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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Che cosa si intende per Divina MISERICORDIA? Perchè la invochiamo?

Ultimo Aggiornamento: 25/09/2014 10:22
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23/10/2009 09:50
 
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Amici.... sulla scia di questo thread:
Dalla Divina Misericordia le Domeniche "Dopo Pasqua"

che tratta la Divina Misericordia nell'economia della Salvezza in modo più specifico nel passaggio dalla Croce e morte, alla gloriosa Risurrezione del Cristo e dunque alla sua e nostra vittoria... quanto segue vuole esporre tale Misericordia in un altro contesto che seppur sempre collegato alla salvezza, spesso è strumentalizzato o peggio, usato come giustificazione per NON convertirsi: "tanto Dio è misericordioso!"

Esiste il PECCATO:
Il Peccato Originale? ESISTE , non è una teoria! (Rm.5,12-21)

ed è impensabile pretendere la Misericordia di Dio pensando di non doverlo condannare e combattere...
la battaglia che siamo chiamati a combattere infatti, dice l'apostolo, NON è contro le persone, MA CONTRO I NOSTRI DIFETTI, CONTRO LE NOSTRE INCLINAZIONI SBAGLIATE CHE CI CONDUCONO AL PECCARE...qui s'innesca la Divina Misericordia senza la quale ci sarebbe impossibile sostenere queste giuste battaglie...

si consulti anche:

La giustizia di Dio e il suo Giudizio e a noi: NON giudicate!

"Beato l'Uomo che viene tentato"

Mt.9,36-10,8 La com-passione di Gesù

L'Inferno, Purgatorio e Paradiso esistono: non ci scherzare troppo!

ATTENTI! Satana esiste ed è all'offensiva!

«E' necessario che gli scandali avvengano .» dice il Vangelo (mentre fulmina gli scandalizzatori).

ma attenzione, anche chi è stato di scandalo fa in tempo a convertirsi finchè è in vita...qui si esercita la Misericordia di Dio... nel chiedere perdono e nell'accogliere la conversione...

e ancora:

I 6 peccati contro lo Spirito Santo, i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio

FEDE E OBBEDIENZA:obbedire per Fede e Amore-Carità

Ecco, proviamo allora ad approfondire questo aspetto dentro il quale la Misericordia di Dio che parte soprattutto dal senso di GIUSTIZIA che gli è proprio, non solo non fa sconti a nessuno, ma ESIGE FEDELTA', PASSIONE E CORRISPONDENZA all'elargizione di tale Misericordia...

Infine non può mancare, nel parlare della Misericordia Divina, il riferimento alla SPERANZA:

SPE SALVI l'Enciclica della SPERANZA CRISTIANA

importante questo passo:

Ambedue – giustizia e grazia – devono essere viste nel loro giusto collegamento interiore.

La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto.
Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s'è fatto sulla terra finisca per avere sempre lo stesso valore.

Ecco...con questo spirito

La coscienza morale e il senso della misericordia nella vita e nelle azioni dell'Uomo

seguiamo ora le meditazioni successive...

***************

Perchè invochiamo la Misericordia di Dio?
A cosa serve?
E' davvero, come molti erroneamente pensano, associata esclusivamente al perdonismo di Dio nei confronti delle nostre mancanze?

Per capire che cosa intende la Chiesa, che è Madre e Maestra, per Misericordia e il suo implorarla, ci rifaremo naturalmente ad alcuni testi pontifici....

Nell'Omelia del 15 aprile 2007, per il suo 80° compleanno e Domenica in Albis, dopo la Pasqua, ossia della Divina Misericordia, così dice Benedetto XVI:

"la presenza di Dio che si oppone a tutte queste forze (del male) con il suo potere totalmente diverso e divino: con il potere della misericordia. È la misericordia che pone un limite al male. In essa si esprime la natura tutta peculiare di Dio – la sua santità, il potere della verità e dell’amore".

Dunque la Misericordia di Dio è un potere...essa ha il potere di porre un limite al male...

Gesù stesso ci ha avvisati, per esempio, a riguardo degli ultimi tempi, dello scatenarsi della natura e delle forze del male.... e in Matteo 22 ci rammenta:
"Se quei giorni non fossero stati abbreviati, nessuno scamperebbe; ma, a motivo degli eletti, quei giorni saranno abbreviati."

"a motivo degli eletti" non già per i propri meriti, ma per LE SUPPLICHE CHE RIVOLGONO A DIO CHIEDENDO, IMPLORANDO LA SUA DIVINA MISERICORDIA, e che sono trovati puri agli Occhi di Dio, quei giorni ci sono stati abbreviati...

Ogni generazione ha i suoi "tempi", non fossilizzatevi nel testo esclusivamente sulla parusia....andiamo ben oltre...perchè il Vangelo è Parola viva IN OGNI TEMPO e non solo alla "fine"...

Molti pensano di risolvere il tutto con una fede fideista...superstiziosa...devozionalista... no, non è così... Gesù sempre in Matteo 22 aggiunge:"14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti»" ma allora a cosa serve questa Divina Misericordia se già Gesù, che non mente e non si contraddice, ci avverte già che "pochi sono gli eletti" confronto alle moltitudini di chiamati?

In verità, come sappiamo, Gesù NON giudica, nè è venuto per condannare, ma è venuto per salvare ed è venuto a chiederci sempre un: VUOI TU?
E non è neppure Dio a condannarci, bensì l'uomo escludendosi dalla salvezza con il suo rifiuto, si infligge da sè stesso la condanna a vivere eternamente senza Dio...
Gesù NON gioisce di questo, Egli soffre, del resto ha pagato duramente il nostro riscatto, sulla Croce non ci è finito per scherzo!!
Ecco che con l'Incarnazione di Dio, la Misericordia stessa assume una sua forma che da il via alla CONVERSIONE...infatti, attenzione, come riusciva Gesù a convertire?
Come riuscivano i Santi a convertire qualche anima?
CON IL POTERE DELLA MISERICORDIA
...basti pensare a san Matteo, all'adultera, al Cieco, ai lebbrosi, al buon ladrone sulla Croce... al centurione...ecc...

Dal Vangelo secondo Matteo 9 leggiamo: 

19 In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Sappiamo che il Sacrificio PERFETTO è poi quello che Gesù instaurerà nel Giovedì Santo e sulla Croce....infatti il sacerdote non offre un sacrificio umano...ma come Alter Christi compie UN ATTO DI MISERICORDIA ESCLUSIVO  che è appunto il Sacrificio di Cristo per la salvezza dei peccatori.....Gesù rispondendo ai soliti farisei che volevano incastrarlo, gli fa capire che i  sacrifici degli uomini, quando non sono mossi da un cuore puro e libero dai condizionamenti, NON servono a nulla....
Nel caso di Matteo dunque, la misericordia di Gesù usata in quell'invito e non un giudizio alla sua persona e ai peccati che lo animavano, FA SCATTARE LA CONVERSIONE.....

Non si tratta di perdonismo...il perdono non è certo un comandamento, lo dice il termine stesso: PER-DONO; PER-DONARE; esso è un DONO che ci viene dall'Alto PER uno scopo, un fine più alto ancora, la CONVERSIONE....Misericordia e per-dono sono così due aspetti di un unica medaglia entrambi "pagano" il passaggio alla CONVERSIONE...
La chiamata di Gesù a questa conversione, non è una escamotage per sentirsi realizzato o appagato... nè perdona per sentirsi meglio.... essendo anche Dio ed avendo in comune con il Padre e lo Spirito la medesima Natura che è pura Misericordia, non può tenerla per sè...tutto ciò che fa è Bene puro ed assoluto, il Bene traspare in Lui a tal punto da CONVERTIRE....

Gesù ripete la frase...in un altro contesto:

Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
Ciò vedendo, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato”.
Ed egli rispose: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.


Davide e i suoi compagni mangiarono i pani del tempio, che solo i sacerdoti possono mangiare”: i discepoli di Gesù sono i nuovi sacerdoti, e al momento si trovavano in forte necessità.

Attenzione però, la Misericordia che Gesù chiede NON è la disobbedienza della Legge, nè l'anarchia verso le regole del "buon cristiano"....non è il peccare e poi il pretendere il perdonismo...
Nelle parole di Gesù si apre la comprensione dell'A.T. fatto di leggi e prescrizioni che lui, ci rammenta, non è venuto a cancellare, ma a portare a compimento...
Per esempio il sangue dell'agnello nella Pasqua ebraica era UN SIMBOLO, ma naturlamente NON toglieva alcun peccato, era sempre la Misericordia di Dio che per mezzo dei Profeti, interveniva....
L'agnello, si legge due volte, doveva essere mangiato: "nè crudo, nè bollito con acqua, ma solo arrostito al fuoco", in questa simbologia possiamo riscontrare IL SACRIFICIO E LA MISERICORDIA INSTAURATI DAL CRISTO.... sulla Croce, agnello immolato, Gesù DONA SE STESSO QUALE SACRIFICIO PERFETTO, CON LA POTENZA DELLO SPIRITO SANTO CHE E' FUOCO, si attiva la Misericordia anche del Padre ed è tutta la Santissima Trinità artefice di questa Misericordia nell'accogliere il vero Agnello immolato...

Abbiamo citato i farisei del tempo di Gesù e brani del Vangelo, perchè anche oggi ci sono "osservanti di leggi umane" (per esempio leggasi l'aborto!) pronti a condannare LA MISERICORDIA STESSA se venisse loro utile...

Un capolavoro atto a capire questa Misericordia ci è offerto dall'Enciclicca, scritta da Giovanni Paolo II: Dives in Misericordia

scrive il Papa:

"La mentalità contemporanea, forse più di quella dell'uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l'idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l'uomo, il quale, grazie all'enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra. Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superfìcialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia.
A questo proposito possiamo, tuttavia, rifarci con profitto all'immagine «della condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo» qual è delineata all'inizio della Costituzione Gaudium et spes. Vi leggiamo, tra l'altro, le seguenti frasi: «Stando cosi le cose, il mondo si presenta oggi potente e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre, l'uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli»".

(..) la rivelazione e la fede ci insegnano non tanto a meditare in astratto il mistero di Dio come «Padre delle misericordie», ma a ricorrere a questa stessa misericordia nel nome di Cristo e in unione con lui. Cristo non ha forse detto che il nostro Padre, il quale «vede nel segreto», attende, si direbbe, continuamente che noi, richiamandoci a lui in ogni necessità, scrutiamo sempre il suo mistero: il mistero del Padre e del suo amore? Desidero quindi che queste considerazioni rendano più vicino a tutti tale mistero e diventino, nello stesso tempo, un vibrante appello della Chiesa per la misericordia di cui l'uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno.

****

Il 30 marzo 2008 all'Angelus, così spiegava la Divina Misericordia Benedetto XVI:


"La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell'antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell'Amore creatore e redentore. Questo amore di misericordia illumina anche il volto della Chiesa, e si manifesta sia mediante i Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, sia con le opere di carità, comunitarie e individuali. Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l'uomo, dunque per noi. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall'amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l'abbiano in abbondanza (cfr Gv 10, 10)".

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parafrasando poi il suo predecessore, dice ancora:"Al di fuori della misericordia di Dio non c'è nessun'altra fonte di speranza per gli esseri umani".

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Non c'è altra speranza e non è a caso che invochiamo Maria quale MADRE DI MISERICORDIA, DELLA MISERICORDIA..Mater misericordiae, ora pro nobis. Gesù, confido in Te

" Disse Gesù a Suor Faustina: "L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla divina misericordia" (Diario, p. 132). Attraverso l'opera della religiosa polacca, questo messaggio si è legato per sempre al secolo ventesimo, ultimo del secondo millennio e ponte verso il terzo millennio. Non è un messaggio nuovo, ma si può ritenere un dono di speciale illuminazione, che ci aiuta a rivivere più intensamente il Vangelo della Pasqua, per offrirlo come un raggio di luce agli uomini ed alle donne del nostro tempo".
 (Omelia Giovanni Paolo II Canonizzazione di Sr.Faustina 30.4.2000)



Gesù, confido in Te


Confidiamo davvero in Gesù, oppure ci illudiamo in facili sentimentalismi nel momento di qualche prova per poi lamentarci di non aver ricevuto quanto chiedavamo?

Ce lo rammenta san Giacomo nella sua Lettera:
Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria.

e al cap. 4 dice:

[1]Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?
[2]Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;
[3]chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.
[4]Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.
[5]O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi?
[6]Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice: 'Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia'.
[7]Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.
[8]Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.
[9]Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza.
[10]Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.


Davvero, dopo aver letto questi passi di Giacomo possiamo dire che confidiamo in Gesù nel modo che a Lui piace? Se davvero confidassimo in Gesù come Lui stesso ci richiede, implorando la MISERICORDIA della conversione.... la Misericordia di un per-dono autentico suplicato dentro un Confessionale....la Misericordia affinchè i moribondi trovino il conforto dei Sacramenti....bè allora si, questo sarebbe confidare davvero in Gesù, ricevendo fiumi di Misericordia per ognuna di queste richieste....

(continua....)



P.S.

Nessun copyright, nessuna censura alle parole del Pontefice, si distribuisca il tutto gratuitamente, se gradito, al solo gesto di coscienza di citarne la provenienza e la fonte, evitando di estrapolarne i contenuti rischiando di far dire al contenuto stesso ciò che non ho detto, specialmente se si dovesse interpretare qualche passo contro il Magistero della Chiesa. Si consideri per tanto che tutta la sostanza del testo non deve essere dissociata dal Magistero della Chiesa, dal quale dipende la corretta interpretazione.

Grazie!

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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                                              confidare



GESU' CONFIDO IN TE!

...è la condizione propria di chi ha fede o speranza in Gesù....e non già ad una idea di Gesù, ma Lui in Persona...ecco perchè è così importante per noi L'EUCARESTIA, il luogo, il posto, l'essenza unica in cui troviamo questa Persona VIVA E VERA alla quale confidare TUTTO, nella quale confidare, nella quale sperare....

Ma non dobbiamo confidare solo nell'AMICO Gesù... se trattiamo Gesù esclusivamente come amico, finiremo per umanizzarlo a tal punto da confonderlo con il "migliore" degli amici con il risultato che alle prime prove o ai lunghi silenzi, si finisce per cacciarlo via delusi.... mentre Lui è principalmente il nostro....SIGNORE E DIO....dal quale comprenderemo il valore della sofferenza, della prova, anche dei lunghi silenzi....
Questo significa CONFIDARE.....

Confido in Te Gesù perchè TU non deludi mai, anche quando sembri NON ascoltare le mie preghiere....in verità TU sai già cosa è meglio per me, per questo confido in Te....

In un articolo di Avvenire del 14.4.2007 si legge:

Le Beatitudini vengono non di rado presentate come l'antitesi neotestamentaria al Decalogo, come, per così dire, l'etica più elevata dei cristiani nei confronti dei comandamenti dell'Antico Testamento. Questa interpretazione fraintende completamente il senso delle parole di Gesù.
Gesù ha sempre dato per scontata la validità del Decalogo (cfr., per es., Mc 10,19; Lc 16,17); il Discorso della montagna riprende i comandamenti della Seconda tavola e li approfondisce, non li abolisce (cfr. Mt 5,21-48); ciò si opporrebbe diametralmente al principio fondamentale premesso a questo discorso sul Decalogo: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla Legge neppure un "iota" o un segno, senza che tutto sia compiuto" (Mt 5,17s). Intanto è sufficiente notare che Gesù non pensa di abolire il Decalogo, al contrario: lo rafforza.

Ma allora che cosa sono le Beatitudini? Anzitutto, esse si inseriscono in una lunga tradizione di messaggi veterotestamentari, quali troviamo, per esempio, nel Salmo 1 e nel testo parallelo di Geremia 17,7s: "Benedetto l'uomo che confida nel Signore...".
Sono parole di promessa, che nello stesso tempo contribuiscono al discernimento degli spiriti e diventano così parole guida.

