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LA VERA SCIENZA RAFFORZA LA FEDE

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2021 17:33
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07/01/2010 09:24
 
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In passato soprattutto, molti pensavano che la fede non trovava riscontri nelle scoperte che si andavano facendo nei vari campi del sapere.

Oggi, sempre di più, con l'affinamento degli strumenti di indagine e con le ulteriori ricerche, la scienza conferma quanto la Fede espone e invita a credere.

In primo luogo, un Dio Creatore e ordinatore di un universo che sempre più manifesta un disegno sapiente.
I post che seguono, documentano alcuni aspetti della grandezza, della complessità unitaria e dell'impronta di un Essere trascendente e al contempo vicino alle sue creature.

[Modificato da Credente 09/02/2021 17:33]
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12/04/2010 23:24
 
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Quando il genio crede in Dio

di Claudio Damioli

Dice bene il Papa: Dio non manda in pensione l'intelligenza dell'uomo. Fede e
ragione convivono: si puo essere un genio ed amare il Creatore. Le prove della storia.

Stando a quel che dice il Papa, possono e devono coabitare: fede e ragione non si escludono a vicenda, 1'una aiuta 1'altra a conoscere la verità su Dio e sull'uomo. Il succo della recente Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et ratio, può essere sintetizzato in questa semplice, profonda consapevolezza. Non tutti, ovviamente, concordano con il pensiero del Santo Padre. Non manca chi lo contesta, sostenendo che dove trionfa la ragione deve sloggiare la fede. Ma è la storia, sono i fatti innanzitutto a dar ragione al Papa. E questi fatti, bisogna conoscerli. Chi crede in Dio puo star tranquillo. Da sempre, ininterrottamente fino ai nostri giorni, i più grandi "cervelli" dell'umanità dimoravano nel cranio di uomini di fede. Molti di coloro che sono universalmente riconosciuti come geni, credevano in Dio e pregavano il Creatore. Non risulta che abbiano mai riscontrato dissidi insuperabili tra la fede che professavano e la ragione che utilizzavano alla massima potenza. E tutto questo sia detto con buona pace degli scettici, pronti a sentenziare "aut fides aut ratio", o fede o ragione, certi che per far posto alla fede bisogna mettere a riposo la ragione. Tranquilli, cattolici: la storia, i fatti, 1'esperienza, come vedremo, sono di tutt'altro parere. Troppo facile parlare dei filosofi. I più grandi credevano in Dio. Platone e Aristotele, due geni del pensiero, erano certi della sua esistenza, senza avere mai letto un solo rigo delle Sacre Scritture. Credenti, e santi, i sommi Agostino, Anselmo d'Aosta, Alberto Magno e Tommaso. Santo e anche Bonaventura. Pascal e Vico erano cattolici. E avevano fede pensatori del calibro di Cartesio e Leibniz, di Rosmini e Kierkegaard, di Bergson e Solovev, di Gilson e Del Noce. E anche Kant credeva in Dio (ma quanti errori in questo filosofo). Dalla filosofia alla scienza, il discorso non cambia. Anche in questo campo, il pensiero del Papa trova innumerevoli conferme nei fatti. Ed è un fatto innegabile che i più grandi scienziati di tutti i tempi erano, o sono impregnati di profonda religiosità. Gli esempi abbondano. Copernico era un religiosissimo canonico; Newton passava dagli studi sulla gravitazione universale alle pratiche di religione e di carità; saltava pasti e dormiva pochissimo, ma non tralasciava mai di pregare. Galileo Galilei era cattolico convinto, al punto di lasciar scritto che "in tutte le opere mie, non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa". Keplero era credente; Boscovich, che era astronomo, fisico, matematico, architetto, storico e poeta, un vero genio universale, era anche gesuita. Credeva in Dio Ampere, e cosi Pasteur, il fondatore della microbiologia e della immunologia, che era una vera, autentica anima religiosa; Mendel, lo scopritore delle leggi che regolano l'ereditarietà dei caratteri, era frate agostiniano e sacerdote. I modernissimi Plank, Einstein e Bohr credevano in Dio. Il Nobel Rubbia, scienziato di prim'ordine e credente in Dio, ha dichiarato: "Noi [i Fisici] arriviamo a Dio, percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell'irrazionale". Non dimentichiamo, infine, un altro illustre italiano, Antonino Zichichi, uomo di fede e scienziato a tutto tondo. E questi sono soltanto una piccola parte Prendiamo dunque atto che 1'idea che scienza e fede siano tra loro incompatibili, come per anni ci hanno insegnato a scuola, è totalmente falsa. Non dunque "aut fides aut ratio", ma "fides et ratio", come insegna il Papa nella sua ultima Enciclica. Ne era convinto anche il tedesco Max Plank (1858-1947), uno dei padri universalmente riconosciuti della fisica del nostro secolo, premio Nobel, che scriveva nel 1938: "Per quanto si voglia guardare, non troviamo da nessuna parte, tra religione e scienza, una contraddizione, ma precisamente, nei punti più decisivi, perfetta concordanza. La religione e le scienze naturali non. si escludono a vicenda, come molti oggi credono o temono, ma si completano e si connettono reciprocamente". Gli fa eco, ai nostri giorni, un altro fisico di spessore internazionale, 1'italiano Antonino Zichichi, direttore del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana, di Erice, in Sicilia: "L'antitesi scienza-fede e la più grande mistificazione di tutti i tempi. La scienza studia l'immanente, le cose che si toccano. Come ha già detto Galilei, 1'immananente non entrerà mai in conflitto con il trascendente che appartiene alla fede. Mondo materiale e mondo spirituale hanno la stessa origine dal Creatore". Lo scrittore Vittorio Messori, apologeta di prim'ordine, rispondendo a Michele Brambilla che lo intervista sulla compatibilità tra scienza e fede, dichiara nel suo Qualche ragione per credere (Mondadori,1997): "Bisogna stare attenti a non cascare nel trappolone che vorrebbe convincerci di un divorzio irreparabile e unanime tra scienza e fede, non appena si entra nell'epoca moderna, Prendi, ad esempio, uno dei simboli e dei fattori pii potenti della "modernità": l'energia elettrica. Alessandro Volta era un uomo da messa e da rosario quotidiani; Andre-Marie Ampere scrisse addirittura delle Prove storiche della divinità del Cristianesimo; Michael Faraday alternava straordinarie invenzioni a predicazioni del vangelo sulle strade inglesi; Luigi Galvani era devoto terziario francescano; Galileo Ferraris un austero, esemplare cattolico praticante; Leon Foucault, il primo che calcolò la velocità della luce, un convertito.. Come vedi, mi sono limitato al campo "elettrico", ma potrei tediarti dandoti liste analoghe per ogni altra disciplina scientifica" . Certo, non tutti gli scienziati soprannominati erano, o sono cattolici. Ma tutti erano e sono convinti dell'esistenza di Dio, ed e quanto basta per dimostrare concretamente, contro chi lo nega, che Fides et ratio, fede e ragione possono convivere benissimo. A meno di voler ammettere una assurdità: e cioè che i summenzionati luminari, quando si occupavano di Dio, pensionavano la ragione. Dai geni della scienza a quelli della letteratura e della poesia, la storia non cambia. Il sommo Dante in testa a tutti, e poi Petrarca, ma anche Shakespeare, Milton, Dostoievski, Manzoni, il Nobel Grazia Deledda ("cattolica a tutte lettere", la de6nisce il gesuita Sommavilla) per arrivare a Claudel E poi Lewis, Bernanos, il Nobel Mauriac, Julien Green, Tolkien, Peguy, Chesterton, Elliot, per concludere con il russo Solzenicyn (il più grande scrittore russo di questo secolo, implacabile accusatore dei misfatti del Comunismo) fino al cattolicissimo Eugenio Corti, autore de ll cavallo rosso. Stessa musica nel campo dell'arte. Giotto, il Beato Angelico (era un frate), Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Bramante, Rembrandt, per citare solo alcuni tra i talenti più noti, non si spiegherebbero senza la fede. Tutto il loro genio è emerso in dipinti e sculture a sfondo religioso. Fede e ragione convivono, insegna la storia. A chi lo nega, vien bene suggerire quel che diceva Gustave Thibon, il francese autodidatta, un genio della umana saggezza: "Chi riputa di essere l'immagine di Dio, sarà in eterno la sua scimmia".

Ricorda

"L'universo è regolato con estrema precisione. [...] Il Big-Bang originale doveva possedere una certa densità, le stelle produrre carbone; la terra, trovarsi a una certa distanza dal sole; l'atmosfera, avere una buona composizione. Era necessario tutto questo perchè comparisse la vita. Erano possibili migliaia di altre combinazioni. I fisici le ricreano in laboratorio, ma nessuna ha originato la vita. Questo concorso di circostanze è troppo straordinario perchè il caso ne sia il solo responsabile. Ecco perchè sono certo che c'e un Creatore". (Trinh Xuan Thuan, astrofisico americano di origine vietnamita, in Rene Laurentin, Dio esiste ecco le prove, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997, p. 70).

Bibliografia:

Giovanni Paolo II, Fides et ratio, Città del Vaticano 1999.
Jean Guitton, Grichka e Igor Bogdanov, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1992.
Antonino Zichichi, Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo (tra Fede e scienza), Il Saggiatore, Milano 1999.

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12/04/2010 23:29
 
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Una via che conduce a Dio
di Eugenio Corti

Le scoperte scientifiche confermano che l’universo è opera di un Creatore intelligente. Con buona pace del caso: che non ha logica e manca di buon senso.

[Da "il Timone" n. 10, Novembre/Dicembre 2000]

Leggo che secondo il filosofo Gianni Vattimo (uno dei capifila del "pensiero debole", che va ora per la maggiore in Italia e in Occidente) la scienza sarebbe nel nostro tempo il luogo in cui risulta più evidente il naufragio del pensiero metafisico, tanto che proprio essa darebbe oggi senso e compimento al programma nietzscheano della morte di Dio.

L'affermazione mi sorprende, anche se da tre secoli ormai in pratica dal tempo delle prime scoperte astronomiche moderne sentiamo parlare d’incompatibilità tra scienza e fede. Nella Bibbia tali scoperte non sono contemplate, e ciò inficiava, a giudizio di più d’uno. L’ intero testo sacro, anzi inficiava la stessa esistenza di Dio, almeno del Dio della Bibbia.

Purtroppo tale discorso ha turbato in passato la fede di diversi credenti, i quali convenivano che in effetti la Bibbia avrebbe dovuto tener conto delle scoperte fatte dalla scienza nei secoli successivi alla sua stesura, in particolare nel Milleseicento e nel Millesettecento. Ma ci chiediamo noi perché non anche delle scoperte fatte nel nostro secolo allora (il big bang, le galassie, le macrocelle, le nane bianche, le supernove, i "buchi neri" al cui margine il tempo si arresta, nonché i quasar, i neutrini, i muoni, i pulsar, gli spin, e tante altre ancora)? E perchP non avrebbe dovuto tener conto, la Bibbia, anche delle scoperte che verranno fatte nei secoli e millenni a venire, finché l’uomo abiterà la terra? In questo caso però le parole del sacro testo non sarebbero state comprese dai lettori cui erano rivolte: sia e quelli contemporanei alla sua stesura, sia da quel venuti dopo mille, o duemila anni, e neanche da noi: per millenni tali parole avrebbero semplicemente costituito una cabala incomprensibile.

