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C.I.T.E.S.

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2009 23:04
19/06/2009 23:04
Post: 326
Registrato il: 06/03/2007
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ARTICOLO AL QUALE DARE LA MASSIMA DIVULGAZIONE
CITES
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“QUOUSQUE TANDEM ABUTERE, CATILINA…”

patientia nostra?”. Vale a dire: “Fino a quando, dunque, Catilina, continuerai ad abusare della nostra pazienza?”Un linguaggio obsoleto ed ai più incomprensibile per rappresentare nella forma e nei contenuti il disagio di un rapporto da tempo non dignitoso ed inadeguato alle necessità.

Chi, nel nostro Paese, affronta l’allevamento di specie di uccelli in Cites si rende presto conto che si tratta di un impegno notevole, di grandissima soddisfazione ma anche di estrema complessità.
Ci sono vari livelli di riflessioni stimolate da questa attività.
Sul piano tecnico. La riproduzione è probabilmente la fase più difficile, perché terribilmente oscura nelle sue componenti. Si tratta di “scoprire” quale habitat rendere disponibile per l’accoppiamento, quale cibo mettere a disposizione prima, durante e dopo la cova e la (auspicabile!) nascita, durante la muta. Ma innanzi tutto, si tratta di scoprire come recuperare e mantenere quel delicato equilibrio psicofisico nei soggetti che- originari di territori e ambienti totalmenti diversi- devono “sentire” lo stimolo alla riproduzione. Se le condizioni generali e particolari non sono perfette, questo stimolo non compare mai o, comunque, non conduce a stabile riproduzione.
Per alcune specie, da anni ambientate ed acclimatate alle nostre latitudini e nei nostri allevamenti, questi problemi ormai sono stati risolti; per altre- completamente sconosciute dal punto di vista delle abitudini di vita- non esistono punti di riferimento per avviare la riproduzione in cattività, neppure su libri o testi specialistici (spesso le poche informazioni provengono da allevatori sportivi…). La ricerca è totalmente affidata all’allevatore, che deve procedere per studio prolungato dei soggetti in suo possesso, associare i comportamenti a specie analoghe ma più conosciute, confrontarsi con i colleghi scambiandosi esperienze, procedere ampiamente per tentativi. L’allevamento delle specie sconosciute, prima di diventare una scienza è un’arte, fatta di creatività, inventiva, pazienza.
Ed una volta ottenuta la deposizione e la prole, ci sono le incognite dello svezzamento. Superato questo, occorre rispettare- in alcuni casi rigorosamente- la “privacy” del nido, sempre a rischio di abbandono( come fare, allora, ad anellarli, obbligo primario dell’allevatore sportivo?)
Si tratta di una sfida veramente unica, che noi teniamo sul piano sportivo ma con non trascurabili contenuti scientifici, che non termina con la riproduzione degli ancestrali: prosegue con il ricercare come fare emergere e stabilizzare caratteristiche naturalmente presenti nel patrimonio genetico dei soggetti ma che richiedono particolari condizioni per emergere: le mutazioni.
Sottolineiamo un concetto contenuto in questa riflessione: l’abilità degli allevatori sportivi di comprendere le esigenze primarie più intime delle varie specie, arrivando a riprodurre in cattività quello stato di benessere complessivo che porta la coppia a riprodursi ed allevare la prole. Come nel loro habitat naturale.

