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lista eresie chiesa cattolica

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2009 15:12
15/04/2009 17:27
 
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A me sembra che se c'è una cosa che è totalmente assente dal vengelo è proprio il giuridismo e specialmente ogni forma di meccanicismo nel rapporto di salvezza tra Dio e l'uomo. Parabole come i lavoratori dell'ultim'ora o il buon ladrone mi sembra che stiano lì proprio a dimostrare che i criteri (giuridici e retributivi) che abitualmente utilizziamo, per Dio semplicemente saltano, e con essi tutti i determinismo meccanici del purgatorio, della gerarchizzazione dei peccati, delle indulgenze.



Io invece sono convinto che la grazia perfezioni la natura, non che la spazzi via, e che la “legge evangelica” perfezioni la legge naturale così come questa è espressa nel Decalogo. Del resto, lo stesso Gesù disse di non essere venuto ad abolire la legge, ma a compierla, vale a dire a darci la possibilità, per tramite della grazia, di adempiere alla legge, intesa però come supportata da quell'etica teleologica espressa nei cosiddetti due precetti della carità. Il “meccanicismo” che tu imputi alla legge non c'è, se questa è intesa non come espressione di un'etica deontologica esteriorizzata (l'etica praticata dai farisei come ce li dipingono i vangeli), ma come espressione di un'etica teleologica interiorizzata.


Sono d'accordo, non vedo però come possa portare acqua al purgatorio o al peccato originale.



Quello del purgatorio è un discorso che tu vedi collegato a doppio filo a quello concernente il peccato originale (senza però avermi mai illustrato questo inscindibile nesso che, ai miei, occhi rimane un mistero imperscrutabile), quindi, la mia argomentazione non c'entra col purgatorio che in modo molto relativo. C'entra invece con il discorso concernente il peccato originale, e cercherò di illustrarti il perché.
Allora, se Dio ha creato l'uomo nella grazia, ma l'uomo non ha perduto in qualche modo questa grazia in modo tale che tutti gli uomini, oggi, ne nascano privi, ne deriva che chi, ipoteticamente, in tutta la sua vita non commettesse peccato non avrebbe bisogno della grazia di Cristo per accedere alla salvezza. L'uomo che non commettesse peccato, in questa situazione, non avrebbe alcun bisogno della mediazione di Cristo e, pertanto, Cristo non si sarebbe incarnato anche per lui. A meno di non ipotizzare, ovviamente, che la grazia con cui oggi gli uomini nascono non sia che la grazia stessa derivante dall'incarnazione di Cristo. Ma se gli uomini nascono già nella grazia e questa non è un qualcosa che questi devono accettare (sia pure in modo implicito) e, faticosamente, far fruttificare in essi, perché fanno così fatica a comportarsi in modo retto?
Perché è la loro finitudine, mi dici tu, a renderli tanto impermeabili alla grazia stessa. Ma la grazia è proprio ciò che ci permette di superare nella volontà i limiti della nostra finitudine ed orientare la nostra natura al fine sovrannaturale che le compete. Le cose allora sono due: o la grazia è incapace di migliorare l'uomo, oppure c'è qualcosa nell'uomo che lo rende incline al male. Solo che non può essere la natura stessa dell'uomo a renderlo incline al male, in quanto Dio, quando creò l'uomo, vide che questa era cosa molto buona. Ergo, l'uomo nasce con un abito negativo che limita la possibilità della sua volontà di inclinarsi al bene, rendendolo schiavo del peccato e tale abito è la conseguenza diretta della perdita della grazia originaria che Dio ha donato all'uomo all'atto della creazione del medesimo.


E invece si. Se l'uomo non avesse una "limitatezza", sarebbe Dio, non uomo. È proprio il suo essere in divenire che gli consente di orientarsi in libertà. Se non avessimo l'opzione (non l'inclinazione) al male, quale scelta potremmo fare?



