immagine di scientificità che cede il posto alla superficialità e a giudizi preconcetti.