La cornice data da Luca al Discorso della montagna chiarisce la destinazione particolare delle Beatitudini di Gesù: "Alzati gli occhi verso i suoi discepoli...". Le singole affermazioni delle Beatitudini nascono dallo sguardo verso i discepoli; descrivono per così dire lo stato effettivo dei discepoli di Gesù: sono poveri, affamati, piangenti, odiati e perseguitati (cfr. Lc 6,20ss).
Sono da intendere come qualificazioni pratiche, ma anche teologiche, dei discepoli - di coloro che hanno seguito Gesù e sono diventati la sua famiglia.

Tuttavia la situazione empirica di minaccia incombente in cui Gesù vede i suoi si fa promessa, quando lo sguardo su di essa si illumina a partire dal Padre. Riferite alla comunità dei discepoli di Gesù, le Beatitudini rappresentano dei paradossi: i criteri mondani vengono capovolti non appena la realtà è guardata nella giusta prospettiva, ovvero dal punto di vista della scala dei valori di Dio, che è diversa dalla scala dei valori del mondo.
Proprio coloro che secondo criteri mondani vengono considerati poveri e perduti sono i veri fortunati, i benedetti, e possono rallegrarsi e giubilare nonostante tutte le loro sofferenze.
Le Beatitudini sono promesse nelle quali risplende la nuova immagine del mondo e dell'uomo che Gesù inaugura, il "rovesciamento dei valori". Sono promesse escatologiche; questa espressione tuttavia non deve essere intesa nel senso che la gioia che annunciano sia spostata in un futuro infinitamente lontano o esclusivamente nell'aldilà.

Se l'uomo comincia a guardare e a vivere a partire da Dio, se cammina in compagnia di Gesù, allora vive secondo nuovi criteri e allora un po' di "éschaton", di ciò che deve venire, è già presente adesso. A partire da Gesù entra gioia nella tribolazione. (…)

Ma ora si pone la questione fondamentale: è giusta la direzione che ci indica il Signore nelle Beatitudini e nei moniti a esse contrapposti? È davvero male essere ricchi, sazi, ridere, essere apprezzati? Per la sua rabbiosa critica del cristianesimo Friedrich Nietzsche ha fatto leva proprio su questo punto. Non sarebbe la dottrina cristiana che si dovrebbe criticare: sarebbe la morale del cristianesimo che bisognerebbe attaccare come "crimine capitale contro la vita". E con "morale del cristianesimo" egli intende esattamente la direzione che ci indica il Discorso della montagna.
"Quale è stato fino ad oggi sulla terra il più grande peccato? - dice ancora Nietzshe -  Non forse la parola di colui che disse: ‘Guai a coloro che ridono!’?". E contro le promesse di Cristo dice: noi non vogliamo assolutamente il regno dei cieli.
"Siamo diventati uomini - vogliamo il regno della terra".

La visione del Discorso della montagna appare come una religione del risentimento, come l'invidia dei codardi e degli incapaci, che non sono all'altezza della vita e allora vogliono vendicarsi esaltando il loro fallimento e oltraggiando i forti, coloro che hanno successo, che sono fortunati.
All'ampia prospettiva di Gesù viene contrapposta un'angusta concentrazione sulle realtà di quaggiù: la volontà di sfruttare adesso il mondo e tutte le offerte della vita, di cercare il cielo quaggiù e in tutto ciò non farsi inibire da nessun tipo di scrupolo.

Molto di tutto questo è passato nella coscienza moderna e determina in gran parte il modo in cui oggi si percepisce la vita. Così il Discorso della montagna pone la questione dell'opzione fondamentale del cristianesimo e, da figli del nostro tempo, avvertiamo la resistenza interiore contro quest'opzione - anche se non siamo insensibili di fronte all'elogio dei miti, dei misericordiosi, degli operatori di pace, degli uomini sinceri.

(..)
Questa consapevolezza che la vera minaccia per l'uomo consiste nell'autosufficienza ostentata, a prima vista così convincente, viene sviluppata nel Discorso della montagna in tutta la sua profondità a partire dalla figura di Cristo.
Abbiamo visto che il Discorso della montagna è una cristologia nascosta. Dietro di essa c'è la figura di Cristo, di quell'uomo che è Dio, ma che proprio per questo discende, si spoglia, fino alla morte sulla croce.
I santi, da Paolo a Francesco d'Assisi fino a madre Teresa, hanno vissuto questa opzione mostrandoci così la giusta immagine dell'uomo e della sua felicità.
In una parola: la vera "morale" del cristianesimo è l'amore. E questo, ovviamente, si oppone all'egoismo - è un esodo da se stessi, ma è proprio in questo modo che l'uomo trova se stesso.
Nei confronti dell'allettante splendore dell'uomo di Nietzsche, questa via, a prima vista, sembra misera, addirittura improponibile.
Ma è il vero "sentiero di alta montagna" della vita; solo sulla via dell'amore, i cui percorsi sono descritti nel Discorso della montagna, si dischiude la ricchezza della vita, la grandezza della vocazione dell'uomo
.



******

Confidare in Gesù è infatti quell'uscire da noi stessi ( un esodo da se stessi, è quel "morire") per FIDARSI appunto di Colui che tutto può..."Benedetto l'uomo che confida nel Signore...".

Disse Benedetto XVI ai giovani il 10.4.2006:
"Uno dei più grandi doni, anzi della dote di un uomo è il saper comprendere l'altro, perchè è un grande dono vedersi a nostra volta compresi dagli altri...."

La confidenza che ci offre Gesù è decisamente più alta e già questo ci fa comprendere quale impegno ci assumiamo quando diciamo: Credo! Si! Gesù, io confido in TE, ossia, "io ti comprendo e so soprattutto che tu comprendi me, mi conosci da sempre...mi sei Amico ma anche MAESTRO...sei il mio Pastore, ma anche il MIO DIO!...."

Come non può allora la nostra vita, cambiare veramente, convertirsi, quando ha compreso la portata di questo rapporto?

Santa Sr. Faustina della Divina Misericordia, suggerisce anche di com-prendere IL SEGNO DELLA CROCE CHE FACCIAMO, è un atto sacramentale che denota nel cristiano quel CONFIDO IN TE....altrimenti rischiamo di strumentalizzarlo con superstizione come fanno spesso molti sportivi che in campo si segnano si, ma poi vivono una vita incoerente a quella confidenza alla quale si sono richiamati per vincere una partita!
Non è questo il giusto richiamo alla Misericordia di Dio....

Per quanto la Misericordia di Dio ci è in larga parte svelata dalle azioni compiute dal Cristo, essa rimane anche avvolta nel Mistero dell'Amore di Dio che per amore dell'Uomo, manda il suo Figlio a morire sulla Croce.....dice Benedetto XVI nell'incontro di Preghiera per la Pace del 23.7.2006:
" Non possiamo noi uomini risolvere il mistero della storia e dell'uomo, il mistero della libertà umana di poter dire "NO" alla misericordia di Dio, dire "NO", incomprensibilmente, al Suo progetto di Pace vera. Non possiamo risolvere tutto il mistero della relazione Dio-Uomo del suo agire e del nostro rispondere, ma una cosa possiamo fare: dobbiamo accettare il mistero e con esso accogliere il dono della Misericordia che parte dal vederci riconciliati con Dio."

Quanto più grande è il mistero, quanto più profonda e radicata deve risuonare in noi quel:
GESU', CONFIDO IN TE!

Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore (Mt 9,36)

La COM_PASSIONE di Gesù è un altra caratteristica della Sua Divina Misericordia, non si tratta infatti di pietismo ma bensì, e imparando l'uso dei termini, significa proprio PRENDERE CON-PASSIONE una certa situazione, una persona, in questo frangente Gesù prende CON-PASSIONE le folle che vede avanzare senza alcuna guida, senza un pastore.

Un esempio pratico è il passo del Vangelo di Gesù e la Donna Cananea...
Mc.7,24-36 e Mt.15,21-28

la storia è diversa dalla Donna Samaritana poichè la Donna Cananea è considerata una pagana.i suoi abitanti adoravano i Baal e le Ashere. Questi erano culti caratterizzati fra l’altro dai riti di fertilità, in genere di carattere sessuale orgiastico e promiscuo. Questi riti che attiravano anche gli Ebrei, venivano denunciati dai Profeti dell'A.T. e spesso erano anche la causa delle battaglie.

La donna non è soltanto una madre pagana che cerca di strappare un miracolo al taumaturgo giudeo di cui ha sentito meraviglie e che ha sconfinato, ma è la rappresentante della comunità dei pagani venuti alla fede. Per questo la risposta ultima di Gesù è il dono della salvezza, la guarigione della figlia, come primizia della salvezza per mezzo della fede.

La Cananea urla la sua supplica, ma Gesù all'inizio, non le rivolge nemmeno una parola. E a prima vista può apparire sconcertante e sconvolgente il comportamento di Gesù, in verità è come se volesse mettere alla prova la fede di questa Donna ed anche per insegnare ai suoi discepoli come intervenire.

Infatti, dopo un primo silenzio, Gesù cerca di spiegarle il motivo del suo rifiuto con un linguaggio semplice e ricco d’immagini: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. Secondo l’A.T. “i figli” sono i giudei”, “i cagnolini” sono i pagani. La Cananea insiste e replica prendendo spunto proprio dall’immagine usata da Gesù. Gli dice: “Anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.

Con questa risposta la Cananena si conquista l'attenzione di Gesù non perchè abbia risposto "bene" ma piuttosto per aver così pronunciato una sorta di professione di fede attraverso le cui parole  
chiede, praticamente, di partecipare permanentemente ai beni della salvezza messianica, anche se in un modo limitato, un poco emarginante, raccattando solo le briciole che cadono dalla tavola dei cristiani che, a pieno titolo, possono vivere in comunione con Cristo.

Ecco che la Divina Misericordia si muove a com-passione della Cananea, ne riconosce LA FEDE e dunque l'intervento di Dio...
Davanti a questo atteggiamento di totale fiducia e povertà e aridità spirituale che spinge Gesù ad inserire totalmente la Donna Cananea nel piano della salvezza cristiana: “Donna davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”.

Gesù stabilisce che al banchetto messianico della comunità cristiana che è rinnovato nella Mensa Eucaristica, può partecipare anche un pagano che abbia fede (naturalmente avere questa fede significa  avere fatto UNA CONVERSIONE), la Misericordia di Dio si muove laddove c'è una conversione vera ed autentica!

Così come abbiamo accennato anche della Donna Samaritana (Gv.4,1-42).
 
Questo episodio mette in luce la fatica intellettiva e del cuore dell'uomo di fronte al mistero di Dio, e la pazienza di Dio che non solo soddisfa le attese dell'uomo, ma le suscita
.

Gesù le dice:"Dammi un po' d'acqua da bere".

La donna si meraviglia che un giudeo le chieda dell'acqua. Non dimentichiamo che i Giudei non andavano d'accordo con i samaritani. Per un Giudeo non vi era insulto più grave che essere paragonato ad un samaritano. Dunque la donna si meraviglia di questo Giudeo che non si comporta come gli altri. Ma il paradosso sta altrove. Sta nel fatto che Gesù chiede dell'acqua, mente dovrebbe essere il contrario. E', se ben ci pensiamo, il paradosso di un Dio che si fa bisognoso e mendicante. Cioè il mistero di un Dio che si è fatto uomo, per avere il pretesto di incontrare l'uomo e di donare loro l'acqua che disseta. E' la meraviglia di un Dio che chiede per dare. La Misericordia di Dio capovolge ogni logica umana.
La risposta di Gesù tratta infatti del luogo del vero culto, del vero Tempio che è Gesù stesso il nostro tempio che sostituisce da quell'istante il santuario Garizim e quello di Gerusalemme, perché solo lui è la porta attraverso la quale si arriva al Padre celeste.

GESU', CONFIDO IN TE!

"se non ritornerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli " (Mt 18,3)


....oggi tornare bambini, nel senso in cui ci invita Gesù, è praticamente impossibile, ma solo apparentemente, come il mondo che ci sta davanti e che vive di apparenze.... da tutte le parti infatti, ci suggeriscono che la vita e il mondo appartengono ai GRANDI, ai furbi, agli esperti, a quelli che sanno, a chi si ritiene indipendente, a chi ritiene di possedere tutto e di non aver bisogno di nessuno.... ma Gesù ci rammenta soprattutto a Natale:  Tornare bambini!
Sembra un insulto per chi si ritiene “intelligente”, “moderno”, “emancipato”.... Lo sguardo di un bambino oggi va bene per la pubblicità del pandoro, o per la letterina a babbo natale, non per capire il senso della vita e della realtà! Non per comprendere che l'aborto dovrebbe essere immediatamente abrogato....
“Se non tornerete come bambini non capirete mai!”, sembra questo il ritornello che risuona da più di 2000 anni dalla grotta di Betlemme.
Io rispondo: sì Signore, voglio tornare bambino, perché solo il bambino ha uno sguardo realista sulla vita: tutto aspetta, tutto spera dal sorriso della mamma, perché non censura il suo desiderio e quella presenza umana è per lui una certezza assoluta.
Sì Gesù mio, voglio tornare bambino nel cuore, nella mente, nei desideri e confidare in Te come quando confidavo nella mamma senza capire i tanti perchè della vita....
Anch’io voglio raggiungere la certezza che vince ogni paura e percepire la mia vita come un cammino verso la felicità, verso quella pace che provarono i Pastori che confidarono in Te, Bambino.

Confidare in Gesù è davvero un tornare bambini nel cuore....basta leggere l'entusiasmo dei Santi, di santa Teresina del Bambin Gesù, per esempio, che diceva: "Gesù voglio essere come una palla NELLE TUE MANI, perchè tu possa giocare con me quando ti pare e piace e lanciarmi dove più ti piace...."
Madre Teresa di Calcutta confidava in Dio a tal punto di vedersi come una " matita nelle mani di Dio"....

Il successo dei Santi NON era affatto scontato....esso fu conquistato giorno dopo giorno, anno dopo anno...sbaglia chi pensa di non poter riuscire nella santità perchè in Cielo ci vanno solo i Santi, e tutti siamo destinati alla santità, a diventare come Colui che è il vero Santo per eccellenza, Gesù, nel quale appunto confidiamo...

Infine attenzione....quel "se non ritornerete come bambini...
.... il Peccato Originale ci ha resi egoisti fin da bambini...fin da quando nasciamo...un bambino non nasce santo, e tutti abbiamo bisogno del BATTESIMO...ergo, anche il bambino necessita della Grazia...
Infatti il bambino spesse volte agisce con egoismo (sano per la sua età perchè subentra anche lo spirito di sopravvivenza) nei confronti dei suoi coetanei e spesso anche per proteggere le sue "proprietà", i suoi giocattoli...

Il ritornare ad essere bambini risiede, dunque, nella capacità del bambino DI CAMBIARE LE SUE ABITUDINI DURANTE LA CRESCITA PERCHE' MATURA LE PROPRIE RESPONSABILITA ED E' SEMPRE CAPACE DI MERAVIGLIARSI DI CIO' CHE LO CIRCONDA con la disponibilità ad imparare....

