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Ultimo Aggiornamento: 02/07/2012 14:21
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Rovigo: Dodicenne stuprata da un poliziotto

Si è spacciato per un ragazzo di 17 anni, le ha inviato foto fasulle poi è passato a prenderla, l'ha caricata in macchina e l'ha violentata. L'"orco" è un agente delle volanti della questura di Rovigo, accusato di violenza sessuale su una ragazzina di appena 12 anni. Il coltello sul cruscotto della macchina. L'uomo, M.T., 30 anni, di Bosaro (Rovigo), aveva contattato la piccola fingendosi un diciassettenne e inviandole un mms con una fotografia fasulla. L'aveva poi caricata sulla propria automobile, tenendo sul cruscotto in bella vista un coltello e approfittando fino in fondo del proprio ruolo e della maggiore età. Le promesse: facciamolo ancora, avrai regali. Successivamente alla prima violenza sessuale, aveva tentato di costringere la bambina ad avere altri rapporti con lui, inviandole messaggi con promessa di regali e ricariche telefoniche. La piccola si è infine confidata con la famiglia. Dopo la denuncia del padre della vittima, sono stati gli agenti della questura rodigina a indagare sul collega, a seguirne le mosse e infine ad incastrarlo. M.T. è stato arrestato su ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Rovigo, Carlo Negri. Ad eseguire l'arresto è stata la squadra mobile di Rovigo.
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Il caso di Giuseppe Uva pestato e ucciso in caserma dai Carabinieri

Emergono nuove circostanze che gettano una luce ancora più inquietante sulla morte di Giuseppe Uva, l'uomo di 43 anni morto il 14 giugno del 2008 nell'ospedale di Varese dopo un pestaggio subito nella caserma dei carabinieri.
Sembra che tra lui e uno dei militi che lo avevano fermato la notte precedente ci fossero degli screzi personali legati a una donna. Alberto Biggiogero condotto in caserma insieme ad Uva, e che racconta di aver sentito le grida atroci dell'amico provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso tanto da chiamare il centralino del 118 per chiedere un intervento (circostanza che ha trovato piena conferma dalla registrazione della telefonata e dai successivi contatti del 118 con la caserma), ha sostenuto in un'intervista che Uva «aveva avuto una relazione con la moglie di un carabiniere e questo, in seguito, aveva promesso di fargliela pagare». Biggiogero non sa chi fosse questa donna, ma la sera del fermo per schiamazzi notturni accadde qualcosa di molto simile a quanto paventato dall'amico. Nella dettagliata denuncia presentata alla procura di Varese, Biggiogero descrive la scena: «Un carabiniere si avvicina a noi con uno sguardo stravolto urlando "Uva, cercavo proprio te, questa notte te la faccio pagare!"», quindi avrebbe cominciato a spintonarlo e picchiarlo per poi spingerlo insieme con altri colleghi in una delle volanti accorse. Insomma, stando alle parole del testimone, il movente del brutale pestaggio continuato in caserma e finito in tragedia avrebbe potuto essere quello del forte risentimento personale nutrito da un esponente dell'Arma che avrebbe coinvolto altri suoi colleghi. La presenza in passato di uno screzio con i carabinieri, sempre per questioni di donne (Uva era incensurato), viene confermato anche dalla sorella dell'uomo, Lucia. D'altronde la descrizione del corpo martoriato di Uva, in particolare le tracce di sangue sul retro dei pantaloni, la scomparsa degli slip, il sangue attorno ai testicoli e alla zona anale, lasciano supporre il ricorso a sevizie di natura sessuale compatibili col movente indicato. L'avvocato Anselmo, legale della famiglia, è più prudente e preferisce procedere con metodo: «Basterebbe poter consultare il traffico delle chiamate in uscita e in entrata sull'utenza del cellulare di Uva per accertare la verità». Per questo nei prossimi giorni depositerà una memoria avanzando diverse richieste per la riapertura delle indagini, tra cui la riesumazione della salma affinché venga realizzata una nuova autopsia finalizzata a nuovi accertamenti medico-legali sulla natura delle ecchimosi e dei lividi raffigurati nelle foto e la presenza di eventuali fratture e altri traumi. Nel frattempo il procuratore capo di Varese, Maurizio Grigo, ha rivendicato «il corretto operato dei colleghi titolari del procedimento». In un comunicato ha reso noto che «il 30 settembre 2009 la dottoressa Sara Arduini ha aperto un nuovo procedimento proprio per verificare le nuove accuse della famiglia e le dichiarazioni rese da Alberto Biggiogero ed accertare ulteriori ipotesi di determinismo sull'accadimento». Non vi sarebbero per il momento persone iscritte nel fascicolo degli indagati, ma a detta del procuratore «sono state espletate ulteriori attività istruttorie e altre ne verranno svolte, nel caso con la possibile partecipazione dei difensori». Per quanto riguarda, invece, il procedimento per omicidio colposo nei confronti dei due medici del reparto di psichiatria dell'ospedale di Varese che diedero assistenza a Uva durante il ricovero, il procuratore ha sottolineato che «si è in attesa della fissazione della prima udienza preliminare». A ventuno mesi dalla morte di Giuseppe Uva cominciano a trovare conferma molti elementi che smentiscono la versione ufficiale fornita dalle autorità. Tuttavia numerose domande attendono ancora risposta, tra queste il numero dei militi dell'Arma e degli agenti della polizia di Stato presenti nella caserma la notte tra il 13 e 14 giugno e perché questi non sono mai stati ascoltati. Il velo di omertà, la catena di complicità e il muro dell'impunità di Stato cadranno?


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22/03/2010 23:39
 
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Giustizia: Se i tutori dell’ordine calpestano i diritti della persona

Ora è ufficiale: secondo la commissione parlamentare Stefano Cucchi è stato sottoposto a tortura che ha provocato fratture e poi lasciato morire in un reparto ospedaliero carcerario (reparti che sono illegittimi in quanto non rispettano i diritti costituzionali e che, pertanto, chiediamo che vangano chiusi). Sarebbe opportuno simbolicamente che la regione Lazio, che ne ha parte di responsabilità, procedesse alla chiusura immediata del reparto carcerario del Pertini. Si muore in carcere e di carcere, come è avvenuto nel reparto transito del carcere di Livorno il 4 marzo scorso a Snoussi Habib, 30 anni.
Un carcere quello di Livorno dove negli ultimi 10 anni sono avvenute più di venti morti. Tra questi Marcello Lonzi, suicida secondo la versione ufficiale anche se le perizie sembrano parlare di una brutta fine, come nel caso di Aldo Bianzino e altre 10-100 vite spezzate mentre il proprio destino è sottoposto al controllo di un’autorità. In questo contesto ci tocca ritenere un risultato il recente esito dell’appello del processo sulle torture di stato perpetrate a Bolzaneto, dove tutti gli imputati hanno trovato condanna, seppur prescritta.
Ma tanto è, nell’Italia dei centri di detenzione per stranieri dove l’identificazione e l’umiliazione dura 6 mesi, dove la fabbrica della paura della Bossi-Fini-Giovanardi aggravata dall’ex Cirielli producono patrie galere con cifre da capogiro: 66.700 detenuti che sfondano la "capienza massima regolamentare", posta a 43 mila reclusi, e una media di meno di cinque metri quadri a disposizione per ogni detenuto.
Carceri che grondano di suicidi (già 14 dall’inizio dell’anno, 20 volte di più che nella vita libera) e dove il piano carceri dell’attuale governo sembra più preoccupato a fare gli ennesimi regali ai signori della calcestruzzo piuttosto che a cercare di trovare concrete soluzioni. Un governo che non ha alcuna intenzione di introdurre il reato di tortura nel codice penale e la figura del garante nazionale delle persone private della libertà personale, due leggi previste praticamente in tutti gli ordinamenti democratici dell’occidente, Italia esclusa. Un governo che preferisce accanirsi sulle leggi ad personam e sulle leggi contro la persona. Un governo di un paese dove si dimentica Rosarno e si additano i genitori di alunni stranieri come "speculatori" dello stato che offre istruzione a tutti e ha in cambio genitori extra Ue che ne approfittano, a loro dire, per evitare espulsioni.

