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Obiezioni contro il Nuovo Testamento

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:15
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02/09/2009 08:12

3 - La concezione verginale

CAPITOLO III. - LA CONCEZIONE VERGINALE

Preliminari. -1. Questo studio e il seguente (IV: La perpetua verginità di Maria) intendono provare la legittimità della fede nella verginità di Maria nella concezione, nel parto e dopo la nascita di Gesù. Ma prima d'ogni altra considerazione, occorre ricordare il dato esatto del problema.

Siamo davanti a un fatto che per la sua natura sfugge alla pubblicità. San Tommaso classifica questo miracolo nella categoria di quelli de quibus est | fides, distinguendolo dagli altri ad fidei comprobatìonem, come la guarigione di malati, la resurrezione dei morti, la moltiplicazione dei pani. Quello è più nascosto, questi sono manifesti (Summa Theologica, parte III, q. XXIX a. I, ad I 2). A noi basta dimostrare la legittimità della nostra credenza, di cui l'esame : della tradizione primitiva fa vedere l'antichità. Essa però risale agli apostoli o s'introdusse surrettiziamente nel deposito cristiano? Se fa parte delle credenze primitive del cristianesimo, non si scoprono tradizioni anteriori o contemporanee che la contraddicano? Provando che la fede nella verginità di Maria fa parte del primitivo deposito cristiano, si sarà rivendicato alla Chiesa, con argomenti storici, il diritto d'imporre questa stessa fede a tutti i fedeli.

2. Nel capitolo precedente abbiamo dimostrato la storicità del vangelo dell'infanzia, che registra le affermazioni della concezione e del parto verginale, le quali beneficiano quindi del credito che abbiamo riconosciuto all'insieme della fonte. Tuttavia per il carattere soprannaturale del racconto, i critici dalle concezioni filosofiche che escludono il miracolo, sono indotti a ricercare come queste credenze poterono nascere negli ambienti cristiani. Non è nostro compito seguirli nella loro filosofia della storia e ci dobbiamo accontentare di osservare che la loro " fede " è anteriore ed è su di un altro piano dalla ricerca storica pura, cui molti di costoro si appellano assai volentieri, e quindi non hanno motivo di rimproverare ai credenti d'essere legati dal domma. Né le prime comunità cristiane né i teologi moderni avevano bisogno d'inventare la fede nella verginità di Maria per provare la loro fede nella divinità di Gesù; accettando questa fede la Chiesa antica e attuale continua nella via imposta dai fondatori del cristianesimo.

3. Queste riflessioni impongono le divisioni e il metodo al nostro lavoro. Che Maria sia rimasta vergine nella concezione di Gesù è un problema che risulta dalla critica dei libri sacri; che sia rimasta vergine fino alla morte si può affermare solo aggiungendo alla testimonianza dei libri canonici quella della Chiesa primitiva. Queste due questioni devono essere trattate separatamente, ma unica è la via da seguire. Liberandosi dalle obiezioni particolari, di cui si potrebbe accrescere il numero, bisogna mettere in rilievo nelle fonti l'affermazione di questa credenza, stabilire l'autenticità dei testi contestati, analizzare il grado d'evoluzione che rappresentano le concezioni e dare allo sbocciare della fede una sufficiente spiegazione storica.

1. Testi. - I due Vangeli affermano categoricamente che Gesù nacque da Maria senza l'intervento di Giuseppe.

I. Matteo. - In San Matteo il vangelo dell'infanzia è concepito dal punto di vista di san Giuseppe: le genealogie finiscono a a Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù che si chiama Cristo " (1, 16); la generazione di Cristo annunciata solamente (1, 18) comincia con la spiegazione data a Giuseppe della gravidanza della sua fidanzata: a Ciò che è concepito in lei è l'opera dello Spirito Santo " (1, 20); questa meraviglia si opera perché si compia l'oracolo: " Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio " (1, 23). Giuseppe prende Maria con sé " e non la conobbe fino al giorno in cui diede alla luce un figlio ". Giuseppe è al centro delle narrazioni di Matteo. L'evangelista tuttavia lo fa intervenire con tale insistenza solo per notare il legame di Gesù con Davide, di cui Giuseppe è figlio ( 1, 20) com'è provato dalla genealogia, e per spiegare che, pur beneficiando di questa discendenza che ne accreditava i titoli messianici presso i suoi, Gesù ne è solo figlio legale; Giuseppe accettò questa paternità ufficiale solo per il messaggio divino; per due volte l'evangelista ripete che la concezione è l'opera dello Spirito Santo (1, 19, 20).

