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Venere Afrodite

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2007 16:18
29/12/2007 16:22
 
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AFRODITE - VENERE


Afrodite è la divinità greca dell'amore, inteso anche come attrazione delle varie parti dell'universo tra loro per conservare e procreare; simboleggia l'istinto naturale di generazione e di fecondazione e sotto questo aspetto è simile alla Ishtar babilonese, o all' Astarte fenicia.

I Greci connettevano il nome di Afrodite con la spuma del mare (afròs), dalla quale ritenevano che fosse nata; diffusosi il suo culto in Occidente, prima ad Erice in Sicilia e poi fino a Roma, la dea venne onorata col nome di Venere (da venus, venustas = bellezza).

Nella Teogonia di Esiodo si narra come Afrodite, nata dal mare in una serena giornata di primavera, venne portata dagli Zefiri prima a Citera, da dove su una conchiglia fu trasferita a Pafo nell'isola di Cipro. La stagione e il luogo: la primavera e il mare. La stagione che ha dato il via al ciclo della vita sulla terra è stata la primavera; dal Caos primigenio le nascenti forme di vita trovarono la loro sede naturale nel mare. Ecco congiunti la primavera e il mare per generare Afrodite.




Venere si incorona in trono, affiancata da due navicelle, in un mosaico del IV sec. a. C.
Tunisi, Museo del Bardo




Il mito attribuiva alla dea diverse unioni con dei (Efesto, Ares) e con mortali (Anchise, Bute, Adone). Era venerata con vari epiteti che alludevano alla sua qualità di suscitatrice della vegetazione (Anthéia), di protettrice della navigazione (Pontìa), o dei combattenti (Areia, e in tal caso essa era venerata accanto ad Ares); gli altri a lei frequentemente dati di Ouranìa, "celeste" e Pandemos "di tutto il popolo", sono riferiti alla sua natura di dea dell'amore spirituale e sensuale.



Venere si pettina, in un mosaico (part., IV sec.)
Sousse, Museo Archeologico




La Venere di Milo, marmo, IV sec. a. C., Parigi, Museo del Louvre




La dea aveva un corteggio costituito dalle Ore, dalle Cariti (o Grazie), da Eros, Potos (il desiderio), Imero e Imene, dio delle nozze. I suoi animali favoriti erano le colombe: un tiro di questi uccelli trasportava il suo carro; ma le furono consacrati anche il serpente e l'ariete; quale protettrice dei giardini le furono dedicate le piante e i fiori di rosa e di mirto.



Le Cariti.
Pittura parietale del I sec., da Pompei.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale



Le Tre Grazie (1813 - 1816),
Antonio Canova.
Hermitage, San Pietroburgo



Fu per antonomasia la dea della bellezza quando vinse la gara suscitata dalla dea della Discordia tra lei, Era e Atena, promettendo al giudice, che era il figlio di Priamo, Paride Alessandro, il possesso della donna più bella del mondo, cioè Elena, moglie di Menelao, re di Sparta; e creando così i prodromi della guerra di Troia.

Durante tutta la guerra ella accordò la sua protezione ai Troiani e a Paride in particolare, e anche ad Enea, che aveva generato con Anchise. Ma la protezione di Afrodite non potè impedire la caduta di Troia e la morte di Paride. Tuttavia riuscì a conservare la stirpe troiana e grazie a lei Enea, col padre Anchise e il figlio Iulo (o Ascanio), riuscì a fuggire dalla città in fiamme e a cercarsi una terra dove darsi una nuova patria. In tal modo Roma aveva come particolare protettrice Afrodite-Venere: ella passava per essere l'antenata degli Iulii, i discendenti di Iulo, a loro volta discendenti d'Enea, e perciò della dea. Per questo Cesare le edificò un tempio, sotto la protezione di Venere Madre, la Venus Genitrix.

La bellezza di questa divinità è stata celebrata da poeti e scrittori antichi e moderni che ne hanno messo in risalto attributi particolari della personalità e si sono comunque sentiti affascinati da lei. Amore sacro dunque, e amore profano, forza primigenia della natura, dea protrettrice di tutte le forma di vita e presso molti popoli.


Venere Cnidia di Prassitele, 364-363 a.C., marmo, alt. 215 cm., copia romana.
Museo Pio-Clementino, Città del Vaticano
.




Venere Italica di Antonio Canova
Galleria Palatina di Palazzo Pitti
Firenze




Anche l'arte figurativa si ispirò particolarmente alla dea che rappresentò l'essenza stessa della bellezza e l'espressione più appassionata della gioia di vivere. Le famose Veneri della scultura greca, quali quelle di Prassitele, di Fidia, di Scopas, o la Venere imperiale del Canova, così come le rappresentazioni pittoriche, dagli affreschi pompeiani ai dipinti di soggetto mitologico susseguitisi nel corso dei secoli, ci forniscono sempre, nella rappresentazione delle belle forme, la possibilità di avvicinarci all'idea della bellezza assoluta come espressione del dono che gli dei fecero agli uomini per rallegrarli, per vivificarli o per consolarli.




La Venere di Pompeo Marchesi (Saltrio 1783 - Milano 1858).
Presso la Galleria d'arte moderna di Milano





Paolina Borghese (1805-1808) di Antonio Canova.
Il pomo che Paolina Borghese tiene nella mano sinistra richiama la "Venere Vincitrice" del giudizio di Paride che avrebbe potuto scegliere tra Giunone (il Potere), Minerva (la Scienza) e Venere (l'Amore).
Roma, Galleria Borghese


da: www.sullacrestadellonda.it
29/12/2007 16:25
 
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mito
VENERE
AFRODITE



In origine Venere era la dea dei giardini e degli orti e solo in seguito venne identificata con Afrodite, la dea dell'amore e della bellezza.
Nell'Iliade di Omero è la figlia di Zeus e Dione, ma Esiodo, nella sua Teogonia, narra che nacque dalla schiuma del mare.
Venere era moglie di Vulcano, dio del fuoco e della lavorazione dei metalli, ma spesso gli fu infedele.
Tra i suoi non pochi amanti ebbe Marte, dio della guerra, Anchise, principe troiano da cui ebbe Enea, Adone, un bellissimo pastore per il cui amore rivaleggiò con Persefone, regina del mondo sotterraneo.
Venere generò anche Cupido, dio dell'amore.
Venere era ricordata dai romani come Venus genitrix in quanto madre di Enea, capostipite del popolo romano e della gens Iulia; Venus verticordia in quanto protettrice della castità; Venus felix e victrix in quanto portatrice di fortuna e vittoria.
La leggenda più famosa di Afrodite è legata alla causa della guerra di Troia.
Alle nozze del re Peleo con la ninfa Teti non venne invitata Eris, dea della discordia, che per vendicarsi gettò durante il banchetto una mela d'oro su cui erano incise le parole "Alla più bella".
Subito la mela venne rivaleggiata da Era, Atena ed Afrodite che si rivolsero a Zeus per un scelta.
Zeus però non volle decidere chi fosse la più bella ed esse allora si rivolsero al principe di Troia Paride.
Ognuna di esse gli promise un dono.
Era gli avrebbe dato potere, Atene gloria militare, Afrodite la donna più bella del mondo.
Paride diede la mela ad Afrodite e come dono chiese Elena, moglie del re greco Menelao.
Il rapimento di Elena scatenò la guerra di Troia.

da: digilander.libero.it/AkiraKoga
29/12/2007 16:39
 
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mito storia arte
Il passaggio di Venere nel 2004


Venere nella Mitologia

Poiché Venere è l'oggetto più luminoso del cielo dopo il Sole e la Luna, esso è anche il pianeta più visto. In Siberia era il solo pianeta ad avere un nome ed era chiamato Cholbon. Veniva identificato sia come la Stella del Mattino, che come la Stella della Sera, e talora con qualsiasi altro pianeta fosse visibile, ad esempio Giove o Marte. E' quindi evidente che Venere fosse conosciuta fin dai tempi preistorici.