Giovanni Russo Spena
Gennaro Santoro


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22/03/2010 23:37
 
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Caso Uva: rincorso e poi picchiato prima di essere caricato su una macchina delle forze dell'ordine

E' stato rincorso e poi picchiato prima di essere caricato su una macchina delle forze dell'ordine. Giunto in caserma è stato pestato di nuovo. Un testimone racconta di un lasso di tempo lunghissimo nel quale si sentivano distintamente le urla del malcapitato provenire da un'altra stanza. Stiamo parlando del fermo di Giuseppe Uva morto il 14 giugno 2008 dopo le percosse subite in una stazione dei carabinieri e il ricovero coatto in una struttura psichiatrica. La vicenda è stata resa nota ieri da Luigi Manconi dopo che l'avvocato Fabio Anselmo, lo stesso che ha seguito il caso di Federico Aldovrandi e Stefano Cucchi, ha assunto il patrocinio legale a nome della famiglia. Giuseppe Uva aveva 43 anni e la sera del fermo aveva fatto le ore piccole. Alle tre di notte forse era un po' brillo mentre si aggirava per le strade di Varese a fare "bischerate", come in Amici miei . Ricordate il film di Mario Monicelli, girato nel 1975, dove cinque amici ormai cinquantenni si divertono a organizzare scherzi goliardici in giro per la città? Una delle ultime pellicole della commedia all'italiana dove si descriveva un paese ancora in grado di ridere di sé. Una risata piena e disperata, consapevole di una condizione umana ormai persa in un mondo senza grandi prospettive. Le «zingarate» dell'allegra brigata erano una fuga per non morire di tristezza. Un tentativo d'annegare la disillusione in un riso intriso di malinconia. In quell'Italia lì si poteva finire in caserma o in carcere per tante ragioni, spesso politiche, ma non ancora per ridere. Non erano tempi terribili e cupi come quelli dell'Italia attuale, dove un ragazzo che rientra da un concerto, come è accaduto a Federico Aldovrandi , viene fermato sul ciglio del marciapiede di una strada di Ferrara e massacrato da alcuni poliziotti. Dove un artigiano mite che lavorava il legno come Aldo Bianzino , uno che viveva nel suo casolare umbro senza dare disturbo a nessuno, viene arrestato perché nel suo orto crescevano delle piante di marijuana che consumava solo per sé. Portato in carcere lo ritroveranno morto in cella. L'autopsia segnalerà la presenza di traumi interni, lacerazioni del fegato e degli altri organi dell'addome, manifesta conseguenza di percosse subite. A Riccardo Asman non è andata meglio. Affetto da problemi psichiatrici, mostra segni di forte euforia spogliandosi e tirando petardi dalla finestra di casa, da dove fuoriesce anche musica ad alto volume. L'intervento del 113 finisce in tragedia. L'uomo muore soffocato con le caviglie legate da fil di ferro, le pareti dell'abitazione sporche di sangue e il corpo devastato da brutali percosse praticate con oggetti contundenti. Stefano Cucchi , invece è morto disidratato, segnalano i referti, nell'indifferenza e l'incuria di un ospedale penitenziario. Il suo corpo era martoriato da lesioni, fratture ed ematomi. Traumi subiti dopo il suo fermo mentre era nelle mani di chi doveva assicurarne la custodia.
Giuseppe Uva pare avesse spostato delle transenne in mezzo alla via. Non aveva commesso reati, al massimo una violazione al codice della strada. Per questa bischerata è morto. Il suo decesso ricorda quello di Francesco Mastrogiovanni , il maestro anarchico di Castelnuovo Cilento anche lui fermato per futili motivi e condotto nell'ospedale di Vallo della Lucania dove è deceduto durante un Tso. L'autopsia ha rivelato la presenza di un edema polmonare. Mastrogiovanni era rimasto legato per giorni su un letto di contenzione, lacci ai polsi, contro ogni regola. Qualcosa del genere è accaduta anche a Giuseppe Casu , l'ambulante cagliaritano fermato e poi ricoverato a forza perché non voleva lasciare la sua bancarella vicino al municipio. Sette giorni di letto di contenzione, farmaci somministrati contemporaneamente e in dosi elevate l'hanno ucciso. Queste morti hanno tutte un filo comune: colpiscono piccoli consumatori di droghe, persone con disagi psichiatrici o individui percepiti dalla comunità come "diversi", troppo originali. Insomma segnalano un problema d'intolleranza e disprezzo verso popolazioni stigmatizzate, fasce considerate immeritevoli di rispetto e diritti. Sollevano poi l'irrisolto problema degli apparati di polizia pervasi da culture sopraffattrici, specchio di un'epoca dove la spoliticizzazione ha aumentato a dismisura il grado di violenza che pervade i rapporti sociali. Infine sollevano un paradosso: una legalità eretta a tabù si rovescia nel suo esatto contrario.

Paolo Persichetti


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22/03/2010 23:35
 
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Cucchi, sepolto all'insaputa della famiglia. E intanto si scopre un altro caso di morte per violenza. Delle forze dell'ordine

Stefano Cucchi è stato sepolto dieci giorni fa all’insaputa della famiglia. Ieri i familiari si sono rivolti all’agenzia funebre incaricata di svolgere le esequie e così hanno scoperto che il corpo di Stefano era già stato tumulato nel cimitero di san Gregorio senza che fossero stati avvertiti. Picchiato e lasciato morire nella solitudine e l’indifferenza, Stefano ha subito anche l’ultimo oltraggio.
Ma il caso Cucchi ha scoperto una polveriera. Luigi Manconi, presidente di "A Buon Diritto" ed ex sottosegretario alla Giustizia ha denunciato «un altro caso Cucchi, forse peggio del caso Cucchi». È accaduto quasi due anni fa, il 14 giugno 2008, a Varese. Giuseppe Uva, 43enne fermato in stato di ubriachezza è morto dopo "violenze sistematiche e ininterrotte". Manconi denuncia anche la somministrazione, in ospedale, di farmaci incompatibili con la precedente assunzione di alcolici.
Questa la ricostruzione-denuncia di Manconi: "Fermato in stato di ebbrezza alle 3 del mattino del 14 giugno 2008, in una strada di Varese, in balia di una decina di uomini tra carabinieri e poliziotti all'interno della caserma di via Saffi, Giuseppe Uva, 43 anni, per tre ore subisce violenze, sistematiche e ininterrotte: ecchimosi al volto e in varie parti del corpo, macchie di sangue tra il pube e la regione anale". "Un testimone - riferisce Manconi in una nota - parla di urla strazianti che si ripetono per ore. L'intervento del 118, sollecitato dal testimone in questione, viene rifiutato dal entralinista della caserma". Poi, "alle 5 del mattino, incredibilmente, dalla stessa caserma si chiede l'applicazione del trattamento sanitario obbligatorio per Uva, che verrà trasportato prima al pronto soccorso e poi al reparto psichiatrico ell`ospedale di Circolo".
E proprio qui, "secondo quanto accertato dall'indagine, gli vengono somministrati medicinali incompatibili con l'assunzione di alcol". Giuseppe Uva muore alle ore 10.30: "Nonostante le dettagliate testimonianze sulle responsabilità di carabinieri e polizia, in merito alle continue ripetute violenze subite, si procede contro ignoti", sottolinea il presidente di A buon diritto.
Due giorni fa l'Avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi e, prima, dei genitori di Federico Aldrovandi, ha assunto il patrocinio di Lucia Uva, sorella di Giuseppe, come persona offesa dal reato.


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22/03/2010 23:33
 
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Caso Lonzi, la vergogna continua: la Procura annuncia l'archiviazione. L'indignazione della madre.

Il caso Lonzi è archiviato. Questa è la vergognosa decisione della Procura di Livorno e del Pm Giaconi circa la morte di Marcello Lonzi nel carcere delle Sughere di Livorno nell'ormai lontano luglio 2003.
La notizia ha iniziato a circolare già da questa mattina quando i giornalisti hanno chiamato la madre, Maria Ciuffi, per annunciarle la triste notizia. Un fulmine a ciel sereno, visto che Maria stava raccogliendo soldi proprio per controbattere all'ultima perizia medico-legale dell'Università di Siena e attendeva la relazione del suo medico legale di fiducia che avrebbe smontato punto per punto quella della collega senese.
Invece la Procura ha deciso anche senza la seconda controperizia. Ma la cosa ancora più strana e grave è che la madre e gli avvocati erano stati convocati dal pm Giaconi il 25 marzo prossimo per la chiusura delle indagini, mentre i giornalisti sono venuti a saperlo già oggi rendendo inutile a questo punto l'incontro del 25.
Nelle 19 pagine che la Procura ha inviato all'avvocato Dinelli che assiste Maria Ciuffi, il Pm Giaconi ha ripercorso tutta la storia del caso dal 2003 ad oggi arrivando alla conclusione che la morte è avvenuta per insufficienza cardiocircolatoria mentre le costole rotte sono dovute al tentativo di rianimazione. Secondo Maria Ciuffi invece da questa relazione mancano alcune testimonianze chiave e non vengono messe in evidenza le omissioni e le contraddizioni che ci sono state in questa vicenda.
Maria Ciuffi in questo momento è una donna distrutta, che vede sfumare 7 anni di battaglie, tuttavia ha annunciato che non si arrenderà e già dalle prossime ore potrebbe annunciare clamorose proteste fino anche al ricorso a Strasburgo.
Da parte nostra riteniamo scandaloso che questa morte non abbia trovato nemmeno un processo dove essere accertata e che in ogni caso non ci sia nemmeno un imputato non tanto per omicidio (indagato per omicidio era il compagno di cella che tuttavia Maria Ciuffi ha sempre ritenuto estraneo), ma nemmeno per omessa vigilanza (erano indagati due guardie). Insomma, se qualcuno sperava che si andasse ad un processo per reati minori tanto per far vedere che si cercava quantomeno un po' di verità, è andato anch'esso deluso. La linea scelta è stata quella dell'insabbiamento all'italiana, la stessa del Moby Prince e la stessa che probabilmente colpirà anche il caso Cucchi la cui morte è stata da poco derubricata a "disidratazione".