Certo, l'uomo non è Dio, quindi può commettere liberamente il male. Solo che, nella sua limitatezza, l'uomo può avvicinarsi a Dio, mediante la grazia, e pertanto rafforzare le sue possibilità di compiere il bene, oppure allontanarsi da Lui e quindi aumentare le sue possibilità di compiere il male. Ora, se Dio ha creato l'uomo nella grazia e la grazia implica una maggiore possibilità per l'uomo di orientarsi al bene, perché per l'uomo è così difficile perseverare nella grazia tanto che il mondo non conta che un pugno di individui che ci sono riusciti e ci riescono rispetto ad una gran massa di persone che invece non hanno fatto e non fanno che cadere in tentazione?


E dunque questa schiavitù di cui parla Paolo non è necessariamente un fattore innato dell'uomo, ma semmai l'esito di un fattore ambientale (satana?) sulla naturale (stavolta si) opzione al bene o al male che contraddistingue l'uomo in quanto tale.



Guarda che la lettura sociologica del peccato originale (così come elaborata da Schoonenberg, ad esempio), alla quale io mi rifaccio (e che non ho fatto che sostenere in questa discussione), non è che dica una cosa molto diversa da quello che hai scritto qui.


Io eviterei il Vangelo secondo Trianello, già abbiamo difficoltà a capire ciò che c'è scritto, figuriamoci quello che NON c'è scritto.



Io invece eviterei di addurre la parabola dei lavoratori della vigna quale prova dell'insostenibilità della dottrina del purgatorio, perché, come ho cercato di mostrare nel passaggio incriminato, questa non ha nulla a che vedere con tale dottrina così come intesa nel suo contesto di origine.


Non vedo il peso dell'evidenza in questa tua affermazione. Di certo il male si fa notare più del bene, ma dovresti dimostrarmi che mettendo tutto il male e il bene del mondo su due piatti di una bilancia virtuale questi si inclinerebbero verso il male.



Il peso dell'evidenza sta nel fatto che se la grazia di Dio migliora l'uomo in modo tale che questo può orientarsi a Dio e permanere in tale orientamento e che se la storia non annovera che una manciata di San Francesco d'Assisi, questo significa che la grazia trova nell'atteggiamento dell'uomo un qualche ostacolo nell'operare, ostacolo che non troverebbe se l'uomo, di suo, non fosse in qualche modo affetto da una inclinazione al male.


Rifletti anche su un altro aspetto: Con un terzo della popolazione mondiale nominalmente cristiana e tutta l'umanità naturalmente incline al male stando alle tue categorie giuridiche la salvezza arriverebbe nella migliore delle ipotesi ad una ristrettissima minoranza di persone. Quello che ne esce è un Dio perdente, che crea un uomo sapendo già in anticipo che sarà perlopiù condannato alla perdizione eterna. Qualcosa in questo ragionamento forse non va.



E qui c'è un evidentissimo fraintendimento delle categorie entro le quali si colloca il mio discorso. La grazia di Cristo ci è indispensabile proprio per sopperire a questa nostra inclinazione al male che, se questa non ci fosse, ci condannerebbe alla perdizione eterna. Cristo ci si fa sempre incontro, nonostante le nostre continue cadute nel peccato, per cui, sono persuaso del fatto che, nonostante i nostri continui peccati, Egli riuscirà a salvare una gran parte di noi (sia cristiani che non), se non addirittura tutti noi. La questione è che se non ammettiamo che l'uomo non è, di suo, in qualche modo più orientato al male che al bene (avendo perduto l'originaria grazia che Dio gli aveva concesso per aiutare la sua volontà ad orientarsi verso di Lui come fine ultimo), non si spiega il perché della nostra difficoltà ad accogliere la grazia di Cristo tanto da doverci praticamente ogni giorno ri-convertire a lui.

[Modificato da Trianello 15/04/2009 21:53]

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

16/04/2009 13:51
 
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Re:

Il “meccanicismo” non c'è ... se questa è intesa come espressione di un'etica teleologica interiorizzata.



Ah, se il papa applica i meriti sovrabbondanti (altro concetto per me assurdo) di san Pincopallino alle mie colpe residuali da scontare (essendo i miei peccati già stati rimessi per ipotesi da una confessione in extremis) e allora non devo scontare il purgatorio non c'è un meccanicismo? Alla faccia! E questo sarebbe espressione di una "etica teleologica" già presente nel vangelo e nella Tradizione? A me sembra piuttosto una somma di superfetazioni medioevali che non hanno nulla a che vedere con l'etica, ma con la politica pontificia del medioevo, che oggi siete costretti a giustificare (non potendola più negare) ricorrendo a ragionamenti mostruosi.