Venere come stella luminosa che brilla nel cielo
(su concessione della BAA)



Venere e Afrodite

Venere trae il nome dalla dea romana dell'amore e della pace. Per i Greci, questa dea era Afrodite, per gli Egiziani, Iside e per i Fenici, Astrate. Venere era associata al rame (metallo di cui è ricca Cipro, isola natale di Afrodite) e veniva raffigurata a volte come un triangolo piatto, a volte con il numero cinque, e altre con il colore blu, e veniva identificata infine con il giorno Venerdì. I Sassoni usavano il nome della loro dea della fertilità, Fria, che si trasformò poi nel nome inglese di Friday (Venerdì), mentre il nome francese Vendredi indica la sua chiara origine greco-latina.

Venere/Afrodite è nota come la figlia di Cielo e Mare, ovvero di Urano e Gaia, ma è anche conosciuta come una delle figlie di Zeus, o anche come figlia della schiuma del mare.

La nascita di Venere


La nascita di Venere di Sandro Botticelli (1485-86)
(su concessione della Galleria degli Uffizi, Firenze)


Esistono due versioni della nascita di Venere: nella prima, narrata da Esiodo, era nata prima delle altre divinità dell'Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali del padre di Venere (Urano) e li gettò in fondo al mare, il sangue ed il seme in essi contenuti si addensarono in forma di schiuma e galleggiarono fino all'isola di Cipro, ove Afrodite emerse dalle acque e dalla schiuma (da cui l'origine del suo nome: la parola "aphros" significa schiuma). Afrodite non aveva avuto quindi né infanzia, né fanciullezza: era venuta al mondo come una donna giovane e del tutto formata. Questa è nota come "Versione della Conchiglia".

Nella seconda versione, narrata da Omero, e nota come "Versione dei Cherubini", Venere era figlia di Zeus e della ninfa degli oceani, Dione. Andò poi in sposa ad Efesto (Vulcano) e diede alla luce dei figli; tuttavia trascurava i propri doveri domestici e coniugali poiché si dedicava quasi esclusivamente ai suoi amori con altri dei e mortali e, fra i numerosi amanti, le sono attribuiti Ares (il Dio della Guerra), la relazione con il quale è la più nota e la più duratura, e l'avvenente Adone. Era inoltre la madre di Eros (Cupido), Deimos (Terrore) Phobos (Paura) ed Armonia, la moglie di Cadmo. Uno dei suoi figli mortali era Enea, avuto dal suo amante Anchise, Re di Dardania. Anchise venne reso storpio da una saetta di Zeus quando rivelò a questi di aver amato la dea.

Afrodite e la Guerra di Troia




Paride e le tre dee



Venere/Afrodite fu la causa indiretta della Guerra di Troia, che iniziò con una contesa il cui oggetto era la proclamazione della dea più bella dell'Olimpo. La decisione finale si era ridotta a tre candidate: Giunone, Pallade Atena, e Afrodite. Il padre degli dei, Zeus, venne eletto come giudice ma saggiamente declinò l'invito, chiedendo ai contendenti di rivolgersi ad un giovane pastore, Paride, il quale, li assicurò, sarebbe stato un giudice imparziale. A Paride non venne chiesto di decidere dopo aver guardato le dee, ma di giudicare la più bella in base al dono da esse offerto. Giunone gli offrì di diventare il dominatore di Europa e di Asia, Pallade Atena gli promise che avrebbe condotto i Troiani alla vittoria sui Greci e Afrodite gli offrì in sposa la donna più bella del mondo. Paride consegnò così ad Afrodite il pomo dorato simbolo della scelta, e la dea lo condusse da Elena di Troia, moglie di Menelao. Il rapimento di questa fu la causa della guerra di Troia.


Afrodite e Adone



Venere e Adone


Un'altra figura importante del mito di Afrodite, è Adone. Girava voce che Smirna, la figlia del re Cinira di Cipro, fosse molto più bella di Afrodite/Venere. La moglie di Cinira si vantava infatti della bellezza delle sue figlie e finì per provocare la natura vendicativa della dea. Venere fece un incantesimo a Smirna, a causa del quale questa si innamorò del padre: una notte si recò dallo stesso mentre questi era in preda agli effetti del vino e ne rimase incinta. Quando Cinira scoprì quello che era successo, andò alla caccia di Smirna per ucciderla e proprio mentre stava sollevando la spada per trafiggerla, Afrodite trasformò Smirna in un albero di mirra. L'albero venne così spaccato in due e ne uscì Adone. Adone venne poi condotto da Persefone (la Regina degli Inferi) affinché l'allevasse ed entrambe le dee, Persefone e Afrodite, finirono per innamorarsi di lui, reclamandone ognuna la compagnia esclusiva. Quando le Muse vennero chiamate a risolvere la contesa, stabilirono che Adone avrebbe trascorso un terzo del tempo con Persefone, un terzo con Afrodite e il terzo rimanente da solo a cacciare sulle colline.

A questo punto l'indole disonesta di Venere ebbe il sopravvento e la dea usò il suo potere per fare innamorare di sé Adone ed averlo tutto il tempo con lei anziché attenersi alla decisione delle Muse. In preda all'ira, Persefone lo riferì ad Ares/Marte, il quale si trasformò in un cinghiale e sfidò Adone sulle pendici del Monte Libano, dove Adone venne incornato e lasciato morire davanti agli occhi di Afrodite la quale, ancora riluttante all'idea di separarsene, pregò Zeus di intervenire. Zeus decise allora che Adone avrebbe trascorso metà dell'anno sulla terra e l'altra metà nel regno dei Inferi.


Ishtar

Questa storia è molto simile a quella della dività Sumera Ishtar. I Sumeri, dai quali l'Astronomia greca trasse molti concetti, chiamavano questo pianeta Inanna, o anche Ishtar o Eshtar, ovvero la Stella del Mattino e la Dea dell'Amore, in particolare l'amore dei sensi e quello per la guerra e le battaglie. Nelle sue rappresentazioni la dea era alata, cavalcava un leone ed era armata di arco e frecce. Normalmente viene ritratta vicino al dio Sole, poiché si trova sempre vicino al Sole. Aveva una sorella - la sua controparte serotina, che era di guardia all'ingresso del Regno degli Inferi.



La dea sumera Ishtar


Secondo la leggenda, la dea discese agli Inferi per cercare l'anima del suo amato, Tamuz, che era morto. A mano a mano che si spingeva negli Inferi, la dea veniva privata della sua gloria dai guardiani dell'inferno. Quando arrivò al cospetto della Regina degli Inferi, viene impiccata ad un gancio per carni e lasciata agonizzare fino alla morte. La dea venne infine recuperata per volontà divina ed eletta Signora del Cielo.

Altre culture

Per i Cinesi, il pianeta era noto come Il Grande Bianco ed era associato ai metalli (in particolare all'oro), all'occidente, e al quinto giorno della settimana. L'idea di una settimana composta da sette giorni con i pianeti che ne regolano le ore ed i giorni potrebbe aver avuto origine dall'India. Gli astronomi dell'America centrale avevano una concezione simile. Per i Maya, Venere era infatti il dio della guerra che irradiava la terra con raggi cattivi, provocando morte e distruzione. Gli astronomi Maya avevano quindi misurato attentamente ogni spostamento del pianeta, costruendovi sopra un calendario rituale.