Oggi sappiamo che l’universo al suo inizio, cioè al momento del big bang (da 10 a 20 miliardi di anni fa) era composto di materia oscura ultracompressa, che mentre si espandeva divenne luminosissima. Fu quella la prima luce, e raggiunse un tale intensità, quale non si sarebbe più avuta in seguito. Quanto al nostro sole, sappiamo che - essendo una stella di seconda o terza generazione, si è formato diversi miliardi di anni più tardi.

Affascinante oltre ogni immaginazione è in realtà la storia dell’universo che la scienza ci propone oggi. Gli scienziati com’è giusto hanno effettuato il loro lavoro di ricerca senza farsi condizionare dal presupposto dell’esistenza o no di Dio. Ed ecco: nei credenti di oggi, incluso l’estensore delle presenti note, l’impressione è che il procedere scientifico (forse perché consiste in continue individuazioni di frammenti della verità) riporti di continuo a Dio. Certo - come i cristiani sanno - le cose sono organizzate in modo che l’uomo non sia costretto, quasi obbligato fisicamente, a dichiarare che crede (la libertà, infatti che nella sua fase più alta è libertà di aderire a Dio, o di respingerlo fa parte costitutiva della natura umana: senza tale libertà l’uomo sarebbe snaturato). Comunque oggi non meno di un tempo, mano a mano scopre nuovi aspetti della realtà che lo circonda, l’uomo si trova puntualmente davanti all’evidenza di un’azione pregressa di Dio creatore. La vita è comparsa sulla terra circa 3,7 miliardi di anni fa; per tre miliardi di anni dopo la sua comparsa gli unici esseri viventi sul nostro pianeta sono stati i batteri e le alghe azzurre.

Come si è formata la vita? Per creazione diretta di Dio, oppure per una "legge" che Dio aveva iscritta nel cuore della materia fin dal momento in cui l’aveva creata? La Bibbia, mentre è chiara ed esplicita in merito alla creazione diretta ad opera di Dio tanto della materia, che dell’anima dell’uomo (rispettivamente all’inizio e al termine del suo processo creativo), circa la comparsa della vita non è altrettanto univoca. Riporta infatti alcuni comandi del Creatore: "La terra produca esseri viventi... Le acque brulichino di esseri viventi...", ecc., ma dice anche: "Dio creò i grandi mostri marini..." ecc. Tuttavia, che la comparsa della vita non sia stata lasciata unicamente al caso ci sembra risulti evidente da diverse constatazioni scientifiche. Per esempio da quanto scrive Grichka Bogdanov: "Una cellula vivente è composta di una ventina di aminoacidi che formano una ’catena’ compatta. La funzione di questi aminoacidi dipende a sua volta da circa duemila enzimi specifici... I biologi giungono a calcolare che la probabilità che un migliaio di enzimi differenti si raggruppi per caso in modo ordinato fino a formare una cellula vivente (nel corso di una evoluzione di diversi miliardi di anni) è dell’ordine di 1 seguito mille zeri contro 1".

Bogdanov ci mette anche davanti al tempo necessario perché si verifichi uno solo dei diversi passaggi necessari per arrivare alla prima cellula vivente: "Affinché la formazione dei nucleotidi porti ’per caso’ all’elaborazione di una molecola di RNA (acido ribonucleico) utilizzabile, sarebbe stato necessario che la natura moltiplicasse i tentativi a caso per un tempo di almeno anni 1 seguito da 15 zeri (cioè un milione di miliardi di anni), il che è un tempo centomila volte più esteso dell’età complessiva del nostro universo" (Grichka Bogdanov, Igor Bogdanov, Jean Guitton, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1992, p. 44). Non meno illuminante è quanto ha detto il prof. Bucci del campus biomedico universitario di Roma, nel corso di un congresso internazionale avente per tema "La probabilità nelle scienze": "Supponiamo che io vada in una grotta preistorica, e vi trovi incisa, su una parete, una scritta, per esempio: ’Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la dritta via era smarrita’, e che io dica ai miei colleghi: in quella grotta, a causa dell’erosione dell’acqua, della solidificazione dei carbonati e dell’azione del vento, si è prodotta, per caso, la prima frase della Divina Commedia. Non mi prenderebbero per matto? Eppure non avrebbero nulla da ridire se dicessi loro che si è formata per caso la prima cellula vivente, che ha un contenuto d’informazioni equivalente a 5000 volte l’intera Divina Commedia".

Nonostante constatazioni come queste, c’è chi non vuol riconoscere che a monte di ogni cosa ci sia un’Intelligenza e un’azione creatrice, e propone che il tutto provenga dal caso. Francamente non possiamo dire che sia una proposta costruita sulla logica, né sul buon senso.

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Obiettivamente è difficile accettare che questo nostro stupefacente ordine cosmico, capace di ospitare e dar forma alla straordinaria complessità della vita e dell’intelligenza, sia frutto di un fortunato lancio dei famosi dadi di Einstein. Anzi, a ben vedere, la similitudine del gioco dei dadi appare perfino sottodimensionata rispetto all’altissima improbabilità che si verifichino spontaneamente tutte le coincidenze indispensabili per la formazione dell’attuale universo. Come dice Trinh Xuan Thuan: "Si potrebbe paragonare la precisione di questa regolazione all’abilità di un arciere che riuscisse a ficcare la sua freccia al centro di un bersaglio di un centimetro quadrato da una distanza di 15 miliardi di anni-luce, l’età del cosmo"". (Roberto Timossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999, p. 328).

Bibliografia

Eugenio Corti - Giancarlo Cavallari, Scienza e Fede, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995.
Jean Guitton - Grichka Bogdanov - Igor Bogdanov, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1991.
Antonino Zichichi, Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra Fede e Scienza, II Saggiatore, Milano 1999.
Rene Laurentin, Dio esiste: ecco le prove. Le scienze erano contro. Ora conducono a Lui, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997.
Roberto Timossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999.
Stanley L. Jaki, Dio e i cosmologi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991.

© Il Timone

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10/05/2012 17:17
 
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Come la metafisica medievale anticipa la fisica moderna

 
 
di Giorgio Masiero*
*fisico e docente universitario

 
 

Quando al liceo l’insegnante di filosofia ci parlò dei paradossi di Zenone (la freccia che non raggiunge mai il bersaglio perché prima deve fare metà strada, e prima ancora un quarto di strada, e così via, sicché deve passare per infiniti punti prima di toccare l’obiettivo; o Achille piè veloce che non può sorpassare la tartaruga…), io rimasi muto: di quanti istanti è fatto un intervallo di tempo? Come si concilia il moto con la geometria? E ristetti perplesso, con una punta d’amaro in bocca, allorché il professore di matematica presunse di confutare Zenone con le serie geometriche convergenti. Per Euclide il cammino della freccia è un segmento, questo è composto soltanto di punti, che sono infinitiperché, per un assioma, tra due ce n’è sempre uno in mezzo; inoltre, il punto è indivisibile e ha lunghezza zero. Ma 0 + 0 + 0 +… = 0, e allora, ci sfida Zenone, da dove emerge la lunghezza del segmento? Un caso matematico di “ciliegina sulla torta” come la coscienza nei cervelli neodarwinisti? 150 anni fa il matematico tedesco G. Cantor infierì sulla piaga, “contando” gli infiniti e dimostrando che in 1 cm ci sonotanti punti quanti in 1 km, anzi quanti nello spazio illimitato: per l’esattezza Alef1, né più né meno. Ma allora di che cosa è fatta la lunghezza di un segmento? Nel 1924 infine, due matematici polacchi, S. Banach e A. Tarski, dimostrarono che si può prendere una palla nello spazio euclideo, suddividerla in un insieme finito di pezzi e riassemblare i pezzi con sole rotazioni e traslazioni in modo da ottenere due palle uguali all’originale. Se ciò è vero, ed è vero in geometria, di che cosa è fatto lo spazio reale?

Ebbene, io ho trovato risposte soddisfacenti a queste domande solo nella metafisica medievale dei teologi arabi del Kalam (i Mutakallimun) e di un rabbino di Cordoba, al cospetto dei quali mi volgo ora con molto rispetto; e i dettagli quantitativi nei teoremi della fisica moderna. I Mutakallimun (IX-XII sec.) capirono che per affrontare i paradossi di Zenone occorreva partire da un’analisi dei concetti di spazio e tempo. Sul tempo, era stato Sant’Agostino (IV-V sec.) ad avviare la ricerca. I compagni pagani lo irridevano per la sua fede biblica nell’inizio del mondo: che cosa faceva Dio in tutto quel tempo, un tempo infinito, prima dell’inizio? Ebbene, Agostino anticipò la risposta che oggi dà la fisica: prima dell’inizio non c’era il tempo, il tempo è stato creato da nulla insieme al mondo. C’era arrivato con la teologia, oggi la fisica ci arriva con i teoremi di Vilenkin. Il tempo, ragionò Agostino, non è Dio: allora è una cosa creata da Dio. Se il mondo ha avuto un inizio, come c’insegna la Bibbia, anche il tempo ha avuto un inizio. D’altra parte, aggiunse, non ha senso chiedersi che cosa Dio facesse prima dell’inizio, perché non c’era un prima: “Non chiedere che cosa Dio facesse allora: non c’era allora dove non c’era il tempo” (da “Le confessioni”). Anche secondo la fisica moderna il tempo è definito solo entro l’Universo e quindi non ha senso parlare di tempo “prima” dell’inizio dell’Universo: “Sarebbe come cercare un punto a sud del Polo Sud: non è definito” (S. Hawking). Di suo, la fisica aggiunge la data d’inizio dello spettacolo (13,7 miliardi di anni fa), per la precisione quantitativa, ma questo è il suo mestiere.

Col Kalam, la metafisica fece passi ulteriori: non esiste uno spazio separato dal tempo, ma un’unità reale in cui la dimensione temporale è connessa alle tre spaziali; né lo spazio-tempo è assoluto, ma le sue estensioni sono relative all’osservatore: “Non c’è nessuna differenza tra l’estensione temporale che, rispetto ad uno di noi, distingue il prima dal poi, e l’estensione spaziale che, rispetto ad uno di noi, divide ilsopra dal sotto” (Al Ghazali, “Incoerenza dei filosofi”). In assenza di corpi né lo spazio, che ne indica la superficie limitante e le distanze reciproche, né il tempo hanno senso: “Il tempo è la durata in cui un corpo è a riposo o in moto: se il corpo è privato di questi stati cessa di esistere e anche il tempo cessa di esistere. […] Corpo e tempo co-esistono” (Ibn Hazm, “Dettagliato esame critico”). Spazio, tempo, corpi e moto sono nel Kalam concetti correlati. Queste assunzioni sono oggi alla base della relatività einsteiniana.

