DarkWalker, 20/01/2008 20.34:
Quali sentenze??
La preoccupazione dell'establishment piemontese che il partito filomanrchico perdesse conenso fra gli italiani è documentata, così come è documentato il timore di carlo alberto di trovarsi i moti in casa se non fosse partito, così come è evidente che il soccorso prestato a chi ha già cacciato i nemici è tutto fuorchè tempestivo.
E ancora una volta, tutti fatti arcinoti,c onclamati,verificati...
Mi dispiace ma non è vero....
Carlo Alberto ha dovuto aspettare e ha aspettato che i Milanesi lo chiamassero.
Di fatti fu invitato a intervenire il 23 marzo 1848 come dimostra questo documento.
I Milanesi chiedono soccorso al "bellissimo Piemonte", inoltrando il 23 Marzo 1848 la petizione sopra riportata (si noti il terzultimo nome: Alessandro Manzoni")
E subito Carlo Alberto proclama:
Poi proclama ai soldati
E qui si vede che non ha tergiversato "per opportunità" come altri dicono anche perchè certe "cazzate" ai soldati nn poteva dirle dato che vedevano coi loro occhi cosa succedeva.
E ancora proclama
Qui addirittura invoca Pio IX che veva appena fatto la famosa allocuzione....
Ancora per confermare la tesi che aspettava una motivazione plausibile per intervenire nella rivolta milanese e non destare critiche negli altri stati c è la testimonianza del conte ENRICO MARTINI del marchese CARLO D'ADDA, che chieto l'intervento del Re si sentirono in risposta che "sarebbe intervenuto non appena fosse sorto un pretesto plausibile". Giustamente, non poteva mettersi una una situazione internazionale insostenibile.
"A Mezzanotte del 23 marzo il popolo muto, severo, stava aspettando davanti alla reggia. Ad un tratto, il balcone della galleria d'armi si spalanca, e un torrente di luce si spande su quella folla raccolta. Migliaia e migliaia di facce si volgono all'insù, migliaia e migliaia di sguardi si fissano attenti a quel punto. Non si respira più; il cuore del Piemonte, per l'ansia, ha sospeso per un istante il suo battito. Compare pallida, ma illuminata da un sorriso novello l'alta figura del re; ai fianchi gli stanno i figli, nei quali il giovane sguardo brilla di una fiamma più viva. Carlo Alberto tiene in mano una fascia con i tre colori italiani, proprio quei tre colori condannati non molto tempo fa e temuti come simbolo di ribellione; questa fascia il re l'agita sopra il popolo. Un immenso applauso, un tuono, un uragano d'applausi scoppia da quella moltitudine: " Viva il Re, Viva l'Italia ! " È la guerra d'indipendenza, che dal trono di Casa Savoia si proclama all'Italia e al mondo". Così scrive un testimone oculare nella persona di Vittorio Bersezio, scrittore piemontese e deputato.
Comunque ricapitoliamo....23 marzo il Piemonte entra in guerra su esplicita richiesta dei milanesi. Il 26 marzo i piemontesi entrano in Milano. Il 27 a Pavia. Il 31 marzo il comando viene spostato a Lodi e di li Carlo Alberto fa il proclama dove invoca anche Pio IX.
Il 6 aprile si muovono gli ultimi toscani. Il 26 marzo partono gli ultimi romani. Il 5 aprile partono i napoletani. Addirittura, il patriota Pepe, parte il 4 maggio da Napoli!!
Continuiamo....il 4 aprile Carlo Alberto si porta su Cremona, il 5 il Re arriva verso Mantova, ma a Mantova c erano asserragliati i soldati austriaci in numero consistente. L'8 il dispositivo si porta sul Mincio e combatte a Goito vincendo. Fra il 9 e l'11 i piemontesi continuano ad attraversare il Mincio e ricostruiscono i ponti distrutti dagli austriaci. Purtroppo qui ci sono i primi errori. Non si hanno informazioni sul nemico e quindi si ripiega su punti sicuri, dove si sa per certo che c è il nemico. Quindi si attaccano le fortezze del quadrilatero. Il 13 aprile inizia l'assedio di Peschiera.
Fra il 26 e il 29 aprile, si completa l'accerchiamento di Peschiera, grazie all'arrivo di nuove truppe e al completamento di altri ponti sul Mincio, con la conseguente ritirata di alcuni repari austriaci.