Ce ne parla sant'Agostino e nelle sue Confessioni al cap. 7 scrive:

Ascolta, Dio: maledetti i peccati degli uomini! Lo dice un uomo, di cui hai pietà, perché tu lo hai creato senza creare in lui il peccato. Chi mi rammenta i peccati della mia infanzia, se nessuno innanzi a te è mondo di peccato, neppure il bimbo, che ha un giorno solo di vita sulla terra? Chi me li rammenta, se non un piccino ora grande soltanto così, in cui vedo ciò che non ricordo di me stesso? Qual era dunque il mio peccato di allora? Forse l'avidità con cui cercavo piangendo le poppe? Se oggi facessi altrettanto, cercando avidamente non più le poppe, s'intende, ma il nutrimento conveniente alla mia età, mi farei deridere e riprendere a buon diritto. Ossia, a quell'età commettevo atti riprovevoli, ma, poiché non avrei potuto comprendere i rimproveri, si evitava, come fanno tutti ragionevolmente, di rimproverarmi. Tanto è vero, che noi estirpiamo ed eliminiamo quei difetti durante la crescita, e non ho mai visto nessuno gettar via deliberatamente il buono mentre vuole estirpare il cattivo.
O forse erano anche quelle azioni buone, in rapporto all'età: le implorazioni, cioè, con cui chiedevo piangendo persino doni nocivi, le aspre bizze contro persone di libera condizione e di età più grave della mia, che non si assoggettavano alla mia volontà; gli sforzi per colpire con tutte le mie forze chi mi aveva dato la vita e molte altre persone più prudenti di me, che non ubbidivano ai miei cenni, percuotendole perché non eseguivano certi ordini che si sarebbero eseguiti con mio danno?
Dunque l'innocenza dei bambini risiede nella fragilità delle membra, non dell'anima. Io ho visto e considerato a lungo un piccino in preda alla gelosia: non parlava ancora e già guardava livido, torvo, il suo compagno di latte. È cosa nota, e le madri e le nutrici pretendono di saper eliminare queste pecche con non so quali rimedi; ma non si può ritenere innocente chi innanzi al fluire ubertoso e abbondante del latte dal fonte materno non tollera di condividerlo con altri, che pure ha tanto bisogno di soccorso e che solo con quell'alimento si mantiene in vita. Ciò nonostante si tollerano con indulgenza questi atti, non perché siano inconsistenti o da poco, ma perché destinati a sparire col crescere degli anni. Lo prova il fatto che gli stessi atti, sorpresi in una persona più attempata, non si possono più tollerare con indifferenza.

**************


Il finale di queste riflessioni, non certo dell'argomento in se che è fonte di inesauribile conemplazione per la quale OGNUNO può fare la sua parte e dare il suo contributo....
non può che portarci NEL GETSEMANI...
Una Divina Misericordia contemplata, supplicata, auspicata ed evangelizzata, non può essere esente da questa stazione nella quale Gesù non solo vive personalmente il suo Getsemani, ma ci insegna davvero in quel CONFIDARE nel Padre riferendosi ad una frase del Padre Nostro che racchiude tutto: SIA FATTA LA TUA, NON LA MIA VOLONTA'...
Una Misericordia che privasse Dio di agire SULLA NOSTRA PERSONA, o che Lo privasse di disporre del nostro essere suoi, sarebbe una falsa invocazione....

Gesù sa perfettamente che questo passaggio è duro, Lui stesso ARRIVA A SUDARE SANGUE affinchè questa Misericordia possa trovare compimento ed iniziare davvero la sua opera, quale sarà e quale è il nostro atteggiamento di fronte alla prova?
Quale è il nostro atteggiamento nei confronti dei COMANDAMENTI?
Facciamo la volontà di Dio o giustifichiamo le nostre debolezze avanzando la nostra volontà pur confidando che "tanto Dio è misericordioso?"

GESU', CONFIDO IN TE!

Confido in ciò che hai detto nel Gestemani, in ciò che li mi hai insegnato: chiedere come grazia e come Misericordia che si compi in me la TUA volontà e non quella mia che è spesso schiava delle passioni e delle mode del tempo...anche se fosse carica di "buona volontà" non sarebbe mai la TUA di volontà, perciò confido che TU saprai correggermi con la Tua Misericordia!


Nella Supplica alla Madonna del Rosario, scriveva così il beato Bartolo Longo che la compose:


E' vero che noi, per primi, benché tuoi figli, con i peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo confessiamo: siamo meritevoli dei più aspri castighi, ma tu ricordati che sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del Redentore moribondo, che ti dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori.
Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
O Madre buona, abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri defunti, soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono cristiani, eppur offendono il Cuore amabile del tuo Figliolo. Pietà oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo Cuore.
Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!


*******************

Tradotto lo si capisce bene, chiedendo Misericordia per tutti, stiamo chiedendo IL BENE PER TUTTI, stiamo chiedendo Gesù per tutti....la Misericordia fatta Persona, Incarnata...
La Misericordia è una costante della devozione Cattolica che non ha mai conosciuto una crisi del tempo...solo in questo nostro tempo tale Misericordia è piuttosto letta con sospetto...non ci si fida o peggio, la si costruisce come si costruiscono immagini di Cristo a seconda delle mode del momento...
Questa è la vera devozione mariana: che si chieda a Maria di sostenerci nella buona battaglia affinchè la Misericordia, della quale Ella è Madre, possa operare in noi dentro il Progetto di Dio , mai al di fuori....
Maria ai piedi della Croce ci insegna come si fa e come si accetta questa Volontà dalla quale si attiva la Divina Misericordia che la consolerà dopo con la gioia della Risurrezione, con la Sapienza dei divini Misteri che aveva contemplato fin sotto la Croce....

Un Cristo falsificato, porta ad una misericordia falsificata...
Ecco lo splendore della storia stessa di santa Sr. Faustina con la Divina Misericordia.... in questa storia è impossibile falsificarne le pagine...diffidate dunque delle imitazioni...

" Il cristianesimo e la stessa Chiesa, non è opera di persuasione, MA DI GRANDEZZA (sant'Ignazio)... l'aspetto veramente grande del cristianesimo è questo poter entrare in contatto con Dio vivo e vero e attraverso la Sua misericordia per  la quale Egli viene sempre per primo verso di noi, (..)...lo fa nei Sacramenti, lo fa con il Battesimo quando ci prende con sè rigenerandoci; nella Confessione quando ci perdona; e lo fa ogni giorno nell'Eucarestia... "
(Benedetto XVI ai vescovi elevtici 9.11.2006)

                   Benedetto XVI










P.S.

Nessun copyright, nessuna censura alle parole del Pontefice, si distribuisca il tutto gratuitamente, se gradito, al solo gesto di coscienza di citarne la provenienza e la fonte, evitando di estrapolarne i contenuti rischiando di far dire al contenuto stesso ciò che non ho detto, specialmente se si dovesse interpretare qualche passo contro il Magistero della Chiesa. Si consideri per tanto che tutta la sostanza del testo non deve essere dissociata dal Magistero della Chiesa, dal quale dipende la corretta interpretazione.

Grazie!

[Modificato da Caterina63 23/10/2009 11:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/10/2009 10:30
 
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A quanto è stato postato sopra....unisco una brillante discussione-approfondimento avvenuto nel forum dell'amico Daniele: Famiglia Cattolica

qui posterò solo alcuni passi che interessano anche questo thread, dal collegamento potrete seguire il discorso integralmente..


Teofilo dice:

Carissimi,
vorrei qualche contributo per comprendere meglio questo versetto del Vangelo di Matteo:

Giov 14,13 Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Non pare evidente che questa promessa si realizzi sempre.
Gesù si sarà sbagliato?
Cosa ne pensate?


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Gabbianella risponde:

Personalmente nn so come risponderti...A volte il silenzio di Dio fa male e...ammetto che in quei casi son arrabbiata (ma solo per poco)con Lui qdo vedo ingiustizie e sofferenze.Ma sarei una grande ingrata se nn riconoscessi tutto il bene che mi ha dato attraverso i fratelli e le sorelle....e mi ha fatto tanto bene.
Tuttavia se ripenso alle mie preghiere ,nn posso nn dire che nn mi abbia mai ascoltato...Anzi e' successo che mi abbia risposto magari non subito ,dopo anni e nn sempre la risposta era quella che mi aspettavo.Qdi nn me la sento di dirti che Gesù si sia sbagliato.
Credo fermamente alle sue parole.

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Daniele (Cattolico) risponde:

Inserendo le frasi di Gesù nel suo contesto, senza nulla togliere alle sudette frasi, le si potrebbero interpretare in un contesto diverso, cioè, che Gesù vuol far comprendere ai suoi discepoli l'uguaglianza nella sostanza tra il Padre e il Figlio, chi ha visto me ha visto il Padre...voi farete opere maggiori di me poichè io vado al Padre...chiedete nel mio nome poichè il Padre è glorificato nel Figlio, ma anche il Figlio viene glorificato dal Padre poichè per mezzo del Figlio il Padre dona all'uomo ciò che chiede, insomma c'è un binomio in questi testi tra Padre e Figlio che ci indicano non solo l'uguaglianza di essenza ma una communio perfetta tra le due persone nella Santissima Trinità.

Sulle preghiere, beh, bisogna leggere quei testi dal contesto neotestamentario che ci parla anche di perseveranza nella preghiera, bisogna anche considerare la fede del singolo e maggiormente se quella preghiera sia conforme nella volontà del Padre celeste, con questo non voglio invalidare le parole di Gesù, me ne guarderei bene, dico solo che bisogna leggere il tutto nel suo complesso per non rischiare delle contraddizioni.
Gesù, comunque, non può mentire, bisogna solo capire cosa effettivamente Egli voleva e vuole trasmettere con le sudette frasi.

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Teofilo risponde:

caro Cattolico
Sono d'accordo, e sono d'accordo anche su un'altro concetto che tu hai espresso in altra occasione: e cioè che i sacri Testi sono tutt'altro che facili e scontati.
Perciò occorre cercare di capire i brani che non comprendiamo con i nostri miseri mezzi di misura.
La tua risposta mi ha fatto pensare che in questo contesto la frase in questione possa essere subordinata al credere in Cristo in modo da rimanere in Lui come Egli rimane nel Padre e in modo da essere quindi uniti da un unico scopo.
L'ipotesi non è da scartare.



Penso anche che quando due suoi discepoli si misero daccordo

(Mat 18,19 In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.)

per chiedergli una certa cosa rivolgendosi a Lui direttamente, Egli liquidò seccamente la richiesta:

Mat 20,22 Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ma nonostante questa disponibilità la richiesta fu declinata.


Dunque è chiaro che Gesù mostra subito ai suoi che la sua promessa non è per tutte le richieste in generale ma per non incorrere in una contraddizione sulla bocca della Verità è necessario che cerchiamo il motivo di questa apparente diversità tra la promessa e la concessione effettiva.

Con affetto

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Iyvan risponde:

Caro Teofilo,

io credo che Dio ci dia ciò che ci è necessario per la nostra crescita spirituale e non ciò che desideriamo, anche se il nostro desiderio è rivolto al bene.
Molte volte non riusciamo a comprenderlo subito, ma se analizziamo bene, possiamo renderci conto di come una richiesta non soddisfatta ci può aver fatto crescere nel tempo, oppure può aver fatto crescere altri vicino a noi.

Io vedrei, quindi, l'affermazione di Gesù più in senso spirituale che materiale.
L'aspetto materiale potrebbe anche essere soddisfatto da una preghiera se ciò comportasse anche l'elevazione dello spirito.
Se così non fosse, esaudirci sarebbe come farci un torto.
La divinità, poi, non è la lampada di Aladino al servizio delle nostre esigenze materiali.

Inoltre, non meravigliamoci se, pregando per un'altra persona che vorremmo diversa, questa rimanga sempre la stessa.
Nessuna preghiera può aver effetto nei confronti di chi non accetta di voler cambiare; questo per rispetto del libero arbitrio.

Quindi, Gesù non ha sbagliato, ma le Sue parole non vanno intese, a mio avviso, in senso assoluto.



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Teofilo risponde:

Carissimi
Vi ringrazio per il vostro contributo che ho seguito con attenzione.

Cara Gabbianella tu dici:

...Cmq credo che la risposta sia insita in qte parole... ...perche' il Padre sia glorificato nel Figlio.

Quindi dovrebbe significare che, affinchè il Padre sia glorificato nel Figlio, qualunque cosa, Gesù la farà...

Però vediamo nella realtà quotidiana e anche nella stessa Scrittura che questo non avviene sempre, come sembra debba avvenire, in base alla promessa di Gesù;

ad esempio Paolo dice in 2Co 12,8 ... per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me.

9 Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; ...


Quindi il Signore, che ha fatto quella promessa, non esaudisce la richiesta di Paolo che ripetutamente si rivolge a Lui, CON TUTTA LA FEDE (come fa osservare lyvan) , per ottenere un qualcosa, che gli impediva di compiere pienamente il suo ministero perchè si trattava di una qualche limitazione fisica o spirituale, dovuta ad un'azione del maligno da cui chiede di essere liberato. Rientra nel "qualunque cosa" e che non è da ravvisare solo nella richiesta dello Spirito Santo, raccomandato da Gesù come fa osservare Enrico, ma che dovrebbe abbracciare anche altre richieste, altrimenti non avrebbe detto QUALUNQUE COSA

Quella di Paolo è una richiesta legittima, comprensibile, che fa parte del "qualunque cosa" un credente possa chiedere e neppure per "spendere nei propri piaceri (Giac 4,3 chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri); inoltre che è fatta con fede, e il cui esaudimento avrebbe contribuito alla gloria del Padre. Le condizioni sembrano esserci ma Gesù fa a modo suo, non come gli chiede Paolo.


E quindi cosa pensare della promessa in questione? Conviene fare richieste se addirittura Paolo non ottenne? Oppure la richiesta di "qualunque cosa" è legata a qualcos'altro? E' questo in fondo che stiamo cercando.


Con affetto


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Caterina risponde:

Caro Teofilo, e tutti....da questo lavoro che ho fatto di recente:

Che cosa si intende per Divina MISERICORDIA? Perchè la invochiamo?

riporto questo passo che credo contribuisca alla comprensione....

Gesù, confido in Te


Confidiamo davvero in Gesù, oppure ci illudiamo in facili sentimentalismi nel momento di qualche prova per poi lamentarci di non aver ricevuto quanto chiedavamo?

Ce lo rammenta san Giacomo nella sua Lettera:
Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria.

e al cap. 4 dice:

[1]Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?
[2]Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;
[3]chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.
[4]Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.
[5]O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi?
[6]Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice: 'Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia'.
[7]Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.
[8]Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.
[9]Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza.
[10]Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.


Davvero, dopo aver letto questi passi di Giacomo possiamo dire che confidiamo in Gesù nel modo che a Lui piace? Se davvero confidassimo in Gesù come Lui stesso ci richiede, implorando la MISERICORDIA della conversione.... la Misericordia di un per-dono autentico suplicato dentro un Confessionale....la Misericordia affinchè i moribondi trovino il conforto dei Sacramenti....bè allora si, questo sarebbe confidare davvero in Gesù, ricevendo fiumi di Misericordia per ognuna di queste richieste....


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In quel "QUALUNQUE COSA" chiederete, non va interpretato il QUALUNQUE senso umano e terreno... Gesù dice appunto che "il mio regno NON è di questo mondo" ergo Egli non è venuto per soddisfare una qualunque necessità TERRENA ma il "tutto qualunque" che ci conduca in quel Regno che è già iniziato qui sulla terra con la sua Incarnazione...

"NOI siamo SUOI" rivestiti del Battesimo NON siamo più DEL mondo, ma nel mondo...tutta la catechesi di Gesù ci porta a considerare allora che ogni richiesta NON si perda in cose che NON salvino l'anima: CERCATE PRIMA LE COSE DI LASSU' IL RESTO SARA' DATO IN PIU'....Gesù dunque può anche soddisfare le cose di quaggiù ma solo se finalizzate a quelle di lassù...








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Gabbianella risponde:


CERCATE PRIMA LE COSE DI LASSU' IL RESTO SARA' DATO IN PIU'....Gesù dunque può anche soddisfare le cose di quaggiù ma solo se finalizzate a quelle di lassù...


Giusto ,Tea!


