Premetto che è la prima volta che faccio una cronaca di gioco...quindi un po di clemenza, appena riesco a capire dove vengono salvati screenshot cerco di postarli anzi se mi dite dove med2 li salva mi fate un piacere
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Prefazione
E’ l’anno 1155 e i territori della Serenissima comprendevano oltre la capitale Zara e Pola. Il
Doge Domenico Morosini in una notte d’estate sogna…quello che sogna è qualcosa di straordinario, sogna una Venezia forte e prosperosa, temuta ma rispettata dalle grandi potenze mondiali, immagina una Venezia che si espande dall’Adriatico al Mar Nero , dall’Italia al Peloponneso, immagina una Venezia tra le potenze mondiali, una Venezia essa stessa potenza mondiale. Ma il risveglio del sovrano è amaro, le città indipendenti di Verona e Bologna fanno continue scorribande nei territori della Signoria danneggiando la già precaria agricoltura nonché l’economia stessa di quello Stato che era lontanissimo dai sogni del Doge. Venezia era debolissima sia dal punto di vista militare che politico, guardata con sospetto dai grandi imperi ma anche dai piccoli regni. A Nord il Sacro Romano Impero ad est gli Ungheresi ad ovest e a sud oltre i territori liberi Milanesi e Normanni preparano le loro armate.
Il Doge è consapevole che la realizzazione del suo sogno passa attraverso il sacrificio sia militare che economico ma anche attraverso la fortuna e la benevolenza di Dio. Corre l’anno 1156 e su ordine del Doge vengono affidati a due giovani generali quelle poche forze militari allora possedute. Gli obiettivi sono Bologna e Verona, una cittadina e un castello avamposti vitali per porre il primo mattone per l’ascesa della Serenissima. I due ridotti eserciti vengono rinforzati su diretto ordine del Doge da truppe mercenarie il sacrificio economico e grande e le garanzie sono poche, solo il tempo dirà se quel primo mormorare della nobiltà veneta avrà un seguito trasformandosi in rivolta o se i nobili stessi saranno costretti ad elogiare il Doge per le sue conquiste.
Obiettivo primario: dominio incontrastato su nord-est e centro Italia
Cap 1
Il primo insediamento a cadere è Bologna. La battaglia per Verona risulta più ostica, le spie dicono al generale che le truppe asserragliate nel castello sono ben armate e in buon numero, un attacco diretto quindi è sconsigliato. Si decide dunque di prendere il castello per fame.
Dopo un anno di assedio i veronesi però decidono di porre fine allo stesso uscendo in gran numero dal forte. Il generale era consapevole che in uno scontro diretto non sarebbe riuscito ad averla vinta così usa uno stratagemma. I miliziani, gli arceri e i balestrieri vengono fatti arretrare il più lontano possibile dal castello mentre il generale e la cavalleria franca si allontanano in due direzioni distinte. Nella mente del generale era ben delineato ciò che doveva accadere per avere la meglio in quella battaglia e la fortuna volse dalla sua parte. Mentre i veronesi si dividono all’inseguimento delle due formazioni di cavalleria la fanteria si dispone su due linee: miliziani e quell’unica unità di lanceri mercenari in posizione difensiva coperti da arceri e balestrieri posti alle loro spalle. I veronesi constatando l’impossibilità di raggiungere la cavalleria decidono di attaccare le truppe ferme. Il comandante veronese credeva che il numero sarebbe stato sufficiente a vincere la battaglia ma il numero senza la tattica è niente. I lanceri veronesi dando le spalle alla cavalleria offrono la pirma opportunità di attacco che il generale veneziano non si lascia sfuggire. I generale suona la carina al grido di”