Allora, se Dio ha creato l'uomo nella grazia, ma l'uomo non ha perduto in qualche modo questa grazia in modo tale che tutti gli uomini, oggi, ne nascano privi, ne deriva che chi, ipoteticamente, in tutta la sua vita non commettesse peccato non avrebbe bisogno della grazia di Cristo per accedere alla salvezza.



È esattamente ciò che succede ai bambini morti prematuramente, a quelli del tempo della Legge per la misericordia di Dio, e quelli del tempo della grazia per gli effetti dell'incarnazione del Logos. Per tutti gli altri vale il principio di "tutti hanno peccato", e quindi il tuo discorso cade nel vuoto. Ciò che bisogna realizzare è che se tutti prima o poi peccano non è perché siano per natura inclini al male, ma perché è materialmente impossibile il contrario, proprio perché l'uomo per sua natura non è infallibile. Quindi questi discorsi virtuali sono pura accademia, con la quale è difficile ingannare Dio.


Certo, l'uomo non è Dio, quindi può commettere liberamente il male. Solo che, nella sua limitatezza, l'uomo può avvicinarsi a Dio, mediante la grazia, e pertanto rafforzare le sue possibilità di compiere il bene, oppure allontanarsi da Lui e quindi aumentare le sue possibilità di compiere il male. Ora, se Dio ha creato l'uomo nella grazia e la grazia implica una maggiore possibilità per l'uomo di orientarsi al bene, perché per l'uomo è così difficile perseverare nella grazia...?



La tua domanda deriva da un preconcetto: che Dio ha creato un uomo "perfetto" e che poi per una causa X questo si è corrotto tramandano ai posteri il virus letale. Per me questa visione letterale degli eventi genesiaci va superata. L'immagine e somiglianza di Dio che c'è nell'uomo sono le facoltà razionali e la libertà (ciò che tu chiameresti "libero arbitrio"), in questo risiede la "grazia", che in effetti semanticamente implica solo dono gratuito, e non perfezione originaria. Questi doni, nati "neutri" per così dire, nella loro traduzione storica si orientano quando al bene e quando al male, in ciò risiede il mito della caduta di Adamo.
Pertanto in quest'ottica la tua domanda perde totalmente di senso, poiché la creazione dell'uomo "nella grazia" non implica affatto una deviazione della sua libertà verso il bene (come in un ipotetico passaggio "virtuale" dall'uomo perfetto all'uomo con l'opzione del male), ha piuttosto senso ragionare a partire dal dato storico, dall'uomo che è da sempre stato libero. Il racconto di genesi dal mio punto di vista narra nel termini di un mito la spiegazione del perché l'uomo ha l'opzione del male, non afferma che sia mai esistito un uomo orientato al bene. In quest'ottica non ho bisogno di "letture sociologiche" che poi si andranno a scontrare con la dottrina ufficiale della Chiesa.


Io invece eviterei di addurre la parabola dei lavoratori della vigna quale prova dell'insostenibilità della dottrina del purgatorio, perché, come ho cercato di mostrare nel passaggio incriminato, questa non ha nulla a che vedere con tale dottrina così come intesa nel suo contesto di origine.



Infatti non posso dimostrare che l'unicorno non esiste, dovresti essere tu a mostrarmi che esiste, cosa che difficilmente potrai fare.



Il peso dell'evidenza sta nel fatto che se la grazia di Dio migliora l'uomo in modo tale che questo può orientarsi a Dio e permanere in tale orientamento e che se la storia non annovera che una manciata di San Francesco d'Assisi, questo significa che la grazia trova nell'atteggiamento dell'uomo un qualche ostacolo nell'operare, ostacolo che non troverebbe se l'uomo, di suo, non fosse in qualche modo affetto da una inclinazione al male.



Questo è ciò che devi dimostrare, io non vedo niente di tutto ciò, sono anzi convinto che i santi siano più dei dannati. Non bisogna essere famosi come Francesco d'Assisi per essere santi. Le pie nonne , tanto per fare un esempio domestico, sono ben più numerose dei Totò Riina o degli Adolf Hitler. Io questa evidenza di male trabucchevole in jeovish-style non la vedo, francamente.