Gesù stesso ci dà la risposta alla domanda su cosa ci conviene
chiedere al Padre....anche se di fronte alla croce che ci prospetta davanti,
ci vien da chiedere:"Signore ,allontana da me qto calice!!!"
Qte volte lo pensiamo?

Ma Gesù nn si è sottratto alla sua Croce,nostra salvezza.
Non e' sceso dalla Croce!!!!
 
 
Quale Dio di altre religioni ha mai fatto qto?
Il Signore si è umiliato per noi uomini,
fatti poco meno degli angeli.
E noi nn siamo in grado di seguirlo ,
portando la nostra croce?
Perche' nel "qualunque cosa" io ci metto pure
la richiesta di "toglierci quella croce"in sostanza.

Se penso alle croci della mia famiglia,
alle mille preghiere fatte e molte rimaste in apparenza
inascoltate,per poi adempiersi in tempi e
 modi voluti da Lui,
il Signore della nostra vita,
nn posso dire che Lui ci ha lasciati soli.
A leggere i segni dentro la vita 
io dico che Sa tutto e provvede.
Insomma ascoltiamo Gesù che sa
qual'è il nostro bene...

"CERCATE PRIMA LE COSE DI LASSU' IL RESTO SARA' DATO IN PIU'...."


Caro Teofilo,
domani leggero' il forum da te citato
(c'era pure un mio intervento
...amnesia).
Mi vien in mente che in quel periodo
 ero presa da un mio problema familiare e
qdi avevo smesso di leggere li'.
Rimediero'.Grazie!!!!!!


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Teofilo risponde:

Grazie Caterina per il messaggio di fiducia in Cristo, e del riferimento ad un'altra espressione di Gesù: Cercate prima di tutto il regno di Dio e poi il resto vi sarà aggiunto, che in qualche modo potrebbe completare il versetto da noi esaminato. Questa osservazione è certamente da tenere in debita considerazione, anche se sembra ridurre l'ambito delle richieste che possiamo rivolgere al Signore. Tuttavia tornado all'esempio del mancato esaudimento della richiesta di s. Paolo mi chiedo se quella richiesta fosse espressa per proprio tornaconto (per spendere nei propri piaceri, come direbbe s.Giacomo) o per svolgere meglio il suo ministero per il regno di Dio. Sono persuaso che s.Paolo pregasse per affermare il regno di Dio.

______________________

Scriveva Enrico, che spero resti in questa famiglia cattolica, come amico e come fratello di fede, oltre che come aiuto nella comprensione di ciò che dibattiamo:

Gesù il quale ci chiede di domandare ogni cosa al Padre nel suo nome, ma attenzione il nome indica la persona e non solo una delega,

Caro Enrico, questa tua precisazione mi ha fatto molto riflettere e anche se non sono arrivato alla tua stessa conclusione, ecco cosa mi ha fatto pensare:

Tornando al testo della promessa di Gesù oggetto della mia domanda:

Giov 14,13 Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

ho pensato che Enrico ha sottolineato un aspetto rimasto in ombra: " nel mio nome" potrebbe non significare semplicemente " pronunciando il mio nome" "invocando il mio nome" "appellandosi al mio nome" o anche "presentando la richiesta basandola sul vocabolo GESU'".
Tenendo presente, come fa notare Enrico che il nome indica la persona, quel "NEL MIO NOME" potrebbe significare invece "in comunione con la mia persona", "in unione con me" " confidando in me" (come ipotizzava Caterina ), "rimanendo in me" (come ipotizzava Cattolico ) "interpretando il mio desiderio" in parole povere: "chiedendo secondo la mia volontà". Solo a questa condizione QUALUNQUE RICHIESTA potrà essere accolta, cioè solo quelle che coincidono col suo volere.

E noi non possiamo essere certi che la sua volontà coincide con la nostra, quindi non possiamo essere certi di aver fatto richieste veramente NEL SUO NOME come potremmo a torto pensare.

Questo spiegherebbe il nostro quesito. Gesù non ha mentito anche se non ha esaudito i suoi apostoli che accordandosi tra loro chiesero direttamente a Gesù, con tanta fede di farli sedere accanto a Lui, o se non ha esaudito s.Paolo che chiedeva bene con tutti i crismi, ma che evidentemente esprimeva una richiesta che non corrispondeva con la volontà del Signore.

Un mio amico aveva una moglie in coma. Confidava tanto che in base alla promessa espressa in quel versetto gesù esaudisse la sua richiesta, ma la moglie morì e questo amico è rimasto molto disilluso, la moglie di un pastore evangelico, nel mio paese, rimase vittima di un incidente con paralisi totale delle gambe.

Confidava ciecamente in quelle parole di Gesù e tutta la sua comunità pregava incessantemente per la sua guarigione, ma non guarì e sia lei che il marito pastore hanno lasciato la comunità.

Mentre a volte capita che Gesù guarisca uno che manco lo prega. Riattaccò l'orecchio mozzato da S.Pietro al servo che cercava di catturarlo prima della passione e per il quale nessuno pregò, e non fece nulla per riattaccare la testa mozzata di s.Giovanni Battista. Misteri della volontà di Cristo ma certamente finalizzati alla costruzione del suo regno e quindi all'adempimento della sua insondabile volontà

Esempi di questo genere si potrebbero moltiplicare. e molti anche nei nostri ambienti cattolici, hanno preso lucciole per lanterne.

Ed allora penso che ad ogni richiesta dovremmo aggiungere almeno idealmente: Ti chiedo questa cosa (qualunque cosa) SE è nel TUO NOME (cioè NELLA TUA VOLONTA' ).

Ovviamente non pretendo che questa conclusione sia sicura, Lascio a voi ulteriori commenti.

Con affetto

****************************************************************

Caterina risponde:

Ringraziando Teofilo che nella sua risposta prolunga l'interessante approfondimento, credo che tutti dobbiamo fare la seguente riflessione:

Gesù è principalmente DIO, Egli VIENE nel mondo per aiutare l'Uomo non solo a salvarsi, ma principalmente a compredere che questo mondo è IL NOSTRO ESILIO, da dopo il Peccato Originale infatti, leggiamo in Genesi, le Porte del Paradiso furono chiuse e riaperte da Gesù dopo la Riserruzione, ma da quel momento le cose cambiarono...la cacciata dell'Uomo dall'Eden ha un significato anche DEL NOSTRO FINE ULTIMO...ossia dove siamo diretti...

In questo contesto Dio si fa UOMO...la salvezza pertanto non è soltanto un gesto misericordioso di Dio, ma è proprio quell'atto INDISPENSABILE che ci serve per comprendere che tutto ciò che è di questo di mondo NON è il nostro fine ultimo, non è il regno di Dio...non è il nostro regno, non è la nostra patria...

In questo contesto, TUTTO ciò che chiediamo a Gesù sarà esaudito solo in funzione di questa realtà ULTIMA...

Gesù ce lo insegna un pò nel Getzemani: Padre, se puoi allontana da me questo calice....MA GESU' NON VERRA' ESAUDITO!

il perchè ce lo dice Gesù stesso: in quanto DIO e UOMO egli conosce bene ora sia la volontà di Dio che gli è propria, sia la sofferenza DELL'UOMO NELLA CARNE....nei sentimenti, nella sua umanità FERITA DAL PECCATO...infatti Gesù è senza peccato si, ma lo sperimenta quando si ADDOSSA SULLE SPALLE TUTTO IL NOSTRO PECCATO...e viene trattato da peccato, dice san Paolo... lo sforzo che Gesù compie è immane, arriva a sudare SANGUE per poter dire: però NON LA MIA, MA LA TUA VOLONTA' SI COMPIA....

Chi pensa che un volontà del genere possa compierla solo Cristo in quanto Dio, non ha capito nulla...

Non a caso quando ci sono delle grandi guarigioni non le definiamo forse dei MIRACOLI, DEI PRODIGI?

dunque l'esaudirci del Signore nelle richieste che appartengono alla natura di questo mondo, si applica spesso nel SOPRANNATURALE, sfociando nel miracolo, il Vangelo ci segnala molti episodi: Gesù ridà la vista al cieco, guarisce i lebbrosi, resuscita i morti...
Molti Santi infatti hanno CHIESTO ED HANNO OTTENUTO:
sant'Antonio di Padova invitato a cena dai signori del comune verrà avvelenato, lui lo sa, anche i suoi confratelli, ma si fida di Gesù, gli chiede di FAR VEDERE CHI FOSSE PIU' POTENTE SE LO REPUTASSE INDISPENSABILE PER LA CAUSA... e mangia la minestra avvelenata e non morendo sarà oggetto di conversione del podestà...
san Domenico di Guzman giunge a san Sisto mentre gli operai stanno lavorando sul grande campanile....un operaio cade e muore...è la disperazione della moglie che piange la vedovanza e il figlio orfano.... san Domenico mosso a compassione chiede a Gesù DI RISPARMIARE QUESTO DOLORE, E DI RENDERE VISIBILE LA SUA POTENZA....l'operaio resuscita sotto gli occhi di tutti e senza un osso rotto....
san Domenico resusciterà anche un bambino figlio di ricchi, morto cadendo da cavallo... qui notiamo che Gesù non fa differenza FRA RICCHI E POVERI....resuscita l'operaio, ma resusciterà per mezzo di san Domenico anche il bambino ricco... i genitori convertendosi diventeranno i primi benefattori delle opere di carità a Roma...

Potremo fare altri esempi... un beato per essere fatto tale sull'Altare deve operare almeno un miracolo e due per essere canonizzato, la Chiesa stessa dunque CHIEDE DELLE PROVE...
non si tratta di incredulità, ma di UMANITA' e Gesù lo sa: L'UOMO VUOLE LE PROVE....e Gesù da queste prove quando LUI sa che ciò è cosa buona...

La morte, per esempio, che provoca una lacerazione interna dolorosissima al coniuge, al genitore, al figlio o all'amico... ci mette a nudo scoprendo proprio quel limite che è dato dalla condizione in cui viviamo in questo mondo e ognuno nel proprio tempo... accade lo stesso quando Gesù deve affrontare la morte dell'amico Lazzaro in cui avviene un fatto apparentemente inspiegabile: Gesù sa che lo avrebbe resuscitato e sa che Lazzaro "non è morto" nel senso negativo che si da alla morte...EPPURE GESU' PIANGE... vedere Gesù PIANGERE davanti all'amico morto, sapendo che sarebbe resuscitato bè amici,  mette a disagio... è incomprensibile...eppure è semplicemente UMANO...il piangere, il dolore e certa sofferenza E' UTILE... non si tratta di masochismo, ma di realtà...
NON si può pensare di vivere su questa terra senza versare lacrime.....ecco perchè la priorità nell'insegnamento di Cristo e di Giacomo verso ciò che dobbiamo chiedere a Dio, è un costante invito a sopportare qui le lacrime e a chiedee la gioia eterna....

Questo indubbiamente sconcerta coloro che NON credono, ma non a caso san Paolo sottolinea che il nostro vanto è la Croce...ma non va letto come masochismo o il non piangere davanti all'amico Lazzaro morto o il NON chiedere: Padre se puoi, allontana da me questo calice... se ci facciamo caso Gesù ha passato tutte le nostre situazioni... ergo si può chiedere a Dio TUTTO E DI TUTTO DI PIU', ma non è corretto prendersa con Dio se non veniamo accontentati....perchè il finale è questo: però NON la mia, ma la TUA Volintà si compia...

C'è in rete un sito (che non pubblicizzerò) nel quale si vuole e si pretende di dimostrare che Dio NON esiste e se esistesse GESU' AVREBBE MENTITO....
e perchè mai? PERCHE' CI SONO PERSONE CHE MUOIONO DI CANCRO...perchè, si legge nel sito: Gesù ha promesso, ma non ha mantenuto...la gente CONTINUA A MORIRE....
ecco l'inganno di chi ragiona così....
si pretende probabilmente la vita paradisiaca ed eterna su questa terra?
secondo il ragionamento di Nietzsche si.....

"Quale è stato fino ad oggi sulla terra il più grande peccato? - dice ancora Nietzshe -  Non forse la parola di colui che disse: ‘Guai a coloro che ridono!’?". E contro le promesse di Cristo dice: noi non vogliamo assolutamente il regno dei cieli. "Siamo diventati uomini - vogliamo il regno della terra".

ergo che si pretenderebbe da Dio la richiesta CHE NESSUNO PIU' DEBBA MORIRE quando Dio stesso facendosi Uomo DOVETTE MORIRE PER FORZA nel rispetto delle leggi naturali...
ma, sottolinea san Paolo: come Discese egli ASCESE al Cielo....
per noi è diverso... ma non è diversa la condizione Umana che Dio condivise con noi con tutte le necessità che si porta dietro...

Ricordate il miracolo ottenuto da san Padre Pio per la richiesta del giovane vescovo di Cracovia Wojtyla per la sua amica malata di cancro e madre di 5 figli?
Perchè il vescovo di Cracovia NON chiese la grazia per altre situazioni altrettanto gravi? Perchè san Padre Pio non otteneva la grazia per tutti?

Il Signore predilige E FA DELLE SCELTE....non ci scandalizzi questo...perchè è predilizione di Dio anche l'anima che soffrendo non sarà graziata su questa terra, ma nell'altro mondo....in certi casi torna utile leggersi sempre il Libro di Giobbe....


Ergo Gesù non mente, siamo spesso NOI a non comprendere cosa vuole Dio....pensiamoci....
Quante volte chiediamo a Dio COSA VUOI DA ME? IN PROPRORZIONE ALLE GRAZIE CHE VOGLIAMO CI SIANO FATTE?


Il Vangelo va preso in tutto il suo insieme...non a caso il Cattolicesimo è PIENEZZA in confronto delle altre fedi cristiane non cattoliche poichè solo nella Chiesa il trionfo della Croce e di quel fare la sua volontà è SUBLIMAZIONE teologica, mistica, di preghiera, di vita vissuta....molto più che ricevere favori e grazie che poi, tra l'altro, le abbiamo lo stesso, basti pensare ai grandi Santuari come Fatima e Lourdes....basti pensare ai prodigi compiuti dai Santi e alle tante GRAZIE RICEVUTE dal popolo che fa del Crocefisso la sua stessa sublimazione....






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/03/2010 18:37
 
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All'Angelus il Papa parla dell'esperienza della misericordia di Dio

L'amore che perdona
è più grande della nostra miseria



Attraverso l'esperienza della misericordia di Dio l'uomo sperimenta il perdono e l'amore gratuito, che sono più grandi della miseria e della giustizia terrena:  lo ha detto il Papa all'Angelus di domenica 14 marzo, in piazza San Pietro. "Dio - ha ricordato - non viene mai meno alla sua fedeltà e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua a seguirci col suo amore".
 

Cari fratelli e sorelle!

In questa quarta domenica di Quaresima viene proclamato il Vangelo del padre e dei due figli, più noto come parabola del "figlio prodigo" (Lc 15, 11-32). Questa pagina di san Luca costituisce un vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi. Infatti, che cosa sarebbero la nostra cultura, l'arte, e più in generale la nostra civiltà senza questa rivelazione di un Dio Padre pieno di misericordia?

Essa non smette mai di commuoverci, e ogni volta che l'ascoltiamo o la leggiamo è in grado di suggerirci sempre nuovi significati. Soprattutto, questo testo evangelico ha il potere di parlarci di Dio, di farci conoscere il suo volto, meglio ancora, il suo cuore.

Dopo che Gesù ci ha raccontato del Padre misericordioso, le cose non sono più come prima, adesso Dio lo conosciamo:  Egli è il nostro Padre, che per amore ci ha creati liberi e dotati di coscienza, che soffre se ci perdiamo e che fa festa se ritorniamo. Per questo, la relazione con Lui si costruisce attraverso una storia, analogamente a quanto accade ad ogni figlio con i propri genitori:  all'inizio dipende da loro; poi rivendica la propria autonomia; e infine - se vi è un positivo sviluppo - arriva ad un rapporto maturo, basato sulla riconoscenza e sull'amore autentico.