Il calendario Maya
(concessione Corel Corporation)






Traduzione: S. Fabrizio - Supervisione: M. Messerotti - INAF-OATs

da: www.pd.astro.it/othersites/


[Modificato da moi00000000 29/12/2007 17:01]
29/12/2007 16:51
 
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Afrodite



La Venere di Milo - Museo del Louvre Parigi

Afrodite (in greco, Ἀφροδίτη), nella mitologia greca, è la dea dell'amore, della bellezza, della sessualità e della lussuria.

È conosciuta anche con i nomi di di Cytherea o Citerèa e il suo equivalente nella mitologia romana è Venere.

Mirto, colomba, passero e cigno erano a lei sacri.






Origini
L'Afrodite greca aveva numerose equivalenti: Inanna (controparte sumera), Ishtar (Mesopotamia), Hathor (egiziana), Astarte (Siro-Palestinese), Turan (etrusca) e Venere (Romana) Aferdita (Albanese). Ha dei parallelismi con le dee dell'alba indo-europee, come Ushas o Aurora.

Nonostante i tentativi di farne discendere il nome dalla semitica Aštoret, tramite una non documentata trasmissione ittita, rimangono seri dubbi.
Il nome Ἀφροδίτη è collegato per etimologia popolare con ἀφρός "spuma", interpretato come "sorta dalla spuma". Ha riflessi nella civiltà etrusca (dal cui idioma pare derivare aprile). Un' idea di[1], rifiutata da Hjalmar Frisk, farebbe derivare il nome da πρύτανις, arrivato ai greci dagli etruschi come (e)pruni, che significa "signora" o simili.

Spesso, Afrodite si manifesta come due divinità diverse: Afrodite Urania, nata dalla spuma del mare dopo che Crono evirò Urano, e Afrodite Pandemos, l'Afrodite "comune" nata da Zeus e Dione.
Afrodite Urania è riferita a volte all'Afrodite celeste che rappresenta l'amore ideale e intellettuale mentre Afrodite Pandemos è associata con un amore carnale.


Culto
L'epiteto Afrodite Acidalia veniva occasionalmente aggiunto al suo nome, dalla sorgente nella quale era solita fare il bagno, situata in Beozia (Virgilio I, 720). Veniva anche chiamata Ciprigna (Omero, Iliade, Libro V, v. 330) o Cytherea, dai suoi presunti luoghi di nascita, rispettivamente Cipro e Citera. L'isola di Citera fu un centro del suo culto. Venne associata con Esperia e spesso accompagnata dalle Oreadi, le ninfe dei monti.

Afrodite aveva una sua festa, l'Afrodisiaco (indicato anche come Afrodisia), che veniva celebrata in tutta la Grecia, ma particolarmente ad Atene e Corinto. A Corinto, i rapporti sessuali con le sue sacerdotesse erano considerati un modo per adorare Afrodite.

Afrodite veniva associata, e spesso ritratta assieme a, mare, delfini, colombe, cigni, melograni, mele, mirto, rose e limoni.

Venere veniva spesso indicata con l'epiteto Venere Ericina ("dell'erica") dal Monte Erice, in Sicilia, uno dei centri del suo culto.


Nascita


La nascita di Venere di Sandro Botticelli, 1485


Afrodite nacque dalla spuma del mare davanti alla spiaggia di Paphos (Cipro), dopo che Crono aveva tagliato i testicoli di Urano e li aveva gettati in mare. La Teogonia di Esiodo descrive che i genitali "vennero trascinati dal mare per un lungo periodo, e spuma bianca sorse dalla carne immortale; dentro ad essa crebbe una ragazza" che divenne Afrodite. Quindi Afrodite è di una generazione più vecchia rispetto a quella di Zeus. Nell'Iliade (Libro V) si esprime un'altra versione delle sue origini, secondo la quale era considerata una figlia di Dione, che era l'originale dea oracolare ("Dione" è semplicemente "la dea, la forma femminile di Δíος, "Dios", il genitivo di Zeus) a Dodona. In Omero, Afrodite, avventurandosi in battaglia per proteggere suo figlio Enea, viene ferita da Diomede e ritorna dalla madre, per chinarlesi in grembo e essere confortata. "Dione" sembra essere un equivalente di Gea, la Madre Terra, che Omero ha rilocato nell'Olimpo, che a sua volta fa riferimento ad una ipotetico pantheon originale proto indo-europeo, in cui la principale divinità maschile è rappresentata dal cielo e dal tuono, e la principale divinità femminile (forma femminile dello stesso dio) è rappresentata come la terra o il suolo fertile. La stessa Afrodite viene talvolta indicata come "Dione". Una volta che il culto di Zeus usurpò quello dell'oracolo di Dodona, alcuni poeti lo resero il padre di Afrodite.

Il principale centro di culto di Afrodite rimase a Paphos, sulla costa sud-occidentale di Cipro, dove la dea del desiderio era da lungo tempo venerata come Ishtar e Ashtaroth. Si dice che inizialmente arrivò a Citerea, un punto di collegamento commerciale e culturale tra Creta e il Peloponneso. Si ha forse così un indicazione del percorso del culto originario di Afrodite, da levante alla Grecia continentale.

Nel Simposio di Platone, il discorso di Pausania distingue tra due manifestazioni di Afrodite, rappresentata da due storie: Afrodite Urania (Afrodite "paradisiaca"), e Afrodite Pandemos (Afrodite "comune"). Queste due manifestazioni rappresentano il suo ruolo nell'omosessualità e nell'eterosessualità rispettivamente.

In alternativa, Afrodite era la figlia di Talassa (essendo nata dal mare) e di Zeus.

Secondo un'altra versione sarebbe figlia di Poseidone.


Maturità


Afrodite, Museo Archeologico Nazionale, Atenas


Afrodite, in molti dei miti che la riguardano, viene caratterizzata come vanitosa, stizzosa e permalosa. Anche se è una delle poche divinità del Pantheon greco ad essere sposata, è spesso infedele con il marito. Efesto, naturalmente, è una delle più placide tra le divinità elleniche; Afrodite sembra preferire Ares, il volatile dio della guerra. Nell'Iliade va in battaglia per salvare suo figlio Enea, ma abbandona Ares (in effetti lo lascia cadere mentre vola in aria) quando lei stessa viene colpita. Ed è lei ad essere la causa originale della Guerra di Troia: non solo dà il via alla situazione offrendo Elena a Paride, ma il rapimento venne compiuto quando Paride, vedendo Elena per la prima volta, venne infiammato dal desiderio di averla—che rientra nel dominio di Afrodite. Il suo dominio può riguardare l'amore, ma non riguarda l'amore romantico, piuttosto tende verso la lussuria, l'irrazionale voglia umana.


Matrimonio con Efesto
A causa della sua immensa bellezza, Zeus temeva che Afrodite sarebbe stata la causa di violenza tra gli altri dei. Egli la diede in sposa a Efesto, il triste, the dour, privo di senso dell'umorismo, dio del fuoco. Esiste un'altra versione della storia. Poiché Era, madre di Efesto, lo cacciò dall'Olimpo perché troppo brutto, egli si vendicò intrappolandola in un trono magico, e richiese la mano di Afrodite in cambio del rilascio di Era. Efesto era colmo di gioia per l'essere maritato con la dea della bellezza e forgiò i suoi bellissimi gioielli, compreso il cinto, che la rendeva ancor più irresistibile per gli uomini. L'infelicità per il matrimonio spinse Afrodite a cercare la compagnia di altri, più frequentemente Ares, ma anche Adone, Anchise e altri. Una volta Efesto colse furbescamente Ares e Afrodite a letto e li bloccò con delle catene finemente lavorate, quindi riunì tutti gli altri dei dell'Olimpo per dileggiare la coppia (comunque, le "dee restarono a casa, tutte per la vergogna.") Efesto non li liberò fin quando Poseidone non gli promise che Ares avrebbe pagato delle riparazioni, ma i due scapparono non appena le catene vennero sollevate e la loro promessa non venne mantenuta.