La grazia di Cristo ci è indispensabile proprio per sopperire a questa nostra inclinazione al male che, se questa non ci fosse, ci condannerebbe alla perdizione eterna. Cristo ci si fa sempre incontro, nonostante le nostre continue cadute nel peccato, per cui, sono persuaso del fatto che, nonostante i nostri continui peccati, Egli riuscirà a salvare una gran parte di noi (sia cristiani che non), se non addirittura tutti noi.



Questo discorso funziona benissimo anche senza l'inclinazione al male. L'unica differenza è che se sei per natura incline al male non sei libero, ma sei un pupazzo uscito male dalla fabbrica.


La questione è che se non ammettiamo che l'uomo non è, di suo, in qualche modo più orientato al male...non si spiega il perché della nostra difficoltà ad accogliere la grazia di Cristo tanto da doverci praticamente ogni giorno ri-convertire a lui.



La difficoltà della fede è insita nel concetto di fede: fidarsi di una cosa che non si vede. Se Dio in qualche modo fosse un'evidenza indiscutibile, semplicemente non ci sarebbe l'opzione della fede. La nostra difficoltà deriva a mio avviso dal fatto che siamo razionali e liberi, non da un presunto difetto di fabbrica.

Cordialità,



17/04/2009 00:30
 
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Ah, se il papa applica i meriti sovrabbondanti (altro concetto per me assurdo) di san Pincopallino alle mie colpe residuali da scontare (essendo i miei peccati già stati rimessi per ipotesi da una confessione in extremis) e allora non devo scontare il purgatorio non c'è un meccanicismo? Alla faccia!



Il problema, secondo me, è che ti fermi alla superficie della questione. Nessuno nega che quello delle indulgenze si sia trasformato, nei secoli passati, in un vero e proprio mercato senza senso, ma si è trattato di abusi su cui il Magistero è intervenuto severamente.
La dottrina delle indulgenze poggia sull'idea della solidarietà tra gli uomini nel bene e nel male (lo stesso principio su cui si fonda il concetto del peccato originale) e sull'idea che una parte essenziale della riconciliazione con Dio dei peccatori sia costituita dalla riparazione del disordine apportato dal peccato (da cui la dottrina del purgatorio, che, pertanto, solo in modo indiretto è legata alla dottrina del peccato originale e potrebbe tranquillamente sussistere anche senza di questa). Per te questo sarà solo grigio legalismo, per me invece si tratta di una lettura appropriata di quegli equilibri che regolano i rapporti tra le persone (e la fede cristiana implica un rapporto personale con Cristo) che trovano espressione nella legge (sia morale che giuridica).


È esattamente ciò che succede ai bambini morti prematuramente, a quelli del tempo della Legge per la misericordia di Dio, e quelli del tempo della grazia per gli effetti dell'incarnazione del Logos.



Sarà, ma io ho un concetto molto più alto dell'incarnazione di Cristo che include in quel “per noi uomini e la nostra salvezza” di cui parla il Credo tutta l'umanità, senza alcuna eccezione.


Per tutti gli altri vale il principio di "tutti hanno peccato", e quindi il tuo discorso cade nel vuoto.



Dal fatto che tutti possono peccare non deriva che tutti pecchino. Rimane possibile che qualcuno non pecchi (anche se è difficile calcolarne la probabilità). Ne deriva che è possibile salvarsi anche senza la grazia, semplicemente perché questa non è indispensabile per la salvezza, anche se magari solo a livello teorico (ed ecco il cripto-pelagianesimo).


La tua domanda deriva da un preconcetto: che Dio ha creato un uomo "perfetto" e che poi per una causa X questo si è corrotto tramandano ai posteri il virus letale.



Deriva dall'idea di un Dio supernamente buono che nel creare l'uomo non gli ha negato nulla di ciò che può costituire la sua felicità, ed essendo l'uomo un ente che per natura è orientato alla sovra-natura (a Dio), lo ha perfezionato tramite quella grazia che poteva permettergli di perseguire la sua piena realizzazione.


Per me questa visione letterale degli eventi genesiaci va superata.