Ancora, secondo un’intuizione che privilegia i numeri interi ai reali ed anticipa la meccanica quantistica, una quantizzazione è applicata dal Kalam ai corpi, alle loro proprietà, all’energia (il calore) e allo spazio-tempo, tutti gli enti essendo composti di un numero finito di particelle elementari. Lo spazio reale è suddiviso in unità, senza le quali perderebbe la sua coerenza: lo spazio reale è una struttura aggregata dicelle indivisibili. È quanto mille anni dopo sarà postulato in geometrodinamica, la quale specula che su piccola scala lo spazio non è un fluido continuo, ma una schiuma di celle la cui distensione lineare non supera la “lunghezza di Planck”. Così, la distanza reale che separa l’arco dal bersaglio non è l’astratta linea euclidea, al più modello della situazione reale e mai sua copia perfetta: la freccia percorre un numero finito di distensioni contemporanee, molto corte per i nostri sensi, ma non nulle se la loro somma deve risultare in una distanza diversa da zero! Che cosa ci dà in più oggi la fisica? Non un concetto, ma la precisione di un numero:  L = 1,62 × 10-33 cm, che è “la lunghezza di Planck”. Il Kalam c’insegna che un metro reale è un aggregato di distensioni contemporanee dello spazio reale; la fisica predice che in un metro reale ci sono almeno 100/L = 61,73 milioni di miliardi di miliardi di miliardi di tali celle planckiane.

Anche il tempo per questi teologi ha una struttura discreta. Secondo il rabbino M. Maimonide (XII sec.) la successione degli istanti che produce una durata misurabile dalla clessidra evidenzia l’esistenza di una soglia temporale minima: “Il tempo è composto di atomi, e questi sono indivisibili” (da “Guida dei perplessi”). Il tempo è una struttura aggregata di intervalli indivisibili, intrinseci alla realtà mondana che è mutevole, per contrasto alla distensione eterna in cui si svolge la vita di Dio. Oggi il tempo è un parametro continuo in fisica, ma ciò appare necessitato più dalla nostra ignoranza aritmetica che dalla sua struttura reale a piccola scala: infatti le leggi della fisica sono valide solo sopra il limite detto “tempo di Planck” e l’unificazione della meccanica quantistica con la relatività generale potrà richiedere una quantizzazione del tempo. Per i nostri metafisici il tempo scorre a scatti, come una ruota dentata: tic, tic, tic,… gli istanti (“ana”) si succedono l’uno all’altro, sono brevi per i nostri orologi biologici, ma non nulli! Il tempo appare continuo, ma è un’illusione, come al cinema dove vediamo succedersi senza soluzione le scene che, invece, sono registrate ad intervalli successivi, di breve durata rispetto ai tempi biologici delle nostre retine. Che ci dà in più oggi la fisica? Un numero: T= 5,39  × 10-44 sec, che è il “tempo di Planck”.Maimonide c’insegna che un minuto è un aggregato di distensioni non contemporanee dell’anima, la fisica predice che in un minuto tali distensioni elementari sono in numero non inferiore a 60/T= 1,11 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi.

Il Kalam assume che i corpi sono ricreati in ogni momento da Dio: creati in uno stato, tornano nel nulla e sono ricreati in un altro stato; e che le leggi di natura sono contingenti e indeterminate: gli eventi sono probabilistici, non deterministici. A livello microscopico, il moto avviene per salti discreti (“tafra”), in cui gli atomi di un corpo occupanti una cella di spazio per un ana di tempo sono annichilati per ricomparire unana di tempo dopo nella cella di spazio contiguo. Queste nozioni sono le più antiche intuizioni di meccanica quantistica: esse precorrono i salti quantici di Bohr, l’effetto tunnel, gli operatori di creazione e annichilazione, l’interpretazione di Copenaghen. “In un certo senso credo che, come sognavano gli antichi, il puro pensiero può cogliere la realtà” (A. Einstein, H. Spencer Lecture 1933). Un sistema geometrico euclideo, continuo e liscio, dello spazio-tempo è una descrizione appropriata per un mondo astratto costituito di parti autonome non correlate, ma è insufficiente a spiegare il movimento nell’Universo reale, un movimento che non è solo moto nello spazio-tempo, ma anche cambiamento di stato.

La quantizzazione metafisica medievale risolve i paradossi di Zenone sul moto, ma non basta a spiegare l’infinità di forme e di processi in cui la Natura si esprime, a meno d’invocare l’intervento costante di Dio. Oggi la gravitazione quantistica implementa lo spazio reale (il “vuoto fisico”) con metriche non euclidee, campi di forza e fluttuazioni di energia che gli danno a priori una struttura causale in grado di connettere il qui al  e l’ora all’allora della storia dell’Universo, evitando l’occasionalismo teologico. Che lafisica moderna postuli l’hermiticità dell’operatore di Heisenberg e l’unitarietà del propagatore di Feynman nello spazio hilbertiano degli stati fisici o che l’ontologia medievale definisca la creazione come relazione continua della creatura con Dio (che non è solo il creatore iniziale, ma anche “causa dell’azione di ogni cosa in quanto le dà la capacità di agire, la conserva, la applica nell’azione”, Tommaso d’Aquino, “De potentia”), in ogni caso la contraddizione tra essere e divenire si risolve nel principio di un logos.

Sarebbe bello continuare a conversare con questi teologi, all’ombra rinfrescante di un aranceto profumato dei giardini di Baghdad e Cordoba, in un silenzio turbato soltanto dallo zampillio dell’acqua nelle fontane ottagonali intarsiate di arabeschi, e coglierne ad una ad una le infinite perle di sapienza metafisica. Nella loro originale concezione digitale, essi afferrarono in nuce la struttura della realtà fisica e precorsero la realtà virtuale. Ma non c’è più tempo. Shukran, Ibn Hazm e Al-Ghazali! Shalom, Maimonide!

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15/06/2012 19:16
 
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Papa Giovanni Paolo II a conclusione dei lavori della commissione sul caso Galileo.

[Modificato da Credente 09/02/2021 17:23]
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22/06/2012 22:40
 
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Una razionale risposta al “new atheism”

La scienza fornisce alcune delle migliori ragioni per credere in Dio, questo è quello che sostiene David Glass, fisico teorico e informatico (con master in filosofia) presso il Computer Science Research Institute dell’University of Ulster (Irlanda). E’ autore del libro “Atheism’s New Clothes: Exploring and Exposing the Claims of the New Atheists” (InterVarsity Press 2012) che potremmo tradurre con: “I vestiti nuovi dell’Ateismo: esplorare e rivelare le affermazioni dei Nuovi Ateisti”.

Nel libro Glass sostiene che i New Atheist (come Richard Dawkins, Daniel Dennett, Sam Harris e Cristopher Hitchens) non sono riusciti a rispondere ai migliori argomenti dei credenti e che la scienza, ben lontana dal distruggere la fede in Dio, fornisce invece delle ottime ragioni a supporto. Il fisico irlandese ha dunque analizzato e risposto alle obiezioni maggiori, anche aiutandosi con la scienza, la storia e la filosofia.

Il libro è stato decisamente apprezzato da diversi teologi, scienziati e accademici, tra cui il docente di Matematica dell’Università di Oxford, John Lennox, che ha già avuto modo di confrontato sia con Richard Dawkins che con Christopher Hitchens (autore di “Fede e Scienza”Armenia 2009). Il matematico ha commentato: «Con consumata abilità analitica e scrupolosa correttezza, David Glass dimostra che gli imperatori del New Atheism sono nudi. Questo libro, che è sia scientifico che filosofico, è una lettura che deve essere aggiunta alla crescente letteratura sul dibattito scienza-religione e alla difesa intellettuale del Cristianesimo»Rodney D. Holder, matematico (e astrofisico), direttore dell’Istituto Faraday del College di Sant’Edmund (Cambridge) e autore di “Dio, il Multiverso e Ogni cosa” (Ashgate 2004), ha descritto il libro come «una sostenuta, misurata e attentamente ragionata, ma in ultima analisi devastante critica agli argomenti e alla retorica del culto moderno del “nuovo ateismo”. Un vero piacere da leggere». Per Paul Copan filosofo analitico presso la Palm Beach Atlantic University, l’autore «non solo si basa sul lavoro dei principali filosofi teisti, ma costruisce anche unsolido argomento per il teismo cristiano».

Timothy McGrew, docente di storia e filosofia della scienza presso la Western Michigan University, ha affermato «I “nuovi atei” fanno certamente rumore, ma sono anche ragionevoli? In questo libro straordinariamente accessibile, David Glass rivela la loroincapacità di capire quello che frequentemente attaccano»Per Alan Hibbert, professore emerito di Matematica Applicata presso la Queen’s University Belfast, «i ”new atheist” affermano che la fede in Dio, e in particolare il cristianesimo, è illogica e (a differenza della scienza) non si basa su prove. In questo libro, David Glass sostiene in modo convincente che la fede cristiana è invece assai sostenuta da prove tangibili e sono i “nuovi atei” ad ignorare le prove, una volta al di fuori delle loro sfere di competenza immediate. Coloro che si sentono minacciati dai stridenti, a volte arroganti, toni dei “nuovi atei”, troveranno molto qui per essere aiutati a “dare ragione della speranza che è in loro”».

Il libro per ora è in lingua inglese, tuttavia nella nostra Biblioteca è presente la sezione“Scienza e Fede” nella quale sono elencati i migliori recenti titoli italiani sul tema.

Davide Galati

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23/06/2012 10:38
 
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Una certa cultura vorrebbe che vi siano stati dei secoli bui in cui l'oscurantismo cristiano avrebbe impedito la libera circolazione del sapere.
La verità è che i centri di irradiazione della cultura erano proprio le abbazie cristiane, in cui gli amanuensi copiavano instancabilmente le opere migliori dello scibile umano.
E lo stesso medioevo, dipinto con tinte fosche di arretratezza, in realtà è uno dei momenti storici più propulsivi in tutti i settori della conoscenza e dell'arte.
La stessa vicenda di Galileo, citata come esempio di censura della scienza da parte della Chiesa, fu una doverosa puntualizzazione sulla pretesa,  non scientifica, da parte di Galileo, di dimostrare l'eliocentrismo con il moto delle maree. Mentre avrebbe dovuto essere presentata come effettivamente era, e cioè come una teoria. E certamente non avrebbe avuto alcuna censura, come non lo ebbe Copernico che in tal modo presentò la stessa teoria.