Afrodite e Psiche
Afrodite era gelosa della bellezza di una donna mortale di nome Psiche. Chiese quindi a Eros di usare le sue frecce dorate per farla innamorare dell'uomo più brutto della terra. Eros accettò ma si innamorò egli stesso di Psiche (o pungendosi inavvertitamente con una delle sue frecce). Nel frattempo, i genitori di Psiche erano ansiosi perché temevano che la figlia rimanesse senza marito. Consultarono un oracolo che disse loro che Psiche non era destinata ad un amante mortale, ma ad un mostro che viveva in cima ad una certa montagna. Psiche era rassegnata al suo destino e scalò la cima della montagna. Lì, Zefiro, il vento dell'ovest, la sospinse gentilmente verso il basso. Psiche entrò in una caverna di detta montagna, sorpresa di trovarla piena di gioielli e abiti lussuosi. Eros la visitò ogni notte nella caverna e ebbero dei rapporti sessuali. Eros le chiese solo di non accendere mai alcuna lampada, poiché non voleva che lei sapesse chi era (avere le ali lo rendeva individuabile). Le due sorelle, gelose di Psiche, la convinsero a trasgredire e una notte accese una lampada, riconoscendolo immediatamente. Una goccia di olio bollente cadde sul petto di Eros svegliandolo e facendolo fuggire.

Quando Psiche disse alle sue sorelle maggiori cosa era successo, esse gioirono in segreto e ognuna si recò separatamente in cima alla montagna per ripetere il modo in cui Psiche era entrata nella caverna, sperando che Eros avrebbe scelto loro. Zefiro invece non le raccolse e entrambe morirono precipitando fino ai piedi della montagna.

Psiche andò in cerca del suo amante vagando per la Grecia, quando infine giunse a un tempio di Demetra, il cui pavimento era coperto da mucchi di granaglie mischiate. Psiche iniziò a suddividere i semi per tipo e quando ebbe finito, Demetra le parlò, dicendole che il modo migliore per trovare Eros era quello di trovare la madre, Afrodite, e guadagnarsi la sua benedizione. Psiche trovò un tempio di Afrodite e vi entrò. Afrodite le assegnò un compito simile a quello del tempio di Demetra, ma le diede anche una scadenza impossibile per terminarlo. Eros intervenne, dato che la amava ancora, e fece sì che delle formiche sistemassero i semi per lei. Afrodite si infuriò per il successo e le disse di andare in un prato dove pascolavano delle pecore dorate per procurarsi della lana dorata. Psiche andò al pascolo e vide le pecore ma venne fermata dal dio del fiume che aveva dovuto attraversare per entrare nel pascolo. Egli le disse che le pecore erano cattive e pericolose e l'avrebbero uccisa, ma se avesse aspettato fino a mezzogiorno, le pecore sarebbero andate a cercare l'ombra dall'altra parte del campo per mettersi a dormire; Psiche poteva quindi raccogliere la lana che era rimasta impigliata tra i rami e sulle cortecce degli alberi. Psiche fece così e Afrodite si infuriò ancor più per lo scampato pericolo e il successo. Alla fine Afrodite sostenne che lo stress del doversi prendere cura del figlio, depresso e malato per via dell'infedeltà di Psiche, le aveva fatto perdere parte della sua bellezza. Psiche doveva recarsi nell'Ade e chiedere a Persefone, la regina degli inferi, un po' della sua bellezza da mettere in una scatola nera che le era stata consegnata da Afrodite. Psiche andò fino ad una torre, avendo deciso che il modo più rapido per raggiungere gli inferi era quello di morire. Una voce la fermò all'ultimo minuto e le rivelò un percorso che le avrebbe permesso di entrare e fare ritorno ancora viva, oltre a dirle come passare oltre Cerbero, Caronte e altri pericoli sul percorso. Psiche placò Cerbero, il cane a tre teste, con un dolce al miele e pagò a Caronte un obolo perché la portasse nell'Ade. Lungo il percorso vide delle mani che spuntavano dall'acqua. Una voce le disse di lanciare loro un dolce al miele. Una volta arrivata, Persefone le disse che sarebbe stata lieta di fare un favore ad Afrodite. Al ritorno Psiche pagò nuovamente Caronte, gettò un dolce alle mani e ne diede un altro a Cerbero.

Psiche lasciò gli Inferi e decise di aprire la scatola e prendere per sé una piccola parte della bellezza, credendo che così facendo Eros l'avrebbe sicuramente amata. Nella scatola c'era però un "sonno infernale" che la sopraffece. Eros, che l'aveva perdonata, volò da lei e le tolse il sonno dagli occhi, quindi implorò Zeus e Afrodite affinché dessero il loro consenso al matrimonio con Psiche. Essi accettarono e Zeus la rese immortale. Afrodite danzò alle nozze di Eros e Psiche e i due ebbero un figlio chiamato Piacere, o (nella mitologia romana) Volupta.


Adone
Afrodite era l'amante di Adone ed ebbe una parte nella sua nascita. Ella spinse Mirra a commettere incesto col padre Teia, Re di Assiria. Un'altra versione narra che il padre di Mirra fosse Cinira di Cipro. Quando Teia scoprì la cosa, si adirò e inseguì la figlia con un coltello. Gli dei la trasformarono in un albero di mirra e Adone nacque da questo albero. Secondo altre versioni, fu Afrodite a trasformarla in albero e Adone nacque quando Teia colpì l'albero con una freccia o quando un cinghiale usò le sue zanne per strapparne la corteccia.

Una volta nato Adone, Afrodite lo prese sotto la sua ala, seducendolo con l'aiuto di Elena, sua amica, e rimanendo ammaliata dalla sua bellezza ultraterrena. Afrodite lo diede a Persefone perché lo vigilasse, ma anche Persefone fu meravigliata dalla sua bellezza e si rifiutò di restituirlo. La discussione tra le due dee venne appianata da Zeus o da Calliope, con Adone che avrebbe passato quattro mesi l'anno con Afrodite, quattro con Persefone e quattro per conto suo.

Adone alla fine venne ucciso dal geloso Ares. Afrodite fu avvertita di questa gelosia e le venne detto che Adone sarebbe stato ucciso da un cinghiale in cui si sarebbe trasformato Ares. Afrodite cercò di persuadere Adone a restare con lei tutto il tempo, ma il suo amore per la caccia fu la sua disgrazia. Mentre Adone cacciava, Ares lo trovò e lo colpì a morte. Afrodite arrivò appena in tempo per udire il suo ultimo respiro. Si narra anche che Afrodite diede una figlia ad Adone, Beroe.


