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Amarcord

Ultimo Aggiornamento: 27/03/2024 10:46
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24/09/2020 11:07
 
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www.asroma.com/it/notizie/2020/09/la-roma-di-giorgio-rossi-dalla-...
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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24/09/2020 12:09
 
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e la P di Pallotta, James?
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24/09/2020 12:28
 
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Haessler piu' che tirchio era succube della moglie che gli gestiva
tutto, in particolare i soldi.

E quando poi qualche anno fa ha chiesto e ottenuto il divorzio lo ha lasciato senza un euro.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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La K de Koffour che lo baciò in testa a Tromso [SM=x2478856]

Comunque che Bati fosse tre pinze e 'na tenaja la raccontano tutti, segno che mesà che è vero.
[Modificato da jandileida23 24/09/2020 12:40]
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Sono la rovina della Roma


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05/11/2020 18:26
 
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Beccato su raiplay uno speciale su Massimo Palanca ..uno di quelli che ci segnava sistematicamente.
Riproposto il famigerato Roma -Catanzaro 1-3 con tripletta e primo gol da calcio d'angolo.

Palanca raccontava che questi gol da calcio d'angolo li perfeziono' proprio in quell'anno con Carlo Mazzone allenatore..diceva che sentiva tantissimo la partita contro la Roma.
All'andata fece gol da angolo ma diedero autogol di Rocca.

Il segreto diceva che era Claudio Ranieri che si metteva sul primo palo coprendo il portiere avversario. [SM=x2478856]
Lui calciava forte tagliato a giro e spesso prendeva la porta.
[Modificato da Sound72 05/11/2020 18:26]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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06/11/2020 00:24
 
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da quello che si racconta era un bel giocatore anche se alla fine giocava nelle provinciali, io però non lo ricordo. Non sapevo dei calci d'angolo, forse oggi sarebbe più difficile infatti è raro il gol su calcio d'angolo.
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06/11/2020 14:05
 
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Palanca un macello per noi, i gol su calcio d'angolo avoglia... prima di Eder. Era il tipico centravanti che avete potuto, dovuto, ma poi è rimasto nella dimensione provinciale, ma aveva mezzi.
Un altro che si svegliava solo contro di noi e ci segnava spesso in quegli anni era Greco dell'Ascoli.


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24/11/2020 20:46
 
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Superchi e Righetti: ragazzacci da Tricolore 40 anni dopo

L'INCONTRO

Metti a pranzo ad Allumiere il più esperto e il più giovane della squadra dello scudetto 1982-83: ecco il racconto
Superchi e Righetti.

Franco non sapeva niente. Grazie all'impeccabile organizzazione del figlio Giampaolo alle 13 è arrivato al ristorantino dietro casa ad Allumiere pensando di andare semplicemente a un pranzetto di famiglia. Ma quando è entrato - il video lo potete trovare sul sito de Il Romanista - si è trovato al tavolo un ragazzetto che ha conosciuto quarant'anni fa a Trigoria e con il quale negli anni il feeling è rimasto intatto. Franco Superchi e Ubaldo Righetti, il "Ciocio" e il "bimbo", il più maturo («non scrivere il più vecchio sennò s'in...quieta») e il più giovane della rosa che nel 1983 ha riportato a Roma il tricolore dopo quarantuno anni. Insieme a pranzo dopo tanti anni, davanti al taccuino del vostro cronista. Ne sono uscite due ore di ricordi commossi e risate viscerali, tra aneddoti raccontabili e altri che resteranno nel segreto del desco, come usa tra compagni di squadra.