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09/09/2012 21:57
 
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Il matematico John Lennox:
«più amo la scienza e più credo in Dio»

«I new atheist»ha spiegato il matematico, «vogliono farci credere che non siamo altro che una raccolta casuale di molecole, il prodotto finale di un processo senza guida. Questo, se è vero,pregiudicherebbe la razionalità cui abbiamo bisogno per studiare la scienza. Se il cervello fosse in realtà il risultato di un processo non guidato, allora non c’è ragione di credere nella sua capacità di dirci la verità». Il ragionamento di Lennox non è molto lontano da quello realizzato acutamente qualche tempo fa dal prof. Giorgio Masiero e prof. Michele Forastiere in ambito strettamente biologico, quando hanno argomentato l’estrema improbabilità che il darwinismo possa spiegare l’origine dell’ Homo Sapiens (questa visione non c’entra nulla con il creazionismo!). E, se si crede che possa farlo, o risulta irrazionale credere che l’uomo potrà un giorno trovare una giustificazione scientifica al naturalismo, o si cade inun’insanabile contraddizione logica.

Come si può, infatti, credere nella affidabilità del nostro cervello se si è convinti di essere poco più che scimmioni addomesticati, un agglomerato casuale di molecole, un“nient’altro che” come amano descriverci i devoti riduzionisti. Tra noi e gli scimpanzé, ci ricordano i detrattori di Dio e del genere umano, ci sono il 99% di geni in comune (il 90% invece con il corallo, ma questo Telmo Pievani non lo dice mai, chissà perché). Non esiste la morale: è un’illusione. Non esiste il libero arbitrio: è un’illusione. Non esiste la coscienza: è un epifenomeno del cervello. Non esistono il bene e il male: tutto è relativo, tutto è un’illusione. Non esiste Dio: è tutta una proiezione mentale spiegabile scientificamente, non siamo voluti da nessuno, dobbiamo batterci per sopravvivere e poi sparirà nel nulla da cui siamo venuti. Propagandare tutte queste convinzioni è la missione dei laicisti, un invito indiretto al suicidio collettivo. Chi continuerebbe a vivere, infatti, se fosse davvero convinto di tutto questo? Chi oserebbe mai prestare fiducia alla sua ragione?

Riprendendo le parole di Lennox, egli ha anche spiegato: «per me la bellezza delle leggi scientifiche non fa che rafforzare la mia fede in modo intelligente, la forza creativa del divino nel mio posto di lavoro. Più capisco la scienza, più credo in Dio a causa dellameraviglia per la raffinata ampiezza e l’integrità della sua creazione. Lungi dall’essere in contrasto con la scienza, la fede cristiana rende effettivamente perfetto il senso scientifico». Lo studio dell’ordine razionale dell’universo come aiuto e conferma alla fede cristiana. «Ma i miei più grandi motivi per credere in Dio», ha continuato il matematico di Oxford, «sono, sul lato oggettivo, la risurrezione di Gesù e, dal lato soggettivo, la mia esperienza personale di Lui e ciò che scaturisce dalla fiducia in Lui giorno per giorno negli ultimi 60 anni».

Entrando nello specifico di questa meraviglia che sorge nell’uomo grazie al progresso scientifico, Lennox ha usato l’analogia di alcune lettere disegnate su una spiaggia di sabbia: «La risposta immediata è quella di riconoscere il lavoro di un agente intelligente. Quanto è più probabile, quindi, un creatore intelligente dietro il DNA umano, il colossale database biologico che contiene non meno di 3,5 miliardi di “lettere”?».  Non a caso il responsabile del sequenziamento del genoma umano, il genetista Francis Collins, si è convertito proprio dopo il risultato raggiunto, affermando:«Ero sbalordito dall’eleganza del codice genetico umano. Mi resi conto di aver optato per una cecità volontaria e di essere caduto vittima di arroganza, avendo evitato di prendere seriamente in considerazione che Dio potesse rappresentare una possibilità reale». Oggi ritiene che «le lettere del DNA umano siano il linguaggio di Dio».

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05/11/2012 18:35
 
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Il premio Nobel Philips:
«sono uno scienziato serio che crede seriamente in Dio»

Egli introduce dicendo: «molti credono che la scienza, offrendo spiegazioni, si opponga alla comprensione che l’universo è una creazione amorevole di Dio», ritengono che «la scienza e la religione siano nemici inconciliabili. Ma non è così». Ne spiega il motivo attraverso la sua esperienza: «Io sono un fisico. Faccio ricerca tradizionale, pubblico in riviste peer-reviewed, presento le mie ricerche in riunioni professionali, formo studenti e ricercatori post-dottorato, cerco di imparare come funziona la natura. In altre parole, io sono uno scienziato ordinario. Sono anche una persona di fede religiosa. Frequento la chiesa, canto nel coro gospel, di domenica vado al catechismo, prego regolarmente, cerco di “fare giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente con il mio Dio”. In altre parole, io sono una persona comune di fede». Dopo questa rarissima espressione di umiltà, prosegue: «Per molte persone, questo mi rende in contraddizione:uno scienziato serio che crede seriamente in Dio. Ma per molte più persone, io sono una persona come loro. Mentre la maggior parte dell’attenzione dei media va agli atei stridenti, che affermano che la religione è una sciocca superstizione, e ai creazionisti altrettanto integralisti che negano l’evidenza chiara dell’evoluzione cosmica e biologica, la maggioranza delle persone che conosco non ha alcuna difficoltà ad accettare la conoscenza scientifica e mantenere la fede religiosa».

Prosegue il Premio Nobel: «Come fisico sperimentale, ho bisogno di prove concrete, esperimenti riproducibili, e la logica rigorosa per supportare qualsiasi ipotesi scientifica. Come può una tale persona basarsi così sulla fede?». Ed ecco che si pone due domande: “Come posso credere in Dio?” e “Perché io credo in Dio?”. Risponde alla prima: «uno scienziato può credere in Dio perché tale convinzione non è una questione scientifica. Una dichiarazioni scientifica deve essere “falsificabile”, cioè ci deve essere qualche risultato che almeno in linea di principio potrebbe dimostrare che l’affermazione è falsa [....]. Al contrario, le affermazioni religiose non sono necessariamente falsificabili [...]. Non è necessario che ogni dichiarazione sia un’affermazione scientifica, né sono non-scientifiche, inutili o irrazionali dichiarazioni che semplicemente non sono scientifiche. “Canta magnificamente”, “E’ un uomo buono”, “Ti amo”: queste sono tutte affermazioni non-scientifiche che possono essere di grande valore. La scienza non è l’unico modo utile per guardare alla vita». Alla seconda domanda, cioè “Perché io credo in Dio?”, risponde: «Come fisico, guardo la natura da una prospettiva particolare. Vedo un universo ordinato, bellissimo, in cui quasi tutti i fenomeni fisici possono essere compresi da poche semplici equazioni matematiche. Vedo un universo che, se fosse stato costruito in modo leggermente diverso, non avrebbe mai dato vita a stelle e pianeti. E non vi è alcuna buona ragione scientifica per cui l’universo non avrebbe dovuto essere diverso. Molti buoni scienziati hanno concluso da queste osservazioni che un Dio intelligente deve avere scelto di creare l’universo con questa bella, semplice e vivificante proprietà. Molti altri buoni scienziati sono tuttavia atei. Entrambe le conclusioni sono posizioni di fede. Recentemente, il filosofo e per lungo tempo ateo Anthony Flew ha cambiato idea e ha deciso che, sulla base di tali elementi di prova, bisogna credere in Dio. Trovo questi argomenti suggestivi e di sostegno alla fede in Dio, ma non sono conclusivi. Io credo in Dio perché sento la presenza di Dio nella mia vita, perché riesco a vedere le prove della bontà di Dio nel mondo, perché credo nell’Amore e perché credo che Dio è Amore».

Ma questo, conclude,  «mi rende una persona migliore o un fisico migliore di altri? Difficilmente. Conosco un sacco di atei che sono sia persone che scienziati migliori di me. Sono libero di dubbi su Dio?Difficilmente. Domande sulla presenza del male nel mondo, la sofferenza di bambini innocenti, la varietà del pensiero religioso, e altre imponderabili lasciano spesso la domanda se ho ragione, e mi lasciano sempre cosciente della mia ignoranza. Ciò nonostante, credo più a causa della scienza che a dispetto di essa, ma alla fine soltanto perché io credo. Come ha scritto l’autore della lettera agli Ebrei: “la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono”»

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17/01/2013 00:51
 
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La vera guerra è tra scienza e scientismo
(I° parte)


 
di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

 
 

Il grande dibattito che oppone oggi due antropologie differenti non è quello tra scienza e fede, tra cui non esiste alcun contrasto, semmai divergenza di interessi, di mezzi e di fini, quanto quello tra scientismo e scienza.

Scienza sì, scientismo no: questa è la posizione filosofica di chi crede, ma anche di chi è semplicemente aperto al dubbio e alla complessità della realtà. Di chi non vuole per forza sostituire le certezze religiose, rivelate, cui non aderisce, con presunte certezze di rimpiazzo, con surrogati improbabili e infondati, ma da presentare come rocciose sicurezze.

La scienza, come sappiamo, nasce dal matrimonio tra il pensiero greco, tra la sua concezione di ragione, el’idea biblica di Dio come Logos. Che il mondo si presenti a noi ordinato, come cosmos, e che siaindagabile e intellegibile è la profonda intuizione della grecità. Che la sua intelleggibilità sia causata dalla sua Origine, né casuale, né caotica, ma Intelligente, è in termini simili, e più esaustivi, il cuore di quanto rivelato dal Genesi. L’influenza di questo libro della Bibbia, dal punto di vista filosofico e scientifico, non sarà mai abbastanza ribadita. Che infatti la scienza moderna nasca “in casa nostra”, come direbbe il fisico italianoAntonino Zichichi, deriva molto semplicemente dal fatto che il modo di vedere l’universo, proprio del cristianesimo, apre le porte alla possibilità stessa dell’indagine naturalistica.

Il mondo divinizzato, abitato da elfi, folletti, gnomi, e divinità della terra, dell’aria e del fuoco, tipico dellereligioni animistiche e politeistiche, non poteva infatti partorire una ricerca scientifica basata sull’idea che a determinati effetti naturali corrispondano altrettante cause ugualmente naturali. Il panteismo infatti produce alchimia, astrologia, magia, terrore degli dei e superstizioni; l’idea di un universo creato invece sottintende che tale universo non è Dio, ma ne deriva: per questo può essere studiato, indagato e compreso. “Il cristianesimo, ha scritto Nicolaj Berdjaevestrasse quasi a forza l’uomo dalla prigionia della natura e lo mise spiritualmente in piedi, lo collocò in alto, come essere spirituale autonomo, lo sciolse da questa sottomissione al tutto universale naturale…Solo il Cristianesimo restituì all’uomo la libertà spirituale della quale era stato privato quando era in potere dei demoni, degli spiriti della natura, delle forze elementari, come avveniva nel mondo precristiano”. Aggiunge: “Il cristianesimo meccanizzò la natura per restituire all’uomo la libertà, per disciplinarlo, per distinguerlo dalla natura ed elevarlo al di sopra di essa”. Così solo “il cristianesimo ha reso possibile una scienza positiva della natura”.