Il giudizio di Paride

Per approfondire, vedi la voce Giudizio di Paride. http://it.wikipedia.org/wiki/Giudizio_di_Paride

Gli dei e le dee, oltre a diversi mortali, vennero invitati al matrimonio di Peleo e Teti (i futuri genitori di Achille). Solo la dea Eris (Discordia) non venne invitata, ma questa si presentò con una mela d'oro con iscritte le parole "alla più bella", che gettò tra le dee. Afrodite, Era e Atena sostennero ciascuna di essere la più bella, e quindi il diritto a possedere la mela. Le dee scelsero di portare la questione all'attenzione di Zeus, che decise di mettere la scelta nelle mani di Paride. Era cercò di corrompere Paride offrendogli l'Asia Minore, mentre Atena gli offrì fama e saggezza e gloria in battaglia, ma Afrodite sussurrò a Paride che se la avesse scelta come più bella, avrebbe avuto in moglie la più bella delle donne mortali, ed egli scelse quest'ultima. Questa donna era Elena. Le altre dee si infuriarono per questo e per mezzo del rapimento di Elena da parte di Paride fecero scoppiare la Guerra di Troia.


Pigmalione e Galatea
Pigmalione era uno scultore che non aveva mai trovato una donna degna del suo amore. Afrodite ebbe pietà di lui e decise si mostrargli le meraviglie dell'amore. Un giorno, Pigmalione venne ispirato da un sogno di Afrodite a scolpire dall'avorio una donna che assomigliasse all'immagine della dea e la chiamò Galatea. Egli si innamorò della statua e decise che non poteva vivere senza di essa. Pregò Afrodite, che eseguì la parte finale del suo piano e diede vita alla squisita scultura. Pigmalione amò Galatea e i due si sposarono.

Un'altra versione di questo mito narra che le donne del villaggio in cui viveva Pigmalione erano arrabbiate perché non si era sposato. Chiesero allora ad Afrodite di costringerlo a maritarsi. Afrodite accettò e la notte stessa si recò da Pigmalione, chiedendogli di scegliere una donna come sposa. Gli disse che se non ne avesse scelta una, l'avrebbe fatto lei al posto suo. non volendosi sposare, la implorò per avere più tempo, chiedendogli di poter fare una scultura che la ritraesse prima di effettuare la scelta. Lusingata, Afrodite accettò.

Egli spese molto tempo facendo piccole statuette di creta della dea, sostenendo che servivano a poter scegliere la posa giusta. Quando iniziò a creare la vera scultura, fu sconvolto nello scoprire che desiderava finirla, anche se ciò significava che avrebbe dovuto sposarsi con qualcuna appena terminato il lavoro. La ragione per cui desiderava finirla era che si era innamorato della scultura. Più ci lavorava sopra, più questa cambiava, fino a quando non assomigliò più ad Afrodite.

Nello stesso momento in cui Pigmalione si allontanò dalla scultura completata, apparve Afrodite che gli chiese di scegliere la sua sposa. Pigmalione scelse la statua. Afrodite gli disse che non si poteva fare e gli rinnovò la richiesta. Pigmalione gettò le sue braccia attorno alla statua e chiese ad Afrodite di trasformarlo in una statua così che potesse stare con lei. Afrodite ebbe pena di lui e scelse invece di dare vita alla statua.


Altre storie
In una versione della storia di Ippolito, Afrodite fu la causa della sua morte. Egli disprezzò la venerazione di Afrodite in favore di quella di Artemide e, per vendetta, Afrodite fece sì che la sua matrigna, Fedra, si innamorasse di lui, sapendo che Ippolito l'avrebbe respinta. Nella versione più popolare della storia, l'Ippolito di Euripide, Fedra cerca vendetta nei confronti di Ippolito suicidandosi e, nella sua lettera di addio, dicendo a Teseo, suo marito e padre di Ippolito, che Ippolito l'aveva violentata. Ippolito era vincolato da un giuramento a non menzionare l'amore di Fedra per lui e nobilmente si rifiutò di difendersi nonostante le conseguenze. Teseo maledì il figlio, una maledizione che Poseidone era costretto a esaudire, e così Ippolito venne abbattuto da un toro mandato dal mare che mandò nel panico i cavalli della sua biga e distrusse il veicolo. Curiosamente, questo non è quello il modo in cui Afrodite aveva previsto la sua morte nella tragedia, in quanto nel prologo dice di aspettarsi che Ippolito ceda al desiderio con Fedra e che Teseo colga la coppia durante l'atto. Ippolito perdona il padre prima di morire e Artemide rivela la verità a Teseo prima di giurare di uccidere uno degli amanti di Afrodite (Adone) per vendetta.

Glauco di Corinto fece incollerire Afrodite ed ella fece infuriare i suoi cavalli durante i giochi funebri di Re Pelia. I cavalli lo fecero a pezzi. Si suppone che il suo fantasma spaventasse i cavalli durante i Giochi Istmici.

Afrodite era spesso accompagnata dalle Grazie.

Afrodite era una delle divinità prese in giro da Momo, cosa che provocò la sua espulsione dall'Olimpo.

Nel terzo libro dell'Iliade di Omero, Afrodite salva Paride quando sta per essere ucciso da Menelao.

Afrodite fu molto protettiva nei confronti di suo figlio Enea, che combatté nella Guerra di Troia. Diomede quasi riuscì ad uccidere Enea in battaglia, ma Afrodite lo salvò. Diomede ferì Afrodite che fece cadere il figlio mentre volava verso il Monte Olimpo. Enea venne quindi avvolto in una nuvola da Apollo, che lo portò a Pergamo, un luogo sacro di Troia. Qui Artemide guarì Enea.

Afrodite tramutò in pietra Abante per il suo orgoglio. Trasformò in pietra anche Anassarete per aver reagito freddamente alle preghiere di Ifis perché lo amasse, anche dopo il suo suicidio.

Afrodite aiuta Ippomene a vincere una gara di corsa contro Atalanta, per ottenerne la mano, dandogli tre mele d'oro con cui distrarla. Comunque, quando la coppia si dimentica di ringraziare Afrodite, lei li trasforma in due leoni.

Narra, inoltre, la leggenda che Palinuro, nocchiero di Ulisse, durante il suo peregrinare con l'eroe dell'Odissea, si innamorò di una bellissima giovane, Kamaraton, solo che lei rifiutò il suo amore. Disperato Palinuro si getto in mare, proprio dove ora sorge l'omonimo paese in provincia di Salerno. Afrodite, vedendo tale rifiuto, si dispiacque e trasformò per punizione la giovane Kamaraton in una roccia, proprio dove sorge ora la cittadina di Camerota, a 10 km da Palinuro, in modo così da farli stare vicini per sempre.


Consorti e figli
Divinità
Ares
Anteros (Amore corrisposto)
Eros (Amore)
Harmonia (Armonia)
Imero (Lussuria)
Deimos (Terrore)
Phobos (Paura)
Dionisio
Grazie
Aglaia
Eufrosine
Talia
Imeneo
Priapo
Efesto
Hermes
Eros (in una tradizione)
Eunomia
Ermafrodito
Peito
Priapo (in alcune tradizioni)
Rodo
Tiche
Mortali
Adone
Anchise
Enea
Butes
Erice
Dinlas