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18/03/2010 23:07
 
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Stefano Cucchi, per la commissione d'inchiesta non è stata una morte accidentale

«Siamo arrivati a conclusioni molto chiare: a Stefano Cucchi, probabilmente, sono state inferte lesioni traumatiche che non sono la causa diretta della morte che e' avvenuta per disidratazione legata alla volonta' di Cucchi di richiamare su di se' l'attenzione dei suoi legali e del mondo esterno». Così il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta in merito alla morte di Stefano Cucchi, Ignazio Marino, ai giornalisti al termine della riunione che ha approvato all'unanimita' la relazione finale. Marino ricorda anche che la morte di Cucchi e' dipesa, oltre che dalla disidratazione, anche "all'eccessiva perdita di peso, 10 chili in 6 giorni". Quindi, "a detta dei nostri consulenti sarebbe servito un piu' attento monitoraggio delle condizioni cliniche".

La sorella di Stefano, Ilaria, a caldo ha così commentato la relazione della commissione: «Siamo molto soddisfatti per l'esito della commissione di inchiesta parlamentare sulle cause della morte di Stefano. Siamo soddisfatti perché la relazione afferma quanto noi abbiamo sostenuto sin dall'inizio: le fratture ci sono, sono recenti e compatibili con il pestaggio. Ora mi auguro che la Procura tenga conto della relazione e che sia riconosciuta la preterintenzionalita' delle guardie carcerarie nell'aver causato la morte di Stefano e che si smettano tutte le altre insinuazioni. Spero non comincino a parlare d'altro, come ad esempio di una caduta accidentale. Mi auguro la smettano con l'atteggiamento difensivo nei confronti di chi ha picchiato Stefano, che e' stato vittima di un pieno pestaggio. Questo ormai - conclude - e' chiaro a tutti".

Nella relazione finale della commissione d'inchiesta sull'efficienza del Servizio sanitario nazionale in
merito alle cure prestate a Stefano Cucchi, vengono indicate 7 criticita' legate alla vicenda della morte del giovane.
La prima spiega che "nell'opinione dei consulenti tecnici della commissione, le ecchimosi palpebrali sono state
probabilmente prodotte da una succussione diretta delle due orbite. Analogamente, le lesioni alla colonna vertebrale sembrano potersi associare ad un trauma recente; sempre ad una lesione e' collegabile la frattura al livello del sacro-coccige".
2 - "Il medico del carcere invia d'urgenza il detenuto al Pronto soccorso dell'ospedale 'Fatebenefratelli' sull'isola
Tiberina. Tuttavia, l'accesso all'ospedale avviene dopo quattro ore, alle 21".
3 - "L'ortopedico dell'ospedale 'Fatebenefratelli' e' consultato telefonicamente, non essendo di guardia attiva: cio'
non sembra consono per un nosocomio sede di Dea di primo livello".

4 - "La trasmissione della cartella clinica del detenuto appare problematica sia nel trasferimento tra le diverse
strutture ospedaliere, sia nel passaggio di consegna tra un medico e l'altro nell'ospedale 'Sandro Pertini'. Nel primo
ricovero all'ospedale 'Fatebenefratelli' manca la cartella clinica di accompagnamento dal carcere e mai viene
successivamente citata come letta da alcun testimone. La cartella clinica non e' ordinata nel diario.

5) La quinta criticita' dice: "Alla luce dell'anomala procedura di ricovero presso la struttura protetta
dell'ospedale 'Sandro Pertini', e' lecito domandarsi se tale percorso sia stato indotto da motivi sanitari o da esigenze
organizzative dell'amministrazione penitenziaria. Le motivazioni di tale particolare procedura sono apparse comunque alla commissione lacunose".
6 - "Il primario responsabile della struttura protetta dell'ospedale 'Sandro Pertini' non ha mai visitato il paziente.
In considerazione dell'aggravarsi del quadro clinico del paziente il 21 ottobre 2009, e' stato riferito alla commissione essere stata preparata da un medico una lettera di segnalazione all'autorita' giudiziaria, mai inviata in realta', a causa della morte del paziente. Ciononostante non viene predisposto un monitoraggio continuo delle condizioni del paziente".
7 - "E' da notare la mancanza di qualsiasi supporto in loco descritto per la rianimazione. L'equipe di rianimatori non viene chiamata. Si riferisce che sarebbe potuta giungere in 5 o 6 minuti".

Dichiarazione di Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra.
CASO CUCCHI, QUALUNQUE SIANO LE CONCLUSIONI DELL'INCHIESTA, FU TORTURA. E DA QUI BISOGNA PARTIRE.

Secondo i risultati della Commissione parlamentare d'inchiesta, Stefano Cucchi, ucciso in carcere dopo una settimana di agonia, sarebbe morto per una disidratazione "non monitorata" che lo portò alla perdita di 10 chili. Secondo la commissione, dunque, la responsabilità dei medici, ma la sorella di Stefano giustamente dice:
"Anche i risultati della commissione confermano che fu picchiato". Di certo, se Stefano è morto per disidratazione non c'è stata la dovuta attenzione da parte della polizia penitenziaria come delle strutture
mediche del carcere, che non hanno fornito neanche un minimo di assistenza sanitaria, neppure quella coatta. Di certo, non si può sminuire il caso: o per percosse o per disidratazione si tratta comunque di un atto di tortura a danno di un ragazzo inerme e dunque di un atto illegale di violazione del corpo di un ragazzo in stato di fermo. Insomma, non vorremmo che venisse sminuito quanto effettivamente avvenuto. Come se, per la morte di Gesù Cristo, ci raccontassero che è morto per un colpo di sole.


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07 marzo 2010
Detenuto suicida nella Casa di Reclusione di Padova: 13 casi da inizio anno


Giuseppe Sorrentino, 35 anni, si è ucciso questa mattina alle 10.30 nella Sezione “Protetti” della Casa di Reclusione di Padova. L’uomo, che era in cella da solo, si è impiccato alle sbarre della finestra del bagno mentre gli altri detenuti erano fuori dalla Sezione per “l’ora d’aria”.
Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l’allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo Sorrentino era già morto.
Di origini campane, era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato: infatti manifestava da tempo segni di profondo disagio ed era reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato. Ricoverato più volte in Ospedale e in Centro Clinico Penitenziario, ogni volta al ritorno in carcere riprendeva la sua protesta, lamentando in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari.
Il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella Casa di Reclusione di Padova, dove il 23 febbraio scorso, nella stessa Sezione, si tolse la vita Walid Alloui, che aveva soli 28 anni.
Dall’inizio dell’anno salgono così a 13 i detenuti suicidi e a 31 il totale dei morti “di carcere” (che comprendono i decessi per malattia e per cause “da accertare).


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05 marzo 2010
Omicidio Aldrovandi, Processo bis: condannati tre poliziotti per presunti depistaggi e rinviato a giudizio un quarto


Il gup Monica Bighetti ha condannato tre poliziotti, e rinviato a giudizio il quarto, nel processo 'Aldrovandi bis' sui presunti depistaggi nelle indagini per la morte del diciottenne Federico Aldrovandi, durante un intervento di polizia il 25 settembre 2005 a Ferrara.
Per la morte del ragazzo erano già stati condannati l'estate scorsa altri quattro agenti della Questura di Ferrara. La decisione sui depistaggi, che conferma l'ipotesi accusatoria dell'intralcio alle indagini fin dal primo momento, è giunta, dopo quasi tre ore di camera di consiglio, a conclusione dell'udienza preliminare.
Paolo Marino, dirigente dell'Upg all'epoca, è stato condannato a un anno di reclusione (per lui il pm Nicola Proto aveva chiesto un anno e quattro mesi) per omissione di atti d'ufficio, per aver indotto in errore il pm di turno, non facendola intervenire sul posto. Dieci mesi poi a Marcello Bulgarelli, responsabile quella mattina della centrale operativa (l'accusa aveva chiesto due anni e sei mesi), per omissione e favoreggiamento (caduta la falsa testimonianza); otto mesi inoltre a Marco Pirani (chiesto un anno e mezzo), ispettore di polizia giudiziaria, collaboratore del primo pm dell'inchiesta, Mariaemanuela Guerra che poi lasciò per incompatibilità, accusato di non aver trasmesso, se non dopo diversi mesi, il brogliaccio degli interventi di quella mattina. Per il quarto poliziotto, Luca Casoni, unico a non scegliere il giudizio abbreviato, il giudice ha fissato il processo per il 21 aprile. E' coinvolto per una telefonata con Bulgarelli che, quando apprese da lui che il ragazzo era morto, chiese "in che modo" e Casoni gli disse di interrompere la registrazione ("stacca").