Ciò significa che gli antefatti filosofici all’indagine naturalistica sono nell’ordine: l’idea di un mondo ordinato, il cui mistero, come direbbe Albert Einstein, sta nella sua comprensibilità, ma che nello stesso tempo non è esauribile dalla ragione umana; l’idea di un mondo che non coincide con Dio, e il cui ordine quindi è derivato, come quello di una macchina, o di un orologio, per utilizzare gli esempi dei padri della scienza moderna, da una Intelligenza superiore, un Orologiaio divino, un Pantocrator universale (Isaac Newton); l’idea che all’interno della natura l’uomo non sia, come sostenevano e sostengono i panteisti, uguale alle altre parti del Tutto, equivalente, come scriveva il pagano Celso, e come affermano oggi i sociobiologi, gli psicologi evoluzionisti, i darwinisti materialisti, gli Eugenio Scalfari e gli Umberto Veronesi, ad una formica o ad un’ape o ad un verme.

In un universo così concepito, che l’uomo, che alla natura appartiene, ma cui è, nel contempo superiore, essendo a “immagine e somiglianza di Dio”, cerchi di comprenderla, di leggerne la struttura, e di servirsene per i propri fini, è la cosa più “naturale” che possa esistere. Proprio in quanto re del creato, infatti, l’uomo fa parte della creazione, e nello stesso tempo la trascende, la supera, la “possiede”, o meglio, per utilizzare il linguaggio biblico, se ne serve col compito di custodirla. Se invece ne fosse solo una parte, come l’ape o la mosca, certo non sentirebbe nella sua natura l’esigenza di conoscere ciò che non è strettamente necessario alla sua sopravvivenza, e non avrebbe mai dato vita alla chimica, alla fisica, alla biologia, all’astronomia, alla geologia…-cioè all’indagine su tutto ciò che della natura non umana fa parte-, né tanto meno alla filosofia, all’arte, alla poesia e alla teologia, cioè a tutto ciò che riguarda l’uomo e solo lui, in una prospettiva più ampia.

Ha dichiarato lo storico agnostico Leo Moulin“Allora mi sono chiesto perché l’unica civiltà tecnologica e scientifica sia la nostra. Ho cercato di trovare le ragioni, posso garantire che ci rifletto da parecchio tempo, e l’unica spiegazione che ho trovato è la presenza del terriccio, dell’humus della cristianità. Perché? Perché Dio ha creato il mondo, un mondo diverso da Lui. Non si integra nel mondo, lo crea. L’uomo ha un destino particolare perché viene creato fuori del regno animale. Gli uomini, gli occidentali in particolare, hanno vissuto con questa idea che erano creature di Dio, fatte ad immagine e somiglianza di Dio. Inoltre Dio dice ai figli di Noè: “Vai, conquista e domina il mondo”. In buona coscienza, a volte siamo stati un po’ energici nel domare il mondo, ma l’unica civiltà che ha a conquistato il mondo e che lo conquista ancora oggi, che è latrice di valori accettati in tutto il mondo è la nostra. Faccio un esempio; ad un dato momento i minatori tedeschi, tra il XV e il XVI secolo, vivono nel terrore degli gnomi, dei folletti, di tutti questi esseri che dovevano vivere nelle miniere e che minacciavano i minatori, e li chiamano con due nomi: Coboldo, oppure col nome tedesco Nikolaus. E quella credenza dei minatori tedeschi darà origine a due parole che noi tutti conosciamo: Nikolaus darà la parola “nichel”, e Coboldo diventerà “cobalto”. Ma questo è un retaggio del passato. A questo punto i teologi dicono una frase che dominerà l’intero destino dell’occidente: Dio ha visto che ciò che ha fatto era buono e lo ripete, lo ripete sei volte, quindi per voi non è una trappola, il mondo è fatto per essere conquistato da voi, e i minatori riprendono il loro lavoro. Nello stesso tempo in Tibet i Lama proibiscono ai minatori di scavare la terra perché così facendo si va a scavare nella madre e la si ferisce. Quindi nessuna possibile metallurgia se non con i minerali di superficie allo stato nativo”. L’uomo, dunque, “ha un destino particolare perché viene creato fuori del regno animale”, e il mondo, che gli è dato in affido, da scoprire ed utilizzare, è “cosa buona”: nasce qui la scienza moderna, da una precisa idea di uomo e da una altrettanto definita idea di universo.

Questa introduzione mi serve per arrivare ad analizzare, come dicevo, lo scientismo, cioè un’ideologia che è essa sì in contrasto con la fede in un Dio creatore, ma, nel contempo, anti-scientifica. Su questo andremo avanti domani nella seconda parte.

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08/02/2013 10:48
 
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Il fisico Lucio Rossi:
«la scienza mi aiuta a credere in Dio»

Lucio Rossi«L’attività scientifica mi conferma nell’ipotesi positiva che la fede mi dà: lo slancio verso il Mistero di cui siamo costituiti è valorizzato dalla scienza e dalla sete di rispondere ad alcune domande fondamentali». Queste le parole del fisico italiano Lucio Rossi, in una intervista ripresada La Nuova Bussola Quotidiana. Rossi è tra i responsabili della recente scoperta del Bosone di Higgs, avendo presidiato fin dal 2001 la costruzione e la messa in produzione dell’HLC, il Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra che poi ha permesso di dimostrare l’esistenza della cosiddetta “particella di Dio”.

Tuttavia ci tiene subito a precisare: «vorrei rilevare come la scienza in se stessa non dà una risposte: essa può indicare una strada per chi questa strada vuole vederla e non la indica a chi non vuol vederla. Alla fine la fede, e la non-fede, resta un atto di libertà e trovo meraviglioso che la scienza strutturalmente rispetta questa libertà. Altrimenti dove sarebbe la nostra libertà se credere o non credere fosse un atto dovuto costretto dalle equazioni della fisica?».

La fede è certamente un atto di libertà, ma «per me», spiega il fisico, «ci vuole più fede a non credere che a credere. Quando si vede come è organizzato il mondo, da che leggi precisissime è retto, non vedo certo contraddizioni con la fede in Dio. So che è una posizione minoritaria (ma non troppo) nel mondo scientifico, tuttavia la negazione della fede è certamente un atto arbitrario. Io vedo che nel mio lavoro di scienziato e dirigente di ricerca, la posizione integralmente umana, quale professata dal cristianesimo, non solo aiuta a far meglio ad avere una posizione più efficace nel contesto stesso del lavoro ma mi sembra che sia più adeguata agli indizi che la natura ci lascia. L’esistenza di Dio, cioè della fonte di razionalità è una esigenza dell’intelletto ed è non solo incompatibile, ma risulta l’ipotesi più congrua con la inesauribilità della conoscenza».

L’Incarnazione di Dio, oltre a non porre problemi alla scienza, sembra anzi «la via più certa per affermare che noi siamo fatti strutturalmente per comprendere – e fino in fondo – il mondo fisico e la sua razionalità. Se Dio si è incarnato, allora il mondo, anche il mondo fisico!, è importante da conoscere, ne val davvero la pena, e non solo per “utilizzare” le conoscenze». Questa è la precisa motivazione per cui il metodo scientifico è nato nell’alveo della teologia cattolica, come infatti ci tiene a sottolineare: «la scienza moderna ha la sua origine nel medioevo e nel rinascimento cristiano. E in più: nel mondo occidentale la cultura antica ha potuto essere valorizzata strutturalmente: la scienza moderna è certamente, per me, uno dei più bei fiori della valorizzazione che il cristianesimo ha fatto della razionalità greca, come Papa Ratzinger sta spiegando, da Ratisbona in poi».

Rispetto ai vari tentativi, anche di suoi colleghi, di combattere la religione, Rossi spiega:«Una ragione che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture. Solo un uso distorto della ragione può confinare il tentativo di risposta alle domande fondamentali, cioè la religione, al rango di sottocultura. Sottocultura è, per esempio, la scienza quando si proclama come unica fonte valida di conoscenza, con gli esiti che abbiamo visto generare dai vari razionalismi e società laicizzate del ‘900!».

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20/02/2013 21:43
 
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Nascono i “Mendel day”, armonia tra scienza e fede

di Mario Iannaccone
da Avvenire, 19/02/13

 

L’idea che la Chiesa sia nemica della scienza e del sapere è unafalsa leggenda nera, nata tra Sei e Settecento dalla propaganda protestante, e non difficile da confutare a livello storiografico come, del resto, è stato fatto molte volte. Basta elencare fatti, nomi e scoperte. Tuttavia certe disinformazioni, a furia di essere ripetute sulle pagine di periodici e riviste di divulgazione scientifica (divenute ultimamente veicoli ideologici), negli studi televisivi o nelle aule scolastiche, finiscono per influenzare giovani e meno giovani.

Per questo motivo, a pochi giorni dalla conclusione del “Darwin Day”, celebrato con iniziative caratterizzate dalla lettura della scienza come movimento di conoscenza che si è sviluppato contro e nonostante la Chiesa è stato, per la prima volta,  organizzato un“Mendel Day”.

Contro ogni lettura unilaterale e ideologica della scienza, l’iniziativa si tiene domani,mercoledì 20 febbraio, a Verona  all’Istituto ”Alle Stimate” (www.mendelday.org). Si tratta di un convegno e una giornata di studi, organizzati da un biologo, un naturalista e uno storico (Umberto FasolEnzo PennettaFrancesco Agnoli), pensati con l’obiettivo di riaffermare al pubblico la semplice evidenza che la Chiesa e gli uomini di fede sonosempre stati protagonisti nello sviluppo della scienza e dello studio della natura sin dalle origini; e che la contrapposizione, ovvero l’”inimicizia” radicale, fra scienza e fede è una creazione ideologica.

La giornata è così chiamata in onore del frate agostiniano di nazionalità ceca Gregor Mendel, che fu biologo e matematico insigne, vissuto tra il 1822 e il 1884. Le sue intuizioni furono messe alla prova in una serie di intelligenti esperimenti condotti  su piantine di pisello, nell’orto del suo convento, che gli consentirono di scoprire le leggi fondamentali dell’ereditarietà. Le sue ricerche, pubblicate nel 1865 nel testo“Esperimenti sull’ibridazione delle piante”, e poi a lungo cadute nell’oblio, sarebbero divenute in seguito fondamentali per istituire il campo di studi della genetica. Lui, comeLazzaro Spallanzani o Nicolò Copernico, era un sacerdote. E lo stesso si può dire diRenè Just Haüty, padre della mineralogia o Benedetto Castelli, padre dell’idraulica moderna, o Georges Lemaître, teorico del Big Bang, e moltissimi altri, nei campi più vari.