Sul piano emozionale. I “soggetti CITES” sono molto particolari: appartengono a specie in serio ed immediato pericolo di estinzione (All. A) o potenzialmente minacciati (All. B). Le minacce sono varie: la peggiore e più efficace ed irreversibile è la distruzione dell’habitat originario. Il commercio indiscriminato che stimola un prelievo eccessivo in natura è la seconda grande causa.
Come impattano gli allevatori sportivi sulle specie CITES?
Da un lato, possono essere “clienti” di importatori e cadere vittime loro stessi di quelli senza scrupoli, alimentando così il commercio irregolare e dannoso.
Dall’altro, hanno un effetto fortemente positivo nei confronti delle specie a rischio: la capacità di allevamento in cattività è stato e può essere per molte specie l’unica reale opportunità pratica di salvezza. La “sfida” sul piano tecnico è stata vinta per moltissime specie, che ora sono presenti in centinaia di allevamenti sportivi ed alimentano con migliaia di esemplari ogni anno (quelli non utili a fini di riproduzione selettiva) il mercato ufficiale, destinazione le case di appassionati ed amatori.
Che soddisfazione, che orgoglio!
Sono veramente decine le specie oggi più numerose in cattività che nei luoghi d’origine, grazie alla catena virtuosa ( e trasparente: rispetta le leggi!) rappresentata da importatori, allevatori, commercianti, amatori.
Dal 2005, come provvedimento per combattere l’aviaria, le importazioni dai paesi d’origine delle specie Cites ( e non solo) sono azzerate. Né si prevede che vengano riaperte. Quindi, il canale trasparente, quello “bianco” che è rispettoso delle leggi, dal 2005 non ha più alcuna responsabilità nella minaccia alle specie nei luoghi d’origine. Gli allevatori sportivi che abilmente riproducono le specie Cites si trovano in concorrenza sul mercato con il canale “nero”, quello malavitoso.
In questa riflessione sottolineiamo due concetti:
-il sistema allevatori sportivi e relativi commercianti non prelevano più in natura da 5 anni;
-il medesimo sistema ha dimostrato di essere in grado di riprodurre le specie a rischio e produce ogni anno migliaia di esemplari, che nei Paesi d’origine rischiano di scomparire. Questo possiamo chiamarlo: contributo al mantenimento delle specie minacciate.
I soggetti prodotti dagli allevatori sportivi sono in concorrenza sul mercato con quelli provenienti dal mercato occulto: questo possiamo chiamarlo il contributo degli allevatori sportivi (e dei commercianti onesti) al contrasto all’economia malavitosa.