In queste tappe possiamo leggere anche momenti del cammino dell'uomo nel rapporto con Dio. Vi può essere una fase che è come l'infanzia:  una religione mossa dal bisogno, dalla dipendenza. Via via che l'uomo cresce e si emancipa, vuole affrancarsi da questa sottomissione e diventare libero, adulto, capace di regolarsi da solo e di fare le proprie scelte in modo autonomo, pensando anche di poter fare a meno di Dio.

Questa fase, appunto, è delicata, può portare all'ateismo, ma anche questo, non di rado, nasconde l'esigenza di scoprire il vero volto di Dio. Per nostra fortuna, Dio non viene mai meno alla sua fedeltà e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua a seguirci col suo amore, perdonando i nostri errori e parlando interiormente alla nostra coscienza per richiamarci a sé. Nella parabola, i due figli si comportano in maniera opposta:  il minore se ne va e cade sempre più in basso, mentre il maggiore rimane a casa, ma anch'egli ha una relazione immatura con il Padre; infatti, quando il fratello ritorna, il maggiore non è felice come lo è, invece, il Padre, anzi, si arrabbia e non vuole rientrare in casa.

I due figli rappresentano due modi immaturi di rapportarsi con Dio:  la ribellione e una obbedienza infantile. Entrambe queste forme si superano attraverso l'esperienza della misericordia. Solo sperimentando il perdono, riconoscendosi amati di un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche della nostra giustizia, entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale e libero con Dio.

Cari amici, meditiamo questa parabola. Rispecchiamoci nei due figli, e soprattutto contempliamo il cuore del Padre. Gettiamoci tra le sue braccia e lasciamoci rigenerare dal suo amore misericordioso. Ci aiuti in questo la Vergine Maria, Mater misericordiae.

Al termine della preghiera mariana il Pontefice ha salutato in diverse lingue i gruppi di fedeli presenti.



(©L'Osservatore Romano - 15-16 marzo 2010)
Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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31/10/2010 13:08
 
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 31.10.2010

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

L’Evangelista san Luca riserva una particolare attenzione al tema della misericordia di Gesù. Nella sua narrazione, infatti, troviamo alcuni episodi che mettono in risalto l’amore misericordioso di Dio e di Cristo, il quale afferma di essere venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori (cfr Lc 5,32).

Tra i racconti tipici di Luca vi è quello della conversione di Zaccheo, che si legge nella liturgia di questa domenica. Zaccheo è un "pubblicano", anzi, il capo dei pubblicani di Gerico, importante città presso il fiume Giordano. I pubblicani erano gli esattori dei tributi che i Giudei dovevano pagare all’Imperatore romano, e già per questo motivo erano considerati pubblici peccatori.

Per di più, approfittavano spesso della loro posizione per estorcere denaro alla gente. Per questo Zaccheo era molto ricco, ma disprezzato dai suoi concittadini. Quando dunque Gesù, attraversando Gerico, si fermò proprio a casa di Zaccheo, suscitò uno scandalo generale. Il Signore, però, sapeva molto bene quello che faceva. Egli, per così dire, ha voluto rischiare, e ha vinto la scommessa: Zaccheo, profondamente colpito dalla visita di Gesù, decide di cambiare vita, e promette di restituire il quadruplo di ciò che ha rubato. "Oggi per questa casa è venuta la salvezza", dice Gesù, e conclude: "Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto".

Dio non esclude nessuno, né poveri né ricchi. Dio non si lascia condizionare dai nostri pregiudizi umani, ma vede in ognuno un’anima da salvare ed è attratto specialmente da quelle che sono giudicate perdute e che si considerano esse stesse tali.

Gesù Cristo, incarnazione di Dio, ha dimostrato questa immensa misericordia, che non toglie nulla alla gravità del peccato, ma mira sempre a salvare il peccatore, ad offrirgli la possibilità di riscattarsi, di ricominciare da capo, di convertirsi.

In un altro passo del Vangelo, Gesù afferma che è molto difficile per un ricco entrare nel Regno dei cieli (cfr Mt 19,23). Nel caso di Zaccheo, vediamo proprio che quanto sembra impossibile si realizza: "egli – commenta san Girolamo – ha dato via la sua ricchezza e immediatamente l’ha sostituita con la ricchezza del regno dei cieli" (Omelia sul salmo 83, 3). E san Massimo di Torino aggiunge: "Le ricchezze, per gli stolti sono un alimento per la disonestà, per i saggi invece sono un aiuto per la virtù; a questi si offre un’opportunità per la salvezza, a quelli si procura un inciampo che li perde" (Sermoni, 95).

Cari amici, Zaccheo ha accolto Gesù e si è convertito, perché Gesù per primo aveva accolto lui! Non lo aveva condannato, ma era andato incontro al suo desiderio di salvezza.

Preghiamo la Vergine Maria, modello perfetto di comunione con Gesù, affinché anche noi possiamo sperimentare la gioia di essere visitati dal Figlio di Dio, di essere rinnovati dal suo amore, e trasmettere agli altri la sua misericordia.

DOPO L’ANGELUS

Ieri, nella cattedrale di Oradea Mare in Romania, il Cardinale Peter Erdö ha proclamato beato Szilárd Bogdánffy, vescovo e martire. Nel 1949, quando aveva 38 anni, egli fu consacrato vescovo in clandestinità e quindi arrestato dal regime comunista del suo Paese, la Romania, con l’accusa di cospirazione. Dopo quattro anni di sofferenze e umiliazioni, morì in carcere. Rendiamo grazie a Dio per questo eroico Pastore della Chiesa che ha seguito l’Agnello fino alla fine! La sua testimonianza conforti quanti anche oggi sono perseguitati a causa del Vangelo.






                                          Ballons flies over St. Peters Basilica as unseen Pope Benedict XVI arrives to lead an audience with youths from the Italian catholic movement Azione Cattolica in St. Peter's Square at the Vatican oc October 30, 2010.


vi ricordiamo anche di leggere qui

VOGLIA DI PARADISO!! PREFERISCO IL PARADISO!!! svegliamoci per davvero! il Paradiso esite e ci attende!


e

qui:
Festa Liturgica di CRISTO RE (studio, preghiera, meditazione e contemplazione)









Fraternamente CaterinaLD

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16/02/2011 16:15
 
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(Joseph Ratzinger "Guardare a Cristo", pag.76)

Un Gesù che sia d'accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del suo vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Sacra Scrittura, ma una sua miserabile caricatura.
Una concezione del "vangelo" dove non esista più la serietà dell'ira di Dio, non ha niente a che fare con il Vangelo biblico.
Un vero perdono è invece qualcosa di più autentico e diverso da un debole "lasciar correre, tanto Dio è buono"!
Il perdono è esigente e chiede ad entrambi - chi lo riceve e chi lo dona - una presa di posizione che concerne l'intero loro essere.
Un Gesù che approva tutto è un Gesù privato della Croce, perchè allora non c'è più bisogno del dolore, della croce, per guarire l'uomo.
Ed effettivamente la Croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico, fermo al suo tempo.
La Croce come espiazione, la Croce come forma di perdono e della salvezza non si adatta a un certo schema di pensiero moderno, solo quando si vede bene il nesso tra verità e amore, allora la Croce diventa comprensibile nella sua autentica profondità teologica poichè, il perdono, ha a che fare con la verità e perciò esige la Croce del Figlio di Dio, ed esige per questo la nostra conversione.
Perdono e perdonare è appunto la restaurazione della verità, rinnovamento dell'essere e superamento della menzogna nascosta in ogni forma di peccato.
Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio
.


Fraternamente CaterinaLD

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04/04/2011 08:50
 
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Nozioni fondamentali di teodicea.



Quante parole, nel lessico cattolico, sono diventate antiquate, obsolete, addirittura irritanti? Termini come indulgenza, giaculatoria, peccato veniale e mortale, virtù, vizio, battaglia per la Fede, Purgatorio, Inferno, colpa, giudizio, penitenza, sacrificio, timore di Dio, castigo… urticano e “ledendo” le diverse sensibilità e la “dignità” psicologica di ciascuno vanno per ciò stesso bandite, allontanate come la peste, benché, in realtà, questi termini continuino a far  parte del Credo della Chiesa.

Ultimamente a fare scandalo è stato il termine «castigo» utilizzato dal professor de Mattei durante una trasmissione a Radio Maria del 16 marzo u.s., durante la quale ha svolto una riflessione sul mistero del male a partire da due episodi di attualità: il terremoto del Giappone e l’uccisione del ministro pachistano Shahbaz Bhatti. In questo contesto il professor de Mattei ha spiegato, in maniera cattolica, la permissione divina alle catastrofi naturali; ha spiegato, alla luce della teologia e della filosofia cristiana, che in entrambi i casi ci si trova di fronte al problema del dolore e del male; ne è nata non una sana polemica volta al confronto delle idee, ma una vera e propria aggressione morale contro il professore “politicamente scorretto”, poiché aveva messo il dito su una realtà “passata di moda”: il castigo di Dio. Riflettere sulle realtà metafisiche è diventato un’attività praticata da uno sparuto numero di persone… e tutte le voci mediatiche, comprese quelle di coloro che si dichiarano cattolici, si accodano alle indignazioni dell’UARR, ovvero dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, che tanto ricorda la «Lega dei senza Dio militanti» di sovietica memoria; Associazione che chiede, come pure la Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC-GGL) e a gran voce (aprendo addirittura una petizione) le dimissioni del professor de Mattei da vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Insomma, il cattolico autentico, quello che parla chiaro, senza diaframmi farisaici e subdoli, deve essere imbavagliato, perché non credibile, perché non “scientifico”. Il positivismo ha invaso così prepotentemente la mentalità corrente da infettare ogni settore, ogni scomparto del sapere (in realtà, come afferma lo scienziato Zichichi, esso è completo solo se tiene in considerazione anche il lato del mistero) e della religione cristiana.

De Mattei ha semplicemente ricordato ciò che le Sacre Scritture e la Chiesa hanno sempre detto, ma scrive il professore sul quotidiano Libero del 31 marzo, per «comprendere l’azione della Provvidenza, che dà una ragione a tutto ciò che avviene, anche alle tragedie, come i terremoti, bisogna però avere una prospettiva soprannaturale: la prospettiva di chi crede nell’esistenza di un Dio creatore e rimuneratore della vita eterna.

Per meglio spiegare questi concetti, ho citato un libricino pubblicato all’indomani del terremoto di Messina da mons. Orazio Mazzella, (1860-1939), arcivescovo di Rossano Calabro, dal titolo La provvidenza di Dio, l’efficacia della preghiera, la carità cattolica ed il terremoto del 28 di Dicembre 1908: cenni apologetici (Desclée e C., Roma 1909). In questo scritto mons. Mazzella scrive che varie sono le ragioni per cui Dio può permettere le catastrofi. In primo luogo esse ci distaccano dalla vita terrena e ci richiamano col pensiero al fine ultimo della nostra vita, che è immortale.

In secondo luogo esse possono essere un castigo che ci purifica dalle nostre colpe individuali o collettive. Fu il terremoto di Messina un castigo di Dio? “Chi potrebbe dirlo? – commenta mons. Mazzella – È possibile fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna cosa con certezza. Intanto per noi, al nostro scopo, basta la sicurezza, che le catastrofi possono essere, e talora sono esigenza della giustizia di Dio”.

In terzo luogo le grandi catastrofi sono spesso una manifestazione non della giustizia di Dio, ma del suo amore misericordioso. Mons. Mazzella scrive che il terremoto può essere stato un battesimo di sofferenza che ha toccato il cuore di molte vittime, unendole a Dio. Non c’è compiacimento per le sofferenze in queste parole, ma desiderio, al contrario, di consolarle. Sapere che i miei dolori sono ordinati ad un fine superiore è certamente più consolante di sapere che sono frutto delle cieche forze del caso».


Il significato di castigo

Il termine castigo deriva dal latino Castum agere, ovvero «rendere puro, casto, purificare». Il castigo ha assunto, nella lingua parlata, dei significati diversi da quello originario.

La disobbedienza all'ammonimento del Signore nell'Eden, circa il divieto di mangiare dell'albero proibito, aveva come conseguenza il castigo della morte dell'uomo: egli  si è trovato di fronte alle conseguenze delle sue scelte. La morte che derivava dalla disobbedienza originale non era il castigo di Dio per il peccato, dunque, ma la libera conseguenza dell'uso della libertà dell'uomo. Così è sempre da leggersi il castigo. Perciò esso è una permissione divina di un male che è frutto delle scelte libere dell'uomo e, al tempo stesso, un mezzo di purificazione e redenzione che Dio, sommo Bene e sommo Amore, usa per convertire l'uomo, che Egli vuole salvare, tanto da aver mandato sulla terra il Suo Figlio unigenito, Agnello sacrificato sul quale ricaddero tutti i peccati del mondo e della storia per salvare chi vuole essere salvato.

La parola castigo nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, appare in 73 versetti e, al plurale, in 18 versetti, per un totale di 91 volte: Dio purifica o "castiga" l'uomo, come avvenne con le dieci piaghe d’Egitto oppure a Sodoma e Gomorra, attraverso le conseguenze funeste del peccato.
Affermò Gesù: «Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,3), tale ammonimento non è una minaccia per l'uomo che non crede, ma profezie di eventi che accadranno sicuramente a coloro che non si convertiranno, perché andranno incontro volontariamente alla morte della loro anima. Leggiamo infatti:
«In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,1-5).

L'Inferno è una scelta dell'uomo, non un castigo di Dio, ma è al tempo stesso il Giudizio di Dio verso il peccatore impenitente, o meglio la conseguenza del suo determinato rifiuto all'amore e alla misericordia di Dio. D’altro canto nello stesso Atto di dolore si afferma: «Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i Vostri castighi…».

L'aspetto misericordioso di Dio, non si scontra minimamente con quello di Giustizia, anzi, il castigo è un atto di misericordia di Dio che vuole la nostra salvezza, a tutti i costi, non una vendetta per il nostro comportamento.

«Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di Lui, per le Sue piaghe siamo stati guariti» dice Isaia (53,5) riferito al Servo di Javhé che sarà prostrato con dolori al nostro posto. Il castigo dà salvezza, perché purifica e monda dai peccati.

Come la Passione di Cristo e la sua morte hanno purificato e redento il mondo, così anche la nostra partecipazione alle Sue sofferenze, contribuisce, nell'economia della Salvezza, alla redenzione e purificazione delle anime.

Dopo il peccato originale è avvenuto uno sconvolgimento totale della creazione, per cui tutto ciò che accade attraverso calamità naturali ha origine da questo sconvolgimento originario, leggiamo, a questo proposito nella lettera ai Romani:
«La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,19-23).

Dire che tutti i disastri naturali hanno origine dal male e vedere in ciò solo il "male" è un'affermazione incompleta, perché Dio ha l'assoluto controllo degli avvenimenti, e tutto ordina per la realizzazione del Suo progetto di Salvezza. Ben esposto è nell’Apocalisse di Giovanni il concetto della permissione, da parte Dio, delle catastrofi. Il grave rischio è di non comprendere gli avvenimenti secondo la Sapienza di Dio, ma secondo la presunta e immensa vanagloria e presunzione dell’uomo, che è in realtà polvere, come il sacerdote un tempo affermava quando imponeva le ceneri: «Ricordati che sei polvere e in povere ritornerai» (Sostituito con: «Convertiti e credi nel Vangelo»).