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GABRIELE E' STATO UNO SPARO DEVIATO, CUCCHI ERA UN TOSSICO, ALDROVANDI ERA TROPPO UBRIACO, SPOLENTINI E' INCIAMPATO, GIULIANI TIRAVA UNA BOMBA, PAOLO DI BRESCIA ERA TROPPO AGITATO, BIANZINO ERA UNO SPACCIATORE...AVANTI IL PROSSIMO, CHE POTREBBE ESSERE OGNUNO DI VOI...
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16 MARZO 2003, LA NOTTE NERA DI MILANO
Alcuni compagni usciti dal pub Tipota si scontrano con tre neofascisti armati di coltelli che li colpiscono ripetutamente, ferendone gravemente due. Uno sarà operato d’urgenza mentre Davide “Dax” non arriverà vivo in ospedale. Sul luogo sopraggiungono invece numerose pattuglie di polizia e carabinieri che, ostruendo la circolazione stradale, contribuiscono a ritardare i soccorsi. Poco dopo la partenza delle ambulanze arriva anche un reparto di celere con caschi e manganelli, respinti subito dalle grida indignate dei presenti...un avvertimento...
All’ospedale S.Paolo, già militarizzato dalle forze dell'ordine, i medici comunicano la morte di Dax. Disperazione, incredulità, rabbia…
I compagni e gli amici presenti rispondono alle provocazioni di Polizia e Carabinieri, che danno subito il via a feroci cariche dentro e fuori l’ospedale. Una caccia all'uomo stile Genova 2001, quella stessa brutalità che abbiamo visto in azione in Val di Susa solo qualche settimana fa.
"Volevano portare via la salma dell’amico" Così il giorno dopo il Questore Boncoraglio legittima l'operato delle forze dell'ordine, il cui bilancio per i pestaggi contro chi era presente è di decine di punti di sutura sul viso, denti e braccia rotte, teste aperte, facce sfigurate e sangue dappertutto.
Sui "fatti del San Paolo" si aprirà poi un processo con imputati un carabiniere e due poliziotti, accusati di porto d'arma impropria e abuso d'ufficio, e 4 compagni alla sbarra per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Questo processo si è concluso in Cassazione nel 2009 con da un lato la piena assoluzione delle forze dell'ordine e dall'altro la condanna di due compagni ad un totale di 3 anni e 4 mesi di carcere più 100.000 euro di multa.
Lo Stato si è assolto, la magistratura ha legittimato e consacrato l'operato dei suoi servi in divisa.
Nessuno stupore, nessun lamento. La stessa cosa è accaduta per i processi del G8 Genova.
Nessuno stupore, nessun lamento ma rabbia, odio e la determinazione nel continuare a lottare, ricordare e raccontare.
Una storia che continua perchè fascisti e polizia continuano ad ammazzare, nelle carceri, nelle strade. Continua con il nome di Renato Biagetti, Ivan Khutorskoy, Carlos Palomino, Nicola Tommasoli, Stefano Cucchi, Jan Kucera, Alexis Grigoropoulos, Federico Aldrovandi, Carlo Giuliani e molti altri.
Un elenco che non vogliamo vedersi allungare, una storia di sangue che deve essere fermata costruendo solidarietà, resistenza, lotta antifascista anticapitalista.

"Per combattere questo nuovo fascismo non ci saranno i vostri nonni, o i padri dei vostri nonni. Affrontarlo toccherà a voi" PARTIGIANO "FOCO"

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MERRY CRISIS AND HAPPY NEW FEAR
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08/03/2010 14:01
 
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DOVETE PAGARE!
GENOVA - Nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 dell'estate 2001, i no-global furono picchiati, umiliati, sottoposti a "trattamenti inumani e degradanti". Ci fu tortura, e gli imputati sono colpevoli. Generali della polizia penitenziaria, guardie carcerarie, ufficiali dell'Arma e militari, agenti e funzionari di polizia, persino quattro medici: questa sera la Corte d'appello del tribunale di Genova li ha condannati tutti e 44. A nove anni dai fatti la maggior parte dei reati è prescritta, ma i responsabili pagheranno comunque risarcendo le vittime delle violenze. E con loro metteranno mano al portafogli anche i ministeri di appartenenza (Giustizia, Interno, Difesa), che dovrebbero sborsare una cifra superiore ai dieci milioni di euro.

Sono state inflitte sette condanne a complessivi dieci anni di reclusione nei confronti di quattro guardie carcerarie responsabili di falso - reato non prescritto - , e di tre poliziotti che avevano rinunciato alla prescrizione. I sette imputati condannati sono: l'assistente capo della Polizia di stato Massimo Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi), gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra (2 anni e 2 mesi). Pene confermate a 1 anno per gli ispettori della Polizia di Stato Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi.

"Sono stati accolti tutti i motivi del nostro appello e della procura generale", hanno commentato soddisfatti i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati. "Questa sentenza è due volte importante, perché fatti come quelli accaduti a Bolzaneto non dovranno ripetersi. Mai più". Alla fine della lettura della sentenza un imputato presente in aula ha inveito contro i giudici - "Avete voluto condannare tutti e basta, senza fare distinzioni" - ed è stato allontanato.

La sentenza di primo grado è stata completamente ribaltata. Allora, nel luglio del 2008, erano state pronunciate 15 condanne e ben 30 assoluzioni. Il reato di "tortura", non previsto dal nostro codice penale, era stato indirettamente riconosciuto con la condanna a 5 anni di reclusione di Biagio Antonio Gugliotta, sottufficiale della polizia penitenziaria. Dei "simbolici" 76 anni di prigione chiesti dalla procura ne era stato riconosciuto meno di un terzo.

I giudici si sono riuniti in camera di consiglio alle 9:40 di questa mattina. Per i 44 imputati autori delle violenze nella caserma di Bolzaneto avvenute nel luglio del 2001 a Genova durante il G8, la pubblica accusa aveva chiesto 36 prescrizioni e 8 condanne.

Immediata la presa di posizione del comitato "Verità e giustizia" che da anni segue le vicende del G8 di Genova. Il comitato ha chiesto la sospensione per tutti gli imputati: "Il messaggio dei giudici d'appello, con le 44 condanne per i maltrattamenti e le torture su decine di cittadini detenuti nella caserma-carcere di Bolzaneto nel luglio 2001, è chiarissimo e dev'essere colto immediatamente dalle istituzioni. Tutti i condannati nelle forze dell'ordine devono essere immediatamente sospesi dagli incarichi, in modo che non abbiano contatti diretti con i cittadini; gli Ordini professionali devono agire sui propri iscritti con la sospensione: non è più possibile restare nel terreno dell'ambiguità... Se buona parte delle pene è caduta in prescrizione è solo perché in Italia non ha una legge sulla tortura (reato che per la sua gravità non prevede prescrizione), nonostante l'Italia si sia impegnata oltre vent'anni fa ad approvarne una. Il Parlamento ora non ha più scuse: la sentenza di oggi dimostra che abbiamo assoluto bisogno di quella legge".

PS
Non si cancella l'orrore di ciò che accadde a Bolzaneto, alla Diaz e nelle caserme e strade di Genova in quei giorni di luglio. Non si cancella l'odore di sangue rappreso sulle mattonelle bianche e sui termosifoni di porcellana. Non si cancella la nausea di aguzzini in divisa nera, blu, grigioverde, ma anche bianca. Non si cancella la vergogna, il senso di impotenza, la rabbia, il disonore. Non si cancella la vostra menzogna di quasi dieci anni nè il ricordo della vostra arroganza e cinismo e malvagità. Non avete fatto nemmeno un giorno di galera e molti di voi sono stati promossi. Ma adesso dovete pagare, come pagherete per sempre nella nostra memoria.
Cani rabbiosi...
Domenico


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08/03/2010 13:34
 
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MORIRE DI CARCERE
PADOVA - Un detenuto di 35 anni, Giuseppe Sorrentino, si è ucciso questa mattina nel carcere di Padova. L'uomo, che era in cella da solo, nella sezione 'protetti', si è impiccato alle sbarre della finestra del bagno, mentre gli altri detenuti erano fuori per l'ora d'aria. Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l'allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo Sorrentino era già morto. E' il tredicesimo suicidio dall'inizio di quest'anno nel carcere veneto. Il legale della vittima: "Depresso da tempo, è stata una morte annunciata: non doveva rimanere là dentro".

Di origini campane, era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato: infatti manifestava da tempo segni di profondo disagio ed era reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato. Ricoverato più volte in ospedale e nel Centro Clinico Penitenziario, ogni volta al ritorno in carcere riprendeva la sua protesta, lamentando in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari.

Secondo l'avvocato di Sorrentino, Bianca De Concilio, quella del suo assistito "è una morte annunciata, era malato da tempo, soffriva di una grave forma di depressione che lo aveva portato a estraniarsi sempre di più dalla realtà che lo circondava. A nulla sono valsi i nostri sforzi per tirarlo fuori dal carcere, un luogo dove un malato grave com'era lui non doveva stare". Il legale ricorda le numerose istanze di sospensione della pena, "avevamo anche chiesto il ricovero in ospedale, il trasferimento a un carcere più vicino alla famiglia, nel salernitano, ma nessuno ci ha ascoltato. Anzi, un mese e mezzo fa il direttore sanitario del carcere di Padova in una relazione su Sorrentino scrisse 'il detenuto non e' malato, finge'. Oggi il suicidio".