Sul piano normativo. La Convenzione di Washington (3 marzo 1973) ha generato una organizzazione mondiale (CITES), che ha un unico obiettivo (veramente planetario) : proteggere il mondo animale e vegetale, sottoponendo a vincoli, norme e controlli il commercio (che comporta cattura nei luoghi d’origine,trasporto e detenzione) delle specie a rischio di scomparsa. Se l’allevamento sportivo genera esemplari che rimangono nell’allevamento d’origine, l’esposizione alle norme Cites è limitato (mostrare l’origine legale dei riproduttori). Se i soggetti escono dall’allevamento, anche solo per andare all’esposizione, i vincoli si infittiscono. Le norme operano nei confronti delle due categorie , definite, come detto, All.A (a rischio immediato) e All. B (a rischio potenziale). Essendo diversi i rischi, le due categorie sono normate diversamente. Non ha senso una normativa unica per entrambe: non solo non ci sono i presupposti, ma addirittura avremmo una riduzione degli allevamenti per All. B e quindi una minore tutela reale di quelle specie.
I legislatori internazionali lo sanno. La Commissione europea preposta dimostra di avere ben chiari il ruolo degli allevatori sportivi e del sistema commerciale ad essi collegato e opera di conseguenza.
Il Regolamento (CE) n. 865/2006 afferma la necessità di creare un apposito certificato per autorizzare la circolazione di “uccelli allevati in cattività poiché tale attività non ostacola la tutela delle specie di fauna selvatica” (Considerando 10). Sulla stessa linea, le Raccomandazioni della Commissione UE (del 13/06/07), che individuano una serie di azioni per l’esecuzione dei Regolamenti del Consiglio, trattando diffusamente di come combattere il commercio illegale delle specie Cites, precisando poi che occorre “agevolare il commercio legale e sostenibile, grazie ad una corretta applicazione delle procedure” (Parte III, punto l della Raccomandazione). A questo scopo- secondo il medesimo documento- servono collaborazione e “sensibilizzazione del pubblico” (Considerando 4) e “dei soggetti interessati” ( Parte II, punto f) e addirittura “organizzazione di azioni di formazione o di sensibilizzazione destinate ai servizi responsabili dell’esecuzione (CFS, Ministero…) , alle Procure e alla Magistratura” (Parte II, punto d).
Dunque: lotta all’illegalità, agevolazioni per allevamenti in cattività e commercio legale delle specie in Cites sono le Raccomandazioni e gli obiettivi dell’organizzazione Cites.
Ebbene, qualcuno vede gli stessi obiettivi nelle azioni del Ministero Ambiente italiano, che continua a trattare allevatori sportivi e commercianti organizzati come pericolosi interlocutori?
Qualcuno riesce a costruire dalle azioni contradditorie e fuori da ogni consultazione con le categorie interessate del Ministero citato un “piano d’azione nazionale per coordinare l’esecuzione del Regolamento” (Raccomandazione Parte II, punto a), oppure riesce a vedere nelle circolari fantasma, nei Decreti non accessibili( “si applicano ma non te li faccio vedere”), nei pareri discordanti fra loro dei vari uffici Cites decentrati, qualcuno riesce a intuire lo sforzo di attuare la raccomandazione UE di sensibilizzare ed informare il pubblico e i soggetti interessati ( come gli allevatori) e di formare i funzionari?
E nel provvedimento che sanziona con 3.098 euro l’omissione voluta come l’errore di scrittura, qualcuno riesce a vedere una corretta applicazione dei Considerando nn. 5 e 6 delle Raccomandazioni UE, laddove si dice che “ gli Stati membri devono adottare provvedimenti adeguati per garantire che siano irrogate sanzioni per le infrazioni commesse, adeguate alla natura e alla gravità delle stesse”?
Oppure, qualcuno vede applicate le Raccomandazioni Parte III, punti h e i, laddove invitano gli Stati a elaborare e diffondere i dati “di sensibilizzazione destinati al pubblico ed agli altri interessati” (ad es. : allevatori sportivi e commercianti organizzati) nel comportamento del Ministero Ambiente che raccoglie dagli allevatori sportivi migliaia di dati sulle specie allevate ( la famosa burocrazia che opprime gli allevatori) e non ha prodotto in tutti questi anni alcuna analisi resa pubblica?
Ed infine, un ultimo richiamo alle norme UE. Il Regolamento (CE) n. 865/2006 insiste nel perseguire l’uniformità delle regole all’interno della Comunità: i Considerando n. 2-3 e 5, in particolare, richiamano la necessità di “assicurare un’applicazione uniforme delle deroghe relative” agli esemplari delle specie animali nati ed allevati in cattività. Qualcuno di noi, allevatori e commercianti, si è accorto di una pur pallida omogeneità e somiglianza fra le regole dello Stato italiano e quelle degli altri Paesi europei?

Le nostre, di tutti noi, risposte sono purtroppo negative. E’ per questo che parliamo eufemisticamente di situazione Cites “complicata”. E’ una situazione non imputabile a Cites, con le sue normative generali, ma ad un attore italiano, ben identificato che sta perdendo occasioni d’oro per adempiere facilmente (e doverosamente) alle regole ed agli inviti della Comunità internazionale e- soprattutto- all’obbligo di difendere in modo efficace la sopravvivenza delle specie minacciate.
Gli allevatori sportivi italiani hanno la capacità di dare un efficace contributo in questo campo, sul piano tecnico dell’allevamento, sul piano della condivisione emozionale degli obiettivi di salvaguardia, sul piano delle norme, procedure e modalità. Lo hanno già dimostrato con altri Ministeri, ma con il Ministero Ambiente pare di essere in un altro mondo!

Continueremo a richiedere il rispetto degli obiettivi e delle normative internazionali, che condividiamo, così come a combattere, senza alcun cedimento, l’eccesso di burocrazia e lo stato confusionale. Continueremo ad offrire la nostra collaborazione ed a pretendere (L. 241/2002) le dovute risposte da parte dello Stato.
Siamo ben lontani dal chiudere, dall’arrenderci, ma ricordiamo ancora una volta, soprattutto alle Istituzioni, che:
“Ogni volta che chiude un allevamento o un negozio “bianco”, ne apre uno “nero”.
In questo caso perdiamo tutti : gli incolpevoli volatili come i bipedi insensati.


Banfi Enrico
Gualerzi Ivan



19 giugno 2009
[Modificato da rita.peggy 19/06/2009 23:17]
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