L'affermazione di Matteo è fuori dubbio; però il suo testo non porta forse nessuna traccia d'una credenza più antica, secondo la quale Gesù sarebbe stato il figlio di Giuseppe e di Maria al modo di tutti gli altri uomini? Il versetto 16 di questo capitolo I, in realtà ci è pervenuto in tre forme:

" Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale è nato Gesù ".
" Giacobbe generò Giuseppe, la cui fidanzata Maria vergine generò Gesù ".
" Giacobbe generò Giuseppe; Giuseppe, al quale era stata fidanzata la Vergine Maria, generò Gesù ".
La prima forma è la meglio attestata e senza contraddizioni; la seconda ha per miglior appoggio il gruppo Ferrar e alcune versioni latine siriache e armene; la terza ha come sostegno soltanto la siriaca del Sinai. In buona critica non si può disprezzare questa differenza di grado nell'attestazione; inoltre la lezione La spiega le altre. Colpito dal termine " marito di Maria " un copista rettificò precisando che Giuseppe era soltanto fidanzato e che essa era vergine; nello stesso tempo fu indotto a non lasciare " è nato " al passivo che sostituì con l'attivo " generò ", attribuito a Maria. Il traduttore siriaco, notando che " generò " nella genealogia è sempre applicato all'uomo, continuò fino alla fine la prima formulazione, stimando che l'inciso " al quale era fidanzata la Vergine Maria ", manifestasse abbastanza il suo pensiero. Il P. Lagrange {Evangile selon saint Matthieu, p. 7) dice che ammettere la 3.a forma come primitiva è un'enormità critica. Non più del traduttore siriaco, l'esegeta cattolico non si troverebbe imbarazzato dalla lezione di Syrsin, che anche il cattolico Heer adottò (Die Stumm-baume Jesu nach Matlàus una Lukas [L'albero genealogico di Gesù secondo Matteo e Luca], Friburgo in Br., 1910, p. 154 sg.). Infatti anche se il testo dice che Giuseppe generò Gesù, ci si può chiedere se egli intende significare una filiazione legale o una filiazione naturale. La soppressione dell'inciso è totalmente arbitraria. Affermare che si tratta di generazione naturale, è applicare al testo le esigenze d'un'evoluzione posta a priori in virtù di concezioni estranee alla storia o solo per impressioni personali, forse molto rispettabili, ma incontrollabili. Anche se accettiamo la soppressione richiesta, non ne risulta che sia affermata la filiazione naturale di Gesù nei riguardi di Giuseppe, poiché nell'elenco il termine " generò " non significa necessariamente la discendenza carnale: Gioram non è il padre di Ozia, né Giosia è padre di Geconia, né Geconia, che secondo Geremia (22, 30) fu sterile, è padre di Salathiel. Bisogna quindi provare:
1. che in questo caso la paternità di Giuseppe non poteva essere adottiva o legale;
2. che l'ultimo redattore tradì l'intenzione del testo primitivo con un'esegesi tendenziosa; 3. che la rettifica non è il frutto di una migliore conoscenza dei fatti, ma d'un'evoluzione della fede cristologica (1). IL Luca. - II racconto di Luca è dominato, più ancora di quello di Matteo, dall'idea della concezione soprannaturale, poiché il terzo, vangelo in un primo quadro descrive le due annunciazioni e la visitazione; in un secondo le due nascite e la presentazione al tempio; infine il racconto del viaggio di Gesù a Gerusalemme fa vedere la manifestazione della sua dignità al mondo. Ora le due annunciazioni sono presentate in modo da mettere in risalto la persona di Zaccaria da una parte, la persona di Maria dall'altra: la visitazione fa vedere la superiorità dell'attesa di Maria su quella di Elisabetta; nella presentazione al tempio Maria occupa il primo posto, e nell'episodio di Gesù tra i dottori, l'opposizione tra le parole di Maria: " tuo padre ed io " e quelle di Gesù " la volontà del Padre mio " è intenzionale. Tutto ciò dimostra il posto più importante del compito di Maria nella nascita di Gesù e inquadra in modo completamente naturale i versetti 34 e 35 : " Allora Maria disse all'Angelo : "Come potrà avvenire questo, se io non conosco uomo?" e l'angelo le risponde: '"Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra e per questo il bambino nato (sarà) santo, sarà chiamato Figlio di Dio" ". L'economia del racconto e l'esame particolare dei testi dimostrano che essi sono autentici e fanno corpo con tutto il racconto di Luca. Infatti: 1.o Se l'angelo si rivolge a Maria come a Zaccaria, se entrambi sono autori di cantici di ringraziamento, non è forse perché questi due personaggi hanno una parte centrale nella nascita annunziata? Quale sarebbe l'originalità e la parte attiva di Maria se Ella è madre come tutte le donne?
2.o Se il miracolo della nascita di Giovanni è grande a motivo della sterilità e dell'età di sua madre, il miracolo della nascita di Gesù, che l'angelo paragona all'altro (1, 36), non dovrà consistere nella vittoria su ostacoli fisici superiori?
3.0 L'Ecce anelila Domini indica in Maria una sommissione: la sua adesione non suppone forse una discussione, e un mutamento nell'orientamento di vita che è facilmente spiegabile con la volontà di Maria di essere vergine?
4.o Gesù al tempio opponendo il suo vero padre a quello di cui parla Maria, non indica forse di non avere altri padri? L'esegeta protestante Feine, ha un'espressione giustissima ricordata da C. van Combrugghe: "Sopprimere questi due versetti significa togliere i diamanti lasciando la montatura " (De Beata Maria Virgine, Gand 1913, p. 41). Esaminando più a fondo il contesto, vi scopriamo la stessa armonia. Paragonato ai versetti 31-32, dove si dice che il figlio di Maria, die verrà chiamato Gesù, sarà grande, figlio dell'Altissimo, erede del trono di Davide, il versetto 35, che io proclama santo e Figlio di Dio, non offre contraddizione; l'angelo (v. 36), dopo aver dichiarato come il figlio della vergine sarà l'opera di Dio, senza l'uomo, poteva ora dargli il suo vero nome, e aggiungendo che Elisabetta, vecchia e sterile, aveva concepito ed era al sesto mese, Gabriele da un segno che non avrebbe più importanza se si tolgono le meraviglie del versetto 34 e 35, che è invece perfettamente a posto se si ammette che da parte di Maria, come d'Elisabetta, Dio sovvertirà le leggi naturali per dare loro un figlio. Negli stessi versetti non mancano gli indizi stilistici per accordarli col resto dei capitoli.