Soprannomi e titoli
Acidalia
Ambologera (ἀμβολογήρα), «colei che non invecchia mai, colei la cui bellezza non deperisce», Pausania lo riferisce come un epiteto della dea presso gli spartani.
Anadiomene (ἀναδυομένη), «l'emergente» in riferimento all'Afrodite Anadiomene, un dipinto andato perduto di Apelle di Kos descritto da Ateneo in δειπνοσοφισταί (i commensali dotti o deipnosofisti) 12.591.
Cipride (κύπρις), letteralmente «originaria di Cipro», in riferimento al mito (una descrizione lirica è presente anche in inni omerici ad Afrodite II.1-18) che la vede sorgere dalla spuma del mare presso Cipro (dove la dea godeva di un culto particolare). Il termine compare per la prima volta in Iliade, 5.330.
Despina (δέσποινα), «sovrana» (prosatori attici).
Etera (ἑταίρα), «amica, compagna, etera»
Porne (πόρνη), «meretrice, cortigiana»
Calliglutea (καλλιγλυτος), «dal bel sedere», compare in Nicandro, frammento 23.
Callipigia (καλλιπῦγos), «dalle belle natiche», compare in Ateneo, Deipnosofisti 12.554.
Morfo (μορφώ), armoniosa e come sinonimo di bellezza, compare in Licofrone 449 e Pausania 3.15.10
Colpode (κολπώδες), «sinuosa» e «[con il] kolpos» (κολπος che letteralmente significa seno) in riferimento alla dea che indossa il kolpos ovvero quella parte del chitone ionico che fascia morbidamente il seno (il chitone ionico è infatti stretto sotto il petto da una cintura che lascia ripiegare a sbuffo la veste). Il termine, col secondo significato, compare associato ad Afrodite nella forma ἱοκόλπος («cinta di viole») in Alceo (frammento 12) e Saffo.
Genetyllis
Epitragidia
Melaina, la nera
Melainis, la nera
Skotia, la scura
Anosia, l'empia
Androphonos, sterminatrice di uomini
Tymborychos,
Epitymbidia, colei che sta sulle tombe
Basilis, regina
Persephaessa
Praxis

Nella cultura popolare
Afrodite è nota nella cultura popolare attraverso diverse opere d'arte quali la Venere di Milo e la Nascita di Venere di Botticelli.
Nei film, è stata interpretata da attrici quali Vanna White e Ursula Andress.
Nelle serie televisive Hercules e Xena, Afrodite è stata interpretata dall'attrice Alexandra Tydings, divenuta una icona televisiva nella sua interpretazione di Afrodite come una giovane donna vestita solo di una veste rosa.
Nell'anime Wedding Peach Afrodite è la regina del Mondo degli Angeli. Questi ultimi sono esseri magici che portano l'amore sulla Terra.
Nei fumetti della Marvel Comics, Venere è presentata come la prima amante di Ares della quale diventa avversaria nonostante quest'ultimo sia ancora innamorato di lei.

da: it.wikipedia.org/wiki/Afrodite
[Modificato da moi00000000 29/12/2007 16:53]
29/12/2007 16:57
 
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Venus - Venere - Afrodite



Tra le divinità antiche di importante valenza risalta l'aspetto di Venere. Afrodite presso i Greci viene detta anche Libitina, Citerea, Genitrice, Vincitrice ecc. Ogni epiteto indica un aspetto di questa divinità che per gli antichi rappresenta la forza d'attrazione che genera vita, dunque aspetti diversi della divinità dell'amore. Amore in senso erotico è suo figlio, generato dall'incontro tra lei e Marte.

La dea dell'amore e il dio della guerra, due aspetti opposti, si attraggono e si completano, creando la cosa più bella del mondo: l'amore.

Le sacerdotesse di Venere erano di diverso tipo. Alcuni sacerdozi di Venere si occupavano esclusivamente dell'amore, come per esempio presso il tempio di Erice in Sicilia. Qui le sacerdotesse applicavano l'amore universale con chiunque si presentasse e lo chiedesse. Il santuario era noto per la sua potenza non solo economica, ma anche magica, a quanto pare. Quinto Fabio Massimo ne pianificò l'occupazione, convinto che fosse necessario per risolvere le guerre puniche.

Nel mito Venere nasce dal seme di Saturno/Cronos che cade in mare dopo l'evirazione che gli attua suo figlio Giove/Zeus, che spodesta il padre dal trono degli dei. Il mito vuole che la dea nacque dalla schiuma delle acque marine sulle coste dell'Isola di Cipro, a lei sacra. Gli alchimisti affermano che il metallo corrispondente al pianeta Venere sia il rame, il quale veniva estratto in abbondanza in antichità dall'isola della dea.

Bella tra le belle vinse il concorso di bellezza tra le dee, al quale parteciparono anche Giunone e Diana. Giudice della disputa fu il troiano Paride. Egli avrebbe dovuto consegnare un pomo d'oro alla vincitrice, per questo motivo spesso Venere viene reappresentata coll'aurea mela nella mano.

A lei era sacro il mese di Aprile e la stagione della primavera, anche detta stagione degli amori, poichè ella infonde l'amore agli esseri viventi, garantendone la continuità generazionale, dalle piante agli uomini e agli dei. Le sono così sacri i fiori, gli animali più amorosi e docili, come per esempio le colombe. Pare che a lei sia sacro il sorriso (Omero, Inni) e che possa donare agli uomini suoi devoti il fascino, necessario alle conquiste amorose.

blog di Giuseppe M. D. Barbera

da: www.apietas.org/
29/12/2007 17:08
 
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I GIARDINI DI VENERE


di Eleonora Cavallini



Da molti secoli, il nome della rosa è connesso con una precisa simbologia, allusiva alla presenza e al potere di Venere.
E proprio a lei, alla dea dell'amore, è dedicato questo sito.
Partiremo, naturalmente, dalle sponde della Grecia, dove la dea semitica Astarte approdò in tempi remoti e rinacque con il misterioso nome di Afrodite. Di lì riprenderemo il nostro viaggio alla scoperta delle varie e sorprendenti forme che il mito di Venere ha assunto nell'arte figurativa classica e moderna, dagli affreschi pompeiani a Botticelli e Tiziano, fino a Canova ed altri ancora...


La babilonese Ishtar, equivalente della fenicia Astarte, era dea dell'amore e della generazione, ma anche signora del cielo, sposa divina del re e consigliera della sua azione di governo sia in pace che in guerra. Come dea della natura e della vegetazione, Ishtar/Astarte presiedeva alla nascita ma anche alla distruzione, nel perpetuo avvicendarsi delle stagioni.
Alcuni tratti di questa divinità semitica si ritrovano nella figura della Sulamita protagonista del biblico _Cantico dei Cantici_ (ove ella è definita "bella come la luna, eletta come il sole, terribile come esercito schierato in battaglia") e soprattutto nel personaggio di Esther, sposa del re Assuero nonché sua guida insostituibile nelle decisioni più importanti.
Dall'Oriente semitico, attraverso la mediazione di Cipro e Citera, Ishtar/Astarte approda nel mondo greco ove prende il nome (non ellenico, a quanto pare),di Afrodite.
Ovviamente qui non pretendiamo di esaminare, tanto meno in modo sistematico, la vastissima ed intricata mitografia riguardante Afrodite e le divinità del suo corteggio. Desideriamo solo evidenziare in modo sintetico alcuni particolari aspetti del culto afroditico, nonché del repertorio di leggende incentrate sulle vicende della dea e delle figure minori che l’accompagnano, prendendo le mosse dalle fonti letterarie, con particolare riferimento all’epica postomerica, alla lirica arcaica e tardo-arcaica, al teatro ateniese dei secoli V e IV e a Platone, fino a quel sofisticato ripensamento del mito su cui si incentra la poesia di Teocrito e Apollonio Rodio.
Fondamentale appare anche l'aspetto archeologico, sia per quanto riguarda l’ubicazione e la struttura di monumenti o santuari menzionati dagli autori sopra ricordati, sia per quel che concerne l’iconografia di Afrodite e di Eros.
Il primo punto da chiarire riguarda l’immagine della dea, più precisamente alcune peculiari caratteristiche che quest’ultima assume, così nella poesia come nella statuaria, anche in relazione all’influsso dei culti orientali. Sorprende la vastissima gamma di epiteti, a volte inquietanti, con cui Afrodite è venerata nelle diverse località della Grecia: Afrodite Etera, Afrodite Prostituta, e perfino Afrodite Pitionice, dal nome di una celebre cortigiana ateniese amata da Arpalo, l'infedele tesoriere di Alessandro Magno (ma quest'ultimo, a sua volta, teneva in tanta considerazione l'etèra ateniese Taide da permetterle di incendiare Persepoli alla testa di un corteo bacchico). Secondo la tradizione, in Tessaglia Afrodite era addirittura chiamata con l'epiteto di Omicida, in séguito al brutale assassinio della bellissima etera Laide,uccisa da alcune donne tessale invidiose del suo fascino: è tuttavia probabile che l'episodio sia in realtà una tarda reinterpretazione di un antico quanto macabro rituale espiatorio.