La Madonna a La Salette (1846) e a Fatima (1917) ha ampiamente parlato di castighi che si sarebbero verificati se non ci fosse stata conversione… la seconda guerra mondiale è lì a ricordarcelo. È ciò che accade all'uomo lontano dall’Onnipotente, padrone della vita e della morte: il castigo appunto, cioè quel sistema pedagogico di Dio finalizzato alla conversione e alla consapevolezza, da parte dell'uomo, di quanto il peccato possa produrre effetti devastanti e distruttivi.

Le benedizioni

Il venerabile don Luigi Balbiano (1812–1884) allontanava le ribellioni della natura (le carestie causate, per esempio, dalla siccità) e i drammi  prodotti dalle conseguenze atmosferiche (per esempio le grandinate) benedicendo campi e bestiame; una consuetudine che con il Concilio Vaticano II è stata abbandonata ed oggi pressoché dimenticata, tanto che è diventato assai difficile trovare sacerdoti disponibili persino a benedire le case: sono in molti a non credere più in queste “superstizioni”.

Ed ecco don Balbiano, come Gesù e tanti altri santi, rompere le regole della natura. La sua mano casta e penitente era sempre pronta a levarsi nel segno della benedizione, come una carezza dal parte del Signore. Scriveva monsignor José Cottino il 5 settembre 1973, nella commemorazione tenuta sul viceparroco di Avigliana: «L’efficacia delle benedizioni di don Balbiano derivava dal significato biblico di quei gesti che erano anzitutto di adorazione e di lode al Signore […]. Con leggerezza noi pensiamo che gli aspetti “medioevali” del miracolo e della santità non siano più onorifici nel secolo del progresso. Ma nella santità non dobbiamo pretendere di dettare noi le norme. Proprio contro la superbia del pensiero muove la santità regolata da Dio». Don Luigi Balbiano, con le sue benedizioni straordinarie, domava le forze della natura, come sempre era avvenuto. Quando, nella storia, accadevano disgrazie, guerre, pestilenze, carestie, terremoti, maremoti… preti e fedeli pregavano, facevano voti, promettevano, compivano penitenze e digiuni, confidando nell’aiuto divino, perché nella sua onnipotenza e onniscienza credevano… e molte volte ottenevano grazie e miracoli. Ma la Fede, oggi, che cos’è e dov’è? Si crede più nella scienza e nelle risoluzioni umane che nell’intervento di Dio. E le calamità naturali se non sono castighi, che cosa sono? Forse benedizioni? Oppure è il caso? Ma per chi ha Fede, e non è apostata, il caso non esiste…

Nostro Signore spiega in maniera mirabile il senso cristiano del castigo, quando dice: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15, 1-2). Le disgrazie materiali che colpiscono ciascuno di noi, sia individualmente che collettivamente, sono occasioni per migliorare la nostra condizione spirituale ed avvicinarci all’unica vera meta: il Paradiso. Nella misura in cui siamo colpevoli, esse sono punizione per le nostre colpe e, come tali, ci permettono di scontare già su questa terra parte o tutte le nostre colpe, liberandoci da patimenti infinitamente più gravosi nell’altra vita. Nella misura in cui siamo innocenti o le disgrazie travalicano le nostre colpe, esse sono occasione di affinamento spirituale: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).  Questo permette alle anime più elevate,  in virtù della comunione dei Santi, di contribuire non solo alla salvezza propria, ma anche a quella di altri, arricchendo il tesoro di grazia della Chiesa.

Lex credendi e lex loquendi

- Professor de Mattei perché la semantica della Fede fa paura?

«Perché durante il Concilio Vaticano II e nel post Concilio si è abbandonato il linguaggio tradizionale della Chiesa, per sostituirlo con un nuovo linguaggio mutuato dal mondo. È stata questa una delle prime conseguenze del conclamato primato della pastorale sulla dottrina. Questa vera e propria rivoluzione del linguaggio ha inciso sullo stesso contenuto della fede. Se è vero che c’è un rapporto tra la lex orandi e la lex credendi, dobbiamo dire che esiste un’analoga relazione tra la lex loquendi e la lex credendi, tra la forma e il contenuto della nostra fede. Non qualsiasi abito è adatto alla vocazione religiosa, così come non qualsiasi linguaggio è idoneo alla formulazione della dottrina della Chiesa. Le verità della Fede erano proclamate, prima del Concilio, in maniera chiara e categorica e gli errori definiti e condannati con altrettanta fermezza; oggi invece, la rivoluzione semantica sta trasformando o relativizzando ogni verità, senza che questo porti ad alcun risultato in termini di dialogo o di ecumenismo. Siamo anzi giunti al paradosso che, mentre i nemici della Chiesa continuano ad esprimersi con un linguaggio chiaro e netto  nella lotta contro di essa, la Chiesa non ha più gli anticorpi necessari per difendersi, come aveva intuito il Cardinale Biffi, quando, con una formula brillante e provocatoria disse: “La Chiesa ha l’Aids”. La trasformazione del linguaggio cattolico è diventata cambiamento profondo della mentalità.
Questa vera e propria rivoluzione delle tendenze è, sotto certi aspetti, più pericolosa di quella dottrinale, perché mentre un errore si può facilmente individuare e colpire, la guerra psicologica è la più difficile da combattere. La Chiesa, custode del Deposito della Fede, dove neppure uno iota può essere perso, è stata mutilata della sua anima militante. Oggi siamo immersi nel continuo peccato di omissione: non si deve più proclamare, dai tetti, la verità; e, in questa verità, è contenuto, tra l’altro, il concetto di Dio provvidente e rimuneratore: come Dio è carità infinita, così è anche giustizia  infinita.

Non ho la certezza che il terremoto in Giappone sia un castigo, ma ho la certezza che Dio castiga non solo le singole anime, ma anche le nazioni, come sempre è stato insegnato. Sant’Agostino ne La città di Dio, scritta come meditazione sul terribile sacco di Roma del 410, ci ricorda che, mentre gli uomini ricevono il loro premio o il loro castigo nell’eternità, le nazioni, che non hanno un orizzonte ultraterreno, sono premiate o punite nel tempo. La Scrittura ci dice anche che si è puniti attraverso ciò in cui si pecca. In questo senso, il maggior castigo che oggi conosciamo non sono i terremoti e le sciagure naturali, ma l’autodistruzione della fede e della morale in cui siamo immersi.
Che poi ad essa si accompagnino grandi catastrofi, permesse da Dio, attraverso le cause seconde che regolano l’universo, è possibile, e talvolta preannunciato. Se l’uomo si ribella a Dio, anche la natura si ribella all’uomo. Mi colpì quanto un giorno mi disse un contadino: l’uomo ha cambiato la Messa e Dio ha cambiato il corso delle stagioni. Ecco che la scienza può spiegare come succede un dato fenomeno, ma non potrà mai spiegare perché succede. Soltanto la Fede offre le ragioni ultime ed escatologiche».


Non dimentichiamo che ad ogni uomo viene dato un Angelo custode così come ai Principati vengono assegnate le nazioni. Quanti hanno dimenticato i precisi compiti assegnati da Dio ai Cherubini, Serafini, Arcangeli, Troni e Dominazioni? Sono i cosiddetti cori angelici della Tradizione cristiana che, però, non rientrano più nella semantica della Chiesa conciliare e postconciliare e dunque sono come stati esautorati e inghiottiti in quel processo di «autodemolizione» di cui tragicamente parlò Paolo VI.

Nella genesi si parla chiaramente di castigo divino nei confronti di Adamo ed Eva, un castigo che non riguardò soltanto i due progenitori, ma tutte le generazioni a seguire, fino alla fine dei tempi, quando si avvereranno le profezie dell’Apocalisse e si verificherà il Giudizio universale. Il castigo, nell’Apocalisse, è rappresentato dai sette flagelli (cap.16), ma è sempre una reazione di amore, è l’estremo tentativo pedagogico per portare l’uomo al ravvedimento: («Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti», Ap. 3,19). È l’uomo a decidere la sua sorte definitiva, così come la rovina di Babilonia (cap. 17) è scaturita dalla pretesa di voler costruire la Città dell’uomo al di fuori e contro Dio; è la «casa costruita sulla sabbia».

Anni fa anche il Cardinale Siri venne accusato e attaccato, pure da parte di Civiltà cattolica, perché “osò” affermare che l’Aids era un castigo divino, proprio come accade oggi a de Mattei, il quale ha spiegato su Libero: «Morte, malattie, sofferenze, angosce di ogni tipo, tutto è frutto del peccato e tutto può essere vinto dalla vita della Grazia che, morendo sulla Croce, Gesù Cristo ha portato agli uomini spalancando loro le porte della vita eterna, della eterna felicità. Sono questi i pensieri a cui ci dovrebbero richiamare le tragedie collettive, come i terremoti, permessi da Dio per ottenere beni spirituali più alti della vita materiale, perché le sofferenze materiali non sono il male supremo e Dio le permette, come castighi o come purificazioni, e comunque, sempre, come strumenti di meditazione, per aprire il nostro cuore a beni più alti di quelli materiali».
Insomma «non ho fatto che esprimere la dottrina cattolica tradizionale, secondo il Magistero dei Padri, dei dottori della Chiesa, dei Pontefici. Il fatto è che, accanto ai teo-evoluzionisti esistono oggi i catto-ateisti, che sono quei cattolici che pur professando verbalmente di credere in Dio, di fatto vivono immersi nell’ateismo pratico. Essi spogliano Dio di tutti i suoi attributi, riducendolo a puro “essere”, cioè a nulla. Credono, e talvolta dicono apertamente, che Dio, dopo aver creato il mondo, lo abbandona a se stesso. Tutto ciò che accade è per essi frutto della natura, emancipata dal suo autore, e solo la scienza, non la Chiesa, è in grado di decifrarne le leggi.

Non si capisce, a questo punto, neppure l’utilità della preghiera. Chi prega, infatti, chiede a Dio di intervenire nella propria vita, e quindi nelle cose del mondo, per essere protetto dal male, e per ottenere beni spirituali e materiali.
Ma perché mai Dio dovrebbe ascoltare le nostre preghiere se si disinteressa dell’universo da Lui creato? Se, al contrario, Dio può, con i miracoli, cambiare le leggi della natura, evitando le sofferenze e la morte di un uomo, o l’ecatombe di una città, può anche decidere che sia meglio, che un uomo o una città perisca come insegnano, in innumerevoli passi, le Sacre Scritture.

E poi: se chi ricopre una carica pubblica, non può ricordare le verità perenni della fede cattolica, dovrebbero allora essere radiati dalle università e dalle scuole tutti i docenti che credono nei dogmi “anti-scientifici” dell’Immacolata Concezione o della transustanziazione, anche se ne parlano da privati cittadini, come io ho fatto ricordando, in una radio cattolica, l’esistenza della Divina Provvidenza. Il fatto è che il mondo cattolico ha perso il senso cristiano della storia e muore d’inedia spirituale e culturale mentre l’Islam e altre religioni avanzano alla conquista dell’Occidente. Chi crede ancora in Dio, chieda oggi con forza il suo aiuto!».

Un nuovo paganesimo è di fronte a noi, molto forte, molto feroce perché subdolo e millantatore, imbevuto di miele e moine, il quale con le armi del potere cerca di piegare o tacitare chi resta incollato alla Fede; ma sappiamo che Maria Santissima intercede presso Dio, non abbandonando i perseveranti e sappiamo anche che Golia venne vinto da Davide con una semplice fionda, perché Dio era con lui.

Cristina Siccardi



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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09/03/2012 11:46
 
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[SM=g1740733]Tratto da questo thread dove troverete il testo integrale sull'Inferno, Paradiso e Purgatorio


- la misericordia di Dio, infine, non consiste affatto in ciò: che Dio non punisca il male e che non dia la retribuzione adeguata; la Sua Misericordia consiste nel dar tempo al peccatore di far penitenza, di pentirsi, nell'aiutarlo ad emendarsi, nell'accoglierlo come il Figliol Prodigo. Acciocché Dio perdonasse i dannati, sarebbe quindi necessario che si pentissero e s'emendassero, e a ciò bisognerebbe che tornassero ad essere com'erano quando hanno peccato; ma abbiamo una sola vita da vivere e Dio non sbaglia nel Suo giudizio, colui che muore ha terminato la sua corsa terrena, ha terminato il suo tempo, Dio non commette errori: se in quell'anima c'era un seme di pentimento Egli lo avrà di certo accolto, ma se in quell'anima non c'era ombra di pentimento, anche tornando indietro egli non si pentirebbe per il semplice fatto che si dolerebbe non del male commesso ma per le conseguenze che troverebbe dopo morto, la misericordia di Dio non può accoglierli e giustificarli "dopo" aver provato perché Egli ci ha dato questo tempo della vita nella quale sperimentare la Sua misericordia e la Sua giustizia, la Sua bontà e la Sua infinita pazienza, questo è il tempo della Sua misericordia, ion questo tempo ha mandato il Suo Unigenito, dopo è il tempo della Sua giustizia.

L'eternità delle pene infernali è anche un postulato della stessa umana ragione, la quale deve ammettere un termine finale alla lotta fra il vizio e la virtù, e un abisso che separi definitivamente il male dal bene. Imperciocché le pene infernali non sono date a tutti i dannati in eguale maniera, la misericordia, la giustizia di Dio tengono conto delle differenze dei peccati commessi e sono proporzionate al reato: "Quantum glorificavit se et in deliciis fuit, tantum date illi tormentum et luctum. / Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso, restituiteglielo in tanto tormento e afflizione". (Apoc.18,7).


[SM=g1740771] 



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31/12/2012 13:04
 
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"la Misericordia inizia con la denuncia del peccato": Editoriale di “Radicati nella fede” n° 1 Gennaio 2013

 

LA FALSA ALTERNATIVA
DELLA MEDICINA DELLA MISERICORDIA
Editoriale di “Radicati nella fede” n° 1 Gennaio 2013

Pare che oggi sia scomparsa dalla Chiesa la condanna del peccato.

Non diciamo che non si dichiari più che questo o quello sia peccato; diciamo solo che lo si fa così timidamente e dolcemente da sembrare, anche per la Chiesa, una questione non grave. Sì, generalmente oggi si fa così. Se si dice ancora che un'azione è peccato, parte subito tutta un’opera di addolcimento dell'accusa, per non spaventare il peccatore, per accoglierlo comunque, dicendo subito che la misericordia vince. Ma la misericordia di Dio la si comprende bene solo se si coglie tutta la gravità del peccato. Oggi ormai ha vinto questa linea nella Chiesa, disastrosa dal punto di vista della cura delle anime, disastrosa per la pastorale, come si suol dire oggi.

Non è solo il mondo ad aver fatto il disastro morale di oggi, troppo comodo incolpare solo quelli di fuori! Siamo noi che non abbiamo più parlato con chiarezza della gravità del peccato, del peccato mortale, del pericolo dell'anima che muore in stato di impenitenza finale. Siamo noi che abbiamo “scherzato”, parlando di peccato e di misericordia (quasi fosse questa una concessione preventiva al tradimento di Dio), non aiutando le anime nel ravvedimento e nel vivere secondo Dio. Vivere nel peccato vuol dire perdere la vita. Non abbiamo più detto che il peccato dispiace a Dio, che rovina l'esistenza quaggiù e chiude il Paradiso. Non abbiamo più parlato di dolore del peccato, di contrizione, e poi ci stupiamo che non ci si confessi più!

Il nuovo corso è iniziato quando si è cominciato a dire che la Chiesa (“moderna”) preferisce la medicina della misericordia a quella della condanna. Si è addirittura fatto un Concilio per dire che non si voleva condannare più l’errore. Si è d'autorità deciso, per esempio, di tacere sul male “religioso” del '900, il comunismo ateo con tutti i suoi errori ed orrori.

Invece la Chiesa, nel passato, non distinse mai la misericordia dalla condanna del peccato! Sono entrambe azioni necessarie nell'opera di Dio, nell'opera di salvezza delle anime: la condanna seria del peccato apre l'anima alla possibilità del dolore che salva; la misericordia dona la grazia del perdono, a chi la domanda.

