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1492 Inizio della conquista

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2008 13:06
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13/01/2008 18:01
 
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1492 Inizio della conquista

Tutto nacque per colpa di un genovese testardo a noi tristemente noto, che nel 1492 e precisamente il 12 Ottobre, mentre con le sue tre caravelle (sempre prese in prestito per chiara tradizione) era alla ricerca delle sue introvabili e famose Indie, e per caso scoprì l'America e la Venere dei Caraibi.
Sbarcato a terra, baldanzoso e fiero della sua conquista, con in mano la croce e la spada, disse: "Appena sbarcato sulla prima isola ho fatto molti prigionieri indiani".
Da quel giorno nacque quel famoso nome di Indiani o Indios; in sèguito gli venne dato il nome di Pellerossa, con l'unica giustificazione che la loro pelle si differenziava dal colore roseo latteo europeo; essi infatti avevano una pelle brunastra a seconda dell'orda o del gruppo etnico a cui appatrenevano, alcune volte era addirittura marrone scuro ed il rosso che si notava dipendeva esclusivamente da tinte color rosso ocra con le quali si cospargevano il corpo per riti e cerimonie religiose.
In una lettera scritta a sua maestà il Re e alla Regina di Spagna, così Cristoforo Colombo li definisce: "Questa gente è così docile e pacifica che giuro alle vostre maestà che non vi è al mondo nazione migliore.
Essi amano i loro vicini come se stessi e i loro discorsi sono sempre dolci e gentili ed accompagnati da un sorriso. Sebbene sia vero che sono nudi, le loro maniere sono decorose e lodevoli".
"Le loro maniere sono decorose e lodevoli", qui il nostro caro navigatore, uomo retto, scambiò tutto per un segno di debolezza ed era fermamente convinto che quel popolo da lui sottomesso fosse fatto per lavorare, seminare e fare tutto ciò che si poteva ed era necessario adottare ai costumi europei. Fu inaugurata proprio da lui la pratica di bruciare vivi gli indiani che si ribellavano o che continuavano a praticare le loro antiche usanze accusandoli di paganesimo e di aver rapporti col demonio, usanza che fu fatta propria dagli spagnoli, quegli stessi spagnoli che massacravano a fil di spada e in nome di Dio migliaia di indigeni, attratti dalla cupidigia dell'oro e della conquista.
Con questa scoperta il mar dei Caraibi diviene un via vai di bande di avventurieri pronti a tutto, appena usciti dalle galere, comandati dai Cortes e dai Pizarro alla ricerca dell'oro e per diffondere nel Nuovo Mondo la fede cristiana.
Nei quattro secoli seguenti dal 1942 al 1890 questi europei fecero di tutto per piegare e imporre le loro futili tradizioni ad un popolo quieto e mite.
Essi incontrarono per la loro strada popoli come i Maya, situati negli attuali stati del Guatemala e del Messico settentrionale; i Maya espressero la cultura più avanzata dell'intera America precolombiana, avendo già un'economia essenzialmente basata sulla coltivazione del granoturco.
I Maya furono i primi ad usare il sistema numerico ed a chiarire i fondamenti della matematica; conoscevano lo zero ignoto, i numeri decimali, le tavole logaritmiche e i calcoli astratti; e queste cose davano modo ai sacerdoti di studiare e stabilire le stagioni e il loro susseguirsi, tutto ciò permetteva loro di seminare e raccogliere nei periodi più propizi dell'anno.
Non da meno dei Maya erano gli Aztechi che vivevano una struttura sociale molto salda; questi si erano appropriati già da molti anni di sistemi di misurazione del tempo; per es., la piramide di Tajin presso Vera Cruz, nelle cui pareti si aprono 365 nicchie pari ai giorni dell'anno solare. Nella vita e nella cultura Azteca l'elemento dominante era la religione, basata sui sacrifici di vite umane, i quali sacrifici dovevano servire a placare la sete di sangue di Dei Aztechi.
Oltre i Maya e agli Aztechi, anche gli Inca o Quechua (situati tra il Perù, il Cile e l'Equador) furono sgominati completamente dai conquistadores spagnoli, tanto da far perdere le loro tracce; infatti, solo nel 1911 furono scoperte le rovine della città di Machu Picchu, nelle Ande a tremila metri di altezza.
Gli Inca come popolo erano essenzialmente artigiani, lavoravano la ceramica e fondevano i metalli; il loro sistema di governo viene definito pre-comunista, la terra era di proprietà di coloro che la coltivava.
Tuttora in molti villaggi delle Ande, gli abitanti conducono una vita attaccata alle tradizioni più lontane, molto semplici, fatte di riti, di abitazioni e di indumenti che stanno a ricordare le loro antiche usanze.
Su tutte queste popolazioni è passato il piede del conquistatore, tanto da estirpare quel fiore che per anni aveva allietato con la sua presenza e profumato il Vecchio Mondo.
L'America ci appariva molto diversa dall'odierna nazione che appare nella sua caoticità al turista foto-ricordo in cerca di emozioni. Vaste distese sconfinate, inimmaginabili distanze, città-giardino, laghi, immense praterie popolate dagli indiani, impervi canyon, grandi foreste con tanta selvaggina, villaggi scavati nella roccia (opere di rara abilità architettonica) chiamati pueblos. Effettivamente era un paese pieno d'amore, un paese libero, un paese bello e affascinante; il tutto sempre prima della venuta dell'uomo bianco.
E' proprio in questo continente che nasce la nuova nazione, gli Stati Uniti d'America; qui nascono geni ed esploratori come: Thomas Jefferson, Lewis e Clark, ma anche criminali di ogni specie, criminali che ogni società "civile" rispetti.
"Dove sono i Pequot? Dove sono i Narragasset, i Mohican, i Pokanoket e molte altre tribù del nostro popolo un tempo potenti? Sono svanite davanti alla cupidigia e all'oppressione dell'uomo bianco come neve al sol d'estate.
Ci lasceremo distruggere anche noi senza lottare, abbandoneremo le nostre case, il nostro Paese del Grande Spirito, le tombe dei nostri morti ed ogni cosa che ci è cara e sacra? Sono certo che griderete con me: Mai, mai!".



Da:
"L'unico indiano buono è un indiano morto". Appunti e ricerche sul Popolo degli Uomini. - a cura del Collettivo Editoriale "Stampato in Proprio" - Roma

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