Il “Mendel Day”, insomma, non è un’iniziativa ”contro qualcuno” ma a favore dell’equilibrio, della completezza e della verità. La scienza non fu, è necessario chiarire, la conquista esclusiva di “alcuni illuminati” che dovettero lottare contro istituzioni religiose oppressive, ma anzi di persone intelligenti di varia estrazione tra i quali si contavano moltissimi uomini di fede e di Chiesa, mossi alla conoscenza e allo studio della Natura, con rispetto e meraviglia. Per rammentare che la vita e l’universo obbediscono a leggi che possono essere studiate ma poggiano su un mistero che sfugge a ogni riduzionismo materialista.

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14/10/2013 08:25
 
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Secondo il  Progetto della prestigiosa Università di Cambridge: “Investigare l'Ateismo”,  “gli atei hanno fatto appello alla scienza in difesa della loro ateismo fin dalla circolazione a partire dalla  metà del XVII secolo di  manoscritti dichiaratamente atei. Tuttavia, come l'esperto tedesco sull'ateismo Winfried Schroeder ha dimostrato che il rapporto tra l'inizio del moderno ateismo e la scienza, tendeva a mettere in difficoltà , piuttosto che rafforzare, le tesi del neonato ateismo " ( Università di Cambridge : http://www.investigatingatheism.info/science.html ) .

Sotto l' ateismo di stato militante abbracciato dall'Unione Sovietica, i comunisti atei erano irrevocabilmente in opposizione al Big Bang come origine dell'universo, poiché contraddiceva la loro visione del mondo materialista. Gli atei cosmologi occidentali come Fred Hoyle, inoltre, non hanno accettato il Big Bang, ma invece hanno preferito un modello che non ha avuto una sola epoca della creazione e che quindi eliminerebbe la necessità di un Creatore .

Un altro esempio è la genetica mendeliana, che delinea la trasmissione dei caratteri ereditari da organismi genitori alla loro prole, e cio' trova conferma a livello molecolare nella decifrazione del codice genetico. Alla fine del 1940 , Stalin abolì la genetica mendeliana in tutta l'Unione Sovietica , approfittando del fatto che il suo fondatore, Gregor Johann Mendel, era un prete cristiano cattolico, con il risultato di screditare la scienza. 

D' altra parte, vale la pena ricordare la succinta “formulazione” di C.S. Lewis ' presa da [ Alfred North ] Whitehead,: “Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano di trovare leggi in natura e che si aspettavano di trovare leggi in natura perché credevano in un datore di tali leggi".
Secondo il Progetto della prestigiosa Università di Cambridge: “Investigare l'Ateismo”, “gli atei hanno fatto appello alla scienza in difesa della loro ateismo fin dalla circolazione a partire dalla metà del XVII secolo di manoscritti dichiaratamente atei.

Tuttavia, come l'esperto tedesco sull'ateismo Winfried Schroeder ha dimostrato che il rapporto tra l'inizio del moderno ateismo e la scienza, tendeva a mettere in difficoltà , piuttosto che rafforzare, le tesi del neonato ateismo " ( Università di Cambridge : http://www.investigatingatheism.info/science.html ) .
Sotto l' ateismo di stato militante abbracciato dall'Unione Sovietica, i comunisti atei erano irrevocabilmente in opposizione al Big Bang come origine dell'universo, poiché contraddiceva la loro visione del mondo materialista. Gli atei cosmologi occidentali come Fred Hoyle, inoltre, non hanno accettato il Big Bang, ma invece hanno preferito un modello che non ha avuto una sola epoca della creazione e che quindi eliminerebbe la necessità di un Creatore .

Un altro esempio è la genetica mendeliana, che delinea la trasmissione dei caratteri ereditari da organismi genitori alla loro prole, e cio' trova conferma a livello molecolare nella decifrazione del codice genetico. Alla fine del 1940 , Stalin abolì la genetica mendeliana in tutta l'Unione Sovietica , approfittando del fatto che il suo fondatore, Gregor Johann Mendel, era un prete cristiano cattolico, con il risultato di screditare la scienza. D' altra parte, vale la pena ricordare la succinta “formulazione” di C.S. Lewis ' presa da [ Alfred North ] Whitehead,:
“Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano di trovare leggi in natura e che si aspettavano di trovare leggi in natura perché credevano in un datore di tali leggi".
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07/12/2013 12:58
 
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Scienza e fede,
dove conduce la ragione?

Scienza e fedeDesideriamo portare all’attenzione un nuovo libro che si dedica alla tematica del rapporto tra scienza e fede e della ragionevolezza di quest’ultima. Si intitola Scienza e fede. Dove conduce la ragione (Schena Editore 2013).

L’autore è il dott. Carmine Curcio, cardiochirurgo di chiara fama nazionale e non, un uomo di scienza che però non si ferma alla semplice apparenza, al riduzionismo ma indaga l’uomo come creatura non solo biologica ma essenzialmente dotata di uno spirito superiore. Egli rifiuta il razionalismo e ricerca un collante tra scienza e fede senza il quale la seconda sarebbe relegata a semplice atto irrazionale, emotivo. Lo trova nella ragione che permette la conoscenza, comune ad ambedue.

«Il materialismo considera la fede incompatibile con la scienza», scrive l’autore nell’introduzione. «Io, pur partendo da una formazione laica, sono tra quelli che considerano questi due aspetti dell’esperienza umana compatibili tra loro». E ancora: «La relazione tra la scienza e la fede è sempre stata al centro di forti contrasti tra gli opposti dogmatismi. Io ho cercato di mantenermi a distanza dagli uni e dagli altri e, lasciandomi guidare dalla ragione, sono giunto a concludere che l’esistenza di un Dio Creatore e Padre Onnipotente è un’ipotesi plausibile e che la scelta di colmare con la fede il gap tra plausibilità e certezza è del tutto ragionevole».

Nella prima parte del libro viene affrontata la personale ricerca speculativa dell’autore su temi quali il rapporto tra fede, ragione e scienza, l’ipotesi della creazione dell’universo in contrapposizione a quella della sua genesi spontanea, la compatibilità tra fede ed evoluzione, il tema del dolore e della morte e molti altri aspetti della relazione tra l’uomo e Dio. La seconda parte è dedicata alla nota vicenda del caso Galilei«una tappa essenziale per chiunque si proponga di esplorare il tema della ragionevolezza della fede e dell’origine del conflitto tra la scienza e la Chiesa».

Forse, proprio per l’importanza di questo episodio sarebbe stato preferibile affrontarlo da un punto di vista specificamente storico, tenendo conto della sua complessità e delle sue svariate sfumature, come ad esempio ha cercato di fare su questo sito il prof. Luigi Baldi, non riducendolo semplicemente ad un conflitto tra scienza e fede (o tra scienza e autorità della Chiesa, secondo il punto di vista dell’autore) La posizione della Chiesa fu molto articolata, i Gesuiti ad esempio accolsero le idee di Galilei e lo difesero dalle critiche degli aristotelici laici, le alte sfere della Chiesa, come il card. Bellarmino, non si dimostrarono mai pregiudizialmente contrarie al sistema copernicano e a Galilei, semmai scettiche a causa della mancanza di prove a sostengo. Non a caso il celebre epistemologo Paul Feyerabend scrisse addirittura che «la Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (“Contro il metodo, sono la pietra dello scandalo”).

Il volume in questione è in ogni caso un buon esempio di riflessione razionale e laica su Dio, la quale non arriva meramente alla conclusione che «il Dio di Galilei esiste e la sua presenza è riscontrabile nelle leggi che governano l’universo, le quali non sono orfane ma hanno un Padre. Non dunque un Dio calato dall’alto, o solo dall’alto, ma un Dio che si rivela dal basso, nelle leggi della natura». Ma va ben oltre, riconoscendo che «la scelta della fede non è un passo nel buio, come tanti atei sostengono, ma può essere, e io ritengo che debba essere, il risultato di un percorso argomentato del pensiero, in altre parole, una conquista della ragione». Non tanto verso il Dio dei deisti, perché «l’ipotesi di un Dio che crea un universo finemente sintonizzato su un preciso obiettivo, la vita, per poi abbandonarlo a se stesso, è del tutto priva di senso», ma piuttosto verso un Dio Creatore e d’amore, ed è dunque altrettanto plausibile «la divinità di Cristo, la Sua Resurrezione, l’immortalità dell’anima e tutto il resto, perché a un Dio Onnipotente e Padre, tutto è possibile».


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14/12/2013 00:02
 
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La Genesi
non è in contraddizione con la scienza

Abbiamo colto l’occasione per intervistare sugli stessi temi il prof.Vincenzo Balzani, anche lui chimico e professore emerito all’Università di Bologna, molto noto in ambito internazionale e recentemente premiato dalla prestigiosa rivista “Science” tramite il “Nature Award for mentoring in Science”. Nel 2011 ha partecipato al Cortile dei Gentili, evento culturale organizzato dal Pontificio consiglio per la Cultura. 

1) Prof. Balzani, nell’intervista per l’”Huffington Post”, Peter Atkins mette duramente a confronto la scienza e la fede attraverso un dualismo tra bene e male. Lei è un chimico e un credente, condivide le accuse rivolte alla religione? Osserva anche lei questa totale inconciliabilità?
E’ noto che Atkins è un ateo, ma è anche una persona intelligente e mi meraviglia che abbia tranciato giudizi così categorici. L’ho incontrato un paio di anni fa a Roma in occasione di un congresso internazionale sull’insegnamento della scienza, ha tenuto una conferenza subito dopo la mia, abbiamo detto cose molto diverse ma alla fine ci siamo congratulati a vicenda. Nessuno ha la verità in tasca.

Uno dei motivi su cui si baserebbe l’inconciliabilità fra scienza e fede è la supposta incongruenza fra l’evoluzione cosmica che secondo la scienza ha portato alla formazione dell’universo così come lo conosciamo (inclusa l’evoluzione biologica sulla terra) e la creazione del mondo e dell’uomo così come è descritta nella Genesi. In realtà i due racconti, quello della scienza e quello della Bibbia, non devono essere contrapposti, ma si possono benissimo tenere assieme. Perché Genesi non è un libro scientifico, come invece affermano i creazionisti americani. Il primo capitolo di Genesi, non è un resoconto dell’attività di Dio che ci viene dato per risparmiarci la fatica e toglierci  la bellezza di scoprire, mediante la scienza, la storia dell’universo. Quello di Genesi è un racconto simbolico che vuole farci conoscere una verità di fede: tutto è stato creato da Dio per amore dell’uomo, che di Dio è immagine.

