QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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I PADRI NELLA LITURGIA - ANNO B

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 12:16
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22/09/2009 09:53

I DOMENICA DI AVVENTO

 

Letture:         Isaia 63,16b-17; 64,1.3b-8

         1 Corinti 1,3-9

         Marco 13,33-37

 

1. La vigilanza cristiana

 

         "State attenti! Vegliate e pregate, perché non sapete quando verrà il momento" (Mc 13,33-34).

         «E` come un uomo che, partito per un lungo viaggio, ha lasciato la sua casa e ha conferito ai suoi servi l`autorità di compiere le diverse mansioni, e ordini al guardiano di vigilare. Chiaramente rivela il perché delle parole: «Riguardo poi a quel giorno o a quell`ora nessuno sa nulla, né gli angeli che sono in cielo, né il Figlio, ma solo il Padre". Non giova agli apostoli saperlo affinché, stando nell`incertezza, credano con assidua attesa che stia sempre per venire quel giorno di cui ignorano il momento dell`arrivo. Inoltre non ha detto "noi non sappiamo" in quale ora verrà il Signore, ma "voi non sapete" (cf. Mt 24,42). Coll`esempio del padrone di casa spiega con maggiore chiarezza perché taccia sul giorno della fine. Questo è quanto dice:

         "Vigilate dunque; non sapete infatti quando viene il padrone di casa, se di sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se di mattina; questo affinché, venendo all`improvviso, non vi trovi a dormire (Mc 13,35-36).

         «L`uomo - che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, - non v`è dubbio che sia Cristo, il quale, ascendendo vittorioso al Padre dopo la risurrezione, ha abbandonato col suo corpo la Chiesa, che tuttavia mai è abbandonata dalla sua divina presenza poiché egli rimane in lei per tutti i giorni fino alla fine dei secoli. Il luogo proprio della carne è infatti la terra, ed essa viene guidata come in un paese straniero quando è condotta e alloggiata in cielo dal nostro Redentore» (cf. Mt 28,20).

         Egli ha dato ai suoi servi l`autorità per ogni mansione, in quanto ha donato ai suoi fedeli, con la grazia concessa dello Spirito Santo, la facoltà di compiere opere buone. Ha ordinato poi al guardiano di vegliare, in quanto ha stabilito che incombe alla categoria dei pastori e delle guide spirituali di prendersi cura con abile impegno della Chiesa loro affidata.

         "Ciò che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate!" (Mc 13,37).

         Non solo agli apostoli e ai loro successori, che sono le guide della Chiesa, ma anche a tutti noi ha ordinato di vigilare. Ha ordinato a tutti noi con insistenza di custodire le porte dei nostri cuori, per evitare che in essi irrompa l`antico nemico con le sue malvagie suggestioni. Ed affinché il Signore, venendo, non ci trovi addormentati, dobbiamo tutti stare assiduamente in guardia. Ciascuno infatti renderà a Dio ragione di se stesso.

         «Ma veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza. Per questo Paolo dice: Vegliate giusti e non peccate; e aggiunge E` ormai il momento di destarci dal sonno» (cf.1Cor 15,34; Rm 13,11).

 

         (Beda il Vener., In Evang. Marc., 4, 13, 33-37)

 

 

2. Ascoltare vigilanti la parola di Dio

 

         Veglia, quindi, in questa notte, tanto il mondo ostile, quanto il mondo riconciliato. Questo, veglia per lodare, liberato, il proprio medico; quello, condannato, per abbandonarsi alla bestemmia. Veglia questo, fervido e luminoso nei pii pensieri; quello digrignando i denti e struggendosi per la rabbia. Finalmente, a questo la carità, a quello l`iniquità; a questo il cristiano vigore, a quello il diabolico livore, mai permetterebbero di dormire in questa solennità.

         Persino dai nostri incoscienti nemici, veniamo dunque ammoniti circa il modo di vegliare per noi, se, a nostro vantaggio, vegliano financo coloro che ci invidiano.

         Questa notte, nondimeno, di tutti coloro che in alcun modo sono segnati nel nome di Cristo, tanti per dolore, molti per pudore, alcuni, poi, che, avvicinandosi alla fede, già piú non dormono per timore di Dio. In diversi modi li eccita invero questa solennità.

         Come dunque deve vegliare, nella gioia, l`amico di Cristo, allorché veglia, nel dolore, persino il nemico? Quanto conveniente, per chi è entrato a far parte di questa grande casa, è il vegliare in questa sua grande festività, allorché già veglia chi si dispone ad entrarvi!

         Vegliamo, dunque, e preghiamo, per solennizzare dentro e fuori questa vigilia. Dio ci parli nelle sue letture; a Dio parliamo nelle nostre orazioni. Se ascoltiamo obbedienti le sue parole, in noi abita colui che preghiamo.

 

         (Agostino, Sermo 219, passim)

 

 

3. Il giudizio di Dio è alle porte

 

         Se un uomo ti indicasse sulla terra un luogo sicurissimo per custodire il tuo tesoro, non esiteresti a seguirlo anche se ti conducesse in un deserto, e là tu deporresti questo tesoro con piena tranquillità. Ebbene, non gli uomini, ma Dio stesso ti offre questa sicurezza, non in un deserto, ma in cielo; eppure tu non vuoi ascoltarlo. Quand`anche i tuoi beni fossero qui in terra completamente al sicuro, non per questo cesseresti di vivere nell`inquietudine. Potresti infatti non perdere le tue ricchezze, ma non riusciresti certo a liberarti dalla preoccupazione e dal timore di perderle. Ma quando saranno custodite lassú, non avrai niente da temere. E non solo il tuo oro sarà perfettamente al sicuro, ma darà frutti. Il tuo denaro sarà cosi, nello stesso tempo, un tesoro e una semente. Anzi, sarà qualcosa di piú ancora. La semente non dura sempre: mentre il tuo oro, cosí moltiplicato, durerà eternamente. Il tesoro che tu sotterri quaggiú non germoglia né fruttifica; mentre, se lo depositi in cielo, produce frutti che non periranno mai.

         Se ora vieni a dirmi che occorre aspettare molto tempo, se lamenti il fatto che la ricompensa che riceverai non ti giungerà subito, ebbene io posso ben mostrarti e dirti quali sono i vantaggi che otterrai già in questo mondo se depositerai in cielo le tue ricchezze. Ma, senza soffermarmi su questo, mi sforzerò di convincerti dell`inutilità e della falsità del pretesto che adduci, servendomi proprio delle condizioni in cui viviamo in terra.

         Quante cose, infatti, tu cerchi di procurarti in questa vita, senza aver mai la possibilità di goderne! Se qualcuno ti accusasse per questo motivo, gli risponderesti che ti consideri sufficientemente consolato delle tue fatiche, pensando ai figli e ai nipoti. Se, nella piú avanzata vecchiaia, ti metti a costruire splendidi palazzi, che spesso la morte ti impedisce di terminare, se pianti alberi che daranno frutti solo molti anni dopo la tua morte, se acquisti poderi e un`eredità di cui diverrai proprietario solo dopo molto tempo, se, insomma, ti procuri altri simili beni di cui non potrai mai godere i frutti: ebbene, tutto questo lo fai per te, oppure per coloro che saranno vivi dopo di te? Non è dunque una completa follia non turbarsi in questi casi per il trascorrere del tempo quando esso è la causa che ci priverà della ricompensa delle nostre fatiche, e d`altra parte scoraggiarci e intorpidirci quando si tratta del cielo, per un rinvio che però servirà ad aumentare il tuo guadagno senza che i tuoi beni passino in mano d`altri e servirà a farti godere personalmente tutti i doni che ricevi?

         Pensa, inoltre, che questo rinvio non è affatto cosí lungo. Il giudizio di Dio è alle porte e non siamo certi che la fine di tutte le cose non venga nell`epoca in cui viviamo; non possiamo essere sicuri che non giunga tra poco il terribile giorno in cui vedremo quel tribunale così temibile e severo. Numerosi segni si sono già compiuti: il Vangelo è già stato annunziato a quasi tutta la terra, e le guerre, i terremoti, le carestie sono arrivati: quel giorno, perciò, non può essere molto lontano. Tu dici di non vedere questi segni: ebbene, proprio questa tua incredulità è il segno piú grande. Nessuno, al tempo di Noè, vide segni premonitori del diluvio, che portò la morte in tutto il mondo: mentre gli uomini non pensavano che a divertirsi, a banchettare, a sposarsi e a fare tutte le cose che erano soliti compiere, di colpo furono sorpresi da quella spaventosa inondazione, che fece giustizia di tutti i peccati. La stessa cosa accadde agli abitanti di Sodoma: mentre vivevano tra le delizie e non avevano il minimo sospetto di quanto stava per capitare loro, proprio in quel momento furono arsi vivi dai fulmini infocati che piombarono su loro.

         Ricordandoci di questi esempi, teniamoci sempre pronti a partire da questa vita. Anche se il giorno della fine comune non fosse cosí prossimo, il giorno della morte di ciascuno di noi, vecchi e giovani, è sempre alle porte. In quel momento non sarà piú possibile andare a comprar l`olio per accendere le nostre lampade e, nonostante le nostre preghiere, non potremo ottenere il perdono, anche se intercedessero per noi Abramo o Noè, Giobbe o Daniele (cf. Mt 25,1ss). Finché, dunque, ci resta un po` di tempo, dobbiamo usare in anticipo e copiosamente la facoltà di parlare e di chiedere grazie, dobbiamo procurarci olio abbondante e mettere tutto in deposito in cielo. Se faremo così, nel momento opportuno e quando ne avremo estremo bisogno, ritroveremo e potremo godere di tutti i beni; per la grazia e la misericordia di nostro Signore Gesú Cristo.

 

         (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 20, 5 s.)


I DOMENICA DI AVVENTO
Anno B

MISSALE  ROMANUM VETUS  ORDO
  

LETTURE: Is 63,16b-17.19b; 64,2-7; Sal 79; 1 Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
  

Dio viene come Redentore

Un Dio salvatore e redentore viene spesso in mente quando le cose vanno male o una situazione sembra insolubile. Ma è corretta una simile concezione di Dio e della sua manifestazione in mezzo a noi? E giusto chiedere alla sua onnipotenza di risolvere i nostri guai? Non è più dignitoso per l’uomo accettare la propria sconfitta e sfidare un destino avverso con le proprie forze, anziché ricorrere alla forza di Dio? Certo, una purificazione dell’immagine che abbiamo di Dio s’impone: ma l’affermazione della sua trascendenza non porta a concludere che egli non si interessi di noi in modo caldo, concreto, imprevedibile come l’amore. Egli è un «Dio degli uomini», non il Dio cosmico lontano e perfetto nel suo essere divino. Egli ha posto in noi la sua immagine e perciò la nostra identità non può prescindere dalla sua fisionomia: egli, che ci ha dato la vita, fa parte della nostra storia, e perciò il nostro avvenire non si compie che attuando i suoi progetti; egli ci ha creati liberi, e perciò non forza le nostre decisioni, ma interviene con dolcezza e aspetta con pazienza che accettiamo di dialogare con lui come persone.

Squarcerà i cieli e compirà prodigi
Se Dio è «padre», se è «redentore», perché permette circostanze così dolorose e tollera figli così disubbidienti? (v. 17). E’ l’eterna domanda della libertà umana sull’origine del male, che il profeta (prima lettura) non risolve; egli annuncia l’intervento di un Dio che squarcerà i cieli e compirà sulla terra prodigi e meraviglie che rimetteranno ogni cosa al suo posto castigando i nemici. Bisogna dunque affidarsi a Dio per uscire dalla sventura.
Troppe volte la nostra crescita si compie senza un riferimento esplicito a lui, la cui presenza discreta e piena di amore ci avvolge completamente; è sintomatico che siano soprattutto le situazioni di fallimento, di angoscia e di rimorso a condurci a lui, riconoscendolo creatore, padre e redentore. Al contrario, la prima richiesta che la liturgia di oggi presenta al Padre, richiama il fedele ad assumere un atteggiamento nuovo: «Suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo...» (colletta). Nella persona di Cristo, Dio si è manifestato a noi (seconda lettura) come colui che ha tanto a cuore gli uomini da partecipare al nostro destino dall’interno, e così diventare il Dio vicino e familiare (col rischio di non essere riconosciuto dai suoi), per rivelarci la nostra dignità. L’uomo-Dio «Cristo Gesù» ci riscatta accettando di essere totalmente disponibile al progetto di Dio, di non contare su di sé, di vivere il distacco da ogni sicurezza per lasciarsi invadere dal mistero di Dio ed essere in piena comunione con lui.

Verrà a salvarci per mezzo
del Figlio
«Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell’odio» (GS 9). Forse qualcuno può ancora pensare che il cervello elettronico celi nei suoi lobi meccanici la soluzione dei problemi che oggi angustiano la nostra civiltà: i rapporti lavoro-tempo libero, produzione-consumo, ricchezza-povertà, fecondità-mortalità, progresso tecnico-progresso sociale, autorità-libertà... Che bisogno c’è allora di un Redentore? Da che cosa dobbiamo essere redenti? Pensare così è il risultato di un ingenuo ottimismo: ogni giorno l’uomo si accorge di rinnovare la costruzione della torre di Babele: un frenetico edificare sulle sabbie mobili della divisione, del peccato, della morte.
Il cristiano riconosce Dio come Padre e Redentore, e afferma che la liberazione dal peccato e dal male non è possibile senza l’intervento di Dio. Ma da quando il Padre ha mandato suo Figlio fra gli uomini, il cristiano non aspetta più i prodigi di un Dio che ristabilisca l’ordine come dal di fuori. Egli sa che Dio agisce attraverso il Figlio; sa che il «Redentore» collabora con l’uomo e dà al suo inserimento nel mondo un significato di salvezza. Perché, come afferma Paolo (seconda lettura), «in lui (Gesù) siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza».

Vigilanti, nell’attesa della sua venuta
Se è così che Dio viene, è chiaro allora quale deve essere il nostro giusto atteggiamento: fidarci di Dio, disporre la nostra vita nella linea del servizio e della collaborazione al suo progetto; non arroccarci in ciò che è vecchio e collaudato; essere pronti alla perenne novità di Dio; non dormire, ma vegliare con amore per riconoscerlo nella sua continua venuta (vangelo). «Quando verrà di nuovo nello splendore della sua gloria» (I pref. dell’avvento), quando avrà termine la nostra avventura di «poveri», ci sarà svelato il vero volto e ci sarà data la piena comunione di vita con il nostro Dio, il Padre del Signore Gesù Cristo.
 

Le due venute di Cristo

Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)

Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca (cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.

[Modificato da (Gino61) 22/09/2009 11:52]
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II DOMENICA DI AVVENTO

II DOMENICA DI AVVENTO

 

Letture:         Isaia 40,1-5.9-11

         2 Pietro 3,8-14

         Marco 1,1-8

 

 

1. Il Verbo di Dio accolto dal cuore umano

 

         Un tempo "la parola di Dio veniva rivolta a Geremia, figlio di Elchia, membro della famiglia sacerdotale" (Ger 1,1), all`epoca di questo o di quell`altro re di Giuda; mentre ora «a Giovanni figlio di Zaccaria che si rivolge la parola di Dio», quella parola che non era mai stata rivolta ai profeti «nel deserto». Ma siccome «i figli della donna abbandonata» avrebbero dovuto abbracciare la fede «in numero maggiore dei figli della donna sposata» (cf. Gal 4,27; Is 54,1), è per questa ragione che «la parola di Dio fu rivolta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto».

         Osserva nello stesso tempo che il significato è più forte se si intende «deserto» nel senso spirituale, e non in quello letterale puro e semplice. Infatti colui che predica «nel deserto» spreca la sua voce invano, in quanto non c`è nessuno che lo sente parlare. Il precursore di Cristo, "la voce di colui che grida nel deserto", predica dunque nel deserto dell`anima che non ha pace. E non solo allora, ma anche oggi "è una lampada ardente e brillante" (Gv 5,35), che viene per prima "e annunzia il battesimo della penitenza per la remissione dei peccati". Poi viene "la luce vera" (Gv 1,9), quando la lampada stessa dice: "è necessario che egli cresca e io diminuisca" (Gv 3,30). La parola di Dio è proferita dunque "nel deserto, e si diffonde in tutta la regione circostante il Giordano". Quali altri luoghi avrebbe dovuto infatti percorrere il Battista, se non i dintorni del Giordano, per spingere al lavacro dell`acqua tutti coloro che volevano fare penitenza?...

         Troviamo nel profeta Isaia il passo dell`Antico Testamento or ora citato: "Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Is 40,3). Il Signore vuol trovare in voi una strada per poter entrare nelle vostre anime e compiere il suo viaggio: preparate dunque per lui la strada di cui sta scritto: «raddrizzate i suoi sentieri». «Voce di colui che grida nel deserto». C`è dunque una voce che grida: "Preparate la via". Dapprima infatti è la voce che giunge alle orecchie; poi, dopo la voce, o meglio insieme con la voce, è la parola che penetra nell`udito. E` in questo senso che Giovanni ha annunziato il Cristo.

         Vediamo dunque ciò che annunzia la voce a proposito della parola. Essa dice: «Preparate la via al Signore». Quale strada dobbiamo noi preparare al Signore? Si tratta di una strada materiale? La parola di Dio può forse seguire una simile strada? O non bisogna invece preparare al Signore una via interiore, e disporre nel nostro cuore delle strade dritte e spianate? E` attraverso questa via che è entrato il Verbo di Dio, che prende il suo posto nel cuore umano capace di accoglierlo.

         Grande è il cuore dell`uomo, spazioso, capace, semprech‚ sia puro. Vuoi conoscere la sua grandezza e la sua ampiezza? Osserva l`estensione delle conoscenze divine che esso contiene. E` esso che dice: "Egli mi ha dato una vera conoscenza di ciò che è; egli mi ha fatto conoscere la struttura del mondo, le proprietà degli elementi, l`inizio, la fine e lo svolgersi dei tempi, il cambiamento delle stagioni, la successione dei mesi, il ciclo degli anni, la posizione degli astri, la natura degli animali, la furia delle belve, la violenza degli spiriti e i pensieri degli uomini, le varietà degli alberi e la potenza delle radici" (Sap 7,17-20). Vedi dunque che non è affatto piccolo il cuore dell`uomo che abbraccia tutte queste cose. Devi intendere questa grandezza, non secondo le sue dimensioni fisiche, ma secondo la potenza del suo pensiero, che è capace di abbracciare la conoscenza di tante verità.

         Ma per portare gli uomini semplici a riconoscere la grandezza del cuore umano, prenderò qualche esempio dalla vita di tutti i giorni. Per quanto numerose siano le città che abbiamo visitato, noi le conserviamo tutte nel nostro spirito; le loro caratteristiche, la posizione delle piazze, delle mura, degli edifici restano nel nostro cuore. Conserviamo la strada che abbiamo percorso, disegnata e tracciata nella nostra memoria; serbiamo, chiuso nel nostro silenzioso pensiero, il mare che abbiamo attraversato. Come vi ho detto, non è piccolo il cuore dell`uomo se può contenere tanto. E se non è piccolo, dato che contiene tante cose, si può benissimo in esso preparare il cammino del Signore, e tracciare un dritto sentiero in modo che il Verbo e la Sapienza di Dio possano entrarvi.

         Preparate una strada al Signore osservando una condotta onesta, spianate i sentieri con opere degne, in modo che il Verbo di Dio cammini in voi senza incontrare ostacoli e vi dia la conoscenza dei suoi misteri e del suo avvento, egli "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

 

         (Origene, Evang. Luc., 21, 2, 2-7)

 

 

2. Raddrizzare i sentieri dell`anima

 

         Frattanto ascoltiamo tuttavia ciò che ci grida la voce del Verbo affinch‚ un giorno possiamo progredire dalla voce al Verbo stesso: "Preparate la via del Signore", dice, "raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3; Is 40,3). Prepara la via colui che corregge la sua vita; raddrizza il sentiero chi mena un genere di vita più stretto. Chiaramente una vita corretta è la via dritta attraverso la quale il Signore potrà venire a noi, lui che in ciò ci previene. Giacché‚ è il Signore che dirige i passi dell`uomo (cf. Sal 37,23); per questo fatto, la sua via gli piace talmente che la prende volentieri per venire all`uomo e al cui fianco camminare costantemente. Se lui che è la via, verità e vita (cf. Gv 14,6) non prepara lui stesso il suo avvento verso di noi è impensabile poter correggere la nostra via secondo la regola della verità e tantomeno quindi poterla indirizzare verso la vita eterna. Invero, come un giovane potrà correggere la sua via se non custodendo le parole (cf. Sal 119,9) e seguendo le orme di Colui che si è fatto egli stesso via per la quale andremo a lui? O Signore, possano le mie vie essere dirette in modo da custodire le tue vie (cf. Sal 119,5); acciocché io custodisca, a causa delle parole delle tue labbra, anche le vie dure! Sebbene esse appaiano dure alla carne, la quale è inferma, appaiono soavi e belle allo spirito, se è pronto. Le sue vie, dice la Scrittura, sono deliziose e tutti i suoi sentieri sono pacifici (cf. Pr 3,17). E le vie della Sapienza non solo sono pacificate, ma pacifiche; poiché quando il Signore si compiace della via seguita da un uomo, riconcila a sé anche i suoi nemici (cf. Pr 16,7). Se Israele, dice il Signore, avesse camminato per le mie vie, avrei annientato i suoi nemici e avrei portato la mia mano contro i suoi vessatori (cf. Sal 81,15). Perché infatti l`afflizione e l`infelicità sono sulle loro vie, se non perché essi hanno misconosciuto la via della pace? (cf. Sal 14,3).

 

         (Guerric d`Igny, Sermo IV de Adv.)

 

 

3. Il battesimo di Giovanni e quello di Gesù

 

         Il battesimo annunziato da Giovanni già allora sollevò una disputa proposta dallo stesso Signore ai farisei: se fosse un battesimo celeste oppure terreno, ma sul quale essi non valsero a dare una risposta, poiché non poterono né capire, né credere, noi invece, per quanto siamo di poca fede, ed abbiamo poca intelligenza: possiamo giudicare che quel battesimo fosse divino, in verità, tuttavia, per comando e non per potere, poiché leggiamo che Giovanni fu inviato dal Signore per questo ministero, pur essendo uomo secondo la condizione di tutti gli altri.

         Niente, pertanto, di celeste amministrava, ma in luogo dei celesti amministrava, essendo, cioè, preposto alla penitenza, che è nella volontà dell`uomo. Infine, i dottori della legge e i farisei, che non vollero credere, non vollero nemmeno entrare nello spirito di penitenza.

         Che se la penitenza è cosa umana è necessario anche che il battesimo sia stato di quella stessa condizione: oppure darebbe anche lo Spirito Santo e la remissione dei peccati se fosse stato celeste. Ma né i peccati rimette n‚ perdona all`anima, se non Dio.

         Anche lo stesso Signore disse che non sarebbe disceso lo Spirito se egli stesso non ritornava al Padre. Così il discepolo [Giovanni] non potrebbe amministrare [il Battesimo] poiché il Signore non lo conferiva ancora.

         Inoltre, negli "Atti degli Apostoli" troviamo che poiché avevano il battesimo di Giovanni non avevano ricevuto lo Spirito Santo che neppure conoscevano.

         Dunque, non era celeste, ciò che non conferiva doni celesti, e quello che di celeste era presente in Giovanni, come lo spirito di profezia, dopo il conferimento sul Signore di tutto lo Spirito, venne meno fino a tal punto, che colui che aveva annunziato alla folla [nel Giordano], colui che aveva indicato che veniva, in seguito, se fosse egli stesso, avrebbe cercato di saperlo. Si trattava, infatti, di un battesimo di penitenza come preparazione della remissione e della santificazione che sarebbero venute col Cristo. Infatti, ciò che leggiamo: "Predicava un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati" (cf. Mt 11,10) era annunciato per la futura remissione, perchè la penitenza precede, la remissione segue, e questo significa preparare la via, chi, invero, prepara non perfeziona egli stesso ciò, ma lo dà da perfezionare agli altri. Egli stesso proclama che non sono suoi i doni celesti ma del Cristo, quando dice: Chi ha origine dalla terra, parla di cose terrene, chi viene dall`alto è superiore a tutti (Is 3,31) parimenti battezzarsi solo nella penitenza, [è sapere] che verrà qualcuno fra non molto che battezzerà nello spirito e nel fuoco, poich‚ la vera e duratura fede sarà battezzata nell`acqua per la salvezza, ma la fede simulata e debole è battezzata neI fuoco per il giudizio.

 

         (Tertulliano, De Baptismo, 10, 1-7 )

 Dal «Commento sul profeta Isaia» di Eusebio, vescovo di Cesarea.
(Cap. 40, vv. 3. 9; PG 24, 366-367)

Voce di uno che grida nel deserto: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3).
Dichiara apertamente che le cose riferite nel vaticinio, e cioè l'avvento della gloria del Signore e la manifestazione a tutta l'umanità della salvezza di Dio, avverranno non in Gerusalemme, ma nel deserto. E questo si è realizzato storicamente e letteralmente quando Giovanni Battista predicò il salutare avvento di Dio nel deserto del Giordano, dove appunto si manifestò la salvezza di Dio. Infatti Cristo e la sua gloria apparvero chiaramente a tutti quando, dopo il suo battesimo, si aprirono i cieli e lo Spirito Santo, scendendo in forma di colomba, si posò su di lui e risuonò la voce del Padre che rendeva testimonianza al Figlio: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5).
Ma tutto ciò va inteso anche in un senso allegorico. Dio stava per venire in quel deserto, da sempre impervio e inaccessibile, che era l'umanità. Questa infatti era un deserto completamente chiuso alla conoscenza di Dio e sbarrato a ogni giusto e profeta. Quella voce, però, impone di aprire una strada verso di esso al Verbo di Dio; comanda di appianare il terreno accidentato e scosceso che ad esso conduce, perché venendo possa entrarvi: Preparate la via del Signore (cfr. Ml 3, 1).
Preparazione è l'evangelizzazione del mondo, è la grazia confortatrice. Esse comunicano all'umanità al conoscenza della salvezza di Dio.
«Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme» (Is 40, 9).
Prima si era parlato della voce risuonante nel deserto, ora, con queste espressioni, si fa allusione, in maniera piuttosto pittoresca, agli annunziatori più immediati della venuta di Dio e alla sua venuta stessa. Infatti prima si parla della profezia di Giovanni Battista e poi degli evangelizzatori.
Ma qual è la Sion a cui si riferiscono quelle parole? Certo quella che prima si chiamava Gerusalemme. Anch'essa infatti era un monte, come afferma la Scrittura quando dice: «Il monte Sion, dove hai preso dimora» (Sal 73, 2); e l'Apostolo: «Vi siete accostati al monte di Sion» (Eb 12, 22). Ma in un senso superiore la Sion, che rende nota le venuta di Cristo, è il coro degli apostoli, scelto di mezzo al popolo della circoncisione.
Si, questa, infatti, è la Sion e la Gerusalemme che accolse la salvezza di Dio e che è posta sopra il monte di Dio, è fondata, cioè, sull'unigenito Verbo del Padre. A lei comanda di salire prima su un monte sublime, e di annunziare, poi, la salvezza di Dio.
Di chi è figura, infatti, colui che reca liete notizie se non della schiera degli evangelizzatori? E che cosa significa evangelizzare se non portare a tutti gli uomini, e anzitutto alle città di Giuda, il buon annunzio della venuta di Cristo in terra?

[Modificato da (Gino61) 22/09/2009 12:00]
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III DOMENICA DI AVVENTO


 

Letture:         Isaia 61,1-2a.10-11

         1 Tessalonicesi 5,16-24

         Giovanni 1,6-8.19-28

 

1. Giovanni la voce, Cristo il Verbo

 

         Giovanni è la voce, ma il Signore "da principio era il Verbo" (Gv 1,1). Giovanni una voce per un tempo, Cristo il Verbo fin dal principio, eterno. Porta via l`idea, che vale piú una parola? Se non si capisce niente, la parola diventa inutile strepito. La parola senza un`idea batte l`aria, non alimenta il cuore. E anche mentre alimentiamo il cuore, guardiamo l`ordine delle cose. Se penso a ciò che devo dire, c`è già l`idea nel mio cuore; ma se voglio parlare con te, mi metto a pensare se sia anche nel tuo cuore, ciò che è già nel mio. Mentre cerco come possa giungere a te e fissarsi nel tuo cuore l`idea ch`è già nel mio, formo la parola e, formata la parola, parlo a te: il suono della parola porta a te l`intelligenza dell`idea; è il suono che passa da me a te, l`idea invece, che ti è stata portata dalla parola, è già nel tuo cuore e non se n`è andata dal mio. Il suono, dunque, portata l`idea in te, non ti par che ti dica: "Bisogna che lui cresca e che io venga diminuito?" Il suono della parola fece il suo ufficio e scomparve, come se dicesse: "Questa mia gioia è completa" (Gv 3,30). Afferriamo l`idea, assimiliamo l`idea per non perderla piú. Vuoi vedere la parola che passa e la divinità permanente del Verbo? Dov`è ora il Battesimo di Giovanni? Fece il suo ufficio e passò. Il Battesimo di Cristo ora è in voga. Crediamo tutti in Cristo, speriamo d`essere salvi in lui: questo disse la parola. Ma poiché è difficile distinguere tra parola e idea, lo stesso Giovanni fu creduto Cristo. La parola fu ritenuta idea, ma la parola si dichiarò parola, per non ledere l`idea. "Non sono", disse, "Cristo, né Elia, né profeta". Gli fu risposto: "Chi sei, dunque, tu? Io sono", disse, "voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore" (Gv 1,20-23). "Voce di uno che grida nel deserto": voce di uno che rompe il silenzio. "Preparate la via del Signore": come se volesse dire: Io vado rimbombando per introdurlo nei cuori, ma non troverò un cuore nel quale egli si degni di entrare, se non preparate la via. Che vuol dire: "Preparate la via", se non supplicate convenientemente? che cosa, se non pensate umilmente? Prendete da lui esempio d`umiltà. Viene ritenuto il Cristo, dichiara di non essere ciò che è ritenuto, né si avvantaggia per il suo prestigio dell`errore altrui. Se dicesse: Io sono il Cristo, quanto facilmente sarebbe creduto, se, prima ancora che lo dicesse, già lo era ritenuto! Non lo disse Si ridimensionò, si distinse, si umiliò. Capí dove era la sua salvezza: capí ch`egli era una lucerna ed ebbe paura di essere spento dal vento della superbia...

         Gli occhi deboli hanno paura della luce del giorno, ma possono sopportare quella di una lucerna. Perciò la luce del giorno mandò innanzi la lucerna. Ma mandò la lucerna nel cuore dei fedeli, per confondere i cuori degli infedeli. "Ho preparato", dice, "la lucerna al mio Cristo": Giovanni araldo del Salvatore, precursore del giudice che deve venire, l`amico dello sposo.

 

         (Agostino, Sermo, 293, 3 s.)

 

 

2. La via al Signore va preparata in continuazione

 

         "Preparate la via del Signore" (Is 40,3; Mc 1,3). La via del Signore che ci si ordina di preparare, o fratelli, camminando la si prepara, preparandola, si cammina. E quand`anche aveste molto progredito in essa, vi resta sempre nondimeno da prepararla perché, dal punto in cui siete arrivati possiate avanzare, protesi verso ciò che sta oltre. Cosí, risultando in ogni singolo stadio preparata la via per il suo avvento, il Signore vi verrà incontro sempre nuovo, in qualche modo, e piú grande di prima. E` quindi con ragione che il giusto elevava questa preghiera: "Indicami, o Signore, la via dei tuoi precetti e la seguirò sino alla fine" (Sal 118,33). E forse è stata definita "vita eterna" perché, pur avendo la Provvidenza previsto per ciascuno una via e fissato ad essa un termine, nondimeno non si dà alcun termine alla natura della bontà verso cui si tende. Per cui, il saggio e solerte viaggiatore, quando sarà giunto alla meta, non farà che ricominciare, poiché dimenticando ciò che si lascia alle spalle (cf. Fil 3,13), dirà a se stesso ogni giorno: "Comincio adesso" (Sal 76,11). Si lancia come un gigante che nulla teme per percorrere la via dei comandamenti di Dio; da autentico Idutun (cf. 1Cr 16,42), egli supera facilmente nell`ardore della sua corsa i pigri che si fermano per via. E pur se arrivato all`ultima ora del giorno, egli ha attinto la perfezione in poco tempo, percorrendo peraltro un lungo cammino (cf. Sap 4,13); fattosi svelto, da ultimo che era, fu tra i primi ad essere coronato.

 

         (Guerric d`Igny, Sermo V, de Adventu, 1)

 

 

3. L`amico dello Sposo

 

         Spesso avete sentito dire, e ne siete quindi perfettamente a conoscenza, che Giovanni Battista quanto piú eccelleva tra i nati di donna, e quanto piú era umile di fronte al Signore, tanto piú meritò d`essere l`amico dello Sposo. Fu pieno di zelo per lo Sposo, non per sé; non cercò la gloria sua ma quella del suo giudice, che egli precedeva come un araldo.

         Cosí, mentre gli antichi profeti avevano avuto il privilegio di preannunciare gli avvenimenti futuri riguardanti il Cristo, a Giovanni toccò il privilegio di indicarlo direttamente. Infatti, come Cristo era sconosciuto a quelli che non avevano creduto ai profeti prima ch`egli venisse, così era sconosciuto a quelli in mezzo ai quali, venuto, era presente. Perché la prima volta egli è venuto in umiltà, e nascostamente; e tanto piú nascosto quanto piú umile.

         Ma i popoli, disprezzando nella loro superbia l`umiltà di Dio, crocifissero il loro Salvatore e ne fecero, cosí, il loro giudice.

 

         (Agostino, Comment. in Ioan., 4, 1)

 

 

4. La voce...

 

         La voce è quella di Giovanni, la parola però che passa per quella voce è Nostro Signore. La voce li ha destati, la voce ha gridato e li ha radunati, e il Verbo ha distribuito loro i suoi doni.

 

         (Efrem, Diatessaron, 3, 15)

 

 

 

 

 

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22/09/2009 09:55

IV DOMENICA DI AVVENTO

IV DOMENICA DI AVVENTO

 

Letture:         2 Samuele 7,1-5.8b-12.14a.16

         Romani 16,25-27

         Luca 1,26-38

 

1. Dio ha ordinato al «sí» di Maria il disegno della salvezza

 

         Hai sentito [o Maria] che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà senza concorso di uomo, bensí per opera dello Spirito Santo. L`angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia ritorno colui che egli ha inviato.

         Anche noi aspettiamo, o Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la sentenza di condanna.

         Ecco che ti si offre il prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul momento.

         Nel Verbo eterno di Dio tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve risposta siamo destinati ad essere ricreati, sí da esser richiamati alla vita. E` ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell`ombra di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati, e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.

         Da` in fretta, o Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la terra, gli inferi e i cieli aspettano.

         Lo stesso Re e Signore di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: «O bella tra tutte le donne, fammi udire la tua voce!».

         Se tu dunque gli fai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.

         Non è forse questo che chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo aspettarne un`altra? Sí, sei proprio tu, e non un`altra. Tu, voglio dire, la promessa, tu la attesa, tu la desiderata, dalla quale il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita eterna, quando diceva: "Aspetterò la tua salvezza, o Signore" (Gen 49,18). Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.

         Speri forse da un`altra ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un`altra ciò che tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l`assenso, pronunci la tua risposta?

         Rispondi perciò al piú presto all`angelo, o meglio al Signore tramite l`angelo.

         Pronuncia la parola, e accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti la transeunte, e abbraccia l`eterna!

         Perché indugi? Perché trepidi? Credi, confida, e accetta!

         L`umiltà assuma l`audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la verginale semplicità dimentichi la prudenza.

         Solo in questo caso non temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia piú necessaria la pietà nella parola.

         Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al Creatore.

         Ecco, il desiderato di tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di nuovo a cercare colui che la tua anima ama!

         Alzati, corri, apri. Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione.

         "Eccomi", rispose, "sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

 

         (Bernardo di Chiarav., Oratio IV de B.M.V., 8 s.)

 

 

2. La grandezza di questo giorno di festa

 

         Questo giorno di festa che stiamo ora celebrando, supera ogni gloria, in quanto contiene la solennità della Vergine che tutte sovrasta in prestigio; in esso invero ella ha ricevuto lo stesso Verbo Dio, quando egli volle; lui che ella stessa contiene al di là di ogni angustia di spazio.

         A lei, l`arcangelo Gabriele, con ammirazione, disse prima di tutto: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te; ecco concepirai e darai alla luce un figlio, e lo chiamerai Emanuele" (Lc 1,28.50).

         Fausto annunzio quello di Gabriele che segnò il repentino inizio di letizia. Mentre, infatti, la prima vergine per la sentenza di condanna finiva nelle angustie inflitte a lei a seguito della trasgressione e da lei derivarono molti gemiti: ogni donna per causa sua, fu costituita nel dolore ed ogni parto, per lei, provava l`afflizione; la seconda vergine, per la denominazione angelica, respinse ogni miseria del sesso femminile, chiuse ogni fonte di tristezza che suole esser compagna delle partorienti, e dissipò ogni nube di disperazione che si addensava sulla donna in parto; e inoltre, fece brillare tra gli oppressi la luce di letizia.

         Ascoltando da Gabriele le parole: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te", ella non accolse il saluto con animo tranquillo; anzi, appena ebbe ascoltata quella voce e, per quella voce l`arcangelo Gabriele che le annunciava che avrebbe partorito, rimase turbata nei propri pensieri; era verosimilmente portata a respingere quelle affermazioni di Gabriele, introdottosi inaspettatamente in casa, magari dicendogli: «Tutto ciò oggi in te mi appare strano, e non tiene conto della pubblica opinione. E poi: Con qual diritto hai osato introdurti sconsideratamente da una vergine non sposata e pronunciare parole incredibili? Dici, infatti, che partorirò un figlio senza il seme; hai detto che concepirò senza che siano avvenute le nozze; che il mio grembo darà frutto senza la coabitazione e la convivenza con un uomo. Chi vide mai, chi, esperto sulla fertilità dei campi, ha mai sentito dire che un campo incolto abbia prodotto la spiga, o che un terreno non piantato abbia dato l`uva, il vino senza vite, o il fiume senza la sorgente da cui proviene? Un discorso del genere, sicuramente, nessuno lo ha mai ascoltato dagli inizi dei secoli, né, tanto meno avrà potuto vedere che si sia verificato. Per qual motivo e con quale garanzia per me dovrò prestarti fede?».

         Cosa rispose Gabriele a lei che esitava?

         «Dissi ciò che ho appreso, pronuncio ciò che ho sentito: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell`Altissimo. Colui che nascerà da te sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35); come colui dal quale è e al quale tende ogni creatura, come Creatore e Artefice di tutti, come Padre dei secoli, come generatore del tempo, come costruttore di tutti, come piú antico dei cieli, come artefice degli angeli e formatore dell`umanità, e di quelli, per finire, che, per altri motivi, sarebbero periti. Oltre questo non posso farti sapere altro. Infatti, non ho, o Vergine, un mandato per dirti con quale diritto su ogni singolo punto: bensí che io sia ministro di quelle cose che rendono fausto per te il mio annuncio.

         Ammira dunque insieme a me il mistero e accogli la buona novella senza dubitare».

         Lei, in verità, rispose: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

         Noi, perciò, informati della natività del Signore dai discorsi dell`arcangelo Gabriele, ci incamminiamo dietro alla sua progenie. Io, come lui e al di là della presente disquisizione, conosco la divina potenza di quel parto e dichiaro: dai Magi abbiamo appreso (cf. Mt 2,1ss), poi siamo stati istruiti a venerare religiosamente quella cosa. Infatti, coloro che cercavano il bambino, con la guida della stella, non dissero a quelli che interrogavano: Come avviene il concepimento divino? Come si spiega un utero senza il seme? Come un parto incorrotto? Come permane vergine la madre dopo il parto? Come soggiace al tempo colui che è prima del tempo? Come fa ad esistere nel tempo chi è prima dei secoli? Come poté l`utero contenere colui che è incontenibile? Come colui che è incorporeo, senza cambiamento, si fece carne? Come Dio Verbo, annientando se stesso nell`utero della Vergine (cf. Fil 2,6.7), da insigne e glorioso fattosi uguale a servo, da quello in modo ineffabile si è incarnato? Come ciò che è perfetto poté farsi bambino? Come poté succhiare il latte colui che nutre? Come colui che copre e abbraccia l`universo, poté essere preso tra le braccia? Come il Padre del secolo venturo si fece bambino? Come fa ad essere in alto e in basso? Come viene avvolto in panni, colui che è l`auriga dei carri dei Cherubini? Come giace in una greppia, colui che è nel seno del Padre? Come è costretto in fasce, colui che conduce i prigionieri con fortezza? (cf. Sal 67,7).

         E molte altre cose che aborrisco riferire.

 

         (Esichio di Gerus., Sermo IV, de sancta Maria Deipara)

 

 

3. Contemplazione di Maria

 

         Ripiena dunque della scienza del Signore, come le acque del mare quando straripano, ella è rapita fuori di sé e, elevato in alto lo spirito, si fissa nella piú alta contemplazione. Si stupisce, la vergine, d`esser divenuta madre; e si stupisce, lieta, di essere la madre di Dio. Comprende che in sé sono realizzati le promesse dei patriarchi, gli oracoli dei profeti, i desideri degli antichi Padri, che avevano annunciato che il Cristo sarebbe nato da una vergine e che, con tutti i loro voti, attendevano la sua nascita.

         Vede a sé affidato il Figlio di Dio, e si rallegra che la salvezza del mondo le sia stata affidata. Ode il Signore parlare dentro di sé e dirle: Ecco ti ho scelta tra tutte le creature, e ti ho benedetta tra tutte le donne (cf. Lc 1,28). Ecco a te ho affidato mio Figlio, ho inviato a te il mio Unico. Non temere di allattare colui che hai generato e di educare colui che hai partorito; riconoscilo non solo come Signore, ma anche come Figlio. Egli è mio Figlio, egli è tuo Figlio: mio Figlio per la divinità, tuo Figlio per l`umanità che ha assunto.

         E allora, con quale tenerezza e cura, con quale umiltà e rispetto, con quale amore e devozione ella ha adempiuto a tutto ciò, agli uomini è sconosciuto, a Dio è noto, lui che scruta i reni e i cuori (cf. Pr 16,2); a Dio che soppesa gli spiriti.

 

         (Amedeo di Losanna, Hom. 4, 259-279)

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22/09/2009 10:28

IL NATALE E IL PERIODO NATALIZIO

Il più antico cenno della festa del Natale, celebrata a Roma nel giorno 25 dicembre, la riporta il calendario di Filocalos dell`anno 354, ma l`analisi interna del documento dimostra che la festa veniva celebrata già prima dell`anno 336. Fu scelto il giorno 25 dicembre visto che in quel giorno si celebrava una festa pagana in onore del «Sole Invincibile». I cristiani hanno sostituito le cerimonie pagane con la solennità della nascita di Cristo, il Sole di Giustizia. Già nel secolo IV troviamo la nuova festa in Africa, ad Antiochia, a Costantinopoli e in Egitto, ma solamente nel VI/VII secolo sarà ammessa in Palestina.

         Secondo una tradizione romana del secolo VI, ogni sacerdote può celebrare nel giorno di Natale tre Messe. L`origine di questo costume è abbastanza semplice. La prima e l`unica Messa veniva celebrata solennemente dal papa nel secolo IV alla solita ora nella basilica di San Pietro (attualmente la Messa «nel giorno»). Nel secolo V, si comincia a celebrare la Messa notturna nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il papa Sisto III (+ 446), dopo la proclamazione del dogma della Maternità di Maria ha ampliato e abbellito la basilica erigendo in essa la cappella che imitava la grotta della Natività di Betlemme. In questa cappella, la notte di Natale, il papa celebrava la Messa solenne (attualmente la «Messa della Notte»). Verso la metà del secolo VI, inizia l`usanza di celebrare la terza Messa da parte del papa. Vicino al palazzo dei governanti bizantini (Colle Palatino) si trovava la chiesa in cui si conservavano le reliquie di santa Anastasia martire, venerata particolarmente a Costantinopoli, la cui memoria cadeva proprio il 25 dicembre. Per rispetto al potere secolare, i papi - fermandosi per strada dal Laterano alla basilica di San Pietro - celebravano qui la Messa in onore della santa (attualmente la «Messa dell`Aurora»). I libri liturgici romani contenevano i formulari di queste tre Messe papali e perciò tutta la Chiesa prese l`usanza di celebrare l`Eucaristia tre volte in questo giorno.

         Prendendo spunto dalla festa di Natale, sono sorte diverse consuetudini come ad esempio il presepio. L`uso dell`albero di Natale viene consolidato dalle popolazioni germaniche nel secolo XIX. In Polonia, i commensali della cena della Vigilia si dividono il pane azzimo in segno di pace e di unione.

         La festa del Natale ha la sua ottava, viene celebrata cioè per tutta la settimana. Già i più vecchi calendari collegano le commemorazioni di alcuni santi con la solennità del Natale e il Medioevo vede in essi una schiera illustre che accompagna il Bambino Gesù. Ecco questi santi nella liturgia romana: il Protomartire Stefano, san Giovanni Evangelista e i Bambini Innocenti uccisi a Betlemme. Il periodo del Natale va oltre l`ottava, fino alla domenica dopo l`Epifania, che viene celebrata come festa del Battesimo del Signore.

         Nel giorno di Natale, la Chiesa commemora tutto ciò che è avvenuto a Betlemme, ma non si limita al lato esteriore degli avvenimenti. Contempla il mistero del Figlio di Dio, che «nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero», per «noi uomini e per la nostra salvezza» discese dal cielo. Dio, che in modo meraviglioso ha creato l`uomo, in modo ancora più meraviglioso inizia l`opera della sua salvezza. Cristo diventa l`uomo simile a noi in tutto eccetto il peccato. Si giunge ad un «meraviglioso scambio»: Cristo accolse la nostra natura umana, debole e limitata, per farci partecipare alla sua natura divina.

         Che cos`è la venuta di Cristo per l`uomo? L`uomo ha visto Dio in forma visibile, Cristo ha portato agli uomini la nuova vita, li ripristina nella dignità di figli di Dio, introduce l`uomo mortale nella vita eterna, libera l`umanità dalla vecchia schiavitù del peccato e le dona la libertà.

         Il Natale, così concepito, si collega inseparabilmente con il mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo. Benché allora per molti cristiani il Natale è un gioioso ricordo della venuta di Cristo che porta la pace e la fraternità, la Chiesa vede questa festa in stretta relazione con la sua futura morte; Gesù deposto nella mangiatoia viene chiamato nelle preghiere il Redentore. Celebrare il Natale significa esprimere nella vita la nuova realtà dell`uomo, rendersi simile al Figlio di Dio, aprirsi all`azione della grazia, cercare le cose di lassù, crescere nell`amore fraterno. Lodiamo Dio perché in questi ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio, assumendo la fatica della nuova vita.

        

         Esaudisci, Signore, questa famiglia a te devota

         e adunata in seno a quesa chiesa nella odierna

         festività del tuo Natale per cantare le tue lodi.

         Dona ai prigionieri la liberazione,

         la vista ai ciechi,

         la remissione ai peccatori,

         poiché è per offrire loro la salvezza

         che tu sei venuto.

         Riguarda dal tuo santo Cielo, o Salvatore del mondo,

         il tuo popolo e donagli la tua luce,

         il loro animo si rivolge a te in devota fiducia.

 

         (Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 12)

 

 

1. La venuta di Dio tra gli uomini

 

         Cristo nasce, cantate gloria, Cristo scende dal cielo, andategli incontro; Cristo è in terra, alzatevi. Cantate al Signore da tutta la terra (Sal 95,1). E per riassumere queste due cose in una sola: Gioiscano i cieli, esulti la terra (ibid. 11), poiché colui che è del cielo è ora in terra. Cristo si è fatto carne, tremate e gioite; tremate per il peccato; gioite per la speranza. Cristo nasce dalla Vergine; donne, abbiate cura della verginità perché possiate essere madri di Cristo. Chi non adora colui che è il principio? Chi non loda e non glorifica colui che è la fine?

         Di nuovo si dissipano le tenebre, di nuovo viene creata la luce, di nuovo l`Egitto è tormentato dalle tenebre (cf. Es 10,21), di nuovo Israele è illuminato per mezzo della colonna (cf. Es 13,21). Il popolo che è nelle tenebre dell`ignoranza veda la grande luce della conoscenza (cf. Is 9,1). Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). La lettera cede, lo spirito vince, le ombre passano, entra la verità. Melchisedech si ricapitola: chi era senza madre, è generato senza padre; prima senza madre e poi senza padre. Le leggi della natura sono rovesciate... Applaudite, popoli tutti (Sal 46,1), poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (con la croce infatti viene innalzato) ed è chiamato Consigliere ammirabile, cioè del Padre, l`Angelo (Is 9,5). Gridi Giovanni: Preparate la via del Signore (Mt 3,3). Anch`io proclamerò la forza e la potenza di questo giorno; colui che non è stato generato dalla carne si incarna; il Verbo prende consistenza; l`invisibile diventa visibile; l`intangibile si può toccare; colui che è senza tempo comincia ad esistere nel tempo; il Figlio di Dio diventa Figlio dell`uomo, Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13,8)...

         La festa che noi oggi celebriamo è la venuta di Dio tra gli uomini, perché noi possiamo accedere a Dio o (per meglio dire) ritornare a Dio, affinché, abbandonato l`uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo; e come siamo morti nel vecchio Adamo, così viviamo in Cristo; infatti con Cristo nasciamo, siamo messi in croce, veniamo sepolti e risorgiamo...

         Perciò celebriamola in modo divino e non come si suol fare nelle feste pubbliche; non con spirito mondano ma oltremondano; celebriamo non ciò che è nostro, ma di lui che è nostro o, per meglio dire, di lui che è il Signore; celebriamo non ciò che arreca infermità, ma ciò che cura; non ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio 38, 1 s. 4)

 

 

2. Natale

 

         Poiché oggi, per grazia di Dio, diremo tre Messe, non possiamo dilungarci nel commento del Vangelo. Ma il Natale del Redentore ci obbliga a dire qualche cosa, sia pur brevemente. Che cosa vuol dire questo censimento del mondo alla nascita del Signore, se non che sta nascendo nella carne colui che avrebbe iscritto i suoi eletti nell`eternità? Al contrario il Profeta dice dei reprobi: Siano cancellati dal libro della vita e non siano annoverati tra i giusti (Sal 68,29). E giustamente il Signore nasce a Betlemme: poiché Betlemme vuol dire casa del pane. Egli è infatti colui che dice: Io sono il pane vivo che viene dal cielo (Gv 6,41). Il luogo dunque dove nasce il Signore, già prima ch`egli nascesse fu chiamato casa del pane, perché doveva manifestarvisi nella carne colui che avrebbe saziato gli eletti di cibo spirituale. Ed egli nacque non in casa sua, ma per la via, per far capire ch`egli, assumendo la natura umana, nasceva in una veste che non era la sua. Non era sua, s`intende, perché, essendo Dio, la sua propria natura è la divina. La natura umana gli apparteneva, perché Dio è padrone di tutto, e perciò sta scritto: Venne a casa sua (Gv 1,11). Nella sua natura divina ci stava, prima dei tempi, nella nostra ci venne in un`epoca della nostra storia. Perciò, se colui che è eterno, si fa nostro compagno nel tempo, possiamo dire che viene in un campo che gli è estraneo. E poiché il Profeta dice: Ogni uomo è fieno (Is 40,6), il Signore, fattosi uomo, cambiò il nostro fieno in grano, poiché egli dice di se stesso: Se il chicco di frumento non cade in terra e muore, rimane solo (Gv 12,24). Perciò anche, appena nato, è messo nella mangiatoia, perché nutrisse tutti i fedeli, rappresentati dagli animali, col frumento della sua carne. E che cosa vuol dire l`apparizione dell`angelo ai pastori che vegliavano e la luce che li avvolse, se non che coloro i quali guardano con amore il gregge dei fedeli hanno, più degli altri, il privilegio di vedere le cose celesti? Mentre essi piamente vegliano il gregge, la grazia divina più largamente splende su di loro.

         L`angelo annunzia che è nato il Re e cori di angeli gli fanno eco e cantano: Gloria nei cieli a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà. Prima che il nostro Redentore nascesse nella carne, non c`era armonia tra noi e gli angeli, ci separava dalla loro luce e purezza la macchia della nostra colpa originale, ci allontanavano da loro le nostre colpe quotidiane. Poiché, per il peccato, eravamo estranei a Dio, gli angeli, cittadini di Dio, ci ritenevano estranei alla loro società. Ma quando riconoscemmo il nostro Re, gli angeli ci riconobbero per loro concittadini. Poiché il Re ha preso in sé la terra della nostra carne, gli angeli non disprezzano più la nostra debolezza. Gli angeli tornano a far pace con noi, non guardano più i motivi della discordia e accolgono come soci coloro che avevano già disprezzati come abietti. Perciò Lot (Gen 19,1) e Giosuè (Gs 5,15) adorano gli angeli e non sono respinti. Giovanni però, nell`Apocalisse, si prostrò in adorazione dinanzi a un angelo e questi lo respinse dicendo: Non lo fare, sono un servo, come te e i tuoi fratelli (Ap 22,9). E che cosa vuol dire che gli angeli prima della venuta del Redentore si lasciano adorare, ma dopo la sua venuta non lo permettono più, se non che hanno paura di mettersi al di sopra della nostra natura, dopo che l`hanno vista portata dal Signore al di sopra di loro? E non osano più deprezzare come inferma quella natura che vedono nel Re del cielo. Né disdegnano d`aver come socio l`uomo essi che adorano un uomo Dio. Guardiamo allora, fratelli, che non ci sporchi una qualche immondizia, poiché nell`eterna prescienza siamo cittadini di Dio e uguali ai suoi angeli. Riportiamo nei costumi la nostra dignità, nessuna lussuria ci macchi, nessun pensiero turpe ci accusi, la malizia non morda la nostra mente la ruggine dell`invidia non ci roda, non ci gonfi l`orgoglio, non ci dilanii la concupiscenza dei piaceri terreni, non c`infiammi l`ira. Gli uomini sono stati chiamati dèi. Difendi, dunque, o uomo, l`onore di Dio, poiché per te s`è fatto uomo quel Dio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

         (Gregorio Magno, Hom., 1, 8)

 

 

3. Osservazioni sulla nascita del Signore

 

         Celebrando la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, vediamo, fratelli, il senso del brano evangelico che or ora abbiamo letto. Il santo evangelista dice che Augusto ordinò di fare il censimento in tutto il mondo e che per questo Giuseppe, da Nazareth in Galilea, si recò a Betlemme in Giudea, città di David, per registrarsi. Ci fu per dodici anni, quando apparve nella carne il Figlio di Dio, tanta pace che tutti, secondo l`oracolo d`Isaia, mutavano le loro spade in aratri e le lance in falci. Il Figlio di Dio, autore della pace, nasce in tempo di pace, per insegnare ai suoi discepoli l`amore della pace. Infatti come Cesare Augusto mandò Cirino a riscuotere il censo, così Dio, vero Augusto, mandò i suoi predicatori nel mondo a riscuotere il censo della fede. Diamo allora, fratelli, il censo della fede e delle buone azioni. Non resti nessuno a casa, usciamo tutti dalla Galilea, cioè dalla volubilità del mondo, e andiamo nella Giudea della retta fede, per meritare di essere Betlemme, la casa del pane di colui che dice: Io sono il pane vivo venuto dal cielo.