Viva San Marco” e due formazioni di cavalleria da due distinti lati travolgono i veronesi spazzando via una formazione di lanceri e decimandone un’altra. Le perdite di quelle carica da parte veneta erano zero. Il comandante veronese decide allora di caricare la cavalleria con tutto l’esercito ma ancora una volta la tattica è padrona del campo, le due formazioni di cavalieri si allontanano di corsa in due direzioni apposte e tornano a caricare non appena i veronesi cambiano obiettivo, stavolta la carica è sugli arceri e le 4 formazioni di arceri veronesi vengono messe in fuga ma il generale non si accontenta e decide di sterminare gli arceri in fuga fin dentro il castello stesso. Approfittando quindi delle porte aperte la cavalleria veneziana e quella franca irrompono nella piazza di Verona. Il comandante veronese per non perdere il castello fa tornare di corsa le truppe in piazza ma mentra i veronesi corrono la cavalleria riprende fiato e riparte per quella che è più una passeggiata nelle vie cittadine che una cavalcata, poi nel momento in cui i veronesi irrompono in piazza la cavalleria prende a cavalcare verso le porte uscendo dall’insediamento. La tattica del generale è quella di una battaglia di logoramento. Il passo successivo è la ricongiunzione con il resto delle truppe mentre i veronesi oramai esausti correndo escono di nuovo dal castello. Sarebbe stato meglio se ci fossero rimasti chiusi per riprendere fiato ma lo sciocco capitano veronese ha fatto la sua mossa. Appena le truppe di Verona vengono a portata di tiro l’unità di balestrieri apre il fuoco, dopo poco anche gli arceri incoccano e scoccano i loro dardi infuocati. Il generale veneziano osserva compiaciuto la scena e nel frattempo riceve aggiornamenti sullo stato delle truppe in campo. Oramai da una situazione di assoluto svantaggio numerico a sfavore degli assedianti si è passati in parità. La folle corsa delle truppe veronesi bersagliate dalla distanza si infrange sulle picche e sigli scudi veneti. Rapidamente le esauste truppe veronesi vanno in rotta e il solo comandante con la scorta rimane a combattere, a qualcuno potrebbe sembrare un valoro ma in realtà da sciocco qual è farà la fine che emrita di li a poco. Basta infatti la carica degli ultimi 10 cavalieri franchi rimasti a metterlo in fuga. Il resto lo fanno prima le frecce e poi la spada del nostro generale. Verona è presa! Un castello in una posizione fortemente strategica è diventato un tassello fondamentale per continuare nel lungo cammino verso la grandezza della Serenissima.
Dalla battaglia di Verona il Doge ha avuto modo di apprezzare l’utilità della cavalleria franca e i pochi cavalieri rimasti vengono dislocati nella capitale stessa per poi essere riutilizzati al momento opportuno. I nobili veneti si dividono e per fortuna il ristretto gruppo di contestatori viene messo da parte e la maggior parte della nobiltà plaude alle conquiste del Doge urlando in piazza”
Viva San Marco!”.
La Serenissima si espande
Cap 1.1
Il Doge vuole una Venezia rispettata non solo per la sua futura forza militare ma soprattutto per i legami diplomatici stretti con regni potenti sia militarmente che politicamente. Mentre le truppe venete conquistano facilmente Firenze, Pisa e Ancona, i diplomatici stringono accordi commerciali e alleanze con i regni cattolici e non. Alleanze forti vengono strette con il Sacro Romano Impero, l’Inghilterra, i vicini Ungheresi, Milanesi e Normanni e tanti altri ancora ma l’alleanza più importante è quella stipulata con il Papa. Il Doge è consapevole del fatto che se vuole il rispetto per Venezia l’alleanza con il papato è di vitale importanza e quando riesce a convincere il Papa che un mutuo accesso militare è conveniente per tutte e due le corone pone le basi per quella che sarà una santa e duratura alleanza. Era l’anno 1170 e mentre anche Genova cadeva gli accordi diplomatici con il papato davano i loro frutti. Gli eserciti del Papa e a volte il Papa stesso passeggiavano nei territori veneti talvolta attaccando le sparute formazioni di ribelli che cercavano di sconquassare le campagne, la grande utilità di lasciare libero accesso ai territori veneti al Papa era evidente soprattutto in quegli anni. Venezia