Per me, invece, è semplicemente la migliore, sia da un punto di vista teologico, sia da un punto di vista storico-religioso (e qui mi rifaccio a quanto insegnato dalla cosiddetta scuola storico religiosa romana, alla quale mi sono formato).


In quest'ottica non ho bisogno di "letture sociologiche" che poi si andranno a scontrare con la dottrina ufficiale della Chiesa.



La lettura sociologica della dottrina del peccato originale è quella che trova attualmente più riscontro sia nel dibattito teologico che nella manualistica e non mi risulta che abbia mai suscitato la censura da parte del Magistero, questo perché il Magistero della Chiesa ha ben chiara la distinzione tra il factum dogmaticum e l'influenza esercitata su ogni formulazione dogmatica dallo specifico contesto storico-culturale in cui questa è stata elaborata. Io sono tra i primi a sostenere che così come questa è stata elaborata da Schoonenberg, per esempio, non è totalmente soddisfacente e che vada emendata in un senso più metafisico per essere pienamente rispondente al significato che la dottrina ha nei pronunciamenti magisteriali, ma mi sembra che si tratti di una lettura molto interessante e convincente.


Infatti non posso dimostrare che l'unicorno non esiste, dovresti essere tu a mostrarmi che esiste, cosa che difficilmente potrai fare.



Si dà il caso che la teologia, nel suo rendere ragione della speranza che è i noi, non si limita a ripetere il dato rivelato, ma si sforza anche di trarre dal medesimo le conseguenze che logicamente gli appartengono, proprio come il geometra non si limita ad enunciare assiomi (che, in sé, non ci servono a molto), ma si cimenta nella deduzione dei teoremi con i quali costruisce l'edificio della propria scienza (che solo a questo punto diventa scienza dotata una qualche utilità). Io volevo solo farti notare come la parabola da te addotta per dimostrare come la dottrina del purgatorio fosse contraria alla Rivelazione in realtà non prenda minimamente in considerazione la fattispecie a cui tale dottrina corrisponde.


Questo è ciò che devi dimostrare, io non vedo niente di tutto ciò, sono anzi convinto che i santi siano più dei dannati. Non bisogna essere famosi come Francesco d'Assisi per essere santi. Le pie nonne , tanto per fare un esempio domestico, sono ben più numerose dei Totò Riina o degli Adolf Hitler. Io questa evidenza di male trabucchevole in jeovish-style non la vedo, francamente.



Gesù ha detto (usando un'iperbole) che chi avesse avuto anche un briciolo di fede avrebbe potuto ordinare alle montagne di gettarsi in mare e queste lo avrebbero fatto. Anche io sono convinto del fatto che i santi siano più dei dannati (e nutro persino la speranza che, alla fin fine, di dannati non ce ne siano affatto, almeno tra gli appartenenti al genere umano), ma dato che ho un concetto molto alto della grazia di Dio e ho di fronte gli eroici esempi di personalità quali San Francesco d'Assisi e Madre Teresa di Calcutta a dimostrarmi come e quanto questa possa operare nell'uomo, non riesco a spiegarmi la scarsità degli “sradicatori di montagne” se non ammettendo che la grazia trovi nello spirito umano una resistenza tale che solo in pochi riescono a superare in maniera tanto efficace da poter condurre per lunghi anni una vita nella più coerente sequela di Cristo. Ma se l'uomo è, di suo, perfettamente libero di scegliere tra il bene il male, non vedo in cosa possa consistere questa difficoltà che la grazia incontra lungo il suo percorso santificante.


Questo discorso funziona benissimo anche senza l'inclinazione al male. L'unica differenza è che se sei per natura incline al male non sei libero, ma sei un pupazzo uscito male dalla fabbrica.



L'inclinazione al male è un abito che rende più difficile per l'umana volontà l'orientamento al bene, ma che non annienta la libertà della medesima, proprio come il possesso della virtù, che è una disposizione positiva dell'animo umano, non rende necessario per il singolo il comportamento virtuoso, ma lo rende solo più facile da conseguire.