(1) Ci sia permesso di richiamare l'attenzione su un caso tipico del metodo di Ch. Guionebert, nel suo Je'sus, Parigi. 1933, p. 127.1) Erudizione: a prima vista sembra brillante, ma ben presto si mostra deficiente: Guignebert cita un secondo manoscritto, scoperto da Conybeare al Valicano e che appoggerebbe la lezione di Syrsin. Questo manoscritto dev'essere il Dialogue of Thimoty and Aquila, Anccd. Oxon. classiceli serie, t. vm, 1898; già da lungo tempo non si riconosceva più alcun valore a questo testimonio. Cfr. Durakd, 0. e. pp. 77-83; F. C. Burkitt, Evangdiwn da Mepharresche, Cambridge, 1904, t. n, p. 260; E. Klostermann, Dos MaUltàuS'evatìgelium,p.y.2) Interpretazione tendenziosa: nella traduzione di Syrsin Guignebert sostituisce fidanzata con sposata. La formula 1 .a è " il testo da noi accettato " senz'alcun'altra giustificazione ; la formula del gruppo Ferrar viene passata sotto silenzio. 3) Affermazione incontrollabile: p. 127, la formula di Syrsin (3.a) viene dichiarata " probabilmente anteriore alla nostra " ; questa probabilità " indiscussa " deve provare che " la lezione più antica della genealogia di Matteo terminava certamente con l'attribuire la generazione a Giuseppe ". È vero che Guignebert a questa prova aggiunge il fatto che certi eretici per provare che Gesù è veramente figlio di Giuseppe e di Maria si sono appellati alla genealogia di Matteo; ma l'esame di questo nuovo argomento ci dimostrerebbe che Cerinto, Carpocrate e gli Ebioniti imponevano ai testi modificazioni simili a quelle proposte da Guignebert.

Sono segni dello stile lucano chiamare Dio l'Altissimo, dire che lo Spirito verrà sopra di te, usare " pròs " col verbo dire, mentre ciò che si può notare contro non conta quasi nulla (2).

I testi di Matteo e di Luca asseriscono la concezione verginale di Maria. Si deve dunque considerare il valore di tale insegnamento: Lo dimostrando che questa credenza è primitiva; 2.0 rivendicando l'oggetività del fatto come unica ragione sufficiente della realtà della fede.