Ma Afrodite non è mai sola. Interessante è la presenza della dea e di Eros, nonché delle Càriti e di altre divinità minori, in quei generi poetici tramite i quali il simposio aristocratico esprime la propria dimensione erotica: dunque, nelle elegie di Teognide, nella lirica di Alceo e Anacreonte, ma soprattutto in quella particolare forma di poesia conviviale che è l’encomio dedicato ai bei giovinetti.Significativi alcuni componimenti conviviali di Ibico e di Pindaro, nei quali le dee del séguito di Afrodite ricoprono un duplice ruolo: quello di ‘nutrici’ del giovinetto amato, ma anche quello di temibili alleate di Cipride nell’opera di seduzione del poeta/amante. E non è da trascurare una situazione del tutto paradossale come quella prospettata nel parodistico Ciclope euripideo, ove le Càriti vengono esplicitamente (quanto coerentemente) escluse dallo ‘sgraziato’ simposio di Polifemo.
Ma più enigmatica di tutte è la figura di Eros, praticamente una creazione della fantasia greca. Essere dall’incerta genealogia e dall’ancora più confusa mitografia, in origine paredros di Afrodite ed in séguito suo figlio, Eros permane costantemente in bilico tra la sfera teo-cosmogonica e quella allegorica: è venerato come dio (come attestano alcuni celebri santuari a lui dedicati, in primo luogo quello di Tespie in Beozia), ma può essere anche inteso -soprattutto ad opera della speculazione filosofica - quale simbolo delle più intense e profonde emozioni dell’anima umana.
Di natura duplice e ambigua, Eros concentra in sé tutti i possibili contrasti: allieta il cuore e al tempo stesso lo divora; è irruente come il vento di Borea ma sa anche rimanere saldamente a guardia del cuore dell’amante; è paladino della giustizia ma può anche comportarsi in modo ingiusto; infine -e questa è forse la più enigmatica delle contraddizioni attribuite al dio- è noto per la sua audacia, eppure non è alieno da paura e sgomento (o quanto meno non lo sono le sue vittime, gli infelici amanti. Originariamente subordinato ad Afrodite, Eros appare destinato ad acquistare una personalità del tutto autonoma con la riflessione filosofica del V e del IV secolo a.C., in particolare con Crizia, Antistene e con il 'filosofo della scena' Euripide, ma soprattutto con Platone. L’opera platonica avrà, a sua volta, ampie ripercussioni sul pensiero di autori contemporanei ed anche molto più tardi.

Dalla Grecia, il mito di Afrodite/Venere è penetrato nella cultura ellenistico-romana e di lì è entrato a far parte dell'immaginario collettivo di artisti e poeti di tutti i tempi...



da: www.geocities.com/ioplokamos/


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DA BOTTICELLI A GIORGIONE


L'umanesimo fiorentino conduce alla riscoperta del mondo classico anche nella pittura.
Esemplare, in questo senso, l'opera di Botticelli, di cui è soprattutto nota la Nascita di Venere , eseguita intorno al 1485 per quello stesso Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici per il quale era stata eseguita la Primavera (Firenze, Uffizi).



La tela raffigura Venere sulle onde del mare, sospinta da Zefiro verso terra ove un'Ora giunge a porgerle un manto. Il tema, derivato dalla mitologia antica (vedi la pompeiana Venere in conchiglia , che però fu scoperta in epoca successiva), può celare varie interpretazioni allegoriche suggerite dalla letteratura umanistica del '400, mentre l'immagine della dea rivela l'attenzione di Botticelli alla scultura classica e in particolare al tipo della "Venere pudica".

Ma Botticelli conosce anche la più antica tipologia della Venere ornata e abbigliata, quale appare in questa inquietante e malinconica raffigurazione (1483 circa) di Venere e Marte (Londra, National Gallery):





Qualche decennio più tardi si afferma il tipo della Venere nuda e giacente, quale la raffigura Giorgione (1510?)in un dipinto di misteriosa e magnetica bellezza (Dresda, Gemaeldegalerie):



guarda l'immagine
http://www.geocities.com/ioplokamos/Giorgione.jpg


Un' opera che influenzerà Tiziano (il quale, secondo il Vasari, avrebbe addirittura ultimato il dipinto giorgionesco, lasciato incompiuto dall'autore) e tutta la pittura del tardo Rinascimento.

da: www.geocities.com/ioplokamos

[Modificato da moi00000000 29/12/2007 17:24]
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TIZIANO, VELAZQUEZ E TINTORETTO


La tipologia della Venere nuda e sdraiata si impone con il Rinascimento maturo, di cui è emblematica espressione la Venere di Urbino di Tiziano , dipinta forse intorno al 1525 (Firenze, Uffizi):





Del capolavoro tizianesco, come pure di quello di Giorgione, appare memore Velàzquez nel suo dipinto La toeletta di Venere , forse del 1648 (Londra, National Gallery):



La ieratica, idealizzata staticità della Venere giorgionesca è tuttavia ormai lontana. Al sensuale realismo dello Spagnolo fa da pendant la vivace, quasi umoristica scenetta familiare proposta da Tintoretto in Venere, Vulcano e Marte (Monaco, Pinacoteca):



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IL NEOCLASSICISMO E CANOVA


Verso il 1813 il principe Camillo Borghese commissiona ad Antonio Canova un ritratto della moglie, Paolina Bonaparte. La bellezza della sorella di Napoleone colpisce l'artista al punto che quest'ultimo la ritrae come Venere Vincitrice (Roma, Galleria Borghese):




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JULIA MARGARET CAMERON : L' ETA' VITTORIANA



Poco dopo il 1860, Julia Margaret Cameron, aristocratica inglese nata in India, inizia ad esporre le sue straordinarie fotografie, in cui si avverte l'influsso della contemporanea pittura preraffaelita. Pur prediligendo soggetti di ispirazione simbolista, la Cameron non manca di attingere anche al repertorio classico. Dall'arte ellenistico-romana deriva quasta Venere che sgrida Cupido e gli toglie le ali:





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29/12/2007 17:21
 
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VENERE E ADONE


A Venere la mitologia classica associa il demone/cacciatore Adone. Ecco come la vicenda è interpretata da Tiziano nell'ambito di una serie di sette quadri di soggetto mitologico, dipinti per il re Carlo V fra il 1550 i il 1560 (New York, Metropolitan Museum of Arts):





Ed ecco invece una straordinaria opera scultorea di età neoclassica, sorprendente per la vibratile modernità del modellato.
E attenzione: NON è una Pietà....




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29/12/2007 17:26
 
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VENERE - AFRODITE



La nostra grande dea dell'amore non e' stata mai esclusivamente nostra. Essa e' la stessa divinità che anche i nostri vicini orientali veneravano, sotto nomi barbarici come Ashtoret o Ishtar e che noi più tardi abbiamo reso con il nome di Astarte.

