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pensieri sparpagliati e racconti di varia umanità...

Ultimo Aggiornamento: 15/02/2009 15:31
15/02/2009 15:31
 
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stella by starlight
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Tra tutti gli inghippi che mi hanno tenuto lontano dalla vita digitale, alcuni sono indicibili, perlomeno per ora, per personale pudore. Lo stesso tipo di pudore che mi ha tenuto fuori dalle discussioni su Eluana. Quindi non ho parlato di lei, e a maggiore ragione non ne parlerò adesso che non c'è più. Però... però vorrei parlare di chi ne ha parlato, di chi ha pasteggiato cannibalescamente sul suo corpo, e anche un po' di me. Quindi, un avviso: forse quello che scriverò non ti piacerà. Se ritieni, smetti pure qui la lettura, e resteremo amici.

...

Ci sei ancora? Allora io vado...

...

Lo scrivo solo perché so che tanto loro non verranno mai qui a leggere, ché finiremmo in colate di miele che personalmente detesto (è la ragione per cui non ho mai preso in considerazione la conversione all'islam: le donne del paradiso dovrebbero essere NON vergini, ché la volta migliore è la millesima con la stessa persona, mica la prima... e poi i fiumi di miele no, perdiana! piuttosto caffè, cioccolato, barolo, ma... miele??!? ma siamo matti?!? vabbè, andiamo avanti...).

Le sole persone da cui potrei accettare discorsi su fede e sacralità di ogni vita sono i miei genitori. Mia mamma e mio papà. Bruna e Mino. Loro, insomma.

Mica per altro. Perché da loro non dovrei ascoltare nessuna opinione: dovrei soltanto assaggiare vita. Lo hanno scelto appena sposati, anzi prima. Avevano trovato la casetta dei loro sogni (per i padani sarà normale, ma in una città come Genova è pura fantasia), indipendente, con giardino, eppure in centro. Da principesse delle favole. Però Ercolano, il loro amico distrofico, non avrebbe potuto andarci. Niente casa dei sogni, appartamento di 40 mq in affitto in un palazzone. Per amore della vita intendo questo.

E subito dopo, hanno saputo di persone che venivano dalla Sardegna con un bambino malato, terminale, perché qui c'è un ospedale pediatrico di eccellenza, e avevano difficoltà per l'alloggio. Stavano partendo per le ferie, hanno rinviato di un paio di giorni per poter lasciare le chiavi di casa a questi sconosciuti e cedergliela; poi sono tornati, e si sono stretti per starci tutto il tempo che sarebbe servito. Per amore della vita intendo questo.

Per inciso, il bambino è morto. Condividere un dolore così innaturale. Farsene carico. E poi, forse ancora più dura, imparare a dire addio e a sparire, perché il tuo ruolo è finito. Sarebbe successo, per uno di quei passaparola che pensi da film, decine, decine, decine di volte. Non sto scherzando.

Ho vissuto una vita intera circondato da affetti dolorosi, persone che passavano da casa nostra nel loro momento peggiore, e ci stavano settimane, mesi, per condividere brandelli di vita, dolori, morti. Qualcuno aveva un figlio, qualcuno un marito, qualcuno se stesso. E con ognuno ho costruito relazioni, ho imparato il dolore, ho appreso la normalità della sofferenza, la possibilità della fiducia. Aurora, per dire, è stata con noi mesi, tra ospedale e casa. Lei e i suoi fratelli, i suoi genitori. Bastava stringersi, e condividere. La chemio. La prima comunione fatta di fretta, perché ci teneva. E la settimana dopo sarebbe stato troppo tardi. Aveva nove anni. Per amore della vita intendo questo.

Non è questione di fare da lazzaretto. E' questione di aprire la porta. Ho scoperto tardi, già grandicello, che tutto questo non era precisamente "normale". Avevamo cambiato casa, questa era più grande, con il terrazzo. C'è spazio. Mio padre si è licenziato quando gli hanno chiesto di fare la cresta sui bilanci. Si è messo in proprio, un lavoro in cui poteva guadagnare milioni al mese, in nero, in assoluta sicurezza. E invece ha scelto di restare nella legalità a costo di non fare i regali di compleanno ai propri figli. Per amore della vita intendo questo.

Paul era un ragazzo inglese già espulso dall'Australia, e si prostituiva per strada. Anche lui è stato in casa nostra. Nella settimana-tipo potevo avere a cena una sera il prete della parrocchia, un'altra un professore universitario, un'altra un transessuale mandato da amici, una mamma col figlio morente, un uomo a cui hanno diagnosticato un tumore terminale... Ok, è la vita, dov'è il problema? Quella è la porta, noi siamo questi, se vuoi condividere un pezzetto di vita ecco, la tavola è questa. Prima magari lavati le mani. Per amore della vita intendo questo.

Quando Pippo aveva bisogno di piastrine, nessuno di noi quattro in famiglia poteva donarle. Abbiamo chiamato a raccolta fidanzate, amici, compagni degli amici, sconosciuti coinvolti pressocché per caso... Mobilitare per la vita è questo, mica manifestare davanti a una clinica. Per inciso, Pippo è morto comunque. Ma all'ospedale ricordano ancora la processione inaudita di gente sconclusionata venuta a donare piastrine, non l'avevano mai vista, c'erano avvocati e giovani punk con tanto di cresta, studentesse universitarie vestite a puntino e commercialisti tremolanti che se la facevano sotto, ma alla fine si erano decisi. Per amore della vita intendo questo.

E Stefano? E' stato con noi quattr'anni. Chiaro che un adolescente antipatico e malato non lo vuole nessuno. Eppure. Questo mi è pesato, e manco poco. Alla fine, non ne potevo più, lo riconosco. Quando è andato via, è stato liberatorio, perché mica bisogna fingere che sia sempre tutto bello e facile e edificante. Non ne vado fiero, l'ho evitato per un pezzo. Prima di ogni coma (il ragazzo aveva un che di teatrale) ha però sempre cercato i miei, anche dopo anni. E c'erano solo i miei con lui quando è morto. Nonostante i pesci in faccia, le batoste. Erano lì, a tenergli le mani. Per amore della vita intendo questo.

Perché? Se volessi chiederglielo, farebbero spallucce. Forse, se insistessi, ti racconterebbero che per loro il vangelo è una cosa che conta, e che hanno deciso di crederci. Ma non con la testa, o con il cuore. No, no: con il corpo, con la vita. Per questo sono gli unici da cui potrei accettare discorsi su fede e sacralità di ogni vita. E forse, diciamocelo, anche perché non ne hanno fatti. Anzi, semmai...


il coccia
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