(2) L'autenticità di Le. 1, 34-35 è stata attaccata compattamente da numerosi critici, e soprattutto di A. Von Harnack, Zu Lue. I, 34-35 in Zeitsckr. fùr die jV. T. W., t. 11, 1901, pp. 53-57; si possono trovare i suoi argomenti acutamente ripresi e confutati in J. Gresham Macken, The Virgin Birlh, New-York, 1930, pp. 119-168 (protestante) e in J. M. Vosté, De conceplions virginali Jesu Christi, Roma, 1933, pp. 40-51. Il dotto professore riporta l'essenziale della discussione, che oggi sembra spenta.

 

2. Le obiezioni. - Che la fede nella verginità di Maria, nei racconti di Matteo e di Luca, sia primitiva risulta in modo generale dal fatto che tale dottrina appartiene realmente ai documenti che la contengono e che tali documenti hanno un ottimo valore di testimonianza, essendo fonti eccellenti. Avremo la dimostrazione completa dopo aver risolto queste questioni; allora resterà solo da fare fino nei minimi particolari, il confronto tra questa fede e il resto dei testi del Nuovo Testamento.

E prima di tutto come possiamo accordare la dimostrazione dei due evangelisti riguardo alla filiazione davidica di Gesù attraverso Giuseppe, se si esclude proprio costui dagli antenati di Cristo? D'altronde Luca non chiama forse spesso Giuseppe e Maria genitori di Gesù? Come spiegare che essi si stupiscono (2, 35-50) conoscendo l'origine soprannaturale del loro figlio? La risposta a queste difficoltà si trova nello stesso Vangelo. Al versetto 16 della sua genealogia Matteo fa vedere chiaro che gli importa solo la discendenza davidica legale, e Luca dice esplicitamente che Gesù era figlio di Giuseppe solo nell'estimazione (3, 23). Gli evangelisti si accontentarono di questo legame di Gesù con Giuseppe per ritenere che gli ascendenti dell'uno fondassero i diritti dell'altro. Si può discutere, se si voglia, il punto di vista giuridico secondo le nostre concezioni moderne, ma l'affermazione e il procedimento degli evangelisti sono indiscutibili e dopo tutte le loro spiegazioni perché affaticarci a precisare criticamente ogni volta che parlano dei genitori e del padre di Gesù? Infine il loro stupore può provenire da numerose ragioni; tra il sapere e l'esaurire l'oggetto della conoscenza, vi è largo posto allo stupore.
Il valore delle tradizioni di Matteo e di Luca viene forse diminuito dal silenzio di Marco, Paolo e Giovanni?
Abbiamo detto quello che in generale si deve trarre dall'argomento del silenzio. Possiamo ammettere la tesi di Guignebert (0. e, p. 128) che cioè la concezione verginale non suscita nessuna eco in tutto il resto del Nuovo Testamento, se proviamo immediatamente che nulla la contraddice. Dal silenzio di Marco concludere al rifiuto delle tradizioni, affermare che nella redazione primitiva di Marco lo Spirito Santo prende dimora in Gesù nel battesimo e non nella concezione, significa mascherare una ritirata dietro una nebbia artificiale.

Non stupisce forse il fatto che Marco non da mai a Gesù il nome di figlio di Giuseppe, ma quello di Figlio di Maria o di Figlio di Dio? Dove Matteo parla del figlio dell'artigiano (13, 55) e Luca del figlio di Giuseppe (4, 22) il parallelo di Marco ha figlio di Maria (6, 2). V. Rose (Etudes sur les Evangiles, Parigi, 1902, p. 56) conclude giustamente: " In ogni caso se (Marco) credeva alla nascita soprannaturale e alla verginità di Maria, non poteva parlare altrimenti ".

Né maggiori argomenti contro la concezione verginale si possono dedurre da Marco 3, 21. I parenti di Gesù, credendolo fuori di sé, un giorno vengono per prenderlo. Era con loro la madre di lui, ma se anche i " fratelli " di Gesù lo giudicano sfavorevolmente, nulla permette di attribuire le stesse idee alla Madre.