         Il Vangelo narra che la beata sempre vergine Maria, dato alla luce Cristo, lo avvolse in panni e lo adagiò nella mangiatoia. Giustamente nasce in una via, colui ch`era venuto a mostrarci la via. Volle essere posto in una piccola mangiatoia, colui ch`era venuto a preparar per noi l`ampiezza del regno dei cieli. Non in panni di seta e dorati, ma poveri, volle essere avvolto, colui ch`era venuto a restituirci la veste dell`immortalità. Permise di essere costretto in una culla, colui che si era affrettato a scioglierci mani e piedi, perché facessimo opere buone. Che dobbiamo dire, fratelli? Diciamo col salmista: Che cosa darò in cambio al Signore per tutto ciò che mi ha dato? Egli trovò un calice per retribuzione, noi diamo ciò che possiamo: elemosine, vigilie, lagrime, pace. Perdoniamo a chi ha peccato contro di noi, perché Dio perdoni i nostri peccati.

         I pastori, che alla nascita del Figlio di Dio vegliano sul gregge e vedono gli angeli, sono i santi predicatori, che quanto più s`impegnano a custodire le anime, tanto più spesso meritano il sollievo del colloquio angelico. Ma all`apparizione dell`angelo i pastori si turbano, perché è proprio della natura umana temere alla vista degli angeli ed è proprio dei buoni angeli portar consolazione a quelli che temono. Perciò l`angelo dice subito ai pastori: Non temete; e aggiunge: Ecco, vi do una grande gioia, per voi e per tutto il popolo. Dice giusto: Per tutto il popolo, perché da tutto il popolo ci fu gente che si volse alla fede.

         Mentre un solo angelo parlava ai pastori, subito una moltitudine di angeli si manifestò e disse: Gloria a Dio nell`alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. E questo c`insegna che quando anche un solo fratello parla, insegna o fa un`opera buona, una moltitudine di fedeli dovrebbe prorompere nella lode di Dio e muoversi all`imitazione del bene che vede. All`apparire poi del Figlio di Dio nella carne si canta gloria a Dio e si augura pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Siamo, dunque, anche noi, fratelli, uomini di buona volontà, perché possiamo vivere in pace.

         Per essere liberati da codesta persecuzione e dalla dannazione eterna, in questo giorno della nascita del Figlio di Dio, corregga ciascuno ciò che trova da riprendere in se stesso: chi è stato adultero, s`impegni alla castità; chi avaro, prometta generosità; chi ubriacone, sobrietà; chi superbo, umiltà; chi denigratore, carità. Prometta e mantenga la promessa, secondo il verso del Salmo: Promettete e mantenete le promesse fatte al Signore vostro Dio. Promettiamo lealmente, ci darà lui la forza di mantenere. Sarebbe molto ingiusto, fratelli, che oggi qualcuno non desse niente al Signore. Facciamo doni ai re e agli amici, e non daremo nulla al Creatore che viene da noi? Ed egli chiede soprattutto noi stessi. Offriamogli, dunque, noi stessi, perché liberati, per sua misericordia, dalle pene eterne, possiamo godere per sempre nella felicità del regno celeste.

 

         (Anonimo sec. IX, Hom., 2, 1-4)

 

 

4. Egli si è fatto uomo per farci diventare Dio

 

         Qui, infatti, colui che tu ora disprezzi, una volta esisteva, ed era superiore a te: colui che ora è uomo, era privo di composizione.

         Ciò che egli era, rimase, ciò che non aveva, lo assunse.

         Al principio era senza causa.

         Quale causa, infatti, di Dio si potrebbe apportare? Ma anche dopo, nacque da una causa certa.

         Era quella, di fare acquistare la salvezza a te, insolente e ostinato, che disprezzi, perciò, la divinità, poiché egli ricevette la tua ignoranza, unito alla carne con una intenzione frapposta, e questo uomo Dio, resosi inferiore, dopo che crebbe insieme con Dio, superando la parte più nobile, divenne uno, affinché io stesso tanto diventi anche Dio, quanto egli uomo.

         Egli invero nacque, ma anche era stato generato: da una donna, invero, ma anche vergine. Quello fu un modo umano, questo divino. Qui fu privo di Padre, lì di madre.

         L`uno e l`altro di questi due fatti è proprio della divinità.

         Fu portato proprio nel seno materno, e fu riconosciuto veramente dal Profeta (cf. Lc 1,41) e mentre ancora esisteva nel seno [materno] esultava davanti al Verbo, a causa del quale era stato procreato.

         Fu avvolto con pannolini, e tornato vivo rigettò le fasce della sepoltura.

         Fu adagiato, è vero, nella mangiatoia, ma poi fu celebrato dagli angeli (cf. Lc 2,7) ed indicato dalla stella e adorato dai Magi (cf. Mt 2,2).

         Perché ti meravigli di quello che è visto cogli occhi, mentre non osservi quello che è percepito con la mente e col cuore?

         Fu spinto a fuggire in Egitto; ma volse in fuga l`andare errando degli Egiziani.

         Non aveva né aspetto, né decoro umano (cf. Is 53,2) presso i Giudei: ma secondo David era bello di volto al di sopra dei figli degli uomini (cf. Sal 44,3) e anche sul monte, a guisa di folgore, risplende e diventa più luminoso del sole (cf. Mt 17,2), adombrando, in tal modo, lo splendore futuro.

         Fu battezzato (cf. Mt 3,16), è vero, come uomo: ma assunse su di sé i peccati come Dio; non perché avesse bisogno di purificazione, ma affinché dalle acque stesse arrecasse la santità.

         Fu tentato come uomo: conseguì la vittoria come Dio; ci comanda, invero, di aver fiducia in lui come in colui che ha vinto il mondo.

         Soffrì la fame (cf. Mt 4,1-2): ma sfamò molte migliaia di persone (cf. Mt 14,21) ed egli stesso si è reso pane che dà la vita e il Cielo (cf. Gv 5,41). Patì la sete (cf. Gv 19,28) ma esclamò: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva (Gv 7,37): ed anche promise di fare scaturire, per quelli che hanno fede, fonti di acqua viva.

         Provò la fatica (cf. Gv 4,6): ma diventa riposo di quelli che sono affaticati ed oppressi (cf. Mt 11,28).

         Fu sfinito dal sonno (cf. Mt 8,24): ma leggero cammina sul mare, rimprovera i venti e salva Pietro che già era sommerso [dalle acque] (cf. Mt 14,25).

         Paga le imposte, ma dal pesce (cf. Mt 17,23): ma è il Re degli esattori [di tasse]. E` chiamato Samaritano e posseduto dal demonio (cf. Gv 8,48): ma a colui che scendendo da Gerusalemme (cf. Lc 10,5) era incappato nei ladroni, porta la salvezza, ed è riconosciuto dai demoni (cf. Mc 1,24; Lc 4,34), e scaccia i demoni, e spinge a precipitare in mare legioni di spiriti (cf. Mc 5,7) e vede il principe dei demoni, quasi come una folgore, precipitare dal cielo (cf. Lc 8,18).

         E` assalito con pietre, ma non è preso (cf. Gv 8,59).

         Prega, ma esaudisce gli altri che pregano. Piange, ma asciuga le lacrime; domanda dove è stato sepolto Lazzaro: era infatti uomo; ma risuscita dalla morte alla vita Lazzaro: era infatti Dio.

         E` venduto, e, invero, a poco prezzo, cioè a trenta sicli d`argento (cf. Mt 26,15), ma nel frattempo redimeva il mondo a grande prezzo, cioè col suo sangue (cf. 1Pt 1,19; 1Cor 6,20). E` condotto alla morte come una pecora (cf. Is 53,7); ma egli pasce Israele, ed ora anche l`intero mondo.

         Come un agnello è muto (cf. Sal 77,71), ma egli è lo stesso Verbo, annunziato nel deserto dalla voce di colui che gridava (cf. Gv 1,23). Fu affranto e ferito dall`angoscia (cf. Is 53,4-5), ma respinge ogni malattia e angoscia (cf. Mt 9,35).

         E` tolto sul legno e vi è appeso, ma restituì noi alla vita, col legno, e dona la salvezza anche al ladrone (pendente dal legno), ed oscura tutto ciò che si scorge.

         E` abbeverato con aceto e nutrito di fiele (cf. Lc 23,33; Mt 27,34): ma chi?

         Colui, cioè, che cambiò l`acqua in vino (Gv 2,7), e assaporò quel gusto amarognolo, egli che era la stessa dolcezza ed ogni desiderio (cf. Ct 5,16).

         Affida la sua anima: ma conserva la facoltà di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,18), ma il velo si scinde (e le potenze superiori si manifestano); ma le pietre si spezzano, ma i morti risorgono (cf. Mt 27,51).

         Egli muore, ma ridà la vita, e sconfigge la morte, con la sua morte.

         E` onorato con la sepoltura, ma risorge [dalla tomba].

         Discende agli Inferi, ma accompagna le anime in alto, e sale al cielo, e verrà a giudicare i vivi e i morti e ad esaminare tali suoi discorsi.

         Ché se quelle... ti apportarono l`occasione dell`errore, queste scuoteranno il tuo errore.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio, 29, 19-20)

 

 

5. Simile a noi nella morte, perché simile a noi nella nascita

 

         La condizione del nascere rende, certo, necessaria la morte. Conveniva, infatti, che colui che, una volta sola, aveva stabilito di essere partecipe dell`umanità, avesse tutte le proprietà della natura.

         Dal momento che la natura umana fu partecipata con duplice fine, se fosse stato solo con uno (di essi) e non avesse conseguito l`altro, l`intenzione sarebbe rimasta imperfetta, come chi non avesse raggiunto l`altra proprietà della nostra natura umana.

         Forse, invece, qualcuno, avendo appreso il mistero con cura ed esattezza, con maggior consenso avrebbe detto che la morte non sarebbe venuta per il fatto che egli era nato, ma, al contrario, la causa della morte era stata l`aver egli accettato la condizione di nascere.

         Egli, eterno, non andò incontro ad una generazione pertanto corporea, poiché aveva bisogno della vita, ma ci richiamò dalla morte alla vita.

         Poiché, dunque, occorreva che avvenisse la risurrezione di tutta la nostra natura dai morti; come porgendo la mano a colui che giaceva (privo di vita), e per questo guardando il nostro cadavere, si avvicinò tanto alla morte, quanto ne aveva preso la mortalità, e aveva dato alla natura l`inizio della risurrezione col suo corpo, affinché con la sua virtù e potenza risuscitasse insieme l`uomo nella sua interezza.

         Poiché, infatti, la sua carne non diversamente che dalla nostra natura proveniva, la quale aveva ricevuto Dio, e, senza dubbio, a causa della risurrezione fu risuscitata insieme con la divinità come nel nostro corpo l`operato procede dai mezzi dei sensi di uno, unito alla parte per l`intero consenso, così anche se ci fosse qualche essere vivente in tutta la natura, la risurrezione di una parte passa all`intero universo, e a causa della continuità e salvezza della natura tutto concorre in parte.

         Che cosa, infatti, impariamo di lontano dalla probabilità e verosimiglianza, nel mistero, se qualcuno sta diritto, si china, e colui che cade, oppure che giace per rialzarlo?

 

         (Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)

 

 

6. Il mistero di Gesù fanciullo

 

         Il Signore nostro Dio è un solo Dio. Non può variare, non può cambiare, come dice David: Tu sei sempre uguale e i tuoi anni non vengono mai meno. Dunque questo Dio nostro eterno, fuori del tempo, immutabile, s`è fatto nella nostra natura mutabile e temporale, per aprire alle cose mutabili una via alla sua eternità e stabilità, e questa via è proprio la mutabilità ch`egli ha preso per noi, in modo che in un solo e medesimo Salvatore noi troviamo la via per cui salire, la via cui giungere e la verità da possedere, poiché egli disse: Io sono la via, la verità e la vita.

         Perciò il nostro grande Signore, rimanendo nella sua natura, nacque bambino secondo la carne, crebbe in determinati tempi e si sviluppò secondo la carne, perché noi piccoli nello spirito, o quasi niente, nascessimo spiritualmente e crescessimo secondo la successione e il progresso delle età spirituali. Così il suo progresso corporale è il nostro progresso spirituale; e tutte le cose, ch`egli ha fatto in diverse età (coloro che sono avanti nella perfezione lo capiscono), si realizzano in noi attraverso i singoli gradi del progresso. La sua nascita corporale, dunque, sia il modello della nostra nascita spirituale, cioè della santa conversione; la persecuzione, ch`egli subì da parte di Erode, è un simbolo delle tentazioni che subiamo dal diavolo al principio della nostra conversione; la sua crescita a Nazareth rappresenti il nostro progresso nella virtù.

 

         (Aelredo di Rievaulx, De Iesu duodec., 2)

 

 

7. Il mistero di povertà del Natale

 

         Oh, se potessi vedere quella mangiatoia in cui giacque il Signore! Ora, noi cristiani, come per tributo d`onore, abbiamo tolto quella di fango e collocato una d`argento: ma per me è più preziosa quella che è stata portata via. L`argento e l`oro si addicono al mondo pagano: alla fede cristiana si addice la mangiatoia fatta di fango. Colui che è nato in questa mangiatoia disprezza l`oro e l`argento. Non disapprovo coloro che lo fecero per rendergli onore (né in verità coloro che fecero vasi d`oro per il tempio): mi meraviglio invece che il Signore, creatore del mondo, nasca non in mezzo all`oro e all`argento, ma nel fango.

 

         (Girolamo, Homilia de Nativitate Domini, 31-40)

 

 

8. Betlemme ha riaperto l`Eden

 

         Betlemme ha riaperto l`Eden, vedremo come. Abbiamo trovato le delizie in un luogo nascosto, nella grotta riprenderemo i beni del Paradiso. Là, è apparsa la radice da nessuno innaffiata da cui è fiorito il perdono. Là, si è rinvenuto il pozzo da nessuno scavato, dove un tempo David ebbe desiderio di bere. Là, una vergine, con il suo parto, ha subito estinto la sete di Adamo e la sete di David. Affrettiamoci dunque verso quel luogo dove è nato, piccolo bambino, il Dio che è prima dei secoli.

         Il padre della madre è, per sua libera scelta, divenuto suo figlio; il salvatore dei neonati è un neonato egli stesso, coricato in una mangiatoia. Sua madre lo contempla e gli dice: «Dimmi, figlio mio, come sei stato seminato in me, come sei stato formato? Io ti vedo, o carne mia, con stupore, poiché il mio seno è pieno di latte e non ho avuto uno sposo; ti vedo avvolto in panni, ed ecco che il sigillo della mia verginità è sempre intatto: sei tu infatti che l`hai custodito quando ti sei degnato di venire al mondo, bambino mio, Dio [che sei] prima dei secoli».

 

         (Romano il Melode, Carmen X, Proimion, 1, 2)

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22/09/2009 10:29

DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

 

Letture:         Siracide 3,3-7.14-17a

         Colossesi 3,12-21

         Luca 2,22-40

 

1. Simeone è mosso dallo Spirito

 

         Dobbiamo cercare un motivo degno del dono di Dio per spiegare come "Simeone, uomo santo e gradito a Dio", - cosí è scritto nel Vangelo, - "aspettando la consolazione di Israele, ottenne dallo Spirito Santo l`assicurazione che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore" (Lc 2,25-26). Che gli giovò vedere Cristo? Gli fu forse soltanto promesso di vederlo, senza ritrarne alcun vantaggio, oppure tutto questo nasconde qualche dono degno di Dio, che il beato Simeone si era meritato e ricevette? "Una donna toccò l`orlo dell`abito di Gesú e fu risanata" (Lc 8,44). Se costei ha ricevuto un cosí grande dono per aver toccato l`estrema parte del suo abito, che cosa dobbiamo pensare sia accaduto a Simeone, "che accolse tra le sue braccia" il fanciullo e, tenendolo tra le braccia, gioiva e si allietava, rendendosi conto di portare il fanciullo che era venuto per liberare i prigionieri? Lui stesso stava per essere liberato dai vincoli del corpo, ed egli sapeva che nessuno poteva far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza della vita futura, se non colui che teneva in braccio.

         Per questo dice, rivolgendosi a lui: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace" (Lc 2,29); infatti fin che io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli. Dobbiamo intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda tra le sue mani Gesú, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là dove desidera.

         Considerate quante cose erano state preordinate in anticipo perché Simeone meritasse di tenere in braccio il Figlio di Dio. Dapprima aveva ricevuto l`assicurazione dallo Spirito Santo «che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore».

         Non era poi venuto al tempio né per caso né semplicemente ma venne al tempio mosso dallo Spirito di Dio: "infatti tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio" (Rm 8,14). Lo Spirito Santo lo condusse dunque al tempio. Anche tu, se vuoi tenere in braccio Gesú e stringerlo tra le mani, se vuoi esser degno di essere liberato dalla prigione, dedica ogni tuo sforzo per essere condotto dallo Spirito e venire al tempio di Dio. Ecco, ora tu stai nel tempio del Signore Gesú, cioè nella sua Chiesa; questo è il tempio costruito di "pietre vive" (1Pt 2,5). Ma tu stai nel tempio del Signore quando la tua vita e i tuoi costumi sono quanto mai degni del nome che designa la Chiesa.

         Se verrai al tempio mosso dallo Spirito, troverai il fanciullo Gesú, lo solleverai nelle tue braccia e dirai: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola" (Lc 2,29). Osserva nello stesso tempo che la pace si aggiunge allo scioglimento e alla liberazione. Non dice infatti Simeone: io voglio morire, ma aggiunge voglio morire «in pace». Anche al beato Abramo fu promessa la stessa cosa: "Quanto a te, andrai dai tuoi padri in pace, dopo aver vissuto in una felice vecchiaia" (Gen 15,15). Chi è che muore in pace, se non colui che possiede "la pace di Dio, pace che va al di là di ogni intelligenza e custodisce il cuore" (Fil 4,7) di chi la possiede? Chi se ne va da questo secolo in pace, se non colui che comprende che "Dio era in Cristo per riconciliare con sé il mondo" (2Cor 5,19), colui che non nutre inimicizia e rancore verso Dio, ma ha conseguito in sé, con le buone opere, la pienezza della pace e della concordia, e se ne va quindi in pace per raggiungere i santi padri, verso i quali se n`è andato anche Abramo?

         Ma perché parlo dei patriarchi? Si tratta di raggiungere lo stesso capo e Signore dei patriarchi, Gesú, di cui è detto: "Meglio è morire ed essere con Cristo" (Fil 1,23). Possiede Gesú colui che osa dire: "Vivo, non piú io, ma vive Cristo in me" (Gal 2,20). Affinché dunque anche noi, qui presenti nel tempio, tenendo in braccio il Figlio di Dio e serrandolo tra le nostre mani, siamo degni di essere liberati e di partire verso una migliore vita, preghiamo Dio onnipotente, preghiamo lo stesso fanciullo Gesú, con il quale noi desideriamo parlare tenendolo in braccio, Gesú "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

 

         (Origene, In Evang. Luc., 15, 1-5)

 

 

2. Simeone figura di chi aspetta il Signore

 

         "Ed ecco a Gerusalemme c`era un uomo di nome Simeone uomo giusto e timorato, che aspettava la consolazione d`Israele" (Lc 2,25). Non soltanto dagli angeli e dai profeti, dai pastori e dai genitori, ma anche dai vecchi e dai giusti riceve testimonianza la nascita del Signore. Tutte le età, l`uno e l`altro sesso e gli eventi miracolosi rendono testimonianza: una vergine partorisce, una donna sterile ha un figlio, un muto parla, Elisabetta profetizza, il mago adora, il bambino chiuso nel seno materno salta per la gioia, una vedova rende grazie, un giusto è in attesa.

         Era davvero un giusto, perché egli non attendeva nel suo interesse ma in quello del popolo. Per suo conto egli desiderava essere sciolto dai legami di questo corpo fragile; ma attendeva di vedere il Messia promesso: ben sapeva, infatti, che sarebbero stati «beati gli occhi» che lo avrebbero visto (cf. Lc 10,23).

         "Ora" - disse - "lascia andare il tuo servo" (Lc 2,29). Vedi questo giusto, stretto quasi nel carcere del corpo, che desidera sciogliersene per cominciare a essere con Cristo, perché "sciogliersi ed essere con Cristo è molto meglio" (Fil 1,23). Ma colui che vuole essere liberato, venga a Gerusalemme, venga al tempio, attenda l`Unto del Signore, riceva nelle sue mani il Verbo di Dio e lo stringa fra le braccia della sua fede. Allora sarà liberato, e non vedrà piú la morte, egli che ha visto la vita.

         Vedi quale eccezionale abbondanza di grazia diffonde su tutti la nascita del Signore, e come la profezia è negata agli increduli, ma non ai giusti (cf. 1Cor 14,22). Ecco che anche Simeone profetizza che il Signore Gesú Cristo è venuto per la rovina e per la risurrezione di molti, per fare tra i giusti e gli ingiusti la divisione secondo i meriti, e per darci, come giudice vero e equo, sia le pene sia i premi, a seconda delle nostre azioni.

 

         (Ambrogio, Exp. in Luc., 2, 58-60)

 

 

3. I dolori di Maria

 

         Questa donna ripiena di grazie che superano ogni misura naturale, i dolori, che non conobbe nel parto, li subí al tempo della passione, sentendosi lacerare tutta dal materno affetto e sentendosi trafitta come da spade, quando vedeva venir ucciso, come uno scellerato, colui ch`essa aveva conosciuto ch`era Dio, quando lo generò. Cosí dev`essere compresa la profezia: "La spada del dolore ti trafiggerà l`anima (Lc 2,35). Però la letizia della risurrezione, che cantava la divinità di colui ch`era morto nella carne, assorbí tutto il dolore.

 

         (Giovanni Damasceno, De fide orthod., 4, 14
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22/09/2009 10:29

SOLENNITA` DI MARIA SS. MADRE DI DIO

SOLENNITA` DI MARIA SS. MADRE DI DIO

 

(1° gennaio)

 

         L`inizio dell`anno civile fu a Roma legato a festeggiamenti pagani di tipo carnevalesco. I cristiani si opposero decisamente a queste celebrazioni e attraverso il digiuno e la penitenza cercano di ripagare Dio per i peccati dei pagani commessi in questo giorno. Nei vecchi sacramentari romani troviamo formulari di Messa perquesto giorno che racchiudono la supplica per la difesa contro il ritorno all`idolatria.

         Insieme con il tramonto del paganesimo scompare il carattere remunerativo di questo giorno. La Chiesa celebra adesso, il primo gennaio, l`ottava del Natale, e le preghiere liturgiche assumono un aspetto mariano. Il capodanno diventa la prima festa mariana nella liturgia romana.

         Alcuni collegano l`introduzione della festa con la consacrazione della basilica di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, altri vi vedono l`impatto con la liturgia bizantina. Il capodanno ha conservato il carattere mariano ancora nel Medioevo, e solamente sotto l`influsso della liturgia gallica l`ottava del Natale coglie le caratteristiche della festa della Circoncisione del Signore.

         Il nuovo messale romano torna alla vecchia tradizione: il capodanno diventa di nuovo la solennità della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.

         Il Concilio in Efeso (431) ha proclamato che Maria è la Madre di Dio - Theotokos - e la fede della Chiesa trova la sua espressione nelle preghiere del giorno di oggi. Maria ha concepito l`Unigenito Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo e «sempre intatta nella sua gloria verginale ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore», Datore della Vita. Maria è pervenuta ad una grande elezione, è stata dotata di privilegi particolari, ma tutti i doni li ha ottenuti in vista del suo ruolo nella storia della salvezza: ella porta al mondo il Salvatore. Maria, essendo Madre di Gesú quanto al corpo, è anche Madre del suo corpo mistico, è Madre della Chiesa: questo nuovo titolo è stato conferito a Maria durante il Concilio Vaticano II. I testi liturgici non si riferiscono all`inizio del nuovo anno, ma a Maria che medita nel suo cuore il mistero di Cristo e manifesta Cristo al mondo; essa indica ai credenti come devono vivere il dono del tempo.

 

         O Vergine Immacolata Madre di Dio, piena di grazia;

         il santo tuo seno portò l`Emmanuele;

         dalle tue mammelle stillò il latte

         alimento di tutti.

         Tu però superi ogni lode,

         tu sei al di sopra di ogni gloria.

         Salve, o Genitrice di Dio,

         gaudio degli angeli,

         che superi ogni pienezza di grazia

         predetta dai profeti.

         Il Signore è con te,

         che generasti la Salvezza del mondo.

 

         (Liturgia Copta, Troparium copticum, EE n. 3032)

 

 

1. Maria è Madre di Dio in senso proprio

 

         Noi proclamiamo, in senso assoluto, che la santa Vergine è propriamente e veramente Madre di Dio (Greg. Naz., Epist. 1 ad Cledon).

         Come, infatti, è Dio colui che è nato da lei, così, per conseguenza, è Madre di Dio, colei che generò il vero Dio che prese carne da lei. Noi diciamo che Dio, senza dubbio, è nato da lei, non già perché la divinità del Verbo trasse da lei il principio dell`esistenza; ma perché lo stesso Verbo, che è stato generato prima dei secoli, al di là di alcun tempo, ed esiste insieme col Padre e lo Spirito Santo senza inizio e da sempre, negli ultimi tempi si racchiuse nel seno di lei per la nostra salvezza, e col prendere la nostra natura umana da lei fu generato senza che mutasse la propria natura (divina).

         La santa Vergine, infatti, non generò un semplice uomo, ma il Dio vero; non puro spirito, ma rivestito di carne umana; né (questo avvenne) in modo tale che, portato il corpo dal cielo, venne a noi per mezzo di Maria, come attraverso un canale; ma prese da lei corpo umano della nostra medesima natura, che in lui sussistesse.

         Infatti, se il corpo è disceso dal cielo, e non è stato ricevuto dalla nostra natura, che gran bisogno c`era di farsi uomo?

         Il Verbo di Dio si rivestí, pertanto, della natura umana, affinché con la stessa natura che aveva peccato, ed era decaduta, corrompendosi, vincesse il tiranno che si era ingannato e così fosse ristabilito dalla corruzione, come l`apostolo del Signore dice: Poiché la morte entrò per mezzo dell`uomo, parimenti per l`uomo la risurrezione dei morti (1Cor 15,21).

         Se resta vera la prima verità, certamente anche la seconda.

         Sebbene poi si usino queste parole: «Il primo Adamo, il terreno, (ha origine) dalla terra, il secondo Adamo, il Signore, dal cielo» (Greg di Naz. ), non indica che il suo corpo discendesse dal cielo, ma rivela che egli non è un semplice uomo. Infatti, come vedi, lo chiamò sia Adamo, che Signore, indicando insieme l`una e l`altra cosa.

         Adamo, in verità, vuol dire di origine terrena. Conviene, invero, che l`origine dell`uomo sia terrena, perché è plasmato dalla terra. Ma il nome del Signore, significa natura divina.

         E di nuovo così parla l`Apostolo: Dio mandò il suo Figlio unigenito nato da una donna (1Cor 15,47). Non disse, per mezzo di una donna, ma da una donna.

         Perciò egli volle indicare che egli stesso era l`Unigenito Figlio di Dio e Dio stesso, che si è fatto uomo dalla Vergine, e parimenti che era stato generato dalla Vergine, colui che è Figlio di Dio e Dio stesso.

         Generato, invero, in quanto al corpo, vale a dire, per la ragione per la quale si è fatto uomo, cosí certamente, per non abitare prima in un uomo creato, come in un profeta, ma egli stesso si è fatto uomo veramente e sostanzialmente; cioè, nella sua unione personale fece sussistere la carne animata da uno spirito razionale ed intelligente, offrendo se stesso come «ipostasi» di lui.

         Questo è il significato che ha l`espressione nato da una donna.

         Infatti, a quale condizione lo stesso Verbo di Dio sarebbe divenuto sotto la legge, se l`uomo non fosse stato della medesima nostra sostanza?

        

         Giustamente dunque e veramente chiamiamo Maria la santa Madre di Dio.

         Questo nome, infatti, racchiude tutto il mistero della incarnazione.

         Poiché, se la Madre di Dio è colei che generò, certamente è Dio colui che è stato generato da lei stessa: e, senza dubbio, anche uomo.

         Infatti, chi avrebbe potuto far avvenire che Dio, che esisteva prima dei secoli, nascesse da una donna, se non si fosse fatto uomo?

         Colui, in effetti, che è Figlio dell`uomo, è necessario sia anche uomo.

         Poiché se chi è nato da una donna, è Dio, senza dubbio è l`unico e identico che è stato generato da Dio Padre, per il fatto che si addice alla divina sostanza non avere inizio, e che quella sostanza che ebbe inizio negli ultimi tempi ed è sottomessa al tempo, cioè alla sostanza umana, è nata dalla Vergine.

         E ciò vuol dire, invero, una sola Persona del nostro Signore Gesú Cristo, e due nature e due discendenze... e quel deleterio Nestorio dichiarò con lingua rabbiosa Deiforo (portatore di Dio) colui che nacque dalla Vergine.

         Ma sia lontana da noi questa affermazione, a tal punto che noi diciamo o pensiamo che è uscito da Dio, il Deiforo; anzi, è piuttosto lo stesso Dio incarnato (Ciril., lib. I cont. Nest.).

         Lo stesso Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo, fu concepito veramente dalla Vergine, ma Dio divenne quella natura umana che aveva deificata non appena essa fu assunta.

         Per la qual cosa tre cose divennero parimenti una sola, senza dubbio perché fu assunta, perché pre-esisteva e perché fu deificata dal Verbo.

         Di qui consegue che la Vergine santa, come Madre di Dio, sia capita e chiamata, non solo a causa della natura del Verbo, ma anche a motivo dell`umanità data alla divinità, poiché la concezione e l`esistenza furono compiute con un eccezionale prodigio, con la concezione, è vero, del Verbo, ma con la esistenza della carne nello stesso Verbo.

         E infatti, la stessa Madre di Dio al di sopra delle leggi della natura era sottomessa al formatore di tutte le cose, donde anche egli stesso fosse creato (formato), e al Dio creatore dell`universo, affinché con la divinità donando l`umanità assunta, egli si facesse uomo, mentre l`unione, nel frattempo, conservasse le nature (cose) unite tali quali erano state, cioè, non solo la divinità, ma anche la umanità del Cristo; e né soltanto quello che è al di sopra di noi, ma anche ciò che è nostro.

 

         (Giovanni Damasceno, De fide ortod., 3, 12)

 

 

2. Madre per opera dello Spirito Santo

 

         Che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine. Questa fra gli uomini è nascita dovuta all`economia della salvezza, mentre quella è della sostanza divina: questa è di condiscendenza, quella di natura. Nasce per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: e certo a questo punto si richiedono piú puri le orecchie le l`intelletto. Infatti a questi, che poco fa hai appreso nato indicibilmente dal Padre, ora apprendi che dallo Spirito Santo è stato preparato un tempio nel segreto del ventre verginale; e come nella santificazione dello Spirito Santo non si deve intendere nessuna fragilità, così anche nel parto della Vergine non si deve intendere alcuna corruzione. Ora infatti al mondo è stato dato un nuovo parto e non senza ragione. Chi infatti in cielo è unico Figlio, conseguentemente anche in terra è unico e nasce in modo unico. Su questo argomento sono a tutti note e riecheggiate nei Vangeli le parole dei profeti, i quali affermano che una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14). E anche il meraviglioso modo del parto il profeta Ezechiele aveva anticipatamente indicato, definendo simbolicamente Maria porta del Signore, cioè attraverso la quale il Signore è entrato nel mondo. Dice pertanto cosí: La porta che guarda ad oriente sarà chiusa e non verrà aperta e nessuno vi passerà attraverso, perché proprio il Signore Dio d`Israele passerà attraverso questa porta e sarà chiusa (Ez 44,2). Che cosa di altrettanto evidente si sarebbe potuto dire della consacrazione della Vergine? Rimase in lei chiusa la porta della verginità, attraverso di essa il Signore Dio d`Israele è entrato in questo mondo, e attraverso di essa è venuto dal ventre della Vergine, e in eterno la porta della Vergine è rimasta chiusa poiché la verginità è stata preservata. Per tal motivo lo Spirito Santo è detto creatore della carne del Signore e del suo tempio.

         Comincia già da qui a comprendere anche la maestà dello Spirito Santo. Infatti riguardo a questo anche la parola del Vangelo afferma che, quando l`angelo parlò alla Vergine e le disse: Partorirai un figlio e gli darai nome Gesú: infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, ed ella rispose: In che modo avverrà questo, dal momento che non conosco uomo, allora l`angelo di Dio le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell`Altissimo ti adombrerà: perciò ciò che da te nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1,31.34.35; Mt 1,21). Osserva dunque la Trinità che coopera scambievolmente. E` detto rito Santo viene sulla Vergine e la potenza dell`Altissimo adombra. Ma qual è la potenza dell`Altissimo, se non proprio Cristo, che è potenza di Dio e sapienza di Dio? (1Cor 1,24). Ma questa potenza di chi è? Dell`Altissimo, è detto. Perciò è presente l`Altissimo, è presente anche la potenza dell`Altissimo, è presente anche lo Spirito Santo. Questa è la Trinità, che duvunque è nascosta e dovunque appare, distinta nei nomi e nelle Persone, sostanza inseparabile della divinità. E benché soltanto il Figlio nasca dalla Vergine, tuttavia è presente anche l`Altissimo è presente anche lo Spirito Santo, perché venga santificato il concecepimento della Vergine e il suo parto.

 

         (Rufino di Aquileia, Expositio symboli, 8-9)

 

 

3. Inno a Maria

 

         Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9): salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l`immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l`olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l`unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch`eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d`ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.

 

         (Cirillo di Ales., Hom. 4, n. 1183)

 

 

4. Cercare in Dio la felicità

 

         Quale vantaggio ricavate dal vostro lungo e continuo camminare per vie aspre (Sap 5,7) e penose? Non vi è quiete dove voi la cercate. Cercate ciò che cercate, ma non è là, dove voi cercate. Voi cercate una vita felice in un paese di morte (Is 9,2): non e lí. Come potrebbe essere una vita felice ove manca la vita?

         Discese nel mondo la nostra vita, la vera (cf. Gv 6,33.41.59; 11,25; 14,6), si prese sulle sue spalle la nostra morte e l`uccise (cf. 1Tm 1,10) con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando di tornare dal mondo a lui, nel sacrario onde verme a noi dapprima entrando nel seno di una vergine, ove gli si unì come sposa la creatura umana, la nostra carne mortale, per non rimanere definitivamente mortale; poi di là, come sposo che esce dal talamo, uscí con balzo di gigante per correre la sua via (Sal 18,6), e senza mai attardarsi corse gridando a parole e a fatti, con la morte e la vita, con la discesa e l`ascesa (cf. Ef 4,9ss), gridando affinché tornassimo a lui; e si dipartì dagli occhi (At 1,9; cf. Lc 24,51) affinché tornassimo al cuore, ove trovarlo. Partí infatti, ed eccolo, è qui (Mt 24,23; Mc 13,21).

 

         (Agostino, Confess. 4, 12, 18-19)

 

 

5. Scopo dell`Incarnazione: farci figli di Dio

 

         Il figlio di Dio, in effetti, si fece figlio dell`uomo perché i figli dell`uomo, cioè di Adamo, divenissero figli di Dio. Infatti il Verbo che lassú fu generato fuori del tempo dal Padre in modo ineffabile, inesplicabile, incomprensibile, viene quaggiú generato nel tempo da Maria Vergine e Madre, perché quelli che prima furono generati quaggiú siano poi generati lassú, cioè da Dio. Egli quindi ha in terra solo la madre, e noi abbiamo in cielo solo il padre. Per questo chiama se stesso figlio dell`uomo, perché gli uomini chiamino Dio padre celeste. Padre nostro, dice, che sei nei cieli (Mt. 6,9). Dunque, come noi servi di Dio siamo di Dio, cosí il Signore dei servi è diventato figlio mortale del proprio servo, cioè di Adamo, affinché i figli di Adamo, che erano mortali, divenissero figli di Dio; infatti sta scritto: Ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Quindi il figlio di Dio prova la morte in quanto generato dalla carne, perché i figli dell`uomo siano fatti partecipi della vita di Dio in quanto loro padre secondo lo Spirito. Egli dunque è figlio di Dio secondo natura: noi invece per mezzo della grazia.

 

         (Atanasio, De incarnat., 8)

 

 

6. Una condizione per rimanere in Dio

 

         Se uno non crede che Maria, la santa, è madre di Dio, è fuori della divinità.

 

         (Gregorio di Nazianzio, Epist., 101)

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22/09/2009 10:31

SOLENNITA` DELL` EPIFANIA DEL SIGNORE

SOLENNITA` DELL` EPIFANIA DEL SIGNORE

 

(II domenica dopo Natale)

 

         Già il norne della festa «Epifania» (gr. Epiphaneia, Teofania = venuta, manifestazione, apparizione) denota la sua origine orientale. Sembra sia stata introdotta in Oriente per gli stessi motivi e più o meno nello stesso tempo che il Natale in Occidente. Festeggiato in Egitto il 6 gennaio, il solstizio invernale, e collegate con esso le celebrazioni in onore del «Sole Invincibile», i cristiani l`hanno sostituito coll`Epifania, cioè la venuta, la rivelazione di Cristo, vera Luce del mondo. In questo giorno, la Chiesa di Gerusalemme celebrava il mistero della nascita di Cristo, commemorando pure l`adorazione dei pastori e dei magi la Chiesa d`Egitto ricorda inoltre il Battesimo di Cristo nel Giordano.

         Quando, nella seconda metà del secolo IV, Roma comincerà a festeggiare l`Epifania e l`Oriente accetterà il Natale, la sostanza della Solennità dell`Epifania del Signore verrà trasformata. Sia l`Oriente che l`Occidente celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù a Betlemme il 6 gennaio, l`Oriente si concentrerà sul Battesimo di Gesù nel Giordano, l`Occidente invece sull`adorazione dei magi. Poiché il Vangelo parla dell`offerta dei tre doni - oro, incenso e mirra -, si cominciò a pensare che fossero venuti tre magi. Sotto l`influsso dei testi liturgici, dal secolo VI in poi furono chiamati re, e dal secolo IX ottennero dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Il culto dei tre magi si è rafforzato a partire dal secolo XII quando l`imperatore Federico Barbarossa prese le loro reliquie da Milano e le trasportò a Colonia dove sono tutt`ora nella famosa cattedrale. Nel Medioevo, si veneravano i tre magi quali patroni dei viaggiatori. Secondo un antico costume dei primi secoli, durante la Messa, dopo il canto del Vangelo, veniva annunziata ai fedeli la data della Pasqua e delle altre feste mobili di tutto l`anno. Dalla fine del Medioevo, inizia l`usanza della benedizione delle case in cui si adoperava l`acqua e l`incenso benedetti nel giorno dell`Epifania e con il gesso si scrivevano sulle porte le lettere CMB. Secondo la convinzione comune, le lettere dovevano significare i nomi dei magi, ma alcuni ritengono che esse siano l`abbreviazione della frase: «Christus mansionem benedicat» [ = Cristo benedica l`abitazione]. Il costume di benedire l`incenso e il gesso è ancora in vigore localmente.

         Oggi, per mezzo della stella, Dio rivela il Figlio Unigenito quale Salvatore di tutti gli uomini. Nella persona dei magi venuti dall`Oriente, i popoli del mondo rispondono alla chiamata di Dio, individuano e riconoscono il Bambino di Betlemme come loro Salvatore. Si adempie la profezia di Isaia: il buio copre la terra, le tenebre avvolgono le nazioni, ma sopra Gerusalemme risplende la luce. Verso questa luce sono diretti i popoli della terra e in questa luce cammineranno d`ora in poi. Siamo di fronte ad un mistero, che non era conosciuto dalle generazioni precedenti e quale fu rivelato a san Paolo dallo Spirito Santo: i pagani sono già coeredi e membri dello stesso Corpo, e compartecipi della promessa in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo. Gesù inizia l`opera dell`unificazione dei popoli e la fondazione della comunità della famiglia umana. La Chiesa, segno dell`unità di tutto il genere umano, continua a svolgere questa missione oggi, finché non ritorni il Signore.

         Abbiamo già conosciuto Cristo per mezzo della fede, abbiamo ottenuto il rinnovamento della nostra natura umana, apparteniamo alla Chiesa, popolo della Nuova Alleanza. Abbiamo hisogno, come una volta i magi, della luce di Dio per capire quanto grandi siano i misteri ai quali partecipiamo, per poter annunziare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio.

 

         Dio onnipotente ed eterno

         che hai voluto rivelare l`incarnazione del tuo Verbo

         per mezzo della testimonianza luminosa della stella,

         vedendo la quale i magi adorarono la tua maestà

         con l`offerta di doni,

         concedi che appaia sempre alle nostre menti

         la tua stella di giustizia,

         e sia nostro tesoro la confessione

         del tuo Nome, per mezzo della vita.

 

         (Sacramentarium Bergomense, ed. A. Paredi, Bergamo 1962, n. 186)

 

 

1. Seconda omelia per la solennità dell`Epifania

 

         Rallegratevi nel Signore, o carissimi, ve lo ripeto, rallegratevi (Fil 3,4); infatti, poco dopo la festa della nascita di Cristo, ecco che la solennità della sua manifestazione ci ha inondati di luce; e il mondo conosce in questo giorno colui che la Vergine partorì in quello. Il Verbo fatto carne, in effetti, regolò così bene gli inizi della sua vita nella nostra natura che la nascita di Gesù fu nel contempo svelata ai credenti e nascosta ai persecutori. Allora, i cieli narrarono la gloria di Dio e su tutta la terra si diffuse il suono della verità (cf. Sal 18,25), quando l`esercito degli angeli apparve ai pastori per annunciare loro la nascita di un Salvatore, ed una stella guidò i Magi precedendoli perché venissero ad adorarlo. Così, dall`aurora al tramonto (cf. Sal 49,2) la nascita del vero re brillò in tutto il suo fulgore, poiché, nel contempo, i regni d`Oriente ne appresero il fedele racconto attraverso i Magi, mentre i fatti non rimasero nascosti all`Impero romano. Infatti, persino la crudeltà di Erode, che volle sopprimere fin dai primi istanti colui che sospettava essere re, favoriva senza saperlo quel disegno divino; in effetti, mentre tutto dedito al suo atroce progetto, perseguitava un bambino sconosciuto massacrando indiscriminatamente tutti i neonati, una singolare fama diffondeva dappertutto la notizia, annunciata dal cielo, della nascita del sovrano; fama che rendeva ad un tempo più sicura nei suoi effetti e più rapida tanto la novità del prodigio celeste che l`empietà del persecutore assetato di sangue. Ma è allora che il Salvatore viene portato in Egitto, affinché quel popolo, dedito ad antichi errori, venisse chiamato da una grazia nascosta alla salvezza ormai prossima e, senza che avesse ancora ripudiato la superstizione dal suo cuore, nondimeno offrisse ospitalità alla verità.

         E` dunque con ragione, amatissimi, che, consacrato dalla manifestazione del Signore, questo giorno è insignito di speciale dignità in tutto il mondo: esso deve di conseguenza brillare con degno splendore nei nostri cuori, affinché possiamo non solo venerare il seguito di tali avvenimenti prestandovi fede, ma altresì comprendendoli...

         Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza. E allora, infatti, che noi abbiamo cominciato ad entrare in possesso della nostra eterna eredità; è allora che si sono aperti per noi i segreti delle Scritture che parlano del Cristo, e che la verità, rifiutata dai Giudei resi ciechi, è diffusa dalla sua luce su tutti i popoli. Veneriamo dunque il giorno santissimo in cui si è manifestato l`autore della nostra salvezza e adoriamo nei cieli l`Onnipotente che i Magi adorarono neonato in una culla. E come essi offrirono al Signore dei doni tratti dai loro scrigni, simboli mistici, così anche noi estraiamo dai nostri cuori doni degni di Dio. Senza dubbio è lui il datore di ogni bene; tuttavia egli cerca il frutto del nostro lavoro: non è infatti a chi dorme che è dato il regno dei cieli, bensì a coloro che soffrono e vigilano nei comandamenti di Dio; se perciò non rendiamo vani i doni da lui stesso ricevuti, meriteremo tramite i beni che egli ha elargito, di ricevere quelli che egli ha promesso.

         Dimodoché esortiamo la nostra carità ad astenersi da ogni opera malvagia ed a legarvi a tutto ciò che è casto e santo. I figli della luce devono, in effetti, ricusare le opere delle tenebre (cf. Rm 13,12). Per questo, fuggite gli odi, rigettate le menzogne, distruggete l`orgoglio con l`umiltà, bandite l`avarizia, amate la liberalità, poiché è conveniente che le membra si conformino al loro capo; così meriteremo di essere ammessi a condividere l`eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo che, con il Padre e lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

         (Leone Magno, Sermo 32, 1 s. 4)

 

 

2. La stella dei Magi

 

         La stella apparve perché i profeti erano scomparsi. La stella accorse per spiegare chi fosse colui verso il quale erano rivolte con precisione le parole dei profeti. Come per Ezechia il sole si rivolse dall`Occidente verso l`Oriente (cf. 2Re,20,8-11; Is 38,7-8), così a causa del bambino del presepio, la stella corse dall`Oriente verso l`Occidente.

         Il segno del sole fu un biasimo per Israele, e i Magi confusero il popolo con i doni che essi arrecavano. Essi vennero con i loro segni, a somiglianza dei profeti, ed essi resero testimonianza alla nascita del Cristo, affinché, quando Egli sarebbe venuto, non fosse considerato come uno straniero, ma che tutte le creature riconoscessero la sua nascita. Zaccaria divenne muto ed Elisabetta concepì, affinché tutte le regioni comprendessero e conoscessero la sua venuta.

         Ma questa stella era maestra del proprio percorso; essa saliva, discendeva, come se alcun legame la trattenesse, perché aveva potere sugli spazi celesti, e non era fissa nel firmamento. Se essa si nascose (per un momento agli occhi dei Magi), fu affinché essi non venissero a Betlemme attraverso un cammino chiaro e diritto.

         Dio la nascose loro per mettere alla prova Israele, affinché i Magi raggiungessero Gerusalemme, gli Scribi parlassero loro della nascita del Signore (cf. Mt 2,4-6) e ricevessero una testimonianza sincera dalla bocca stessa dei profeti e dei sacerdoti. Ma ciò avvenne anche affinché i Magi non credessero che vi fosse un potere al di fuori di quello che risiede a Gerusalemme. Allo stesso modo gli antichi avevano ricevuto dallo spirito che era sopra Mosè, affinché non si pensasse che ci fosse un altro spirito (cf. Nm 11,17).

         I popoli orientali sono stati illuminati dalla stella, perché gli Israeliti, al sorgere del sole, che è Cristo, erano diventati ciechi.

         E`, dunque, l`Oriente che per primo ha adorato il Cristo, come Zaccaria aveva predetto: L`Oriente darà la luce dall`alto (Lc 1,78). Quando la stella ebbe accompagnato i Magi fino al sole, si fermò, perché arrivata alla meta, in seguito, essa smise il suo percorso.

         Giovanni era la voce, che annunciava il Verbo. Ma quando il Verbo, per farsi ascoltare, s`incarnò ed apparve, la voce che preparava la strada, esclamò: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3,30).

         I Magi, che adoravano gli astri, non avrebbero deciso di andare verso la luce se la stella non li avesse attratti col suo splendore. La stessa attrasse il loro amore, legato ad una luce di poca durata, verso la luce che non tramonta...

         Ed essi aprirono i loro tesori e gli offrirono in dono, l`oro alla sua natura umana, la mirra, come figura della sua morte, l`incenso, alla sua divinità (Mt 2,11). Cioè: l`oro, come ad un re, l`incenso, come a Dio, la mirra, come a colui che dev`essere imbalsamato. O, meglio ancora: l`oro, perché lo si adorasse, in quanto questa adorazione è dovuta al proprio maestro; la mirra e l`incenso, per indicare il medico che doveva guarire la ferita di Adamo.

 

         (Efrem, Diatessaron, II, 5, 18-25)

 

 

3. La festività dell`Epifania: il motivo profondo della sua solennità

 

         L`Epifania, il cui nome deriva dalla lingua greca, in latino può essere chiamata manifestazione.

         Oggi, si è rivelato il Redentore di tutte le genti e a tutte le genti chiede solennità.

         E, per questo, abbiamo celebrato la sua nascita, pochissimi giorni fa, e oggi celebriamo la sua stessa manifestazione.

         Il Signore nostro Gesù Cristo, nato da tredici giorni, si dice sia stato adorato oggi dai Magi.

         Poiché avvenne che la verità del Vangelo parla: ma in quale giorno sia avvenuto dovunque l`importanza di questa solennità così gloriosa, lo dichiara.

         Sembrò giusto, infatti, e veramente è giusto, che poiché, primi fra i Gentili, i Magi conobbero il Signore Gesù, e, non ancora impressionati dalla sua parola, seguirono la stella apparsa loro che parlò loro visibilmente in luogo del Verbo incarnato, come lingua del Cielo (Mt 11,1-12), affinché i Gentili conoscessero, per grazia, il giorno della salvezza delle sue primizie, e lo dedicassero al Cristo Signore con solenne ossequio ed azione di grazie.

         Le primizie, certo, dei Giudei per la fede e la rivelazione del Cristo, esistettero in quei pastori, qui nello stesso giorno in cui egli nacque, lo videro col venire da molto vicino.

         Gli angeli annunziarono a quelli, la stessa a questi.

         A quelli fu detto: Gloria a Dio dal sommo dei Cieli (Lc 2,14): in questi si compì: I cieli cantano la gloria di Dio (Sal 18,2).

         Gli uni e gli altri, senza dubbio, come gli inizi delle due pareti che provenivano da condizione diversa: dalla circoncisione e dal prepuzio accorsero alla pietra principale: per la loro pace, che l`una e l`altra cosa rendeva una sola (Ef 2,11-12).

         Nei Giudei fu prima la grazia, nei Gentili più abbondante l`umiltà.

         Veramente quelli lodarono Dio, perché avevano visto il Cristo: ma questi adorarono anche il Cristo che avevano visto.

         In quelli fu prima la grazia, in questi, più abbondante l`umiltà.

         Forse quelli pastori di poca importanza, esultavano più fervidamente per la loro salvezza: ma questi Magi ricoperti di molti peccati chiedevano più umilmente il perdono.

         Questa è quella umiltà, che la Divina Scrittura esalta più in quelli che provenivano dai Gentili che nei Giudei.

         Dai Gentili, infatti, proveniva quel centurione che, avendo ricevuto il Signore con tutto il cuore, tuttavia si ritenne indegno, che egli esitasse nella sua casa, né volle che il suo ammalato fosse visto da lui, ma (volle) che si comandasse al salvo (cf. Mt 7,5-10).

         Così più intimamente lo considerava presente nel cuore, la cui presenza egli, nobilmente, teneva lontano dalla sua casa.

         Finalmente il Signore disse: «Non ho trovato in Israele una fede così grande».

         Anche quella donna Cananea viveva tra i Gentili e, quando si sentì chiamare dal Signore cane, e giudicata indegna che il pane dei figli fosse dato a lei, come un cane si accontentò delle briciole: e perciò non meritò di esserlo, poiché non rifiutò quello che non era stata.

         Infatti, in persona ascoltò queste parole dal Signore: O donna grande è la tua fede (ibid., 15, 21-28).

         L`umiltà in lei aveva reso grande la fede; perché essa stessa si era fatta piccola.

         I pastori dunque vengono da vicino a vedere, e i Magi vengono da lontano ad adorare.

         Questa è l`umiltà con la quale meritò di essere innestata sull`olivo selvaticamente, e di portare l`olivo contro natura (cf. Rm 11,17)...

         Celebriamo, dunque, con molta devozione questo giorno, e adoriamo presente nel Cielo, il Signore Gesù che quelle nostre primizie adorarono giacente nella mangiatoia.

         In lui, certo, essi veneravano ciò che accadrebbe, che noi veneriamo già adempiuto.

         Le primizie dei Gentili, lo adorarono raccolto sul seno materno: i Gentili lo adorarono seduto alla destra di Dio Padre.

 

         (Agostino, Sermo 203, 1)

 

 

4. I Gentili aderiscono al Cristo per mezzo dell`amore ai Giudei

 

         Ora, dunque, o carissimi, figli ed eredi della grazia, osservate la vostra vocazione, ed apritevi ai Giudei ed ai Gentili, aderendo a Cristo, come pietra principale dell`edificio, con un amore molto perseverante.

         Si manifestò, infatti, nella stessa culla della sua infanzia a questi, che erano vicini, e a quelli che erano lontano; ai Giudei, con la vicinanza dei pastori, ai Gentili, con la lontananza dei Magi.

         Si crede che quelli venissero a lui nel giorno stesso in cui nacque, questi oggi.

         Si manifestò, dunque, né a quelli, perché erano dotti, né a questi, perché giusti.

         Traspare, infatti, nella rustichezza dei pastori, l`inesperienza, ma l`empietà nel carattere profano dei Magi.

         La pietra angolare (il Cristo) attirò a sé gli uni e gli altri: senza dubbio, perché venne a scegliere le cose stolte dal mondo per confondere i sapienti (1Cor 1,27); e non chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13); affinché nessun uomo grande insuperbisse, e nessun piccolo disperasse.

         Per la qual cosa gli Scribi e i Farisei mentre sembrano troppo dotti e troppo giusti, indicarono la città del (Messia) nato, interpretando l`oracolo profetico, ma lo respinsero.

