CINEMA: VENEZIA; LEVANON, LA GUERRA VISTA DA UN TANK/ANSA
(ANSA) - ROMA, 26 AGO - Tra i film di cui si parlera' molto
alla prossima Mostra del Cinema di Venezia c'e' indubbiamente
Levanon (Lebanon) opera d'esordio dell'israeliano Samuel Maoz
che, dopo l'anteprima veneziana, andra' ai festival di Toronto e
New York. Serio candidato al Leone del Futuro/ Premio Luigi De
Laurentiis, il film e' a firma di un autore che ha alle spalle
un serio tirocinio tra documentari e programmi televisivi. Ma
questa storia gli appartiene in modo drammaticamente diretto,
tanto da aver dichiarato ''forse se non avessi covato in fondo
alla mente questo progetto la mia vita avrebbe avuto un'altra
piega e magari sarei impazzito''.
Infatti, coscritto appena ventenne, Samuel Maoz fu tra i primi
soldati israeliani a varcare la frontiera con il Libano nel
giugno del 1982. Coinvolto nei primi scontri, ferito
superficialmente a una gamba, il futuro regista avrebbe rimosso
quell'episodio fino a quando, due anni fa, non si sarebbe
risolto ad affrontare di petto la sua memoria personale e quella
collettiva della sua generazione, proprio come accaduto ad Ari
Folman, l'autore di Valzer con Bashir, appena un anno fa.
La pagina buia delle guerre di Israele in Libano era stata
aperta nel 1992 dal libanese Samir Habchi con The Tornado, prima
opera a narrare quel conflitto dal punto di vista degli
sconfitti e della gente comune coinvolta negli scontri tra
l'esercito di Tsahal e gli Hezbollah. Ma le facce del prisma del
ricordo rimosso di tutto il Medio Oriente dai massacri di Sabra
e Chatila in poi, sono molteplici, dalla tragedia palestinese
alle vicende della comunita' drusa e maronita, al complesso di
colpa dei soldati israeliani. La vera sorpresa di Levanon sta
pero' nel raccontare questa storia letteralmente ''dal di
dentro''.
Ne sono infatti protagonisti i giovanissimi carristi
che, rinchiusi nel loro carro armato, oltrepassano la frontiera
libanese per una missione che dovrebbe essere di puro appoggio
alle avanguardie di fanteria. Dal microcosmo del tank, il mondo
si riduce a una feritoia stretta, da cui per lo piu', si guarda
attraverso il visore a raggi infrarossi. Il mondo diventa un
acquario quasi astratto, in cui le persone umane prendono forma
come ectoplasmi, possibili bersagli, incidenti di percorso. I
protagonisti della storia - dice il regista - non sono eroi e
non vogliono nemmeno diventarlo; ma sono uomini, esposti alla
paura, all'inesperienza, allo shock della morte e al terrore di
diventare ad ogni istante bersagli mobili. La missione,
cominciata quasi come una scampagnata in un campo di girasoli,
si trasforma rapidamente in un incubo senza possibile ''happy
end''.
Autentico dramma da camera, film di sapori e odori (primo
quello della paura), il film concede poco - dice un critico
israeliano - allo spettacolo in senso tradizionale, ma ha dalla
sua lo spettacolo del reale. ''Mai nella mia vita - commenta un
reduce delle guerre israeliane - avevo ritrovato in modo cosi'
vivido le sensazioni provate al fronte, mentre si sta chiusi
dentro quella dannata scatola, apparentemente il luogo piu'
sicuro in battaglia, ma anche una trappola per topi, il
bersaglio naturale di ogni attentatore''.(ANSA).
XGO
26-AGO-09 17:26 NNNN