«Sei sempre un figurino, ahò», attacca Ubaldo Righetti. «E come ho da esse?», la risposta di Franco, che da ora in poi metteremo in corsivo proprio per distinguere i due interlocutori senza togliere ritmo al racconto. «Dev'essere l'aria buona di queste parti, non è proprio vicino». «Ma io sono sempre stato qui, a Roma non ci ho mai vissuto». «Davvero? Tornavi sempre a dormire qui? Ma è un viaggio da Trigoria...». «Ma io pure quando facevamo doppia seduta tornavo a pranzo ad Allumiere. Per me casa è qui. Certo, ogni tanto mi annoio». «Vabbè, sei sempre il solito brontolone, me lo ricordo che ti lamentavi sempre». «Macché, io so' contento, lo sono sempre stato. Certo ogni tanto se qualcosa non mi piace lo dico». «Si sta meglio in provincia che in città, fai bene a stare qui. E te lo dico io che infatti in città non ci vivo. Nei paesi ci si parla ancora, ci si conosce tutti, ci si chiede "come va?"». «Ma io infatti sempre qua so' stato e ovviamente conosco tutti. E quando ho giocato a Firenze e a Verona le vacanze estive le passavo qui». «E come l'hai fatti vive' ‘sti pori figli... (e giù risate, col primo bicchiere di vino, ndr)». «Ahò, piano co' ‘sto vino. Io non bevo, poi me pija subito alla testa».

L'atmosfera è subito cameratesca, per dei compagni di squadra che hanno oltretutto vissuto l'incredibile emozione di vincere uno scudetto a Roma, gli anni di lontananza si perdono anche nell'acqua minerale. Righetti di quella Roma era proprio il bimbo. Arrivò in giallorosso a diciassette anni, e strinse subito con Superchi, che invece arrivò qui nello stesso anno, ma per lui l'anagrafe segnava 36. Nessun nonnismo, però.

«C'era rispetto, io portavo la borsa a Turone, per esempio. Ma non me lo imponeva lui. Magari mi consigliava di farlo un magazziniere...». «Ammazza, Ramon era proprio un duro, ma anche un bonaccione». «A me faceva abbastanza paura Ciocio, la borsa gliela portavo volentieri...». «Ma tu lo sai perché me chiamavate Ciocio?». «Oddio, no. Perché eri un buono?». «Macchè, colpa di un mio compagno nella Fiorentina, uno di Pordenone, dai metodi un po' spicci. Quando mi chiese da dove venivo, gli risposi "Allumiere", vicino Roma. "Ah, allora sei ciociaro". E io: "Macché ciociaro, da me alla Ciociaria ci stanno 200 chilometri". E lui: "No no, sei ciociaro". E così prese a chiamarmi prima Ciociaro e poi Ciocio, per semplicità». «Ah ah ah, non lo sapevo». «A me come me chiamavano non me fregava niente. Giocavo a pallone, era il mio sogno. Dopo aver fatto il calzolaio e scaricato per mesi carichi di legname giocare era una gioia pura». «Ciocio, ma ti ricordi che razza di capitano era Agostino?». «Meraviglioso, che bella persona». «Io mi ricordo che per dimostrare affetto dava dei pizzichi sulle braccia. Me ritrovavo certi lividi... E poi faceva lui le trattative con Viola. Ogni tanto ci diceva: "Ho dovuto concedere qualcosa, ma vedrete che ce la riprenderemo". Ci sentivamo tutti sempre tutelati». «E il Barone? Che mito. È stato lui a volermi alla Roma, ce l'avevo avuto alla Fiorentina. Gli serviva un vice leale, mi preferì a Memo del Foggia. E sono stati quattro anni bellissimi». Con una sola partita giocata, nel giorno dei festeggiamenti dello scudetto con il Torino: «Franco (Tancredi, ndr) non ne voleva sapere di uscire. All'inizio del secondo tempo mi sono alzato dalla panchina e ho detto a Liedholm: "Mister, io entro eh"». «E lui immagino che ti abbia risposto: "Ma scerto Franco. Te lo stavo per chiedere". Ahahahahah». «Esatto. In allenamento mi sfondava. Quando mi diceva che mi tirava all'incrocio io ogni volta pensavo di poterci arrivare e invece prendeva sempre il sette».