         Ma poiché (egli) divenne la pietra principale (Sal 117,22), ciò che, nascendo, mostrò, adempì, soffrendo; aderiamo a lui con altri, includendo il resto d`Israele, che per elezione della grazia divenne salvo (Rm 11,5).

         Quei pastori, infatti, li prefiguravano sulla loro imminente riunificazione, affinché anche noi, che siamo stati prefigurati dall`arrivo dei Magi, chiamati da lontano, rimaniamo, non più pellegrini ed estranei, ma familiari di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in virtù della principale pietra angolare, che è il Cristo Gesù: che una sola cosa realizzò e dell`una e dell`altra (Ef 2,11-12), affinché amiamo l`unità essendo uniti ed abbiamo l`instancabile carità, per riunire i rami che innestati sul selvatico, son diventati eretici ostinati, a causa della loro superbia, poiché potente è Dio che li innesta di nuovo (Rm 11,17-24).

 

         (Agostino, Sermo 200, 4)

 

 

5. I doni dei Magi svelano il mistero di Cristo

 

         L`apparizione di una stella, compresa fin dall`inizio dai Magi, evoca l`idea che i pagani non debbono interporre indugi nel credere in Cristo, né gli uomini allontanati dalla conoscenza di Dio dalle loro convinzioni derivate dalla scienza, stentare a riconoscere la luce che immantinente è apparsa alla sua nascita. In effetti, l`offerta dei doni ha espresso l`essere di Cristo in tutto il suo significato, riconoscendo il re nell`oro, Dio nell`incenso, l`uomo nella mirra. E con la venerazione dei Magi si realizza pienamente la conoscenza dell`insieme del mistero: della morte nell`uomo, della risurrezione in Dio, del potere di giudicare nel re. Nel fatto poi che sono impediti di ritornare sui loro passi e di tornare in Giudea da Erode, vi è l`idea che noi non siamo liberi di attingere in Giudea la nostra scienza e la nostra conoscenza, ma che siamo invitati ad abbandonare la via della nostra vita anteriore collocando tutta la nostra salvezza e tutta la nostra speranza in Cristo.

 

         (Ilario di Poitiers, In Matth., 1, 5)

 

 

6. I magi attestano con i doni la fede nel mistero

 

         In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti.

         Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d`Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l`intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare.

         I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall`alto e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell`astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (cf. Fil 2,7), e non veniva per giudicare (cf. Gv 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (cf. Lc 13,33)...

         Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell`infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell`uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l`incenso, all`uomo la mirra, al re l`oro, consci di venerare nell`unità la divina e l`umana natura.

 

         (Leone Magno, Sermo 31, l s.)

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22/09/2009 10:39

DOMENICA DOPO L`EPIFANIA: BATTESIMO DEL SIGNORE

DOMENICA DOPO L`EPIFANIA: BATTESIMO DEL SIGNORE

 

 

(domenica dopo l`Epifania)

 

         La liturgia romana commemorava il Battesimo di Cristo nel Giordano l`ottavo giorno dopo l`Epifania del Signore, una festività apparsa in Occidente nel secolo VIII. Questo avvenne sotto l`influenza della liturgia bizantina per la quale, similmente alle altre liturgie orientali, il ricordo del mistero del Battesimo aveva una particolare importanza. La festa a sé stante del Battesimo del Signore fu costituita solamente nell`anno 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l`Epifania.

         Cristo riceve il Battesimo nelle acque del Giordano dalle mani di Giovanni il Battista. La voce del Padre e la presenza dello Spirito Santo proclamano Gesú Figlio prediletto di Dio e, nello stesso tempo, Servo mandato per annunziare ai poveri la buona novella della salvezza. Lui non alzerà la voce, ma annunzierà a tutti la salvezza, non spezzerà la canna incrinata, ma libererà quelli che rimangono nella schiavitú delle tenebre. Cristo non ha alcun peccato, ma non si separa dall`umanità che vive nel peccato: l`umanità corrotta insieme con lui entra nelle acque del Giordano che preannunziano l`acqua che ci purificherà da ogni sporcizia, ci farà vivere la vita nuova, ci introdurrà nel mistero della morte e della risurrezione del nostro Salvatore.

         Il mistero che oggi viene celebrato dalla Chiesa richiama alla memoria il nostro Battesimo per mezzo del quale siamo stati purificati e siamo spiritualmente rinati, divenendo figli di Dio. In questo giorno di festa, eleviamo suppliche affinché viviamo come figli di Dio, cresciamo nell`amore e ci trasformiamo spiritualmente ad immagine di Cristo.

 

         Oggi, il nostro Dio ci ha manifestato la sua

         indivisa natura in tre Persone;

         il Padre dà infatti chiara testimonianza al Figlio;

         lo Spirito scende dal cielo in forma di colomba;

         il Figlio chinò il capo immacolato dinanzi al Precursore;

         e battezzato, scioglie il genere umano dalla schiavitú,

         perché amante degli uomini.

 

         (Liturgia Bizantina, EE n. 3038)

 

Letture:         Isaia 42,1-4.6-7

         Atti 10,34-38

         Matteo 3,13-17

 

1. Il Figlio prediletto

 

         "Viene dopo di me uno che è piú forte di me, e io non sono degno di prostrarmi per sciogliergli la correggia dei calzari" (Mc 1,7). Siamo di fronte a una grande prova di umiltà: è come se avesse dichiarato di non essere degno di essere servo del Signore...

         "Io vi battezzo con acqua" (Mc 1,8), cioè sono solamente un servo: egli è il creatore e il Signore: Io vi offro l`acqua, sono una creatura e vi offro una cosa creata: egli che non è stato creato, vi porge una cosa increata. Io vi battezzo con acqua, cioè vi offro una cosa visibile; egli invece vi offre l`invisibile. Io che sono visibile, vi do l`acqua visibile; egli che è invisibile, vi dà lo Spirito invisibile.

         "E accadde che in quei giorni venne Gesú da Nazaret della Galilea" (Mc 1,9). Osservate il collegamento e il significato delle parole. L`evangelista non dice, venne Cristo, e neppure venne il Figlio di Dio, ma venne Gesú. Qualcuno potrebbe chiedere: perché non ha detto che venne Cristo? Parlo secondo la carne: evidentemente Dio è da sempre santo e non ha bisogno di santificazione, ma ora parliamo di Cristo secondo la carne. Allora non era stato ancora battezzato e non era stato ancora unto dallo Spirito Santo. Nessuno si scandalizzi: parlo secondo la carne, parlo secondo la forma del servo che egli aveva assunto, cioè parlo di Colui che venne al battesimo quasi fosse un peccatore. Cosí dicendo non intendo affatto dividere il Cristo, come se una persona fosse il Cristo, un`altra Gesú e un`altra il Figlio di Dio: ma intendo dire che, pur essendo uno solo e essendo sempre lo stesso, apparve però a noi diverso a seconda dei diversi momenti.

         «Gesú da Nazareth della Galilea», dice Marco. Considerate il mistero. Dapprima accorsero da Giovanni Battista la Giudea e gli abitanti di Gerusalemme: nostro Signore che dette inizio al battesimo del Vangelo e mutò in sacramenti del Vangelo i sacramenti della legge, non venne dalla Giudea né da Gerusalemme, ma dalla Galilea delle genti. Gesú viene infatti da Nazareth, villaggio della Galilea. Nazara significa fiore: cioè il fiore, che è Gesú, viene dal fiore.

         "E fu battezzato da Giovanni nel Giordano" (Mc 1,9). E` un grande atto di misericordia: si fa battezzare come un peccatore colui che non aveva commesso alcun peccato. Nel battesimo del Signore tutti i peccati vengono rimessi: ma, in un certo senso, il battesimo del Signore precede la vera remissione dei peccati che ha luogo nel sangue di Cristo, nel mistero della Trinità.

         "E subito, risalendo dall`acqua, vide i cieli aperti" (Mc 1,10). Tutto quanto è stato scritto, è stato scritto per noi: prima di ricevere il battesimo abbiamo gli occhi chiusi e non vediamo il cielo. "E vide lo Spirito come colomba, discendere e fermarsi su di lui. E una voce venne dal cielo: «Tu sei il mio dilettissimo Figlio, in cui io mi compiaccio»" (Mc 1,10-11). Gesú Cristo è battezzato da Giovanni, lo Spirito Santo discende sotto forma di colomba e il Padre dai cieli rende la sua testimonianza. Guarda o Ariano, guarda o eretico: anche nel battesimo di Gesú c`è il mistero della Trinità. Gesú è battezzato, lo Spirito discende come colomba, e il Padre parla dal cielo.

         «Vide i cieli aperti», scrive Marco. Cosí, dicendo «vide» mostra che gli altri non videro: non tutti infatti vedono i cieli aperti. Che dice infatti Ezechiele all`inizio del suo libro (cf. Ez 1,2)? «E accadde - dice - che mentre stavo seduto lungo il fiume Cabar in mezzo ai deportati, vidi i cieli aprirsi «. Io vidi, dice: quindi gli altri non vedevano. E non si creda che i cieli si aprano cosí, materialmente e semplicemente: noi stessi che qui sediamo, vediamo i cieli aperti o chiusi a seconda dei nostri meriti. La fede piena vede i cieli aperti, la fede esitante li vede chiusi.

 

         (Girolamo, Comment. in Marc., l)

 

 

2. Ecco l`Agnello di Dio

 

         Cristo, concluso il discorso sui segni rivolto ai suoi discepoli disse loro: «Andiamo sul fiume Giordano». E s`incamminarono insieme con lui e giunsero in Betania che si trova tra Gerusalemme e il Giordano e passarono la notte in casa di Lazzaro.

         Sul far del giorno, Nostro Signore disse ai discepoli: «Andiamo insieme sul Giordano. Lí sentiremo una voce che grida nel deserto per appianare le mie vie (cf. Is 40,3); lí vedrete una fiaccola ardente che splende di vivida luce. Dunque, andiamo verso la luce che risplende sul deserto, andiamo a vedere la stella luminosa. In verità vi dico: solo Giovanni battezza, e mai donna generò un uomo piú perfetto di lui; le sue opere si possono paragonare a quelle del profeta Elia. Ecco, oggi abbatterò lo scellerato, ridurrò il suo potere, e lui stesso sprofonderà nell`abisso delle acque. Oggi si adempiranno le profezie. Oggi il mare vedendomi si ritirerà. Oggi sarà annientato il potere di satana. Oggi il mondo comincerà a risplendere. Oggi sarà rigenerato il santo Adamo, oggi sarà cancellato il peccato di Eva, madre del genere umano. Oggi saprete veramente chi sono io. Oggi vi farò sentire la voce del Padre, oggi sarete testimoni della potenza dello Spirito Santo. Oggi vi si manifesterà la natura della Santissima Trinità. Oggi i monti e i deserti esulteranno, come gioiscono gli agnelli. Oggi la gioia invaderà tutti i popoli ed essi la porteranno nelle loro mani. Oggi Giovanni, figlio di una donna sterile, mi vedrà e la sua anima esulterà. Oggi si commuoverà il cuore di ogni povero. Oggi sorgerà il sole per quelli che sono simili a me e dimorano negli inferi. Oggi si apriranno le porte del cielo. Oggi i primi saranno gli ultimi, e gli ultimi i primi. Oggi saprete chi sono io e da dove vengo. Oggi sentirete la voce del Padre e la Sua testimonianza su di me e sulla mia origine dal Padre. Oggi il Giordano e tutti i fiumi si rallegreranno. Oggi il cielo e la terra grideranno, le acque amare diventeranno dolci, e coloro che hanno sete gusteranno una dolce acqua. Oggi rinnoverò ciò che creai. Oggi il sole sette volte emanerà la sua luce. Questo è il giorno del Signore di cui hanno parlato i Profeti».

         Quando finí di parlare eravamo giunti sul Giordano. E quando Giovanni vide Gesú gridò a gran voce: «"Ecco l`agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29). Questi è il Figlio Unigenito che è venuto per la nostra salvezza. Questi è il Re dei re annunziato dal profeta Zaccaria. E` questi certamente il Figlio Unigenito dell`eterno Dio...».

         Dunque Gesú scese spogliatosi delle vesti e si fermò in mezzo al fiume. C`era lí molta gente che Giovanni battezzava. E Gesú disse a Giovanni: «Fa` quello che ti ho ordinato».

         E Giovanni gli si avvicinò profondamente turbato e impose le mani sul capo di Nostro Signore. E quando volse gli occhi verso il cielo, lo vide aprirsi e lo Spirito Santo scendere sul capo di Cristo come una colomba che aleggiando si fermò sul capo di Nostro Signore. E sentí una voce che gridava dal cielo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; questi è il Figlio mio prediletto di cui gioisco; questi è il Figlio mio diletto per mezzo del quale creai il cielo e la terra; questi è il Figlio mio generato prima dei secoli e dei tempi; questi è il Figlio mio che mai sarà separato da me; questi è il Figlio mio che è veramente la mia immagine».

 

         (Evangelium apocryphum Iohan., 33, 4-6.12)

 

 

3. Lo Spirito e il Battesimo

 

         Cristo fu battezato per noi quando riempí il nostro Battesimo di luce, di vita e di santità e quando divenne la via per la quale lo Spirito viene su di noi, poiché lo Spirito venne su di lui cosí come sulle primizie del nostro genere umano, per passare in seguito anche su quelli che appartengono allo stesso genere, una volta divenuti perfetti attraverso il Battesimo.

 

         (Severo di Antiochia, Sermo, 84)

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22/09/2009 10:45

MERCOLEDI` DELLE CENERI E TEMPO DI QUARESIMA

Verso la metà del II secolo, compare la preparazione alla Pasqua, intesa allora come ricordo della morte salvifica di Cristo (Venerdí Santo). Alcune Chiese, in Gallia, rispettano il digiuno il Venerdí Santo, le altre anche il Sabato Santo e alcune persino il Giovedí Santo o addirittura il Mercoledí Santo. I fedeli in Africa, come quelli di Roma, sono tenuti al digiuno il Venerdí Santo e il Sabato Santo. La Chiesa d`Egitto conosce il digiuno settimanale, ma anche qui c`è una certa libertà.

         La preparazione di quaranta giorni alla festa di Pasqua viene introdotta all`inizio del IV secolo e comincia con la prima domenica di Quaresima. Con il passare del tempo, nasce la convinzione che il digiuno costituisca la piú importante e quasi l`unica forma di preparazione alla Pasqua. Dato che la domenica non si digiunava, era necessario spostare l`inizio della Quaresima aggiungendo i giorni che mancavano. Questo avveniva gradualmente e dal VII secolo il Mercoledí delle Ceneri segna l`inizio del periodo preparatorio alla Pasqua. L`imposizione delle ceneri compare nel secolo IX ed è collegata con la penitenza pubblica. Con la scomparsa di quest`ultima, i sacerdoti cominciano ad imporre le ceneri su tutti i fedeli.

         Le prime testimonianze della solenne benedizione delle ceneri risalgono al secolo X. La Chiesa d`Oriente ha prolungato il periodo di preparazione ad otto settimane e questo ha indotto anche la Chiesa d`Occidente a prolungare il periodo di preparazione con altre tre domeniche prima della Quaresima.

         Il periodo della Quaresima ha una ricchissima storia nella liturgia. Costituiva dapprima il tempo della definitiva preparazione dei candidati al Battesimo, amministrato nella Vigilia di Pasqua. I riti legati a questa preparazione venivano chiamati «scrutini». Dal V secolo, a Roma, erano noti tre scrutini pubblici nella terza, quarta e quinta domenica. Si trasmettevano ai candidati i quattro Vangeli, la professione di fede e la preghiera del Signore. Alla preparazione cosí organizzata, prendeva parte la comunità dei credenti e in questa maniera la preparazione al Battesimo degli uni diventava per gli altri l`occasione di meditare sul proprio Battesimo.

         Il periodo di preparazione di quaranta giorni è il periodo della penitenza, che col tempo fu ridotta principalmente al digiuno. Il digiuno, inizialmente facoltativo, diventa abitudinario e dal secolo IV viene definito con le prescrizioni di luogo, che nel Medioevo diventeranno obbligatorie per tutti. Completavano il digiuno, la preghiera e l`elemosina. La Chiesa di Roma ha istituito la liturgia delle stazioni, che col tempo venne accolta in molte città vescovili. Il papa, nei giorni della Quaresima, celebrava la Messa nelle diverse chiese dell`Urbe con la partecipazione del clero e di molti fedeli. In alcuni giorni, ci si radunava in una delle chiese, donde col canto delle litanie ci si recava alla chiesa della stazione per celebrare l`Eucaristia.

         Le ultime due settimane della Quaresima erano dedicate alla meditazione della Passione del Signore. La lettura del Vangelo di san Giovanni dimostra la lotta di Cristo con i farisei e preannuncia la morte del Salvatore. Nella coscienza dei fedeli, la meditazione della Passione di Cristo divenne dominante nella spiritualità di tale periodo. E` noto finora il costume di velare i quadri e i crocifissi negli ultimi giorni della Quaresima.

         Le parole di san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 5,20; 6,2), dimostrano che cos`è la Quaresima per la Chiesa e per ogni credente. Ecco il tempo della salvezza, perché stiamo vivendo il mistero del Figlio di Dio, che muore per noi sulla Croce. La Chiesa in questi giorni prende coscienza di partecipare alla grande opera di redenzione del mondo, intrapresa da Cristo. Il cristiano invece vive piú profondamente la realtà del proprio Battesimo: in questo sacramento è morto insieme con Cristo e insieme con lui è risorto a nuova vita, ha raggiunto veramente la salvezza.

         In questo periodo di salvezza, la Chiesa fin dai primi tempi si nutre abbondantemente della Parola di Dio, del pane che viene dalla bocca di Dio, per rafforzare la sua fede, come unico mezzo capace di introdurci nella realtà divina. «Convertitevi, e credete al Vangelo». «Lasciatevi riconciliare con Dio!». La Chiesa rivolge queste parole a tutti i credenti. La salvezza di Dio è accessibile a ciascun uomo, la potenza della redenzione di Cristo può abbracciare ciascuno, occorre però l`apertura del cuore, la disponibilità ad accogliere il dono del cielo, la risposta decisa. Il peccato costituisce un ostacolo. Di fronte alla grandezza dei doni di Dio, ci rendiamo conto in questi giorni del male commesso, della nostra debolezza, fragilità e peccaminosità. Questa presa di coscienza avviene sia nella Chiesa, quale comunità, sia nelle sue membra. Il tempo della Quaresima è il momento della conversione, dello staccamento dal peccato, il momento del cambiamento del cuore e del modo di pensare. La conversione cosí concepita esige il sacrificio, il rinnegamento di se stesso, la lotta contro se stesso. Il tempo del pentimento e della conversione è, comunque, anzitutto il tempo del perdono da parte di Dio e il tempo della misericordia di Dio. Dio chiama alla conversione e perdona a chi glielo chiede, è molto paziente verso i peccatori. Da qui sorge la preghiera assidua, piena di fiducia e di speranza. Il tempo della Quaresima, cosí inteso, è un tempo di intensa vita spirituale, di lotta contro se stessi e contro le forze del male; è il tempo dell`avvicinamento a Cristo.

 

         Concedi, ti preghiamo o Signore,

         a questo tuo servo degni frutti di penitenza,

         perché sia restituito innocente

         alla tua santa Chiesa, dalla cui integrità ha deviato peccando,

         conseguendo la remissione delle colpe.

 

         (Sacramentarium Gelasianum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1968, n. 357)

 

 

1. Antica preghiera del pio armeno per tutte le età e le condizioni

 

         I - Con fede ti confesso e ti adoro, Padre, Figlio e Spirito Santo; essenza increata e immortale, creatore degli angeli, degli uomini e di tutti gli esseri. Abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.

         II - Con fede io ti confesso e ti adoro, luce indivisibile, consostanziale santa Trinità e una sola Divinità, Creatore della luce e dissipatore delle tenebre, sciogli dalla mia anima le tenebre del peccato e dell`ignoranza e illumina in quest`ora la mia mente per formulare una preghiera che piaccia a te e ottenga da te quanto domando, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         III - Padre celeste, vero Dio, tu che hai mandato il tuo amato Figlio a cercare la pecora smarrita, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Accoglimi come il figlio prodigo e restituiscimi la prima veste della quale mi sono spogliato per i peccati ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         IV - Figlio di Dio, vero Dio che sei sceso dal seno dell`Eterno Padre e prendesti corpo dalla santa Vergine Maria per la nostra redenzione; tu sei stato crocifisso e sepolto, sei risuscitato dalla morte e sei salito gloriosamente al Padre. Ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Ricordati di me come del ladrone quando verrai con il tuo regno, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.

         V - Spirito di Dio, vero Dio, che sei sceso al Giordano e al Cenacolo e mi hai illuminato attraverso il battesimo della santa Fonte, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza; purificami nuovamente con il tuo fuoco divino come hai fatto ai santi Apostoli con lingue di fuoco ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         VI - Essenza increata, ho peccato contro di te con la mia mente, la mia anima e il corpo; non ricordarti dei miei peccati passati, per il tuo santo nome ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         VII - Tu che tutto vedi, ho peccato contro di te con pensieri, parole e opere; cancella il libro delle mie colpe e scrivi il mio nome in quello della vita ed abbi pietà di me cosí peccatore.

         VIII - Perscrutatore dei segreti, ho peccato contro di te volontariamente e involontariamente, cosciente e per ignoranza, concedi il perdono a me peccatore perché, dalla mia nascita battesimale ad oggi, ho peccato alla presenza della tua divinità, con i miei sensi e con tutte le membra del mio corpo, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         IX - Tu che tutto prevedi, metti il tuo santo timore a vegliare sui miei occhi affinché non guardi ciò che è impuro, sui miei orecchi affinché non mi piaccia di ascoltare parole stupide, alla mia bocca affinché non proferisca menzogne, al mio cuore affinché non trami perversità, alle mie mani affinché non commetta ingiustizia, ai miei piedi affinché non segua la strada dell`iniquità; però dirigi tutti i movimenti perché siano sempre secondo i tuoi comandamenti ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         X - Tu, o Cristo, fuoco vivo, accendi nella mia anima la fiamma di quell`amore che hai sparso sulla terra, perché essa bruci l`impurità della mia anima, purifichi la mia coscienza, tolga i peccati del mio corpo. Accendi nel mio cuore la luce della tua scienza ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XI - Tu, o Cristo, Sapienza del Padre, dammi la sapienza di pensare, parlare e praticare il bene alla tua presenza e a tutte le ore; liberami dai cattivi pensieri, parole e opere, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XII - Tu che ami il bene ed hai per noi una risposta, non lasciarmi camminare secondo i miei desideri, ma orientami perché io faccia sempre la tua benevola volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XIII - Re celeste, dammi il tuo regno che hai promesso ai tuoi amati, fortifica il mio cuore perché abbia in odio il peccato ed ami solo te e faccia la tua volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XIV - Provvidenza delle creature, per il segno della tua Croce, preserva la mia anima e il mio corpo dalle illusioni del peccato, dalle tentazioni dei demoni, dagli uomini ingiusti e da tutti i pericoli dell`anima e del corpo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XV - Cristo, protettore di tutti, la tua destra sia protezione a me di giorno e di notte, al riparo della casa o camminando per le strade, dormendo o vegliando, perché mai rimanga scosso ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XVI - Mio Dio, tu che distendi la tua mano e riempi tutte le creature con la tua misericordia, io mi dono tutto a te; provvedi alle necessità della mia anima e del mio corpo, da adesso all`eternità, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.     

         XVII - Tu che riconduci gli erranti, sviami dalle mie cattive abitudini affinché segua le buone e incidi nella mia anima il terribile giorno della morte, il timore dell`inferno e l`amore del paradiso, affinché mi penta dei peccati e pratichi la giustizia ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.

         XVIII - Fonte di immortalità, fai traboccare dal mio cuore lacrime di pentimento, cosí come l`adultera, affinché io lavi i miei peccati prima di partire da questo mondo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XIX - Donatore di misericordia, concedimi di tornare da te; ho bisogno di fede forte, di opere buone e della comunione del tuo santo Corpo e Sangue, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XX - Signore benefattore, confidami al buon angelo affinché io gli consegni in pace la mia anima ed egli mi faccia passare senza turbamento attraverso la malignità dei demoni, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccator.

         XXI - Cristo, luce vera, rendi la mia anima degna di vedere con gioia nel giorno della mia morte la luce della tua gloria e possa riposare nella speranza dei buoni, nella dimora dei giusti, fino al giorno della tua maestosa venuta ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XXII - Giudice giusto, quando verrai nella gloria del Padre tuo per giudicare i vivi e i morti, non entrare in giudizio con il tuo servo, ma liberami dal fuoco eterno e fammi degno di sentire il dolce invito dei giusti, e mi trovi nel tuo regno dei cieli, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XXIII - Signore tutto misericordia, abbi pietà di tutti coloro che credono in te, dei miei familiari e degli estranei, dei conoscenti e degli sconosciuti, dei vivi e dei morti. Concedi anche ai miei nemici e a coloro che mi odiano il perdono dei delitti commessi contro di me e convertili dalla cattiveria che hanno contro di me perché siano degni della tua misericordia, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.

         XXIV - Signore glorioso, ricevi le preghiere del tuo servo ed accogli benignamente le mie suppliche per intercessione della santa Madre di Dio, e di san Giovanni Battista, del protomartire santo Stefano, di san Gregorio nostro Illuminatore, dei santi Apostoli, Profeti, Dottori, Martiri, Patriarchi, Eremiti, Vergini e di tutti i tuoi Santi del Cielo e della terra; e a Te, indivisibile santa Trinità, gloria e adorazione per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

         (Nerses Snorhalì, Antica preghiera, «Terra Santa», n. 11. anno 54 (1978), pp. 318-321)

 

 

2. La creazione di Dio e l`opera dell`uomo

 

         Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d`accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L`uomo e il peccatore sono due cose distinte: l`uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. E` necessario che tu detesti in te l`opera tua e ami in te l`opera di Dio. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.

         Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla luce. Cosa intendo dire dieendo: operi la verità? Intendo dire che non inganni te stesso, non ti blandisci, non ti lusinghi; non dici che sei giusto mentre sei colpevole. Allora cominci a operare la verità, allora vieni alla luce, affinche sia manifesto che le tue opere sono state fatte in Dio. E infatti il tuo peccato, che ti è dispiaciuto, non ti sarebbe dispiaciuto se Dio non ti avesse illuminato e se la sua verità non te l`avesse manifestato. Ma chi, dopo essere stato redarguito, continua ad amare i suoi peccati, odia la luce che lo redarguisce, e la fugge, affinché non gli vengano rinfacciate le sue opere cattive che egli ama. Chi, invece, opera la verità, condanna in se stesso le sue azioni cattive; non si risparmia, non si perdona affinché Dio gli perdoni. Egli stesso riconosce ciò che vuole gli sia da Dio perdonato, e in tal modo viene alla luce, e la ringrazia d`avergli mostrato ciò che in se stesso doveva odiare. Dice a Dio: Distogli la tua faccia dai miei peccati. Ma con quale faccia direbbe cosí, se non aggiungesse: poiché io riconosco la mia colpa e il mio peccato è sempre davanti a me (Sal 50,5)? Sia davanti a te il tuo peccato, se vuoi che non sia davanti a Dio. Se invece ti getterai il tuo peccato dietro le spalle, Dio te lo rimetterà davanti agli occhi; e te lo rimetterà davanti agli occhi quando il pentimento non potrà piú dare alcun frutto.

         Correte, o miei fratelli, affinché non vi sorprendano le tenebre (cf. Gv 12,35); siate vigilanti in ordine alla vostra salvezza, siate vigilanti finché siete in tempo. Nessuno arrivi in ritardo al tempio di Dio, nessuno sia pigro nel servizio divino. Siate tutti perseveranti nell`orazione, fedeli nella costante devozione Siate vigilanti finché è giorno; il giorno risplende; Cristo è il giorno. Egli è pronto a perdonare coloro che riconoscono la loro colpa ma anche a punire quelli che si difendono ritenendosi giusti, quelli che credono di essere qualcosa mentre sono niente. Chi cammina nel suo amore e nella sua misericordia, non si accontenta di liberarsi dai peccati gravi e mortali, quali sono il delitto, l`omicidio, il furto, l`adulterio; ma opera la verità riconoscendo anche i peccati che si considerano meno gravi, come i peccati di lingua, di pensiero o d`intemperanza nelle cose lecite, e viene alla luce compiendo opere degne. Anche i peccati meno gravi, se trascurati, proliferano e producono la morte.

         Sono piccole le gocce che riempiono i fiumi; sono piccoli i granelli di sabbia, ma se sono numerosi, pesano e schiacciano. Una piccola falla trascurata, che nella stiva della nave lascia entrare l`acqua a poco a poco, produce lo stesso effetto di un`ondata irrompente: continuando ad entrare poco alla volta, senza mai essere eliminata, affonda la nave. E che significa eliminare, se non fare in modo con opere buone - gemendo, digiunando, facendo elemosine, perdonando - di non essere sommersi dai peccati?

         Il cammino di questa vita è duro e irto di prove: quando le cose vanno bene non bisogna esaltarsi, quando vanno male non bisogna abbattersi. La felicità che il Signore ti concede in questa vita, è per consolarti, non per corromperti. E se in questa vita ti colpisce, lo fa per correggerti, non per perderti. Accetta il padre che ti corregge, se non vuoi provare il giudice che punisce. Son cose che vi diciamo tutti i giorni, e vanno ripetute spesso perché sono buone e fanno bene.

 

         (Agostino, In Io. evang., 12, 13 s.)

 

 

3. Molte sono le vie di accesso alla misericordia del Salvatore

 

         La definizione piena e perfetta di penitenza comporta che noi non accettiamo mai piú i peccati di cui facciam penitenza o di cui la coscienza ci rimorde. E` poi indizio che abbiam raggiunto l`indulgenza e la soddisfazione se siam riusciti a cacciare dal nostro cuore ogni legame interiore verso di essi. Sappia ognuno, infatti, che non è ancora sciolto dai suoi peccati se, pur applicandosi al pianto e alla soddisfazione per essi gli si presenta agli occhi l`immagine delle colpe compiute o di altre simili, e non dirò il diletto, ma solamente il ricordo di quelli infesta l`intimo della sua mente. Perciò, chi si è tutto dedicato alla soddisfazione sappia che sarà assolto dai suoi delitti ed avrà ottenuto perdono dalle colpe passate quando sentirà che il suo cuore è perfettamente libero dall`attrattiva di quei vizi e dalla loro stessa immaginazione. Nella nostra coscienza stessa, dunque, vi è quasi un giudice esattissimo della nostra penitenza e del perdono ottenuto: sentenzia l`assoluzione dei nostri reati prima del giorno del giudizio, a noi, viventi ancora in questa carne, e ci annuncia la grazia della remissione e della perfetta soddisfazione. E per esprimere con piú efficacia ciò che è stato detto: allora solo dobbiamo ritenere che il contagio dei nostri vizi passati è finalmente svanito, quando dal nostro cuore saran state scacciate le brame delle presenti voluttà, insieme con le nostre passioni...

         Oltre alla grande, universale grazia del battesimo e oltre al dono preziosissimo del martirio che cancella le colpe con l`abluzione del sangue, molti sono ancora i frutti di penitenza per i quali si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza per la quale si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza propriamente detta, di cui dice il beato apostolo Pietro: Fate penitenza, convertitevi: cosí i vostri peccati saranno cancellati! (At 3,19), e Giovanni Battista, anzi lo stesso Salvatore: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino! (Mt 4,17); ma anche l`amore atterra un cumulo di peccati: La carità infatti copre la moltitudine dei peccati (1Pt 4,8).

         Parimenti, anche l`elemosina porge rimedio alle nostre ferite, perché come l`acqua spegne il fuoco, cosí l`elemosina estingue il peccato (Sir 3,29). Cosí le lacrime sparse ottengono l`astersione dei peccati; infatti: Vo bagnando tutte le notti il mio letto, irrigo di lacrime il mio giaciglio (Sal 6,7); e subito poi si aggiunge, per mostrare che esse non furono sparse inutilmente: Allontanatevi da me, voi tutti o malfattori, perché il Signore ha udito il grido del mio pianto (Sal 6,9). Anche con la confessione delle colpe ne vien concessa la purificazione; dice infatti la Scrittura: Ho detto: Proclamerò contro di me la mia ingiustizia al Signore; e tu hai perdonato l`empietà del mio peccato (Sal 31,5), e ancora: Esponi tu per primo le tue iniquità, per esserne giustificato (Is 43,26).

         Cosí anche con l`afflizione del cuore e del corpo si ottiene la remissione dei delitti commessi; dice infatti: Vedi la mia bassezza e la mia sofferenza, e perdona tutti i miei peccati (Sal 24,18); ma soprattutto con il mutamento della propria condotta. Togliete dai miei occhi la cattiveria dei vostri pensieri. Smettete di agire perversamente, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate l`oppresso, fate giustizia all`orfano, difendete la vedova, e poi venite ed esponete a me i vostri lamenti, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, biancheggeranno come la neve; se fossero del colore della porpora, diventeranno bianchi come candida lana (Is 1,16s.).

         Talvolta si impetra indulgenza per i propri delitti anche per l`intercessione dei santi. Infatti: Chi sa che suo fratello commette un peccato che non conduce a morte, preghi, e Dio darà la vita a chi ha commesso un peccato che non conduce a morte (1Gv 5,16); e ancora: Se qualcuno di voi è infermo, faccia venire gli anziani della Chiesa; essi pregheranno su di lui ungendolo con olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede salverà l`infermo; e il Signore lo allevierà, e se fosse in peccato gli sarà perdonato (Gc 5,14s.).

         Vi è anche il caso in cui si purga la macchia dei peccati per merito della fede e della misericordia, secondo il detto: Per la misericordia e la fede vengon cancellati i peccati (Pr 15,27); spesso poi anche per la conversione e la salvezza di coloro che sono salvati dalla nostra predicazione e dai nostri ammonimenti: Infatti chi farà convertire un peccatore dall`errore della sua via, salva l`anima di quello dalla morte e copre una moltitudine di peccati (Gc 5,20). Infine otteniamo indulgenza per le nostre scelleratezze con la nostra indulgenza e magnanimità: Se infatti perdonerete agli uomini i loro peccati, anche a voi il Padre vostro celeste perdonerà i vostri delitti (Mt 6,14).

         Vedete dunque quante sono le vie di accesso alla misericordia che la demenza del nostro Salvatore ci ha aperto: perciò nessuno che desidera la salvezza si lasci fiaccare dalla disperazione, vedendo con quanti mezzi è invitato alla vita. Se ti lamenti che per la debolezza della tua carne non puoi cancellare i tuoi peccati con la sofferenza del digiuno, riscattali con la larghezza nelle elemosine. E se non hai cosa dare ai poveri (per quanto la necessità o la povertà non escluda nessuno da questa santa opera, dato che le due sole monetine di bronzo di quella vedova furono piú stimate delle larghe offerte dei ricchi e per quanto il Signore prometta la ricompensa anche per un bicchiere di acqua fresca), anche senza di ciò, li puoi cancellare cambiando la tua vita.

         Inoltre, se non ti senti di raggiungere la perfezione della virtù estinguendo tutti i vizi, dedicati con pia sollecitudine all`utilità e alla salvezza altri. Ma se obietti di non sentirti idoneo a questo ministero, puoi coprire i tuoi peccati con l`intimo amore. E se anche a questo l`ignavia del tuo spirito ti rende debole, in umiltà e fervore implora almeno con l`orazione e l`intercessione dei santi il rimedio alle tue ferite. Chi è che non possa dire in tono supplichevole: Ho palesato a te il mio peccato e non ho nascosto la mia ingiustizia? E per questa confessione si merita di soggiungere con confidenza: E tu hai perdonato l`empietà del mio cuore (Sal 32,5).

         Se poi la vergogna ti impedisce, ti fa arrossire di rivelarli davanti agli uomini, non cessare di confessarli con suppliche continue a colui cui non sono celati, dicendo: Conosco la mia iniquità e il mio peccato mi sta sempre dinanzi; contro te solo ho peccato e ho agito male al tuo cospetto (Sal 50,5). Egli è solito perdonare le colpe anche senza la vergogna della pubblicità.

         Ma oltre a questi mezzi di salvezza facili e sicuri la divina degnazione ce n`ha concesso un altro piú facile, rimettendo al nostro arbitrio il nostro rimedio, perché al nostro sentimento stesso è dato acquistare l`indulgenza delle nostre colpe, quando diciamo a lui: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12).

         Chiunque perciò desidera pervenire all`indulgenza per le sue colpe, curi di dedicarsi a questi mezzi; la pervicacia di un cuore indurito non allontani da lui, dalla sua salvezza, la fonte di tanta bontà; infatti anche se faremo tutto ciò, nulla sarà sufficiente ad espiare le nostre colpe, se non sarà la bontà e la clemenza del Signore a cancellarle.

 

         (Giovanni Cassiano, Conf., 20, 5.8)

 

 

4. I miracoli del Signore sono segni

 

         Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi quella dell`anima. Tutti si preoccupano per la morte del corpo, che prima o poi dovrà venire, e fanno di tutto per scongiurarla. L`uomo destinato a morire si dà tanto da fare per evitare la morte, mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato l`uomo che pure è chiamato a vivere in eterno. Eppure quanto fa per non morire, lo fa inutilmente: al piú ottiene di ritardare la morte, non di evitarla. Se invece si impegna a non peccare, non si affaticherà, e vivrà in eterno. Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita che fugge! Che cosa non fa uno di fronte al pericolo della morte? Quanti, sotto la minaccia che pendeva sul loro capo, hanno preferito perdere tutto pur di salvare la vita! Chi infatti non lo farebbe per non essere colpito? E magari, dopo aver perduto tutto, qualcuno ci ha rimesso anche la vita.

         Chi pur di continuare a vivere, non sarebbe pronto a perdere il necessario per vivere preferendo una vita mendicante ad una morte anticipata? Se si dice a uno: se non vuoi morire devi navigare, si lascerà forse prendere dalla pigrizia? Dio ci comanda cose meno pesanti per farci vivere in eterno, e noi siamo negligenti nell`obbedire. Dio non ti dice: getta via tutto ciò che possiedi per vivere poco tempo tirando avanti stentatamente; ti dice: dona i tuoi beni ai poveri se vuoi vivere eternamente nella sicurezza e nella pace. Coloro che amano la vita terrena, che essi non possiedono né quando vogliono né finché vogliono, sono un continuo rimprovero per noi; e noi non ci rimproveriamo a vicenda per essere tanto pigri, tanto tiepidi nel procurarci la vita eterna, che avremo se vorremo e che non perderemo quando l`avremo. Invece questa morte che temiamo, anche se non vogliamo, ci colpirà.

 

         (Agostino, In Io. evang., 49, 2)

 

 

5. Aiuto e consolazione della penitenza

 

         La condizione della nostra fragile natura non ammette che qualcuno sia senza macchia. Perciò l`ultimo nostro rimedio è rifugiarci nella penitenza, che ha un posto non piccolo fra le virtù, essendo miglioramento di noi stessi: così, se cadiamo o per le parole o per le opere, subito ci ravvediamo, confessiamo di aver peccato e chiediamo perdono a Dio, il quale, nella sua misericordia, non lo nega se non a chi persevera nell`errore. E` grande l`aiuto della penitenza, è grande la sua consolazione. Essa è la guarigione delle ferite del peccato, la speranza, il porto di salvezza: chi la nega, toglie a se stesso la vita della sua vita, perché nessuno può essere tanto giusto che la penitenza non gli sia talvolta necessaria. Ma noi, anche se non abbiamo peccato, dobbiamo tuttavia aprire la nostra anima a Dio e scongiurarlo ugualmente per le nostre colpe, ringraziandolo anche nelle avversità. Porgiamo sempre a Dio questo ossequio; l`umiltà infatti è grata, è cara a lui: egli che accetta il peccatore convertito piú volentieri del giusto superbo, quanto piú accetterà il giusto che confessa i propri torti e lo renderà sublime nei regni dei cieli, a misura della sua umiltà!

         Questo deve presentare a Dio chi veramente lo venera: queste sono le vittime, questo è il sacrificio placatore; ecco dunque il vero culto: quando l`uomo offre all`altare di Dio i pegni del suo spirito. La sua somma maestà si allieta di chi cosí lo venera; lo accoglie come figlio e gli elargisce il dono dell`immortalità.

 

         (Lattanzio, Divinae instit. epit., 67)

 

 

6. Tradimento e conversione di Pietro

 

         Pietro si rattristò e pianse perché sbagliò come tutti gli uomini. Non trovo che cos`abbia detto, trovo che ha pianto. Leggo le sue lacrime, non leggo ciò che ha dato in compenso: ma ciò che non può essere scagionato, può ben essere deterso. Lavino le lacrime la trasgressione, che è vergogna confessare con la voce. I pianti sono propizi sia al perdono che alla vergogna. Le lacrime parlano della colpa senza far inorridire, le lacrime riconoscono il peccato senza offendere il rossore, le lacrime non chiedono il perdono ma lo meritano. Ho scoperto perché Pietro ha taciuto: perché, chiedendo tanto presto il perdono, non si rendesse ancora piú colpevole. Prima bisogna piangere, poi bisogna pregare.

         Lacrime eccellenti, perché lavano la colpa. Del resto, coloro che Gesú guarda si mettono a piangere (cf. Lc 22,61s). Pietro negò una prima volta, ma non pianse, perché non lo aveva guardato il Signore; negò una seconda volta: non pianse, perché ancora non lo aveva guardato il Signore. Negò anche una terza: Gesú lo guardò ed egli pianse amarissimamente. Guardaci, Signore Gesú, affinché sappiamo piangere sul nostro peccato. Quindi è utile per noi anche la caduta dei santi. Non mi è stato di nessun danno il fatto che Pietro abbia negato, ma mi è stato di giovamento il fatto che si sia emendato. Ho imparato a tenermi lontano dal parlare con gli increduli. Pietro negò in mezzo ai Giudei, Salomone traviò perché tratto in errore da una stretta familiarità con le Genti (cf. 1Re 11,4-8).

         Dunque Pietro pianse, e per di piú amarissimamente, pianse per poter lavare con le lacrime il suo peccato. Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli nelle lacrime la tua colpa; in quello stesso istante, in quello stesso tempo Cristo ti guarda. Se per caso cadi in qualche errore, Egli, poiché ti è accanto come testimone delle tue azioni segrete, ti guarda affinché te ne ricordi, e confessi il tuo errore. Imita Pietro quando per la terza volta dice in un altro passo: Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17).

 

         (Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, 10, 88-90)

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I DOMENICA DI OUARESIMA

Letture:         Genesi 9,8-15

         1 Pietro 3,18-22

         Marco 1,12-15

 

1. Gesú e lo Spirito Santo

 

         "E subito lo Spirito lo spinse nel deserto" (Mc 1,12). E` lo Spirito che era disceso sotto forma di colomba. «Vide - dice Marco - i cieli aperti e lo Spirito come colomba discendere e fermarsi su di lui». Considerate quanto dice: fermarsi, cioè restare con lui, non sostare e poi andarsene. Giovanni stesso dice in un altro Vangelo: "E chi mi ha mandato mi ha detto: - Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito Santo" (Gv 1,33). Lo Spirito Santo discese su Cristo e si fermò su di lui: quando invece discende sugli uomini non sempre si ferma. Infatti nel libro di Ezechiele, che raffigura in immagine il Salvatore (nessun altro profeta, e mi riferisco ai maggiori, viene chiamato «Figlio dell`uomo», come Ezechiele), si legge: "La parola del Signore fu diretta a Ezechiele profeta" (Ez 1,3). Qualcuno dirà: - Perché tanto spesso citi il profeta? Perché lo Spirito Santo discendeva sul profeta, ma di nuovo se ne allontanava. Quando si dice che «la parola del Signore fu diretta» si intende chiaramente che lo Spirito Santo di nuovo tornava dopo essersene andato. Quando siamo colti dall`ira, quando offendiamo qualcuno, quando siamo presi da tristezza mortale, quando i nostri pensieri sono prigionieri della carne, crediamo forse che lo Spirito Santo rimanga in noi? Possiamo forse sperare che lo Spirito Santo sia in noi quando odiamo il nostro fratello, o quando meditiamo qualche ingiustizia? Dobbiamo invece sapere che, quando ci applichiamo ai buoni pensieri o alle buone opere, allora abita in noi lo Spirito Santo: ma quando al contrario siamo colti da un pensiero malvagio, è segno che lo Spirito Santo ci ha abbandonato. Per questa ragione, a proposito del Salvatore sta scritto: «Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito Santo, quegli è...».

         «E subito lo Spirito lo spinse nel deserto». E` lo Spirito Santo che spinge nel deserto i monaci che vivono con i loro parenti, se tale Spirito è sceso e si è fermato su di loro. E` lo Spirito Santo che li spinge a uscire dalla casa e li conduce nella solitudine. Lo Spirito Santo non abita volentieri laddove c`è folla e ci sono discussioni e risse: lo Spirito Santo ha la sua dimora nella solitudine. Per questo il nostro Signore e Salvatore, quando voleva pregare, "solo" - dice Luca -, "si ritirava sul monte e ivi pregava tutta la notte" (Lc 6,12). Di giorno stava con i discepoli, di notte dedicava la sua preghiera al Padre per noi. Perché ho detto tutto questo? Perché parecchi fratelli sono soliti dire: - Se resterò nel convento, non potrò pregare da solo. Forse che nostro Signore mandava via i discepoli? No, egli stava sempre con i discepoli, ma quando voleva pregare piú intensamente si ritirava da solo. Anche noi, se vogliamo pregare piú intensamente di quanto facciamo assieme ad altri, abbiamo a nostra disposizione la cella, abbiamo i campi, abbiamo il deserto. Possiamo fruire della compagnia e delle virtù dei fratelli, ma possiamo anche godere della solitudine...

         "Dopo la cattura di Giovanni ritornò Gesú in Galilea" (Mc 1,14). Il racconto è noto, e appare chiaro agli ascoltatori, anche senza la nostra spiegazione. Preghiamo però colui che ha la chiave di David, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre (cf.Ap 3,7), affinché ci apra la recondita via del Vangelo, ed anche noi si possa dire insieme a David: "Mostrati ai miei occhi, e io contemplerò le bellezze della tua legge" (Sal 118,18). Alle folle il Signore parlava in parabole, e parlava esteriormente. Non parlava nell`intimo, cioè nello spirito; parlava con il linguaggio esteriore, secondo la lettera. Preghiamo noi il Signore, affinché ci introduca nei suoi misteri, ci faccia entrare nel suo segreto abitacolo, e possiamo anche noi dire, insieme con la sposa del Cantico dei Cantici: "Il re mi ha introdotto nel suo ricettacolo" (Ct 1,3). L`apostolo dice che un velo fu posto sugli occhi di Mosè (cf. 2Cor 3,13). Io dico che non soltanto nella legge, ma anche nel Vangelo c`è un velo sugli occhi di chi non sa. Il giudeo lo ascoltò, ma non lo capì: per lui c`era un velo sul Vangelo. I gentili ascoltano, ascoltano gli eretici, ma anche per loro c`è il velo. Abbandoniamo la lettera insieme ai giudei, e seguiamo lo spirito con Gesú: e non perché dobbiamo condannare la lettera del Vangelo (tutto ciò che fu scritto s`è avverato), ma per poter salire gradualmente verso le cose piú elevate.

         «Dopo la cattura di Giovanni, ritornò Gesú in Galilea». Domenica scorsa dicemmo che Giovanni è la legge, mentre Gesú è il Vangelo. Giovanni infatti dice: "Viene dopo di me uno che è piú forte di me, e io non sono degno, abbassandomi, di sciogliergli la correggia dei calzari". E altrove: "Egli deve crescere, io scemare" (Gv 3,30). Il paragone tra Giovanni e Gesú, è il paragone tra la legge e il Vangelo. Dice ancora Giovanni: "Io battezzo con acqua" (ecco la legge), mentre "egli vi battezzerà nello Spirito Santo" (Mc 1,8): questo è il Vangelo. Dunque Gesú torna, perché Giovanni è stato chiuso in carcere. La legge è rinchiusa, non ha piú la passata libertà: ma dalla legge noi passiamo al Vangelo. State attenti a quanto dice Marco: «Dopo la cattura di Giovanni ritornò Gesú in Galilea». Non andò in Giudea né a Gerusalemme, ma nella Galilea dei gentili. Gesú torna, insomma, in Galilea: Galilea nella nostra lingua traduce il greco Katakyliste. Perché prima dell`avvento del Salvatore non vi era in quella regione niente di elevato, ma, anzi, ogni cosa precipitava in basso: dilagava la lussuria, l`abiezione, l`impudicizia e gli uomini erano preda dei vizi e dei piaceri bestiali.

         "Predicando la buona novella del regno di Dio" (Mc 1,14). Per quanto io mi ricordo, non ho mai sentito parlare del regno dei cieli nella legge, nei profeti, nei salmi, ma soltanto nel Vangelo. E` infatti dopo l`avvento di colui che ha detto: "E il regno di Dio è tra voi" (Lc 17,21), che il regno di Dio è aperto per noi. Gesú venne dunque predicando la buona novella del regno di Dio. "Dai giorni di Giovanni Battista il regno dei cieli è oggetto di violenza, e i violenti se ne fanno padroni" (Mt 11,12): prima dell`avvento del Salvatore e prima della luce del Vangelo, prima che Cristo aprisse al ladrone la porta del paradiso, tutte le anime dei santi erano condotte all`inferno. Dice Giacobbe: "Piangendo e gemendo discenderò all`inferno" (Gen 37,35). Chi non va all`inferno, se Abramo è all`inferno? (cf. Lc 16,22). Nella legge, Abramo è condotto all`inferno: nel Vangelo, il ladrone va in paradiso. Noi non disprezziamo Abramo, nel cui seno tutti desidereremmo riposare: ma ad Abramo preferiamo Cristo, alla legge preferiamo il Vangelo. Leggiamo che, dopo la risurrezione di Cristo, molti santi apparvero nella città santa. Il nostro Signore e Salvatore ha predicato in terra e ha predicato all`inferno: e quando è morto, è disceso all`inferno per liberare le anime che laggiú erano prigioniere.

         "Predicando la buona novella del regno di Dio e dicendo: E` compiuto" il tempo della legge, viene il principio del Vangelo, "si avvicina il regno di Dio" (Mc 1,14-15). Non disse: è già venuto il regno di Dio; ma disse che il regno si avvicinava. E cioè: Prima che io soffra la passione, prima che io versi il mio sangue, non si aprirà il regno di Dio; per questo, esso ora si avvicina, ma non è qui perché ancora non ho sofferto la passione.

         "Pentitevi e credete alla buona novella" (Mc 1,15): non credete piú alla legge, ma al Vangelo, o, meglio, credete al Vangelo per mezzo della legge, cosí come sta scritto: "Dalla fede alla fede" (Rm 1,17). La fede nella legge rafforza la fede nel Vangelo.

 

         (Girolamo, Comment. in Marc., 1-2)

 

 

2. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà

 

         "E non lasciarci cadere in tentazione, ma liberaci dal male" (Mt 6,13). "Perché tuo è il regno, la potenza, e la gloria per i secoli dei secoli. Amen. Qui Gesú ci fa comprendere chiaramente la nostra bassezza e reprime la nostra presunzione, insegnandoci che se non dobbiamo fuggire i combattimenti, non dobbiamo tuttavia gettarci da noi stessi in preda alle tentazioni. Sarà cosí per noi piú splendida la vittoria e per il diavolo piú vergognosa la sconfitta. Quando siamo trascinati alla lotta, dobbiamo resistere con tutta la nostra fermezza e con tutto il nostro vigore; ma quando non siamo chiamati alla battaglia, dobbiamo tenerci in riposo, attendere il momento dello scontro, mostrando insieme umiltà e coraggio. Dicendo «liberaci dal male», intende: liberaci dal diavolo: ad un tempo, ci spinge a combattere contro lo spirito del male una guerra senza tregua, e dimostra che nessuno è malvagio per natura. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà. Chiama il diavolo «il male», a causa della sua grande malizia: egli infatti, senza aver ricevuto da noi la minima ingiuria, ci fa una guerra senza quartiere; ebbene, il Signore ci invita a pregare, non dicendo liberaci dai malvagi, ma «liberaci dal male», per farci intendere che non dobbiamo nutrire del malanimo verso il prossimo anche quando costui ci fa del male, ma dobbiamo rivolgere il nostro odio verso il diavolo, quale causa di tutti i mali. Dopo averci preparato al combattimento, ricordandoci la presenza di questo temibile nemico e aver eliminato in noi ogni pigrizia, toma a incoraggiarci e risolleva il nostro spirito, mostrando chi è il re che comanda e facendoci intendere che egli è piú potente di tutti: «Perché tuo è il regno, la potenza, la gloria». Se il regno appartiene a Dio, non dobbiamo avere nessun timore, poiché nessuno sarà mai capace di resistergli, nessuno potrà mai togliergli il supremo potere. Quando dice «tuo è il regno», ci fa capire che anche il nemico che ci aggredisce è sottoposto a Dio e, se ci fa la guerra, è perché Dio lo permette. Egli infatti è uno dei suoi servi, anche se di quelli malvagi e reprobi, e non potrebbe aggredire nessun uomo, se non ne avesse ricevuto prima il permesso da Dio. Quand`anche voi foste mille volte piú deboli di quanto siete, sarebbe giusto aver piena fiducia, in quanto avete un re tanto potente, un re che può fare facilmente per voi tutto quanto vuole.

 

         (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 19, 6)

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22/09/2009 10:55

II DOMENICA DI QUARESIMA

Letture:         Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18

         Romani 8,31b-34

         Marco 9,1-9

 

1. La Trasfigurazione, manifestazione del «Figlio diletto»

 

         Per gli apostoli, che invero avevano bisogno di essere rafforzati nella fede e di essere iniziati alla conoscenza di ogni cosa, da quel miracolo scaturisce un altro insegnamento. In effetti, Mosè ed Elia, ossia la Legge e i Profeti, apparvero intrattenendosi con il Signore: ciò affinché si compisse perfettamente, attraverso la presenza di cinque persone, quanto è scritto: "Ogni parola è certa, se pronunciata in presenza di due o tre testimoni" (Dt 19,15; Mt 18,16). Per proclamarla, la duplice tromba dell`Antico e del Nuovo Testamento risuona in pieno accordo e tutto ciò che serviva a darle testimonianza nei tempi antichi si ricongiunge con l`insegnamento del Vangelo! Le pagine dell`una e dell`altra Alleanza, infatti, si confermano vicendevolmente, e colui che gli antichi simboli avevano promesso sotto il velo dei misteri, lo sfolgorio della sua gloria presente lo mostra manifesto e certo: si è che - come afferma san Giovanni -: "La legge fu data da Mosè, ma la grazia e la verità ci sono venute da Gesù Cristo" (Gv 1,17), nel quale si sono compiuti tanto le promesse delle figure profetiche, tanto il significato dei precetti della Legge; infatti, con la sua presenza, egli insegna la verità della profezia, e, con la sua grazia, rende possibile la pratica dei comandamenti.