Il 29 gli austriaci tentano di recuperare alcune posizioni ma vengono respinti. Il 30 aprile si compiono le operazioni contro gli austriaci a Pastrengo, vinte dai piemontesi e dove si verificò il famoso episodio della "carica". Lo stesso giorno sortite austriache da Verona e Peschiera vengono respinte. Qui i piemontesi però si fermano. Non continuano a seguire gli austriaci in rotta. Lo fanno solo il giorno dopo. Saputo poi che i veronesi si sarebbero ribellati agli austriaci se avessero visto i piemontesi (ma la fonte non era attendibile e verificata), Carlo Alberto si porta verso Verona il 6 di maggio. A causa di alcuni insuccessi nella manovra e vedendo che i veronesi non si muovono, il Re è costretto a ripiegare.
Intanto fra l'11 e il 20 aprile si conducono sulle alpi le azioni dei volontari guidati dai milanesi sotto il comando di Allemandi. Però, dato il parziale insuccesso delle azioni, e la ritirata su Brescia, il Governo di Milano dà il comando a Durando (fratello del Durando che comandava i papalini). Il 22 maggio, gli austriaci investono i volontari, cercando di occupare il bresciano e convergere su Peschiera per liberarla. Il Durando, riesce a respingere gli austriaci, ma i soldati non sfruttano l'occasione e i volontari rimarranno nelle loro posizioni per tutta la durata della campagna senza ricevere ordini da Milano.
Strana è la reazione dei volontari veneti che oltre a non organizzarsi, aspettavano l'aiuto di Carlo Alberto, senza però iniziare a disturbare gli austriaci nel mentre.
Di fatti il veneto fu riconquistato dal generale Nugent, che non trovò una resistenza efficace. Le prime lotte significative si ebbere solo ai primi di maggio e grazie ai volontari emiliani e papalini. Anche se queste azioni furono per la maggior parte intempestive e poco coordinate. Il 20 maggio gli austriaci si portano su Vicenza, ma vengono respinti dalla guarnigione e dal Durando nel frattempo arrivato. Il 23 maggio gli austriaci ci provano ancora contro vicenza, ma vengono respinti e il 24 si ritirano.
Finalmente il 18 maggio i piemontesi riescono a portare a Peschiera le artiglierie d'assedio, che iniziano a dare seri problemi alla guarnigione austriaca.
Radetzky uscì da Verona e arrivò il 28 maggio presso Mantova. Davanti gli si paravano i Toscani a Curtatone e Montanara, che già avevano vinto sugli austriaci ai primi di maggio.
Il 29 scoppia la battaglia ma i toscani resistono e vincono. Sempre il 29 una colonna di soccorso a Peschiera viene respinta e la città capitola ai piemontesi il 30.
Questo risultato dei toscani fa si che i piemontesi possano schierarsi a Goito per il 30 stesso. I piemontesi vincono e Luigi Carlo Farini, ministro di Pio IX presente presso Carlo Alberto quel giorno e quindi testimone oculare, sentì rivolgersi da Carlo Alberto (alla notizia della vittoria definitiva a Goito) queste parole "I Toscani sono vendicati". Ma poco dopo le truppe inneggiano al Re gridando "Viva il Re d'Italia" e Carlo Alberto, si rivolge sempre al Farini dicendo "No, qualunque cosa io faccia, gli Italiani a me non crederanno mai; se ci sarà un re d'Italia, quello sarà mio figlio Vittorio Emanuele". Questo è un esempio della buona fede e della consapevolezza del fatto che le sue azioni gli avevano provocato il risentimento della popolazione, non sapendo che molto spesso esse avevano un motivo ben preciso.
Il 1 giugno il Re entra in Peschiera. Fra il 3 e il 4 giugno i piemontesi si rischierano presso Goito temendo un contrattacco degli austriaci, che invece il 4 si ritirano verso Legnago.
Intanto l'8 giugno i milanesi votarono l'annessione al piemonte. Nel mentre gli austriaci attaccano i volontari asserragliati a Vicenza e l'11 hanno la meglio sui difensori.
Truppe austriache affluite su Padova, difesa dai papalini, la occupano il 13 giugno senza colpo ferire. Mestre e Palmanova si consegnano agli austriaci fra il 20 e il 24 giugno. Rimane libera solo Venezia.
Il 10 giugno, non trovando più austriaci, i piemontesi occupano Rivoli, ma solo allora sanno che Verona è sguarnita perchè le truppe austriache si sono portate su Vicenza. Allora il Re, sapendo di non poter arrivare in tempo su Vicenza attacca Verona per costringere Radetzky a ripiegare da Vicenza.
Ma il 13 giugno l'assalto su Verona fallisce a causa del maltempo e i piemontesi desistono. Nei giorni seguenti, gli austriaci che ormai non hanno nemici sulle spalle, si concentrano a Verona, resa ormai inattaccabile.