Il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella Casa di Reclusione di Padova, dove il 23 febbraio scorso, nella stessa Sezione, si tolse la vita Walid Alloui, 28 anni. Dall'inizio dell'anno salgono così a 13 a Padova i detenuti suicidi e a 31 il totale dei morti "di carcere" (che comprendono i decessi per malattia e per cause da accertare). I dati sono dell'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, del quale fanno parte i Radicali Italiani, e le Associaziono 'Il Detenuto Ignoto','Antigone', 'A Buon Diritto', 'Radiocarcere', 'Ristretti Orizzonti'.


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24/02/2010 21:11
 
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24 febbraio 2010
Mantova, asilo comunale accetta solo bambini cristiani


E adesso abbiamo anche un asilo comunale per soli bimbi ”cristiani”. Accade a Goito, paesino i provincia di Mantova. Dove l’amministrazione di centrodestra (Pdl-Lega-Udc) ha approvato un regolamento dove all’articolo 1 c’è scritto che possono accedere all’asilo solo bambini appartenenti a famiglie che accettano«l’ispirazione cristiana della vita». L’opposizione ha inviato un esposto all’Anci, chiedendo all’associazione di fare pressione sull’amministrazione comunale affinchè questo regolamento non venga applicato. In risposta il sindaco, Anita Marchetti, ha fatto sapere che «pur essendo l’asilo pubblico, da sempre viene gestito secondo criteri che si ispirano al cristianesimo»; di conseguenza non c’è nulla di incostituzionale, secondo lei, nell’approvare una tale norma. Che è giustificata quindi da una tradizione. E’ chiaro che nei fatti la provenienza da una famiglia cattolica o cristiana, esclude di fatto i bambini di famiglie di diverso orientamento religioso nonché i figli delle coppie di fatto o di genitori divorziati.
www.osservatoriosullarepressione.org


Ma i tempi del fascio non sono finiti??? [SM=g28001] [SM=g27993]
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21/02/2010 13:56
 
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Testimonianze No Tav: Mi colpivano selvaggiamente testa e gambe

«E' volata qualche palla di neve e qualche gavettone peno d'acqua contro i poliziotti schierati a difesa della trivella. Erano le otto di sera e non eravamo molto lontani dalla zona del cantiere. Non ho visto lanciare nessuna pietra né bastoni. Quando andiamo a manifestare facciamo rumore e basta. Alcune volte abbiamo anche parlato con i poliziotti spiegando le nostre ragioni, tranquillamente. Ma due sere fa non è andata così. Li abbiamo sentiti urlare inferociti che ci avrebbero preso. Erano molto minacciosi, frasi terribili. Ci siamo spaventati. E' partita una carica e tutti siamo scappati per i campi. Io ho perso mio marito perché ad un certo punto i lacrimogeni sparati ad altezza uomo ci hanno fatto perdere l'orientamento. Sono scivolata nella neve. E' stata la mia fine. Mi sono volati addosso almeno in tre. Era tutto buio ed ho capito che era da sola. Mi colpivano in testa e sulle gambe, ma soprattutto al volto. Selvaggiamente. A un certo punto hanno smesso come se avessero capito che ormai ero solo più un mucchio di carne ed ossa rotte». Questa è la testimonianza di Marinella Ala, quarantuno anni, sposata. Dopo il pestaggio il suo volto era una maschera di sangue. Le hanno sfondato il setto nasale con infossamento dello stesso, l'osso della guancia è rotto scompostamente, il margine orbitario dell'occhio sinistro è fratturato. Ha riportato anche un trauma cranico. Una donna tranquilla, così lontana dal comodo stereotipo dell'anarco insurrezionalista che piace tanto ai media della religione Pro Tav.
Simone Pettinati, venticinque anni, invece non può rilasciare dichiarazioni. Secondo testimonianze di chi era presente anche lui una volta caduto a terra è stato colpito ripetutamente dai militari che gli sono arrivati addosso. Le sue condizioni restano gravi: ha un ematoma cerebrale post-traumatico e attualmente si trova in prognosi riservata all'ospedale Molinette di Torino. Se la caverà. I soldati a difesa della trivella posta in località Traduerivi, che sostengono di aver avuto anch'essi un numero elevato di feriti, sostengono che vi sarebbe stato un fitto lancio di oggetti contundenti ed un tentativo di sfondamento da parte dei manifestanti. Alberto Perino, leader della protesta smentisce categoricamente: «E' una menzogna, possiamo testimoniarlo in centinaia. Non è volato nessun bastone, né pietra. Non avrebbe senso farlo. Purtroppo qualcuno deve inventarsi delle scuse per salvare una situazione vergognosa».
Il dialogo, il percorso condiviso, la partecipazione attiva e tutti gli altri buoni propositi sbandierati in sede di Osservatorio tecnico si confermano come le panzane che sono sempre state. La Tav si sta imponendo ad un territorio manu militari. L'opposizione, anche in virtù di queste scelte, è sempre più inferocita e viene da domandarsi come l'Unione Europea possa concedere seicento e passa milioni di euro in una situazione simile dove i valligiani fanno manifestazioni di massa e sono anche disposti ad essere brutalmente picchiati. E' un clima pesante quello che si respira nelle case della valle. Pesante ma non lamentoso perché in questi trenta chilometri fatti di tenacia e dignità tutti sanno che il partito trasversale degli affari non avrà nessuna esitazione. E i fatti raccontano che dopo la violenza di ieri sera tutta la popolazione si è mossa. Bloccate per tre ore tutte le vie di comunicazione. E non sono quattro ragazzi quelli che operano così. Chi non comprende questa realtà non ha percezione di cosa sia questo territorio. Sull'autostrada, a bloccare una colonna di blindati alle undici di sera c'erano tremila persone comuni. Inferocite. Uomini e donne come Marinella. Chi continua a vivere nel comodo stereotipo del black block, dell'anarco insurrezioanalista, dell'antagonismo italiano tutto raggruppato in val Susa, lavora alacremente per non piantare nemmeno un chiodo in questa valle. Ed ora che sta scorrendo il sangue la situazione non potrà che peggiorare. Ogni manganellata fisica o mediatica che reprime o ridicolizza la protesta non fa che rafforzarla. In queste ore si stanno moltiplicando le assemblee in ogni comune, sindaci e istituzioni locali meditano se tornare tra la propria gente con le fasce tricolori indossate. La rabbia sta portando molte persone alla ricerca di manifestazioni pacifiche ma clamorose, su scala nazionale, non più il blocco dell'autostrada o della ferrovia.
Paolo Ferrero, segretario dell'unico partito che sulla vicenda ha una posizione precisa ha dichiarato: «La militarizzazione del territorio e questa repressione del dissenso sono inaccettabili. Io vedo un disegno politico da parte del governo, volto ad un aumento del cima di tensione volto ad avvelenare il clima per riuscire ad imporre l'opera».
Mai come oggi la Tav in val Susa, l'affare degli affari, la madre di tutti gli appalti, è stata così lontana.


fonte: liberazione
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13/02/2010 03:32
 
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Storia di 530 giovani che partirono per la Liberazione
In vista del raduno regionale dei volontari a 65 anni dai fatti, colloquio con il partigiano Gianfranco Carboncini e il reduce di guerra Vinicio Bagni


Dopo cinque anni (l’ultima cerimonia si tenne nel 2005), tornano alla memoria a Empoli i 530 giovani che partirono nei gruppi di combattimento operativi “Cremona” - “Friuli” - “Folgore” - “Legnano” - “Mantova” - “Piceno” del ricostruito esercito per combattere con esso e liberare l’Italia dall’invasione nazista. Questa mattina, 12 febbraio, è stato presentato il programma delle iniziative organizzate per le celebrazioni del “Sessantacinquesimo anniversario della partenza dei volontari per la guerra di Liberazione” , 13 febbraio 1945. Una ricorrenza storica che viene ricordata con due giorni di eventi.
Le celebrazioni cominciano domani, sabato 13 febbraio alle 9,30, al cinema La Perla, con una iniziativa realizzata nell’ambito del progetto comunale ’Investire in democrazia’, in collaborazione con l’associazione nazionale partigiani d’Italia ed il coordinamento delle associazioni antifasciste: gli studenti delle scuole secondarie incontrano all’auditorium del liceo scientifico ‘Il Pontormo’ i volontari empolesi che partirono per la guerra di Liberazione nazionale. All’incontro parteciperà Gianluca Fulvetti, dottore di ricerca di storia moderna e contemporanea e che fa parte del comitato direttivo del Centro di documentazione sull'Antifascismo e la Resistenza "Remo e Rina Scappini" di Empoli.
Il programma prosegue domenica 14 febbraio 2010 alle 10, al cinema “La perla”, con il raduno delle autorità, delle rappresentanze della Regione, delle Province e dei Comuni, delle forze armate, dei volontari, dei cittadini. Seguiranno gli interventi di Luciana Cappelli, sindaco di Empoli; Agostino Fragai, assessore regionale alle riforme istituzionali (e non Claudio Martini come annunciato in precedenza); Armando Cossutta, vice presidente dell’Anpi. Alle 11,30 parte il corteo per le vie cittadine e verranno deposte corone al cippo a memoria della rappresaglia nazista (in piazza XXIV luglio), al monumento ai caduti (in piazza della Vittoria) e alla lapide a memoria della partenza dei volontari (in Piazza del Popolo).
Al termine della manifestazione sarà offerto agli intervenuti un pranzo presso il palazzo delle Esposizioni di Empoli.
Diciannove istituzioni saranno presenti con il proprio gonfalone: Regione Toscana, Provincie di Firenze e Pisa, Comuni di Capraia e Limite, Castelfiorentino, Certaldo, Cerreto Guidi, Fucecchio, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Vinci, Poggibonsi, Montemurlo, Pistoia, Serravalle Pistoiese, Chiesina Uzzanese, Agliana, Montale, Monsummano Terme e Campi Bisenzio.
Quel che colpisce maggiormente sono però le parole e i racconti di chi ha vissuto quel periodo come Gianfranco Carboncini dell'Anpi, uno dei volontari che partirono da Empoli, e Vinicio Bagni, dell'associazione combattenti e reduci. gonews.it li ha intervistati per ripercorrere quei momenti con la voce di chi li ha vissuti sulla pelle. Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti anche Sauro Cappelli dell'Aned e Bruno Maestrelli dell'Anppia.