         Animato dalla rivelazione dei misteri e preso dal disprezzo e dal disgusto delle terrene cose, l`apostolo Pietro era come rapito in estasi nel desiderio di quelle eterne, e, ripieno del gaudio di tutta quella visione, desiderava abitare con Gesú là dove la di lui gloria si era manifestata, costituendo la sua gioia. Ecco perché disse: "Signore, è bello per noi stare qui; se vuoi, facciamo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Mt 17,4). Ma il Signore non rispose a tale suggerimento, certo non per mostrare che quel desiderio era cattivo, bensí per significare che era fuori posto, non potendo il mondo essere salvato senza la morte di Cristo; cosí, l`esempio del Signore invitava la fede dei credenti a capire che, senza alcun dubbio nei confronti della felicità promessa, dobbiamo nondimeno, in mezzo alle prove di questa vita, chiedere la pazienza prima della gloria; la felicità del Regno non può, infatti, precedere il tempo della sofferenza.

         Ed ecco che, mentre ancora parlava, una nube luminosa ]i avvolse e una voce dalla nube diceva: "Questi è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto, ascoltatelo" (Mt 17,5). Il Padre, senza alcun dubbio era presente nel Figlio e, in quella luce che il Signore aveva misuratamente mostrato ai discepoli, l`essenza di colui che genera non era separata dall`Unigenito generato, ma, per evidenziare la proprietà di ciascuna persona, la voce uscita dalla nube annunciò il Padre alle orecchie, cosí come lo splendore diffuso dal corpo rivelò il Figlio agli occhi. All`udire la voce, i discepoli caddero bocconi, molto spaventati, tremando non solo davanti alla maestà del Padre, ma anche davanti a quella del Figlio: per un moto di piú profonda intelligenza, infatti, essi compresero che unica era la Divinità di entrambi, e poiché non vi era esitazione nella fede non vi fu discrezione nel timore. Quella divina testimonianza fu dunque ampia e molteplice e il potere delle parole fece capire piú del suono della voce. Infatti, quando il Padre dice: "Questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo", non si doveva forse intendere chiaramente: "Questi è il mio Figlio", per il quale essere da me e essere con me è una realtà che sfugge al tempo? Infatti, né Colui che genera è anteriore al Generato, né il Generato è posteriore a Colui che lo genera. "Questi è il mio Figlio", che da me non separa la divinità, non divide la potenza, non distingue l`eternità. Questi è il mio Figlio, non adottivo, ma proprio; non creato d`altronde, ma da me generato; non di natura diversa e reso a me simile, ma della mia stessa essenza e nato uguale a me. "Questi è il mio Figlio per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza il quale nulla è stato fatto" (Gv 1,3), il quale, tutto ciò che io faccio egli del pari lo compie (cf. Gv 5,19) e quanto io opero, egli opera con me senza differenza. Nel Padre infatti è il Figlio e nel Figlio il Padre (cf. Gv 10,38), e la nostra unità mai si separa. E quantunque io che genero sia altro da colui che ho generato, non vi è tuttavia permesso avere a suo riguardo opinione diversa da quella che vi è possibile avere di me. "Questi è il mio Figlio", che non considerò bottino di rapina l`uguaglianza che ha con me (cf. Fil 2,6), né se ne appropriò usurpandola; ma, pur restando nella condizione della sua gloria, egli, per portare a termine il disegno di restaurazione del genere umano, umiliò fino alla condizione di servo l`immutabile Divinità.

         Quegli, dunque, in cui ripongo tutta la mia compiacenza, e il cui insegnamento mi manifesta, la cui umiltà mi glorifica, ascoltatelo senza esitazione; egli, infatti, è verità e vita (cf. Gv 14,6); egli è mia potenza e mia sapienza (cf. 1Cor 1,24). "Ascoltatelo", lui che i misteri della Legge hanno annunciato, che la voce dei profeti ha cantato. "Ascoltatelo", lui che ha riscattato il mondo con il suo sangue, che ha incatenato il diavolo e gli ha rapito le spoglie (cf. Mt 12,29), che ha lacerato il chirografo del debito (cf. Col 2,14) e il patto della prevaricazione. "Ascoltatelo", lui che apre la via del cielo e, con il supplizio della croce, vi prepara la scalinata per salire al Regno. Perché avete paura di essere riscattati? Perché temete di essere sciolti dalle vostre catene? Avvenga pure ciò che, come anch`io lo voglio, Cristo vuole. Buttate via il timore carnale e armatevi della costanza che la fede ispira; è indegno di voi, infatti, temere nella Passione del Salvatore ciò che per suo aiuto, non temerete nella vostra morte.

         Queste cose, o carissimi, non furono dette soltanto per utilità di coloro che le intesero con le proprie orecchie; bensí, nella persona dei tre apostoli, è tutta la Chiesa che apprende ciò che essi videro con i loro occhi e percepirono con le loro orecchie. Si rafforzi dunque la fede di tutti secondo la predicazione del santo Vangelo, e nessuno arrossisca della croce di Cristo, per la quale il mondo è stato riscattato. Di conseguenza, nessuno abbia paura di soffrire per la giustizia (cf. 1Pt 3,14), né dubiti di ricevere la ricompensa promessa, poiché è attraverso la fatica che si accede al riposo, e alla vita attraverso la morte. Egli, infatti, si è presa in carico tutta la debolezza propria alla nostra bassezza; egli, nel quale, se rimaniamo (cf. Gv 15,9) nella di lui confessione e nel suo amore, siamo vincitori di ciò che egli ha vinto e riceveremo ciò che egli ha promesso.

         Si tratti allora di praticare i comandamenti o si tratti di sopportare le avversità della vita, la voce del Padre che si è fatta udire deve sempre risuonare alle nostre orecchie: "Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo"; lui che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

 

         (Leone Magno, Sermo 38, 4-8)

 

 

2. La Trasfigurazione, purificazione della Chiesa

 

         Abbiamo sentito, mentre si leggeva il Vangelo, il racconto della grande visione nella quale il Signore si mostrò a tre discepoli, Pietro Giacomo e Giovanni. "Il suo volto splendeva come il sole" - questo vuol significare lo splendore del Vangelo. "Le sue vesti divennero bianche come neve" - e questo sta a dire la purificazione della Chiesa, della quale il Profeta disse: "Anche se i vostri peccati saranno rossi come la porpora, li farò bianchi come la neve" (Is 1,18). Elia e Mosè parlavano con lui, poiché la grazia del Vangelo riceve testimonianza della Legge e dai Profeti. Per Mosè s`intende la Legge, per Elia s`intendono i Profeti. Pietro suggerí che si facessero tre tende; una per Mosè, una per Elia, una per Cristo. Gli piaceva la solitudine del monte; lo annoiava il tumulto delle cose umane. Ma perché voleva fare tre tende? Non sapeva che Legge, Profeti e Vangelo provengono dalla stessa origine? Difatti fu corretto dalla nube. "Mentre diceva questo una nube lucente li avvolse". Cosí la nube fece una sola tenda, perché tu ne volevi tre? E una voce dalla nube disse: "Questo è il mio figlio diletto; ascoltatelo" (Mt 17,1-8). Elia parla, ma "ascoltate questo". Parla Mosè, "ma ascoltate questo". Parlano i Profeti, parla la Legge, ma "ascoltate questo", voce della Legge e lingua dei Profeti. Era lui che parlava in loro, poi parlò da se stesso, quando si degnò di farsi vedere. "Ascoltate questo"; ascoltiamolo. Quando parlava il Vangelo, sappiate ch`era la voce della nube; di là è giunta fino a noi. Sentiamo lui; facciamo ciò che ci dice, speriamo quanto ci promette.

 

         (Agostino, Sermo 791)

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22/09/2009 10:55

III DOMENICA DI QUARESIMA

III DOMENICA DI QUARESIMA

 

Letture:         Esodo 20,1-17

         1 Corinti 1,22-25

         Giovanni 2,13-25

 

1. Perché Gesú caccia i venditori dal tempio

 

         "Ed essendo prossima la Pasqua dei giudei, Gesú salí a Gerusalemme". L`evangelista racconta poi un altro fatto, cosí come se lo ricordava: "E trovò nel tempio venditori di buoi, di pecore e di colombe, e cambiavalute seduti al banco, e fatta una sferza di funicelle li cacciò tutti dal tempio con le pecore ed i buoi; e sparpagliò la moneta dei cambisti e rovesciò i loro banchi. E ai venditori di colombe intimò: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio una casa di traffico» (Gv 2,13-16).

         Che cosa abbiamo ascoltato, fratelli? Quel tempio era ancora una figura, e purtuttavia da esso il Signore cacciò tutti coloro che eran venuti a fare i loro interessi, come a un mercato. Che cosa vendevano costoro? Le vittime di cui gli uomini avevano bisogno per i sacrifici di quel tempo. Sapete bene che i sacrifici rituali dati a quel popolo, e per la sua mentalità carnale e per il suo cuore ancora di pietra, erano tali che lo trattenessero dal precipitare nell`idolatria; e nel tempio questo popolo immolava i suoi sacrifici, buoi, pecore e colombe. Lo sapete bene, perché lo avete letto. Non era, quindi, un gran peccato vendere nel tempio ciò che si acquistava per essere offerto nel tempio stesso; eppure, Gesú li cacciò. Che avrebbe fatto, il Signore, qualora avesse trovato nel tempio degli ubriachi, se cacciò coloro che vendevano ciò che era lecito e non era contro giustizia (infatti, è lecito vendere ciò che è lecito comprare), e se non tollerò che la casa della preghiera si trasformasse in un mercato? Se la casa di Dio non deve diventare un mercato, può diventare una taverna?...

         Chi sono, poi, quelli che nel tempio vendono i buoi? Cerchiamo di capire nella figura il mistero racchiuso in questo fatto. Chi sono quelli che vendono le pecore e le colombe? Sono coloro che nella Chiesa cercano i loro interessi e non quelli di Cristo (cf. Fil 2,21).

         Quelli che non vogliono essere redenti, considerano ogni cosa come roba d`acquisto: non vogliono essere acquistati, quel che vogliono è vendere. Eppure, niente di meglio, per loro, che essere redenti dal sangue di Cristo e giungere cosí alla pace di Cristo. Del resto, a che serve acquistare, in questo mondo, beni temporali e transitori, siano il denaro siano i piaceri del ventre e della gola siano gli onori della lode umana? Che altro sono, tutte queste cose, se non fumo e vento? e passano tutte, corrono via. Guai a chi si sarà attaccato alle cose che passano, perché insieme passerà anche lui. Non sono, tutte queste cose, un fiume precipite che corre al mare? Guai a chi vi cade dentro, perché sarà trascinato nel mare. Insomma, dobbiamo trattenere i nostri affetti da simili concupiscenze.

 

         (Agostino, Comment. in Ioan., 10, 4.6)

 

 

2. La Chiesa tempio della Trinità

 

         L`esatto ordine della professione di fede voleva che dopo la Trinità venisse la Chiesa, come la casa segue colui che vi abita, il tempio segue Dio e la città il suo fondatore. E la Chiesa qui va presa nella sua interezza, non solo quella parte, che è pellegrina sulla terra e loda il nome del Signore da oriente a occidente (Sal 112,3) e, uscita di schiavitú, canta un cantico nuovo, ma anche quella parte che, da quando è stata fondata, in cielo, ha sempre aderito a Dio e non ha sperimentato alcun male. Questa è la Chiesa dei santi Angeli ed è quella che assiste l`altra parte, che è ancora pellegrina; l`una e l`altra saranno una sola nella felicità eterna ma già ora sono unite dal vincolo della carità, tanto piú che l`una e l`altra servono lo stesso e solo Dio. Perciò né tutta né alcuna sua parte vuol essere venerata al posto di Dio, né Dio vuole essere possesso esclusivo di nessuno, che appartiene al tempio di Dio, tempio che viene edificato di dèi, che son fatti da Dio increato. Perciò se lo Spirito Santo fosse una creatura e non il Creatore, certo sarebbe una creatura ragionevole, perché questa è la piú eccellente creatura. E quindi nel simbolo della fede non sarebbe posto prima della Chiesa, perché anch`esso appartiene alla Chiesa, relativamente a quella parte che è in cielo. Né avrebbe un tempio, sarebbe lui stesso un tempio. Invece ha un tempio, quello di cui dice l`Apostolo: "Non sapete che i vostri corpi son tempio dello Spirito Santo, che è in voi, che voi avete da Dio?" E ancora: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?" (1Cor 6,19.15). Come, dunque, non è Dio, se ha un tempio? o forse è inferiore a Cristo, il cui tempio ha delle membra? Né si può dire che una cosa sia il suo tempio e un`altra cosa sia il tempio di Dio, poiché lo stesso Apostolo dice: "Non sapete che siete tempio di Dio" e per provarlo aggiunge: "E lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Cor 3,16). Dio, dunque, abita nel suo tempio, non solo lo Spirito Santo, ma anche il Padre e il Figlio, il quale dice anche del suo corpo, per mezzo del quale è stato fatto capo della Chiesa, che è negli uomini, "perché sia lui a tenere il primato di tutte le cose" (Col 1,18): "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo rifarò" (Gv 2,19). Dunque il tempio di Dio, cioè di tutta la somma Trinità, è la santa Chiesa, naturalmente tutta intera, quella del cielo e quella della terra.

 

         (Agostino, Enchirid., 56, 15)

 

 

3. L`uomo nella sua totalità è formato di corpo, anima e Spirito

 

         Dio sarà glorificato nella sua creatura, conformata e modellata sul proprio Figlio, poiché per le mani del Padre - che sono il Figlio e lo Spirito - l`uomo nella sua interezza, e non in una sua parte sola, diventa simile a Dio. L`anima e lo Spirito costituiscono una parte dell`uomo, e non tutto l`uomo l`uomo perfetto infatti risulta dalla compenetrazione e dall`unione dell`anima, che accoglie lo Spirito del Padre, con la carne, creata anch`essa ad immagine di Dio... La carne strutturata, da sola, non è l`uomo completo, ma solo il corpo dell`uomo, cioè una parte dell`uomo. Ma neppure l`anima da sola costituisce tutto l`uomo: è l`anima dell`uomo, cioè una sua parte. E neppure lo Spirito è l`uomo: si tratta appunto dello Spirito, non di tutto l`uomo. Solo la fusione, l`unione e l`integrazione di questi elementi costituisce l`uomo perfetto.

         Per questo l`Apostolo, spiegando il suo pensiero, parlò dell`uomo redento, perfetto e spirituale, con queste parole, nella prima lettera ai Tessalonicesi: "Il Dio della pace santifichi voi e vi renda perfetti, serbando intatti e senza biasimo il vostro Spirito, l`anima e il corpo, per la venuta del Signore Gesú Cristo" (1Ts 5,23). Che motivo aveva di augurare la perfetta conservazione, per la venuta del Signore, appunto dell`anima, del corpo e dello Spirito, se non avesse saputo che l`intima unione di questi tre elementi altro non è che la loro salvezza? E perfetti sono appunto coloro che presentano questi tre elementi uniti, senza meritare rimprovero alcuno. Perfetti sono quindi quelli che hanno costantemente in sé lo Spirito, e custodiscono, evitando ogni biasimo, l`anima e il corpo, conservando la fede in Dio e osservando la giustizia verso il prossimo.

         Perciò l`Apostolo ci dice anche che la creatura è tempio di Dio: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Chi profana il tempio di Dio sarà da lui sterminato: il tempio di Dio, che siete voi, è santo" (1Cor 3,16s). Evidentemente chiama tempio di Dio il corpo, in cui abita lo Spirito. Anche il Signore dice di se stesso: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò" (Gv 2,19). E non solo come templi, ma come templi di Cristo designa egli i nostri corpi, dicendo ai Corinti: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di meretrice?" (1Cor 6,15)... Per questo ha detto: "Chi profana il tempio di Dio sarà sterminato da Dio" (1Cor 3,17). E` dunque certamente una bestemmia dire che il tempio di Dio in cui abita lo Spirito del Padre, che le membra di Cristo non possono sperare redenzione alcuna, ma andranno senz`altro in perdizione. Che poi i nostri corpi risusciteranno non per la loro natura, ma per la potenza di Dio, egli lo dice ai Corinti: "Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore per il corpo. Dio ha risuscitato il Signore e risusciterà noi pure con la sua potenza" (1Cor 6,13s) .

 

         (Ireneo di Lione, Adv. haer., 5, 6)

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22/09/2009 10:56

IV DOMENICA DI QUARESIMA

IV DOMENICA DI QUARESIMA

 

Letture:         2 Cronache 36,14-16.19-23

         Efesini 2,4-10

         Giovanni 3,14-21

 

1. Il serpente di rame, simbolo di Cristo

 

         La strada traversa nuovamente il deserto, e il popolo, nella disperazione dei beni promessi, è esausto per la sete. E Mosè fa di nuovo scaturire per lui l`acqua nel deserto dalla Roccia. Questo termine ci dice cos`è, sul piano spirituale, il sacramento della penitenza. Difatti, coloro che, dopo aver gustato dalla Roccia, si sono sviati verso il ventre, la carne e i piaceri degli Egiziani, sono condannati alla fame e vengono privati dei beni di cui godevano. Ma è data loro la possibilità di ritrovare con il pentimento la Roccia che avevano abbandonato e di riaprire per loro il rivolo d`acqua, per dissetarsi alla sorgente...

         Però il popolo non ha ancora imparato a seguire le tracce della grandezza di Mosè. E` ancora attratto dai desideri servili e inclinato alle voluttà egiziane. La storia dimostra con ciò che la natura umana è portata a questa passione più che ad altre, accessibile com`è alla malattia per mille aspetti. Ecco perchè, alla stregua di un medico che con la sua arte impedisce alla malattia di progredire, Mosè non lascia che il male domini gli uomini fino alla morte. E siccome i loro desideri sregolati suscitavano dei serpenti il cui morso inoculava un veleno mortale in coloro che ne restavano vittime, il grande Legislatore rese vano il potere dei serpenti veri con un serpente in effigie. Sarà però il caso di chiarire l`enigma. Vi è un solo antidoto contro le cattive infezioni ed è la purezza trasmessa alle nostre anime dal mistero della religione. Ora, l`elemento principale contenuto nel mistero della fede è appunto il guardare verso la Passione di colui che ha accettato di soffrire per noi. E Passione vuol dire croce. Così, chi guarda verso di lei, come indica la Scrittura, resta illeso dal veleno del desiderio. Rivolgersi verso la croce vuol dire rendere tutta la propria vita morta al mondo e crocifissa (cf. Gal 6,14), tanto da essere invulnerabile ad ogni peccato; vuol dire, come afferma il Profeta, inchiodare la propria carne con il timore di Dio (cf. Sal 118,120). Ora, il chiodo che trattiene la carne è la continenza. Poichéquindi il desiderio disordinato fa uscire dalla terra serpenti mortali - e ogni germoglio della concupiscenza cattiva è un serpente -, a motivo di ciò, la Legge ci indica colui che si manifesta sul legno. Si tratta, in questo caso, non del serpente, ma dell`immagine del serpente, secondo la parola del beato Paolo: "A somiglianza della carne di peccato" (Rm 8,3). E colui che si rivolge al peccato, riveste la natura del serpente. Ma l`uomo viene liberato dal peccato da colui che ha preso su di se la forma del peccato, che si è fatto simile a noi che ci eravamo rivolti verso la forma del serpente; per causa sua la morte che consegue al morso è fermata, però i serpenti stessi non vengono distrutti. Infatti, coloro che guardano alla Croce non sono più soggetti alla morte nefasta dei peccati, ma la concupiscenza che agisce nella loro carne (cf. Gal 5,17) contro lo Spirito non è interamente distrutta. E, in effetti, i morsi del desiderio si fanno spesso sentire anche tra i fedeli; ma l`uomo che guarda a colui che è stato elevato sul legno, respinge la passione, dissolvendo il veleno con il timore del comandamento, quasi si trattasse di una medicina.

         Che il simbolo del serpente innalzato nel deserto sia simbolo del mistero della croce, la parola stessa del Signore lo insegna chiaramente, quando dice: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell`uomo" (Gv 3,14).

 

         (Gregorio di Nissa, Vita Moysis, nn. 269-277)

 

 

2. Dio ama infinitamente il mondo

 

         Abramo aveva molti servitori; perchè Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perchè l`amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (cf. Gen 22,1-18). Parimenti c`erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16).

 

         (Efrem, Diatessaron, 21, 7)

 

 

3. Dalla bontà di Dio dipende il nostro vivere

 

         E` oltremodo giusto che noi inneggiamo a lui, perchè il nostro essere e il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo dunque cantare a questo Dio, che è ed è sempre stato, le grandezze che gli competono e si addicono alla lode della sua maestà, cioè: che egli è eterno, che è onnipotente, che è immenso, che è creatore del mondo e suo salvatore, che ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino il Figlio suo per la salvezza del mondo, come dice egli stesso nel Vangelo: "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).

 

         (Cromazio di Aquileia, Sermo, 33, 1)

 

 

4. Cristo ha illuminato le nostre tenebre

 

         E` veramente cosa buona e giusta renderti grazie, Signore santo, eterno Padre, Dio onnipotente, per Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.

         Egli, con l`illuminazione della sua fede, dissipò le tenebre del mondo e costituì figli della luce coloro che giacevano nelle tenebre, sotto la giusta condanna della legge.

         Egli venne come giudizio sul mondo, sicché i non vedenti vedessero e i vedenti divenissero ciechi; in tal modo, coloro che confessavano in sé le tenebre degli errori, percepivano la luce eterna, per mezzo della quale rimuovere le tenebre dei delitti. E quelli che, arroganti, credevano di avere in sé per proprio merito la luce della giustizia, meritatamente in sé stessi si oscureranno.

         Quelli che si innalzano nella propria superbia e confidano nella propria giustizia, non ricercano il medico per essere sanati.

         Per lo stesso Gesù che affermò di essere la porta che fa accedere al Padre, fa` che essi possano entrarvi. E poichè credettero a torto di poter essere elevati per merito, rimasero nonostante tutto nella loro cecità.

         Ecco perchè noi, veniamo a te umili, Padre santo; senza presumere dei nostri meriti, apriamo la nostra ferita davanti al tuo altare, confessiamo le tenebre dei nostri errori; apriamo i recessi della nostra coscienza.

         Ti preghiamo di poter trovare la medicina per la ferita, la luce eterna per le tenebre, la purezza dell`innocenza per la coscienza. Vogliamo, infatti, con tutte le energie, discernere il tuo volto, ma ne siamo impediti dalla cecità della tenebra consueta. Siamo avidi di guardare i cieli, ma non ne abbiamo le possibilità finché restiamo accecati dalle tenebre dei peccati; e tantomeno imitiamo con una santa vita coloro che per l`eccellenza della vita hanno ricevuto il nome del cielo.

         Vieni, dunque, Gesù, in aiuto di noi che ti preghiamo nel tuo tempio e prenditi cura in questo giorno di coloro che, in vista del bene, tu hai voluto che non osservassero il sabato.

         Ecco, apriamo le nostre ferite davanti alla gloria del tuo nome: tu applica la medicina sulle nostre infermità. Soccorrici, come hai promesso di fare con chi ti prega, noi, che tu hai tratto dal nulla.

         Prepara un collirio e tocca gli occhi del cuore e del corpo, affinché non ricadiamo, ciechi, nelle tenebre dei soliti errori.

         Ecco, bagniamo con le lacrime i tuoi piedi; non respingerci umiliati. O buon Gesù, fa` che non abbandoniamo le tue orme, tu che umile venisti sulla terra. Ascolta ora la nostra comune preghiera e, svellendo la cecità dei nostri crimini, fa` che possiamo vedere giubilanti la gloria del tuo volto, nella beatitudine dell`eterna pace.

 

         (Sacramentario Mozarabico, Praefatio)

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22/09/2009 10:57

V DOMENICA DI QUARESIMA

V DOMENICA DI QUARESIMA

 

Letture:         Geremia 31,31-34

         Ebrei 5,7-9

         Giovanni 12,20-33

 

1. Amore e croce

 

         Il Signore ci esorta poi a seguire gli esempi che egli ci offre della sua passione: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12,25).

         Queste parole si possono intendere in due modi: «Chi ama, perderà», cioè: se ami, non esitare a perdere, se desideri avere la vita in Cristo, non temere la morte per Cristo. E nel secondo modo: «Chi ama l`anima sua, la perderà», cioè: non amare in questa vita, se non vuoi perderti nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più conforme al senso del brano evangelico che leggiamo. Il seguito infatti dice: "E chi odia la propria anima in questo mondo, la serberà per la vita eterna" ("ibid."). Quindi, la frase di prima: «Chi ama», sottintende: in questo mondo; cosi come poi dice: «Chi invece odia in questo mondo», la conserverà per la vita eterna.

         Grande e mirabile verità, nell`uomo c`è un amore per la sua anima che la perde, e un odio che la salva. Se hai amato smodatamente, hai odiato; se hai odiato gli eccessi, allora hai amato. Felici coloro che hanno odiato la loro anima salvandola, e non l`hanno perduta per averla amata troppo. Ma guardati bene dal farti venire l`idea di ucciderti da te stesso, avendo inteso che devi odiare in questo mondo la tua anima. Così intendono certi uomini perversi e male ispirati, crudeli e scellerati omicidi di sé stessi, che cercano la morte gettandosi nel fuoco, annegandosi in mare o precipitandosi da una vetta. Non è questo che insegna Cristo. Quando il diavolo gli suggerì di gettarsi nel precipizio, egli rispose: "Torna indietro, Satana; sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). E nello stesso senso disse a Pietro, per fargli intendere con quale morte egli avrebbe glorificato Dio: "Quando eri più giovane, ti cingevi da te stesso e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, un altro ti cingerà e di condurrà dove tu non vuoi" (Gv 21,18-19). Parole queste che chiaramente ci indicano che non da sé ma da altri, deve essere ucciso colui che segue Cristo. Quando dunque un uomo si trova nell`alternativa, e deve scegliere tra infrangere un comandamento divino, oppure abbandonare questa vita perchè il persecutore gli minaccia la morte, ebbene egli scelga la morte per amore di Dio, piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà giustamente odiato la sua anima in questo mondo per salvarla per la vita eterna.

 

         (Agostino, Comment. in Ioan., 51, 10)

 

 

2. Cristo ci ha fatto dono della sua vittoria

 

         Qual sacrificio fu mai più sacro di quello che il vero Pontefice posa sull`altare della croce immolando su di lei la propria carne? Benchè, invero, la morte di molti santi sia stata preziosa agli occhi del Signore (cf. Sal 115,15), mai tuttavia l`uccisione di un innocente ebbe come causa la propiziazione del mondo. I giusti hanno ricevuto la propria corona di gloria, non ne hanno donate, la forza d`animo dei fedeli ha prodotto esempi di pazienza, non doni di giustizia. La loro morte rimase propria a ciascuno di loro e nessuno con il proprio transito acquistò il debito di un altro; nostro Signore, invece, unico tra i figli degli uomini, è stato il solo in cui tutti sono stati crocifissi, tutti sono morti, tutti sono stati sepolti, tutti del pari sono risuscitati; ed è di loro che egli stesso diceva: "Quando sarò levato in alto attirerò tutto a me" (Gv 12,32). In effetti, la vera fede che giustifica gli empi (cf. Rm 4,5) e crea i giusti (cf. Ef 2,10; 4,24), attratta a colui che condivide la sua natura, acquista in lui la salvezza, in lui nel quale essa si è ritrovata innocente; e poiché "non vi è che un unico mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5) è per la comunione con la sua stirpe che l`uomo ha ritrovato la pace con Dio; può così, in tutta libertà, gloriarsi (cf. 1Cor 3,21; Fil 3,3; 2Cor 10,17) della potenza di colui che, nella infermità della nostra carne, ha affrontato un nemico superbo e ha fatto dono della sua vittoria a coloro nel cui corpo egli ha trionfato.

 

         (Leone Magno, Sermo, 51, 3)

 

 

3. Tutto attirerò a me

 

         "E io, quando sarò levato in alto da terra, tutto attirerò a me" (Gv 12,32).

         Cos`è questo «tutto», se non tutto ciò da cui il diavolo è stato cacciato fuori? Egli non ha detto: tutti, ma «tutto», perchè la fede non è di tutti (cf. 2Ts 3,2). Questa parola non si riferisce quindi alla totalità degli uomini, ma alla integrità della creatura: spirito, anima e corpo; cioè, quel che ci fa intendere, quel che ci fa vivere, quel che ci fa visibili e sensibili. In altre parole, colui che ha detto: "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21,18), tutto attira a sé.

         Se invece vogliamo interpretare «tutto» come riferito agli stessi uomini, allora si deve intendere che con quella parola si indicano tutti i predestinati alla salvezza. In questo senso il Signore dice che di tutti questi nessuno perirà, come prima aveva detto parlando delle sue pecore. Oppure egli ha voluto intendere tutte le specie di uomini, di tutte le lingue, di tutte le età, senza distinzione di grado o di onori, di ingegno o di talento, di professione o di arte, al di là di qualsiasi altra distinzione che, al di fuori del peccato, possa esser fatta tra gli uomini, dai più illustri ai più umili, dal re sino al mendico: «Tutto» - egli dice - «attirerò a me», in quanto io sono il loro capo ed essi le mie membra.

 

         (Agostino, Comment. in Ioann., 52, 11)

 

 

4. La morte del Signore è la nostra somma gloria

 

         Per conseguenza, ebbe con noi con una vicendevole partecipazione una meravigliosa relazione; era nostro, quello per cui è morto, suo sarà quello, per cui possiamo vivere. In effetti, egli diede la vita, che assunse da noi e per la quale morì, e dette la stessa vita, poiché egli era il Creatore; ma prese quella vita per la quale con Lui e per Lui saremo vittoriosi, non per opera nostra. E per questo, per quanto riguarda la vita nostra, per la quale siamo uomini, morì non per sé ma per noi; infatti, la natura di Lui, per la quale è Dio, non può morire completamente. Ma per quanto riguarda la natura umana di lui, che egli, come Dio, creò, è morto anche in essa: poiché anche la carne egli creò nella quale egli è morto.

         Non soltanto, quindi, non dobbiamo arrossire della morte del Signore, nostro Dio, ma ci dobbiamo grandemente confidare in essa e aver motivo di somma gloria: accettando infatti, la morte da noi, che egli trovò in noi, sposò nel modo più fedele la vita che ci avrebbe dato, che noi non possiamo avere da noi. In effetti, colui che ci amò tanto, che ciò che meritammo col peccato, egli, senza peccato, patì per noi peccatori, come colui che giustifica non ci darà ciò con giustizia? Come non ci restituirà, i premi dei santi, colui che promette con verità, colui che, innocente, sopportò la pena dei colpevoli?

         Confessiamo, dunque, fratelli, coraggiosamente, ed anche professiamo: Cristo è stato crocifisso per noi: non vi spaventate ma siate nella gioia; proclamiamolo non con vergogna ma con gioia. Osservò così il Cristo l`apostolo Paolo e raccomandò tale titolo di gloria.

         Ed egli, avendo molti titoli, grandi e divini, che egli ricordasse del Cristo, non disse di gloriarsi delle meraviglie del Cristo, poiché, essendo anche uomo, come siamo noi, ebbe il dominio nel mondo; ma disse: Per me di non altro voglio gloriarmi, che della croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Gal 6,14).

 

         (Agostino, Sermo Guelf., 3, 1-2)

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22/09/2009 10:57

DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

 

Letture:         Isaia 50,4-7

         Filippesi 2,6-11

         Marco 14,1; 15,47

 

1. La donna di Betania, esempio per i battezzati

 

         Leggiamo piú avanti in questa stessa lezione del Vangelo: "Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso, e mentre era a tavola, venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo di nardo puro" (Mc 14,3). Questa donna interessa in modo speciale voi, che state per ricevere il battesimo. Essa ha rotto il suo vasetto, affinché Cristo faccia di voi tanti cristi, cioè unti. Ecco infatti quanto sta scritto nel Cantico dei Cantici: "Un profumo olezzante è il tuo nome, per questo ti hanno desiderato le donzelle; corriamo dietro a te, nell`odore del tuo profumo" (Ct 1,2). Finché il profumo era rinchiuso e non si diffondeva, finché Dio era conosciuto soltanto in Giudea e soltanto in Israele era grande il suo nome (cf. Sal 75,2), le donzelle non seguivano Gesú. Ma quando il suo profumo si diffonde in tutta la terra, le giovani anime dei credenti seguono il Salvatore.

         «Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso». Nella nostra lingua, Betania significa casa dell`obbedienza. E perché la dimora di Simone il lebbroso è in Betania, cioè nella casa dell`obbedienza? E che cosa faceva il Signore nella casa del lebbroso? Ma egli era venuto nella casa del lebbroso per purificarlo. E` detto lebbroso, non perché lo è ancora, ma perché lo è stato. Era lebbroso prima di ricevere il Signore: ma dopo aver ricevuto il Signore, dopo che il vasetto di unguento è stato aperto, la lebbra è scacciata. Egli mantiene il nome che aveva prima, per ricordare il miracolo del Salvatore. Per lo stesso motivo anche gli apostoli conservano i loro vecchi nomi, perché sia manifesto il potere di chi li chiamò e li fece diventare apostoli: per questo Matteo, che era stato pubblicano e divenne poi apostolo, vien chiamato pubblicano anche dopo essere divenuto apostolo; non perché era ancora pubblicano, ma perché da pubblicano fu trasformato in apostolo. Resta insomma il nome antico perché sia manifesto il potere del Signore: cosí anche Simone è chiamato con l`antico nome di lebbroso per ricordare che è stato guarito dal Signore.

         «Venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo». I farisei e gli scribi stanno nel tempio, e non hanno il profumo: questa donna è fuori del tempio e porta il profumo, porta il nardo, un vasetto di nardo con cui è confezionato il suo profumo. Anche voi fedeli, che siete chiamati, siete come un profumo di nardo. La Chiesa, raccolta tra tutte le genti, offre infatti ai Salvatore i suoi doni, cioè la fede dei credenti. Essa rompe il vasetto di alabastro, affinché tutti ricevano il profumo, si rompe il vasetto, che prima in Giudea era tenuto rigorosamente chiuso. Si apre il vasetto, ripeto: come il chicco di grano non fa frutti se non è sepolto e marcisce in terra, cosí se non viene aperto il vasetto di alabastro, non potremo essere unti (cf. Gv 12,24).

         "E glielo versò sul capo" (Mc 14,3). Questa donna che rompe il vasetto di alabastro e versa il profumo sul suo capo, non è la stessa donna, di cui si parla in un altro Vangelo, che lavò i piedi del Signore (cf. Lc 7,37). Quella, che era una prostituta e una peccatrice, abbraccia soltanto i piedi; questa, quasi santa gli abbraccia il capo. Quella, come prostituta, bagna con le sue lacrime i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli: sembra che lavi con le lacrime i piedi del Signore, ma in realtà lava i suoi peccati. I sacerdoti e i farisei non baciano il Signore; invece questa donna gli bacia i piedi. Fate anche voi cosí, voi che state per ricevere il battesimo, poiché tutti siamo sotto il peccato e "nessuno è senza peccato, anche se la sua vita è durata un solo giorno" (Gb 14,4) "e contro i suoi angeli - ciascuno - oppone qualcosa di perverso (ibid.)". Fate anche voi cosí: dapprima abbracciate i piedi del Salvatore, lavateli con le lacrime asciugateli con i capelli, e quando avrete fatto questo, innalzatevi alla sua testa.

 

         (Girolamo, Comment. in Marc., 10)

 

 

2. Ad imitazione di Cristo, immoliamo noi stessi a Dio in sacrificio di lode

 

         Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure piú chiaramente che nell`antica legge (la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo piú perfettamente e con vista piú chiara, perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel "Sancta sanctorum" e, dirò di piú, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere.

         Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce, da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui, fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesú, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesú. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: - "Non mi toccare" tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev`essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertí i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25)

 

 

3. Omelia per la Domenica delle Palme

 

         Salendo nostro Signore Gesú Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua secondo il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cf. Gv 12,12-13), per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d`Israele. Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d`albero (cf. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava. Da qui deriva l`usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d`ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d`ulivo».

         Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L`ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".

         Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando cosí che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste. Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13). Teniamo perciò in mano i rami d`ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassú, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l`affermazione dell`Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).

         Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell`alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell`alto dei cieli (cf. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salveza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell`alto lei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell`alto dei cieli.

         Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

 

         (Anonimo IX secolo, Sermo XI, in Ramis palmarum, 1-3)

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22/09/2009 10:58

GIOVEDI` SANTO

GIOVEDI` SANTO

 

La funzione sacra di questo giorno la ritroviamo nella Chiesa di Gerusalemme alla fine del IV secolo: dopo l`abituale Messa serale, i fedeli si radunavano sul Monte degli Olivi pregando nei luoghi dove stava e fu catturato Gesú. A Roma, nel VI secolo, il Giovedi Santo si celebravano tre Messe: la prima, riuniva i penitenti che ottenevano la riconciliazione; durante la seconda, si benedicevano gli oli; la terza veniva celebrata come ricordo della Cena del Signore. Ben presto, però, queste tre Messe si riuniscono in una solenne celebrazione eucaristica con la partecipazione del clero e dei fedeli attorno al vescovo. Questa pratica, con la diffusione della liturgia romana, viene accolta in tutta la Chiesa d`Occidente. Attualmente, nelle chiese vescovili viene celebrata al mattino la Messa del Crisma, nelle altre chiese soltanto la Messa della Cena del Signore.

         La Messa del Crisma - benedizione degli oli - aveva luogo il Giovedí Santo visto che il Battesimo veniva celebrato nella Vigilia di Pasqua. E` difficile stabilire quando definitivamente venne accettato il presente rito della benedizione. In conformità alla vecchia usanza romana, la benedizione viene eseguita dal vescovo attorniato dal suo clero. In questa Messa, si manifesta il mistero del Sacerdozio di Cristo al quale partecipano tutti i sacerdoti rappresentanti le diverse comunità.

         La Messa della Cena del Signore è collegata con il rito della lavanda dei piedi. Questa funzione, conosciuta e praticata nei conventi, venne inserita nella liturgia: a Roma, è praticata fin dal XII secolo, e nel Medioevo viene accolta comunemente. Viene accompagnata dal canto «Dov`è carità e amore».

         Il Venerdì Santo la Chiesa non celebra l`Eucaristia e perciò bisognava conservare il Santissimo Sacramento dalla Messa di Giovedí. L`Eucaristia, come si faceva sin dai primi tempi, veniva collocata nella sacrestia. Nel XII secolo, sotto l`influenza del crescente culto del Santissimo Sacramento, si cominciò a collocare l`Eucaristia nella chiesa, sull`altare oppure in luogo specialmente preparato. La traslazione avveniva in solenne processione e la cappella della custodia veniva addobbata con fiori e luci. La riposizione del Santissimo Sacramento doveva simboleggiare la permanenza di Cristo nella tomba e per questo i fedeli cominciarono a chiamare il luogo della custodia «Sepolcro del Signore», benché la Chiesa fosse contraria all`addobbo somigliante a quello della tomba.

         La spogliazione degli altari ha un`antica origine. All`inizio, era probabilmente un atto comune che poi ha assunto il significato simbolico. L`altare è il simbolo di Cristo e il rimuovere delle tovaglie fa ricordare lo spogliamento di Gesú dalle sue vesti.

         «Egli, venuta l`ora di essere glorificato da te, Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi". Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me"».

         Niente renderà meglio il mistero del giorno di oggi, la natura della Messa serale che raduna attorno all`altare tutta la comunità se non quelle parole della Preghiera eucaristica IV. Cristo dà se stesso per la salvezza del mondo, ma prima affida alla Chiesa il Sacrificio vivo e santo, il segno dell`eterna Alleanza con gli uomini. Fedele alle parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa incessantemente celebra l`Eucaristia ed invoca: «Guarda con amore e riconosci nell`offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione». Questo Sacrificio della nostra riconciliazione con Dio porta continuamente pace e salvezza al mondo intero.

         La Chiesa, radunata attorno alla mensa eucaristica, oggi piú che mai, sperimenta la presenza del Signore. Rimarrà accanto a lui nella preghiera notturna per non sentire come una volta i discepoli nel Giardino degli Olivi: «Cosí non siete stati capaci di vegliare un`ora sola con me?».

 

         Accedendo tutti alla mistica mensa,

         riceviamo con anima pura il pane,

         per non essere separati dal Signore,

         e perché vedendo come egli lava i piedi dei discepoli

         facciamo quanto abbiamo visto, sottomessi gli uni agli altri,

         asciugandoci i piedi a vicenda.

         Cristo infatti cosí ordinò ai suoi discepoli,

         anche se non fu ascoltato da Giuda,

         servitore iniquo.

 

         (Liturgia Bizantina, EE, n. 3117)

 

 

1. L`agnello figura e l`Agnello vero

 

         I discepoli si trovarono tra l`agnello e l`agnello. Mangiarono l`agnello pasquale e l`agnello vero.

- Responsorio:

         Gloria a te, o re Messia, che salvasti la santa Chiesa col tuo sangue.

         Gli apostoli si trovarono tra la figura e la verità. Videro la figura portata via e la verità ch`era arrivata.

         Beati loro ch`ebbero la fine della figura e l`inizio della verità.

         Mangiò il Signore la Pasqua coi suoi discepoli; col pane che spezzò abolí gli azzimi.

         Il suo pane che vivifica tutto, vivificò i popoli; prende il posto degli azzimi, che non davano la vita.

         La Chiesa ci ha dato un pane vivo al posto degli azzimi, che aveva dato l`Egitto.

         Maria ci ha dato il pane della vita al posto del pane di stanchezza, che ci aveva dato Eva.

         Abele fu agnello e offrí l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che offre un agnello?

         L`Agnello di Dio mangiò l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che mangia un agnello?

         L`agnello della verità mangiò l`agnello della Pasqua. La figura fu mangiata dalla verità.

         Tutte le figure stavano nel Santo dei Santi in attesa di colui che le avvera tutte.

         Le figure videro l`agnello della verità, aprirono le porte del tempio e gli andarono incontro.

         Tutte le figure s`inserirono e rimasero in lui, e tutti e dappertutto parlarono di lui.

         Poiché in lui si sono avverate le figure e i misteri; vi ha posto sopra il suo sigillo lui, che compie tutto.

         Quando il lupo s`allontanò dal gregge dei dodici e uscí dal cenacolo, si alzò l`agnello della verità e divise il suo corpo tra il gregge, che aveva mangiato l`agnello pasquale. Ivi fu sigillata la figura tramandata attraverso le generazioni dall`Egitto al cenacolo.

 

         (Efrem, Hymn., 6 e 14)

 

 

2. La gioia di Gesú nel servire

 

         Nostro Signore guidò i Dodici e li condusse a casa per lavar loro i piedi (cf. Gv 13,5ss; 14ss). Assegnò loro i posti come erede, poi si levò per servir loro da amico. Versò la benefica acqua e portò il catino, prese il panno e se lo cinse ai fianchi.

         ...Io vidi come pieno di gioia lavò quelli e con volto sereno li serviva. Afferrò i loro piedi, senza che si scottassero e vi versò acqua senza che andassero in fiamme. Li pulì dalle tracce della fatica e della stanchezza e li rafforzò a camminare sulla strada. A tutti andò egli davanti cosí amabilmente, alla stessa maniera senza fare distinzione. Cosí andò anche da Giuda e ne prese i piedi. Allora la terra si lamentò senza bocca; le pietre nei muri elevarono la loro voce allorquando videro come il fuoco lo risparmiava. Chinai il capo a terra e le mie orecchie udirono voci di pianto che annunciarono ciò. E cosí anche questo discorso costernato fu emesso dalla bocca dei loro agnelli:

«Su che cosa dobbiamo meravigliarci e verso chi guardare? Poiché verso i due lati si leva il nostro stupore. Dobbiamo osservare colui che siede qui, col cuore pieno di morte e di inganno senza lasciarsi impressionare oppure l`altro che pieno di misericordia lava i piedi al suo assassino?». Formidabile stupore provocò quando la mano di Nostro Signore toccò il suo assassino. Egli non scoprì la malvagità di costui, anzi coprí il suo delitto e lo trattò proprio come gli altri.

         Allora andò verso Simone; ma il cuore di costui si inquietò, egli si alzò davanti a lui e l`implorò: «Gli angeli in cielo coprono i loro piedi per timore, desiderano bruciarsi (Is 6,2), e tu? o mio Signore, sei venuto per prendere i piedi di Simone con la tua mano e servirmi! Tutto questo, la tua umiltà e il tuo amore, hai tu verso di noi già da lungo tempo dimostrato, tramite ciò ci hai tu già onorato; cosí non metterci adesso di nuovo in imbarazzo! I Serafini non osano toccare l`orlo [del tuo vestito], e guarda, tu lavi i piedi di un uomo miserabile! Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Chi potrebbe udire ciò senza divenire sgomento? Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Come potrebbe sopportare ciò la terra? La notizia di questa tua azione farebbe stupire l`intera creazione; questa notizia, che una tal cosa succede sulla terra, turberebbe le schiere degli spiriti celesti. Fermati o Signore, affinché ciò mi resti risparmiato; per questo ti imploro, poiché io sono un uomo peccatore! Secondo il tuo comando ho camminato sul mare, e secondo il tuo ordine ho camminato sulle onde (cf. Mt 14,29). E questa prima cosa non è già abbastanza per me, ma un`altra cosa ancor piú grande vuoi tu ingiungermi! O Signore, ciò non può accadere, perché già la semplice notizia di ciò scuote la creazione! O Signore, ciò non può accadere, giacché questo peso sarebbe piú pesante di quanto può essere pesato!».

         «Se ciò non può accadere, allora tu non avrai alcuna parte con me al trono. Se ciò non può accadere, allora restituiscimi le chiavi che ti ho affidato. Se ciò non può accadere, allora anche la tua signoria sarà tolta da te (cf. Mt 16,19). Se ciò, come tu dici, non può accadere, allora non potrai neppure provare nessuna partecipazione al mio corpo». Allora Simone cominciò ad implorare e a dire al Benigno: «O Signore, non lavarmi solamente i piedi, ma anche le mani e il capo!». «Simone, Simone, esiste soltanto un bagno per l`intero corpo nell`acqua santa!». Terminò l`operazione della lavanda e ordinò loro per amore: «Guardate, miei discepoli, come io vi ho servito e quale opera vi ho prescritto! Guardate, io vi ho lavato e pulito; allora affrettatevi felici in chiesa, varcate le sue porte quali eredi! Camminate senza paura sopra i demoni e senza spaventarvi sulla testa del serpente! Andate senza timore del vostro cammino e annunciate la mia parola nelle città! Seminate il Vangelo nei Paesi e innestate l`amore nei cuori degli uomini! Annunciate il mio Vangelo davanti ai re e testimoniate la mia fede davanti ai giudici! Vedete, io che sono il vostro Dio, mi sono abbassato e vi ho servito affinché io vi preparassi una perfetta Pasqua e si rallegrasse la faccia di tutto il mondo».

 

         (Cirillona, Inno sulla lavanda dei piedi)

 

 

3. Il dono dell`adozione

 

         E compiuto il tragitto, vennero nella regione di Gennesaret. Ora, avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati, pregandolo di poter toccare anche soltanto il lembo del suo mantello, e quanti lo toccarono, furono risanati (Mt 14,34-36). La gente non gli si accosta piú come prima, obbligandolo ad andare nelle proprie case a imporre le mani sugli infermi e a comandare alle malattie di ritirarsi. Ora invece chiedono e si guadagnano la guarigione in un modo piú elevato e piú sapiente e con una fede piú grande. Senza dubbio l`emorroissa aveva insegnato a tutti il modo in cui comportarsi. L`evangelista, inoltre, per far capire che molto tempo addietro il Maestro era stato da quelle parti, dice: «Avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati». Il tempo non solo non ha distrutto la loro fede, ma al contrario l`ha mantenuta vigorosa e l`ha accresciuta.

         Tocchiamo, dunque, anche noi il lembo del suo mantello; anzi, se vogliamo, noi possiamo avere Cristo tutto intero. Il suo corpo infatti è ora davanti a noi. Non il mantello semplicemente, ma il suo stesso corpo: e non solo per toccarlo, ma per mangiarlo, ed esserne saziati. Accostiamoci quindi con fede, portando ognuno la propria infermità. Se coloro che toccarono il lembo del suo mantello si attirarono tanta virtù risanatrice, ancor piú possono attendersi coloro che ricevono Gesú Cristo tutto intero. Tuttavia, accostarsi con fede a Cristo non significa semplicemente prendere ciò che viene offerto, ma toccarlo con cuore puro e con disposizioni piene di fervore, sapendo che ci avviciniamo a Cristo in persona. Che importa se tu non senti la sua voce? Tu lo contempli sull`altare; o meglio tu senti anche la sua voce, dato che egli ti parla per mezzo degli evangelisti.

         Credete con viva fede che anche ora c`è la stessa cena alla quale Gesú prese parte con gli apostoli. Non c`è infatti nessuna differenza tra l`ultima cena e la cena dell`altare. Neppure si può dire che questa sia celebrata da un uomo, mentre quella da Cristo, perché Gesú stesso compie questa come quella. Orbene, quando tu vedi il sacerdote presentarti questo sacro cibo, non pensare che è il sacerdote a dartelo, ma sappi che è la mano di Cristo tesa verso di te. Come nel battesimo non è il sacerdote che ti battezza, ma è Dio che sostiene il tuo capo con la sua invisibile potenza, e neppure un angelo, né un arcangelo né chiunque altro osa avvicinarsi e toccarti, cosí avviene anche ora. Quando Dio ci genera nel battesimo facendoci suoi figli, questo dono è esclusivamente suo. Non vedi che nel mondo coloro che adottano dei figli non affidano questo incarico ai loro servi, ma si presentano di persona al tribunale? Nello stesso modo anche Dio non ha affidato agli angeli il suo dono, ma egli stesso si presenta di persona e comanda: Non chiamate Padre vostro alcuno sulla terra (Mt 23,9). Non parla cosí perché tu debba mancare di rispetto a coloro che ti hanno messo al mondo, ma per insegnarti a preferire a tutti colui che ti ha creato e ti ha iscritto, con l`adozione, tra i suoi figli. Ed ora, Cristo che ti ha fatto il dono piú grande offrendo e consegnando se stesso alla morte, assai minor difficoltà avrà a darti il suo corpo. Comprendiamo bene tutti noi, sacerdoti e fedeli, quale dono il Signore si è degnato di darci e a quale onore ci ha elevati. Riconosciamolo e tremiamo. Cristo ci ha dato di saziarci con la sua carne, ci ha offerto se stesso immolato. Quale scusa avremo ancora se, così alimentati, continuiamo a peccare, se, cibati dell`Agnello, viviamo come lupi; se, nutriti di tale cibo, non cessiamo di essere avidi come i leoni? Questo sacramento esige non solo che siamo sempre esenti da ogni violenza e rapina, ma puri anche della piú piccola inimicizia. Questo sacramento infatti è un sacramento di pace, e non permette di avere attaccamento alle ricchezze. Gesú per noi non ha risparmiato se stesso: quale giustificazione potremo dunque invocare se, per conservare i nostri beni, trascuriamo la nostra anima per la quale Cristo non ha risparmiato la sua vita? Dio aveva istituito per gli Ebrei alcune feste annuali a ricordo dei suoi benefici; ma per te, ora, il ricordo esiste ogni giorno per mezzo di questi sacri misteri. Non vergognarti dunque della croce. Queste sono le nostre realtà sacre, questi sono i nostri misteri; con questo dono ci adorniamo, di esso ci fregiamo e ci gloriamo. Quand`io dicessi che Dio ha disteso il cielo, ha dispiegato la terra e i mari, ha inviato profeti e angeli, non direi niente di paragonabile a questo sacramento. La somma di tutti i beni sta nel fatto che Dio non ha risparmiato il proprio Figlio per salvare dei servi che gli erano ostili.

         Che nessun Giuda, nessun Simon Mago si accosti dunque a questa tavola: l`uno e l`altro infatti sono periti per il loro amore al denaro. Fuggiamo questo abisso di male e non pensiamo che basti ad assicurare la nostra salvezza, dopo aver con le nostre rapine spogliato le vedove e gli orfani, presentare all`altare un calice d`oro, ornato di pietre preziose. Se vuoi onorare questo sacrificio, presenta la tua anima, per la quale esso è stato offerto. Fa` che la tua anima sia tutta d`oro, perché, se essa rimane peggiore del piombo o di un coccio, che guadagno ti procura il calice d`oro che tu doni alla chiesa? Non preoccuparti quindi di offrire soltanto vasi d`oro, ma bada che essi siano frutto di oneste fatiche. Doni ben piú preziosi dell`oro sono quelli che non provengono dall`avarizia. La chiesa non è un`oreficeria, né una zecca, ma un`assemblea di angeli. Abbiamo perciò bisogno di anime; Dio infatti ammette anche questi vasi sacri, ma solo per le anime. Non era d`argento quella tavola e neppure d`oro era il calice con cui Cristo diede ai discepoli il suo sangue, ma tutto quello era prezioso e degno del piú profondo rispetto, perché era ricolmo di Spirito Santo.

         Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto questo è il mio corpo (Mt 26,26), confermando con la sua parola l`atto che faceva, ha detto anche: «Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare» e quanto non avete fatto a uno dei piú piccoli tra questi, neppure a me l`avete fatto (Mt 25,42-45). Il corpo di Cristo che sta sull`altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo quindi a pensare e a comportarci degnamente verso così grandi misteri e a onorare Cristo come egli vuol essere onorato. Il culto piú gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che egli stesso vuole, non quello che pensiamo noi. Anche Pietro credeva di onorare Gesú, impedendogli che gli lavasse i piedi (cf. Gv 13,8), ma ciò non era onore, bensí il contrario. Cosí anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d`oro, ma di anime d`oro.

 

         (Giovanni Crisostomo, In Matth., 50, 2 s.)

 

 

4. La funzione mediatrice del sacerdote

 

         O sacerdote, che compi il tuo ufficio ministeriale sulla terra in modo spirituale, e che le creature spirituali non possono imitare! O sacerdote, come è grande la funzione che tu adempi e che sognano i ministri «di fuoco e di spirito!».