«E ti ricordi quella volta che s'è strappato? Ha sentito il dolore, si è toccato un attimo, poi però ha voluto rassicurarci: "non è niente, continuo a tirare, tranquilli". E giù altre botte imparabili. Alla fine s'è fatto guardare: aveva uno strappo al muscolo». «Sì, un fenomeno. Una volta non c'erano gli allenatori dei portieri. Io avevo Tessari che a volte mi allenava, ma quasi sempre era Liedholm con i suoi tiri. Oppure con le partitelle». «Ricordo quell'altra volta in cui il Barone ci raccontò di quando a San Siro giocò una partita con un infortunio alla caviglia. Non poteva calciare, ma disse ai suoi compagni di non farci caso: "Ji dissi di non preoccuparsi, io sempliscemente non potevo casciare. Fesci cinquanta minuti di corsa continua, coi movimenti mi portavo via due difensori e liberavo gli altri pe' fare gol...". Ahahahha, cinquanta minuti di corsa continua, un mito...». «E in allenamento facevamo sempre partitelle». «Ricordo che per allenare noi difensori ci faceva stare sempre in inferiorità numerica: 4 contro 6, contro 8, contro 10, dovevamo cercare sempre di non prendere gol, erano grandi allenamenti». «E poi Agostino tirava certe botte...». «Ma non aveva una particolare muscolatura. Era tutta coordinazione. Il suo segreto è stato quello. Guarda le foto mentre calcia: è perfettamente coordinato». «Però, Uba'... Le formazioni in qualche modo erano influenzate dal mago...». «Sì, me lo ricordo. E guai a farlo arrabbiare». «Una volta lo vidi prendere per la maglietta Turone, lo alzò di peso». «Quello non lo ricordavo. Con Ramòn ci voleva un bel coraggio. Io però davanti agli occhi miei ricordo che prese Brunetto al collo, sotto la doccia: Bruno era un istintivo, forse aveva fatto un gesto che non gli era piaciuto. Però pure tu eri uno che si arrabbiava spesso». «Ma dai, non me lo ricordo». «Sì, quando non vuoi raccontare non ti ricordi... Nelle amichevoli e nelle partitelle quando giocavi ti infuriavi se prendevamo gol». «E certo, magari in amichevole entravo sul 3-0 e voi cominciavate a giochicchiare. Io se prendevo gol mi arrabbiavo sempre».

Dagli antipasti passiamo alla carne, sembra di essere tornati indietro a quei giorni fantastici, all'epopea di una Roma irripetibile. Introduciamo il tema Dino Viola, il presidente gentiluomo di una società che fece inorgoglire ogni tifoso: «Quando arrivai a Trigoria chiamato da Liedholm mi guardò perplesso. Superchi, ma lei ha già i capelli bianchi? Non le daranno del vecchio, poi? Io ero imbarazzato, non sapevo che dirgli. Ma gli promisi che avrei sistemato la cosa. Così comprai una lozione che riportava i capelli al loro colore naturale, Grecian si chiamava. E risolsi... Tu invece c'avevi ‘sti boccoli neri». «Sì, ma pensa che a me i capelli cambiano col tempo. Da ragazzino ce l'avevo crespi, non ricci. Poi mi sono cresciuti, si sono ammorbiditi e mi sono venuti quei boccoli. Poi sono ritornati crespi, adesso sono più lisci. Tu invece ce l'avevi così a 40 e ce li hai uguali adesso... Ti ricordi come ci salutava Viola?». «Col gomito». «Esatto, col gomito. Come si usa adesso ai tempi del Covid. Lui salutava così. Una volta Michele Nappi mi disse, se si avvicina e mi saluta così gli do un pizzico. E lo fece sussultare. Pure Michele era un tipo tosto».

«E poi c'avevamo Fabbri a vigilare su di noi». «Che persona Fernando. Quando eravamo in ritiro e Viola non c'era lo chiamava ogni sera. E gli chiedeva conto delle cose che aveva saputo. Tipo di quel giocatore che era uscito, quell'altro che aveva litigato, o quello che era stato maleducato con qualcuno. E Fernando: "Presidente, ma che dice? Io c'ero, ho visto tutto, le hanno raccontato male. Non è successo niente di tutto questo. E se non mi crede, presidente, io sono anche disposto a farmi da parte". Poi magari veniva da noi e ci cazziava, ma era sempre dalla nostra parte». «Dai, eravamo un gran gruppo. E avevamo dei leader che tutti ascoltavano». «Sì, ricordo certe riunioni. A parlare erano quasi sempre Di Bartolomei o Falcao. E noi quando parlava Agostino guardavamo Paulo per capire che atteggiamento tenere, e viceversa. Alla fine eravamo sempre tutti d'accordo».