fonte: www.gonews.it



Non bisogna mai dimenticare la storia..PARTIGIANI SEMPRE!!
[Modificato da nicco rangers 76 13/02/2010 03:33]
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12/02/2010 17:06
 
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11 febbraio 2010
MONFALCONE: Prelevati da casa di notte per fare il test antidroga 27 ragazzi.


Si sono presentati nelle prime ore del mattino. Come accade solitamente. I carabinieri friulani hanno suonato i campanelli di ventisette abitazioni, a Monfalcone e comuni limitrofi come Ronchi dei Legionari, San Canzian d'Isonzo, Doberdò del Lago e Udine. Cercavano ragazzi tra i diciassette e i ventitre anni. Il mandato era prelevarli e portarli al pronto soccorso a fare degli esami per verificare la presenza di sostanze stupefacenti.
Una vicenda che ha dell'inaudito, anche se a Monfalcone c'è chi cinicamente dice «siamo ormai abituati alle novità». È stata un'operazione su larga scala partita dal Tribunale dei minori di Trieste e dal Tribunale di Gorizia. Un'operazione finalizzata, come hanno ammesso gli stessi carabinieri, a contrastare il fenomeno del consumo di droga tra i giovani e i giovanissimi. Dunque un'operazione con finalità educative. Tanto che nel comunicato dei carabinieri, come riportato dalla stampa locale e dalla delibera emessa lunedì dalla Camera Penale di Gorizia e firmata dal presidente, Riccardo Cattarini, si legge che l'operazione intendeva «dare un segnale volendo incidere sulla consapevolezza dei giovani ai fini del recupero di un sano stile di vita ... e una sorta anche di raccomandazione alle famiglie sollecitandole a mantenere l'attenzione verso i propri figli, rilevando così lo spessore sociale dell'operazione medesima». Parole che hanno subito suscitato la reazione della Camera Penale di Gorizia, che infatti nella sua delibera esprime «preoccupazione per la dichiarazione dei Comandi dell'Arma secondo la quale l'operazione intera sarebbe stata finalizzata a dichiarati scopi politico sociali, siccome evidente esercizio di una funzione politico sociale che un ordinamento democratico ed attento ai diritti dei cittadini non può e non deve affidare alle Forze dell'Ordine». La delibera prosegue ricordando che «accertamenti sanitari che la legge prevede come assolutamente volontari sarebbero stati eseguiti, su richiesta dei Carabinieri, da reparti ospedalieri deputati alla medicina d'urgenza, con corrispondente impegno degli stessi per fini diversi da quelli istituzionali, previa, sempre secondo la stampa, "firma di un modulo"; tale modalità di esecuzione degli accertamenti sanitari non sembra, tuttavia, tranquillizzare circa la piena consapevolezza, da parte degli interessati, del diritto insopprimibile, in quanto disposto chiaramente dalla legge, di rifiutarsi di sottoporsi agli accertamenti sanitari che sono stati loro proposti».
Il fatto che nessuno dei ragazzi (o dei genitori, nel caso dei minorenni) abbia negato il consenso va letto evidentemente con un certo shock che chiaramente ha colpito le famiglie, svegliate alle tre del mattino. L'operazione è andata avanti fino alle quattro del pomeriggio. Quanto all'esito: sei persone sono state denunciate per cessione, ventuno sono state segnalate come consumatori alla prefettura. Modico il quantitativo di stupefacenti sequestrato. Ma il comandante provinciale dei carabinieri, Roberto Zuliani, ha ribadito il fattore sociale e di prevenzione all'interno del quale è maturata l'operazione dei suoi uomini. Le cronache locali citano il comandante: «Tante famiglie non immaginavano nemmeno che i figli consumassero droga, seppure leggera. È sbagliato - ha aggiunto il comandante - significa che i ragazzi hanno già intrapreso la strada sbagliata. Può essere una vita rovinata in partenza. Per i genitori, la nostra operazione di forte prevenzione deve essere un bel campanello d'allarme».
Carabinieri che si sostituiscono alla politica? Non è un caso che la delibera della Camera Penale si dica estremamente preoccupata per «l'utilizzo, che pare in questa occasione verosimilmente avvenuto, di uno strumento delicato e assai invasivo come quello dell'indagine penale, riservato all'accertamento dei reati, in situazioni che paiono, anche a prima vista, decisamente appartenenti - a tutto concedere - a forme di disagio sociale giovanile che debbono trovare giusta soluzione e supporto in interventi di natura educativa ed assistenziale, non già in operazioni di polizia che, in particolare in piccoli centri, sembrano inevitabilmente destinate a criminalizzare i destinatari dell'intervento, con il rischio che costoro vengano in seguito inseriti in reali circuiti criminali». A Gorizia, come a Monfalcone in questi giorni non si parla d'altro che di quanto accaduto. L'Officina Sociale, storico centro sociale della città di Fincantieri, ha organizzato per giovedì della prossima settimana un incontro con tutte le realtà cittadine e non solo.


fonte: www.ilmanifesto.it

[Modificato da nicco rangers 76 13/02/2010 03:28]
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01/02/2010 15:34
 
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LA TOSCANA E' E RESTERA' ANTIFASCISTA
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27/01/2010 20:56
 
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come fa la gente ad inneggiare al ritorno del fascismo????


Giornata della Memoria, quattro deportati celebrati in municipio. Il video e le testimonianze
Giovanni Becchetti, Guido Bellucci, Zelindo Tozzi e Dino Posarelli, alla memoria, ricordati per la loro esperienza nei lager. A loro la medaglia d'oro del Presidente Napolitano


Si è tenuta questa mattina (27 gennaio) nella sala consiliare di Empoli, la consegna delle medaglie d’onore del presidente della repubblica a quattro cittadini empolesi che furono deportati e internati nei lager nazisti. A ricevere l’onorificenza sono stati Giovanni Becchetti, Guido Bellucci, Zelindo Tozzi e, alla memoria, Dino Posarelli.

La cerimonia, a cui era presenta la dottoressa Rosa Milano in rappresentanza della Prefettura di Firenze, è stata aperta da Luciana Cappelli, sindaco di Empoli, con un breve intervento sul valore del Giorno della memoria. «Vogliamo conferire un riconoscimento morale –ha detto Cappelli- e esprimere il nostro sentimento di riconoscenza civica, a quei tanti cittadini, militari e civili, che nell'ultimo conflitto mondiale sono stati deportati e internati nei campi nazisti e destinati al lavoro coatto, e che a causa della guerra sopportarono tante sofferenze. Il fatto che sia direttamente il sindaco a consegnare le medaglie del capo dello stato, richiama tutta la comunità empolese a continuare a battersi per l'affermazione nelle nostre famiglie, nella nostra scuola, nella comunità che amministriamo, dei principi di solidarietà e rispetto della persona, per contrastare ogni forma di violenza, di discriminazione e di intolleranza”.

“E’ stato grazie alla generazione che ha vissuto la guerra –ha concluso il sindaco- che ne ha patito le sofferenze e che ha ricostruito Empoli, sia nei muri, sia nelle teste, sia cuori, se oggi possiamo guardare alla nostra città come un esempio di convivenza civile, di attenzione alla qualità della vita e dello sviluppo. Ed è anche per questo che diciamo a voi, che oggi ricevete il riconoscimento della più alta carica dello stato e della repubblica italiana, grazie".

Nel corso del suo intervento il sindaco ha letto anche un passo della testimonianza di Siro Terreni, concittadino deportato.