         Chi esprime adeguatamente la grandezza del tuo compito, che è al di sopra degli esseri celesti a causa del titolo del tuo potere? La natura di uno spirito è piú sublime e piú gloriosa della tua, ma non le è permesso di imitarti raffigurando una immagine dei misteri. Un angelo è grande, e diremmo, piú grande di te; ma, quando si paragona il tuo ministero al suo, egli è inferiore a te. Il serafino è santo, il cherubino è bello, l`angelo è veloce; tuttavia non possono muoversi cosí rapidamente come la parola della tua bocca. Gabriele è glorioso; Michele è grande, e il loro nome lo indica; tuttavia, in ogni momento, essi si inchinano davanti al mistero deposto tra le tue mani.

         Essi ti stimano, quando tu ti avvicini per compiere il tuo ministero, e ti attendono a condizione che tu dia il segnale ai loro canti di santificazione.

         Essi si mettono alla tua destra per esser pronti a cantare le lodi, e quando tu hai compiuto il mistero della tua salvezza, essi acclamano queste lodi. Essi sono sottomessi con amore alla volontà che è nascosta nei tuoi misteri e ti onorano per la funzione, che tu adempi. E se gli esseri spirituali onorano impassibili la tua funzione, chi non ti concederebbe una corona di lode a causa della grandezza della tua funzione?

         Ammiriamo continuamente la superiorità della tua dignità maestosa, che ha sottomesso al suo potere il cielo e la terra.

         I sacerdoti della Chiesa si sono impadroniti del potere in Cielo e sulla terra, e comandano agli esseri celesti e terrestri.

         Essi si pongono come mediatori tra Dio e gli uomini, e con le loro parole scacciano il male tra gli uomini. La chiave delle misericordie divine è stata posta nelle loro mani e distribuiscono la vita agli uomini secondo il loro beneplacito.

         La potenza nascosta li ha fortificati per compiere questo, affinché essi manifestino visibilmente l`amore di Dio nell`opera delle sue mani. Egli ha manifestato il suo amore nel Sacramento che ha trasmesso agli esseri umani, perché in virtù di questo dono, degli uomini abbiano compassione degli altri uomini.

         Egli ha trasmesso il suo dono potente ai sacerdoti affinché essi fortifichino con lui gli uomini deboli, colpevoli di aver peccato. Il sacerdote paga il debito dell`umanità per mezzo del suo ministero, e cancella con l`acqua l`obbligo contratto da essi nel loro genere umano e lo riabilitano.

         Come in una fornace, egli depone i corpi per battezzarli, e come in un fuoco, consuma le spine della mortalità.

         Egli getta nell`acqua il rimedio dello Spirito come in una fornace e purifica l`immagine dell`uomo dalle sue impurità.

         In virtù del calore dello Spirito, egli toglie la ruggine dal corpo e dall`anima, che acquistano invece di un colore argilloso, quello degli esseri celesti...

         Come Mosè, anch`egli si mantiene in riva al mare, ma al posto di un bastone, egli eleva la sua parola sull`acqua muta. Egli percuote le acque con la parola della sua bocca, come il figlio di Amram, ed esse ascoltano la sua voce, meglio della voce del figlio degli Ebrei, esse ascoltarono Mosè, ma anche ascoltandolo, esse non furono santificate. Ma ubbidendo al sacerdote della Chiesa, esse divennero sacre.

         L`israelita, veramente, non divise che il mare e il suo grande miracolo non bastò a purificare l`inquinità del suo popolo.

         Appartiene al sacerdote operare questo grande miracolo, che non ha nulla di simile tra quelli che sono stati operati, per il fatto che egli ha il potere di rimettere il male a cose inanimate [insensibili-spirituali].

         Il sacerdote innalza il suo sguardo verso questo segno che opera la creazione, ed impara da lui come produrre una nuova creazione. Egli imita anche il modo di fare di colui che creò il mondo, e fa intendere la sua voce come colui che la fece ascoltare all`origine sulla terra.

         Come il Creatore, anch`egli comanda, all`acqua ordinaria, e in luogo della luce si manifesta in essa il potere della vita. La voce del Creatore creò dal nulla gli astri, e il sacerdote, partendo da qualche segno, crea un`altra cosa in virtù della potenza del Creatore.

         Non è sua, la creazione che egli opera in mezzo alle acque, ma essa appartiene al segno che produsse la creazione dal nulla.

         Quel comando che Dio espresse, dal quale le creature ragionevoli e sensibili ebbero l`esistenza, egli lo concede di nuovo. Questa è parola che le acque ascoltano dalla bocca del sacerdote, ed esse generano l`uomo. Il frutto che esse portano ora è piú grande del primo, cosí grande è il potere che esercita un uomo ragionevole sopra un essere muto.

         Come un seme, egli getta la sua parola in mezzo alle acque, ed esse concepiscono e generano un frutto, non comune.

         Egli si intrattiene oralmente con le acque mute con parole spirituali, ed esse acquistano il potere di dare la vita alle nature ragionevoli. Le acque silenziose ascoltano quelli che possono parlare, pronunziare delle parole nuove, come quelle che Maria intese dalla bocca di Gabriele.

         Anch`egli fece ascoltare una «buona novella» alle orecchie degli uomini, simile a quella speranza della nascita del Figlio che annunziò l`angelo. Nella sua funzione il sacerdote tiene il posto dell`angelo, un posto migliore del suo, per il fatto che bisogna ottenere la speranza per quelli che sono senza speranza, per mezzo di quello che esprimono le sue parole. Egli adempie l`ufficio di mediatore tra l`essenza divina e gli uomini e conferma con le sue parole l`alleanza delle due parti.

         Egli supplica, gemendo, l`Essere nascosto, che è nascosto ma si manifesta per mezzo del suo amore, e la potenza che procede da lui, discende accanto al sacerdote, compiendo ciò che egli dice.

 

         (Narsai il Lebbroso, De mysterio eccl., passim)

 

 

5. La Messa e l`offerta

 

         L`offerta che vien fatta è la stessa, chiunque sia l`offerente, sia Paolo, sia Pietro; è la stessa, che Cristo diede ai discepoli, e che ora i sacerdoti presentano ai fedeli. Questa, che vien data dai sacerdoti oggi, non è in nessun modo inferiore a quella che fece Cristo allora, perché non sono gli uomini che la consacrano, ma quello stesso Cristo, che consacrò la prima. Come, infatti, le parole, che Dio disse, sono le stesse che dice oggi il sacerdote, così l`offerta è la stessa; come il battesimo nostro di oggi è il medesimo battesimo di Cristo. Cioè, rientra tutto nel campo della fede.

         Dunque, è corpo di Cristo questo che diamo noi, come era corpo di Cristo quello ch`egli stesso diede ai discepoli; e chi pensa che questo, che diamo noi, sia inferiore in qualche modo a quello, che Cristo diede, dimostra di non capire che anche oggi è ancora Cristo che è presente e agisce.

 

         (Giovanni Crisostomo, In Epist. II ad Timoth., 4, 4)

 

 

6. Il compito del sacerdote

 

         Se lo stesso Gesú Cristo Signore e Dio nostro è il Sommo Sacerdote di Dio Padre e per primo offrí se stesso in sacrificio e ordinò di fare questo in sua memoria, allora rappresenta veramente Cristo quel sacerdote che imita ciò che Cristo fece, e quindi offre a Dio Padre nella Chiesa un sacrificio vero e pieno, se cerca di offrirlo così come riconosce che Cristo stesso fece.

 

         (Cipriano di Cartagine, Epist., 63, 14)

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VENERDI` SANTO

VENERDI` SANTO

 

Da quando si cominciò a celebrare la Pasqua in giorno di domenica, il Venerdí Santo diventò il giorno della commemorazione della morte del Signore. A Gerusalemme verso la fine del IV secolo, prima del mezzogiorno si esponevano nella chiesa della Santa Croce sul Golgota le reliquie della Croce del Signore, che erano venerate dai fedeli. A mezzogiorno, il popolo si radunava di nuovo davanti alla stessa chiesa: dalle 12 fino alle 15, si leggeva la Sacra Scrittura e si cantavano i salmi. Sia in Oriente che in Occidente, in questo giorno non si celebrava l`Eucaristia. A Roma, si celebrava una funzione sacra la sera: si leggevano due brani dal Vecchio Testamento e la Passione del Signore secondo Giovanni. La liturgia si concludeva con le solenni preghiere di origine antica, per i rispettivi ceti della Chiesa. L`adorazione della Croce, sull`esempio dell`adorazione di Gerusalemme, venne introdotta nel secolo VII. Roma era in possesso nientemeno che delle reliquie della santa Croce. Il papa si recava dal Laterano alla chiesa di Santa Croce in Gerusalemme insieme con alcuni diaconi, che portavano le reliquie. Queste venivano poste sull`altare e in grande semplicità si iniziava l`adorazione. In Spagna e in Gallia si arriva alla drammatizzazione della liturgia: si svelava ed esponeva la Croce, ci si prostrava per tre volte davanti al Legno sacro, si cantavano gli improperi «Popolo mio» e altri inni. Questi elementi saranno introdotti nella liturgia romana nel IX-X secolo. La santa Comunione delle specie consacrate il Giovedi Santo compare a Roma sotto l`influsso della liturgia orientale nel VII-VIII secolo, però nel XIII secolo verrà limitata al solo celebrante.

         Nei paesi nordici, c`è un rito simile alla reposizione del Santissimo Sacramento il Giovedí Santo, che viene chiamato «la deposizione della Croce e dell`Ostia». Ben presto, il rito viene accolto in molte chiese eccetto la romana. Alcuni deponevano nel sepolcro il Santissimo Sacramento (Augsburg), altri invece la Croce (Inghilterra, Francia). I fedeli adoravano l`Ostia e la Croce fino al mattino di Pasqua.

         La Chiesa rimane oggi con il Signore che affronta la Passione per la salvezza del mondo. Sta insieme con Gesú nel Giardino degli Olivi, vive insieme con Lui l`arresto e il giudizio, cammina col Salvatore lungo la Via della Croce, resta con lui sul Calvario e sperimenta il silenzio del sepolcro. La liturgia della parola ci introduce nel mistero della Passione del Signore. Il sofferente Servo di Dio, disprezzato e respinto dagli uomini, viene condotto come agnello al macello. Dio pose su di lui le colpe di noi tutti. Cristo muore nel momento in cui nel tempio vengono sacrificati gli agnelli necessari alla celebrazione della cena pasquale. E` Lui il vero Agnello, che toglie i peccati del mondo. Egli viene offerto come nostra Pasqua. Cristo morí per tutti gli uomini e perciò in questo giorno la Chiesa, secondo la sua piú antica tradizione, rivolge a Dio una grande preghiera. Prega per tutta la Chiesa nel mondo, chiede l`unificazione di tutti i credenti in Cristo, intercede per il Popolo Eletto. Ricorda tutti i credenti delle altre religioni come anche chi non crede, prega per i governanti e per gli afflitti.

         Come non ringraziare Dio in questo giorno? Lodiamo Gesú e rendiamogli grazie, adorando la Croce su cui si compí la salvezza del mondo. Non solo glorifichiamo il Signore, ma ricevendo la santa Comunione dai doni consacrati ieri ci uniamo a Cristo: ogni volta che mangiamo di questo Pane annunziamo la morte del Signore, nell`attesa della sua venuta.

 

         Oggi viene messo in croce colui che mise la terra sopra le acque: con una corona di spine viene cinto il capo del re degli angeli, con falsa porpora viene coperto colui che copre il cielo di nubi; riceve uno schiaffo colui che nel Giordano diede la libertà ad Adamo: lo sposo della Chiesa viene confitto in croce: il figlio della Vergine viene trafitto con una lancia. Adoriamo la tua passione, o Cristo; e tu mostraci anche la tua gloriosa risurrezione.

 

         (Antiphona ad nonam, EE, n. 3123)

 

 

1. La cena e le tappe della Passione

 

         Il salvifico mistero della Croce,

         Quella sera hai mostrato e rivelato;

         Nel tuo Corpo, fonte della vita,

         Al pari della Coppa, l`hai distribuito e dato.

         Degnati con la santa Assemblea

         Di render anche me partecipe alla Mensa,

         Del Pane tuo di vita di cui ho fame

         E della tua Bevanda cui assetato anelo.

 

         Lavanda dei piedi (Gv 13,1-20)

 

         Tu hai lavato in una bacinella

         Con le tue mani pure i loro piedi

         Ed hai insegnato loro l`umiltà

         Dianzi in parole, ed in quel punto a fatti.

         Lava del pari il fango delle mie miserie

         Per le suppliche della santa Comitiva

         E indirizza il cammino dei miei passi

         Sulla via dell`umiltà verso il tuo cielo.

 

         L`agonia (Mt 26,36-46)

 

         Nelle oscure ore della notte

         Hai mostrato la tua natura umana:

         Nel terrore Tu fosti in agonia,

         Ed hai pregato il Padre che è nei cieli.

         Libera anche me dai segreti strali

         E dal terrore opprimente della notte;

         Le facoltà dell`anima e del corpo

         Siano fisse nel santo tuo timore.

 

         L`arresto (Mt 26,47-56)

 

         Sei stato legato per quei che si è legato;

         Tu hai disciolto il nodo del legame;

         Svincolami dai lacci volontari:

         Dai viluppi infernali dei peccati.

 

         Davanti al Sinedrio (Mt 26,59-68)

 

         Pel condannato a motivo del peccato,

         Sei comparso, Innocente, in tribunale;

         Quando nella gloria del Padre tornerai,

         Con lui non giudicarmi.

         Sacrileghi sputi T`hanno offeso,

         Per l`onta della prima creatura;

         Dell`Impudente, l`onta cancella dei peccati

         Con la quale ho coperto il mio sembiante.

         Hai permesso al cattivo servitore,

         D`imprimerti lo schiaffo schernitore;

         Colpisci con fermezza la faccia del Cattivo,

         Come con par durezza ha schiaffeggiato lui.

 

         Il rinnegamento di Pietro (Mt 26,69-75)

 

         Non hai lasciato che la Pietra rotolasse

         Fin negli abissi profondi del peccato,

         Ma, per le lacrime amare del suo cuore,

         Hai perdonato chi Ti ha rinnegato.

         Anche me, come lui rialza

         Dalla caduta dove sono incorso,

         Dando ai miei occhi lacrime copiose

         Ed al mio capo acqua come al mare.

 

         Oltraggi (Mt 27,27-31)

 

         Ti sei rivestito di porpora,

         La clamide rossa hai posto sulla tua persona;

         Simile ignominia potevano pensarla

         Solo i soldati di Ponzio Pilato.

         Allontana da me il cilicio del peccato

         La rossa porpora dal color del sangue;

         E rivestimi dell`abito gioioso

         Che al primo uomo indosso Tu ponesti.

         Piegando il ginocchio, si fanno burle;

         Giocando, si fanno beffe;

         Le celesti schiere, ciò considerando

         Con timore adorano.

         [Tutto hai subito] per togliere dalla natura di Adamo

         Tu rilevi l`onta dell`amico del peccato,

         Dall`anima mia, dalla mia coscienza,

         Leva via la vergogna, piena di tristezza.

         La tua celeste testa -

         Davanti a cui sta in tremito di spavento il Serafino -,

         Copertala d`un velo, vi si davan pugni,

         E colpi di nodosa canna.

         Per causa della testa [dell`uomo] tratta dalla terra

         Che inchinata s`era ai piedi della donna,

         Perché in modo piú sublime del celeste Coro,

         Tu potessi congiungerla al tuo Corpo.

         E la mia [testa] caduta sino al suolo

         E inchinata ai piedi del Maligno,

         Per le opere tutte dell`Iniquo

         Che mi piombarono a terra,

         Non permettere di giocar con essa,

         Come i bambini giocano alla palla,

         Voglia Tu invece liberarla dal Nemico,

         Per unirla di nuovo alla tua Testa.

 

         La flagellazione (Mt 27,26)

 

         Per l`intero tuo corpo

         E su tutte le parti di tue membra

         I colpi del terribile flagello

         Ha ricevuto per verdetto iniquo.

         Io che dai piedi al capo

         Soffro di dolori intollerabili,

         Guariscimi di nuovo, una seconda volta,

         Come con grazia di Fontana sacra.

 

         La corona di spine (Mt 27,29)

 

         In cambio delle spine della colpa,

         Che ha fatto crescere per noi la maledizione,

         Sul tuo capo è stata posta una corona [di spine]

         Dagli operai della Vigna d`Israele.

         Strappa da le spine della colpa

         Che in me ha piantato il mio Nemico;

         Guarisci la morsura della piaga,

         Sian soppresse le stimmate del male.

 

         La crocifissione (Mt 27,32-43)

 

         In cambio del frutto soavissimo

         Dell`amaro [albero], mortifero,

         Hai gustato il fiele mescolato

         All`aceto, durante la tua sete.

         L`amarezza della [bestia] velenosa,

         Inoculata nelle facoltà dell`anima,

         Lungi da me rigettala con essa,

         E l`amor tuo diventi in me soave.

         In cambio dell`albero di morte,

         Cresciuto in mezzo al Paradiso,

         Sulle tue spalle hai portato il legno della Croce,

         L`hai portato al luogo detto Golgota.

         L`anima mia caduta nella colpa

         Carica d`un fardello sí pesante,

         Alleviala in grazia del soave giogo

         E al carico leggero della Croce.

         Il Venerdí, attorno all`ora terza,

         Nel giorno in cui fu sedotto il primo uomo,

         Signor, sei stato affisso al legno

         In una con il ladro malfattore.

         Le mani creatrici della terra,

         Le hai Tu distese sulla Croce,

         In cambio delle mani lor [di Adamo ed Eva] che tese

         S`eran e dall`albero colto avean la morte!

         Per me che, come loro, ho trasgredito

         E forse li ho persino superati,

         Piantando di mia mano il seme di Gomorra,

         E il frutto di Sodoma gustando,

         Non misurar la pena al mal commesso

         Non esiger da me l`intero debito

         Ma elargisci il perdono al mio delitto

         [...].

         Tu sei salito sulla Croce santa,

         La trasgression degli uomini hai scostato;

         E il nemico della nostra specie,

         Su [la Croce] Tu l`hai inchiodato.

         Fortificami nella protezione

         Del santo Segno sempre vincitore,

         E quando in cielo apparirà d`Oriente,

         Ch`io di sua luce venga illuminato.

        

        

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VENERDI` SANTO
Il buon ladrone (Lc 23,39-43)

 

         Al ladrone che stava alla tua destra

         La porta hai aperto del Paradiso d`Eden;

         Anche di me ricordati quando tornerai

         Con la Regalità del Padre tuo.

         Anch`io ascolti ciò che fa esultare,

         La risposta da Te pronunciata:

         «Oggi, sarai tu con me nell`Eden, Nella tua Patria prima!».

        

         La Madre di Gesú (Gv 19,25-27)

 

         Lamentandosi e percotendo il petto

         La Madre tua, Signor, presso la Croce,

         Quando sentiva che Tu avevi sete,

         Cocenti lacrime di dolor versava.

         Degnati d`accordarmi di versare

         Lacrime abbondanti come il mare,

         Sí da lavar le colpe di mia vita

         E della veste dell`anima il marciume.

        

         Morte di Gesú (Mt 27,45-53)

 

         Quando con voce forte Tu hai gridato

         Dicendo: «Eli, Eli...»,

         Si scossero i pilastri della terra,

         Gli alti monti tremarono sgomenti.

         Mentre il velo dell`Antica Legge

         Dall`alto in basso si divise in due;

         E le tombe s`aprirono,

         Dei Santi i corpi ritornaron in vita.

         La luce del sole, messo il velo,

         Si oscurò nel pieno del meriggio,

         E sull`esempio suo anche la luna,

         Nel colore si trasformò del sangue,

         Perché videro Te, loro Signore,

         Nudo sulla Croce: non poteron sopportarlo;

         Al posto degli esseri ragionevoli,

         Gli elementi privi di ragione provarono spavento.

         Adesso, con le rocce che si sgretolano,

         Smuovi il mio cuore immoto verso il bene;

         Con i morti che allora si drizzarono,

         L`anima mia rialza, uccisa dal peccato.

         Con la lacerazione del velo

         A causa dei debiti di Adamo,

         Lacera in me l`antica cattiveria,

         Distruggi l`obbligazione delle colpe di mia vita.

         Con l`oscuramento dell`astro luminoso,

         Scaccia da me la coorte dei Tenebrosi;

         Col suo ritorno alla luce nella nona ora,

         Illuminami di bel nuovo.

         Per il tuo denudamento sopra il legno,

         In cambio della nudità del primo uomo,

         Voglia Tu ricoprirmi di tua gloria

         Nel giorno del Giudizio universale.

         Invece d`abbandonar gli autori de la crocifissione,

         La casa e la stirpe dei Giudei,

         Pregasti il Padre che sta su nei cieli

         Di perdonar la colpa che commisero.

         A me che credo con tutta la mia anima

         E che Ti adoro, o Figlio unicogenito,

         Perdonami i misfatti che ho commesso;

         Non si faccia memoria delle colpe andate.

 

         Il colpo di lancia (Gv 19,31-37)

 

         Dopo aver adempiuto la Scrittura,

         E rimesso al Padre tuo lo spirito

         Quando il soldato ebbe inferto il colpo [di lancia]

         Una sorgente uscí dal sacro tuo Costato:

         Acqua per lavare alla Fontana sacra,

         Sangue da bere nel divin Mistero,

         Per la ferita di colei che uscí dal fianco,

         Per la quale ha peccato il primo uomo.

         Io che sono carne che dal vizio è nata,

         E un sangue plasmato dalla polvere,

         Tu m`hai lavato con la rugiada del [tuo] Fianco,

         Ma io, daccapo, tornato sono al primitivo stato;

         Fa`, te ne prego, ch`io non vi rimanga,

         Ma degnati di lavarmi grazie ad essa;

         Se tali doni non fossero accordati,

         Siano almeno [i miei peccati] di lacrime irrigati.

         Apri la bocca mia, apri al ruscello

         Del Sangue tuo che fiotta dal Costato,

         Come bebè che attratto al seno succhia

         Il latte della madre a lui vitale.

         Sì, che io pure possa ber la gioia

         Ed esultare nel tuo Santo Spirito,

         Diventi sapido il gusto della Coppa,

         L`amor immacolato del Vino senza aggiunte.

         Alla tua morte, o Principe Immortale!

         Con la morte che nel corpo hai ricevuto,

         Nell `immortalità m`hai trasportato,

         Gli ultimi nervi della morte hai rotto.

         A me di nuovo ucciso dal peccato

         E che ho perduto il bene tuo immortale,

         Rendimi vivo per il tuo volere,

         Per la giustizia del [tuo] comandamento.

         Tu, dono eterno dell`umanità caduca,

         Tu, che sei reclamato come dono,

         Tu, dator di doni per le creature,

         Mortali ed immortali.

 

         La sepoltura (Mt 27,57-66)

 

         Come a Giuseppe d`Arimatea,

         Il discepolo tuo santo e giusto,

         La tua persona accordami come don di grazia,

         Tu che elargisci a tutti noi la vita.

         Sei stato avvolto in un lenzuolo puro,

         Sei stato posto in un sepolcro nuovo,

         Deh, fa` ch`io non somigli a quei cotali,

         Che nella fossa inferiore son discesi.

         L`anima mia fa` che sia morta al vizio

         Resa viva da Te per la celeste [fossa],

         Per il mistero della santa mirra,

         E dell`incenso puro dal soave odore.

         Tu che dai Cori angelici,

         Con timore nascosto sei onorato,

         Proprio Tu, sei stato custodito dai soldati,

         O vigile Custode d`Israele.

         Con la tua destra prendimi per mano,

         Affidami pure all`Angelo tuo santo,

         Perché resti sano e salvo nella notte

         Nella lotta invisibile.

         Sei stato sigillato con l`anello

         Della corrotta guardia del Sinedrio;

         Tu, tesoro dell`immortale vita,

         Sei stato ascoso nel grembo della terra.

         Le porte del mio spirito e dei sensi,

         Dove è porto l`ingresso al bene e al male,

         Sigillale col Segno della Croce

         E fissami nel tuo [glorioso] bene.

 

         (Nerses Snorhalì, Jesus, nn. 701-764)

 

 

2. Lodi alla Croce

 

         O Croce, benedizione del mondo,

         o speranaa, o sicura redenzione,

         un tempo passaggio alla geenna,

         ora luminosa porta del cielo.

 

         In te è offerta l`ostia

         che tutto trasse a sé.

         L`assale il principe del mondo

         ma nulla di suo vi trova.

 

         L`articolo della tua legge

         annulla l`antica sentenza.

         Perisce l`atavico servaggio,

         vien resa la vera libertà.

 

         La magnificenza del tuo profumo

         vince tutti gli aromi.

         La dolcezza del tuo nettare

         riempie i recessi del cuore.

 

         Per la Croce, o Cristo, ti preghiamo

         conduci al premio della vita

         quelli che inchiodato al legno

         redimere ti sei degnato.

 

         Sia gloria al Padre ingenerato,

         splendore sia all`Unigenito,

         e maestà sia pari

         di entrambi alla gran Fiamma.

 

         (Pier Damiani, In inventione s. Crucis, EE, n. 3295)

 

 

3. La Croce è una festa spirituale

 

         Oggi il Signore nostro Gesú Cristo sta in Croce e noi facciamo una festa, perché tu capisca che la Croce è una festa e una celebrazione spirituale. Prima, si, la croce significava disprezzo, ma oggi la croce è cosa venerabile, prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza. E` diventata davvero sorgente d`infiniti beni; ci ha liberati dall`errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell`inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro. Grazie alla Croce non vaghiamo piú nel deserto, perché abbiamo trovato la via giusta; non stiamo piú fuori della reggia, perché abbiam trovato la porta; non temiamo piú i dardi infuocati del diavolo, perché abbiam visto dov`è la fonte dell`acqua. Grazie alla croce non c`è piú vedovanza, abbiamo lo sposo; non temiamo piú i lupi, abbiamo il buon pastore. Grazie alla Croce non abbiamo piú paura del tiranno, siamo al fianco del re; e perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche Paolo comandò di far festa per mezzo della Croce: Facciamo festa, dice, non secondo la vecchia fermentazione, ma negli azzimi della sincerità e della verità (1Cor 5,8). E poi ne aggiunge il motivo: Perché Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Vedi come ci comanda di far festa per mezzo della croce? perché sulla croce è stato immolato Cristo. Infatti, dov`è il sacrificio, ivi è anche la distruzione del peccato, ivi la riconciliazione col Signore, ivi la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Dove, di grazia, è stato immolato? Sopra un alto patibolo. Nuovo l`altare di questo sacrificio, perché il sacrificio stesso è nuovo e stupendo. La stessa persona è vittima e sacerdote; vittima nella carne, sacerdote nello spirito: la stessa persona offriva e veniva offerta nella sua carne. Senti come Paolo spiega le due cose: Ogni pontefice, dice, preso di mezzo agli uomini, viene costituito per gli uomini; perciò è necessario che abbia qualcosa da offrire. Ecco egli offre se stesso (cf. Eb 5,1; 8,3). Altrove poi dice: Cristo s`è offerto una sola volta, per lavare i peccati di molti, apparirà ancora a quelli che lo aspettano per dar loro salvezza (Eb 9,28). Ecco qui è stato offerto, lí invece offrí se stesso. Vedi come s`è fatto vittima e sacerdote e come la croce sia stato l`altare? E perché, mi chiederai, la vittima non è offerta nel tempio, ma fuori città e fuori le mura? Perché si adempisse la profezia Fu annoverato tra i malvagi (Is 53,12). Ma perché sopra un alto patibolo e non sotto un tetto? Perché purificasse l`aria; per questo in alto e non sotto un tetto, ma sotto il cielo.

         Veniva purificata l`aria, mentre l`Agnello veniva immolato in alto; ma veniva purificata anche la terra, perché il sangue vi scorse sopra dal fianco. Perciò non sotto un tetto, non nel tempio giudaico, perché i Giudei non si appropriassero della vittima e perché tu non pensassi ch`egli fosse morto solo per quella gente. Perciò fuori la porta e le mura della città, perché capissi che il sacrificio è universale, perché l`offerta era fatta per tutta la terra, perché ti rendessi anche conto che l`espiazione era per tutti non riservata ad alcuni, come presso i Giudei.

         Proprio per questo Dio aveva comandato ai Giudei di offrire preghiere e sacrifici in un solo luogo, perché tutta la terra era impura per fumo, tanfo e inquinamento proveniente dai sacrifici dei gentili. Per noi invece, poiché Cristo ha lavato tutto il mondo, qualunque luogo è diventato luogo di preghiera. Perciò Paolo raccomanda che senza timore, in qualunque posto, si facessero preghiere con queste parole: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, innalzando mani pure (1Tm 2,8). Vedi com`è stato lavato il mondo? Adesso si può pregare dappertutto, perché tutta la terra è stata fatta santa, e piú santa dei luoghi piú sacri del tempio. Perché là veniva offerto un agnello irragionevole, qui un Agnello spirituale, e quanto piú augusto è il sacrificio, tanto piú grande è la santificazione. Ecco perché la Croce ha una celebrazione.

 

         (Giovanni Crisostomo, De cruce et latrone, I, 1, 4)

 

 

4. Il mistero della croce

 

         Infatti, poiché è proprio della divinità penetrare in ogni cosa, ed essere prolungata alla natura di quelle cose che esistono per ogni parte (non rimarrà, infatti, alcunché nella loro essenza, se non rimane in ciò che esiste.

         Ma ciò che è propriamente è la divina natura: e noi la crediamo essere, per necessità, in tutte le cose che sussistono, siamo spinti da quelle cose che perdurano), siamo ammaestrati a ciò per mezzo della croce, la quale essendo divisa in quattro parti, a tal punto che dal centro fino a quando si congiungono tra di loro, contiamo quattro prolungamenti: poiché chi fu steso in essa per il tempo della morte accettata, collega a sé tutte le cose, collega e raduna l`accordo e l`armonia.

         Il pensiero passa, infatti, anche attraverso fini trasversali, secondari.

         Se, dunque, tu consideri la struttura delle cose celesti e terrestri, oppure degli estremi dell`universo delle une e delle altre, viene sempre incontro alla tua riflessione la divinità, la quale sola si offre in contemplazione da ogni parte in quelle cose che esistono, e tutte le contiene nella essenza.

         Sia, poi, tale divinità da nominarsi la natura, oppure la ragione, o la virtù, o la potenza, o la sapienza, o qualche altra cosa tra quelle che sono eccelse, e che maggiormente possono mostrare colui che è sommo ed eccellente, dalla voce o dal nome o dalla figura delle parole, non grande è per noi la discussione.

         Poiché, dunque, tutte le creature aspirano al medesimo obiettivo, ed è intorno ad esso e per se stesso che le tiene aderenti e le congiunge, quelle che si trovano nello stato superiore, a quelle che sono nel mezzo, o in uno stato laterale, sarebbero generate vicendevolmente per lui ed anche congiunte; conveniva [allora] che noi fossimo indotti non solo dall`ascolto alla contemplazione della divinità; ma anche che sembrasse che fosse reso il maestro e dottore delle intelligenze superiori.

         Di qui, il grande movimento che Paolo istituí nel mistero: [cioè] che il popolo di Efeso, per la dottrina con la facoltà di concedere la virtù di conoscere quale sia la profondità, la larghezza, l`altezza e la lunghezza [di tale mistero]. Col nome chiama qualsiasi estensione della croce.

         L`altezza, invero, è ciò che sovrasta; la profondità, poi, è ciò che è al di sotto, la lunghezza, senza dubbio, e la larghezza sono quelle che lateralmente si estendono.

         Piú chiaramente, spiega poi questo senso altrove, come penso nella Lettera ai Filippesi, quando dice:

         Nel nome di Gesú Cristo, si pieghi ogni ginocchio, in cielo, in terra e negli inferi (Fil 2,10).

         In questo testo con l`unico nome la medesima importanza ed eccellenza abbraccia, affinché colui che intercede tra forze celesti e terrestri, avrà il nome di origine terrena.

 

         (Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)

 

 

5. Fondazione dell`uso del segno della croce

 

         Non vergogniamoci della croce del Cristo, ma, anche se un altro lo fa di nascosto, tu segnati in fronte davanti a tutti, di maniera che i demoni, vedendo quel regal simbolo, fuggano via tremando. Fa` il segno della croce quando mangi e bevi, quando stai seduto o coricato, quando ti alzi, quando parli, quando cammini: in qualsiasi circostanza, insomma. Colui il quale, infatti, è stato quaggiú crocifisso, si trova adesso nell`alto dei cieli. Se, certo, dopo esser stato crocifisso e sepolto, egli fosse rimasto nel sepolcro, allora sí che avremmo ragione di arrossire! Chi è stato crocifisso su questo Golgota, invece, dal Monte degli Ulivi, situato ad oriente (cf. Zc 14,4), ascese al cielo (cf. Lc 24,50). Egli, infatti, dopo esser disceso dalla terra negli inferi e, di laggiú, tornato nuovamente presso di noi, risalí ancora una volta dal nostro mondo al cielo, mentre il Padre, acclamandolo, si rivolgeva a lui dicendo: Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi nemici a scanno dei tuoi piedi (Sal 109,1).

 

         (Cirillo di Gerusalemme, Catech., 4, 14)

 

 

6. Inno alla Croce

 

         O croce grande bontà di Dio, croce gloria del cielo, croce salvezza eterna degli uomini, croce terrore dei malvagi, forza dei giusti, luce dei fedeli.

         O croce che hai fatto sí che Dio nella carne fosse di salvezza alle terre e, nei cieli, che l`uomo regnasse su Dio. Per te splendette la luce della verità, l`empia notte fuggí.

         Tu distruggesti per i pagani convertiti i templi scalzati, tu armoniosa fibbia di pace, che concilii l`uomo col patto di Cristo.

         Tu sei la scala per cui l`uomo può essere portato in cielo. Sii sempre a noi tuoi devoti fedeli colonna ed àncora, perché la nostra casa stia salda e la flotta sicura.

         Sulla croce fissa la tua fede, dalla croce prendi la corona.

 

         (Paolino di Nola, Carmen 19, nn. 718
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SABATO SANTO

SABATO SANTO

 

Secondo una vecchia tradizione, questo è il giorno senza l`Eucaristia, il giorno del silenzio e del digiuno a causa della morte del Redentore. Solo la sera si radunano i fedeli per la veglia notturna e le preghiere. I riti del Sabato Santo, anche se celebrati ancora la sera di questo giorno, in sostanza appartengono già alla liturgia della Domenica della Risurrezione.

         Il corpo del Figlio di Dio riposa nel sepolcro. All`entrata del sepolcro fu posta una grande pietra, furono apposti i sigilli e le guardie. Se n`è andato il nostro Pastore, la fonte dell`acqua viva; perciò, la Chiesa piange su di lui come si piange l`unico figlio l`Innocente, il Signore è stato ucciso. Il Signore disse una volta: «Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosí il Figlio dell`uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40); «distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 9).

         Nella Liturgia delle ore, nella sua quotidiana preghiera, la Chiesa professa la fede nella Risurrezione di Gesú, nella vittoria di Gesú sulla morte. Il Signore riposa in pace, ma nella speranza che il suo corpo non subirà la corruzione della morte; si apriranno le porte eterne ed entrerà il Re della Gloria; il Signore sconfiggerà le forze infernali e le porte della morte; il Padre salverà la sua anima dal potere delle tenebre.

         Fra poco il Signore acclamerà: «Ero morto, adesso vivo in eterno - mie sono le chiavi della morte e dell`abisso». Il chicco di grano gettato in terra porterà frutto. La Chiesa in preghiera attende la Risurrezione del Signore. La preghiera della Chiesa può essere riassunta nel canto, che inizia la odierna liturgia delle ore: «Venite, adoriamo il Signore, il crocifisso e sepolto per noi».

 

         Fratelli carissimi, supplichiamo umilmente

         Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo

         unico creatore dell`universo,

         in questa grande mattina del grande sabato,

         ossia della deposizione del Corpo del Signore,

         affinché colui che trasse Adamo misericordiosamente

         dalle profondità degli inferi,

         per la sola misericordia del Figlio suo

         tragga noi che con forza gridiamo

         dalla feccia presente alla quale aderiamo.

         Gridiamo infatti e preghiamo

         perché il pozzo dell`inferno non apra su di noi la sua bocca

         e liberati dal fango del peccato,

         non ricadiamo in esso.

 

         (Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 219)

 

 

1. Morte e risurrezione

 

         Benedetto sei, Signore, insegnami i tuoi decreti!

 

         Sei stato deposto in una tomba, o Cristo che sei la Vita,

         e le milizie degli angeli, stupefatte,

         danno gloria alla tua condiscendenza.

 

         O Vita, come muori? come abiti una tomba?

         Ma tu distruggi il regno della morte

         ma tu fai risorgere i morti dall`Ade!

 

         Ti esaltiamo, o Gesú, Re,

         adoriamo il tuo sepolcro e i tuoi patimenti,

         per i quali ci hai salvati dalla corruzione.

 

         Tu che hai stabilito le misure della terra,

         o Gesú, Re dell`universo, oggi tu abiti in una piccola tomba,

         per far risorgere i morti dai loro sepolcri.

 

         O Gesú Cristo mio, Re dell`universo,

         che sei venuto a cercare tra gli abitanti dell`Ade?

         Forse sei venuto a liberare la razza dei mortali?

 

         Il Signore di tutte le cose, lo vediamo, è morto,

         è stato deposto in un sepolcro nuovo,

         lui che svuota le tombe dei morti.

 

         O Cristo, o Vita, sei stato deposto in una tomba

         e con la tua morte hai distrutto la Morte

         e fatto zampillare sul mondo la vita.

 

         Sei stato messo in mezzo ai malfattori come un malfattore,

         o Cristo, che ci giustifichi tutti

         dalla malizia dell`antico insidiatore.

 

         Il Bellissimo di bellezza piú di tutti i mortali

         appare come un morto senza figura,

         lui che fa bella la natura dell`universo.

 

         Come reggerà l`Ade alla tua presenza?

         non sarà spezzato, ottenebrato, accecato

         dallo splendido fulgore della tua luce?

 

         Gesú, luce mia, dolce e salvifica,

         come ti nascondi in una tomba oscura?

         Oh, tolleranza ineffabile, infinita!

 

         Anche la natura spirituale,

         le moltitudini degli angeli incorporei,

         sono senza parola, o Cristo,

         di fronte al mistero della tua sepoltura

         inesprimibile, ineffabile!

 

         O straordinario prodigio! O accadimento nuovo!

         Colui che mi elargisce il respiro

         è trasportato senza respiro

         dalle mani di Giuseppe,

         che gli rende le ultime cure.

 

         Tramonti in una tomba, o Cristo

         senza separarti dal seno del Padre.

         Ecco il mistero strano e meraviglioso!

         Vero Re del cielo e della terra

         ti riconosce tutto il creato, o Gesú,

         per quanto rinchiuso in una tomba piccolissima.

 

         Quando tu fosti deposto nella tomba, o Cristo Creatore,

         le fondamenta dell`Ade vacillarono

         e i sepolcri dei morti si aprirono.

 

         Colui che tiene la terra nella sua mano,

         ora, morto, è trattenuto col corpo sotto terra,

         ma libera i morti dalla presa dell`Ade...

 

         Non piangere per me, o Madre,

         vedendo nella tomba il Figlio

         che senza seme hai concepito nel tuo seno.

         Risorgerò, infatti, e sarò glorificato

         e innalzerò nella gloria incessantemente

         coloro che ti esaltano con fede e con amore,

         perché io sono Dio!

 

         Alla tua nascita straordinaria, ho sfuggito le doglie

         e sono stata sovrannaturalmente beata,

         o Figlio che non hai principio;

         ma ora, vedendoti morto, Dio mio, senza respiro,

         sono orribilmente dilaniata dalla spada del dolore;

         risorgi, dunque, perché io possa essere detta beata.

 

         La terra mi nasconde perché lo voglio,

         ma tremano i custodi dell`Ade

         vedendomi rivestito di una tunica insanguinata,

         o Madre, dal sangue della vendetta;

         perché io, Dio, ho abbattuto i nemici sulla croce;

         e risorgerò di nuovo e ti darò gloria!

 

         Esulti il creato, si allietino tutti gli abitanti della terra!

         L`Ade, il nemico, è stato spogliato.

         Vengano avanti le donne con gli aromi,

         io libero Adamo ed Eva e tutta la loro schiatta

         e al terzo giorno risorgerò!...

 

         Oggi una tomba racchiude Colui che nella sua mano stringe il creato,

         una pietra copre Colui che copre i cieli con la sua potenza.

         Dorme la Vita e l`Ade trema e Adamo è sciolto dalle sue catene.

         Gloria alla tua Economia!

         Per essa, dopo aver compiuto tutto

         tu ci hai donato il sabato eterno,

         la tua resurrezione santissima dai morti!

 

         Quale spettacolo si contempla, quale riposo quello di oggi!

         Dopo aver compiuto l`Economia della passione,

         il Re dei secoli celebra il sabato in una tomba,

         e ci offre un sabato nuovo. A lui gridiamo:

         Risorgi, o Dio, e giudica la terra

         perché tu regni nei secoli,

         tu che possiedi infinita la grande misericordia!

 

         Venite, vediamo la Vita nostra giacente in una tomba,

         per vivificare i morti che sono nelle tombe.

         Venite oggi a contemplare il rampollo di Giuda che dorme:

         a lui con il profeta gridiamo: Giaci e dormi come un leone;

         chi ti risveglierà, o Re? Risorgi per tuo potere,

         tu che volontariamente hai dato te stesso per noi.

         Signore, gloria a te!

 

         Giuseppe chiese il corpo di Gesú

         e lo depose nel suo sepolcro nuovo.

         Infatti doveva uscire fuori dalla tomba come da un talamo.

         Gloria a te, che hai spezzato la potenza della morte,

         gloria a te, che hai aperto agli uomini le porte del paradiso!

         Il grande Mosè prefigurava misticamente il giorno di oggi,

         dicendo: E Dio benedisse il settimo giorno.

         E` questo infatti il sabato benedetto, è questo il giorno del riposo,

         nel quale il Figlio Unigenito di Dio si è riposato da tutte le sue opere,

 

         celebrando il sabato nella sua carne per l`Economia della morte,

         e, ritornato di nuovo quello che era per la resurrezione,

         ci ha donato la vita eterna;

         perché è il solo Buono e Amico degli uomini!

 

         Piú che benedetta tu sei, Madre di Dio Vergine,

         perché l`Ade è stato fatto prigioniero

         da Colui che si è incarnato da te,

         Adamo è stato richiamato alla vita,

         la maledizione è stata uccisa,

         Eva liberata, la morte messa a morte

         e noi siamo stati vivificati.

         Perciò inneggiando gridiamo:

         Benedetto il Cristo, il Dio nostro,

         che cosí si è compiaciuto;

         gloria a te!

 

         (Liturgia orientale della Settimana Santa)

 

 

2. La morte di Cristo

 

         E non è senza scopo che un altro evangelista abbia scritto che il sepolcro era nuovo (cf. Gv 19,41), un altro che era il sepolcro di Giuseppe (cf. Mt 27,60). Di conseguenza, Cristo non aveva un sepolcro di sua proprietà. Effettivamente, il sepolcro viene allestito per quanti stanno sotto la legge della morte (cf. Rm 7,6); ma il vincitore della morte non ha un sepolcro proprio. Che rapporto ci potrebbe essere tra un sepolcro e Dio? Del resto l`Ecclesiaste dice di colui che medita sul bene (cf. Sir 14,22): Egli non ha sepoltura (Qo 6,3). Perciò, se la morte è comune a tutti, la morte di Cristo è unica, e perciò Egli non viene seppellito insieme con altri, ma è rinchiuso, solo, in un sepolcro; infatti l`incarnazione del Signore ebbe tutte le proprietà simili a quelle degli uomini, però la somiglianza va insieme con la differenza della natura: è nato da una Vergine con la somiglianza della generazione, e con la dissomiglianza della concezione. Curava gli ammalati, ma intanto imperava (cf. Lc 5,24). Giovanni battezzava con l`acqua, Egli con lo Spirito (cf. Lc 3,16). Perciò anche la morte di Cristo è comune a quella degli altri secondo la natura corporea, ma unica secondo la potenza.

         E chi è mai questo Giuseppe, nel cui sepolcro Egli viene deposto? Senz`alcun dubbio è un giusto. E` bello perciò che Cristo sia affidato al sepolcro di un giusto, e là il Figlio dell`uomo abbia dove posare il capo (cf. Lc 9,58) e trovi riposo nel domicilio della giustizia...

         Non tutti riescono a seppellire il Cristo. Del resto le donne, sebbene pietose, stanno lontano, e appunto perché sono pietose osservano con ogni cura il posto per poter recare gli unguenti e cospargere il corpo (cf. Lc 23,55; Mt 27,55). Ma poiché sono piene d`ansia, si allontanano per ultime dal sepolcro e ritornano per prime al sepolcro (cf. Lc 23,55). Sebbene manchi la fermezza, non manca la premura.

 

         (Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 10, 140 s., 144)

 

 

3. Meraviglie della morte del Signore

 

         E` piú sorprendente la misericordia di Dio verso di noi, per il fatto che Cristo è morto, non per dei giusti né per dei santi, ma per degli iniqui ed empi; e non potendo, per la sua natura divina, subir la morte, nascendo da noi, prese quell`umanità che offrí per noi. Per bocca del profeta Osea una volta minacciò la nostra morte con la potenza della sua morte dicendo: Sarò la tua morte, o morte sarò il tuo morso, o inferno (Os 13,14). Morendo, infatti, subí le leggi dell`inferno, ma risorgendo le spezzò, e cosí infranse la perennità della morte, facendola, da eterna, temporale. Come, infatti, tutti muoiono in Adamo, cosí tutti risorgono in Cristo (1Cor 15,22).

         Si faccia perciò quanto dice l`apostolo Paolo, o dilettissimi: Coloro che vivono, non vivano piú per sé, ma per colui che per tutti è morto e risorto (2Cor 5,15); e poiché le cose vecchie son passate ed ora è tutto nuovo, nessuno rimanga nella vetustà della vita.

 

         (Leone Magno, Sermo 59, 8)

 

 

4. Corri, Maria: Va` a dire: «Lo Sposo si è svegliato!»

 

         Che la lingua pubblichi ormai queste cose, o donna, e le spieghi ai figli del Regno che attendono che io, il Vivente mi risvegli. Corri, o Maria, a radunare in fretta i miei discepoli. Io ho in te una tromba dalla voce possente: suona un canto di pace alle orecchie timorose dei miei amici nascosti; quasi da sonno tutti risvegliali, perché vengano al mio incontro e che accendano le torce. Va` a dire: «Lo sposo si è svegliato, uscendo dalla tomba, senza nulla lasciare dentro la tomba. Scacciate da voi, o apostoli, la mortale tristezza, poiché si è svegliato colui che offre agli uomini decaduti la risurrezione».

 

         (Romano il Melode, Carmen XL, De resurrec
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I DOMENICA DI PASQUA

I DOMENICA DI PASQUA

 

La Domenica della Risurrezione, inizialmente, non aveva una sua liturgia poiché la Vigilia pasquale si prolungava fino alle ore mattutine. Quando le celebrazioni vigiliari furono trasferite al sabato mattina, la Messa della Domenica divenne nelle coscienze dei fedeli la Messa principale della festa.

         La gioia e la commozione rispecchiano in tutti i testi liturgici di oggi. In bocca al Cristo risorto, la Chiesa mette le parole del Salmo: «Io sono risorto, o Padre. Io sono di nuovo con Te poni su di me la tua mano; stupenda per me la tua saggezza» (Sal 138). E` un canto di gioia per la vittoria sulla morte, il canto di esultanza per il ritorno al Padre, l`inno di glorificazione del Padre per la sua fedeltà, l`ammirazione per le sue vie inconcepibili. Cristo è risorto, non subisce piú la morte, è il Signore dei vivi e dei morti. «La morte è stata ingoiata dalla vittoria. Dov`è, o morte, la tua vittoria? Dov`è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15,55). Ecco il canto di gioia cantato da tutti coloro che appartengono a Cristo. Cristo è risorto e la sua vittoria è la nostra vittoria.

         Al mattino della domenica si affrettano al sepolcro le donne con gli unguenti. Vedono l`angelo e odono le parole: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesú, il Crocifisso. Non è qui. E` risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E` risuscitato dai morti!» (Mt 28,5).

         Il Signore è risorto dai morti: questo messaggio del mattino di Pasqua risuona nella Chiesa e attraverso la Chiesa risuona nel mondo da venti secoli. Lo sostiene l`autorità di Pietro stesso: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio» (At 10,4). Nel gioioso giorno di Pasqua, nel giorno «che ha fatto il Signore», bisogna di nuovo rendersi conto che il Signore è veramente risorto, rafforzare la nostra fede nella fede della Chiesa e se nel cuore dell`uomo nasce il dubbio, bisogna richiamarsi all`autorità di Pietro nella Chiesa. Insieme a tutti coloro che portano nel mondo il nome di discepoli di Cristo, bisogna oggi rendere grazie al Padre, che attraverso il suo Unico Figlio ha vinto la nostra morte e ci ha aperto l`accesso alla vita eterna.

         Insieme con Cristo siamo risorti ad una nuova vita. Ci ricorda san Paolo: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1). Cristo è risorto e insieme con lui anche noi siamo risorti alla nuova vita. Il gioioso giorno della Risurrezione ricorda ai discepoli di Cristo, che portano in sé la vita del Signore risorto e che non appartengono piú solo a questo mondo. Il cristiano rimane sulla terra, ma già cammina nella gloria della risurrezione. Cristo è risorto ed ha trasformato tutto.

         Cantando il gioioso «Alleluia», l`uomo può non desiderare la trasformazione interiore e il miglioramento? Cristo fu sacrificato come nostra Pasqua. Bisogna perciò buttar via «il lievito vecchio, lievito di malizia e di perversità» e cominciare a vivere in «sincerità e verità» (1Cor 5,8).

 

         Le pie donne corsero dietro a te con unguenti,

         e pur cercandoti come un mortale tra le lacrime,

         ti adorarono gioiose come Dio vivente,

         ed annunziarono ai discepoli l`arcano mistero della Pasqua.

        

         Celebriamo dunque la mortificazione della morte,

         la distruzione dell`inferno,

         e le primizie dell`altra vita senza fine;

         e danzanti cantiamone l`Autore:

         il solo benedetto e gloriosissimo

         Dio dei nostri padri.

 

         (Liturgia Bizantina, EE, n. 3139m)

 

Letture:         Atti 10,34a.37-43

         Colossesi 3,1-4

         Matteo 28,1-10

 

1. Siamo come Cristo!

 

         Ieri s`immolava l`agnello e le porte venivano dipinte col sangue e tutto l`Egitto pianse i suoi primogeniti, ma noi restammo immuni, il sangue sulle porte ci salvò. Oggi lasciamo l`Egitto, il suo Faraone e i suoi feroci prefetti; lasciamo la fabbrica dei mattoni e nessuno ci può impedire di celebrare la festa della nostra liberazione, e celebriamo "non nel vecchio fermento della malizia, ma negli azzimi della sincerità e della verità", poichè non portiamo con noi niente dell`empietà dell`Egitto.

         Ieri ero levato in croce con Cristo, oggi son glorificato con lui; ieri morivo con lui, oggi rivivo; ieri venivo seppellito con lui, oggi risorgo. Offriamo, dunque, qualcosa a colui che per noi morì ed è risorto. Forse voi pensate a oro, argento, tessuti, pietre lucide e preziose, tutta roba fragile e mutevole della terra, la maggior parte della quale Š in possesso di un qualche schiavo delle cose terrene e di un qualche principe del mondo. Offriamo, invece, noi stessi; questo è il possesso più prezioso per Iddio e il più degno di lui. Diamo all`immagine ciò che conviene all`immagine, riconosciamo la nostra dignità, onoriamo il modello, comprendiamo la forza del mistero e il motivo per cui Cristo Š morto.

         Siamo come Cristo, perch‚ Cristo s`è fatto come noi. Facciamoci dèi per lui, perchè lui per noi s`è fatto uomo. Prese qualche cosa d`inferiore, per darci qualche cosa di superiore. Si fece povero, perchè diventassimo ricchi della sua povertà. Prese la condizione di schiavo, perchè noi fossimo liberati. Scese, perch‚ noi salissimo. Fu tentato, perch‚ noi vincessimo. Fu vilipeso, per coprirci di gloria. Morì per dar salute a noi. Salì al cielo, per trarre con sè quelli che giacevano nella caduta del peccato. Ciascuno dia tutto; tutto a colui che diede tutto se stesso come prezzo del nostro riscatto; ma nessuno darà mai tanto, quanto darebbe se desse se stesso con l`esatta comprensione di questo mistero: farsi tutto per colui che s`è fatto tutto per noi.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio I, in Pascha, 3-5)

 

 

2. La Pasqua, onore della Trinità

 

         E` la Pasqua del Signore, Pasqua e ancora Pasqua in onore della Trinità. E` per noi la festa delle feste e la solennità delle solennità, tanto più grande di tutte le altre, non solo di quelle inventate dagli uomini, ma anche di quelle che onorano Cristo tanto più grande, quanto il sole supera tutte le stelle. Fu certo splendida ieri la processione della veste candida e delle luci (che facemmo tutti d`ogni condizione, illuminando la notte con un gran fuoco), celebrando quella gran luce, che, illuminando il mondo intero con la bellezza delle sue stelle, attraversa il cielo, o Š luce soprannaturale, sia negli angeli, che dopo Dio è la prima lucida natura (da Dio, infatti, gli angeli prendono splendore), sia nella stessa Trinità, dalla quale nasce ogni luce. Ma la festa di oggi è più bella e più nobile. Quella di ieri era l`alba della grande luce della risurrezione, quasi un assaggio. Oggi celebriamo proprio la risurrezione, non nella speranza ma nella realtà, nell`atto che richiama l`attenzione di tutto il mondo. Doni ognuno qualche cosa in questa circostanza, un piccolo o un grande dono, purché sia spirituale, gradito a Dio, proporzionato alle forze di ciascuno. Neanche gli angeli, infatti, potrebbero offrire un dono adeguato; dico i primi, intelligenti e puri spettatori e testimoni della gloria superna; se pure a questi è concessa una lode assoluta di Dio. Noi ci metteremo le più belle parole che abbiamo e le più scelte; tanto più che vogliamo benedire il Verbo per il bene da lui fatto a esseri dotati d`intelligenza.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio II, in Pascha, 45, 2)

 

 

3. Festa di Pasqua, festa della salvezza

 

         Il vero riposo del Sabato, che fu benedetto da Dio, nel quale Dio si riposò dalla sua fatica, dopo aver spezzato la potenza della morte del mondo, sta per finire e se ne va la grazia ch`esso offrì agli occhi, alle orecchie, al cuore attraverso tutte le cose che vedemmo, udimmo e ci riempirono di gioia. Dinanzi agli occhi durante la notte tenemmo delle lampade, che ricordavano la colonna di fuoco. Le parole che sentimmo tutta la notte negli inni, nei salmi, nei canti, scorrendo come un fiume di gioia, ci riempirono di ottima speranza. Il cuore poi, per tutto ciò che si vedeva e si sentiva, aveva la sensazione di una letizia ineffabile, mentre attraverso le cose che si vedono, era quasi condotto per mano a colui che non si vede. I beni di questo riposo, infatti, che sono garanzia di quelli cui siamo destinati, sono un`immagine di quei beni, che nessun occhio mai vide nè orecchio udì nè cuore umano mai assaporò. Poichè dunque questa notte luminosa, mettendo insieme la luce delle lampade con quella dei raggi del sole nascente, ha fatto un lunghissimo giorno continuo, senza nessuna interruzione di tenebre, cerchiamo di capire la profezia che dice: "Questo è il giorno che ha fatto il Signore". Nel quale ciò che ci si propone di fare non è cosa grave né difficile, ma gaudio, letizia, esultanza, poiché la Scrittura dice: "Esultiamo e godiamo in esso" (Sal 117,24). O raro comando! O legge dolcissima! Chi non vorrà obbedire senza indugio e senza dilazioni a un tale ordine? Anzi chi non riterrà un danno anche una piccola dilazione? La letizia e ciò che vien comandato e la tristezza si muta in gioia, perchè la condanna inflittaci per il peccato è stata abolita.