Qui bisogna fare una precisazione. A questo punto la parola passò alla diplomazia per circa un mese. Intervangono austriaci, inglesi e milanesi. I milanesi tentano una pace separata con l'Austria. L'Inghilterra offre una mediazione fra piemonte e austria, solo se l'austria avesse ceduto tutte le terre italiane fino a trento e a trieste.
L'austria rinuncia alla medizione inglese e tenta di parlare direttamente col governo di milano offrendo una pace separata. Il governo milanese comunque rifiuta perchè vuole appoggiare l'idea di un italia del nord completamente sgombra.
A questo punto l'ambasciatore inglese tenta di convincere il Re ad una pace separata, ma che tradisca i veneti lasciandoli in mano dell'austria. E il Re risponde il 7 luglio: "Voi conoscete perfettamente il mio pensiero sugli ingrandimenti che io credo dobbiamo desiderare per il nostro paese, avuto riguardo soprattutto alle nostre finanze e alla forza effettiva che il nostro esercito può portare in battaglia. Dal momento che, noi non possiamo far conto su alcun alleato né d'altra parte da tempo non riceviamo un appoggio reale dalle truppe lombarde.
Voi avete visto tutto quello che vi ho scritto in questi ultimi giorni e che dovrebbe togliere ogni illusione agli uomini che riflettono in buona fede. Credo dunque in coscienza che, se potremo ottenere con la mediazione inglese, la Lombardia fino all'Adige e insieme i Ducati, avremo fatto una campagna gloriosa; con uno Stato così piccolo com'è il nostro a confronto del colossale Impero Austriaco, si potrà dire d'aver conseguito acquisti superbi e quasi inauditi nella storia. Ecco, davanti a Dio, il mio intimo pensiero, e voi potete confidarlo al signor Abercromby. Desiderare di più, specialmente ora che l'arciduca Giovanni è stato messo a capo della Confederazione germanica, la quale si è dichiarata a noi avversa, è una temerarietà, quasi una pazzia. Significa voler dichiarare la perdita, la rovina per sempre della causa italiana, o l'intervento della Repubblica francese, la quale vorrà toglierci allora la Savoia e Nizza, e ci porterà i suoi principi (rivoluzionari) dai quali potremmo esser travolti".
Lo stesso ministro Pareto dichiarò alla camera di Torino il 10 luglio:"Se vi fosse qualche trattativa di pace che non trattasse dell'evacuazione d'Italia dall'Austriaco,
ognuno di noi domanderebbe le sue dimissioni".
Quindi il re e il parlamento piemontese non volevano tradire nessuno e auspicavano anche la liberazione del veneto (se gli interessava solo "allargarsi" poteva accettare e tenersi sicuramente la Lombardia).
Frattanto il 2 luglio arriva Garibaldi a Genova e dichiara: "Noi dobbiamo fare ogni sforzo possibile perché gli Austriaci siano presto cacciati dal suolo italiano e non si abbia a sostenere una guerra di due o tre anni. Ma non possiamo ottenere quest'intento se ora non siamo molto uniti. Si dia il bando ai sistemi politici, non si aprano discussioni sulla forma di governo, non si sollevino partiti. La grande, l'unica questione del momento è la cacciata dello straniero e la guerra dell'indipendenza. Pensiamo a questo solo .... Io fui repubblicano, ma quando seppi che Carlo Alberto si era fatto campione d'Italia, io ho giurato di ubbidirlo e seguire fedelmente la sua bandiera. In lui solo vidi riposta la speranza della nostra indipendenza; Carlo Alberto sia, dunque il nostro capo, il nostro simbolo. Gli sforzi di tutti gli Italiani si concentrino in lui. Fuori di lui non vi può essere salute. Guai a noi se invece di stringerci tutti fortemente intorno a questo capo, disperdiamo le nostre forze in conati diversi ed inutili e, peggio, ancora, se cominciamo a spargere fra noi i semi di discordia".
Arrivato il 7 presso il Re, chiede di essere accettato nell'esercito regolare, ma Carlo Alberto gli dice che non può decidere lui ma il suo governo. Il governo piemontese nega la richiesta e solo i milanesi (dopo lunghe indecisioni) gli danno un comando il 18 luglio.
Fallite le trattative, il 13 luglio, Carlo Alberto decide di portarsi su Mantova occupata dal nemico. Il 18 luglio i piemontesi compiono operazioni vittoriose a Governolo.
Intanto, 40000 austriaci si portano su Custoza il 22 di luglio, il 23 inizia l'attacco contro 6000 piemontesi che, nonostante la resistenza devono ritirarsi.
Il 24 i piemontesi vincono sugli austriaci a Staffalo. Il 25 i piemontesi provano ad assalire Valeggio, ma vengono respinti e si devono ritirare su Villafranca prima e, constata l'indifendibilità della posizione si ritirano su Goito.