La difficoltà della fede è insita nel concetto di fede: fidarsi di una cosa che non si vede. Se Dio in qualche modo fosse un'evidenza indiscutibile, semplicemente non ci sarebbe l'opzione della fede. La nostra difficoltà deriva a mio avviso dal fatto che siamo razionali e liberi, non da un presunto difetto di fabbrica.



Per noi cattolici la fede è una virtù infusa, susseguente alla grazia e che può essere da questa rafforzata, anche attraverso i doni che arricchiscono l'esperienza dei grandi mistici che la storia della Chiesa (sia occidentale che orientale) annovera. La fede è un cimento ed un cimento molto arduo per via del peccato che ci portiamo dietro...

Vabbè, stamo sempre là...

Ti auguro una buona Pasqua, io sarò fuori circolazione per tutto il fine settimana, ci si rilegge quando ti sarai ripreso dalla veglia.
[Modificato da Trianello 17/04/2009 04:41]

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

17/04/2009 01:28
 
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Tu che scrivi:

"Dal fatto che tutti possono peccare non deriva che tutti pecchino. Rimane possibile che qualcuno non pecchi (anche se è difficile calcolarne la probabilità). Ne deriva che è possibile salvarsi anche senza la grazia, semplicemente perché questa non è indispensabile per la salvezza, anche se magari solo a livello teorico (ed ecco il cripto-pelagianesimo".


Atti 15:11
Ma noi crediamo che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesú allo stesso modo di loro".

Romani 3:24
ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesú.


Romani 5:15
Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesú Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti.

Romani 11:6
Ma se è per grazia, non è piú per opere; altrimenti, la grazia non è piú grazia.

Galati 2:21
Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.

Efesini 2:5
anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati),

No comment!

[SM=x570921]
17/04/2009 01:34
 
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Trianello scrive:

"Per noi cattolici la fede è una virtù infusa, susseguente alla grazia e che può essere da questa rafforzata, anche attraverso i doni che arricchiscono l'esperienza dei grandi mistici che la storia della Chiesa (sia occidentale che orientale) annovera. La fede è un cimento ed un cimento molto arduo per via del peccato che ci portiamo dietro..."

Ti chiedo:
1)Infusa da CHI??
2)A Quali DONI ti riferisci?
3)Quale peccato ci portiamo dietro? visto che LUI ha pagato?

Giovanni 1:29
Il giorno seguente, Giovanni vide Gesú che veniva verso di lui e disse: "Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!

Lettura da: Romani
3:23 difatti, tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio,
3:24 e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù,


Non voglio continuare... penso basti.

[SM=x570907]
[Modificato da Robenz 17/04/2009 01:35]
17/04/2009 01:37
 
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Ora ho capito [SM=g1543783] perchè questo TOPIC è intitolato le ERESIE della chiesa cattolica!! [SM=x570868] [SM=x570872]

[SM=x570890] [SM=x570907]

17/04/2009 03:04
 
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Caro Robenz,

prima di sparare una raffica di Post, sei pregato di leggere la discussione di cui questi vorrebbero costituire un commento, altrimenti non fai che ingombrare il Forum di interventi inutili come quelli che hai appena inserito qui.

Ad esempio:



X TRIANELLO
Tu che scrivi:

"Dal fatto che tutti possono peccare non deriva che tutti pecchino. Rimane possibile che qualcuno non pecchi (anche se è difficile calcolarne la probabilità). Ne deriva che è possibile salvarsi anche senza la grazia, semplicemente perché questa non è indispensabile per la salvezza, anche se magari solo a livello teorico (ed ecco il cripto-pelagianesimo".



Se avessi letto la discussione, sapresti che qui io stavo rispondendo a Teodoro Studita, cercando di illustrare il motivo per cui, a mio avviso, la sua posizione sia cripto-pelagiana (spero tu sappia che cosa si intende con il termine “pelagianesimo”). Quello che nega la validità della dottrina del peccato originale, infatti, è lui, non io.


Ti chiedo:
1)Infusa da CHI??



Secondo te?



2)A Quali DONI ti riferisci?



I doni dello Spirito Santo che caratterizzano la vita mistica.



3)Quale peccato ci portiamo dietro? visto che LUI ha pagato?