Terminiamo con una pagina di J. H. Newman, dell'Apologia pro vita sua, dove, parlando dell'Infallibilità della Chiesa, la introduce così:

Anzitutto, la dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell'umanità. L'uomo si è ribellato al suo Creatore. Questa ribellione ha provocato l'intervento divino; e la denuncia della ribellione dev'essere il primo atto del messaggio accreditato da Dio. La Chiesa deve denunciare la ribellione come il più grave di tutti i mali possibili. Non può scendere a patti; se vuole essere fedele al suo Maestro, deve bandirla e anatemizzarla. [...]

La Chiesa cattolica pensa sia meglio che cadano il sole e la luna dal cielo, che la terra neghi il raccolto e tutti i suoi milioni di abitanti muoiano di fame nella più dura afflizione per quanto riguarda i patimenti temporali, piuttosto che una sola anima, non diciamo si perda, ma commetta un solo peccato veniale, dica una sola bugia volontaria o rubi senza motivo un solo misero centesimo.”

Ecco come il beato Newman, erroneamente considerato come precursore del Vaticano II, fa eco alla grande Tradizione della Chiesa, che anche sugli aspetti morali è di semplice ed estrema chiarezza. Altro che le elucubrazioni pastorali di oggi che hanno prodotto parrocchie dove la maggioranza dei fedeli vive strutturalmente in peccato mortale.

Ascoltiamo Newman, ascoltiamo la Chiesa: la Misericordia inizia con la denuncia del peccato, dicendone tutta la sua gravità.



Fraternamente CaterinaLD

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27/01/2013 22:17
 
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[SM=g1740758] LA MISERICORDIA DI DIO E' PER CHI LO TEME


ABUSO DELLA DIVINA MISERICORDIA


Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit? (Rom 2,4)

PUNTO I

Si ha nella parabola della zizania in S. Matteo (Matth 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: "Vis, imus, et colligimus ea?". Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: "In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum". Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa co' peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino che in due modi il demonio inganna gli uomini: "Desperando, et sperando". Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l'anima al peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno: "Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam". Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense, può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?

Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori voglion peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. "Bonus est Deus, faciam quod mihi placet", ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino. Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.

Non dire, dice il Signore: Son grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. "Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur" (Eccli 5,6). Nol dire, dice Dio; e perché? "Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius"
 (Eccli 5,7). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti.
 Dio è misericordioso ma è ancora giusto. "Ego sum iustus, et misericors", disse il Signore un giorno a S. Brigida; "peccatores tantum misericordem me existimant".
I peccatori, scrive S. Basilio, voglion considerare Dio solo per metà: "Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare".
Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P. M. Avila che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa. "Et misericordia eius timentibus eum", come cantò la divina Madre.
Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino) Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: "Qui verus est in promittendo, verus est in minando".

Guardati, dice S. Gio. Grisostomo, quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; "Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur". Guai, soggiunge S. Agostino, a chi spera per peccare: "Sperat, ut peccet; vae a perversa spe".
 Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo, questa vana speranza. "Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit".
Povero chi s'abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo! Dice S. Bernardo che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo.
Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia.
Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesù Cristo: "Fidit in lenitate magistri". In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre.
Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: "Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam" (Matth 7,13).

Chi offende Dio colla speranza del perdono, "irrisor est non poenitens", dice S. Agostino.
 Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: "Deus non irridetur" (Galat 6,7).
Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. "Quae enim seminaverit homo, haec et metet" (Galat 6,7).

 Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt'i peccati vi salverete.

Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. "Maledictus homo qui peccat in spe". La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l'abbominio di Dio: "Et spes illorum abominatio" (Iob 11,20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome irriterebbe il padrone quel servo che l'offendesse, perché il padrone è buono.

PUNTO II

Dirà taluno, Dio m'ha usate tante misericordie per lo passato, così spero che me l'userà per l'avvenire. Ma io rispondo: E perché t'ha usate tante misericordie, per questo lo vuoi tornare ad offendere? Dunque (ti dice S. Paolo) così tu disprezzi la bontà e la pazienza di Dio? Nol sai che 'l Signore ti ha sopportato sinora; non già a fine che tu lo segui ad offendere, ma acciocché piangi il mal fatto? "An divitias bonitatis eius, et patientiae contemnis? Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit?" (Rom 2,4).
Quando tu fidato alla divina misericordia non vuoi finirla, la finirà il Signore. "Nisi conversi fueritis, arcum suum vibrabit" (Ps 7). "Mea est ultio et ego retribuam in tempore" (Deut 32,35).
Dio aspetta ma quando giunge il tempo della vendetta, non aspetta più e castiga.

"Propterea exspectat Dominus, ut misereatur vestri" (Is 30,18).
Dio aspetta il peccatore, acciocché si emendi: ma quando vede che quegli del tempo, che gli è dato per piangere i peccati, se ne serve per accrescerli, allora chiama lo stesso tempo a giudicarlo. "Vocavit adversum me tempus"
(Thren 1,15). S. Gregorio: "Ipsum tempus ad iudicandum vertit".
Sicché lo stesso tempo dato, le stesse misericordie usate serviranno per farlo castigare con più rigore e più presto abbandonare. "Curavimus Babylonem, et non est sanata, derelinquamus eam" (Ier 51,9).

E come Dio l'abbandona? O gli manda la morte, e lo fa morire in peccato; o pure lo priva delle grazie abbondanti, e lo lascia colla sola grazia sufficiente, colla quale il peccatore potrebbe sì bene salvarsi ma non si salverà. La mente accecata, il cuore indurito, il mal abito fatto renderanno la sua salvazione moralmente impossibile; e così resterà, se non assolutamente, almeno moralmente abbandonato.
"Auferam sepem eius, et erit in direptionem" (Is 5,5). Oh che castigo! Che segno è, quando il padrone scassa la siepe, e permette che nella vigna v'entri chi vuole, uomini e bestie? è segno che l'abbandona.
Così fa Dio, quando abbandona un'anima, le toglie la siepe del timore, del rimorso di coscienza, e la lascia nelle tenebre; ed allora entreranno in quell'anima tutti i mostri de' vizi. "Posuisti tenebras, et facta est nox, in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae" (Ps 103,20).
E 'l peccatore abbandonato che sarà in quell'oscurità, disprezzerà tutto, grazia di Dio, paradiso, ammonizioni, scomuniche; si burlerà della stessa sua dannazione. "Impius, cum in profundum peccatorum venerit, contemnit" (Prov 18,3).

Dio lo lascerà in questa vita senza castigarlo, ma il non castigarlo sarà il suo maggior castigo. "Misereamur impio, et non discet iustitiam" (Is 26,10).
Dice S. Bernardo su questo testo: "Misericordiam hanc ego nolo; super omnem iram miseratio ista". Oh qual castigo è quando Dio lascia il peccatore in mano del suo peccato, e par che non gliene domandi più conto! "Secundum multitudinem irae suae non quaeret" (Ps 9). E sembra che non sia con lui sdegnato. "Auferetur zelus meus a te, et quiescam, nec irascar amplius" (Ez 16,42).
E par che lo lasci a conseguir tutto ciò che desidera in questa terra. "Et dimisi eos secundum desideria cordis eorum" (Ps 80). Poveri peccatori, che in questa vita son prosperati! È segno che Dio aspetta a renderli vittime della sua giustizia nella vita eterna. Dimanda Geremia: "Quare via impiorum prosperatur?" (Ier 12,1).
E poi risponde: "Congregas eos quasi gregem ad victoriam".
Non v'è castigo maggiore, che quando Dio permette ad un peccatore che aggiunga peccati a peccati, secondo quel che dice Davide: "Appone iniquitatem super iniquitatem... deleantur de libro viventium" (Ps 66,28). Sul che dice il Bellarmino: "Nulla poena maior, quam cum peccatum est poena peccati". Meglio sarebbe stato per talun di quest'infelici, che il Signore l'avesse fatto morire dopo il primo peccato; perché, morendo appresso, avrà tanti inferni, quanti peccati ha commessi.

PUNTO III

Si narra nella vita del P. Luigi la Nusa che in Palermo v'erano due amici; andavano questi un giorno passeggiando, uno di costoro chiamato Cesare ch'era commediante, vedendo l'altro pensoso: Quanto va, gli disse, che tu sei andato a confessarti, e perciò ti sei inquietato?
Senti (poi gli soggiunse), sappi che un giorno mi disse il Padre la Nusa che Dio mi dava 12 anni di vita, e che se io non mi emendava tra questo tempo, avrei fatta una mala morte.
Io ho camminato per tante parti del mondo, ho avute infermità, specialmente una che mi ridusse all'ultimo, ma in questo mese in cui si compiscono i 12 anni mi sento meglio che in tutto il tempo della vita mia.
 Indi l'invitò di venire a sentire il sabato una nuova commedia da lui composta. Or che avvenne? nel sabato, che fu a' 24 di novembre del 1668, mentre stava egli per uscire in iscena, gli venne una goccia, e morì di subito, spirando tra le braccia d'una donna anche commediante, e così finì la commedia.
Or veniamo a noi. Fratello mio, quando il demonio vi tenta a peccare di nuovo, se volete dannarvi, sta in arbitrio vostro il peccare, ma non dite allora, che volete salvarvi; mentre volete peccare, tenetevi per dannato, e figuratevi che allora Dio scriva la vostra condanna, e vi dica: "Quid ultra debui facere vineae meae, et non feci?" (Is 5,4). Ingrato, che più io dovea fare per te, e non ho fatto? Or via, giacché vuoi dannarti, sii dannato, è colpa tua.

Ma dirai: E la misericordia di Dio dov'è? Ahi misero, e non ti pare misericordia di Dio l'averti sopportato per tanti anni con tanti peccati? Tu dovresti startene sempre colla faccia a terra ringraziandolo e dicendo: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumti" (Thren 3).
 Tu facendo un solo peccato mortale, hai commesso un delitto più grande, che se ti avessi posto sotto i piedi il primo monarca della terra; tu n'hai commessi tanti, che se l'ingiurie ch'hai fatte a Dio, l'avessi fatte ad un tuo fratello carnale, neppure ti avrebbe sopportato;
Dio non solo ti ha aspettato, ma ti ha chiamato tante volte, e ti ha invitato al perdono. "Quid ultra debui facere?". Se Dio avesse avuto bisogno di te, o se tu gli avessi fatto qualche gran favore, poteva egli usarti maggior pietà? Posto ciò, se tu di nuovo tornerai ad offenderlo, farai che tutta la sua pietà si muti in furore e castigo.

Se quella pianta di fico trovata dal padrone senza frutto, dopo l'anno concesso a coltivarla, neppure avesse renduto alcun frutto, chi mai avrebbe sperato che il Signore l'avesse dato più tempo e perdonato il taglio?
Senti dunque ciò che ti avverte S. Agostino: "O arbor infructuosa, dilata est securis, noli esse secura, amputaberis". Il castigo (dice il santo) ti è stato differito, ma non già tolto, se più ti abuserai della divina misericordia, "amputaberis", finalmente ti taglierà.
 Che vuoi aspettare, che proprio Dio ti mandi all'inferno? Ma se ti ci manda, già lo sai che non vi sarà poi più rimedio per te. Il Signore tace, ma non tace sempre; quando giunge il tempo della vendetta, non tace più. "Haec fecisti, et tacui. Existimasti inique, quod ero tui similis?
 Arguam te, et statuam contra faciem tuam" (Ps 49,21).

Ti metterà avanti le misericordie che ti ha usate, e farà ch'elle stesse ti giudichino e ti condannino.




Sant'Alfonso Maria dè Liguori
 da "Apparecchio alla morte - Considerazioni sulle massime eterne"


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03/08/2013 12:24
 
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La Chiesa, il primo agosto, ricorda Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il vescovo napoletano che seppe penetrare così bene il cuore dei poveri del 1700. Per lui, compositore del celebre canto natalizio ‘Tu scendi dalle stelle’, l’Incarnazione del Verbo era il modello da seguire per una Chiesa che voglia essere la Sposa di un Dio vicino al suo popolo.

E uno dei grandi temi affrontati da Papa Francesco nel suo viaggio apostolico a Rio de Janeiro è stato proprio quello di una Chiesa che vive in mezzo alla gente, una Chiesa materna e misericordiosa. Riascoltiamo, in questo servizio di Sergio Centofanti, alcune parole pronunciate dal Papa in occasione della sua visita in Brasile:


Questo è “il tempo della misericordia” – ha detto con forza Papa Francesco - la Chiesa “deve andare a curare i feriti”, deve “trovare una misericordia per tutti … ma non solo aspettarli: andare a cercarli! Questa è la misericordia” (Conversazione in aereo, 28 luglio).
Per questo è fondamentale la vicinanza della Chiesa, "perché la Chiesa è madre, e non conosciamo una madre per corrispondenza. La madre … ci coccola, ci tocca, ci bacia, ci ama. Quando la Chiesa, impegnata con mille cose, trascura questa vicinanza, trascura ciò e comunica solo con i documenti, è come una madre che comunica con suo figlio con le lettere”. Spesso manca questa “prossimità” (Intervista alla tv Brasiliana ‘O Globo’, 28 luglio).

Per il Papa, ci vuole una Chiesa “più facilitatrice della fede che controllore della fede”. Invece, a volte, ci sono “pastorali ‘lontane’, pastorali disciplinari che privilegiano i principi, le condotte, i procedimenti organizzativi... ovviamente senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la ‘rivoluzione della tenerezza’ che provocò l’incarnazione del Verbo. Vi sono pastorali impostate con una tale dose di distanza che sono incapaci di raggiungere l’incontro: incontro con Gesù Cristo, incontro con i fratelli”. “Come sono le nostre omelie? – domanda il Papa - Ci avvicinano all’esempio di nostro Signore, che ‘parlava come chi ha autorità’ o sono meramente precettive, lontane, astratte?”. (Discorso al Comitato di coordinamento del Celam, 28 luglio).

“Forse – ha sottolineato Papa Francesco - abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore”. “A volte, perdiamo coloro che non ci capiscono perché abbiamo disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente. Senza la grammatica della semplicità” – osserva - la nostra missione “è destinata al fallimento”. Forse la Chiesa è apparsa “troppo lontana” dai bisogni della gente, “forse troppo fredda … forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi”. (Discorso all’Episcopato brasiliano, 27 luglio)

Serve, invece – ha detto il Papa - una Chiesa che sappia dialogare con quanti “vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso”. “Serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle … una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio. Gesù diede calore al cuore dei discepoli di Emmaus. Vorrei – ha proseguito il Papa - che ci domandassimo tutti, oggi: siamo ancora una Chiesa capace di riscaldare il cuore?”. (Discorso all’Episcopato brasiliano, 27 luglio)


In un mondo in cui tutto è sempre più veloce “si avverte una disperata necessità di calma, vorrei dire di lentezza. La Chiesa, – domanda ancora Papa Francesco - sa ancora essere lenta: nel tempo, per ascoltare, nella pazienza, per ricucire e ricomporre? O anche la Chiesa è ormai travolta della frenesia dell’efficienza? Recuperiamo – esorta il Pontefice - la calma di saper accordare il passo con le possibilità dei pellegrini, con i loro ritmi di cammino, la capacità di essere sempre vicini per consentire loro di aprire un varco nel disincanto che c’è nei cuori, così da potervi entrare”. “Serve, allora, una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia – conclude Papa Francesco - c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di ‘feriti’, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore”. (Discorso all’Episcopato brasiliano, 27 luglio)

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e mi raccomando, senza dimenticare l'insegnamento della Chiesa sull'autentica Misericordia di Dio.... cliccate qui dove San Cipriano la spiega benissimo.....