Ma se è sbagliato pensare che la creazione in senso materiale sia avvenuta letteralmente nei tempi e nei modi del racconto di Genesi, io penso sia sbagliato anche pensare che la storia dell’universo così come ce la presenta la scienza sia di per sé sufficiente e che quindi non ci sia bisogno di Genesi. I due racconti sono su due piani diversi. Quello della scienza è un tentativo di dare una risposta alle domande: come si è formato l’universo e, in esso, come si è formato l’uomo? Quello della Bibbia è la risposta, secondo la fede, alla domanda: perché c’è l’universo e che significato ha, in esso, la presenza dell’uomo? Come ha scritto il Cardinale Martini, ci sono infatti due scritture: c’è la scrittura dell’uomo, la scienza, che si occupa dei fatti, dei fenomeni e delle teorie che li spiegano, e c’è la scrittura di Dio, la Bibbia, dove si trovano le risposte ai grandi interrogativi della vita dell’uomo.

Per capire quello che avviene al mondo c’è sempre bisogno di due Scritture, di due interpretazioni: una materiale e una spirituale. Per spiegarmi meglio, faccio ricorso ad un esempio semplice, tratto dalla  mia vita quotidiana. Accade spesso che io sia nel mio studio a lavorare mentre mia moglie è in cucina. Ad un certo punto mi stanco, vado in cucina e mia moglie dice: ti faccio un tè. Questo farmi un tè da parte di mia moglie ha due aspetti. Il primo è questo: mette la teiera sul fuoco e fa bollire l’acqua. La scienza può spiegare nei più minimi dettagli cosa accade nella teiera che è sul fuoco. Questo è l’aspetto materiale. Ma c’è un altro aspetto nel farmi il tè da parte di mia moglie: mi fa il tè perché mi vuole bene. Questo è un aspetto che la scienza non può cogliere, esattamente come il volermi bene di mia moglie non può spiegare come mai l’acqua nella teiera, sul fuoco, bolle. La scienza spiega come mia moglie fa il tè; è una questione materiale; l’amore spiega perché fa il tè, è una questione spirituale. Materia e spirito, scienza e (per chi crede) fede, sono due aspetti diversi, complementari, entrambi essenziali, di un’unica realtà: la realtà dell’uomo.

 2) Leggendo le risposte di Peter Atkins si scorge una fiducia spropositata nei confronti della scienza: “Non esiste nessuna questione dell’essere su cui la scienza non possa far luce” e in seguito: “la chiave del sapere universale è in mano alla scienza”. Secondo la sua esperienza di scienziato, è davvero così?

“Nessuna questione dell’essere su cui la scienza non possa far luce …. sapere universale…”. E’ la segreta ambizione di alcuni scienziati: diventare come Dio. Lo scrive anche un illustre collega di Atkins, Stephen Hawking: “Se saremo abbastanza intelligenti per scoprire questa teoria unificata, decreteremo il definitivo trionfo della ragione umana, poiché allora conosceremo il pensiero stesso di Dio” (La Teoria del Tutto, Rizzoli, 2003).

Spiegare tutto. Se ci riuscissimo, sarebbe un disastro. Infatti il giorno in cui il sapere giungesse a stabilire con certezza l’origine e la fine di tutte le cose non ci sarebbe più spazio per la libertà. La libertà presuppone il confrontarsi con l’indeterminato, col mistero. Ma non c’è da preoccuparsi. Qualsiasi scienziato sa che ogni scoperta scientifica genera più domande di quelle a cui dà risposta. Lo ha detto due secoli fa Joseph Priestley: “Più grande è il cerchio di luce, più grande è il margine dell’oscurità entro cui il cerchio è confinato”; lo ha scritto Martin Buber nei racconti dei Chassidim: “Hai acquistato conoscenza, che ti manca?” “Così è in verità. Se tu hai acquistato conoscenza, allora soltanto sai quel che ti manca”; lo ha ripetuto Wittgenstein: “Sono andato per tracciare i contorni della mia isola e invece ho scoperto i confini dell’oceano”; lo ha ricordato Science (vol 309, 1 July 2005): “The highway from ignorance to knowledge runs both ways: as knowledge accumulates, diminishing the ignorance of the past, new questions arise, expanding the area of ignorance to explore”. La fisica stessa ci insegna che una delle cose che certamente sappiamo è che non potremo mai sapere tutto (Principio di indeterminazione di Heisenberg). John Maddox (What remains to be discovered, Simon’s book, 1998) spiega che non sappiamo ancora cosa siano lo spazio, il tempo, l’energia, la materia, come è iniziato l’universo e come è iniziata  la vita, cosa sono la mente e la coscienza. Altro che sapere tutto. Penso che gli scienziati dovrebbero volare più basso. Come suggerisce Wittgestein, “Su ciò di cui non possiamo parlare è meglio tacere”. 

3) Lei ha auspicato un’alleanza tra credenti e non credenti in favore delle energie sostenibili, in particolare l’energia solare. Perché è una tematica che dovrebbe  avere a cuore un credente?
Perché per il credente la Terra è un dono di Dio, una specie di grande talento che Dio ha dato, collettivamente, all’umanità. Il compito che ci è stato assegnato è quello di custodire e far fruttare, non di distruggere, questo talento. Per custodire il pianeta è necessario utilizzare le sue risorse in modo sostenibile. L’energia che ci viene dal Sole è l’unica energia sostenibile poiché è abbondante, inesauribile, ben distribuita, non pericolosa, non collegata ad applicazioni militari, capace di far sviluppare l’economia e di colmare le disuguaglianze. Naturalmente, anche i non credenti sono interessati a custodire il pianeta. Per cui, la Terra è il grande Cortile dei Gentili dove credenti e non credenti ogni giorno devono incontrarsi e discutere, perché devono vivere insieme. Il cristiano deve portare la sua testimonianza evangelica immergendosi laicamente nei problemi del pianeta Terra, in mezzo a tutti gli altri uomini dei quali condivide il destino.

La redazione


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16/01/2014 22:29
 
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Religione e intelligenza: il nesso è positivo




Questa la teoria. O meglio, l’ideologia. Che sarebbe suffragata da alcuni studi scientifici che mostrano una maggiore propensione all’ateismo per le nazioni caratterizzate da una migliore educazione, e dunque indirettamente con un maggiore quoziente intellettivo medio. Ma le cose stanno davvero così? No, a ben vedere. E si possono evidenziare tre motivi a favore di unacorrelazione positiva tra religione e intelligenza.


In primo luogo, quello che questi studi dimenticano (volontariamente?) è considerare gli altri fattori che possono entrare in gioco. Una nazione ricca, ad esempio, può dedicare maggiori risorse all’istruzione, venendo dunque caratterizzata da una cultura e da un QI medio più elevati. Allo stesso tempo la maggiore ricchezza può ottenere l’effetto di una minore religiosità (“è più facile che un cammello…”), la quale non deriva direttamente dalla maggiore cultura. È questa la strada intrapresa da un recente studio di sul tema, dal titolo (traduzione a senso) Le nazioni credenti sono più stupide? Critica della teoria sul nesso intelligenza-religiosità (2013), dove con “Intelligence-Religiosity Nexus” è sottintesa la natura negativa del nesso. I risultati dell’analisi compiuta su 99 nazioni mostrano che l’ateismo è correlato a fattori come l’avere un trascorso di dominio comunista, il maggiore reddito procapite, la libertà religiosa (di per sé positiva ma si pensi alle molte nazioni islamiche dove la religiosità è garantita e quasi imposta dallo stato), all’istruzione superiore (che può predisporre a un maggiore materialismo). Ma l’ateismo non risulta direttamente correlato in maniera significativa al QI medio.


In secondo luogo, analisi più specifiche condotte all’interno di contesti socio-culturali omogenei hanno restituito risultati che ancora falsificano l’ipotesi di un nesso negativo tra intelligenza e religione. È il caso dello studio del 2010 della Oxford University Press (di cui abbiamo già parlato) su circa 1.200 scienziati e accademici statunitensi, che ha trovato un 50% di affiliati a religioni e un altro 20% di “credenti a modo loro”. Percentuali tutto sommato elevate, molto distanti dalle piccole cifre che solitamente si sentono dire: p.es nell’Illusione di Dio, Dawkins riporta cifre come 3,3,%, 7%, arrivando a un 40% di scienziati “meno illustri” credenti (pp. 104-105).


In terzo luogo, il rapporto tra religione e intelligenza è positivo per quanto riguarda la formazione culturale in generale. Il Manuale di religione e salute (Oxford University Press, 2012), tra i molti aspetti esaminati, ha censito anche 11 studi che esaminano il rapporto tracredo religioso e rendimento scolastico. In tutti e 11 gli studi la correlazione è positiva: chi crede va meglio a scuola. Certo, in questo caso possono subentrare fattori intermedi che non riguardano propriamente le capacità intellettive: la religiosità è correlata a famiglie più stabili e calorose, che a loro volta privano i ragazzi di disagi nocivi, ed è anche correlata a maggiore impegno, spirito di sacrificio, capacità di relazioni sociali, tutti elementi che possono contribuire a una formazione più serena ed efficiente.


In definitiva, per quanto siano notevoli gli sforzi di chi vuol fare apparire la religione come un superstizioso rimasuglio del passato, è sempre bene tenere presenti due paletti nella questione:“La Fede e la Ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità” (incipit della Fides et Ratio, Giovanni Paolo II, 1998); “Un po’ di scienza porta all’ateismo, ma molta scienza riporta alla religione” (Francesco Bacone,Saggio sull’ateismo, 1612).



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16/01/2014 22:34
 
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Compatibilità tra scienza e fede,
l’ira degli atei

Scienza e religioneL’astrofisico Max Tegmark, professore associato di Fisica presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha recentemente parlato di un’indagine svolta sulla scienza e la religione nel popolo americano, in occasione dell’anniversario di nascita del celebre naturalista Charles Darwin.

Assieme al suo team ha scoperto che solo l’11 per cento degli americani appartiene ad una religione che rifiuta apertamente l’evoluzione o il Big Bang. È interessante notare, ha poi aggiuntoin un articolo sull’Huffington Post«che anche le organizzazioni scientifiche che rappresentano la maggioranza degli scienziati americani non credono vi sia alcun conflitto tra scienza e fede».Ad esempio, ha notato, l’American Association for the Advancement of Science afferma che scienza e religione «vivono assieme tranquillamente, anche nelle menti di molti scienziati».

Dai risultati si nota che nella popolazione americana, coloro che maggiormente non vedono alcun conflitto tra scienza e fede sono i cattolici e i non religiosamente affiliati. Chi invece rifiuta maggiormente le conclusioni scientifiche sono i protestanti, in particolare battisti e luterani.

In un secondo articolo, il prof. Tegmark è tornato sull’argomento rivelando di aspettarsi che, dopo aver pubblicato l’indagine, «la casella di posta elettronica sarebbe stata inondata di mail di odio da parte dei fondamentalisti religiosi che credono il nostro universo sia nato meno di 10.000 anni». Ha quindi proseguito: «Abbiamo infatti ricevuto risposte al vetriolo come previsto. Ma con mia grande sorpresa, la maggior parte di esse non sono venute da persone religiose, ma da atei arrabbiati.