Qui il termine "peccato" era paolinamente inteso come indicante il frutto del peccato originale. Ti ricordo che rispondevo sempre a Teodoro, il quale nega la validità della dottrina del peccato originale. Secondo Teodoro Lui ci salva dai nostri peccati personali, per cui chi non abbia commesso peccati personali non ha bisogno che Lui lo salvi.


Ora ho capito [SM=g1543783] perchè questo TOPIC è intitolato le ERESIE della chiesa cattolica!! [SM=x570868] [SM=x570872]

[SM=x570890] [SM=x570907]



Secondo me, invece, non hai capito nulla.

[Modificato da Trianello 17/04/2009 03:10]

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

17/04/2009 13:47
 
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Secondo Teodoro Lui ci salva dai nostri peccati personali, per cui chi non abbia commesso peccati personali non ha bisogno che Lui lo salvi.



Per completezza dovresti dire che Teodoro il pelagiano ha anche detto che non esiste un uomo che non pecca, e che quindi la tua è pura accademia, come pure il giuridismo di cui è infarcita tutta la storia indulgenze-purgatorio-peccato originale (vedo dal tuo post che però finalmente hai realizzato che indulgenze e peccato originale sono legati, così come non sono date indulgenze senza purgatorio, e quindi che purgatorio e peccato originale vanno a braccetto).

Ora, visto che siamo palesemente a uno stallo e ritengo di aver detto più o meno tutto, mi sento solo di fare una precisazione finale. Non sto dicendo di non credere al "peccato originale", dico solo che questa terminologia non ha senso e va ri-semantizzata.
Ciò accade perché la cultura semitica di Paolo da una parte, e la natura non sistematica dell'esposizione del suo pensiero sulla Redenzione, hanno portato l'Apostolo a esprimersi (specialmente in Rm) in termini di teologia sacrificale. Questo modo espressivo se da un lato era il più chiaro per gli uditori ebrei a lui contemporanei, ha causato nei lettori medioevali e continua a causare anche oggi non pochi imbarazzi esegetici. Con un'altra chiave di lettura ci si accorgerà agevolmente che Paolo non intende affatto la Redenzione come un atto espiativo in sé, quanto piuttosto come il gesto culminante di una pedagogia divina formata sì di teologia sacrificale ed espiativa, ma il cui fine non è la soddisfazione di un Dio sanguinario ma il supremo insegnamento dell'amore paterno, disposto a qualunque sacrificio per ricondurre a sé il figlio smarrito.

In conclusione, i Padri della Chiesa non pensano affatto che lo scopo dell’Incarnazione del Verbo di Dio fosse salvare l’uomo dal “peccato originale”, quanto piuttosto quello di restaurare il rapporto d’amore tra Dio e la sua creatura incrinatosi nel corso della storia dell’uomo in virtù del suo peccato “strutturale”, ossia della possibilità di orientarsi al male. Il primo momento di quest’opera è di tipo cognitivo (riconoscere in Gesù Cristo il Figlio di Dio), il secondo è di tipo mistico (l’unione di tutti i cristiani in un solo corpo) e culmina nella divinizzazione della natura umana tornata ad essere "tempio dello Spirito" attualizzando l'unione teandrica già sperimentata in Cristo Gesù. Attraverso questo percorso pedagogico e salvifico l'uomo, come il figliol prodigo, può "tornare in se stesso" e, conoscendo la sua vera natura e la sua vocazione all'eternità, tornare ad essere libero dal peccato e dalla morte. Un diverso approccio al racconto genesiaco del peccato è pertanto possibile senza che il senso ultimo dell’Incarnazione ne sia in alcun modo intaccato.

A presto, e naturalmente... cordialità.


17/04/2009 14:41
 
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Scusami, ma in effetti mi sembrava un po strano comunque!!

Ciao
17/04/2009 22:28
 
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per Teodoro
beh visto che siete ad una situazione di stallo ed ognuno ha detto la sua, mi inserisco qual nano tra due giganti per chiedere altre chiarificazioni a Teodoro.

Dici che l'uomo non è incline al male, ma nonostante il peccato delle origini, il suo essere ad Immagine e Somiglianza di Dio non ha subito variazioni, l'uomo, anzi, è proteso verso il bene ed in ultima analisi verso il bene Sommo, Dio.