Il 27, constata l'impossibilità di continuare l'azione, chiede una tregua al Radetzky che pone condizioni inaccettabili.
Allora Carlo Alberto decide il ripiegamento di tutto il dispositivo dietro l'Oglio.
A questo punto però si constatò che la linea era indifendibile. Qui si poteva ritirarsi oltre il Po o oltre l'Adda. Ma per non essere tacciato di tradimento dai lombardi, il Re si diresse il 31 sull'Adda per coprire Milano, compiendo un errore tattico poichè oltre il Po poteva far riposare e rimpinguare le truppe, oltre l'Adda no.
Il 1 agosto però, il comandante Sommariva, rifiuta gli ordini e abbandona la posizione, facendo crollare tutta la linea piemontese. Allora a Carlo Alberto si presenta nuovamente la possibilità di parare oltre il Po ma rifiuta per non lasciare Milano scoperta e si porta sotto le sue mura.
Il 1 agosto Garibaldi entrava in Bergamo con i suoi volontari. Il 3 agosto Carlo ALberto si dispone per la difesa di Milano e il 4 arrivano gli austriaci. La battaglia cominciò subito ma si risolse in scaramucce e confusione da entrambe le parti. Nella sera del 4 il Re entrò a Milano e preso consiglio dai suoi e dal governo locale, constatando che mancavano viveri e munizioni e che una difesa ad oltranza arrecava solo danno alla Città, si giunse alla conclusione di offrire la capitolazione a patto però che fosse accordato un indulto ai cittadini e si lasciasse libera la ritirata oltre il Ticino all'esercito sardo e a tutti coloro che volevano seguirlo.
Gli austriaci accettano. Il 5 giugno, saputa la notizia in Milano, il governo decise che era giusta. Lo stesso comandante della piazza milanese disse che era una cosa buona.
Parte della popolazione scoppia però in tumulto e si dirige al palazzo che ospitava il Re. Egli uscì fra le grida e disse:"Cittadini ! Il modo energico con il quale l'intera popolazione si manifesta contro qualsiasi idea di transazione con il nemico, mi ha determinato a continuare nella lotta, per quanto le circostanze sembrino avverse. Tutto deve esser vinto da un solo sentimento: la liberazione d'Italia.
Cittadini! il momento è solenne; che tutti si pongano all'opera. Forti della giustizia della nostra causa, il cielo coronerà gli sforzi di un popolo eroico affratellato con un esercito, che ha già versato tanto sangue per la causa italiana. Io rimango fra voi con i miei figli; per la causa comune io soffro da quattro mesi i disagi della guerra con la più eletta del mio popolo. Io confido in voi: mostrate dal canto vostro che giusta è la mia convinzione e tutti uniti saluteremo quanto prima il giorno della comune liberazione".
Ma saputo che i soldati pensavano che il Re non potesse più uscire da Milano perchè prigioniero e che si stavano muovendosi per intervenire contro la folla e liberare il Re, egli ordinò ai suoi soldati di desistere e disse: ""Dovesse anche questo popolo assassinarmi non permetterò giammai che i miei soldati si pongano al rischio di versare il sangue italiano !".
Nella serata l'esercitò dovette comunque intervenire per portare in salvo il Re dai contestatori. Il 6 gli austriaci entrano in Milano. Il 9 si ebbe l'armistizio di Salasco.
Vuoi la bibliografia varia o ti basta la fiducia?
A me (e ad altri) dagli eventi non sembrano risultare "macchiavellismi vari". Le "lentezze" e "indecisioni" vanno ricercate negli alti comandi, nella diplomazia ambigua, nelle defezioni ecc....ma il Re non ebbe la parte "rilevante" nelle lentezze che gli si vuole affibiare da parte di alcuni.
"Oh, i presagi tristi per l'avvenire di Torino che si facevano al tempo del trasporto della capitale! E li facevano i Torinesi stessi, che per un momento perdettero la fiducia in sé medesimi." Olindo Guerrini
"Cittadini e soldati, siate un esercito solo! Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. (dal proclama alla nazione dopo le giornate di Caporetto)"
"In guerra si va con due bastoni, uno per darle e uno per prenderle. (dalla conferenza di Peschiera del Garda del 1918)"
"Queste decisioni spettano soltanto a me. Dopo lo stato d'assedio non c'è che la guerra civile. Ora qualcuno si deve sacrificare [a Luigi Facta, dopo che questi proclamò lo stato d'assedio durante la Marcia su Roma]"
Vittorio Emanuele III
"DIO E' MORTO" - Friedrich Nietzsche; "PER ORA E' MORTO NIETZSCHE" - Dio su Nietzsche