dopo il periodo espansionistico doveva tirare il fiato, rimpinguare le casse e rinforzare i nuovi insediamenti con altre truppe ma il tutto avrebbe portato via tempo e i Milanesi nonostante fossero alleati addestravano in continuo truppe che portavano ai confini e con cui a volte sconfinavano. I francesi sembravano in procinto di conquistare Asti(cittadina ancora libera) e travolgere Genova come pure gli Aragonesi e i Milanesi ma tutti restavano come immobili sapendo che un’eventuale attacco alla Serenissima sarebbe stato un grossissimo rischio dovuto al fatto che il Papa in qualsiasi momento poteva andare in soccorso del fedelissimo alleato e un attacco del Papa era scomunica certa, e scomunica certa metteva quel regno sotto un gran rischio quello cioè che l’ombra della croce di Cristo potesse ricoprirlo forse in maniera definitiva. Grazie alle sue illuminate politiche Venezia in quegli anni visse un periodo di pace e sviluppo economico. Nell’anno del Signore 1177 il
Doge Vitale II Michiel reggente muore nel suo letto lasciando all’erede il compito di realizzare il sogno di Domenico Morosini di una Venezia CAPUT MUNDI.
I dissidi con Milano ed i Normanni
Cap 1.2
Il figlio del Doge Domenico Morosini,
Daniele, aveva potuto osservare fin da piccolo il padre riuscendo a rubare per così dire le stesse capacità paterne. Ciò gli fu utile nel momento in cui divenne egli stesso Doge. Il primo atto del suo regno fu quello di sciogliere l’alleanza con i milanesi dopo che questi avevano deciso di attaccare gli alleati francesi perdendo così favori presso la Santa Sede. Le ostilità contro i Milanesi inizarono pochi anni dopo la loro conquista di Asti. Il Duca di Milano decise di spostare le truppe di Asti al confine con gli aragonesi lasciando la cittadina sguarnita. Il Doge non si fece scappare l’occasione e inviò subito poche truppe da Genova per prendere l’insediamento e subito fece arruolare li nuove truppe. La guerra con Milano era inizata e quando ancora il messo ducale doveva arrivare a Milano per avvertire che Asti era persa il duca si ritrovò in mano una lettera che gli gelò il sangue. Il Papa in persona gli aveva scritto, scontento dal comportamento del Duca, più volte ammonito per aver attaccato i “fratelli francesi” era stato scomunicato, per rientrare nelle grazie papali il Duca aveva due possibilità: fare una lauta donazione alle casse papali, magari riconsegnando i territori sottratti ai francesi oppure morire. Il Doge anticipò la diplomazia ducale suggerendo al Papa una crociata contro quegli eretici che come Caino avevano deciso di uccidere i loro stessi fratelli.
La crociata è indetta. Tutte le nazioni cattoliche ne prendono parte, due eserciti veneziani si dirigono così su Milano unendosi al resto dei crociati. Le spie comunicano al Doge che il castello di Lugano è poco difeso così mentre un esercito è ordinata la conquista del castello l’altro assedia Milano. L’anno successivo la crociata ha termine; Milano, Lugano e Asti sono le nuove province venete, i confini dei quello che oramai era il regno veneto si spostano ad ovest. La Repubblica ora si espande su tutto il nord e centro Italia fino alla Dalmazia i Milanesi sono oramai messi alle strette e le successive due crociate li cancelleranno dalle carte geografiche. Nella prima delle due crociate 3 dei 4 insediamenti Milanesi vengono conquistati dai Veneziani coadiuvati da aragonesi, ungheresi e polacchi. Il castello di Thurn viene donato al Papa che ne è così entusiasta da definire idilliache le relazioni tra i due popoli. Gli altri due insediamenti vengono rasi al suolo e lasciati vuoti con il carico delle tasse al massimo e verranno di li a poco riconquistati dai milanesi che li terranno per poco. Qualche anno dopo infatti aragonesi e francesi li riprenderanno lasciando Milano con un unico insediamento che perderanno nella crociata successiva che come detto porrà fine alla Signoria Ducale di Milano.