         Questa è la parola sapiente, la dimenticanza e abolizione dei mali nel giorno della festa. Questo giorno ci ha portato la dimenticanza della sentenza pronunziata contro di noi; rettifico, non dimenticanza, abolizione. Ha distrutto, infatti, e raso ogni ricordo della primitiva condanna. Allora il parto era nel dolore ora si nasce senza dolori. Allora nascemmo carne da carne, ora ciò che nasce è spirito da spirito. Allora eravamo figli degli uomini; ora siamo figli di Dio. Allora dal cielo fummo relegati sulla terra; ora colui che è celeste, ha fatto anche noi celesti. Allora attraverso il peccato regnava la morte; ora invece la giustizia, attraverso la vita, ha preso il comando. Allora uno solo diede libero ingresso alla morte; adesso uno solo ha introdotto la vita. Allora a causa della morte uscimmo dalla vita; ora la morte è distrutta dalla vita. Allora per la vergogna ci nascondemmo sotto un fico, ora ci avviciniamo con gloria al legno della vita. Allora per la disobbedienza fummo cacciati dal paradiso; ora attraverso la fede siamo introdotti nel paradiso. Ancora una volta ci è posta la scelta dell`albero della vita. Un`altra volta la sorgente del paradiso distribuita in quattro fiumi evangelici irriga tutta la faccia della Chiesa, in modo che anche i solchi delle nostre anime possano essere irrigati e si moltiplichino i semi della virtù. Che cosa faremo allora? Che altro se non imitare i monti del Profeta? "I monti esultarono come cervi e i colli come agnelli" (Sal 113,4). Venite, dunque, e benediciamo Dio che ha spezzato le forze del nemico e sulla rovina dell`avversario ha innalzato per noi il grande trofeo della croce. Evviva, è l`acclamazione festosa dei vincitori contro i vinti. Poichè, dunque, è stato sbaragliato l`esercito nemico e lo stesso suo comandante è caduto, è stato distrutto e annientato, diciamo che Dio è un signore grande e un gran re sopra tutta la terra, che ha colmato il ciclo della sua benevolenza e ci ha condotti a questa danza dello spirito per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, al quale sia gloria in tutti i secoli. Amen.

 

         (Gregorio di Nissa, Oratio IV, in Pascha)

 

 

4. Omelia per la santa Risurrezione del nostro Salvatore

 

         Il pio coro delle donne amiche di Dio custodiva un legame d`amore con il sepolcro del Maestro, esse attendevano di veder risplendere di bel nuovo la Vita che sarebbe uscita da un "sepolcro tagliato nella roccia" (Lc 23,53). A queste donne in lacrime (cf. Gv 20,11.13.15), due angeli luminosi (cf. Gv 20,12; Lc 24,4) e abbaglianti come lampi di luce (cf. Lc 24,4), davano il lieto annuncio. Con il loro aspetto radioso e sorridente, mostravano che la Gioia del mondo era risuscitata, e rimproveravano le donne di pensare a torto che la Vita (cf.Gv 11,25; 14,6) potesse essere ancora nascosta nel sepolcro e di cercare colui che è vivo in mezzo ai morti (cf. Lc 24,5). Muovevano loro dei rimproveri e gridavano verso di loro: «"Perchè cercate tra i morti colui che è vivo?" (Lc 24,5). Fino a quando rimarrete così nell`errore, a piangere? Fino a quando riterrete morto colui che è vivo e dispensatore di vita? La Luce (cf.Gv 8,12; 1,4) è risorta, come aveva predetto, al terzo giorno (cf.Mt 27,63). Il sepolcro non ricopre più colui che aveva ricoperto la terra con il cielo (cf. Gen 1,6-8). Egli non è più avvolto dalle fasce (cf. Lc 2,7-12); egli che con una sola parola ha sciolto i lacci della morte (cf. Gv 11,43-44). Andate via gioiose, correte ad annunciare agli apostoli la buona novella della Risurrezione». Queste donne dunque, portate per il loro sesso al pessimismo e tuttora affezionate, per l`amore che portavano a Dio, eccole consolate da un messaggio tanto importante, trasmesso loro da angeli, e bastante a rasserenarle dal loro sconforto. Peraltro, oggi, i pastori della grazia annunciano la buona novella alle chiese del Crocifisso sparse su tutta la terra, servendosi delle parole sacre di Paolo, con le quali anch`io, a mia volta, grido a voi nella letizia: "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte" (1Cor 15,20). A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

         Dal beato Giovanni, vescovo di Beirut, per la Risurrezione del nostro Salvatore.

 

         (Giovanni da Beirut, Hom. in Pascha)

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II DOMENICA DI PASQUA

II DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 4,32-35

         1 Giovanni 5,1-6

         Giovanni 20,19-31

 

1. Lo Spirito Santo e la remissione dei peccati

 

         Disse loro [Gesú]: "La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi" (Gv 20,21). Il che vuol dire: Come il Padre, che è Dio, ha mandato me, che sono Dio, cosí anch`io, in quanto uomo, mando voi, uomini. Il Padre ha inviato il Figlio allorché ha deciso che egli si incarnasse per la redenzione del genere umano. Il Padre ha voluto che il Figlio venisse a patire nel mondo tuttavia, pur inviandolo al patire, lo amava. Ora, anche il Figiio invia gli apostoli che si è scelto; li manda non alle gioie del mondo, bensí verso le sofferenze di ogni genere, cosí come egli stesso era stato inviato. Il Figlio è amato dal Padre e nondimeno è inviato alla Passione; i discepoli, del pari, sono amati da Cristo Signore, e nondimento vengono da lui mandati nel mondo a soffrire. Perciò è detto: "Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi". Come dire: Io vi amo con quella stessa carità con la quale sono amato dal Padre, anche se vi invio nel mondo a soffrire tanti patimenti, anche se vi mando in mezzo agli scandali dei persecutori.

         Per altro, la formula "essere inviato" può anche essere intesa in rapporto alla natura divina. E` detto, in effetti, che il Figlio è mandato dal Padre, in quanto è da lui generato. E di ciò è prova il fatto che anche dello Spirito Santo, uguale in tutto al Padre e al Figlio, e che tuttavia non si è mai incarnato, è detto che è stato inviato dal Figlio, nel passo di Giovanni: "Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre" (Gv 15,26). Se però l`essere inviato fosse sinonimo semplicemente di incarnarsi, in nessun modo si potrebbe dire che lo Spirito Santo è stato mandato, perché mai si è incarnato. Invece la sua missione [dello Spirito Santo] è la sua stessa processione, per la quale egli procede dal Padre e dal Figlio Per cui, come è detto che lo Spirito Santo è mandato, in quanto procede, cosí è conseguente affermare che il Figlio è mandato in quanto è generato.

         "Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo" (Gv 20,22). E` il caso ora di chiederci perché mai il Signore donò due volte lo Spirito Santo: una, mentre era sulla terra, un`altra, quando già era salito al cielo. In nessun altro passo, oltre questo (cf. At 2,4ss), è detto che lo Spirito Santo sia stato dato altre volte, ovvero: la prima, nella circostanza attuale, allorché Gesú ha soffiato sui discepoli, l`altra, piú tardi, quando fu mandato dal cielo e si mostrò sotto forma di lingue diverse.

         Perché allora esso viene dato prima ai discepoli in terra, e poi è mandato dal cielo, se non perché due sono i precetti della carità, ovvero l`amore di Dio e del prossimo? In terra, viene dato lo Spirito perché il prossimo sia amato; lo stesso Spirito ci è poi dato dal cielo, perché sia Dio ad essere amato. E come vi è una sola carità, ma due sono i precetti, cosí c`è un solo Spirito, ma due sono le sue effusioni. La prima proviene dal Signore Gesù ancora sulla terra; la seconda, dal cielo, per ammonirci che nell`amore del prossimo si apprende come si pervenga all`amore di Dio. Ecco perché lo stesso Giovanni dice: "Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" (1Gv 4,20). Già in precedenza, lo Spirito Santo era presente nelle menti dei discepoli, in virtù della fede. Però fu dato loro in modo manifesto, solo dopo la Risurrezione...

         "A chi rimetterete i peccati, saranno loro rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,23). Mi piace osservare a quale vertice di gloria siano tratti quegli stessi discepoli che erano stati invitati a caricarsi un immeso fardello di umiltà. Eccoli, infatti, non solo sicuri di sé, ma con la potestà di legare e sciogliere gli altrui legami. Hanno il potere di esercitare il giudizio supremo, sí da potere, al posto di Dio, ad uno ritenere le colpe e ad un altro rimetterle. Era conveniente che cosí venissero da Dio esaltati coloro che per lui avevano accettato di umiliarsi tanto! Ed ecco che quelli che piú temono il ferreo giudizio di Dio, sono promossi a giudici delle anime; condannano e liberano altri, quelli stessi che avevan timore di essere condannati.

         Adesso, il luogo che essi (gli apostoli) ebbero nella Chiesa è preso dai vescovi, che ricevono la potestà di legare e sciogliere insieme al compito di governare. Il che è certamente un grande onore, ma è altresí un grave peso. E` però cosa contraddittoria che diventi giudice della vita altrui chi non sa tenere le redini della propria. Eppure non raramente accade che ricopra il ruolo di giudice uno la cui esistenza non collima con il posto che occupa. Per cui, capita spesso che egli condanna chi non lo merita, o che sciolga altri allorché è lui stesso legato. Non è infrequente il fatto che, nel legare o sciogliere i propri sudditi, il vescovo, segua piú gli impulsi del proprio arbitrio che il valore delle prove. In tal modo, si priva della potestà di sciogliere e di legare, poiché la esercita secondo il proprio capriccio e non secondo i meriti dei sudditi. Spesso capita anche che il pastore agisca, nei riguardi del prossimo, mosso da avversione o da simpatia. Non può serenamente giudicare i sudditi, chi, nelle cause dei sudditi, si lascia guidare da antipatia o da simpatia. Ha ragione il profeta a dire: "Fate vivere chi deve perire e fate morire chi deve vivere" (Ez 13,19). Chi condanna un giusto, condanna a morte uno che non può morire; si sforza, invece, di far vivere uno che non può rivivere, chi cerca di assolvere un reo dalla sua pena.

         Bisogna quindi ripensare le motivazioni, poi esercitare la potestà di sciogliere e di legare. Occorre far riferimento alla colpa commessa; vedere quale penitenza sia susseguita alla colpa, perché la sentenza del pastore assolva quelli che già il Signore ha visitato con la grazia del pentimento. Solo allora è valida l`assoluzione data dal presidente (vescovo), poiché si adegua al giudizio del giudice interiore. Tutto ciò è ben adombrato nella risurrezione di quel morto da quattro giorni (Lazzaro). Dapprima, il Signore lo ha chiamato e rianimato, dicendo: "Lazzaro, vieni fuori!" (Gv 11,43); poi, quando il morto risuscitato venne fuori, i discepoli del Signore lo sciolsero, come sta scritto: "Essendo quello uscito, cosí legato con i lacci, Gesú disse ai discepoli: Scioglietelo e lasciatelo andare!" (Gv 11,45). Ecco: I discepoli sciolgono quando è vivo colui che il Maestro aveva richiamato da morte. Se avessero sciolto Lazzaro quando ancora era morto avrebbero messo in mostra la corruzione, non la virtù (del Signore) .

         Da questa considerazione discende che noi dobbiamo assolvere, usando la nostra autorità pastorale, solo coloro che il nostro autore ha vivificati con la grazia della risurrezione. E se tale opera di rinnovamento sia o no presente al momento della nostra sentenza, possiamo saperlo nella confessione dei peccati. Ecco perché a Lazzaro non viene detto soltanto: "Risuscita!", ma anzitutto: "Vieni fuori!" Finché un peccatore, chiunque esso sia, cela nell`intimo della propria coscienza la colpa commessa, egli sta chiuso in sé, si nasconde nel segreto; quando invece confessa liberamente le sue iniquità, allora il morto viene fuori. Quando, perciò, vien detto a Lazzaro: "Vieni fuori!", è come se si dicesse a chiunque è morto nel peccato: Perché celi la colpa nel segreto della tua coscienza? Vieni fuori, con una buona confessione, tu che, con la tua ritrosia, te ne stai chiuso in te stesso! Che il morto venga fuori, ovvero: Che il peccatore confessi la sua colpa! A colui che viene fuori risuscitato, i discepoli, poi, dovranno sciogliere i lacci. In altre parole, i pastori della Chiesa debbono cancellare la pena meritata da colui che non ha avuto vergogna a confessare l`iniquità commessa.

         Ho voluto dire queste cose succintamente, in ordine alla potestà di sciogliere e legare, perché i pastori della Chiesa si sforzino di esercitarla con diligenza e moderazione.

         Qualunque sia poi il modo in cui il pastore impone, giusta o meno che sia la sua sentenza, essa deve essere sempre accettata dal gregge, perché non capiti che un suddito, pur ingiustamente obbligato, meriti per diversa colpa il giudizio di condanna. Abbia dunque il pastore il sacro timore di legare e sciogliere ingiustamente; ma che il suddito, sottoposto alla potestà da pastore, tema la condanna, anche se ingiusta. E non impugni temerariamente il giudizio del suo pastore, perché, pur condannato ingiustamente, non si macchi, lui innocente, di una reale colpa, per la superbia con cui risponde.

 

         (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 26, 2-6)

 

 

2. L`apostolo Tommaso (Gv 20,24-29)

 

Era l`ottavo giorno, Signore,

Quando entrasti da loro nuovamente;

Hai appagato il desiderio del discepolo,

L`incredulo Tommaso.

 

Egli ha palpato la ferita del tuo fianco

E dei chiodi il sacro foro;

Per questo abbiamo ricevuto la «Beatitudine»

Noi che, come loro, non ti abbiamo visto.

 

Io credo con tutta la mia anima,

Ti confesso mio Signore e Dio;

Come lui, a gran voce lo proclamo,

Come l`ho appreso per la sua parola.

 

Rendimi degno in quell`estremo giorno,

Quando verrai in tutta la tua gloria,

Di vederti in quello stesso corpo

Per abbracciarti con l`amor del cuore.

 

         (Nerses Snorhalí, Jesus, 779-782)

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III DOMENICA DI PASQUA

III DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 3,13-15.17-19

         1 Giovanni 2,1-5a

         Luca 24,35-48

 

1. Cristo e la vera risurrezione e la vita

 

         Come sapete, quando egli "venne" a loro "a porte chiuse e stette in mezzo a loro, essi, stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma (Gv. 20,26; Lc 24,36-37); ma egli alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo" (Gv 20,22-23). Poi, inviò loro dal cielo lo stesso Spirito, ma come nuovo dono. Questi doni furono per loro le testimonianze e gli argomenti di prova della risurrezione e della vita.

         E` lo Spirito infatti che rende testimonianza, anzitutto nel cuore dei santi, poi per bocca loro, che "Cristo è la verità" (1Gv 5,6), la vera risurrezione e la vita. Ecco perchè gli apostoli, che erano rimasti persino nel dubbio inizialmente, dopo aver visto il suo corpo redivivo, "resero testimonianza con grande forza della sua risurrezione" (At 4,33), quando ebbero gustato lo Spirito vivificatore. Quindi, più proficuo concepire Gesù nel proprio cuore che il vederlo con gli occhi del corpo o sentirlo parlare, e l`opera dello Spirito Santo è molto più poderosa sui sensi dell`uomo interiore, di quanto non lo sia l`impressione degli oggetti corporei su quelli dell`uomo esteriore. Quale spazio, invero, resta per il dubbio allorché colui che dà testimonianza e colui che la riceve sono un medesimo ed unico spirito? (1Gv 5,6-10). Se non sono che un unico spirito, sono del pari un unico sentimento e un unico assenso...

         Ora perciò, fratelli miei, in che senso la gioia del vostro cuore è testimonianza del vostro amore di Cristo? Da parte mia, ecco quel che penso; a voi stabilire se ho ragione: Se mai avete amato Gesù, vivo, morto, poi reso alla vita, nel giorno in cui, nella Chiesa, i messaggeri della sua risurrezione ne danno l`annuncio e la proclamano di comune accordo e a tante riprese, il vostro cuore gioisce dentro di voi e dice: «Me ne è stato dato l`annuncio, Gesù, mio Dio, è in vita! Ecco che a questa notizia il mio spirito, già assopito di tristezza, languente di tiepidità, o pronto a soccombere allo scoraggiamento, si rianima». In effetti, il suono di questo beato annuncio arriva persino a strappare dalla morte i criminali. Se fosse diversamente, non resterebbe altro che disperare e seppellire nell`oblio colui che Gesù, uscendo dagli inferi, avrebbe lasciato nell`abisso. Sarai nel tuo diritto di riconoscere che il tuo spirito ha pienamente riscoperto la vita in Cristo, se può dire con intima convinzione: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!».

         Esprimendo un attaccamento profondo, una tale parola è degna degli amici di Gesù! E quanto è puro, l`affetto che così si esprime: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!». Se egli vive, io vivo, poiché la mia anima è sospesa a lui; molto di più, egli è la mia vita, e tutto ciò di cui ho bisogno. Cosa può mancarmi, in effetti, se Gesù è in vita? Quand`anche mi mancasse tutto, ciò non avrebbe alcuna importanza per me, purché Gesù sia vivo. Se poi gli piace che venga meno io stesso, mi basta che egli viva, anche se non è che per se stesso. Quando l`amore di Cristo assorbe in un modo così totale il cuore dell`uomo, in guisa che egli dimentica se stesso e si trascura, essendo sensibile solo a Gesù Cristo e a ciò che concerne Gesù Cristo, solo allora la carità è perfetta in lui. Indubbiamente, per colui il cui cuore è stato così toccato, la povertà non è più un peso; egli non sente più le ingiurie; si ride degli obbrobri; non tiene più conto di chi gli fa torto, e reputa la morte un guadagno (cf. Fil 1,21). Non pensa neppure di morire, poiché ha coscienza piuttosto di passare dalla morte alla vita; e con fiducia, dice: «Andrò a vederlo, prima di morire».

 

         (Guerric d`Igny, Sermo I, in Pascha, 4-5)

 

 

2. Le Scritture sono profezia di Cristo

 

         Se uno, invero, legge le Scritture con intendimento, vi troverà una parola concernente il Cristo e la prefigurazione della vocazione nuova. Questo è infatti il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44), ovvero nel mondo, poiché il campo è il mondo (Mt 13,38). Tesoro nascosto nelle Scritture, poiché era significato in figure e in parabole che, dal punto di vista umano, non potevano essere comprese prima del compimento delle profezie, cioè prima della venuta di Cristo. Per questo, veniva detto al profeta Daniele: "Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro conoscenza sarà accresciuta. Quando infatti la dispersione sarà finita, essi comprenderanno tutte queste cose" (Dn 12,4.7) .

         Anche Geremia dice: "Alla fine dei giorni, comprenderete tutto" (Ger 23,20). Invero, ogni profezia, prima del suo compimento, non appariva che enigmi ed è per gli uomini; ma, venuto il momento del suo compimento, essa acquista il suo esatto significato. Ecco perché, letta oggi dai Giudei, la Legge somiglia ad una favola: manca loro infatti la chiave interpretativa di tutto, cioè la venuta del Figlio di Dio come uomo. Per contro, letta dai cristiani, essa è quel tesoro un tempo nascosto nel campo, ma che la croce di Cristo rivela e spiega. essa arricchisce l`intelligenza degli uomini, mostra la sapienza di Dio, rendendo manifesti i propri disegni di salvezza verso l`uomo; prefigura il regno di Cristo e annuncia l`eredità della santa Gerusalemme; predice che l`uomo che ama Dio progredirà fino a vedere Dio e udire la sua parola, e per l`ascolto di tale parola sarà glorificato, al punto che gli altri uomini non potranno fissare i loro occhi sul suo volto di gloria (cf. 2Cor 3,7), secondo quanto è stato detto per bocca di Daniele: "I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro cbe avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre" (Dn 12,3).

         Se dunque uno legge le Scritture nel modo che abbiamo indicato - ovvero, nel modo in cui il Signore le spiegò ai discepoli dopo la sua risurrezione dai morti, provando loro, attraverso le Scritture, come "era necessario che Cristo soffrisse ed entrasse così nella sua gloria" (Lc 24,26.46) "e nel suo nome fosse predicata in tutto il mondo la remissione dei peccati" (Lc 24,47) -, sarà un discepolo perfetto, "simile ad un padrone di casa che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52).

 

         (Ireneo di Lione, Adv. haer., IV, 26, 1)

 

 

3. Il forziere chiuso delle divine Scritture

 

         Fratelli e Padri, la conoscenza spirituale somiglia ad una casa costruita in mezzo alla conoscenza mondana e pagana, in cui, come un forziere solido e ben custodito, la conoscenza delle Scritture divinamente ispirate e il tesoro di ineffabile ricchezza che esso racchiude sono depositati - ricchezza che mai potranno contemplare coloro che entrano nella casa, a meno che il forziere non venga loro aperto. Ma non è cosa dell`umana sapienza (cf. 1Cor 2,13) poter mai arrivare ad aprirlo, motivo per cui resta sconosciuta a tutti gli uomini del mondo la ricchezza depositatavi dallo Spirito.

         Un uomo che ignorasse il tesoro che vi è deposto, potrebbe caricarsi persino il forziere, in tutto il suo peso, recandoselo persino sulle spalle; del pari, egli potrebbe leggere e imparare a memoria, nella sua totalità, la Scrittura, citandola come si trattasse di un sol salmo, ignorando il dono dello Spirito Santo che vi è dissimulato. Infatti, non è per il forziere che è svelato il contenuto del forziere, né per la Scrittura che è svelato il contenuto della Scrittura. Di che dono si tratta, dunque? Ascolta.

         Tu vedi un cofanetto solidamente chiuso da ogni lato e per quanto tu possa supporre - dal suo peso e dalla sua eleganza esterna, o semplicemente perchè qualcuno te ne ha parlato - che racchiude al suo interno un tesoro, avrai un bel prenderlo in tutta fretta e andartene: qual profitto, dimmi, ne trarrai a portartelo sempre appresso, chiuso e sigillato, senza aprirlo? Tu non vedrai mai, in questa vita, il tesoro che vi sta dentro, non ammirerai mai lo splendore delle sue pietre, l`oriente delle perle, il bagliore folgorante dell`oro. Che ci guadagnerai, se non sei ritenuto degno di prenderne la benché minima parte per acquistarti un po` di cibo o qualche vestito, mentre invece, pur portandoti dietro il forziere sigillato che include un tesoro immenso e senza prezzo, tu soccombi alla fame, alla sete e alla nudità? Niente, punto e basta!...

         Alla stregua di uno che prende un libro sigillato e chiuso e non può leggervi cosa c`è scritto o riuscire a capire di che si tratta - abbia pure appreso tutta la sapienza del mondo -, finchè il libro resta sigillato (cf. Is 29,11), così avverrà di chi, come abbiamo detto, potrà aver sempre in bocca le Scritture, ma non potrà mai conoscere e considerare la mistica e divina gloria e virtù che ad un tempo vi sono celate, a meno di percorrere la via di tutti i comandamenti di Dio e di ricevere l`assistenza del Paraclito, che gli apra le parole come un libro e gli mostri misticamente la gloria che esse racchiudono; di più, che gli riveli. insieme alla vita eterna che li fa scaturire, i beni di Dio nascosti in quelle parole, beni che rimangono velati e assolutamente invisibili per tutti coloro che li disprezzano e peccano per negligenza.

 

         (Simeone Nuovo Teologo, Catech., 24)

 

 

4. Le apparizioni agli apostoli

 

         Qualcuno dirà: in che modo dunque Tommaso, quando ancora non credeva, toccò tuttavia Cristo? (cf.Gv 20,27). Sembra però che egli dubitasse non della risurrezione del Signore ma del modo della risurrezione. Era necessario che egli mi istruisse toccandolo, come mi istruì anche Paolo: "Bisogna infatti che questa corruttibilità si rivesta d`incorruttibilità, e questo corpo mortale indossi l`immortalità" (1Cor 15,53), in modo che creda l`incredulo e l`esitante non possa più dubitare. Più facilmente infatti crediamo quando vediamo. Tommaso ebbe motivo di stupirsi, quando vide che, essendo ogni porta chiusa, un corpo passava attraverso barriere impenetrabili ai corpi, senza danno alla sua struttura. Era fuori dell`ordinario che un corpo passasse attraverso corpi impenetrabili; senza che lo si avesse visto arrivare, eccolo visibile a tutti, facilmente palpabile, difficilmente riconoscibile.

         Pertanto, turbati, i discepoli credevano di avere davanti un fantasma. Per questo il Signore, allo scopo di mostrarci il carattere della sua risurrezione, dice: "Toccate e vedete, poiché uno spirito non ha carne ed ossa, come vedete che ho io" (Lc 24,39). Non è dunque per la sua natura incorporale, ma per le qualità particolari della sua risurrezione corporale che egli è potuto passare attraverso barriere di solito impenetrabili. E` un corpo quello che si può toccare, un corpo quello che si può palpare. Ebbene è nel corpo che noi risuscitiamo; infatti "si semina un corpo carnale, e risorge un corpo spirituale" (1Cor 15,44); uno è più sottile, l`altro più pesante, essendo reso tale dalle condizioni della sua terrestre debolezza.

         Come potrebbe non essere un corpo questo, in cui restavano i segni delle ferite, le tracce delle cicatrici, che il Signore invita a toccare? Così facendo non solo conferma la fede, ma rende più viva la devozione: egli ha preferito portare in cielo le ferite ricevute per noi, non ha voluto cancellarle, per mostrare a Dio Padre il prezzo della nostra libertà. E` così che il Padre lo fa sedere alla sua destra, accogliendo i trofei della nostra salvezza; tali sono le testimonianze che la corona delle sue cicatrici mostra per noi.

 

         (Ambrogio, Exp. in Luc., 10, 168-170)

 

 

5. I corpi spiritualizzati dopo la risurrezione

 

         Siccome a tua volta mi chiedevi il mio parere circa la risurrezione dei corpi e le funzioni delle membra nello stato futuro d`incorruttibilità e d`immortalità, ascolta cosa in breve ne penso; e, se non ti soddisfarà, ne potremo discutere più a lungo, con l`aiuto di Dio. Si deve credere con tutta la forza quanto nella Sacra Scrittura è affermato in modo veridico e chiaro: che cioè i nostri corpi visibili e terreni, che ora chiamiamo animali, nella risurrezione dei fedeli e dei giusti, diventeranno spirituali. Ignoro d`altronde come si possa comprendere o far comprendere ad altri di quale specie sia un corpo spirituale, di cui non abbiamo conoscenza sperimentale. E` certo però che in quello stato i corpi non avranno corruzione di sorta e perciò non sentiranno, come ora, il bisogno di questo cibo corruttibile; potranno tuttavia prenderlo e consumarlo realmente, non costretti da necessità, ma assecondando una possibilità. Altrimenti neppure il Signore avrebbe preso cibo dopo la sua risurrezione dandoci in tal modo l`immagine della risurrezione corporea; per cui l`Apostolo dice: "Se i morti non risorgono, non è risorto neppure Cristo" (1Cor 15,16). Il Signore infatti, apparendo con tutte le sue membra, e servendosi delle loro funzioni, mostrò pure il posto delle ferite. Io ho sempre creduto che non si tratti di ferite, ma di cicatrici, conservate dal Signore non già per necessità, ma per sua volontà. E la facilità di attuare questa sua volontà, la dimostrò soprattutto e quando apparve sotto altre sembianze e quando apparve com`era realmente, a porte chiuse, nella casa dove si erano adunati i discepoli.

 

         (Agostino, Epist., 95, 7)

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22/09/2009 11:20

IV DOMENICA DI PASQUA

IV DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 4,8-12

         1 Giovanni 3,1-2

         Giovanni 10,11-18

 

1. Il buon pastore e il mercenario

 

         Avete udito, fratelli carissimi, dalla lettura evangelica odierna, un ammaestramento per voi e un pericolo per me. Infatti colui che è buono non per un dono aggiuntivo, ma per sua stessa natura, dice: "Io sono il buon pastore" (Gv 10,11). Poi, subito evidenzia l`elemento costitutivo della sua bontà, per far sì che noi possiamo imitarlo, ed aggiunge: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore (ibid.)". Inoltre, egli fece quel che insegnò, e mostrò con l`esempio quanto comandava. Il buon pastore dette la sua vita per le pecore del suo gregge, cambiando il suo corpo e il suo sangue nel nostro Sacramento, per sfamare con il cibo della sua carne coloro che aveva redento. In tal modo ci viene indicata la via del disprezzo della morte, perchè possiamo seguirla; ci viene proposto un modello da imitare. Anzitutto noi pastori di anime dobbiamo dare i nostri beni per le pecore del Signore; poi, se si rende necessario, per esse dobbiamo affrontare la morte. Dal dono delle cose esteriori che poi è il meno si arriva al dono della vita, che è il massimo tra tutti i doni. E siccome l`anima che ci fa dei viventi è incommensurabilmente più preziosa delle cose terrene in nostro possesso, chi non dà per le pecore del Signore i beni esteriori, come farà a dare per loro la propria anima? Eppure quanti sono coloro che per l`attaccamento ai beni del mondo si alienano il diritto di essere chiamati pastori! Di costoro, la divina Parola dice: "Il mercenario, e chi non è pastore, a cui non appartengono le pecore, quando vede venire il lupo abbandona le pecore e fugge " (Gv 10,12).

         Non pastore, bensì mercenario è detto chi pasce le pecore del Signore animato non dall`amore sincero, ma dalla bramosia della ricompensa materiale. Mercenario è chi esercita l`ufficio di pastore, ma, invece di cercare il bene delle anime, ricerca i propri agi, il guadagno terreno, gli onori delle dignità ecclesiastiche e si pavoneggia alle riverenze degli uomini. Ecco i compensi del mercenario! Egli trova quaggiù la ricompensa che va cercando per il suo lavoro di pastore di anime, ma alla fine sarà escluso dalla eredità del gregge. Finchè non si presenta un`occasione straordinaria, non è possibile distinguere il buon pastore dal mercenario. In tempo ordinario, pastore e mercenario custodiscono il gregge nell`identico modo. E` quando sopraggiunge il lupo che si svela la interiore disposizione con la quale ciascuno dei due stava a guardia del gregge. Il lupo cala sul gregge ogni qualvolta un ingiusto o un rapitore affligge gli umili e fedeli servi del Signore. Allora, colui che appariva pastore, senza esserlo, lascia le pecore e fugge, per paura del pericolo che gli incombe e non si arrischia a resistere all`ingiustizia. Dire che fugge non vuol dire che egli cambia dimora, bensì che non dà il proprio aiuto. Fugge, perché pur vedendo l`ingiustizia, tace; fugge, perchè si nasconde dietro il silenzio. Di tali pseudo-pastori, il profeta Ezechiele dice: "Non siete saliti sulle brecce, e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli israeliti, perchè potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore" (Ez 13,5).

         Salire sulle brecce significa resistere con parola franca e coraggiosa a tutti i potenti che agiscono male. In più, resistiamo al combattimento nel giorno del Signore e ricostruiamo le mura della casa d`Israele, se difendiamo i fedeli innocenti, con l`autorità della giustizia, contro l`ingiustizia dei malvagi. Per evitare di far questo, il mercenario scappa al sopraggiungere del lupo.

         C`è però un altro lupo che, senza desistere, ogni giorno, dilania non i corpi, bensì le anime. E` lo spirito maligno che si aggira attorno ai recinti in cui stanno le pecore e cerca di ucciderle. Di questo lupo, il Signore, subito dopo, aggiunge: "Il lupo rapisce e disperde le pecore" (Gv 10,12). Viene il lupo e il mercenario scappa. Come dire: Lo spirito maligno dilania le anime con le sue tentazioni, mentre colui che riveste il ruolo di pastore non sente premura e sollecitudine. Le anime si perdono e il pastore si gongola nei suoi guadagni terreni.

         Il lupo rapisce e disperde il gregge, quando attrae qualcuno alla lussuria, accende un altro d`avarizia, fa insuperbire un terzo infiamma d`ira un quarto; pungola questo con l`invidia, inganna quell`altro con la falsità. Il lupo, insomma, disperde le pecore, allorché il diavolo uccide con le tentazioni il popolo fedele.

         Epperò, contro tutte queste cose, il mercenario non s`accende minimamente di zelo, non si risveglia in lui alcun fervore d`amore: mentre è alla ricerca soltanto dei propri vantaggi esteriori, all`interno sopporta con negligenza tutti i danni spirituali del gregge. Per questo, il Maestro divino aggiunge: "Il mercenario fugge proprio perch‚ è mercenario e non gli importa nulla delle pecore" (Gv 10,13). L`unica causa della fuga del mercenario è che egli è appunto un mercenario. Come dire: Non può stare al pericolo insieme alle pecore, chi ricopre il suo ufficio non per amore alle pecore, ma per desiderio di guadagni terreni. Il mercenario che accetta gli onori e si gongola nei propri lucri terreni, paventa di esporsi al rischio e di sfidare il pericolo, perch‚ corre l`alea di perdere ciò che più ama. Ma, dopo aver denunciato le colpe del falso pastore, il Signore ci prospetta ancora il modello, quasi la forma in cui dobbiamo calarci. Afferma difatti: "Io sono il buon pastore". Quindi, aggiunge: "Io conosco", ovvero amo, "le mie pecore, e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,14). Come se intendesse dire: Le anime che mi amano, mi obbediscono, perchè chi non ama la verità è segno che non la conosce ancora.

         Avendo udito, fratelli carissimi, il pericolo cui siamo esposti noi pastori di anime, sforzatevi di scoprire nelle parole del Signore i pericoli che del pari correte voi. Interrogatevi se siete davvero le sue pecore, chiedetevi se lo conoscete, se possedete la luce della verità. Dico possedere la luce della verità, non soltanto per fede, ma per amore; non soltanto perciò credendo, ma anche operando. Infatti, lo stesso evangelista Giovanni, autore del brano evangelico odierno, ci ammonisce che: "Colui che dice di conoscere Dio, e poi non osserva i suoi comandamenti è un bugiardo" (1Gv 2,4). Ecco perchè, nel brano letto, il Signore aggiunge: "Come il Padre conosce me, così io conosco il Padre, e do la mia vita per le mie pecore" (Gv 10,15). In altri termini: Da questo si dimostra chiaramente che io conosco il Padre e da lui sono conosciuto: dal fatto che do la mia vita per le mie pecore. Cioè: Dall`amore con cui mi voto alla morte per le mie pecore, si può intuire quanto grande sia l`amore che ho per il Padre.

         Siccome però il Signore era venuto per la redenzione di tutti, non solo degli Ebrei, ma anche dei Gentili, la Scrittura prosegue: "Ho altre pecore che non sono di questo ovile, anche quelle io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,16).

         Quando asseriva di voler condurre e chiamare anche altre pecore, il Signore prevedeva la nostra redenzione. Noi, in effetti, veniamo dal paganesimo. Il che, fratelli potete vedere realizzato ogni giorno; e questo potete verificare, dal momento che i pagani si sono riconciliati con Dio.

         Egli fa di due greggi quasi un solo ovile, poiché unifica nella sua fede il popolo ebreo e quello pagano. E quanto attesta Paolo, che afferma: "Egli è la nostra pace; è colui che ha unito i due in un sol popolo" (Ef 2,14). Quando egli, da entrambe le nazioni, chiama i semplici alla vita eterna, conduce le pecore al proprio ovile.

 

         (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 14, 1-4)

 

 

2. Gesù, porta dell`ovile e pastore del gregge

 

         Il Signore propone la parabola della porta dell`ovile e del buon pastore. Chi non entra nell`ovile attraverso la porta è un ladro e un bandito. Chi entra per la porta, è il pastore del gregge. Il Signore applica a se stesso la similitudine dicendo: "Io sono la porta e Io sono il buon pastore".

         Quanto alla similitudine della porta, mentre afferma d`esser lui la porta dell`ovile, parla anche di ladri e banditi e afferma: "Tutti quelli che son venuti prima di me son ladri e banditi". E la similitudine è introdotta con le parole: "Disse loro, dunque, di nuovo Gesù: - In verità, in verità vi dico"; e la solennità della formula introduttiva vuole evidentemente richiamare l`attenzione dei discepoli e sottolineare l`importanza di quanto il Maestro vuol dire.

         "Io sono la porta": L`ufficio della porta è quello d`immettere nella casa. E questo s`addice bene a Cristo, perché, chi vuol entrar nel mistero di Dio, bisogna che passi per lui (Sal 117,10): "Questa è la porta del Signore" - Cristo - "e i giusti entreranno in essa". Precisa: "Porta del gregge", perchè non solo i pastori sono immessi nella Chiesa presente e poi nella beatitudine eterna attraverso Cristo, ma tutto il gregge, com`è detto appresso: "Le mie pecore ascoltano la mia voce... e mi seguono, e io do loro la vita eterna".

         Poi, quando dice: "Tutti quelli che son venuti prima di me son ladri e banditi", dice chi siano i ladri e i banditi e quali ne sian le note.

         Quanto alla identificazione dei ladri e dei banditi, bisogna evitar l`errore dei Manichei, i quali da queste parole presumono di ricavar la condanna di tutti i Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento. Ma l`interpretazione dei Manichei è falsa per tre motivi.

         Prima di tutto perchè contrasta con le parole precedenti della stessa parabola. Infatti tutti questi venuti prima che son condannati come ladri e banditi son certamente quegli stessi li cui il Signore ha detto: "Chi non entra per la porta è ladro e bandito". Non sono, dunque, ladri e banditi coloro che semplicemente son venuti "prima" di Cristo, ma coloro che non son passati "attraverso la porta", che è Cristo. E` chiaro, allora, che Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento, entrarono attraverso la porta, che è Cristo, perch‚ proprio Cristo, che doveva venire, li mandava; lui, fatto uomo nel tempo, ma presente nell`eternità, come Verbo di Dio (Eb 13,8: "Gesù Cristo ieri e oggi e in tutti i secoli"). I Profeti poi furono mandati nel nome del Verbo e della Sapienza (Sap 7,27: "La Sapienza di Dio si diffonde attraverso i popoli nelle anime sante dei Profeti e li fa amici di Dio"). Perciò, a proposito dei Profeti, leggiamo continuamente «La Parola di Dio è giunta al Profeta», proprio perchè, attraverso la comunicazione del Verbo, i Profeti annunziarono la parola di Dio.

         "Coloro che sono venuti": Questo verbo sta a dire che il loro venire non dipendeva da una divina missione, ma era una loro presunzione, e di tali Geremia disse (Ger 22,21): "Io non li mandai, ma essi correvano". Questi, certo, non erano messaggeri del Verbo di Dio (Ez 13,3: "Guai ai profeti sprovveduti, che seguono il loro stesso spirito e non vedono niente"). Ma questo non lo si può dire dei Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento, perchè essi erano proprio figure e annunziatori di Cristo.

         Ed è anche falsa l`interpretazione dei Manichei per la conseguenza che deriva dalle parole: Le pecore non diedero loro ascolto. Il segno, quindi, di riconoscimento dei ladri e banditi sta nel fatto che le pecore non li ascoltarono. Ma questo non lo si può dire così in generale dei Patriarchi e dei Profeti; i quali furono vere guide del popolo d`Israele e nella Scrittura sono biasimati coloro che non li ascoltarono (At 7,52: "Quale dei Profeti non hanno perseguitato i vostri padri?" e Mt 23,37: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i Profeti e tiri sassi a quelli che sono stati mandati a te!)".

         Bisogna dire dunque: "Tutti quelli che son venuti", non attraverso me, senza divina ispirazione e mandato, e con l`intenzione di cercare non la gloria di Dio, ma la propria, questi sono ladri, in quanto si appropriano di un`autorità d`insegnamento che non gli spetta (Is 1,23: "I tuoi principi infedeli sono alleati di ladri)"; e "sono banditi", perchè uccidono attraverso la loro malvagia dottrina Mt 21,13: "Voi ne avete fatto una spelonca di ladri"; e Os 6,9: "Compagno di ladri, che ammazzano coloro che passano per la strada)". Ma "costoro", cioè i ladri e banditi, "le pecore non li ascoltarono", almeno in modo costante, perch‚ altrimenti non avrebbero fatto più parte del gregge di Cristo, perchè "non segue un forestiero e fugge da lui".

         "Io sono la porta; chi entra attraverso me, sarà salvo".

         Qui il Signore, prima di tutto, vuol dire che il diritto di uso della porta è suo e che fa parte del piano della salvezza. Il modo della salvezza è accennato nelle parole: "Potrà entrare e uscire". La porta salva quelli che son dentro, trattenendoli dall`esporsi ai pericoli, che son fuori, e li salva, impedendo al nemico di entrare. E questo s`addice a Cristo, poichè in lui abbiamo protezione e salvezza; ed è questo ch`egli vuol dire con le parole: "Se uno entrerà attraverso me" nella Chiesa, "sarà salvo". Aggiungi anche la condizionale, se persevererà (At 6,12: "Non è stato dato agli uomini nessun altro nome nel quale salvarsi"; e Rm 5,10: "Tanto più saremo salvi nella sua vita").

         Il modo della salvezza è significato con le parole: "Entrerà e uscirà e troverà pascoli"; ma queste parole possono essere spiegate in quattro modi.

         Secondo il Crisostomo non significano altro che la sicurezza e la libertà di coloro che sono con Cristo. Infatti, colui che non entra per la porta, non è padrone di entrare e uscire quando vuole; lo è, invece, colui che entra per la porta. Dicendo, dunque: "entrerà e uscirà", vuol significare che gli apostoli, in comunione con Cristo, entrano con sicurezza e hanno accesso ai fedeli, che sono nella Chiesa, e agli infedeli, che ne son fuori, poiché essi sono stati costituiti padroni del mondo e nessuno li può cacciare fuori (Nm 27,16: "Il Signore di tutti gli spiriti provveda per il popolo un uomo che possa entrare e uscire, perchè il popolo del Signore non sia come un gregge senza pastore"). "E troverà pascoli", cioè la gioia nella conversione e anche nelle persecuzioni che gli capiterà di affrontare per il nome di Cristo (At 5,41: "Gli Apostoli uscivano dal sinedrio pieni di gioia, perché erano stati fatti degni di subir ignominia per il nome di Gesù").

         La seconda spiegazione è di sant`Agostino nel commento al Vangelo di Giovanni.

         Chi fa il bene realizza un`armonia tra ciò ch`è dentro di lui e con ciò ch`è fuori di lui. Al di dentro dell`uomo c`è lo spirito, al di fuori c`è il corpo (2Cor 6,16: "Sebbene il nostro uomo esteriore si corrompa, l`uomo interiore si rinnova di giorno in giorno). Colui dunque, ch`è unito a Cristo, "entrerà" attraverso la contemplazione per custodire la sua coscienza (Sap 8,16: Entrando nella mia casa - la coscienza -, "mi riposerò con essa" -la Sapienza -); e "uscirà" fuori, per controllare il suo corpo con le opere buone (Sal 103,23: "Uscirà l`uomo per i suoi impegni e per il suo lavoro fino a sera"); "e troverà pascoli", nella coscienza pura e devota (Sal 16,15: "Verrò al tuo cospetto, mi sazierò alla vista della tua gloria") e anche nel lavoro (Sal 125,6: "Al ritorno verranno esultanti, portando i loro covoni").

         La terza interpretazione di san Gregorio.

         "Entrerà" nella Chiesa, credendo (Sal 41,5: "Andrò dov`è una tenda meravigliosa"), il che vuol dire entrare nella Chiesa militante; "e uscirà", cioè passerà dalla Chiesa militante alla Chiesa trionfante (Ct 3,11: "Uscite, figlie di Sion, e vedete il re Salomone col diadema di cui lo cinse sua madre il giorno delle nozze"); "e troverà pascoli" di dottrina e di grazia nella Chiesa militante (Sal 22,2: "Mi pose nel luogo del cibo"); e pascoli di gloria nella Chiesa trionfante (Ez 34,14: "Pascolerò le mie pecore in pascoli ubertosissimi").

         La quarta spiegazione è nel libro "De Spiritu et Anima", che viene erroneamente attribuito ad Agostino; e ivi è detto che i santi "entreranno" per contemplare la divinità di Cristo e "usciranno" per ammirare la sua umanità; e nell`una e nell`altra "troveranno pascoli", perchè nell`una e nell`altra gusteranno le gioie della contemplazione (Is 33,17: "Vedranno il re nel suo splendore").

         Si tratta poi del ladro. Il Signore prima dice quali sono le proprietà del ladro e poi afferma che egli ha le proprietà opposte a quelle del ladro: "Io son venuto, perchè abbiano la vita". Dice, dunque, che quelli che non entrano per la porta - che è lui - sono ladri e banditi e la loro condizione è malvagia. Infatti, "il ladro non viene che per rubare", per portar via ciò che non è suo, e questo avviene, quando eretici e scismatici tirano a sè coloro che appartengono a Cristo. Il ladro poi viene "per uccidere", diffondendo una falsa dottrina o costumi perversi (Os 6,9: "Compagno di ladri che ammazzano sulla strada quelli che vengono da Sichem"). Il ladro viene ancora, in terzo luogo, per distruggere, avviando alla dannazione eterna le sue vittime (Ger 50,6: "Il mio popolo è diventato un gregge perduto"). Queste condizioni non son certo nel buon pastore.

         "Io venni perchè abbiano la vita". E pare che il Signore volesse dire: Costoro non son venuti attraverso me; se fossero venuti attraverso me, farebbero cose simili a quelle che faccio io, ma essi fanno tutto l`opposto; essi rubano, uccidono, distruggono. "Io son venuto perchè abbiano la vita" della giustizia, entrando nella Chiesa militante attraverso la fede (Eb 10,38; Rm 1,17: "Il giusto vive di fede"). Di questa fede, è detto in Gv 3,14: "Noi sappiamo che siamo stati trasferiti dalla morte alla vita, perchè amiamo i fratelli. E perchè l`abbiano più abbondantemente"; abbiano cioè la vita eterna all`uscita dal corpo; la vita eterna della quale appresso è detto (Gv 17,8) ch`essa consiste "nel conoscere te solo vero Dio".

         Che Cristo poi sia pastore è evidente dal fatto che, come il gregge è guidato e alimentato dal pastore, così i fedeli sono alimentati dalla dottrina e dal corpo e sangue di Cristo (1Pt 2,25: "Eravate pecore senza pastore, ma ora vi siete rivolti al pastore delle vostre anime"; e Is 40,11: "Pascolerà i suoi, come il pastore pascola il suo gregge"). Ma, per distinguersi dal ladro e dal cattivo pastore, aggiunge l`aggettivo "buono". Buono perchè compie l`ufficio del pastore, come si chiama buon soldato colui che compie l`ufficio del soldato. Ma, poiché Cristo ha già detto che il pastore entra per la porta e che lui stesso è la porta, bisogna concludere ch`egli entra nell`ovile attraverso se stesso. Ed è proprio così, perchè egli manifesta se stesso e attraverso se stesso conosce il Padre. Noi, invece, entriamo attraverso lui, perchè attraverso lui otteniamo la gioia. Ma guarda che nessun altro è la porta, se non lui, perchè nessun altro è la luce vera; gli altri son luce riflessa. Lo stesso Battista non era lui la luce, ma uno che testimoniava per la luce. Ma di Cristo è detto: "Era la luce vera che illumina ogni uomo" (Gv 1,8). Perciò, nessuno presume di esser la porta; solo Cristo poté dir questo di sè; ma concesse anche ad altri di essere pastori: difatti, Pietro fu pastore, e tutti gli apostoli e tutti i buoni vescovi furono pastori (Ger 3,5: Vi darò dei pastori secondo il mio cuore). Sebbene però i capi della Chiesa sian tutti pastori, tuttavia egli dice al singolare: "Io sono il buon pastore", per suggerire la virtù della carità. Nessuno infatti è pastore buono, se non diventa una sola cosa con Cristo, attraverso la carità, e si fa membro del vero pastore.

         Ufficio del pastore è la carità; perciò dice: "Il pastore buono dà la vita per le sue pecore". Bisogna sapere che c`è una differenza tra il pastore buono e il cattivo; il pastore buono guarda al vantaggio del gregge; il cattivo guarda al proprio vantaggio; e questa differenza è segnalata in Ez 34,2: "Guai ai pastori che pascono sè stessi. Ma non è il gregge che dovrebbe essere pascolato dal pastore"? Colui, dunque, che si serve del gregge, per pascolar se stesso, non è un pastore buono. E da questo deriva che il pastore cattivo, anche quello materiale, non vuole subire nessun danno per il suo gregge, perchè non si cura del bene del gregge, ma del proprio. Invece il pastore buono, anche quello materiale, si sobbarca a molte cose per il gregge, perchè ne vuole il bene; perciò, Giacobbe in Gen 31,40, disse: "Giorno e notte ero bruciato dal freddo e dal caldo". Ma nel caso di pastori materiali, non si chiede che un buon pastore rischi la sua vita per la salvezza del gregge. Ma, poichè la salute spirituale del gregge è più importante della vita corporale del pastore, quando è in pericolo la salute eterna del gregge, il pastore spirituale deve affrontare anche la morte, per il suo gregge. Ed è questo che il Signore dice con le parole: "Il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore"; è pronto a dar la vita sua temporale con responsabilità e amore. Due cose son necessarie: che le pecore gli appartengano e che le ami; la prima, senza la seconda, non basta. Di questa dottrina si fece modello Gesù Cristo. Leggi in 1Gv 3,16: Se Cristo ha offerto la sua vita per noi, dobbiamo anche noi offrire la nostra vita per i nostri fratelli.

 

         (Tommaso d`Aquino, Ev. sec. Ioan., 10, 3, 1s.)

 

 

3. Il Padre ci ha affidati al suo Verbo, nostro divino Pedagogo

 

         Gesù, Logos di Dio, pedagogo al quale Dio ci ha affidati come un padre affida i suoi bambini ad un vero maestro; e ci ha espressamente prescritto questo: "Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo " (Mt 17,5 e parr.).

         Il divino Pedagogo è del tutto degno della nostra fiducia, poich‚ ha ricevuto i tre ornamenti più belli: scienza, benevolenza e autorità. La scienza, perchè egli è la sapienza del Padre - "ogni sapienza viene dal Signore ed essa è presso di lui per sempre" (Sir 1,1) -; l`autorità, perchè egli è Dio e Creatore - "tutto fu fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,3) -; la benevolenza, perché si è offerto da sè come vittima unica in nostro favore: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore" (Gv 10,11), e la dette, senza alcun dubbio. Ora la benevolenza altro non è se non volere il bene del prossimo, per sè stesso.

 

         (Clemente di Ales., Paedagogus, XI, 97, 2-3)

 

 

4. Non ricerca di gloria o di potere, ma solo la volontà di Dio

 

La gloria in questo mondo, gloria vana, non darmi, o mio Maestro;

Non datemi la ricchezza transeunte, né talenti d`oro;

Non un trono eccelso, né potere su realtà che passano!

Mettimi con gli umili, con i poveri e tra i miti,

Divenga anch`io umile e mite

Quanto al mio ufficio, se non posso rivestirlo in modo utile,

Sì da piacerti e da stare al tuo servizio,

Permetti che ne sia discacciato

E ch`abbia a piangere solo, o Maestro, i miei peccati:

Mio solo intento sia il tuo giusto giudizio

E il modo di difendermi dopo averti tanto offeso!

Sì, o dolce, buono e compassionevole Pastore,

Che salvi vuoi tutti i credenti in te,

Abbi pietà, la prece che invio esaudisci:

Non irritarti, il volto tuo da me non sia distolto,

Insegnami a compiere il tuo divin volere,

Poiché non chiedo che si faccia la volontà mia,

Bensì la tua, e che servirti io possa, o Misericordioso!

 

         (Simeone Nuovo Teologo, Hymn., 17)

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22/09/2009 11:21

V DOMENICA DI PASQUA

V DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 9,26-31

         1 Giovanni 3,18-24

         Giovanni 15,1-18

 

1. La vite e i tralci

 

         "Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui produce molto frutto: perché senza di me voi non potete far nulla" (Gv 15,5).

         Nessuno pensi che il tralcio possa da solo produrre almeno qualche frutto. Il Signore ha detto che chi è in lui produce «molto frutto». E non ha detto: Senza di me potete fare poco ma: «Senza di me Voi non potete fare nulla». Sia il poco sia il molto, non si può farlo comunque senza di lui, poiché senza di lui non si può fare nulla. Perché anche se, quando il tralcio produce pochi frutti, l`agricoltore lo monda, affinché ne produca di piú: tuttavia, se non resterà unito alla vite e non trarrà alimento dalla radice, non potrà da se stesso portare nessun frutto. Anche se Cristo non sarebbe la vite se non fosse uomo, non potrebbe tuttavia fornire ai tralci la capacità di produrre frutti, se non fosse anche Dio. Di modo che, come senza questa grazia è impossibile la vita, cosí la morte è in potere del libero arbitrio.