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[Modificato da Caterina63 09/08/2013 13:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/09/2014 19:06
 
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  MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

P. Cavalcoli rincara la dose sulla misericordia del cardinale Kasper

 
 
 
 
In un recente articolo apparso inwww.chiesa il Padre Serafino Lanzetta manifesta alcune osservazioni critiche al libro del Card. Kasper “Misericordia. Concetto fondamentale del Vangelo – Chiave della vita”.
 
Dato che il libro di Kasper tocca alcuni temi teologici e morali di grande importanza e attualità, ho ritenuto bene riprendere e sviluppare le sagge annotazioni dell’illustre teologo francescano.
 
Innanzitutto dobbiamo condividere l’idea di Kasper che il tema della divina misericordia è una grande medicina per guarire dall’ateismo, ma non per il motivo addotto da Kasper, secondo il quale Dio non castiga ma usa solo misericordia, per cui, dopo Auschwitz, dovremmo abbandonare l’idea di un Dio che punisce.
 
In realtà, l’idea di Kasper è sbagliata, perché nella Scrittura l’attributo divino della giustizia punitiva è evidentissimo. Si tratta solo di intenderlo nel senso giusto, non come azione divina positiva tesa a recare pena o dolore al reo, ma si tratta di un’espressione metaforica presa dalla comune condotta umana, per significare il fatto che è il peccatore stesso col suo peccato a tirarsi addosso la punizione, così come per esempio chi eccede nel bere è “punito” con la cirrosi epatica. Questo è chiarissimo nella Bibbia. La morte non è qualcosa che consegue al peccato per un irrazionale o casuale intervento divino, ma è la conseguenza logica e necessaria del peccato, così come chi ingerisce un veleno necessariamente muore.


Kasper poi loda Lutero per il fatto che questi nel passo della Lettera ai Romanidove Paolo parla della “giustizia divina” (3,21), non intende la giustizia punitiva, ma l’azione misericordiosa di Dio, per la quale noi siamo “giustificati gratuitamente per la sua grazia” (v.24), “per mezzo della fede in Gesù” (v.22). 
 
Giustissimo, senonchè però non sempre nella Bibbia la giustizia divina ha questo senso, ma in molti altri luoghi appare chiaramente come giustizia punitiva, anche se nel senso suddetto. Del resto è ben noto quanto Lutero manteneva il concetto della punizione divina, ammettendo, con la tradizione cattolica, l’esistenza del diavolo e di dannati nell’inferno.
 
In base a ciò, dobbiamo dire che è falsa l’affermazione di Kasper secondo la quale, con l’avvento di Cristo, “Dio ha messo definitivamente a tacere la propria ira e ha fatto spazio al suo amore e alla sua misericordia” (p. 103). Sono infatti notissimi tutti gli insegnamenti di Cristo circa l’esistenza dei dannati[1] e i passi nei quali Egli redarguisce con molta severità suoi avversari.
 
Indubbiamente c’è da ricordare che l’“ira divina” è un’espressione metaforica per esprimere appunto la giustizia divina. È infatti evidente che in Dio, purissimo Spirito, non esistono passioni e emozioni. L’ira divina è semplicemente la condizione penosa del peccatore privo della grazia e nemico di Dio. Dio non è nemico di nessuno. Egli, come dice S.Agostino, non ti abbandona, se non sei tu ad abbandonarLo.
 
La distinzione in Dio fra giustizia e misericordia non si fonda sull’essenza divina, né è proprietà necessaria di tale essenza, ma suppone l’esistenza del mondo, che Dio, se avesse voluto, poteva anche non creare. Infatti, mentre la misericordia è atto dell’amore gratuito di Dio per l’uomo peccatore, per cui questi viene da Dio indotto al pentimento e una volta pentito viene perdonato, sicchè, avendo recuperato la grazia, può compiere opere meritorie per la salvezza, la giustizia divina, come ho già detto, non è un atto positivo di Dio, ma è la giusta e logica conseguenza del peccato.
 
In questa luce e in questo senso la Bibbia dice che Dio premia i buoni e castiga i malvagi, confermando un’insopprimibile esigenza universale della coscienza morale naturale di ogni uomo onesto e leale. Diversamente, che senso avrebbero gli ordinamenti e gli istituti penali dello Stato e della Chiesa? Ci sarebbe la legge della giungla, dove il forte si mangia il debole e ciascuno non farebbe altro che voler prevalere sugli altri.
 
Se Dio non punisse i malvagi sarebbe ingiusto, anche se è vero che Egli mostra il suo amore facendo misericordia. Tuttavia la vera misericordia non si attua a scapito della giustizia, ma operando, come dice giustamente Padre Serafino, meglio e al di sopra della giustizia, che comunque va sempre rispettata. Se un peccatore è perdonato e non è punito, ciò non è ingiusto, ma è un’opera divina.
 
Non si deve opporre l’amore alla giustizia. Esiste infatti e deve esistere un amore per la giustizia. La punizione o l’uso della forza in se stessi non sono peccato, ma lo sono quando la pena è ingiusta, o troppo mite o troppo severa, e quando si usa la forza non in difesa del bene, ma per fare il male. Occorre dunque odiare l’ingiustizia e praticare la giustizia imitando la stessa giustizia divina.
 
L’impassibilità divina, come giustamente osserva P.Serafino, non è non so quale freddezza o durezza di cuore, ma significa semplicemente l’inviolabilità della natura divina e il fatto che non può essere privata di nulla e nulla le può mancare.
 
L’idea di un Dio solo misericordioso, che non punisce nessuno, non solo non risolve il problema dell’ateismo, ma lo esaspera. Infatti, la misericordia come tale allevia la sofferenza e solleva dalla miseria, le quali invece, in linea di principio, anche se non caso per caso, sono alla lontana, anche negli innocenti e nei santi, castigo del peccato originale e forse anche dei peccati personali o di quelli di coloro che ci fanno soffrire. 
 
Ebbene, se dovesse restare solo la misericordia senza la giustizia, allora tutte le pene di questa vita dovrebbero essere effetto della misericordia divina, cosa evidentemente assurda, che ci farebbe sentire beffati da un Dio di tal fatta. E’ vero che se viviamo le nostre pene quotidiane in unione a Cristo crocifisso, sperimentiamo la misericordia divina, non però per un’assurda confusione tra punizione e misericordia, ma perché in Cristo possiamo espiare le nostre colpe per puro dono della divina misericordia.
 
È ovvio che la tragedia di Auschwitz conduce a chiederci che ne fu allora dell’onnipotenza e della bontà divine. Perché Dio non è intervenuto o non ha impedito? Se ammettiamo la Scrittura come Parola di Dio, l’unica risposta ci viene dalla fede: perché Dio ha voluto invitare il suo Popolo a partecipare ai dolori del Messia. 
 
L’invito di Kasper alla speranza che simili cose non si ripetano più è giusto, ma intanto il credente non deve spiegare solo il futuro, ma anche il passato e il presente e fuori di Cristo non c’è spiegazione al mistero del male, del peccato e della sofferenza.
 
Quanto poi sostiene Kasper secondo il quale Kant avrebbe dimostrato l’impossibilità di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio mediante il principio di causalità partendo dalle cose del mondo, è una tesi assolutamente falsa, che contrasta sia con la ragione naturale e ancor più con gli insegnamenti della Chiesa, per esempio col Concilio Vaticano I, basati sulla stessa Sacra Scrittura (Cf Rm 1,19-20 e Sap 13,5).
 
Inoltre, grave calunnia contro la metafisica è l’accusa di Kasper secondo la quale la dottrina metafisica dell’Ipsum Esse, peraltro ricavata da S.Tommaso d’Aquino da Es 3,14, escluderebbe dagli attributi divini la misericordia: tesi falsissima, dato che la misericordia, dal punto di vista metafisico, non è altro che la manifestazione e l’attuazione dell’infinita bontà divina, attributo che la metafisica deduce dal trascendentale del bonum, in quanto sommo analogato della nozione del bene.
 
Altro grave errore teologico di Kasper è il credere che la misericordia è la proprietà fondamentale di Dio, (p.137), quasi fosse un attributo della sua stessa essenza. E giunge ad affermare che “la misericordia è la perfezione dell’essenza di Dio” (p. 105), come se Dio si dovesse perfezionare nell’esercizio della misericordia. 
 
Ora, dobbiamo dire che, essendo la misericordia legata all’azione divina nei confronti del mondo e poiché il mondo non fa parte dell’essenza divina, né Dio lo ha creato necessariamente o per essenza, anche la misericordia non entra necessariamente nell’essenza divina, per cui questa non si perfeziona affatto, in quanto Dio, essendo già di per sé perfezione infinita, non ha assolutamente bisogno di perfezionarsi o di essere perfezionato.
 
Per quanto poi riguarda la speranza della salvezza, la Bibbia non dice da nessuna parte che dobbiamo sperare la salvezza di tutti, come crede von Balthasar ripreso da Kasper, ma al contrario insegna chiarissimamente che non tutti si salvano, per quanto non sia affatto proibito ma anzi è doveroso pregare per la salvezza dei peccatori, finchè sono in vita. Viceversa io ho il dovere di sperare nella mia salvezza, fondando tale speranza su di un assiduo impegno per la salvezza mia e degli altri.
 
Kasper non si spinge come per esempio Rahner a dirsi certo che tutti si salvano. La sua tesi è più morbida. Egli ritiene infatti che “Possiamo sperare nella salvezza di tutti, ma di fatto non possiamo sapere se tutti si salveranno” (p. 169). Tale idea non raggiunge però ancora quanto insegnano la Bibbia e il Magistero della Chiesa. Dottrina di fede è invece che non tutti si salvano (Concilio di Trento, Denz.1523 e Concilio di Quierzy dell’853, Denz. 623).
 
Altro grave errore teologico di Kasper, contrario al dogma cattolico, come lascia intendere Padre Lanzetta, è l’idea di un Dio sofferente. Certo, anche qui possiamo usare la metafora o la comunicazione degli idiomi, in quanto, per esempio, possiamo dire che Dio soffre in Cristo in quanto Cristo è uomo. 
 
Ma asserire la sofferenza nella natura divina è eresia. Certo Kasper tenta di sfuggire a questa grave conseguenza, ma esce in espressioni contradditorie, che non hanno senso, dicendo che in Dio la sofferenza sarebbe una perfezione e addirittura espressione della sua onnipotenza: “per la Bibbia… la con-sofferenza di Dio non è espressione della sua imperfezione, della sua debolezza e della sua impotenza, ma è espressione della sua onnipotenza… Egli non può quindi essere passivamente e contro la sua volontà colpito dal dolore, però nella sua misericordia si lascia sovranamente e liberamente colpire dal dolore” (pp. 184-185)[2].
 
Queste posizioni di Kasper, è vero, toccano solo la metafisica, la teologia e il dogma. Di recente si è fatto conoscere un Kasper che, in vista del prossimo sinodo dei vescovi sulla famiglia, a proposito del delicato problema dei divorziati risposati, ha manifestato, in nome della “misericordia”, idee che hanno incontrato opposizioni e critiche nell’ambito dello stesso collegio cardinalizio.
 
Il mio timore è che le tesi lassiste di Kasper siano la conseguenza delle deviazioni di fondo denunciate da me e da Padre Serafino. Inoltre, insultare la metafisica non è senza conseguenze nel campo della fede, del dogma e della morale. E la vicenda culturale e spirituale del Card.Kasper sembra esserne una prova conturbante ed istruttiva.
 
 
P. Giovanni Cavalcoli,OP
Fontanellato, 20 settembre 2014
 
 
[1] Al riguardo mi permetto di segnalare il mio libro L’inferno esiste. La verità negata, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2010. 
 
[2] Al riguardo mi permetto di segnalare i miei studi IL MISTERO DELL’IMPASSIBILITA’ DIVINA, Divinitas, 2, 1995, pp.111-167; LA QUESTIONE DELL’IMMUTABILITA’ DIVINA, in Rivista Teologica di Lugano, n.1, marzo 2011, pp.71-93. 




 
Osservazioni al testo su una pagina di FB:
http://catholicafides.blogspot.it/2014/09/p-cavalcoli-rincara-la-dose-sulla.html

Ho letto tutto, a tratti mi è risultato difficile capire, un po' arrovellati i concetti, su un punto non siete stati chiari, avete scritto che Dio, essendo purissimo spirito non conosce passione ed emozione, questo non è possibile, essendo Dio, il creatore anche delle passioni ed emozioni. Ma come si fa a pensare che di fronte alla crocifissione, del suo unico figlio, sia rimasto impassibile, privo di passione ed emozioni?

Risposta:
Francesca non facciamo confusioni ;-) esiste una DISTINZIONE netta e precisa tra le TRE PERSONE della SSma Trinità che non per nulla si chiama MISTERO per il quale non poca gente è uscita pazza per cercare di disvelarlo :-D
Dio Padre e Creatore è PURO SPIRITO, le emozioni e i sentimenti sono aspetti dell'umano, dell'essere CREATI e Dio NON è stato creato, neppure Gesù Cristo, lo diciamo nel Credo eh!
Gesù HA ASSUNTO l'umanità e con essa le emozioni e i sentimenti che vediamo, per esempio, nel pianto quando l'amico Lazzaro muore, o nel Getzemani.... è l'umanità acquisita che reagisce in Lui.
Dio invece è PURA BONTA' e non sentimento o emozioni....
Quando la Bibbia parla dell'IRA DIVINA non sta parlando di un aggettivo divino o di una sua emozione personale, o di una reazione istintiva...., ma di una delle AZIONI di Dio quando si trova in ASSENZA della bontà, o meglio ancora, in assenza della Sua GIUSTIZIA.
Dio, in sostanza, compie atti mossi dalla Sua giustizia e non dalle Sue emozioni come spesso accade per noi!
LE PASSIONI non sono "create" da Dio, ma fanno parte di quel pacchetto che ha origine dal PECCATO ORIGINALE (infatti San Paolo spiega che Gesù essendo purezza divina si è caricato il nostro peccato sulle spalle) mentre diciamo appunto che DIO E' AMORE, questo Amore allo stato puro e divino - attraverso il quale siamo creati e forniti di quella che chiamiamo "scintilla divina" che OPERA NEL BENE - non ha nulla a che vedere con le passioni umane....
Perciò, ai piedi della Croce, non possiamo immaginare un Dio Padre animato dalle nostre stesse emozioni ;-)
La stessa Vergine Maria, trapassata dalla spada dei dolori e corredentrice della Passione del Figlio, non reagisce come reagirebbe una qualsiasi Madre terrena..... Maria è l'icona stessa della SS.ma Trinità davanti a quel dolore, è icona stessa del Padre ai piedi della Croce.. la sofferenza del Padre e dello Spirito Santo non reagisce come reagiremo noi.
Infine certo che Dio non è rimasto insensibile, ma proprio perchè "Dio" Egli non è suscettibile alle nostre emozioni e passioni.
Basta andare al quadro del Getzemani dove è lì che si consuma il vero dramma del Cristo ;-)
La Croce è solo il compimento, l'atto finale di ciò che apparendo come tragedia si trasforma in vittoria, ma la chiave di lettura sta nel Getzemani, in quella donazione totale ed incondizionata: "Padre se puoi allontana da me questo calice, però non la mia, ma la tua volontà si compia", forse che il Cristo avesse una volontà dissociata dal Padre e dallo Spirito?
Ovvio che no!
Lei Francesca parla di difficoltà alla comprensione, e dice bene, ma proprio per questo parliamo di FEDE E MISTERO, mistero - per noi cristiani - non significa qualcosa di occulto ma semplicemente "andare oltre", il mistero cristiano ci invita ad andare oltre i nostri sensi e le nostre emozioni come ha fatto Gesù nel Getzemani e come Maria ai piedi della Croce ;-)




 

[Modificato da Caterina63 25/09/2014 10:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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