Gli anni successivi sono anni relativamente tranquilli, non ci sono nazioni nemiche ma vengono comunque rinforzati i confini con Bisanzio che nel frattempo era arrivato a conquistare Ragusa e i Normanni. Soprattutto i secondi danno non poche preoccupazioni al
Doge Giuliano figlio di Domenico visto che pur non avendo con loro stipulato un accordo che permettesse l’accesso alle terre venete era facile vederli bivaccare con qualche piccoli eserciti fuori le città di Ancona, Firenze, Bologna e Pisa. Il Doge era molto irritato dal comportamento del re normanno e colse così l’occasione per fargli capire che la pazienza della Serenissima non è sconfinata. Le spie comunicarono che la fortezza di Chieti aveva solo un’unità di lanceri a difesa e fu così che si decise la conquista della stessa. Il
generale Michel di Dalmazia prese le truppe di istanza ad Ancona e marciò in maniera vittoriosa su Chieti. La guerra con i Normanni era appena iniziata, il Papa non si mostrò favorevole a quell’atto ostile nonostante i rapporti tra papato e normanni fossero ai minimi storici. Il Doge capì che per continuare quella che oramai era l’espansione nel sud Italia doveva avere l’appoggio papale. Fu così che con uno stratagemma fece dichiarare guerra ai normanni allo stesso Papa. Infatti subito dopo la conquista di Chieti le spie venete riferirono al conquistatore della fortezza che 2 eserciti papali erano posti sul confine della provincia normanna di Napoli contrapposti a un esercito normanno. Quale occasione migliore per una nuova guerra? Il generale con la sola sua cavalleria parte all’attacco dell’esercito normanno, come era logico i due eserciti papali si posero a difesa del generale veneziano. Per i normanni fu guerra e scomunica.
Il Papa comunque non fu contento di scendere in guerra con i normanni, a quel tempo erano la prima forza militare mondiale e fu lo stesso Papa e rifiutare fermamente il consiglio/volontà del Doge di indire una nuova crociata. Per il Doge il no papale fu una beffa, era convinto di poter condurre la sua cavalcata sul sud indisturbato e magari aiutato dalle truppe crociate. L’anno successivo Chieti fu posta sotto assedio, i normanni inoltre attaccarono Roma. Fu quello il più grande errore degli Altavilla che firmarono così la loro possibile fine. Il Doge fece pervenire al Papa una missiva in cui chiedeva che fosse indetta una crociata contro gli eretici normanni, la crociata era l’unico modo che il Papa aveva per non soccombere ai normanni arrivati in forze ad assediare Roma. Il Papa accettò e in poco tempo gli eserciti cattolici aderirono, in quello stesso anno Roma cadde insieme con lo stesso Papa, il nuovo successore di Pietro rivoleva Roma e mentre i crociati veneti marciavano verso la città Chieti si liberava dall’assedio normanno sconfiggento in maniera schiacciante gli assedianti. Roma tornò sotto lo stemma papale e gli eserciti veneziani si diressero su Reggio destinazione della crociata ma visto che le spie comunicarono al Doge che Napoli e Bari erano poco difese fu deciso di dirottare e dividere gli eserciti su questi due insediamenti. Napoli cadde subito, Bari oppose una strenua resistenza ma cadde in mano veneta. Purtroppo i crociati veneti avevano perso il grosso dell’esercito e la conquista di Reggio era impossibile in quelle condizioni, per questo partirono altri eserciti crociati dai castelli di Verona e Pola. Il Doge mise in campo tutte le sue forze, alcuni insediamenti come Genova e Lugano erano sguarniti, tutte le nazioni cattoliche avevano aderito ma nessun esercito crociato aveva ancora attraversato le Alpi. Fu così che il Doge capì che era rimasto solo e l’unic cosa da fare era attendere l’arrivo di nuove truppe.