         "Chi poi non rimarrà in me sarà gettato via come il tralcio; e si dissecca; e poi sarà raccolto e gettato nel fuoco dove brucerà" (Gv 15,6). Il tralcio è infatti tanto prezioso se resta unito alla vite, quanto, se ne è reciso, è privo di valore. Come il Signore fa rilevare per bocca del profeta Ezechiele (cf. Ez 15,5), i rami di vite recisi non possono né essere utili all`agricoltura, né usati dal falegname in alcuna opera. Il tralcio di vite ha due sole alternative: o restare unito alla vite o essere gettato nel fuoco: se non è unito alla vite sarà buttato nel fuoco. Quindi, per non finire nelle fiamme, deve restare unito alla vite.

         "Se voi rimanete in me e le mie parole rimangono in voi domandate quanto volete e vi sarà fatto" (Gv 15,7).

         Rimanendo in Cristo, che cosa possono chiedere i fedeli se non quanto a Cristo conviene? Che possono volere, se restano uniti al Salvatore, se non ciò che non si oppone alla loro salvezza? Una cosa infatti desideriamo, quando siamo in Cristo, e una cosa ben diversa quando siamo ancora uniti a questo mondo. Ma qualche volta può accadere che il fatto di dimorare in questo mondo ci spinga a chiedere qualcosa che, senza che noi ce ne rendiamo conto, non è utile alla nostra salvezza. Ma questo certamente non ci avviene se siamo in Cristo, poiché egli esaudisce le nostre richieste solo quando giovano alla nostra salute eterna. Rimanendo dunque noi in lui e in noi restando le sue parole, potremo chiedergli qualunque cosa, ed egli la compirà in noi. Se gli chiediamo qualcosa ed egli non ci esaudisce, significa che quanto abbiamo chiesto non favorisce il rimanere in lui e non è conforme alla sua parola che in noi dimora, ma riguarda invece desideri e debolezze della carne, che non sono certo in lui, e nelle quali non è certo la sua parola. Quanto alla preghiera che egli stesso ci ha insegnata e con la quale diciamo: "Padre nostro che sei nei cieli" (Mt 6,9), essa fa parte sicuramente delle sue parole.

         Non allontaniamoci, dunque, nelle nostre richieste al Signore, dalla lettera e dallo spirito di questa preghiera: se cosí facciamo, ogni cosa che chiederemo egli ce la concederà. Le sue parole rimangono in noi, quando facciamo quanto ci ha ordinato e desideriamo quanto Ci ha promesso; ma quando invece le sue parole restano, sí, nella nostra memoria, ma non se ne trova traccia nella nostra vita e nei nostri costumi, allora il tralcio non fa piú parte della vite, perché non assorbe piú la vita dalla sua radice. Questa distinzione tra il conoscere la legge e metterla in pratica è efficacemente posta in rilievo dal profeta che dice: "Si ricordano dei suoi comandamenti per metterli in pratica" (Sal 102,18) . Non sono pochi, infatti, coloro che si ricordano dei suoi comandamenti solo per disprezzarli, per deriderli e fare il contrario di ciò che essi ordinano. In costoro non hanno dimora le parole di Cristo; essi sono in qualche modo in contatto con esse, ma non sono affatto ad esse uniti. E tali parole non solo non produrranno in costoro alcun beneficio, ma renderanno invece testimonianza contro di essi. E poiché quelle parole sono in loro, ma essi non le conservano, sono esse che posseggono loro, per condannarli.

 

         (Agostino, Comment. in Ioan. 81, 3-4)

 

 

2. La vite simbolo della nostra fecondità spirituale

 

         Saprai certamente che, come hai in comune con i fiori una sorte caduca, cosí hai in comune la letizia con le viti da cui si ricava il vino che rallegra il cuore dell`uomo (cf. Sal 103,15). E magari tu imitassi, o uomo, un simile esempio, in modo da procurarti letizia e giocondità. In te si trova la dolcezza della tua amabilità, da te sgorga, in te rimane, è insita in te; in te stesso devi cercare la gioia della tua coscienza. Perciò la Scrittura dice: "Bevi l`acqua dai tuoi vasi e dalla fonte dei tuoi pozzi" (Pr 5,15). Anzitutto nulla è piú gradito del profumo della vite in fiore, se è vero che il succo spremuto dal fiore della vite produce una bevanda che nello stesso tempo riesce gradevole e giova alla salute. Inoltre, chi non proverebbe meraviglia al vedere che dal vinacciolo di un acino la vite prorompe fino alla sommità dell`albero che protegge come con un amplesso e avvince tra le sue braccia e circonda in una stretta rigorosa, riveste di pampini e cinge di una corona di grappoli? Essa, ad imitazione della nostra vita, prima affonda la sua radice viva nel terreno; poi, siccome per natura è flessibile e non sta ritta, stringe tutto ciò che riesce ad afferrare con i suoi viticci quasi fossero braccia e, reggendosi per mezzo di questi, sale in alto.

         Del tutto simile è il popolo fedele che viene piantato, per cosí dire, mediante la radice della fede e frenato dalla propaggine dell`umiltà. Di essa dice bene il profeta: "Hai trasportato la vite dall`Egitto e ne hai piantato le radici e la terra ne è stata riempita. La sua ombra ha ricoperto i monti e i suoi viticci i cedri del Signore. Stese i suoi rami fino al mare e fino al fiume le sue propaggini" (Sal 79,9-12). E il Signore stesso parlò per bocca d`Isaia dicendo: "Il mio diletto acquistò una vigna su un colle, in un luogo fertile, e la circondai d`un muro e vangai tutt`attorno la vigna di Sorec e nel mezzo vi innalzai una torre" (Is 5,1-2). La circondò infatti come con la palizzata dei comandamenti celesti e con la scolta degli angeli. Infatti "l`angelo del Signore si accamperà attorno a quanti lo temono" (Sal 33,8). Pose nella Chiesa come la torre degli apostoli, dei profeti, dei dottori, che sogliono vigilare per la pace della Chiesa. La vangò tutt`intorno, quando la liberò dal peso delle cure terrene; nulla infatti grava la mente piú delle preoccupazioni di questo mondo e dell`avidità di denaro o di potere. Ciò ti viene mostrato nel Vangelo quando leggi che quella donna, che uno spirito teneva inferma, era cosí curva da non poter guardare in alto. Era curva la sua anima che, rivolta ai guadagni, non vedeva la grazia celeste. Gesú la guardò, la chiamò, e subito la donna depose i pesi terreni. Egli mostra che da simili brame erano gravati coloro ai quali dice: "Venite a me tutti voi che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11,28). L`anima di quella donna, come se le avessero scavato intorno la terra, poté respirare e si raddrizzò.

         Ma anche la vite, quando intorno le è stato zappato il terreno, viene legata e tenuta diritta affinché non si pieghi verso terra. Alcuni tralci si tagliano, altri si fanno ramificare: si tagliano quelli che ostentano un`inutile esuberanza, si fanno ramificare quelli che l`esperto agricoltore giudica produttivi. Perché dovrei descrivere l`ordinata disposizione dei pali di sostegno e la bellezza dei pergolati, che insegnano con verità e chiarezza come nella Chiesa debba essere conservata l`uguaglianza, sicché nessuno, se ricco, e ragguardevole, si senta superiore e nessuno, se povero, e di oscuri natali, si abbatta o si disperi? Nella Chiesa ci sia per tutti un`unica e uguale libertà, con tutti si usi pari giustizia e identica cortesia. Perciò nel mezzo si innalza una torre, per mostrare tutt`intorno l`esempio di quei contadini, di quei pescatori che meritano di occupare la rocca della virtù. Sul loro esempio i nostri sentimenti si elevino, non giacciano a terra spregevoli ed abietti; ma ciascuno innalzi l`animo a ciò che sta sopra di noi e abbia il coraggio di dire: "Ma la nostra cittadinanza è nei cieli" (Fil 3,20). Quindi, per non essere piegato dalle burrasche del secolo e travolto dalla tempesta, ognuno, come fa la vite con i suoi viticci e le sue volute, si stringe a tutti quelli che gli sono vicini quasi in un abbraccio di carità e unito ad essi si sente tranquillo. E` la carità che ci unisce a ciò che sta sopra di noi e ci introduce in cielo. "Se uno rimane nella carità, Dio rimane in lui" (1Gv 4,16). Perciò anche il Signore dice: "Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può produrre frutto da solo, se non resta unito alla vite, cosí anche voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci" (Gv 15,4-5).

         Manifestamente il Signore ha indicato che l`esempio della vite deve essere richiamato quale regola per la nostra vita. Sappiamo che quella, riscaldata dal tepore primaverile, dapprima comincia a gemmare, poi manda fuori il frutto dagli stessi nodi dei tralci, dai quali nascendo l`uva prende forma e, a poco a poco sviluppandosi, conserva l`asprezza del prodotto immaturo e non può diventare dolce se non raggiunge la maturazione sotto l`azione del sole. Quale spettacolo è piú gradevole, quale frutto piú dolce che vedere i festoni pendenti come monili di cui si adorna la campagna in tutto il suo splendore, cogliere i grappoli rilucenti d`un colore dorato o simili alla porpora? Crederesti di veder scintillare le ametiste e le altre gemme, balenare le pietre indiane, risplendere l`attraente eleganza delle perle, e non ti accorgi che tutto ciò ti ammonisce a stare in guardia perché il giorno supremo non trovi immaturi i tuoi frutti, il tempo dell`età nella sua pienezza non produca opere di scarso valore. Il frutto acerbo suole essere senz`altro amaro e non può essere dolce se non ciò che è cresciuto sino alla perfetta maturità. A quest`uomo perfetto solitamente non nuoce né il freddo della morte con il suo brivido né il sole dell`iniquità, perché lo protegge con la sua ombra la grazia divina e spegne ogni incendio di cupidigie mondane e di lussuria carnale e ne tiene lontani gli ardori. Ti lodino tutti coloro che ti vedono e ammirino le schiere dei cristiani come ghirlande di tralci, contempli ciascuno i magnifici ornamenti delle anime fedeli, tragga diletto dalla maturità della loro prudenza, dallo splendore della loro fede, dalla dignità della loro testimonianza, dalla bellezza della loro santa vita, dall`abbondanza della loro misericordia, cosí che ti possano dire: "La tua sposa è come vite ricca di grappoli nell`interno della tua casa" (Sal 127,3), perché con l`esercizio di una generosa liberalità riproduci l`opulenza d`una vite carica di grappoli.

 

         (Ambrogio, Exameron III, V, 12, 49-52)

 

 

3. L`immagine si rinnova avvicinandosi progressivamente a Dio

 

         Certo, il rinnovamento di cui ora si parla, non si compie istantaneamente con la conversione stessa, come il rinnovamento del Battesimo si compie istantaneamente con la remissione di tutti i peccati, senza che rimanga da rimettere la piú piccola colpa. Ma come una cosa è non avere piú la febbre, altra cosa ristabilirsi dalla debolezza causata dalla febbre, ancora come una cosa è estrarre il dardo conficcato nel corpo, altra cosa poi guarire con un`altra cura la ferita procurata dal dardo; cosí la prima cura consiste nel rimuovere la causa della malattia, ciò che avviene con il perdono di tutti i peccati, la seconda nel curare la malattia stessa, ciò che avviene a poco a poco progredendo nel rinnovamento di questa immagine. Questi due momenti sono indicati nel Salmo in cui si legge: "Egli perdona tutte le tue iniquità", ciò che si attua nel Battesimo; poi il Salmo continua: "Egli guarisce tutte le tue malattie" (Sal 102,3), ciò che si attua con i progressi quotidiani, quando si rinnova questa immagine. Di questo rinnovamento parla assai chiaramente l`Apostolo quando dice: "Quantunque il nostro uomo esteriore vada deperendo, quello interiore però si rinnova di giorno in giorno" (2Cor 4,16). Ora "si rinnova nella conoscenza di Dio" (Col 3,10), cioè "nella vera giustizia e santità" (Ef 4,24), secondo i termini usati dall`Apostolo nelle testimonianze che ho riportato un po` piú sopra. Dunque colui che di giorno in giorno si rinnova progredendo nella conoscenza di Dio e nella vera giustizia e santità, trasporta il suo amore dalle cose temporali alle cose eterne, dalle cose sensibili alle intelligibili, dalle carnali alle spirituali e si dedica con cura a separarsi dalle cose temporali, frenando ed indebolendo la passione, e ad unirsi con la carità a quelle eterne. Non gli è possibile però questo che nella misura in cui riceve l`aiuto di Dio. E Dio che l`ha detto: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5). Chiunque l`ultimo giorno di questa vita sorprenda in tale progresso e accrescimento, e nella fede nel Mediatore, questi sarà accolto dai santi Angeli per essere condotto a Dio che ha onorato e per ricevere da lui la sua perfezione, alla fine dei tempi gli sarà dato un corpo incorruttibile per non essere destinato alla sofferenza, ma alla gloria. In questa immagine sarà perfetta la somiglianza di Dio (cf. Gen 5,1; Gc 3,9), quando sarà perfetta la visione di Dio. Di questa visione l`apostolo Paolo dice: "Ora vediamo per mezzo di uno specchio in enigma, ma allora a faccia a faccia" (1Cor 13,12). Egli dice pure: "Noi che, a faccia velata, rispecchiamo la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine, salendo di gloria in gloria, in conformità all`operazione del Signore che è spirito" (2Cor 3,18). E questo che si realizza in coloro che progrediscono di giorno in giorno nel bene.

 

         (Agostino, De Trinit., 14, 17, 23)

 

 

4. Lotta contro le tentazioni

 

         Se ti viene in mente un cattivo pensiero, grida, con lacrime al Signore: «Signore, sii buono con me peccatore! Perdonami, o amico degli uomini. Signore, allontana il male da noi!». Certo, il Signore conosce i cuori: sa quali pensieri sorgono da un animo cattivo, ma sa anche quali pensieri vengono in noi versati dalla stizza amara dei demoni. Tuttavia sappilo: piú tu combatti e resti fedele nel servizio del Signore, piú i tuoi sensi e i tuoi pensieri verranno purificati. Infatti, nostro Signore Gesú Cristo ha detto: "Ogni ramo che in me porta frutto, io lo purificberò, perché porti frutto maggiore" (Gv 15,2). Solo abbi la piú sincera volontà di farti santo! Il Signore ama e appoggia col suo aiuto coloro che sono zelanti e lavorano per ottenere la salvezza dell`anima.

         Senti ora un esempio, che ti illustra i cattivi pensieri. Quando l`uva vien colta dalla vite, gettata nel torchio e pigiata, produce il suo mosto, che vien raccolto in vasi. E questo mosto, all`inizio, fermenta tanto forte, come se bollisse al fuoco piú acceso in una caldaia; anche i vasi migliori non riescono a contenerne la forza, ma si rompono pel suo calore. Ciò avviene coi pensieri degli uomini, quando essi si elevano da questo mondo vano, e dalle sue cure, alle realtà celesti. Allora gli spiriti cattivi, che non ne possono sopportare il fervore, conturbano in mille modi la mente dell`uomo, cercando di suscitarvi una tetra burrasca, per rovinare e squarciare il vaso, cioè l`anima riempiendola di dubbi e rendendola infedele.

 

         (Efrem, Ad monach. Aegypt., 10, 2)

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VI DOMENICA DI PASQUA

VI DOMENICA DI PASQUA

 

Letture:         Atti 10,25.27.34-35.44-48

         1 Giovanni 4,7-10

         Giovanni 15,9-17

 

1. Il comandamento «nuovo» di Gesù

 

         Dal momento che la Sacra Scrittura è tutta piena di divini precetti, come mai il Signore parla della carità quasi di un comandamento unico, e dice: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente" (Gv 15,12), se non perché i comandamenti sono tutti compendiati nell`unica carità e tutti formano un unico comandamento? Infatti, tutto ciò che ci viene comandato ha il suo fondamento solo nella carità. Come i molteplici rami di un albero provengono da una sola radice, cosí le molteplici virtù traggono origine dalla sola carità. E non ha vigore di verde il ramo del ben operare, se non resta unito alla radice della carità. Perciò, i precetti del Signore sono molti e al tempo stesso uno solo: molti per la diversità delle opere, uno per la radice della carità.

         Come poi dobbiamo conservare la carità, ce lo insegna quegli stesso che in varie parti della Scrittura ci ordina di amare gli amici in lui e i nemici per lui. Possiede, invero, carità vera solo chi ama l`amico in Dio, e il nemico per Dio.

         Vi sono alcuni, infatti, che amano il prossimo per affetto di sangue o di parentela, e ciò non trova sanzione di condanna nella Scrittura. Ricordiamoci però che una cosa è ciò che nasce spontaneamente dalla natura, un`altra è quel che siamo tenuti a praticare in obbedienza al precetto del Signore. Coloro che amano di amore naturale i loro parenti, amano certamente il prossimo; tuttavia, essi non acquistano i nobilissimi premi della carità perché il loro amore non è spirituale, bensí carnale. Ecco perché il Signore Gesú, dopo aver detto: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente", subito aggiunge: "come io ho amato voi". Quasi a volerci dire: «Amatevi per quei motivi per i quali io stesso ho amato voi».

         Per la qual cosa, fratelli carissimi, va notato con scrupolosa diligenza che il nostro antico avversario, mentre attrae il nostro spirito verso il diletto delle cose temporali, ci mette contro qualche prossimo debole, per strapparci via ciò che amiamo. E non si dà pensiero questo antico avversario, cosí facendo, di toglierci le cose terrene, bensí di ferire la carità in noi. Invero, quando ciò si verifica, noi subito diamo in escandescenze, e mentre bramiamo uscire vittoriosi all`esterno, dentro veniamo gravemente feriti; mentre all`esterno difendiamo cose da nulla, dentro alieniamo le maggiori, poiché mentre amiamo le cose temporali, perdiamo il vero amore. Chiunque infatti ci toglie del nostro, è un nemico. Però se avremo incominciato ad odiare il nemico, è dentro di noi che si verifica la perdita. Quindi, quando subiamo qualche sgarbo esterno da parte di un prossimo, rimaniamo ben vigili rispetto al devastatore dell`anima nostra: nei suoi confronti non si dà modo piú clamoroso di vittoria, se non quello stesso che usiamo quando ricambiamo con l`amore chi ci porta via i beni esteriori. Una sola è la prova suprema della carità: amare anche chi ci si rivela nemico. Ecco perché il Signore Gesú, pur subendo i tormenti della crocifissione, mostra verso i suoi persecutori sentimenti di carità, e dice al Padre: "Perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,24).

         C`è da meravigliarsi dunque se i discepoli amano in vita quei nemici che il Maestro ha amato proprio mentre veniva ucciso? Egli esprime il culmine della carità, quando soggiunge: "Nessuno ha un amore piu grande di colui che dà la vita per i propri amici" (Gv 15,13). Il Signore era venuto a morire per i nemici, e tuttavia diceva di voler dare la sua vita per gli amici, per mostrarci che, senza ombra di dubbio, mentre possiamo trarre merito dall`amore dei nemici, diventano alla fine nostri amici persino coloro che ci perseguitano.

 

         (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 27, 1 s.)

 

 

2. Ama e fà ciò che vuoi

 

         "In questo si è manifestato l`amore di Dio in noi, che egli ha mandato in questo mondo il suo Figlio Unigenito, affinché potessimo vivere per mezzo suo" (1Gv 4,9). Il Signore stesso ha detto: "Nessuno può avere maggior amore di chi dà la sua vita per i suoi amici", e l`amore di Cristo verso di noi si dimostra nel fatto che egli è morto per noi. Quale è invece la prova dell`amore del Padre verso di noi? Che egli ha mandato il suo unico Figlio a morire per noi. Cosí afferma l`apostolo Paolo: "Egli che non risparmiò il suo proprio Figlio, ma lo diede per noi tutti come non ci ha dato insieme con lui tutti i doni? (Rm 8,32). Ecco, il Padre consegnò Cristo e anche Giuda lo consegnò; forse che il fatto non appare simile? Giuda è traditore - dunque anche il Padre è traditore? Non sia mai, tu dici. Non lo dico io ma l`Apostolo: "Lui che non risparmiò il proprio Figlio, ma lo diede per tutti noi". Il Padre lo diede e Cristo stesso si diede. L`Apostolo infatti dice: "Colui che mi amò e diede se stesso per me" (Gal 2,20). Se il Padre diede il Figlio ed il Figlio se stesso, Giuda che cosa fece? Una consegna è stata fatta dal Padre, una dal Figlio, una da Giuda: si tratta di una identica cosa: ma come si distinguono il Padre che dà il Figlio, e il Figlio che dà se stesso e Giuda il discepolo che dà il suo maestro? Il Padre ed il Figlio fecero ciò nella carità; compí la stessa azione anche Giuda, ma nel tradimento. Vedete che non bisogna considerare che cosa fa l`uomo ma con quale animo e con quale volontà lo faccia. Troviamo Dio Padre nella stessa azione in cui troviamo anche Giuda: benediciamo il Padre, detestiamo Giuda. Perché benediciamo il Padre e detestiamo Giuda? Benediciamo la carità, detestiamo l`iniquità. Quanto vantaggio infatti venne al genere umano dal fatto che Cristo fu tradito? Forse che Giuda ebbe in mente questo vantaggio nel tradire? Dio ebbe in mente la nostra salvezza per la quale siamo stati redenti; Giuda ebbe in mente il prezzo che prese per vendere il Signore. Il Figlio ebbe in mente il prezzo che diede per noi, Giuda pensò al prezzo che ricevette per venderlo. Una diversa intenzione dunque, rese i fatti diversi. Se misuriamo questo identico fatto dalle diverse intenzioni, una di esse deve essere amata, l`altra condannata; una deve essere glorificata, l`altra detestata. Tanto vale la carità! Vedete che essa sola soppesa e distingue i fatti degli uomini.

         Dicemmo questo in riferimento a fatti simili. In riferimento a fatti diversi troviamo un uomo che infierisce per motivo di carità ed uno gentile per motivo di iniquità. Un padre percuote il figlio e un mercante di schiavi invece tratta con riguardo. Se ti metti davanti queste due cose, le percosse e le carezze, chi non preferisce le carezze e fugge le percosse? Se poni mente alle persone, la carità colpisce, l`iniquità blandisce. Considerate bene quanto qui insegniamo, che cioè i fatti degli uomini non si differenziano se non partendo dalla radice della carità. Molte cose infatti possono avvenire che hanno una apparenza buona ma non procedono dalla radice della carità: anche le spine hanno i fiori; alcune cose sembrano aspre e dure; ma si fanno, per instaurare una disciplina, sotto il comando della carità. Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa` ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell`amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.

 

         (Agostino, In Ioan. Ep. Tract., 7, 7-8)

 

 

3. Cristo non vuole chiamarci servi ma amici

 

         Dal momento che tutti i precetti naturali sono comuni a noi e ad essi (Giudei), avendo avuto origine presso di loro, mentre presso di noi hanno trovato crescita e compimento - obbedire a Dio, infatti, seguire il suo Verbo, amarlo sopra ogni cosa e amare il prossimo come sé stessi (e l`uomo è il prossimo dell`uomo), astenersi da azioni malvagie, e cosí via, tutto ciò è comune agli uni e agli altri -, manifestano un solo e medesimo Signore. E questi, altri non è che nostro Signore, il Verbo di Dio, il quale dapprima attrasse a Dio dei servi, poi li liberò dal giogo della soggezione, secondo quanto egli stesso dichiara ai discepoli: "Non vi chiamo piú servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l`ho fatto conoscere a voi" (Gv 15,15). Quando, infatti, dice: "Non vi chiamo piú servi", vuole significare con assoluta certezza che è lui che, con la Legge, ha dapprima imposto agli uomini la servitú nei riguardi di Dio, e che in seguito ha ridato loro la libertà.

         Dicendo, poi: "Perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, egli sottolinea l`ignoranza del popolo servile relativamente alla sua venuta.

         Infine, chiamando amici di Dio i suoi discepoli, dimostra apertamente che egli è il Verbo, seguendo il quale, volontariamente e senza costrizioni, Abramo è divenuto, per la generosità della fede, "amico di Dio" (Gc 2,23).

 

         (Ireneo di Lione, Adv. haer., IV, 13, 4)

 

 

4. Non si deve giudicare il prossimo

 

         Se infatti avessimo amore, insieme a compassione e pena tralasceremmo di guardare i difetti del prossimo, come è detto. "L`amore copre un gran numero di peccati (1Pt 4,8), e ancora: "L`amore non calcola il male, tutto ricopre" (1Cor 13,5ss), con quel che segue. Anche noi dunque, come ho detto, se avessimo l`amore, l`amore stesso riparerebbe ogni caduta, come i santi quando vedono i difetti degli uomini. Forse che i santi sono ciechi e non vedono i peccati? Chi odia tanto il peccato quanto i i santi? E tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano, non se ne allontanano, ma ne hanno compassione, lo ammoniscono, lo consolano, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo. I pescatori, quando gettano l`amo in mare e prendono un grosso pesce, se si accorgono che si agita e si divincola, non lo tirano subito con violenza, perché la lenza si romperebbe e tutto andrebbe perduto, ma gli danno corda abilmente e lo lasciano andare dove vuole; quando poi capiscono che non ce la fa piú e ha cessato di dibattersi, allora piano piano cominciano a tirarlo indietro. Allo stesso modo fanno anche i santi: con la pazienza e con l`amore attirano il fratello e non lo cacciano via a calci né se ne disgustano, ma come una madre, se ha un figlio deforme, non se ne disgusta, non se ne allontana, ma volentieri lo adorna e fa quello che può per renderlo gradevole, cosí i santi sempre proteggono il peccatore, lo preparano, se ne prendono cura per poterlo correggere al momento opportuno e per non permettergli di danneggiare qualcun altro, ma per fare anch`essi maggiori progressi nell`amore di Cristo. Che fece sant`Ammonas, quando vennero quei fratelli, tutti turbati, a dirgli: «Ecco, guarda, "abba" c`è una donna nella cella del tal fratello»? Quanta misericordia dimostrò? Quanto amore ebbe quell`anima santa? Sapendo che il fratello aveva nascosto la donna sotto la botte, se ne andò a sederci sopra e disse agli altri di cercare in tutta la cella. E siccome non la trovarono, disse loro: «Dio vi perdoni!». Li svergognò per aiutare anche loro a non dar credito facilmente alle dicerie contro il prossimo; ma fece rinsavire anche quell`altro, non solo proteggendolo, dopo Dio, ma anche correggendolo, quando trovò il momento adatto. Infatti, dopo aver fatto uscire tutti gli altri, non fece altro che prendergli la mano e dirgli: «Pensa a te stesso, fratello»: e il fratello subito si vergognò e restò compunto, e subito agí sulla sua anima la bontà e la compassione dell`Anziano.

         Anche noi, dunque, cerchiamo di acquistare l`amore, cerchiamo di acquistare la misericordia per il prossimo, per guardarci dalla terribile maldicenza e dal condannare o disprezzare chicchessia. Aiutiamoci gli uni gli altri come membra nostre. Chi, se ha una ferita nella mano o nel piede o in una delle altre membra, prova ripugnanza di se stesso o taglia via le proprie membra, anche se la ferita va in putrefazione, e non piuttosto la pulisce, la lava, vi mette empiastri, la fascia, l`unge con l`olio santo, prega, invoca i santi perché preghino per lui, come diceva anche l`"abba" Zosima? E insomma non abbandona, non rigetta il proprio membro o il suo fetore, ma fa di tutto per guarire. Cosí dobbiamo anche noi compatirci gli uni gli altri, prenderci cura di noi stessi o direttamente o attraverso altri piú capaci, ed escogitare e fare di tutto per aiutare noi stessi e aiutarci gli uni gli altri. "Siamo infatti membra gli uni degli altri", come dice l`Apostolo (Rm 12,5). Se dunque siamo tutti quanti un solo corpo e uno per uno siamo membra gli uni degli altri, se un membro soffre, soffrono insieme a lui anche tutte le altre membra (cf.1Cor 12,26). Che vi sembrano i cenobi? Non vi sembrano un corpo solo, e membra gli uni degli altri? Quelli che governano sono la testa: quelli che sorvegliano e correggono sono gli occhi; quelli che aiutano con la parola sono la bocca; le orecchie sono quelli che obbediscono; le mani sono quelli che lavorano; i piedi sono quelli che hanno incarichi e si occupano dei servizi. Sei testa? Governa. Sei occhio? Sorveglia, fa` attenzione. Sei bocca? Parla, porta aiuto. Sei orecchio? Obbedisci. Sei mano? Lavora. Sei piede? Adempi ai servizi. Ciascuno serva il corpo per quanto può; studiatevi sempre di aiutarvi vicendevolmente, sia ammaestrando, sia ponendo la parola di Dio nel cuore del fratello, sia consolandolo nel tempo dell`afflizione, sia dandogli una mano nel lavoro e aiutandolo. Cercate insomma ognuno, come ho detto, per quanto può, di essere uniti gli uni agli altri: perché quanto uno è unito al prossimo, altrettanto è unito a Dio.

         Voglio dirvi un`immagine dei Padri, perché capiate meglio il senso di questa parola. Supponete che per terra ci sia un cerchio, cioè una linea tonda tracciata con un compasso dal centro. Centro si chiama propriamente il punto che sta proprio in mezzo al cerchio. Adesso state attenti a quello che vi dico. Pensate che questo cerchio sia il mondo, il centro del cerchio, Dio, e le linee che vanno dal cerchio al centro, le vie, ossia i modi di vivere degli uomini. In quanto dunque i santi avanzano verso l`interno, desiderando di avvicinarsi a Dio, a mano a mano che procedono, si avvicinano a Dio e si avvicinano gli uni agli altri, e quanto piú si avvicinano a Dio, si avvicinano l`un l`altro, e quanto piú si avvicinano l`un l`altro, si avvicinano a Dio. Similmente immaginate anche la separazione. Quando infatti si allontanano da Dio e si rivolgono verso l`esterno, è chiaro che quanto piú escono e si dilungano da Dio, tanto piú si dilungano gli uni dagli altri, e quanto piú si dilungano gli uni dagli altri, tanto piú si dilungano anche da Dio.

 

         (Doroteo di Gaza, Institut., 6, 76-78)

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22/09/2009 11:22

SOLENNITA` DELL` ASCENSIONE DEL SIGNORE

SOLENNITA` DELL` ASCENSIONE DEL SIGNORE

 

Originariamente, la Chiesa celebrava l`Ascensione del Signore insieme con la solennità della Pentecoste. Conosce questa prassi la Chiesa di Gerusalemme ancora alla fine del secolo IV. Nel giorno lella Pentecoste, nel pomeriggio, i fedeli si recavano al Monte degli Ulivi dove, nella chiesa che ricordava l`Ascensione del Signore, si leggevano i brani della Sacra Scrittura riguardanti l`Ascensione, nonché si cantavano le antifone e gl`inni. Nella seconda metà del secolo IV l`Ascensione del Signore costituisce già una festa a parte e viene celebrata quaranta giorni dopo la Risurrezione; nel V secolo, è già comunemente conosciuta. Ne parla san Giovanni Crisostomo. Sant`Agostino scrive, che «il giorno di oggi viene festeggiato in tutto il mondo». Si sono conservate le omelie del papa Leone Magno pronunziate in questo giorno. Nel canone romano della Messa si ricorda l`Ascensione di Cristo chiamandola «gloriosa», ed i Sacramentari romani contengono formulari di Messa per questo giorno. Nel Medioevo, compare la processione, che doveva ricordare il cammino di Cristo con i discepoli verso il Monte degli Ulivi, quasi ad esprimere l`entrata trionfale del Salvatore in Cielo.

         Nella cattedrale di Milano si innalzava il cero pasquale per simboleggiare l`Ascensione del Signore ed in alcune chiese tedesche si innalzava la Croce. Il costume della processione dura ancora oggi.      

         Dopo la sua Risurrezione, Cristo si manifestava ai discepoli ed ai loro occhi si è innalzato al Cielo. Lui, nostro Signore e Signore di tutto, il vincitore del peccato e della morte, oggi ascende al Cielo. Ha adempiuto l`opera di salvezza e adesso siede alla destra del Padre. E il Mediatore tra Dio e gli uomini e perciò, andando via, non ha lasciato l`uomo nell`abbassamento: egli ci precede nella patria celeste, in lui la nostra natura umana è stata già introdotta nella gloria. L`Ascensione di Gesú al Cielo è la nostra vittoria: ci dà la speranza che insieme con lui saremo nella stessa gloria. Siamo i membri del suo Corpo, per questo saremo uniti a Colui che è il nostro Capo.

         L`Ascensione al Cielo del Signore è l`inizio della glorificazione dell`uomo, ma è anche l`impegno nella nuova vita. Giorno dopo giorno, dobbiamo cercare le cose di lassú, innalzarci con lo spirito alla vera patria, vivere desiderando il Cielo dove si trova Cristo, quale primo degli uomini. Il Cristo, che è salito al Cielo, rimane con noi tutti i giorni: vive nella sua Chiesa e attraverso la Chiesa continua l`opera della salvezza. Il Cristo salito al Cielo ritornerà nell`ultimo giorno, lo vedremo venire di nuovo.

 

         O Cristo, scendendo dal cielo in terra,

         come Dio facesti risorgere con te il genere umano

         dalla schiavitú dell`inferno cui soggiaceva,

         e per la sua Ascensione lo riconducesti al cielo

         facendolo sedere con te sul trono del Padre tuo,

         perché sei misericordioso ed amante degli uomini.

 

         (Liturgia Bizantina, EE, n. 3151 )

 

 

1. Primo Discorso sull`Ascensione del Signore

 

         Carissimi, questi giorni intercorsi tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione non sono trascorsi nell`oziosità; grandi nisteri vi hanno invece ricevuto conferma, e grandi verità sono state svelate. E in questi giorni che viene abolita la paura di una morte temuta e viene proclamata non solo l`immortalità dell`anima, ma anche quella della carne. E` in questi giorni che viene infuso lo Spirito Santo in tutti gli apostoli attraverso il soffio del Signore (cf. Gv 20,22) e che, dopo aver ricevuto le chiavi del Regno, il beato apostolo Pietro si vede affidata, con preferenza sugli altri, la cura del gregge del Signore (cf. Gv 21,15-17). E in questi giorni che il Signore si affianca ai due discepoli in cammino (cf. Lc 24,13-35) e che, per sgombrare il terreno da ogni dubbio, contesta la lentezza a credere a coloro che tremano di spavento. I cuori che egli illumina sentono ardere la fiamma della fede, e quelli che erano tiepidi diventano ardenti quando il Signore apre loro le Scritture. Al momento della frazione del pane, si illuminano gli sguardi di coloro che siedono a mensa; i loro occhi si aprono per veder manifestata la gloria della loro natura, molto piú beatamente di quelli dei principi della nostra specie ai quali il crimine apporta confusione.

         Tuttavia, dato che gli spiriti dei discepoli, in mezzo a queste meraviglie e ad altre ancora, continuavano a scaldarsi in inquieti pensieri, il Signore apparve in mezzo a loro e disse: La pace sia con voi (Lc 24,36; Gv 20,26). E perché non restasse in loro il pensiero che andavano rimuginando nella mente - credevano, infatti, di vedere un fantasma e non un corpo -, rimproverò loro i pensieri contrari al vero e mise sotto i loro occhi esitanti i segni della crocifissione che serbavano le sue mani e i suoi piedi, invitandoli a toccarli attentamente; aveva voluto conservare, infatti i segni dei chiodi e della lancia per guarire le ferite dei cuori infedeli. Cosí, non è da una fede esitante, bensì da una conoscenza molto certa, che affermeranno che la natura che stava per sedere alla destra del Padre, era la stessa che aveva riposato nel sepolcro.

         Durante tutto questo tempo, carissimi, intercorso tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, ecco dunque a cosa volse le sue cure la Provvidenza di Dio; ecco ciò che essa volle insegnare; ecco ciò che essa mostrò agli occhi e ai cuori dei suoi; perciò si riconoscerà come veramente risorto il Signore Gesú Cristo che era davvero nato, aveva sofferto ed era morto. Così i beati Apostoli e tutti i discepoli, resi timorosi dalla sua morte sulla croce, e che avevano esitato a credere alla sua Risurrezione furono a tal punto riconfermati dall`evidenza della verità che quando il Signore si levò verso le altezze dei cieli, non solo non furono presi da tristezza alcuna, bensì furono ripieni da una grande gioia (cf. Lc 24,52). E, in verità, grande e ineffabile era la causa di quella gioia, allorché in presenza di una santa moltitudine, la natura umana saliva al di sopra delle creature celesti di ogni rango, superava gli ordini angelici e si elevava al di sopra della sublimità degli arcangeli (cf. Ef 1,21), non potendo trovare a livello alcuno, per elevato che fosse, la misura della sua esaltazione fintanto che non venne ammessa a prender posto alla destra dell`eterno Padre, che l`associava al suo trono di gloria dopo averla unita nel Figlio suo alla sua stessa natura.

         L`Ascensione di Cristo è quindi la nostra stessa elevazione e là dove ci ha preceduti la gloria del capo, è chiamata altresì la speranza del corpo.

         Lasciamo dunque esplodere la nostra gioia come si deve e rallegriamoci in una fervorosa azione di grazie: oggi, infatti, non solo siamo confermati nel possesso del paradiso, ma siamo anche penetrati con Cristo nelle altezze dei cieli; abbiamo ricevuto piú dalla grazia ineffabile di Cristo di quanto non avevamo perduto per la gelosia del Maligno. Infatti, coloro che quel virulento nemico aveva scacciato dal primo soggiorno di felicità, il Figlio di Dio li ha incorporati a sé per collocarli in seguito alla destra del Padre.

 

         (Leone Magno, Sermo 73 [60], 2-4)

 

 

2. La Risurrezione del Signore è la causa della nostra gioia

 

         In occasione della festività pasquale, la Risurrezione del Signore si presentava come causa della nostra gioia; oggi, ricorre la sua Ascensione al cielo che ci offre nuovi motivi di gioia, in quanto commemoriamo e veneriamo, come si conviene, il giorno in cui l`umiltà della nostra natura è stata elevata in Cristo al di sopra di tutte le schiere celesti, al di sopra di tutti gli ordini angelici e oltre la sublimità di tutte le potenze (cf. Ef 1,21), fino a condividere il trono di Dio Padre. E su questa disposizione delle opere divine che siamo costituiti ed edificati; la grazia di Dio diviene, in verità, piú ammirevole quando fa sí che la fede non dubiti, che la speranza non vacilli, che la carità non si intiepidisca, allorché è scomparso dalla vista degli uomini ciò che, con la sua presenza sensibile, meritava di ispirare loro il rispetto. Tale è in effetti, la forza propria dei grandi spiriti, tale la luce propria delle anime eminentemente fedeli: essa consiste nel credere incrollabilmente ciò che non vedono con gli occhi del corpo e nel fissare il proprio desiderio là dove non può arrivare la vista. Ma una tale pietà come può nascere nei nostri cuori, o come possiamo essere giustificati dalla fede, se la nostra salvezza risiedesse solo in ciò che cade sotto i nostri occhi? Di qui, la parola detta dal Signore a quel tale che sembrava dubitare della Risurrezione di Cristo, ove non gli fosse stata offerta la possibilità di verificare con i propri occhi e di toccare con le proprie mani i segni della Passione nella carne [del Signore]: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che pur non vedendo crederanno (Gv 20,29).

         Per renderci capaci di questa beatitudine, carissimi, nostro Signore Gesú Cristo, dopo aver realizzato tutto ciò che era conforme alla predicazione del Vangelo e ai misteri della Nuova Alleanza, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, ascese al Cielo alla presenza dei discepoli. Mise cosí termine alla sua presenza corporale, per rimanere alla destra del Padre suo fino a che siano compiuti i tempi divinamente previsti perché si moltiplichino i figli della Chiesa e ritorni a giudicare i vivi e i morti, nella stessa carne nella quale è asceso. Ciò che si era potuto vedere del nostro Redentore è dunque passato nei misteri; e, affinché la fede divenga piú eccellente e piú ferma, l`istruzione è succeduta alla visione: è sulla di lui autorità che il coro dei credenti, illuminati dai raggi provenienti dall`alto, ormai faranno leva.

         Su questa fede, che l`Ascensione del Signore aveva aumentata e che il dono dello Spirito Santo aveva fortificata, né le catene, né le prigioni, né la fame, né il fuoco, né le belve, né i raffinati supplizi di crudeli persecutori potranno prevalere per paura. Per questa fede, in tutto il mondo, non solo gli uomini, ma anche le donne; non solo i fanciulli, ma anche tenere vergini lotteranno fino alla effusione del sangue. Questa fede mise in fuga i demoni, scacciò le malattie, risuscitò i morti. Cosí, gli stessi santi Apostoli che, quantunque fortificati da tanti miracoli e istruiti da tanti discorsi, si erano nondimeno lasciati spaventare dall`atroce Passione del Signore e avevano accettato non senza esitazione la verità della sua Risurrezione, trassero dalla sua Ascensione un tal profitto che tutto ciò che prima costituiva motivo di paura ora diveniva soggetto di gioia. Tutta la contemplazione della loro anima li aveva elevati, in effetti, verso la divinità di Colui che sedeva alla destra del Padre; la vista del suo corpo non era piú ormai un ostacolo che potesse attardarli o impedir loro di fissare lo sguardo dello spirito su quella Verità che, scendendo verso di essi, non aveva lasciato il Padre suo, e che, ritornando verso quest`ultimo, non si era allontanata dai suoi discepoli...

         Esultiamo dunque, carissimi, di una gioia spirituale e, rallegrandoci davanti al Signore in degna azione di grazie, eleviamo liberamente gli sguardi dei nostri cuori verso quelle altezze dove si trova Cristo. Le anime nostre sono chiamate in alto: non le appesantiscano i desideri terrestri; esse sono predestinate all`eternità. Non le accaparrino le cose destinate a perire: esse sono entrate nella via della verità. Non le trattenga un ingannevole fascino; in tal guisa, i fedeli trascorrano il tempo della vita presente sapendo di essere stranieri in viaggio in questa valle del mondo in cui, anche se li lusinga qualche vantaggio, non debbono attaccarvisi colpevolmente, bensí trascenderli con vigore.

 

         (Leone Magno, Sermo 74 [61], 1-3.5)

 

 

3. Con Gesú si ascende solo in compagnia delle virtù

 

         La terra e quanto essa contiene appartiene al Signore (Sal 23,1ss)

         Che cosa avviene, dunque, di nuovo, o uomo, se il nostro Dio fu visto in terra, se visse con gli uomini? Egli stesso creò la terra e la stabilí [con leggi].

         Per la qual cosa non è né cosa insolita, né assurda che il Signore venga presso le proprie creature.

         Infatti, egli non si trova in un mondo straniero, ma proprio in quello che egli stesso stabilì e creò, che poggiò la terra sui mari e fece in modo che fosse situata nella posizione migliore presso il corso dei fiumi.

         Per quale causa, poi, egli venne se non perché dopo averti liberato dalla voragine del peccato, ti conducesse sul monte, il carro del regno, cioè la pratica della virtù durante l`ascensione?

         Non si può, infatti, ascendere su quel monte, se non ti servi delle virtù come compagne (di viaggio), e, con le mani pure da ogni colpa, e non macchiato da alcun delitto, con il cuore innocente non volgi il tuo animo a nessuna vanità e né inganni il tuo fratello con frode.

         La benedizione è il premio di tale ascensione, e ad essa il Signore largisce la sua misericordia.

         Questa è la generazione delle anime che lo cercano, di quelle che salgono in alto per mezzo della virtù, e di quelle che cercano il volto del Dio di Giacobbe.

         La rimanente parte di questo salmo è piú sublime, forse, anche per il tono evangelico e la dottrina.

         Infatti, il Vangelo del Signore narra le abitudini e la vita che egli condusse in terra, e il suo ritorno in Cielo.

         Questo sommo Profeta, d`altronde, innalzandosi sopra se stesso, come se non fosse impedito da nessun peso del corpo, entra nei Celesti Poteri, e ci riferisce le loro voci, allorché, accompagnando il Signore che ritornava in Cielo, agli angeli che risiedono sulla terra, ai quali fu affidata la venuta nella vita umana, danno ordini in questo modo: Togliete, o principi, le vostre porte, e voi, porte eterne, elevatevi: entrerà il Re della gloria.

         E poiché, dovunque, sarà presente colui che in se stesso contiene tutte le cose, misura (se stesso) secondo la capienza di quelli che lo ricevono; e né solamente, infatti, tra gli uomini si fa uomo, ma anche tra gli angeli si trova, e si libera alla loro natura: per questo i custodi delle porte interrogano il narratore: Chi è questo Re della gloria?

         Rispondono loro e lo manifestano come forte e potente in battaglia, che combatterà contro colui che tratteneva la natura umana prigioniera nella schiavitú, e rovescerà colui che aveva il dominio della morte (Eb 2,14); in tal modo, debellato il pericolosissimo nemico, riconducesse il genere umano nella libertà e nella pace.

         Di nuovo ripete le medesime voci.

         Adempiuto, infatti, è già il mistero della morte e la vittoria è stata riportata sui nemici e contro di essi è stato rivolto il trofeo della croce.

         Ascese in alto, conducendo prigioniera la schiavitú (Sal 67,19) colui che concesse agli uomini la vita, il regno, e questi importanti doni.        

         Poste per lui, di nuovo si debbono spalancare le porte.

         Gli vanno incontro i nostri custodi, i quali impongono di chiudere le porte, affinché di nuovo consegua la gloria in essi.

         Ma essi non conoscono colui che si è rivestito della veste macchiata della nostra vita, i cui abiti sono rossi dal torchio dei peccati degli uomini.

         Perciò, di nuovo i suoi compagni sono interrogati da quelle parole: Chi è questo Re della gloria? Ma non sarà risposto piú: Forte, potente in battaglia, ma il Signore delle potenze, che ottenne il dominio del mondo, che assomma in sé tutte le cose, che in tutte possiede le prime, che restituí tutte le cose all`antica condizione, questi è il re della gloria.

 

         (Gregorio di Nissa, Sermo de Ascens., passim)

 

 

4. Il corpo di Cristo è in cielo com`era sulla terra

 

         Mi domandi «se il corpo del Signore abbia adesso le ossa e il sangue con tutte le altre fattezze fisiche»...

         Dio può prolungare ovunque e per tutto il tempo che vorrà l`incorruttibilità di qualsiasi corpo. Io quindi credo che il corpo del Signore si trova nel cielo nello stesso identico stato in cui era sulla terra al momento della sua ascensione al cielo. Infatti ai suoi discepoli, i quali, come si legge nel Vangelo, dubitavano della sua risurrezione (cf. Lc 24,37) e credevano che fosse uno spirito e non già un corpo quello che vedevano, il Signore disse: Osservate le mie mani e i miei piedi; palpate ed osservate, poiché lo spirito non ha né ossa né carne, come vedete che ho io (Lc 24,39). Come l`avevano toccato i suoi discepoli con le loro mani mentre era sulla terra, cosí i loro sguardi lo accompagnarono mentre saliva al cielo. S`intese allora la voce di un angelo dire: Egli tornerà cosí come lo avete visto salire al cielo (At 1,11).

 

         (Agostino, Epist. 205, 1.2 )

 

 

5. Vigilanza cristiana

 

         Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiú, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salí in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto piú severo quanto piú paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l`animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l`ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell`animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall`impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d`amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l`ha ispirato, Gesú Cristo Nostro Signore.

 

         (Gregorio Magno, Hom. 2, 29, 11)

 

 

6. Vivere per le cose di lassú

 

         Oggi, come avete sentito, fratelli, Nostro Signore Gesú Cristo è salito in cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo l`Apostolo che dice: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassú, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Infatti, come egli è salito [in cielo] e non si è allontanato da noi, cosí anche noi siamo già lassú con lui, sebbene nel nostro corpo non sia ancora accaduto ciò che ci viene promesso. Egli ormai è stato innalzato sopra i cieli. In verità, non dobbiamo disperare di raggiungere la perfetta ed angelica dimora celeste, per il fatto che egli ha detto: Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell`uomo che è disceso dal cielo (Gv 3,13). Ma ciò è stato detto perché siamo uniti a lui: egli è infatti il nostro capo e noi il suo corpo. Se, quinli, egli sale in cielo, noi non ci separiamo da lui. Colui che è disceso dal cielo non ci nega il cielo; ma in un certo modo ci dice: «Siate le mie membra, se volete salire in cielo». Dunque fortifichiamoci intanto in ciò che piú desideriamo vivamente. Meditiamo in terra ciò che ci aspettiamo [di trovare] nei cieli. Allora ci spoglieremo della carne mortale, ora spogliamoci dell`uomo vecchio. Un corpo leggero si alzerà nell`alto dei cieli, se il peso dei peccati non opprimerà lo spirito.

 

         (Agostino, Sermo 263, 2)

 

 

7. Inno per la festa dell`Ascensione

 

         Eterno, Altissimo Signore,

         che hai redento il mondo;

         tu, distrutto il regno della morte,

         hai fatto trionfar la grazia.

 

         Alla destra del Padre tu sali,

         o Gesú, quale giudice tu siedi;

         non dalla terra, ma dal ciel tu hai

         ricevuto ogni tuo potere.

 

         Tu sali per accogliere l`omaggio

         del mondo triplice creato,

         celeste, terrestre ed infernale,

         che, sottomesso, a te il ginocchio piega.

 

         Tremano gli angeli vedendo

         la sorte capovolta dei mortali:

         pecca l`uomo, redime l`Uomo;

         regna Dio, l`Uomo Dio.

 

         Nostra gioia sii tu che in ciel n`attendi

         per farti premio a noi; tu che governi

         con la destra la macchina del mondo

         tu che oltrepassi ogni mondana gioia.

 

         Quaggiú rimasti, noi ti supplichiamo,

         le nostre colpe nell`oblio perdona,

         in alto i cuori verso te solleva

         porgi l`aiuto di tua superna grazia.

 

         Sicché quando improvviso tornerai

         giudice sulle nubi luminoso,

         le meritate pene allontanate,

         le perdute corone a noi ridar tu possa.

 

         A te, Signor, sia gloria

         risorto dalle strette della morte,

         e al Padre, e al Santo Spirito,

         ora e nei secoli perenni. Amen.

 

         (Aeterne Rex altissime, Ascensione, liturgia horarum, hymn. ad off. lectionis)

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26/09/2009 11:55

PENTECOSTE

PENTECOSTE

 

Letture:         Atti 2,1-11

         1 Corinti 12,3b-7.12-13

         Giovanni 20,19-23

 

1. Abbeverarsi alle fonti della Scrittura

 

         Beviamo dell`acqua viva "che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14; 7,38). Il Salvatore, "diceva questo infatti dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui" (Gv 7,39). Sta` attento infatti a ciò che egli dice: "Dal seno di chi crede in me" - e non si limitò ad affermare, ma citò anche il Vecchio Testamento -, "come dice la Scrittura, scaturiranno torrenti di acqua viva" (Gv 7,38). Non torrenti nel senso materiale del termine, che irrigano solamente una terra che dà spine e alberi, bensì torrenti che illuminano le anime. Altrove dice: "L`acqua che io gli darò, diverrà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14). Acqua di specie nuova, che vive, e zampilla; zampilla in verità su coloro che ne sono degni.

         E come mai chiamò la grazia dello Spirito con il nome di acqua? In effetti, l`acqua dà consistenza a tutte le cose; essa è animatrice di vita animale e vegetale. L`acqua scende dal cielo. Unica nell`aspetto, è molteplice nella virtù operativa. Una sola sorgente irriga tutto il giardino (cf. Gen 2,10) e un`unica pioggia scende su tutto il mondo. Essa si trasforma in bianco giglio, in rossa rosa, purpurea nelle viole e nei giacinti, e differente e variopinta nelle diverse specie. E diversa nella palma e nella vite ed tutto in tutte le cose, pur restando unica ed uguale a se stessa. La pioggia non muta e scende in forme diverse; si adatta invece alla natura delle cose che la ricevono ed è per ciascuna quel che le conviene.

         Così è anche dello Spirito Santo. Pur essendo uno solo, unico e indivisibile nell`aspetto, conferisce nondimeno a ciascuno la grazia a seconda del suo desiderio (cf. 1Cor 12,11). Alla stregua di un legno secco, che emette germogli se imbevuto di acqua, così avviene all`anima peccatrice, divenuta degna dello Spirito Santo attraverso la penitenza: produce grappoli di giustizia. Pur essendo uno solo, al cenno di Dio e nel nome di Cristo, lo Spirito Santo suscita le varie virtù. Di uno si serve per comunicare la sapienza; di un altro illumina la mente con la profezia; ad un altro ancora conferisce la potestà di scacciare i demoni, e ad un quarto dà il potere di interpretare le Scritture. Di uno corrobora la temperanza (o la castità), ad un altro insegna quanto conviene alla carità (ovvero all`elemosina)- ad un terzo, il digiuno e gli esercizi della vita ascetica; ad un quarto ispira il disprezzo delle cose corporali; ad un ultimo, infine, insegna a prepararsi al martirio. Differente negli altri, egli è sempre identico a se stesso, come sta scritto: "La manifestazione dello Spirito è data a ognuno per quanto gli conviene. Infatti, dallo Spirito a uno è dato il linguaggio della sapienza; ad un altro, il linguaggio della scienza, però secondo il medesimo Spirito; ad un altro, il dono di operare miracoli; ad un altro la profezia; ad un altro il discernimento degli spiriti; ad un altro la diversità delle lingue, ad un altro l`interpretazione delle lingue. Ora, tutte queste cose le compie un solo e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno in particolare come vuole" (1Cor 12,7-11)...

         In verità, la sua azione è tutta diretta al bene e alla salvezza. Anzitutto, soave e pacifico è il suo avvento; la sua presenza è avvertita come un profumo; il suo peso è leggero. Raggi splendenti di intelligenza precedono la sua venuta. Egli giunge con viscere di fraterno tutore: viene a salvare, infatti, ad insegnare, ad ammonire, a corroborare, a consolare, ad illuminare la mente dapprima in chi lo accoglie, poi, per opera di questa, negli altri. E alla stregua di chi, immerso dapprima nelle tenebre, ha visto improvvisamente il sole, che illumina l`occhio del suo corpo, sì da poter vedere ciò che prima non vedeva, così chi è stato reso degno di ricevere lo Spirito Santo rimane illuminato nell`anima e vede nel soprannaturale quanto prima non riusciva a vedere. Quantunque il suo corpo resti sulla terra, la sua anima contempla i cieli come in uno specchio. Vede, al pari di Isaia, "il Signore seduto sopra un trono alto ed elevato" (Is 6,1); come Ezechiele, "Colui che siede sui cherubini" (Ez 10,1); e come Daniele, "le miriadi di migliaia e le migliaia di migliaia" (Dn 7,10)...