1) se così è, perchè compiere il bene e rimanere in amicizia con Dio costa fatica ed è una lotta?
Essendo protesi al bene, compierlo dovrebbe riuscirci facile, immediato e semmai fare il male dovrebbe costituire una lotta, in quanto contrario alla nostra natura tutta protesa al bene ?

2)Come spieghi il fatto che l'umanità anti diluviana si sia completamente corrotta e soltanto Noè insieme alla sua famiglia furono in amicizia con Dio?

3)Come spieghi le continue cadute del popolo d'Israele che nonostante tutti i benefici di Dio, appena si sentiva sicuro e tranquillo, cedeva alla tentazione dell'idolatria, dell'ingiustizia ecc ecc?
Se davvero siamo protesi al bene, sarebbe dovuto succedere il contrario, una storia tutta segnata dalla fedeltà, dalla riconoscenza e invece.....

Ti ringrazio per ogni eventuale chiarificazione a questi 3 dubbi

[SM=x570865]
[Modificato da Reietto74 17/04/2009 22:30]
19/04/2009 04:31
 
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Ma Reietto74 caro, se avessi letto con attenzione avresti di certo notato che io non ho mai affermato che l'uomo è "proteso" o "incline" al bene, ho sempre e solo negato che sia incline al male. Ho detto più volte che l'immagine e la somiglianza risiedono -a mio modo di vedere- nella razionalità e nel libero esercizio della volontà, e quando dico "libero" intendo privo di ogni condizionamento, non solo verso il male.
Ciò suppongo risponda alle tue domande [SM=x570864]
E ora penso che andrò finalmente a dormire.
Cristo è risorto!

19/04/2009 09:55
 
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Re:
Teodoro Studita, 19/04/2009 4.31:

Ma Reietto74 caro, se avessi letto con attenzione avresti di certo notato che io non ho mai affermato che l'uomo è "proteso" o "incline" al bene, ho sempre e solo negato che sia incline al male. Ho detto più volte che l'immagine e la somiglianza risiedono -a mio modo di vedere- nella razionalità e nel libero esercizio della volontà, e quando dico "libero" intendo privo di ogni condizionamento, non solo verso il male.
Ciò suppongo risponda alle tue domande [SM=x570864]
E ora penso che andrò finalmente a dormire.
Cristo è risorto!





Dimenticavo che oggi è la vostra pasqua... auguri!!!
ciao caro
20/04/2009 15:12
 
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Per completezza dovresti dire che Teodoro il pelagiano ha anche detto che non esiste un uomo che non pecca, e che quindi la tua è pura accademia, come pure il giuridismo di cui è infarcita tutta la storia indulgenze-purgatorio-peccato originale (vedo dal tuo post che però finalmente hai realizzato che indulgenze e peccato originale sono legati, così come non sono date indulgenze senza purgatorio, e quindi che purgatorio e peccato originale vanno a braccetto).



Au contraire, non ho fatto che ribadire quello che ho sempre detto, vale a dire che dottrina del peccato originale e dottrina del purgatorio sono legate solo in mono indiretto e che l'una può tranquillamente sussistere anche senza l'altra. Anche qualora l'uomo non nascesse macchiato dal peccato originale, infatti, dovrebbe comunque scontare la “pena” derivante dai suoi peccati.


In conclusione, i Padri della Chiesa non pensano affatto che lo scopo dell’Incarnazione del Verbo di Dio fosse salvare l’uomo dal “peccato originale”, quanto piuttosto quello di restaurare il rapporto d’amore tra Dio e la sua creatura incrinatosi nel corso della storia dell’uomo in virtù del suo peccato “strutturale”, ossia della possibilità di orientarsi al male.



Evidentemente, su questo tema siamo su posizioni abbastanza distanti, anche se comincio a ritenere che la distanza sia più terminologica che sostanziale, in quanto il tuo rifiuto aprioristico delle categorie giuridiche che la teologia cattolica (e non solo questa) utilizza per parlare nel modo più semplice possibile di questi temi, a mio modesto avviso, ti impedisce di cogliere lo schema fondamentalmente teleologico che sostiene tutto l'impianto.

Comunque, credo anche io che la discussione sia arrivata ad posizioe di stallo e, pertanto, sia praticamente esaurita.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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