La consegna delle medaglie è avvenuta in un’atmosfera carica di commozione. Giovanni Becchetti e Guido Bellucci hanno ritirato personalmente la medaglia dalle mani del sindaco, mentre la medaglia di Zelindo Tozzi è stata ritirata dal figlio, Vasco. La medaglia in memoria di Dino Posarelli è stata ritirata dalla figlia, Maura. Tutti gli insigniti hanno voluto ringraziare per il riconoscimento. Guido Bellucci ha fatto dono al sindaco Cappelli di un disegno autografo in bianco e nero, che ritrae le baracche dell’ultimo campo di concentramento in cui lo stesso Bellucci fu tenuto prigioniero.
Nel corso della commemorazione è stato annunciato che il 14 febbraio, giorno in cui 500 volontari empolesi partirono per la guerra da piazza del Popolo, sarà organizzata una cerimonia a cui saranno presenti il presidente della Regione Claudio Martini, probabilmente alla sua ultima tappa empolese da governatore, e il vicepresidente nazionale dell’Anpi, Armando Cossutta.

Meglio di qualsiasi parola per descrivere la toccante cerimonia è giusto proporre qui sotto il video della mattinata con la consegna delle medaglie, il racconto di chi ha vissuto la guerra sulla sua pelle e il discorso introduttivo del sindaco Luciana Cappelli.


www.gonews.it/articolo_47957_Giornata-della-Memoria-quattro-deportati-celebrati-municipio-video-testimonia...


Viene i brividi a sentire queste persone , per tutti i ragazzotti che inneggiano al fascismo informatevi prima che non si puo' immagginare che cosa queste persone abbiano passato!!!!!

EMPOLI è ANTIFASCISTA!
[Modificato da Avanti Ultras 27/01/2010 20:58]
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Al Mandela Forum 400 studenti dal Circondario partecipano alla Giornata della Memoria
Dall'Enriques, dal Virgilio, dal Checchi per assistere a uno spettacolo di Moni Ovadia, e ascoltare ad alcune testimonianze
25/01/2010 - 11:43


Il 27 gennaio, mercoledì, in occasione della Giornata della Memoria, circa 400 studenti dei tre poli scolastici delle scuole superiori del Circondario, accompagnati da numerosi docenti, parteciperanno al Mandela Forum, alla terza edizione del meeting degli studenti toscani, quest’anno dal titolo “La banalità del male”.
La delegazione più numerosa, 185 studenti e circa 15 docenti, partirà con quattro pullman dall’Enriques di Castelfiorentino. Gli altri ragazzi, in treno o in pullman, partiranno dagli altri due poli, dal Virgilio di Empoli e dal Checchi di Fucecchio.

Nella cornice del Mandela Forum che accoglierà più di 8000 studenti toscani, dopo gli interventi delle autorità, Matteo Renzi, Sindaco di Firenze, Andrea Pieroni, Presidente delle Province Toscane, e Claudio Martini, Presidente della Regione, i ragazzi assisteranno ad uno spettacolo di Moni Ovadia che porta in scena “Il dovere di ricordare. Riflessioni sulla Shoah”, e a seguire la voce dei testimoni, Andra e Tatiana Bucci, entrambe deportate piccolissime ad Auschwitz, Marcello Martini, deportato a Mauthausen, il premio Nobel per la letteratura Imre Kertèsz, deportato ad Auschwitz e Buchenwald e tante altre personalità del mondo dell’arte e della cultura.

Un’occasione di grande valore per riflettere sui temi del razzismo e della sopraffazione dei diritti, in un periodo nel quale xenofobia, omofobia ed intolleranza verso le minoranze si stanno presentando con una certa frequenza nelle città, negli stadi ed altri luoghi pubblici.


Fonte: Circondario Empolese-Valdelsa - Ufficio Stampa

SPERO SOLO CHE PER GLI STUDENTI SIA UN IMPORTANTE CONFRONTO, PER CAPIRE CIO' CHE HA PORTATO L' ITALIA ALCUNI DECENNI FA' A RIPUDIARE LA XENOFOBIA E ALTRE FORME DI INTOLLERANZA(COSA CHE SIA CREA GRAZIE A L' IGNORANZA DI ALCUNI), E CAPIRE CHE LA TERRA E DI TUTTI , E TUTTI PERCIO' SENZA DISTINZIONE DI RAZZA O ALTRO,PARTECIPI PER LA COSTRUZIONE DI UN MONDO MIGLIORE , SE VOGLIAMO CONTINUARE A VIVERE NOI E I NOSTRI FUTURI FIGLI, IN UNA TERRA MIGLORE DI QUELLA CHE SI STA CREANDO ANCHE GRAZIE AL NOSTRO MENEFREGHISMO.PERCIO' SE QUALCHE STUDENTE LO FA' SOLO PER STARE A GIRO UNA MATTINATA, CHE STIA A CASA E NON FACCIA PERDERE TEMPO A CHI VUOLE.....VIVA LA LIBERTA' VIVA GLI ULTRAS
[Modificato da nicco rangers 76 30/01/2010 23:10]
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18/01/2010 17:47
 
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stato assassino
Livorno, 1000 in piazza con i familiari delle vittime dello Stato in una città blindata


Bella manifestazione nel centro di Livorno isolato e blindato, senza alcun motivo, dalla questura

Per una mattina Livorno è diventata il simbolo di tutti gli omicidi di Stato dell'ultimo decennio e luogo di ritrovo per molte famiglie i cui parenti sono stati uccisi da istituzioni e uomini in divisa (il video del corteo)

Si sono ritrovate infatto a Livorno le famiglie di Carlo Giuliani, Manuel Eliantonio, Niki Gatti, Riccardo Rasman, Giulio Comuzzi, Stefano Frapporti, Renato Biagetti, Bukaj Bledar e Lorenzo Iannucci (Iaio).


[Modificato da Avanti Ultras 18/01/2010 19:46]
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15/01/2010 10:26
 
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Empoli
Testi, il sindaco riceve sindacalisti e lavoratori. Un'altra ora di sciopero in programma


Il summit in municipio è stato solo informativo e non sono state decise nuove mosse in merito alla vertenza. Un'assemblea aziendale per fare il punto

Incontro puramente informativo in municipio oggi, giovedì 14 gennaio, tra la Fiom-Cgil e la Rsu della Testi con il sindaco di Empoli, Luciana Cappelli, in merito alla situazione sindacale che si sta verificando all’interno dell’azienda di viale Giotto.


“Il primo cittadino ha preso atto di quel che abbiamo esposto – spiega il delegato Fiom Tania Lari – dei nostri dubbi sul rispetto dell’accordo sindacale. Pensiamo che sia importante porre un’attenzione alla gestione complessiva di una realtà economica così di rilievo, e per questo è opportuno coinvolgere anche le istituzioni e l’amministrazione comunale”.


“Il sindaco – prosegue Lari – si è reso disponibile ad ascoltare le nostre posizione e a capire gli sviluppi della vicenda. A lei abbiamo consegnato una riflessione, poi valuterà di fare ciò che ritiene più opportuno, condividendo con noi l’idea di un accordo da gestire al meglio poiché è costato molto soprattutto in termini di posti di lavoro”.


Non è stato detto se il sindaco incontrerà i vertici aziendali della Testi. “E’ auspicabile”, ha detto la delegata Fiom.


Intanto domani, venerdì 15 gennaio, dalle 9.30 alle 10.30 sarà effettuata un’ora di sciopero in azienda con un’assemblea per illustrare l’esito dell’incontro odierno in municipio..


VICINO A VOI OPERAI , VICINO ALLA VOSTRA LOTTA CONTRO CHI SOLO SA SPECULARE MA NON HA DIGNITA'.TESTI VENDI IL MERCEDES E LA VILLA CHE VEDRAI CHE IL BILANCIO TI RITORNA UN ATTIMO SANO...COMPRATE I MACCHINONI E POI VI MANCANO I SOLDI PER PAGARE CHI LAVORA PER VOI...QUANTI SPRECHI IN QUESTA ITALIA SENZA CAPO E NE CODA
[Modificato da Avanti Ultras 18/01/2010 19:45]
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13/01/2010 08:32
 
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Carcere del Pozzale vuoto dal 1° gennaio. Corleone denuncia, il provveditore precisa
Il garante dei detenuti: "Tenerlo così è uno spreco". Maria Pia Giuffrida parla di lavori in corso in vista del trasferimento dei transgender da Sollicciano

12/01/2010 - 10:58

Ci sono carceri sovraffollati, con reclusi ammassati nelle celle, e istituti penitenziari vuoti. Come il carcere femminile di Pozzale, frazione di Empoli, dal 1° gennaio primo carcere in Italia per transessuali provenienti dal carcere fiorentino di Sollicciano e da altri istituti. La casa circondariale è vuota, le ultime due detenute sono andate via qualche giorno fa; però restano in organico 22 guardie carcerarie e sei dipendenti ministeriali. Un carcere modello, ma vuoto, che costa al contribuente 500 euro al giorno, più o meno 15mila euro al mese.

"Non capisco perché sia stato lasciato svuotare così - afferma Franco Corleone, garante dei detenuti del Comune di Firenze, parlando con l'agenzia di stampa ADNKRONOS -. Tra Sollicciano, Pisa e Livorno c'erano almeno 30-40 donne pronte a entrare in una struttura a custodia attenuata come Pozzale. Sono state poste regole di accesso molto restrittive''.