Non era certo epoca da procuratori, allora. Anche le trattative sull'ingaggio le facevano da soli: «Io una volta andai con mio suocero. Ma solo per darmi un contegno, lui aveva un'attività imprenditoriale e pensavo potesse aiutarmi». «E a che è servito?». «A niente, ahahahah: siamo entrati a casa del presidente Viola, dopo cinque minuti siamo usciti con il contratto già fatto, il tempo della firma». «Io pure qualche fregatura l'ho presa: ma chissenefrega, mi piaceva troppo giocare a pallone. Una passione che non ho mai perso». «Ma ancora vai sul campo?». «Certo, anche ieri. Di questi tempi solo allenamenti distanziati, ma i ragazzi faticano a prendere i miei tiri». «Come faceva Liedholm».

Arrivano i caffè, al tavolo si uniscono anche il presidente del Tolfa, Alessio Vannicola, e il bomber del Tolfa, che di nome si chiama Federico e di cognome Superchi, è la terza generazione della famiglia, un centravanti infallibile: «Nonno mi racconta sempre di Boninsegna». «Grande attaccante, Bonimba. Un giorno m'ha fregato però. Mi conosceva come portiere, gli avevo già parato due rigori. E quando mi tirò il terzo io pensai che avrebbe cambiato modo di calciare e lui pensò che io l'avrei pensato. Così non cambiò e mi fregò. Io gli attaccanti me li studiavo sempre in televisione. E spesso li fregavo». Ma la sera di Roma-Liverpool non era in panchina: «Quell'anno ero il terzo portiere, ero in tribuna. Quando finì tutto scappai di corsa, tornai qui ad Allumiere». Righetti abbassa lo sguardo. A distanza di 36 anni fa ancora male. Entra nella carne anche oggi. L'unico argomento di tutta la giornata su cui nessuno ha voglia di scherzare.
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Bel pezzo di Lo Monaco su Il Romanista
[Modificato da lucaDM82 24/11/2020 20:47]
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25/11/2020 14:55
 
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Ammazza, Allumiere-Trigoria bel viaggetto...
Bel pezzo si, si capiscono tante dinamiche di quella squadra
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11/01/2021 17:19
 
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Scomparso Enzo..segnò il primo gol in Serie A in un derby capitolino finito 1-0: era il 23 ottobre 1966 e Enzo, dopo 16 minuti, schiacciò in rete un assist di Peirò. La Roma lo ha ricordato con un tweet.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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11/01/2021 20:43
 
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Rip. Posto una sua intervista
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Fabio Enzo è un omone di 52 anni, faccione cattivo, baffi da turco, pelata alla Zidane. «Faccia cattiva? Ma dai, son bon come un toco de pan. Sono sempre stato buono, buonissimo, fuori dal campo. In campo un’ altra roba. Lì dovevi arrangiarti, c’era gente come Burgnich, Bercellino primo, Poletti. Robotti. Duri, difficili. E allora chi aveva i denti doveva mostrarli». Il mare di Cavallino è mosso. Fabio Enzo ha una casa sul mare e aspetta due amici pescatori. «Sono usciti presto, torneranno prima di pranzo con roba fresca e ci facciamo subito una bella fritturina. Eh? Intanto andiamo all’Hotel». Cavallino è un piccolo centro attaccato a Jesolo. La piazza con un monumento a un piccolo cavallo. Una volta era il posto dove i ricchi, forse i dogi, tenevano le loro mandrie. La piazzetta, il mercato, i camping, gli alberghi.

Fabio Enzo, centravanti della Roma, del Mantova, Cesena, Napoli, Verona e Novara, lavora all’Hotel Solemare.
«Da quindici anni e fasso de tuto. Tutto quel che capita. Il cameriere, il giardiniere, i lavori pesanti e quelli leggeri, il portiere e il guardiano. Diciamo che sono l’uomo di fiducia del paron. Mi sono ritirato nel 1983, giocavo a Biella, e ho messo su un attività sportiva, gestivo dei campi da tennis dentro un camping. Poi le cose sono cambiate e Dino Donadon, un mio vecchio amico, mi chiama e dice: “Perchè non mi dai una mano in albergo?”. Pronti, si combina subito. Sono ancora qui. Si lavora, sono contento, Dino dice che sono il suo braccio destro».