Quanto a Paolo si dice: Lo che non si sarebbe impigliato nella dottrina dell'Adamo celeste venuto a rinnovare il mondo, se avesse creduto che il Signore era nato da Maria " per opera dello Spirito ", e che 2.o il testo di Gai. 4, 4: s Dio ha mandato il Figlio suo nato da una donna " si deve intendere " come una testimonianza in favore della nascita normale di un figlio giudaico "; 3.o che, secondo la Lettera ai Romani, Gesù Cristo è nato dal seme di Davide secondo la carne ed è Figlio di Dio secondo lo spirito per la sua Resurrezione (Guignebert, o. e, p. 131). Ci stupisce di trovare continuamente ripetuti questi argomenti tante volte confutati. San Paolo ricorda solo un piccolo numero di fatti della vita terrena di Gesù e, col suo silenzio, suppone una catechesi " su quello che Gesù aveva cominciato a dire e a fare dal battesimo fino alla resurrezione " (Atti 1, 5). Nessuno pensa di negare le relazioni di Paolo e di Luca; fra i tre sinottici Luca più di tutti ha una dottrina paolina (cfr. M. J. Lagrange, Evangile selon saint Lue, p. 118 sg.), ed è una visuale storica errata opporre Luca e Paolo; ma siccome la critica cavilla tanto sull'autore degli Atti quanto sulla composizione lucana del Vangelo, ci limitiamo a esaminare solo la testimonianza paolina. Non c'è in lui una sola riga che escluda la concezione verginale. La dottrina del Nuovo Adamo è indipendente dall'origine umana di Gesù, essendo la sintesi della soteriologia del grande apostolo, che vi ricorre non per spiegare la divinità di Gesù, ma per dare un fondamento alla dipendenza del credente da colui attraverso il quale viene ogni salute. In Gai. 4, 4, Paolo insiste sull'umiltà di Gesù Cristo e trova utile ricordare che, sebbene figlio della donna, Gesù non è affatto peccatore. Se Gesù fosse figlio di un uomo e di una donna, Paolo come ne avrebbe spiegato l'esenzione dal peccato? Si può trovare più strano che l'apostolo dichiari Gesù nato dal seme di Davide, che sentire Luca e Matteo dirlo figlio di Davide?

Secondo Guignebert, lungi dal garantire la leggenda di Matteo e di Luca, Giovanni non trascurerebbe l'occasione di scrivere che Gesù è figlio di Giuseppe (1, 45; 6, 42; 7, 3-5). Possiamo soltanto rimandare agli studi speciali per lo studio di 1, 13, dove sono di fronte due lezioni: " Non è dal sangue, né da voler di carne, né da voler dell'uomo, ma è da Dio (I) che egli è nato ", o (II) " che essi sono nati ". La prima lettura, fatta collocando questa testimonianza nel suo contesto storico, vedrebbe qui un'indubitabile asserzione in favore della concezione verginale. Un autore della fine del primo secolo che conosceva le narrazioni della nascita di Gesù non poteva scrivere una frase come quella rappresentata da I, senza prender posizione in favore della divina concezione di Cristo. Ancora una volta mettiamoci nella posizione più svantaggiosa e facciamo astrazione da questo testo. I critici pensano che Luca e Matteo siano prodotti letterari assai tardivi, ma Giovanni lo sarebbe assai più di loro, giacché la cristologia del quarto vangelo sembra loro sempre più sviluppata di quella dei primi capitoli di Matteo e di Luca. È quindi molto difficile per essi negare che il redattore Giovanni conoscesse i redattori Luca e Matteo; in questo caso, l'argomento del silenzio sta contro di loro. Giovanni conobbe non solo le narrazioni sinottiche nel ministero pubblico, ma conosceva Luca e Matteo come 1i abbiamo ora e non li contraddice. Si può forse asserire che chiamando Gesù " figlio di Giuseppe " egli abbia voluto accusare di falso le dottrine riportate dai due evangelisti? Perché negargli il diritto di conformarsi a un modo già corrente di parlare che non doveva stupire i suoi lettori più di quanto non stupisca il più scrupoloso credente dei nostri giorni? La dottrina giovannea del Logos fatto carne e l'insegnamento paolino del figlio fatto uomo dispensavano gli apostoli dal riferire dettagli storici sulla nascita di Gesù senza partecipazione di uomo. Non entrando questo fatto nella sintesi della loro cristologia e soteriologia, non occorreva che tornassero su tale credenza, che era inglobata nella loro fede nella divinità di Gesù (3).

Nella tradizione cristiana primitiva non c'è nulla che permetta di supporre uno stadio di sviluppo della fede in cui si escludesse la fede nella concezione verginale. Bisogna dunque spiegare questo stato di spirito.


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