Corleone ricorda che "prima vi si volevano mettere i reclusi nell'Opg di Montelupo, poi si è deciso di trasformarlo in carcere per transessuali, ma adesso è vuoto. Va adottata una soluzione, tenerlo così è uno spreco. Occorre sedersi a un tavolo e affrontare la situazione dei penitenziari in Toscana, facendo un piano condiviso con le istituzioni, con tempi dettati dall'urgenza''.

La casa circondariale di Pozzale, che potrebbe ospitare fino a 24 detenute, si sviluppa su mille metri quadrati, distribuiti su due piani, con 26 celle spaziose e ben arredate, una biblioteca, una sala ricreativa, un gabinetto dentistico, l'infermeria, un campo di calcetto, un ettaro di terra coltivata a ulivi, una serra e un'azienda agricola dove si producono vino e olio. Per adesso, dopo che sono andate via le ultime due detenute, il carcere è senza reclusi: a parte le 22 guardie e i 6 dipendenti del Ministero.

Il provveditore regionale Maria Pia Giuffrida, qualche giorno fa, aveva detto all’agenzia AGI che la struttura aveva bisogno di adeguamenti strutturali e che sono in corso alcuni lavori prossimi a essere conclusi. Nella struttura ci sono due agenti, indispensabili per sorvegliare lo stabile. Il resto del personale è stato ridistribuito temporaneamente negli altri penitenziari toscani.(G)

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Re:
CRISTIAN25, 08/01/2010 17.29:

Galliani con una lanterna in mano a San Siro semivuoto, cerca... i milanisti! "Non capisco perchè abbiamo perso tutto questo pubblico"
L'Ad rossonero lamenta la disaffezione del popolo del Diavolo: "Eppure è un Milan spettacolarissimo, meno male che c'è la Curva...".
07/gen/2010 15.32.28
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Adriano Galliani - Milan (Getty Images)
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Milan
Adriano Galliani ha di che sorridere per il suo Milan che vince e diverte contro il Genoa, confermandosi antagonista principale dell'Inter, ma il suo buon umore si incrina quando commenta la scarsa affluenza di spettatori ieri sera a San Siro.

"Non capisco perchè abbiamo perso tutto questo pubblico - attacca l'Ad rossonero - Il Milan attuale è spettacolarissimo ed è migliore di quello del­l'anno scorso. In campionato abbiamo conquistato un punto in più e siamo qualificati alla seconda fase di Champions League. Non riesco a immaginare cosa si possa fare di più...".

"Non sta andan­do nemmeno bene la campa­gna abbonamenti per il girone di ritorno - continua Galliani - Finora sono stati venduti circa mille mini ta­gliandi. Al massimo arrivere­mo a 1.500. Non un grande ri­sultato. Dobbiamo ringraziare la Curva che ci sostiene sem­pre nel silenzio del resto dello stadio. Si dicono tante cose sul­la curva, ma i ragazzi fanno sempre il tifo per la squadra.




[SM=g8022]
Ipocrita e leccaculo!!!
Hai sempre infagato le curve...ora ti stai accorgendo che senza le curve, senza i tifosi gli stadi sarebbero di una tristezza incredibile.
Ma vai in culo te e le televisioni!!!
[SM=g8022]
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08/01/2010 17:29
 
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Galliani con una lanterna in mano a San Siro semivuoto, cerca... i milanisti! "Non capisco perchè abbiamo perso tutto questo pubblico"
L'Ad rossonero lamenta la disaffezione del popolo del Diavolo: "Eppure è un Milan spettacolarissimo, meno male che c'è la Curva...".

07/gen/2010 15.32.28

Adriano Galliani ha di che sorridere per il suo Milan che vince e diverte contro il Genoa, confermandosi antagonista principale dell'Inter, ma il suo buon umore si incrina quando commenta la scarsa affluenza di spettatori ieri sera a San Siro.

"Non capisco perchè abbiamo perso tutto questo pubblico - attacca l'Ad rossonero - Il Milan attuale è spettacolarissimo ed è migliore di quello del­l'anno scorso. In campionato abbiamo conquistato un punto in più e siamo qualificati alla seconda fase di Champions League. Non riesco a immaginare cosa si possa fare di più...".

"Non sta andan­do nemmeno bene la campa­gna abbonamenti per il girone di ritorno - continua Galliani - Finora sono stati venduti circa mille mini ta­gliandi. Al massimo arrivere­mo a 1.500. Non un grande ri­sultato. Dobbiamo ringraziare la Curva che ci sostiene sem­pre nel silenzio del resto dello stadio. Si dicono tante cose sul­la curva, ma i ragazzi fanno sempre il tifo per la squadra.
[Modificato da Avanti Ultras 18/01/2010 19:44]
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Re: VOLA CIUCO VOLA..
CRISTIAN25, 08/01/2010 10.31:

Fuggono da Borgano, le ore di libertà di tre asini
Rintracciati dalla polizia municipale e dalla Vab e ripresi dal proprietario
08/01/2010 - 09:28

Sono fuggiti da Borgano e si sono fatti qualche chilometri al trotto per raggiungere Vinci. Qualche ore di sana libertà per tre bei esemplari di asino. Uno in coda all’altro dal loro recinto nella frazione di Lamporecchio fino alla piazza di Vinci. Dalla polizia municipale del comune pistoiese è partita una segnalazione ai colleghi vinciani che hanno individuato i tre asini e insieme alla Vab di Vinci sono presi per poi attendere l’arrivo del proprietario che ha riportato a Borgano gli animali




CIUCHINI LIBERI! CIUCHINI ROSSI!
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08/01/2010 10:31
 
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VOLA CIUCO VOLA..
Fuggono da Borgano, le ore di libertà di tre asini
Rintracciati dalla polizia municipale e dalla Vab e ripresi dal proprietario
08/01/2010 - 09:28

Sono fuggiti da Borgano e si sono fatti qualche chilometri al trotto per raggiungere Vinci. Qualche ore di sana libertà per tre bei esemplari di asino. Uno in coda all’altro dal loro recinto nella frazione di Lamporecchio fino alla piazza di Vinci. Dalla polizia municipale del comune pistoiese è partita una segnalazione ai colleghi vinciani che hanno individuato i tre asini e insieme alla Vab di Vinci sono presi per poi attendere l’arrivo del proprietario che ha riportato a Borgano gli animali
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29/12/2009 02:01
 
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Pedofilia/ In Irlanda casca la prima testa, via il vescovo Murray
20:18 - ESTERI- 17 DIC 2009

Pedofilia/ In Irlanda casca la prima testa, via il vescovo Murray

"So che dimissioni non cancellano dolore".Presto lettera del Papa
Città del Vaticano, 17 dic. (Apcom) - E' cascata la prima testa, nella Chiesa cattolica d'Irlanda, dopo che lo scandalo dei preti pedofili, denunciato da due rapporti governativi, ha indotto il Papa a tenere un vertice urgente la scorsa settimana. Oggi si è dimesso il vescovo Donald Brendan Murray, responsabile di aver coperto alcuni sacerdoti che nel corso degli anni hanno abusato di diversi bambini. Il presule ha chiesto scusa e si è detto consapevole che le dimissioni "non possono annullare il dolore" delle vittime. Il Santo Padre condivide lo sdegno, la sensazione di tradimento e la vergogna provati da così tanti fedeli in Irlanda", ha riferito una nota vaticana al termine del vertice papale della scorsa settimana con i maggiorenti della Curia romana e i leader della Conferenza episcopale irlandese. Linguaggio duro che riflette una linea da 'tolleranza zero' ribadita più volte, da Benedetto XVI, nel corso del suo pontificato. Negli Stati Uniti come in Australia come, già un paio di anni fa, nei confronti della cattolicissima Irlanda. Una situazione scandalosa su cui ha puntato un faro di luce il rapporto della commissione Murphy, 720 pagine di un'indagine commissionata dal governo che, dopo anni di reticenze e omertà sul tema, ha analizzato il caso di 46 preti accusati di avere abusato sessualmente di minori tra il 1975 e il 2004. La pentola era già stata scoperchiata con il rapporto della commissione Ryan, diffuso a maggio scorso, che raccontava le sevizie e i maltrattamenti cui erano sottoposti i bambini negli istituti gestiti e controllati da ordini religiosi. Il report affidato al giudice Murphy mette in luce le responsabilità della gerarchia ecclesiastica, rea di aver coperto i pedofili, spostati da alcuni vescovi di parrocchia in parrocchia per tutelare il buon nome della Chiesa e, probabilmente, il suo patrimonio. Ora altri vescovi potrebbero essere costretti alle dimissioni. Di certo, il Papa ha già annunciato che, prossimamente, invierà una lettera ai cattolici irlandesi "nella quale indicherà con chiarezza le iniziative che devono essere prese in risposta alla situazione". Nulla di più, ma la missiva potrebbe stabilire ristrutturazioni e mutamenti profondi della Chiesa irlandese.
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