E il calcio? Gli piace, lo segue, fa la raccolta dei gagliardetti, ha riempito le pareti della sua ampia taverna con gli stemmi delle squadre di tutto il mondo, qualche volta va a fare l’arbitro nei tornei. Gli piace anche ricordare, così, di striscio, quando si va sul discorso.
«Facevo il centravanti di sfondamento, avevo un buon colpo di testa. C’è chi dice che Bobo Vieri mi somiglia. Può darsi. Fra serie A, B, C e D ho fatto sedici anni di calcio. Un bel pò, eh? Poi sono tornato a casa e non mi sono più mosso. Sono tornato con una moglie australiana nata a Cesena e una figlia, nel 1983. Mamma Venerina era rimasta sola, mio padre, magazziniere al Gazzettino di Venezia, era mancato tre anni prima. La mamma vive con noi».

Legami forti, la famiglia, la casa sul mare, gli amici, il profumo dei fiori e della laguna.
«Dove si sta meglio di qui? Pensa, ho giocato a Novara, c’era Parola allenatore, il più grande di tutti. Un giorno il presidente mi dice: “Fabio, se vuoi dopo puoi restare a lavorare qui, ti troviamo un posto da fattorino in banca”. No no, ho detto, io ho bisogno di muovermi all’aperto, l’ufficio non fa per me. Ricordi Udovicich, lo stopper pelato?
Lui credo lavori ancora in banca. L’ho visto poco tempo fa: identico, sempre lui, alto e pelato come quando aveva venticinque anni».

Arrivano i pescatori con le cassette dei pesci, moleche, moli, gamberi. Frittura al ristorante di Nerio Tonon, in piazza. “Visto? Dal mare, al piatto. Senti che boni, senti che carne“.
Nerio Tonon è l’ uomo che lo ha lanciato. Dal Cavallino ai giovani del Venezia.
«Era così bravo, Fabio, che non potevamo tenerlo. Anche perchè era un irruento. Allora, d’accordo con suo padre, Bruno, lo abbiamo mandato in prova: il giorno stesso sono arrivate centottantamila lire. Cento alla società, ottanta per lui, per i vestiti e la biancheria».
L’oste-allenatore Tonon va dentro il banco e torna con un pacco di foto e ritagli di giornali. Enzo con la Roma, Enzo in tournè e accanto a Pelè, con Altafini a Napoli, il gol nel derby con la Lazio. Foto senza riferimenti e didascalie. Che anno?
«Il 1966. Sesta giornata, 23 ottobre». Sicuro? Come fa a ricordare tutto? «Come faccio? Semplicissimo: è stato il mio primo gol in serie A. E nel derby di Roma, non so se mi spiego. Quella volta abbiamo dominato e io ho segnato di testa dopo un quarto d’ora, un gran colpo, centrale. In porta loro avevano Cei, che poi ha parato un rigore a Barison. Un ricordo incancellabile, come gli anni romani. Un tuo gol che decide il derby è qualcosa che non si può descrivere. Ricordo che proprio un grande giornalista della Gazzetta, Luigi Gianoli, mi fece un articolo a tutta pagina. Lo conservo ancora, ben piegato. Sai, un pagina intera su uno che di cognome fa Enzo. Non mi chiavamo mica Sivori o Rivera o Riva».

Si rivede nella Roma allenata da Oronzo Pugliese. «Un omo de una volta. Pittoresco, rumoroso, preparava a modo suo le partite. Era un pò maniaco e superstizioso. Una sabato pomeriggio andiamo al cinema, in programmazione c’ è il Dottor Zivago. Succede che il giorno dopo vinciamo e Pugliese sai cosa fa? Ci porta tutti gli altri sabato a rivedere lo stesso film. Più di un mese, due palle che non ti dico. Scappavamo via dalle uscite di sicurezza, non ne potevamo più. Lara, Yuri, il Dottor Zivago, la carica dei cosacchi ci uscivano dagli occhi. Oronzo però si piazzava sulla porta centrale e ci rispediva indietro. Era così, quando allenava il Bari andava in campo con il galletto».