A questi atei fondamentalisti ha voluto rispondere che: 1) aiutano soltanto il fondamentalismo religioso (o protestante); 2) dovrebbero essere più modesti rispetto ai risultati della scienza; 3) dovrebbero mettere in pratica ciò che predicano, ovvero la razionalità e la tolleranza. Consigli sprecati?


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20/01/2014 16:01
 
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SE LO SCIENZIATO VESTE LA TALARE


Da Copernico a Newton, tanti grandi scienziati sono stati anche uomini di fede e diversi sacerdoti hanno contribuito allo sviluppo tecnologico. A dimostrazione che fede e scienza non sono contrapposte.


 


Da Copernico a Newton, tanti grandi scienziati sono stati anche uomini di fede e diversi sacerdoti hanno contribuito allo sviluppo tecnologico. A dimostrazione che fede e scienza non sono contrapposte. Foto Eric Vandeville/AbacaPress/Ansa


Fede e ragione - Foto di Eric Vandeville/AbacaPress/Ansa.


Il tema del rapporto tra fede e ragione racchiude al suo interno il grande dibattito sul rapporto tra fede e scienza sperimentale. Quest’ultima, infatti, viene da molti considerata una forma di sapere antitetica rispetto al sapere religioso. Si tratta di un grande equivoco, alimentato sia da incomprensioni, sia da una lettura zoppa, imprecisa e del tutto parziale del cosiddetto “affare Galilei”.


Da un punto di vista storico i fatti sono chiari: il pensiero scientifico è figlio della cultura greca e, ancora di più, della cultura cristiana, biblica. Furono infatti i greci i primi a osservare con sguardo indagatore la realtà, convinti che dietro l’ordine del corpo umano, della natura, di ogni cosa, ci fosse un principio, una spiegazione. Di qui personalità come quelle di Pitagora, di Euclide, di Eratostene...


Ma è nell’Europa cristianizzata che la scienza sperimentale conosce la sua vera fioritura. Perché qui e non altrove? Perché proprio dove vige una visione biblica di Dio e del mondo, e non, per esempio, in Africa, o in Asia, o in America Latina, cioè nei continenti non cristianizzati? Hanno risposto a questa domanda legioni di storici, di filosofi e di scienziati (in modo più approfondito e serio di quanto non facciano alcuni personaggi ideologizzati o alcuni incauti volgarizzatori): perché nel mondo non cristiano vigevano e vigono ancora visioni animiste, politeiste, per le quali la natura è una realtà divina, abitata da forze oscure e capricciose...
In queste culture l’uomo era schiacciato dalla paura, doveva adorare il sole e gli elementi naturali, e persino propiziarseli con sacrifici di animali e di uomini. Ancora al principio del XVI secolo, prima della cristianizzazione, Aztechi, Maya e Incas uccidevano migliaia di persone per tenere acceso il dio Sole o perché gli dei del mare non si stancassero di dare pesci.

Il cristianesimo invece insegna agli uomini un Dio trascendente, creatore del sole e della luna, ma che non coincide con essi; un Dio che ha creato l’uomo al vertice della natura stessa, ponendolo a custodia e sopra di essa; un Dio che non vuole magia, astrologia e superstizioni. La natura cessa di essere divinizzata e diventa l’opera di Dio.

Dio dunque, come ricorda l’astronomo don Giuseppe Tanzella Nitti, è Colui che ci parla tramite il libro delle Scritture e il libro della Creazione: libro, cioè opera di Qualcuno, non del caso; opera che ha un suo linguaggio, una sua logica.Si può così capire quanto scriveva Niccolò Stenone, celebre anatomista e padre della geologia moderna, vescovo e beato: «Peccano contro la maestà di Dio coloro che non intendono studiare le opere della natura, ma si accontentano di leggere le opere altrui; in tale modo formano per sé nozioni immaginarie e si privano della gioia di guardare le meraviglie di Dio». Chi conosce la storia della scienza sa che i grandi scienziati delle origini sono stati tutti uomini di profonda fede: dal canonico Copernico al grande Keplero, da Galilei, a Newton, da Pasteur a Galvani e a Volta...

Di più, molti di questi sono stati sacerdoti cattolici: come ogni forma di conoscenza, la scienza sperimentale nasce infatti dalla curiosità verso ciò che si ama. E l’uomo di fede ama la creazione: ama i singoli funghi, come il grande micologo don Giacomo Bresadola; si appassiona alla struttura ordinata e ammirevole dei cristalli, come il sacerdote francese René Just Haüy, padre della mineralogia e della cristallografia... Ecco perché l’idraulica moderna e la meteorologia devono la loro nascita a un monaco benedettino, il grande Benedetto Castelli; a un altro monaco, Andrea Bina, si deve il primo sismografo moderno (e a un sacerdote, don Mercalli, la prima scala sismica); a un altro ancora, Gregor Mendel, la nascita della genetica.

Il gesuita Leonardo Garzoni fu il precursore del magnetismo, mentre un altro gesuita, padre Lana de Terzi, è considerato il padre dell’aeronautica, e un terzo, Angelo Secchi, il padre della spettroscopia. Quanto alla biologia, il padre della citologia fu don Bonaventura Corti, mentre il principe dei biologi fu il sacerdote Lazzaro Spallanzani. Si potrebbe continuare a lungo, ma basti concludere con un nome che ci porta all’oggi: padre Eugenio Barsanti inventore, con l’amico Matteucci, del motore a scoppio.

Testo di Francesco Agnoli


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27/10/2014 09:19
 
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Il libro di 26 scienziati spagnoli:
«fede e scienza sono amiche»

60 preguntas sobre ciecie y eIl grande matematico ebreo Robert Aumann, premio Nobel per l’Economia, ha spiegato che «fede e scienza sono due modi diversi di vedere il mondo. Ed entrambi sono nella nostra testa. Ognuno di noi ha differenti modi di vedere il mondo e ognuno di questi ha una sua validità. Bisogna solo tenere presente, e questa è la cosa importante, che la descrizione scientifica del mondo è fatta di modelli, ma il mondo non è un modello» (in questonostro dossier si possono leggere centinaia di citazioni sul rapporto tra scienza e fede, con rispettiva fonte, dei più celebri scienziati esistiti).

Il tema del rapporto tra scienza e fede e tra ragione e fede, spesso dibattuto nella società moderna, condizionata dalla sterile e adolescenziale cultura illuminista, è stato anche al centro di unbellissimo libro appena pubblicato in Spagna: 60 preguntas sobre ciencia y fe (Stella Maris 2014), nel quale si contesta la presunta incompatibilità tra religione e scienza, così come sostenuto da alcuni “materialisti scientifici”. La cosa più interessante è che a rispondere alle 60 domande sono 26 professori universitari e studiosi di vari discipline scientifiche (fisici, chimici, biologi, matematici, neuroscienziati, astrofisici ecc.) appartenenti a 14 università spagnole e latino-americane.

Tra essi, i più noti e importanti sono certamente David Jou, docente di Fisica della Materia presso l’Università di Barcellona e traduttore ed introduttore di tutte le opere finora pubblicate in Spagna da Stephen Hawking. Un altro scienziato intervenuto nel libro è Nicolás Jouve Barriera, noto professore di Genetica presso l’Università di Alcalá;Ignacio Sols, professore Emerito di Algebra presso l’Università Complutense; Francisco J. Soler Gil, docente di Logica e Filosofia della Scienza presso le Università di Brema e Siviglia; il prof. Polaino, docente di Psicopatologia presso la CEU-San Pablo University, il prof. Ignacio García-Jurado, docente di Statistica presso l’Università di A Coruña, ecc..

Questi prestigiosi uomini di scienza sostengono che «i dati forniti dalle conoscenze scientifiche attuali» se «private dalle interpretazioni materialiste e atee», non sono «in alcun modo incompatibili con la dottrina cristiana». Purtroppo, invece, qualcuno ha confuso «l’ideologia con la scienza, andando ben oltre a ciò che i dati empirici permettono». Il testo appare di alto rigore accademico, ma con un linguaggio accessibile al cittadino medio.


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10/12/2019 21:43
 
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Il fisico McLeish: «la scienza non è progresso moderno,


nasce dalla teologia»




«La storia del pensiero scientifico è strettamente legata a quella del pensiero religioso e con molta più continuità rispetto al contrario». Così esordisce la sua riflessione l’eminente fisico teorico Tom McLeish, docente presso la Durham University e direttore del Durham Center for Soft Matter, dal 2011 membro della Royal Society. Nonché autorità internazionale sui cosiddetti materiali soffici: né liquidi semplici né solidi cristallini.


Dal febbraio 2018 è anche professore di Filosofia Naturale alla University of York, essendo uno studioso di scienza medievale e membro del Institute of Medieval and Early Modern Studies a Durham. Ripetere all’infinito che scienza e fede sono sempre state ai ferri corti, ha scritto recentemente McLeish, «non lo rende vero. Un esempio chiave è il teologo di Oxford del XIII secolo, Roberto Grossatesta, che fu il pioniere del primo scienziato. Presentò una visione su come possiamo ottenere nuove conoscenze dell’universo, creò l’alba delle prime nozioni di esperimento e persino una teoria del “big bang” del cosmo e un concetto di universi multipli».


Grossatesta vedeva l’avventura scientifica come «un compito teologicamente motivato» e quando «Bacone sostenne un nuovo approccio sperimentale alla scienza, si rifece esplicitamente a tali motivazioni teologiche». Come sostengono vari storici, tra cui Peter Harrison, «i pionieri scientifici che seguirono Bacone, come Newton e il chimico Robert Boyle, ritennero di avere il compito di lavorare con i doni di Dio per recuperare una conoscenza perduta della natura».


Questo sguardo sulla storia «ci aiuta a vedere quanto siano antiche le radici della scienza. Insistere sul fatto che essa sia un progresso puramente moderno non aiuta il processo di incorporamento del pensiero scientifico nella nostra cultura, costringere le persone a separare la scienza dalla religione porta a negazioni dannose della scienza».


Le radici della scienza sembrano precedere anche gli antichi greci e -come ha mostrato la filosofa Susan Neiman, direttrice dell’Einstein Forum di Potsdam (Germania)- affondano nella storia ebraica antica. «Questo perché», spiega lo scienziato, «Giobbe affronta direttamente il problema di un mondo apparentemente caotico e instabile, estraneo alla situazione umana e impassibile di fronte alla sofferenza».


Ma, ha aggiunto McLeish, «potrebbe anche essere il punto di partenza per la scienza, poiché il Libro di Giobbe contiene nel suo punto cardine il poema della natura più profondo di tutti gli antichi scritti. La sua forma in versi di domande interessa anche gli scienziati, i quali sanno che formulare le giuste domande -piuttosto che avere sempre la risposta corretta- è ciò che sblocca il progresso».


fonte UCCR



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