         Se talora ti sorge il pensiero della castità o della verginità, sappi che si tratta d`una ispirazione suscitata in te dallo Spirito Santo. E quante volte una fanciulla, destinata ormai al letto nuziale, ne è fuggita via, dietro suggerimento dello Spirito? Quante volte un ricco, nello sfarzo dei suoi palazzi, si è sentito spinto dallo Spirito Santo a rinunziare alle sue ricchezze ed ai suoi privilegi? Quante volte un giovane, alla vista di qualcosa di bello, ha chiuso gli occhi e si è rifiutato di guardare, per non contaminarsi? Chi gli ha dato questa forza, domanderai? Ebbene, è stato lo Spirito Santo ad ispirare la mente del giovane. Quanti interessi e quanta cupidigia a questo mondo! E per questo che i cristiani scelgono la povertà. Per quale motivo? Ma per tener fede al comando dello Spirito.

         Davvero prezioso e buono è lo Spirito Santo! Giustamente noi veniamo battezzati nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo (cf. Mt 28,19)!

         L`uomo, mentre vive ancora nel suo corpo, è costretto a lottare con molti e ferocissimi demoni. Sovente, poi, quel demonio che molti non erano riusciti a dominare, a causa della sua ferrea morsa, è stato sconfitto da qualcuno con la preghiera, grazie alla potenza dello Spirito Santo in lui presente. Il semplice soffio dell`esorcista, così, diventa fuoco per l`invisibile nemico. Dio, perciò, ci procura un soccorritore ed un protettore: grande dottore della Chiesa, altresì, e nostro valido difensore. Non temiamo, allora, né i demoni né il diavolo! Colui che combatte al nostro fianco, infatti, è più potente: apriamo a lui solo le nostre porte! Egli, infatti "va in cerca di quanti siano degni" (Sap 6,16), per arricchirli con i propri doni.

         E` chiamato, inoltre, Paraclito, poiché consola, incoraggia e risolleva la nostra debolezza. "Noi, infatti, non sappiamo ciò che ci conviene domandare, ma è lo Spirito stesso che intercede a nostro favore, con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26), al cospetto, evidentemente, di Dio. Sovente coloro che sono stati insultati per causa di Cristo, hanno ingiustamente subito olttaggi; su costoro ha gravato la minaccia di martirio, d`ogni sorta di tormenti, del fuoco, della spada, di essere dati in pasto alle belve o di venir precipitati. Lo Spirito Santo però sussurra sommessamente: "Spera nel Signore" (Sal 26,14), o uomo; è una cosa da nulla quanto ti accade, di fronte alla grandezza dei doni che ti son destinati: dopo aver patito per poco, trascorrerai l`eternità in mezzo agli angeli. Infatti, "le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gloria futura che si rileverà in noi (Rm 8,18). Lo Spirito, così, evoca all`uomo l`immagine del regno dei cieli, mostrandogli il paradiso delle delizie. Anche i martiri, d`altronde, pur costretti a guardare con gli occhi materiali i loro giudici, ma già detentori nondimeno della gloria nel paradiso, provavano unicamente disprezzo per quelle pene, per quanto dure apparissero.

         Vuoi conoscere come i martiri rendono testimonianza per la virtù dello Spirito Santo? Ascolta allora quanto dice il Salvatore ai suoi discepoli: "Quando vi trascineranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità non datevi pensiero del modo come vi difenderete o di che cosa dovete dire, giacché lo Spirito Santo vi insegnerà, in quel momento, come bisognerà parlare" (Lc 12,11s). Sarebbe infatti impossibile rendere testimonianza a Cristo, se non la si rendesse nello Spirito Santo. Se è vero, infatti, che "nessuno è in grado di dire «Signore Gesù», se non è in virtù dello Spirito Santo" (1Cor 12,), chi mai potrebbe offrire addirittura la propria vita per Gesù, se non nello Spirito Santo?

 

         (Cirillo di Gerus., Catech. 16, 11-12, 16. 19-21)

 

 

2. I tre tipi di azione dello Spirito Santo in noi

 

         Celebriamo oggi, carissimi, la solennità dello Spirito Santo, solennità che merita di essere celebrata in pienezza di gioia e con ogni devozione. Poiché lo Spirito Santo è la suprema dolcezza di Dio, è la benevolenza di Dio, è Dio stesso. Perciò, se celebriamo le feste dei Santi quanto più dovremo celebrare colui dal quale ebbero il dono di essere santi tutti coloro che tali sono stati? Se veneriamo coloro che sono stati santificati, quanto più dovremo onorare il santificatore? Oggi è la celebrazione dello Spirito Santo, o di quella discesa per cui l`invisibile apparve visibile; come il Figlio, che, pur essendo invisibile in se stesso, si degnò di mostrarsi visibile nella carne umana. Oggi lo Spirito Santo ci rivela qualche cosa di se stesso, come prima conoscevamo qualche cosa del Padre e del Figlio: la perfetta conoscenza della Trinità è la vita eterna. Ora conosciamo solo in parte; ciò che non riusciamo a comprendere, lo accettiamo per fede...

         Prima lo Spirito invisibile manifestava il suo arrivo con segni visibili: quanto più poi i segni sono spirituali, tanto più sono convenienti allo Spirito Santo. Discese allora sopra i discepoli in lingue di fuoco, perch‚ dicessero parole di fuoco nelle lingue di tutte le genti e predicassero una legge di fuoco con lingua di fuoco. Nessuno si lamenti che tale manifestazione dello Spirito non venga fatta a noi: la manifestazione dello Spirito è fatta a ciascuno a seconda dell`utilità (1Cor 12,7). Ma veramente questa manifestazione è stata fatta più a noi che agli apostoli. A che servirono infatti a loro le lingue, se non per la conversione delle genti? Ci fu in loro una ben altra manifestazione più propriamente loro: e questa ancor oggi si rivela a noi. E` evidente, infatti, che dovettero essere rivestiti di potenza dall`alto quei tali che, da una così grande pusillanimità di spirito, pervennero poi a così meravigliosa costanza. Non fuggono più, non si nascondono più per paura dei Giudei; è più forte il loro coraggio nel predicare, che non sia stata la loro paura nel nascondersi. E che quel mutamento sia dovuto alla destra dell`Altissimo lo dice chiaramente la paura del principe degli Apostoli, che trema alle parole d`una serva, ma poi diventa forte sotto i flagelli del sinedrio: "Se ne andavano via dal sinedrio pieni di gioia, perchè erano stati ritenuti degni di subir ignominia per il nome di Gesù" (At 5,11). Eppure, mentre Gesù era condotto innanzi al sinedrio, eran tutti fuggiti e l`avevan lasciato solo. Chi può mettere in dubbio la discesa dello Spirito veemente, che fortificò le loro menti con invisibile potenza? Così anche oggi le cose che lo Spirito opera in noi danno testimonianza della sua presenza.

 

         (Bernardo di Chiarav., Sermo I, in Sp. Sanct., 1 s.)

 

 

3. La Chiesa e il dono delle lingue

 

         Vediamo ora perchè fosse segno della presenza dello Spirito Santo il fatto che coloro che l`avevano ricevuto parlassero tutte le lingue. Anche oggi, infatti, si riceve in dono lo Spirito Santo, tuttavia coloro che lo ricevono non parlano tutte le lingue. Bisogna rendersi conto, fratelli carissimi, che è lo Spirito Santo, per il quale la carità si diffonde nei nostri cuori. E poiché la carità avrebbe dovuto raccogliere insieme la Chiesa da tutte le parti del mondo, ciò che, allora, un solo uomo, ricevendo lo Spirito Santo, poteva dire in tutte le lingue, ora, la stessa unità della Chiesa, radunata dallo Spirito Santo, lo può dire in tutte le lingue. Perciò, se uno dicesse a qualcuno dei nostri: «Hai ricevuto lo Spirito Santo, perchè non parli in tutte le lingue?» gli si pottebbe rispondere: «Ma parlo in tutte le lingue, perchè faccio parte di quel corpo di Cristo, cioè di quella Chiesa, che parla in tutte le lingue». Che altro, infatti, Dio volle significate con la presenza dello Spirito Santo, se non la sua Chiesa che avrebbe parlato in tutte le lingue?

         Si è compiuto, dunque, ciò che Dio aveva promesso: "Nessuno mette il vino nuovo in otri vecchi, ma si mette il vino nuovo in otri nuovi, così si mantengono il vino e gli otri" (Mt 9,17). Giustamente, allora, quando si sentirono gli Apostoli parlare in tutte le lingue, alcuni dissero: "Ma costoro son pieni di vino" (At 2,12). Difatti, erano diventati otri nuovi, rinnovati dalla grazia della santità, in modo che ripieni di vino nuovo, cioè di Spirito Santo, ribollissero parlando in tutte le lingue e con un miracolo evidentissimo preannunziassero la Chiesa cattolica, che si sarebbe diffusa per tutte le lingue...

         Celebrate allora questo giorno come membra dell`unità del corpo di Cristo. Non sarà inutile la celebrazione, se è questo ciò che celebrate, stringendovi a quella Chiesa, che il Signore riempie di Spirito Santo e, mentre cresce in tutto il mondo, egli la riconosce come sua e lui è riconosciuto da lei. Lo sposo non perde la sua sposa e nessuno gliene sostituisce un`altra. A voi tutti raccolti insieme come Chiesa di Cristo, come membra di Cristo, a voi corpo di Cristo, sposa di Cristo, l`Apostolo dice: "Sopportandovi l`un l`altro nella carità, sforzandovi a vicenda di conservare l`unità dello Spirito nel vincolo della pace " (Ef 4,2-3). Notate che dove ordinò di sopportarci scambievolmente, ivi ha posto la carità; dove ha fatto cenno dell`unità, ivi ha mostrato il vincolo della pace. Questa è la casa di Dio fatta di pietre vive, nella quale piace di abitare a un tal padre di famiglia, i cui occhi non devono essere offesi dalle rovine della divisione.

 

         (Fulgenzio di Ruspe, Sermo, 8, 2)

 

 

4. Discorso sulla consacrazione episcopale

 

         Invero, la Chiesa universale di Dio è ordinata in gradi distinti gli uni dagli altri, affinché il suo santo corpo custodisca la propria integrità per l`apporto delle diverse membra; tutti, peraltro - come dice l`Apostolo - "siamo uno in Cristo" (Gal 3,28)...

         Nell`unità della fede e del battesimo (cf. Ef 4,5), la società che tra noi formiamo, carissimi, non presenta screzi ed è identica la dignità di tutti, secondo la buona novella annunciata dal beatissimo apostolo Pietro, con parole sacrosante: "E voi stessi, come pietre vive siete impiegati per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo"; e poco dopo: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato" (1Pt 2,5.9). In effetti, il segno della croce ha fatto di tutti i rigenerati in Cristo altrettanti re; l`unzione dello Spirito Santo li consacra come sacerdoti, affinché al di là dello specifico servizio del nostro ministero, tutti i cristiani spirituali e in coerenza con la propria ragione sappiano di essere di stirpe regale e di essere associati alla funzione sacerdotale. Cosa c`è infatti di più regale per un`anima del governare il proprio corpo in sottomissione a Dio? E cosa c`è di più sacerdotale del votare al Signore una coscienza pura e di offrirgli sull`altare del proprio cuore le vittime senza macchia della pietà? (cf.1Pt 2,5).

         Essendo ciò divenuto comune a tutti per grazia di Dio è atto religioso e meritevole di elogio da parte vostra che vi rallegriate nel giorno della nostra elezione, come si trattasse di un vostro onore personale; cosicché, è in tutto il corpo della Chiesa che si celebra l`unico sacramento di Pontefice, diffuso più abbondantemente, per effetto dell`unguento della benedizione, nelle membra superiori, ma che non ridiscende in minor misura nelle inferiori.

 

         (Leone Magno, Sermo 95, De natali ipsius, 4, 1)

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26/09/2009 11:56

DOMENICA DOPO PENTECOSTE: SANTISSIMA TRINITA`

DOMENICA DOPO PENTECOSTE: SANTISSIMA TRINITA`

 

Letture:         Deuteronomio 4,32-34.39-40

         Romani 8,14-17

         Matteo 28,16-20

 

1. La fede trinitaria

 

         Crediamo in un solo Dio, unico principio, privo di principio; increato, ingenito, indistruttibile e immortale, eterno, immenso, non circoscritto, illimitato, d`infinita potenza, semplice, non composito, incorporeo, immutabile, impassibile, immobile ed inalterabile; invisibile, fonte d`ogni bontà e giustizia, luce intellettuale e inaccessibile, potenza incommensurabile, misurata dalla sua volontà (può, infatti, "tutto ciò che vuole" [Sal 134,6]), fondatrice di tutte le cose sia di quelle visibili che delle invisibili conservatrice di tutto, provvidente per tutto, contenente e reggente tutto, avente su tutto un regno perpetuo ed immortale.

         (Crediamo in un solo Dio) al quale nulla si oppone, che riempie tutte le cose senza essere da nessuna circoscritto; anzi, egli stesso tutto circoscrive, tutto contiene e a tutto provvede, che penetra tutte le sostanze lasciandole intatte al di là di tutte le cose, trascendente ogni sostanza, soprasostanziale e superiore a ogni cosa; superiore per divinità, bontà, pienezza; un Dio che stabilisce tutti i poteri e tutti gli ordinamenti, mentr`egli si pone al di sopra d`ogni ordinamento e d`ogni potere; più alto per essenza, vita, parola, intellignza; un Dio che è la luce stessa, la bontà stessa, la vita stessa, l`essere stesso: egli non riceve, infatti, da nessun altro né l`essere proprio né quello di alcuna delle cose che esistono, ma, anzi, è lui stesso la fonte dell`essere, per tutto ciò che è; della vita, per tutto ciò che vive; della ragione, per tutte le creature che ne fanno uso.

         (Crediamo in un solo Dio) che è causa d`ogni bene per tutte quante le cose, che prevede tutto prima che avvenga; unica sostanza, unica divinità, unica potenza, unica volontà, unica attività, unico principio, unica potestà unica signoria, unico regno.

         (Crediamo in quest`unico Dio conosciuto nelle tre perfette persone e venerato con un unico atto di culto, oggetto di fede e di adorazione da parte di ogni creatura razionale; e queste persone sono unite senza mescolanza o confusione e separate (ciò che trascende ogni intelletto) senza alcuna distanza: nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, nel nome dei quali siamo anche stati battezzati. Infatti, così il Signore comandò agli apostoli di battezzare, quando disse: "Battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

         Crediamo nell`unico Padre, principio e causa di tutto, non generato da nessuno, unico salvatore non causato e ingenito; creatore di tutte le cose, Padre, per natura, del suo unico Figlio unigenito, e Dio, il nostro Gesù Cristo, e produttore del Santissimo Spirito.

         Crediamo, altresì, nel Figlio di Dio unigenito, Signor nostro, generato dal Padre prima di tutti i secoli; luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; consustanziale con il Padre; per il quale tutte le cose sono state fatte...

         ...Allo stesso modo, crediamo anche nello Spirito Santo, Signore, vivificante, che procede dal Padre e risiede nel Figlio; che, insieme con il Padre ed il Figlio, è adorato e conglorificato, essendo consustanziale ed eterno come loro; Spirito di Dio, giusto, sovrano; fonte di sapienza, di vita e di santità; che è ed è chiamato Dio con il Padre ed il Figlio; increato, perfetto, creatore, che governa tutte le cose, creatore di tutto, onnipotente, potenza infinita che comanda a tutto il creato, senza essere sottoposto all`autorità di nessuno; che divinizza, senza essere divinizzato; che riempie, senza essere riempito; che è partecipato, ma non partecipa; che santifica, ma non è santificato; Paraclito, poich‚ accoglie le invocazioni di tutti; simile in tutto al Padre ed al Figlio; procedente dal Padre, viene concesso attraverso il Figlio ed è ricevuto da ogni creatura.

 

         (Giovanni Damasceno, De fide orthod., 1, 8)

 

 

2. Preghiera alla Trinità

 

         Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: "Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19), se Tu non fossi Trinità. Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio. E una voce divina non avrebbe detto: "Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio unico" (Dt 6,4), se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremo nelle Sacre Scritture: "Dio ha mandato il Figlio suo (Gal 4,4; Gv 3,17), né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: "Colui che il Padre manderà in mio nome" (Gv 14,26) e: "Colui che io manderò da presso il Padre" (Gv 15,26). Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l`intelligenza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato e molto faticato. Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa` sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa` che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente. So che sta scritto: "Quando si parla molto non manca il peccato" (Pr 10,19), ma potessi parlare soltanto per predicare la tua parola e dire le tue lodi! Non soltanto eviterei allora il peccato, ma acquisterei meriti preziosi, pur parlando molto. Perchè quell`uomo di cui Tu fosti la felicità non avrebbe comandato di peccare al suo vero figlio nella fede, quando gli scrisse: "Predica la parola insisti a tempo e fuori tempo (2Tm 4,2). Non si dovà dire che ha molto parlato colui che non taceva la tua parola, Signore, non solo a tempo, ma anche fuori tempo? Ma non c`erano molte parole, perch‚ c`era solo il necessario. Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell`interno della mia anima misera alla tua presenza e che si rifugia nella tua misericordia. Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la mia bocca. Se almeno non pensassi se non ciò che ti è grato, certamente non ti pregherei di liberarmi dalla moltitudine di parole. Ma molti sono i miei pensieri, tali quali Tu sai che sono "i pensieri degli uomini" cioè "vani" (Sal 93,11). Concedimi di non consentirvi e, anche quando vi trovo qualche diletto, di condannarli almeno e di non abbandonarmi ad essi come in una specie di sonno. Né essi prendano su di me tanta forza da influire in qualche modo sulla mia attività, ma almeno siano al sicuro dal loro influsso i miei giudizi, sia al sicuro la mia coscienza, con la tua protezione. Parlando di Te un sapiente nel suo libro, che si chiama Ecclesiastico, ha detto: "Molto potremmo dire senza giungere alla meta, la somma di tutte le parole è: Lui è tutto" (Sir 43,29). Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste "molte parole che diciamo senza giungere a Te"; Tu resterai, solo, "tutto in tutti" (1Cor 15,28), e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa in Te. Signore, unico Dio, Dio-Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri. Se in essi c`è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi. Amen.

 

         (Agostino, De Trinit. 15, 28)

 

 

3. Gradualità della Rivelazione

 

         Ci sono stati due momenti decisivi nella storia, che son chiamati i due Testamenti e, per la celebrità della cosa, anche terremoti: uno segna il passaggio dal culto degli idoli alla legge ebraica e l`altro il passaggio dalla legge ebraica al vangelo. Un terzo terremoto ci annunzia anche la Scrittura, cioè, il passaggio da questa vita all`altra vita, che non conosce né moto né disastri.

         I due Testamenti hanno qualche cosa in comune. Ambedue non sono stati mutamenti repentini e totali. Perchè? Perchè non fossimo forzati da una violenza, ma condotti dalla persuasione. Perchè ciò che è contro la volontà non dura a lungo, come i fiumi, come le piante che sono trattenuti da una qualche forza. Ma uno è il modo della bontà di Dio e altro è il modo di un tiranno. Dio non volle mai forzare i suoi doni su chi non li accettava. Come un pedagogo o come un medico, un po` sopprime, un po` lascia correre gli antichi costumi, un po` s`adatta ai gusti del popolo, come il medico che tempera la medicina amara con qualche cosa dolce. Non è facile, infatti, da ciò che fu per lungo tempo tenuto in onore, passare ad altri usi. Perciò la legge, pur avendo soppressi gli idoli, lasciò i sacrifici; il vangelo soppresse i sacrifici, ma tollerò la circoncisione, poi gli Ebrei lasciarono i sacrifici e i cristiani la circoncisione; così i pagani divennero Giudei e i Giudei, attraverso mutazioni quasi furtive, divennero cristiani. Di questo ci dà testimonianza Paolo, il quale dall`osservanza della circoncisione e delle purificazioni si portò tanto innanzi da dire: «Se io, fratelli, ancora predico la circoncisione, perchè sono ancora perseguitato? Quello era un atto di accondiscendenza, questo è proprio della perfezione».

         A questo modo si è affermata la dottrina della divinità, se non che la cosa procede in modo contrario. Là il cambiamento avveniva per via di abolizione, qui si va alla perfezione per via di accessione. Ecco come stanno le cose: il Vecchio Testamento parlava apertamente del Padre, più oscuramente del Figlio. Il Nuovo ci propone esplicitamente il Figlio e indica piuttosto oscuramente lo Spirito Santo. Ora invece lo Spirito Santo sta con noi e si manifesta ancora più apertamente. Non era, infatti, sufficientemente sicuro, parlare apertamente del Figlio, quando la divinità del Padre non era sufficientemente stabilita, e il discorso dello Spirito Santo sarebbe stato troppo grave peso quando la divinità del Figlio non era sufficientemente riconosciuta. Saremmo stati come quelli che sono oppressi da troppo cibo, o che si espongono alla luce diretta del sole; invece la luce della Trinità doveva arrivare per gradi, di ascensione in ascensione. Perciò, credo lo Spirito Santo si porge ai discepoli a tratti, concedendosi secondo le capacità di chi lo riceveva; a principio del Vangelo ne corrobora le forze, dopo la passione viene alitato su di loro, dopo l`ascensione appare in lingue di fuoco. Gesù stesso ne parla a poco a poco, come puoi osservare tu stesso, se ci fai un po` più d`attenzione. "Pregherò il Padre" -dice - "ed egli vi manderà un altro Consolatore lo Spirito di Verità (Gv 14,16). Disse queste parole, perchè non pensassero a un avversario di Dio o a una qualsiasi altra potestà. Poi farà un`aggiunta "lo manderà nel mio nome" (Gv 14,26), ometterà l`inciso "Pregherò il Padre" e il "manderà" diventerà "manderò" per chiarire la sua autorità e dirà "verrà lo Spirito", per indicarne la personale potestà.

         Vedi che le illuminazioni rifulgono piano piano e vedi l`ordine della teologia, che dovremmo tenere anche noi, senza proiettare, cioè, all`improvviso tutta la luce insieme e senza nascondere qualche cosa fino alla fine. Il primo sarebbe dissennato, questo empio; quello potrebbe far male ai forestieri, questo ci alienerebbe i nostri. Aggiungerò una cosa che forse anche altri hanno pensato, io credo che sia un pensiero della mia mente. Il Salvatore aveva qualche cosa che gli sembrava, allora, troppo difficile per gli Apostoli e la teneva celata. E diceva che, alla venuta dello Spirito Santo avrebbero appreso tutto. Questa cosa tenuta celata penso che fosse la divinità dello Spirito Santo, che sarebbe stata dichiarata più tardi, esattamente quando, stabilita completamente la personalità del Salvatore, attraverso la risurrezione e l`ascensione; perchè allora non sarebbe più stato possibile che si compromettesse la fede in lui.

 

         (Gregorio di Nazianzo, Oratio 31 25-27)

 

 

4. Il Battesimo e la fede

 

         Il Battesimo non è necessario a coloro ai quali basta la fede: Abramo, infatti, piacque a Dio per la sua fede, pur non avendo ricevuto il Battesimo. Ma sempre ciò che vien dopo porta a compimento e ha il sopravvento su quanto precede. Prima della passione e della risurrezione del Signore c`era salvezza grazie alla pura fede: ma dal momento che la fede per i credenti è stata rafforzata con la nascita, la passione e la risurrezione di Cristo, su di essa, resa più forte, è stato apposto il suggello del Battesimo, quasi abito della fede, che prima era nuda, ma non poteva più restare senza una sua legge. La legge del Battesimo è stata data e dettata in questi termini: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Inoltre sta scritto: "Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno dei cieli" (Gv 3,5); e ciò vuol dire che la fede deve essere necessariamente suggellata dal Battesimo. Perciò tutti i credenti vengono battezzati...

 

         (Tertulliano, De baptismo 13 1-3)

 

 

5. La ineffabilità di Dio, nostro Padre

 

         Ascolta, o uomo: il sembiante di Dio è ineffabile, indescrivibile; né può essere visto con occhi corporei. Invero, la nostra mente non può afferrare né la sua gloria, né la sua grandezza, né la sua altezza; e tampoco può essere comparata la sua potenza o rapportata la sua sapienza; egli è inimitabile nella sua benignità, inenarrabile nella sua beneficenza. Infatti, se lo chiamo "luce", predico la sua opera; se lo dico "verbo" dico il suo principio se lo chiamo "mente", affermo la sua saggezza; se lo definisco "spirito" cito il suo respiro in me (cf.Gen 2,7); se lo chiamo "sapienza" nomino la sua progenie; se "forza" dico la sua potenza; se lo definisco "virtù" affermo la sua attività; se lo dico "provvidenza" predico solo la sua benignità; se lo dico "regno" dico la sua gloria; se lo dico "Signore" lo chiamo giudice; se lo dico "giudice" lo affermo giusto; se [però] lo chiamo "Padre" ho detto di Lui tutto.

 

         (Teofilo di Antiochia, Ad Autol. 1 3)

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26/09/2009 11:58

SOLENNITA` DEL SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

SOLENNITA` DEL SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

 

(Domenica dopo la Trinità)

 

         L`origine della festa del Corpus Christi va associata col sorgere di una nuova pietà eucaristica nel Medioevo che accentuava la presenza di Cristo nel Santissimo Sacramento. La causa prossima dell`introduzione della festa furono le rivelazioni della beata Giuliana (1193-1258), monaca agostiniana del convento di Mont-Cornillon, vicino a Liegi. La materia delle rivelazioni fu presentata ai teologi (tra i quali c`era il futuro papa Urbano IV), e dopo aver ricevuto il loro verdetto, nell`anno 1246, la festa fu introdotta nella diocesi di Liegi e celebrata il giovedí nell`ottava della SS. Trinità. Urbano IV estende la festa a tutta la Chiesa nel 1264; ma la sua morte non ha permesso la promulgazione del documento. Solo dopo aver pubblicato la bolla di papa Giovanni XXII, nell`anno 1317, la festa fu accolta in tutto il mondo.

         La prima menzione della processione in questo giorno proviene da Colonia (1277-1279); nel secolo XIV la conoscono già le altre diocesi di Germania, Inghilterra e Francia, e Roma stessa verso il 1350. Sul territorio di Germania, all`inizio del XV secolo, la processione del Corpus Christi fu legata alla supplica per il buon tempo ed il buon raccolto. Presso quattro altari si cantavano gli inizi dei quattro Vangeli: era comune la convinzione che il canto di questi brani avrebbe portato un particolare aiuto e protezione da tutti i pericoli.

         La processione supplicante diventa importante per i fedeli, che fanno tutto per renderla piú splendida. Sotto l`infiusso della Riforma, la processione assume un altro carattere, diventa la professione di fede nella reale presenza di Cristo nel Santissimo Sacramento. Si continua a cantare l`inizio dei Vangeli, ma questa prassi viene interpretata in altro modo: sotto le specie del pane è presente Cristo in mezzo a noi, Cristo che una volta ha vissuto sulla terra e il cui Vangelo è adesso annunciato.

         Pio IX, nell`anno 1849, in segno di gratitudine per il felice ritorno dall`esilio, costituì la festa del Preziosissimo Sangue di Cristo. Dato che la festa del Corpo di Cristo è nello stesso tempo festa del Sangue di Cristo, il nuovo calendario sopprime la festa del 1° luglio e alla festa del Corpus Christi dà nome: Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.

         Cristo nel «mirabile Sacramento ci ha lasciato il memoriale della sua Pasqua» e la Chiesa, attraverso i secoli, celebrando l`Eucaristia «annuncia la morte del Signore, proclama la sua Risurrezione ed attende la sua venuta nella gloria». Cristo in modo mirabile rimane in mezzo a noi: ci fa partecipare al suo Sacrificio di Redenzione e si fa cibo per noi. Egli offre il suo Corpo per noi; il suo Sangue comporta la remissione dei peccati. Il Sacrificio di Gesú porta pace e salvezza a tutto il mondo. La Chiesa si nutre del Corpo e del Sangue del Signore: e allora tutti i suoi figli diventano «un solo corpo e un solo spirito in Cristo». La potenza dello Spirito Santo riveste tutti i credenti e fa sí che essi diventino in Cristo il sacrificio vivente a gloria di Dio Padre. L`Eucaristia diviene per chi crede il preannunzio della piena partecipazione alla vita di Dio nell`eternità, è il pegno della vita eterna. «Chi mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue avrà la vita «eterna», disse il Signore.

         Cristo Signore è presente in mezzo a noi nel Santissimo Sacramento. La coscienza di ciò porta all`adorazione e alla lode, specialmente nella Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. In questo giorno, il popolo cristiano dà pubblicamente e con pietà la testimonianza della sua fede nell`Eucaristia, esce in processione sulle strade con canti di lode.

 

         Mistero della Cena!

         Ci nutriamo di Cristo,

         si fa memoria della sua passione,

         l`anima è ricolma di grazia,

         ci è donato il pegno della gloria.

 

         (Liturgia Horarum, III: Sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi, ad II Vesperas, ad Magnificat)

 

 

1. Le condizioni per celebrare la Pasqua

 

         Facciamo pure cosí in ciò che spetta ai misteri (eucaristici), senza guardare soltanto ciò che abbiamo dinanzi a noi, ma tenendo presenti le sue parole. Perché la sua parola è infallibile ed i nostri sensi sono fallibili. La sua parola non è mai venuta meno mentre i sensi il piú delle volte si ingannano. Poiché la sua parola ci dice: Questo è il mio corpo, ubbidiamo e crediamo, e vediamolo con gli occhi dello spirito. Infatti, Cristo non ci diede nulla di sensibile, ma piuttosto, per mezzo di cose sensibili, non ci diede altro che cose spirituali. Cosí nel battesimo, per mezzo di una cosa sensibile, ci si dà il dono dell`acqua, ma sono spirituali la rinascita e il rinnovamento ivi prodotti. Se tu fossi incorporeo, ti avrebbe dato soltanto questi doni incorporei; ma poiché l`anima è unita al corpo, ti offre - per mezzo di cose sensibili - altre spirituali. Quanti ora dicono: «Vorrei vedere la sua forma, la sua figura, le sue vesti, i suoi calzari!». Ecco quindi che Lo vedi, Lo tocchi, Lo mangi. Tu desideri vedere le sue vesti; ma Egli stesso ti si dona, e non solo perché tu lo veda, ma perché tu lo veda, ma perché lo possa toccare e mangiare e lo riceva dentro di te. Nessuno, quindi, si avvicini con senso di fastidio, con tiepidezza; tutti vi giungano pieni di ardore, di fervore e ben desti. Perché se i giudei, stando in piedi, tenendo i calzari e i bastoni in mano, mangiavano in fretta, conviene assai di piú che tu sia in guardia. Se essi, infatti, dovevano recarsi in Palestina, e per questo prendevano la forma di viandanti, tu invece devi trasferirti in cielo.

         E` necessaria quindi una grande vigilanza: il tormento da cui sono minacciati coloro che comunicano indegnamente non è mediocre Considera come ti riempi di sdegno contro il traditore e contro quelli che hanno messo in croce Cristo. Bada bene di non essere anche tu reo del corpo santissimo, ma tu lo ricevi con l`anima immonda dopo aver ricevuto tanti benefici! Poiché Egli non si accontentò di farsi uomo, di essere schiaffeggiato e crocefisso, ma si unisce anche e si intrattiene con noi, e non solo per mezzo della fede, ma in realtà ci fa suo proprio corpo. Quale genere di purezza deve superare colui che partecipa a tale sacrificio? Quali raggi di luce da essere sorpassati dalla mano che spezza questa carne, dalla bocca che si riempie di questo fuoco spirituale, dalla lingua che si arrossa con questo sangue venerando?

         Considera quale onore tanto elevato ti viene reso, di quale banchetto fai parte. Colui che gli angeli vedono con tremore e, a causa del suo splendore, non osano guardare in faccia, di Questi noi ci alimentiamo, con Questi noi ci mescoliamo e diventiamo un solo corpo e carne di Cristo. Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? (Sal 105,2). Quale pastore non rnanda al pascolo le sue pecore servendosi dei suoi servi? Ma che dico, pastore? Vi sono spesse volte delle madri le quali, dopo aver sofferto i dolori del parto, offrono i loro figli ad altre affinché li allattino e li educhino. Ma Egli non ha voluto cosí; Egli ci alimenta col suo sangue e si unisce a noi con tutti i mezzi. Osservalo bene: è nato dalla nostra stessa sostanza. Ma ciò non appartiene a tutti, dirai. Invece, sí certamente: a tutti. Perché se è venuto a prendere su di sé la nostra natura, è evidente che è venuto per tutti. E se per tutti, anche per ognuno di noi.

         Ma come mai, mi dirai, non tutti hanno saputo trar profitto da questo guadagno? Non certamente per colpa di Colui il quale ha scelto questo in nome di tutti, bensí per colpa di coloro che non hanno voluto. Con ognuno dei fedeli Egli si unisce e si mescola per mezzo del sacramento, e coloro che ha generati li alimenta lui stesso e non li affida ad altri, e ti persuade allo stesso tempo col fatto che Egli ha preso la tua carne. Non dobbiamo quindi essere pigri, essendo stati giudicati degni di un sì grande amore ed onore. Non vedete con quale slancio i piccoli si attaccano al petto della madre, con quale impulso vi applicano le labbra? Avviciniamoci anche noi con lo stesso slancio a questa mensa, a questo petto e a questo calice spirituale; e ancora di piú: attiriamo con un impegno piú grande, come fanno i bimbi che devono essere allattati, la grazia dello Spirito Santo, e non abbiamo nessuna altra preoccupazione se non quella di non partecipare di questo alimento. L`Eucaristia non è opera dovuta alla virtù umana. Colui che in quella cena l`ha portata a compimento è Colui che ancor oggi la sostiene. Noi abbiamo la funzione di suoi ministri; ma Colui che santifica la offerta e la trasforma è Lui stesso.

         Non vi prenda parte, quindi, nessun Giuda, nessun avaro. Se qualcuno non è suo discepolo, si ritiri; il sacro banchetto non ammette tali commensali. Celebro la Pasqua, afferma, con i miei discepoli (Mt 26,8). Questa è la stessa mensa. Poiché non si può dire che Cristo abbia preparato quella e l`uomo questa: ambedue sono state preparate da Cristo. Questa è quel cenacolo in cui allora si trovavano e da cui si recarono al monte degli; Ulivi. Rechiamoci anche noi verso le mani dei poveri, perchè sono esse nel monte degli Ulivi. Ulivi piantati nella casa del Signore, sono la moltitudine dei poveri, i quali distillano l`olio che nell`al di là ci sarà di utilità, l`olio che avevano le cinque vergini, mentre le altre cinque perirono perché non seppero prenderlo da qua. Prendiamolo, dunque, ed entriamo per andar incontro allo Sposo con le lampade splendenti; prendiamolo ed usciamo da qua con esso. Non vi entri nessuno che sia disumano, nessuno che sia crudele e senza compassione, nessuno assolutamente che sia macchiato.

         Dico questo a voi che comunicate e a voi che amministrate la comunione. Perché è necessario parlare anche a voi affinché di affinché distribuiate questi doni con molta diligenza. Non vi viene riservato affatto un piccolo castigo se, conoscendo le cattiverie di qualcuno, permettete che partecipi a questo banchetto. Si domanderà conto del suo sangue alle vostre mani! (cf. Gen 42,22). Anche se si tratta del comandante militare, anche se si tratta del prefetto, anche se è colui stesso che si cinge il diadema, e si accosta indegnamente, allontanalo; tu hai un potere piú grande di quello che ha lui! Se tu avessi ricevuto l`incarico di conservare pura una fonte di acqua per un gregge, e vedessi una pecora con la bocca piena di fango, non le permetteresti di abbassarsi sulla corrente e di intorbidirla; e come mai adesso, che sei incaricato di una fonte non d`acqua, ma di sangue e spirito, e vedendo avvicinarsi ad essa alcuni che sono macchiati, non di terra e fango, ma di qualcosa di peggio, il peccato, come mai non ti adiri e non li allontani? Quale perdono pensi vi sia per te?

         Per questo Iddio vi ha distinti con sí grande onore, affinché voi possiate far la cernita tra i degni e gli indegni. Questa è la vostra dignità, questa è la vostra sicurezza, questa la vostra corona; e non passeggiare (per la chiesa) cinti di un bianco e splendente vestito.

 

         (Giovanni Crisostomo, In Matth., 82, 4-6)

 

 

2. «Fate questo in memoria di me»

 

         E mentre cenavano, prendendo in mano il pane, lo spezzò. Per quale motivo ha celebrato questo mistero precisamente nel tempo della Pasqua? Affinché tu scopra in ogni luogo che Lui era il Legislatore dell`Antico Testamento, e che quanto è in esso contenuto è stato scritto per raffigurare questa realtà. Ed è per questo motivo che Egli ha collocato la verità al posto della figura. La sera, per suo conto, significava la pienezza dei tempi, e che gli avvenimenti erano vicini ormai al loro termine. Egli, inoltre, rende grazie, insegnandoci così come si deve celebrare questo mistero, dimostrandoci che Egli non cammina verso la Passione involontariamente, insegnandoci a portar avanti con gratitudine tutte le nostre sofferenze e proponendoci tante buone speranze. Poiché se la figura è stata un frutto di libertà da una cosí grande schiavitú, quanto piú lo sarà la verità che darà libertà a tutta la terra e verrà data per il bene della nostra natura! Ed è per questo motivo che Egli non ci ha donato il mistero fino a questo momento, ma soltanto quando le istituzioni legali dovevano cessare. Egli distrugge infine la principale di tutte le sue feste, trasportando [i suoi] ad un`altra mensa terribile, ed esclama: Prendete, mangiate: questo è il mio corpo, il quale viene spezzato per molti (1Cor 11,24).

         E come mai, all`udire questo, non ne furono turbati? Perché già in anticipo Egli aveva loro predetto su tale argomento molte e grandi cose. Per cui non le ribadisce ora, perché essi avevano già inteso parlare abbastanza sull`argomento, ma riporta la causa della sua passione, che era la remissione dei peccati. Egli chiama poi il suo sangue del Nuovo Testamento, vale a dire, della promessa, dell`annuncio della nuova legge. Infatti, ciò era stato promesso dai tempi antichi e viene confermato dal Testamento della legge nuova. E cosi come l`Antico Testamento usava pecore e vitelli, il Nuovo ha il sangue del Signore. Per questo stesso motivo fa capire che va verso la morte: per questo fa menzione di Testamento; e fa menzione dell`Antico, perché anch`esso si era iniziato col sangue.

         E ancora una volta accenna alla causa della sua morte. Il quale [il sangue] sarà effuso per molti per la remissione dei peccati; ed aggiunge: Fate questo in memoria di me. Vedete come si sta distaccando ed allontanando dalle usanze giudaiche? Così come quello anteriore - dice ad essi - lo facevate in memoria delle meraviglie di Egitto, ora fate questo in memoria di me. Quel sangue era stato effuso a salvezza dei primogeniti: questo invece in perdono dei peccati di tutto il mondo. Perché questo è il mio sangue - egli dice - che sarà versato in remissione dei peccati. E parlava in questo modo, dichiarando così che la passione e la croce sono un mistero, ed esortando in tale maniera allo stesso tempo i discepoli. E cosí come Mosè ha detto: Questo [sia] per voi ricordo sempiterno (Es 3,15), così pure Egli dice: In memoria di me (Lc 22,19) finché io verrò. Per questo motivo dice ancora: Ho desiderato ardentemente di mangiare questo agnello pasquale (Lc 22,15); e cioè, consegnarvi delle cose nuove e donarvi la pasqua, con la quale devo rendervi spirituali.

         Di esso [del sangue] ne bevve anche Lui. Infatti, affinché quelli, nell`udire ciò, non dicessero: «Come mai? Beviamo sangue e mangiamo carne?» e ne fossero turbati (poiché in realtà, quando Egli parlò di questo argomento, molti solo all`udire tali parole, ne furono scandalizzati), Egli - perché non venissero turbati anche ora - è stato il primo a farlo, invogliandoli tranquillamente alla partecipazione dei misteri. Per tal motivo bevve Egli stesso il suo proprio sangue. Ma come? dirai. E bisognerà fare anche quello di prima (quello dell`antica legge)? Niente affatto. Perché Egli ha detto: Fate questo, precisamente per allontanarci da quello. Infatti, se questo opera la remissione dei peccati - come in realtà avviene -, quello è ormai inutile. Cosí, dunque, come succedeva tra i Giudei, vincola ora al mistero il ricordo del beneficio, chiudendo in tal modo la bocca agli eretici. Perché quando essi dicono: «Da che cosa si deduce che Cristo è stato immolato?», oltre ad altre ragioni, chiudiamo le loro labbra per mezzo dei misteri. Poiché se Cristo non fosse morto, di che cosa sarebbero simbolo i misteri che noi celebriamo?

 

         (Giovanni Crisostomo, In Matth., 82, 1)

 

 

3. Cibo e bevanda di vita eterna

 

         Quelli che, cadendo nelle insidie loro tese, hanno preso il veleno, ne estinguono il potere mortifero con un altro farmaco. Allo stesso modo, come è entrato nelle viscere dell`uomo il principio esiziale, deve entrarvi anche il principio salutare, affinché si distribuisca in tutte le parti del suo corpo la virtù salvifica. Avendo noi gustato il cibo dissolvitore della nostra natura, ci fu necessario un altro cibo, che riunisce ciò che è dissolto, perché, entrato in noi, questo medicamento di salvezza agisse da antidoto contro la forza distruggitrice presente nel nostro corpo. E cos`è questo cibo? Null`altro che quel Corpo che si rivelò piú possente della morte e fu l`inizio della nostra vita. Come un po` di lievito, secondo quanto dice l`Apostolo (cf. 1Cor 5,5), rende simile a sé tutto l`impasto, cosí quel Corpo, dotato da Dio dell`immortalità, entrato nel nostro, lo trasforma e lo tramuta tutto in sé. Come, infatti, il principio salutare mescolato al principio mortifero toglie il potere esiziale al miscuglio, cosí il Corpo immortale una volta dentro colui che lo ha ricevuto, lo tramuta tutto nella propria natura.

         Ma non è possibile entrare in un altro corpo, se non unendosi alle sue viscere, se non cioè, come alimento e bevanda: dunque è necessario ricevere la forza vivificante dello Spirito nel modo possibile alla natura. Ora, solo il Corpo, ricettacolo di Dio, ricevette la grazia dell`immortalità, ed è dimostrato che non è possibile, per il nostro corpo vivere nell`immortalità, se non partecipandovi per la comunione a quel Corpo. E` necessario considerare come mai sia possibile che quel Corpo, continuamente distribuito in tutto il mondo a tante migliaia di fedeli, rimanga sempre unico e identico in tutto se stesso, affinché la fede, riguardando ciò che è conseguente non abbia dubbi circa le nozioni proposte, è bene fermare un poco il nostro ragionamento sulla fisiologia del corpo.

         Chi non sa che il nostro corpo, per natura sua, ha una vita che non è in sé sussistente, ma, per l`energia che in esso affluisce, si mantiene e resta nell`essere attirando con moto incessante a sé ciò che è estraneo ed espellendo ciò che è superfluo? Un otre pieno di un liquido, se il contenuto esce dal fondo, non può mantenere inalterata la forma e il volume, se dall`alto non entra altro liquido al posto di quello che se ne è andato: perciò chi vede la massa a forma d`otre di questo recipiente, sa che non e propria dell`oggetto che vede, ma che è il liquido che in lui affluisce a dare forma e volume al recipiente. Cosí anche il nostro corpo, per sua struttura, non ha nulla di proprio, a quanto ci consta, per la propria sussistenza, ma resta nell`essere per una forza che introduce in sé. Questa forza è e si chiama cibo. Essa poi non è identica per tutti i vari corpi che si nutrono, ma per ciascuno è stato stabilito il cibo conveniente da colui che governa la natura. Alcuni animali scavano radici e se ne nutrono, per altri nutrimento è l`erba e per altri ancora, invece, la carne. Per l`uomo, l`alimento principale è il pane, mentre la bevanda, necessaria per mantenere e conservare l`umidità, non è solo la semplice acqua, ma spesso unita al vino, che è di giovamento al nostro calore animale. Chi dunque guarda questi cibi, vede in potenza la massa del nostro corpo. Quando infatti sono in me diventano rispettivamente carne e sangue, perché il potere assimilante muta l`alimento nella forma del nostro corpo.

         Esaminato cosí dettagliatamente tutto ciò, riportiamo il pensiero al nostro argomento. Ci si chiedeva dunque come il corpo di Cristo, che è in lui, possa vivificare la natura di tutti gli uomini che hanno fede, venendo a tutti distribuito e non diminuendo in se stesso. Forse non siamo lontani da una ragione plausibile. Infatti, se la realtà di ogni corpo deriva dall`alimentazione, che consta di cibo e bevande, e il cibo è pane, la bevanda acqua unita al vino; se poi, come abbiam detto sopra, il Logos di Dio, che è Dio e Logos, si uní alla natura umana, e venendo nel nostro corpo, non innovò la realtà di tale natura umana, ma diede al suo corpo la possibilità di permanere in vita per mezzo di ciò che è consueto e adatto, dominandone cioè la sussistenza, per mezzo del cibo e della bevanda; se quel cibo era pane; se come in noi - l`abbiamo già detto ripetutamente - chi vede il pane vede in un certo senso il corpo umano, perché il pane in esso entrato in esso si trasforma; cosí anche nel nostro caso: il corpo ricettacolo di Dio, preso il pane in nutrimento, era in un certo senso lo stesso che il pane, perché il nutrimento, come abbiamo detto, si tramuta nella natura del corpo.

         Ciò che è proprio di tutti i corpi umani si verifica anche in quella carne: quel Corpo cioè veniva sostentato dal pane; ma quel Corpo, per l`inabitazione del Logos di Dio, si era trasmutato in dignità divina: giustamente credo, dunque, che anche ora il pane santificato dal Logos (Parola) di Dio si tramuta nel Logos di Dio, anche quel Corpo, infatti, era in potenza pane; fu santificato dall`abitazione del Logos che si attendò nella carne. Come il pane, trasformato in quel Corpo, si mutò in potenza divina, cosí anche ora diventa la stessa realtà. Allora la grazia del Logos rese santo il corpo la cui sussistenza dipendeva dal pane e in un certo senso era anch`esso pane; allo stesso modo ora il pane, come dice l`Apostolo (cf. 1Tm 4,5), santificato dal Logos di Dio e dalla preghiera, diviene corpo del Logos, non lentamente, come fanno cibo e bevanda, ma immediatamente come disse il Logos stesso: Questo è il mio corpo (Mt 26,26).

         Ogni corpo si ciba anche di liquido: senza il suo apporto, infatti, l`elemento terrestre che è in noi, non resterebbe in vita. Come sostentiamo la parte solida del nostro corpo con il cibo solido e duro, cosí all`elemento liquido del nostro corpo aggiungiamo qualcosa della sua stessa natura. Quando questo liquido è in noi, per la funzione assimilatrice, si tramuta in sangue, soprattutto se dal vino ha ricevuto la forza di mutarsi in calore. Dunque, anche questo elemento accolse nella sua struttura quella carne ricettacolo di Dio, ed è chiaro che il Logos uní se stesso alla caduca natura degli uomini affinché per la partecipazione alla divinità ciò che è umano fosse anch`esso divinizzato; per questo motivo egli, per disegno della sua grazia, per mezzo della carne la cui sussistenza proviene dal pane e dal vino, quasi seminò se stesso in tutti i credenti, unendosi ai loro corpi, affinché per l`unione con ciò che è immortale anche l`uomo diventasse partecipe dell`incorruttibilità. Questo egli dona per la potenza della benedizione che tramuta in ciò la natura degli elementi visibili.

 

         (Gregorio di Nissa, Catech. M., 37)

 

 

4. Credere per capire

 

         Ciò che dunque vedete è pane e vino; ed è ciò che anche i vostri occhi vi fanno vedere: ma la vostra fede vuol essere istruita, il pane è il corpo di Cristo, il vino è il sangue di Cristo. Veramente quello che è stato detto in poche parole forse basta alla fede: ma la fede desidera essere istruita. Dice infatti il profeta: Se non crederete, non capirete (Is 7,9). Infatti voi potete dirmi: «Ci hai insegnato a credere, fa` in modo che noi comprendiamo». Nel proprio animo qualcuno può pensare: «Sappiamo che Nostro Signore Gesú Cristo nacque da Maria Vergine. Da bambino fu allattato, nutrito; quindi crebbe, divenne giovane, fu perseguitato dai Giudei, fu messo in croce, morí in croce, fu deposto dalla croce, fu sepolto, il terzo giorno risuscitò come aveva stabilito, salí in cielo; come è asceso cosí verrà a giudicare i vivi e i morti; quindi ora siede alla destra del Padre: come può il pane essere il suo corpo? E il calice, ossia il vino che il calice contiene, come può essere il suo sangue?». Ma queste cose, fratelli, si chiamano Sacramenti, poiché in essi una cosa si vede, un`altra si intende. Ciò che si vede ha un aspetto corporeo, ciò che si intende ha sostanza spirituale. Se dunque vuoi farti una idea del corpo di Cristo, ascolta l`Apostolo che dice ai fedeli: Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra (1Cor 12,27). Perciò se voi siete il corpo e le membra di Cristo, il vostro mistero risiede nella mensa del Signore: voi accettate il vostro mistero. A ciò che siete voi rispondete Amen, e cosí rispondendo voi l`approvate. Infatti tu senti: «Il Corpo di Cristo»; e rispondi Amen. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia vero quell`Amen. Perché dunque nel pane? Qui non aggiungiamo nulla di nostro, ascoltiamo sempre lo stesso Apostolo che, parlando di questo sacramento, dice: Poiché c`è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo (1Cor 10,17): comprendete e gioite; unità, verità, pietà, carità. Un pane solo: che cos`è questo solo pane? Pur essendo molti siamo un corpo solo. Ricordatevi che il pane non si ottiene da un solo chicco di grano, ma da molti. Quando venivate esorcizzati era come se foste macinati. Quando siete stati battezzati, come se foste impastati. Quando avete ricevuto il fuoco dello Spirito Santo, come se foste cotti. Siate ciò che vedete e accettate quello che siete. Questo ha detto del pane l`Apostolo. Quindi quello che intendiamo col calice, anche se non è stato detto, lo ha mostrato sufficientemente. Infatti come molti chicchi si fondono in uno solo per avere la forma visibile del pane, cosí avvenga ciò che la Sacra Scrittura dice dei fedeli: Essi avevano un cuor solo e un`anima sola rivolti verso Dio (At 4,32): ed è così anche per quanto riguarda il vino. Fratelli, ricordate da che cosa si ricava il vino. Molti sono i chicchi che pendono dal grappolo, ma poi tutti si mescolano in un solo liquido. Cristo Signore ha voluto che noi fossimo così, ha voluto che noi gli appartenessimo, ha consacrato alla sua mensa il mistero della pace e della nostra unità. Chi accoglie il mistero dell`unità, ma non mantiene il vincolo della pace, non accoglie il mistero in suo favore, ma una prova contro di sè.

 

         (Agostino, Sermo 272)

 

 

5. Il dono ineffabile di Cristo

 

         Tali sono i gloriosi misteri della santa Chiesa, e tale è l`ordine nel quale sono celebrati dai sacerdoti.

         Felice colui che ha il cuore puro, nel momento in cui sono consacrati i misteri tremendi del Corpo di nostro Signore. Gli angeli del Cielo giudicano molto fortunati i figli della Chiesa che sono stati resi degni di ricevere il corpo e il sangue di Gesú Cristo nostro Signore.

         Gloria al tuo nome per il tuo dono ineffabile!

         E chi può adeguatamente rendere gloria alla tua divinità?

         Vieni, dunque, tu, che sei ammesso al sacramento dei figli della Chiesa, ad imparare secondo quella prescrizione che ti puoi avvicinare ai sacerdoti, purché te ne accosti secondo il modo che l`apostolo Paolo ha deciso.

         Avvicinati con cuore puro al corpo e al sangue di nostro Signore, che ti purificheranno dalle macchie dei peccati che tu hai commesso. I sacerdoti non allontanino il peccatore che viene a pentirsi, né l`impuro che si lamenta e che si affligge di essere impuro. Ma essi accolgono e gli impuri e i peccatori a condizione che essi facciano il proposito di non piú ritornare al male. Prega, allora, con amore, insieme col sacerdote, affinché colui che dà la vita e perdona i peccati ti accolga! Stai attento, tuttavia, a non uscire dalla nave per andare al di fuori, nel momento in cui sono consacrati i tremendi misteri! Chi è colui che volontariamente, rifiuterebbe questo pasto al quale sono invitati gli angeli e gli uomini? Chi è colui che, dal momento che è stato inserito nelle file della Chiesa, preferirebbe il posto degli estranei che la Chiesa ha allontanato?

         E` il momento in cui occorre comportarsi come un angelo in questo momento in cui lo Spirito Santo dimora. Questo istante dà la vita a colui che vi è presente, e condivide dei doni con colui che l`accoglie. Felice colui che vi crede, e riceve questi doni, poiché se egli è morto rivivrà, e se è vivo, non morrà per aver peccato!

 

         (Narsai il Lebbroso, Expositio Myster., passim)

 

 

6. Il dono dell`Eucaristia

 

         Avendo amato i suoi ch`erano nel mondo, li amò fino alla fine (Gv 13,1). Allora diffuse sui suoi amici quasi tutta la forza del suo amore, prima di effondersi egli stesso, come acque per gli amici. Allora diede loro il sacramento del suo corpo e del suo sangue e ne istituí la celebrazione. Non so se piú ammirare la sua potenza o il suo amore! Per consolarli della sua partenza, inventò questo nuovo modo di presenza; cosí, anche lasciandoli e togliendo loro la sua presenza corporale, egli restava non solo con loro, ma in loro, per virtù del sacramento Allora, come se avesse completamente dimenticato la sua maestà e facesse oltraggio a se stesso - ma è un vanto per chi ama abbassarsi per gli amici - con una degnazione ineffabile il Signore - quel Signore! - lavò i piedi dei servi. Così, allo stesso tempo, diede loro un modello di umiltà e il sacramento del perdono.

 

         (Guerric d`Igny, Sermo in Ascens., 1)

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