Bianco fresco, i pesciolini vanno giù che è una meraviglia. E Fabio Enzo, il cameriere giardiniere factotum racconta il suo calcio, i suoi viaggi e i suoi sperperi. «Non guadagnavo molto, ma spendevo tutto. Ero giovane, ero un calciatore di serie A e mi godevo la vita. Una volta siamo all’aeroporto di New York con la Roma, passa una hostess bellissima ed io, senza capire una parola di americano, gli dico: va anche lei a Roma? Fa sì con la testa. Bene, gli dico, se vedemo in aparechio. A bordo facciamo amicizia e ci diamo appuntamento. Si chiamava Linda…».
Questo si può scrivere? Non è che sua moglie… «Macchè , scrivi, scrivi… xe passà tanti ani e poi Patrizia sa tutto».
Racconta la love story americana. «Ogni volta che c’era la sosta, partivo per New York. Ai dirigenti dicevo che andavo a Jesolo e invece… Quanti viaggi e quanti schei. Lei mi faceva fare lo sconto, ma erano pur sempre fior di carte da mille che partivano. Pensa che el negro che faceva il guardiano davanti al suo palazzo ormai mi conosceva. Mi diceva hello Enzo e io gli davo dieci dollari di mancia ogni volta. Poi facevo i conti: dieci dollari, otto nove mila lire, una cifra. Mi veniva voglia di tornare indietro e farmi dare il resto».

Sorride e alza le spalle. «Robe vecie, ma è bello pensare che sono successe. Come la mia serie A. Adesso ho una bella famiglia, Daria, una figlia che studia ed è brava, un posto dove lavoro come voglio io. Sì, certo, anche con il badile, ma perchè il badile sono io che voglio prenderlo in mano. Un posto di amici e il mare davanti a casa. Se penso che volevano chiudermi dentro una banca me manca el fià, mi manca l’aria».

Testo di Germano Bovolenta
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13/08/2021 14:14
 
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e niente ieri mi sono imbattuto in questo.
Era proprio appena scoppiata Calciopoli. Sto a ride da ieri, stamattina dicevo "SCEVCHENKO!" da solo per casa.



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17/12/2021 00:38
 
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Stasera mi è rivenuto in mente il Treviso in serie A.

Con Gianni Guigou [SM=g7557]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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17/12/2021 09:52
 
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e se non sbaglio Reginaldo che conobbe la Canalis proprio per l'occasione :D
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17/12/2021 22:45
 
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Manco erano malissimo... Sereni, Handanovic, i Filippini, Maggio, Pinga, Borriello
Certo all'epoca la serie A era un filino più competitiva
[Modificato da ShearerWHC 17/12/2021 22:51]
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07/04/2022 09:43
 
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Scomparso Emiliano Mascetti, bandiera del Verona ma anche direttore sportivo della Roma per molti anni.
Immagine che ho di Mascetti con impermeabile chiaro vicino a Liedholm o Bianchi sempre molto appassionato.
Tante partite di coppa, c'era sempre in panchina.
Da calciatore era regista avanzato molto fisico ma sono ricordi sfumati più per immagini che altro.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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07/04/2022 17:48
 
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lo avevo nominato chi giorni fa.
Uno dei due direttori sportivi migliori, sul mio personalissimo cartellino storico, insieme a Perinetti.


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07/04/2022 22:12
 
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Grande Mascetti. Rip
PS fece firmare Tommasi tra l'altro
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11/04/2022 09:53
 
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Neanche un minuto di silenzio, io lo avrei chiesto qua a Roma, quelli a Verona si sono pure dimenticati le fascette nere a lutto in albergo.


Almeno adesso nn se inginocchia piu' nessuno..però ce sta la scritta peace in tv in sovraimpressione (che all'inizio era No war e pareva no var).

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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11/04/2022 10:06
 
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Che vergogna.
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