In Oriente essa era una dea estremamente assetata d'amore, ma che sapeva anche donare un' illimitata voluttà amorosa; nel cielo apparteneva a lei la stella vespertina e mattutina, il pianeta Venere; tra gli animali la colomba.

Le storie che si raccontavano di lei non erano uguali alle nostre, eppure ricordano i nostri racconti sulla grande dea dell'amore. Si ascolti per esempio questa:

Alcuni pesci avevano trovato nel fiume Eufrate un uovo meravigliosamente grande. Lo spinsero sulla riva: una colomba lo covò e cosi' nacque la dea di cui si affermava che fosse la più benigna e la più misericordiosa verso gli uomini. Nella storia dei suo giovane amante, Tammuz o, come da noi si chiamava con l'invocazione semitica Adoni, "mio Signore". nella primitiva storia di Adone , era forse lei la causa della morte di questi,ma soltanto per eccessivo amore.

Da noi la corrispondente storia si riferiva alla nostra dea dell'amore, Afrodite, il cui nome ricorda pur sempre un po' il nome di "Ashtoret' In quella storia Afrodite resta fuori dalla cerchia degli dei olimpici, anche dopo che vi e' stata accolta. Ma essa rimaneva al di fuori dell'Olimpo anche a causa della sua più ampia sfera di potenza, circa come Ecate, alla quale risulta anche strettamente affine, quando accetta sacrifici di cani sulla costa tracia come Afrodite Zerintia o su quella attica come Genetillide.

Per gli Ateniesi essa era la più antica Moira. Altrove era considerata anche figlia di Crono, insieme con le Moire e con le Erinni.

Il racconto della sua immediata discendenza da Urano, alla quale si e' già accennato, ha posto sempre la nostra grande dea dell' amore in relazione col mare. Per noi, essa era la Anadiomene, la dea che emerge dalle onde salate, e portava anche l'epiteto di Pelagia, la marina.



Altri due suoi epiteti diedero motivo, a certe persone ateniesi che prediligevano l'amore tra fanciulli e la cui opinione ci viene riferita da Platone, di distinguere una Afrodite Pandemia, dea dell' amore terreno, da una Afrodite Urania, dea dell' amore celeste.

In realtà la parola Pandemia indica la presenza della dea presso tutte le classi e tutte le comunità di un popolo che essa tiene unite e in armonia. Il nome Urania documenta invece la sua origine di dea orientale del cielo, dalla quale, come a Corinto e a Erice, i fedeli si recavano in pellegrinaggio, in un santuario elevato, posto sulla cima di un monte, dove venivano accolti da benevole officianti del tempio. A questi due epiteti si trova aggiunto ancora un terzo coi quale si formava una triade: cosi' nel culto antichissimo di Tebe, dove la dea, nella sua terza forma, si chiamava Apostrophia, colei che si volta da parte.

Ma Afrodite non era da noi l'unico nome della grande dea dell' amore. Con parola greca essa si chiamava anche Dione. E' la forma femminile del nome Zeus, paragonabile nella sua formazione al nome latino Diana, e significa una dea del cielo luminoso. Dione era nota anche come dea dell'acqua. A Dodona era venerata insieme a Zeus, dio della sorgente, come sposa del dio supremo e dea della sorgente dalla quale si ottenevano gli oracoli. Esiodo l'annoverava tra le Oceanine, mentre secondo gli Orfici essa era una figlia di Urano. La fondazione dell'oracolo di Dodona veniva attribuita a una colomba. Coloro che, come Omero, volevano completamente subordinare la grande dea Afrodite a Zeus, raccontavano che essa era figlia dell'Olimpio e di Dione. Accanto a questa versione che fa di Afrodite una figlia di Zeus e di Dione, continuò ad esistere anche quella che la faceva discendere imme-diatamente da Urano, e con la quale ha inizio.la serie dei racconti intorno alla nostra grande dea dell'amore.

Il racconto della nascita di Afrodite ci e' stato tramandato da Esiodo.

Esso costituisce la continuazione della storia di Urano, Gea e Crono. Segue

poi il primo viaggio della dea all' isola di Cipro, dove si trovavano i suoi santuari più potenti e più antichi, nelle città di Pafo e di Amatunte. Questo racconto trovava la sua continuazione in, un inno attribuito a Omero. Ma prima riferisco il racconto originario.

Il membro reciso del padre di Urano cadde nel mare mobile. Crono l'aveva gettato colà dalla terraferma. Per lungo tempo le onde lo spinsero qua e là. Dalla pelle immortale si formò intorno una bianca schiuma, aphros. Da questa schiuma sorse e crebbe una bella fanciulla. Nuotò dapprima verso l' isola ' di Citera, dopo però andò a Cipro. Colà la bella e pudica dea usci' dall'acqua e sotto i suoi piedi delicati spuntò una tenera erbetta. Gli dei e gli uomini la chiamarono Afrodite, perché nata dalla schiuma.

La chiamarono. anche Citerea, perché si era recata dapprima a Citera. Eros e Imeros questo era un alter ego del dio dell'amore , chiamato "desiderio" - l'accompagnarono subito appena nacque e si uni' agli dei. Sin da principio essa ebbe tra gli dei e gli uomini come funzione ed ufficio il bisbiglio delle fanciulle, il riso e la malizia, la dolce voluttà, l'amore e la mitezza.

L'inno continua il racconto dicendo che Afrodite venne accolta in Cipro dalle Ore che la vestirono. Le Ore sono le figlie di Temi, dea dell'ordine dei sessi, insito nella natura. La vista della completa nudità della dea - secondo l'idea dei nostri antenati dei tempi più antichi, eccettuati i Dori - avrebbe urtato Temi. Soltanto dopo essere stata vestita, incoronata e adornata Afrodite poté venir introdotta tra gli dei. Non appena questi la videro la baciarono, le strinsero la mano e la desiderarono in moglie con matrimonio duraturo.

Terminero' con il racconto secondo cui, Afrodite sarebbe nata da una conchiglia e con la conchiglia sarebbe approdata all'isola di Citera. Nella città di Cnido, sulla costa dell'Asia Minore, dove Greci puri e non orientali osarono per la prima volta esporre alla vista una Afrodite nuda - la celebre statua dello scultore Prassitele - la conchiglia era considerata come animale sacro alla grande dea dell'amore.

La storia dell'amore, che sarebbe toccata ad Afrodite già nel mare prima della sua introduzione tra. gli dei dell'Olimpo, e' legata ad una conchiglia. Il tardo narratore, che ce la riferisce chiama Afrodite figlia di Zeus, ma anch'egli trasferisce nel mare il periodo preolimpico della storia della dea.

Secondo questo racconto, nella più pura acqua, sulla roccia, sotto la superficie del mare, si trovava una conchiglia piccola, ma meravigliosamente bella, che si chiamava Nerite ed era l'unico Aglio di Nereo.

A Esiodo sono note soltanto le cinquanta figlie. Anche Omero menziona soltanto queste. Del figlio parlava la gente del mare. Egli era il più bello tra gli dei e gli.uomini. Finché Afrodite dimorò nel mare, trovò la sua gioia in lui e visse con lui come con un amante. Ma quando arrivò il momento in cui, per volere dei fato, la dea doveva essere accolta tra gli Olimpici e suo padre la chiamò, essa avrebbe voluto portare con sé il suo amico e compa-gno di gioco per salire insieme sull'Olimpo. Questi però preferi' la vita nel mare, con le sue sorelle e i suoi genitori. Afrodite gli voleva donare le ali, ma egli non apprezzò neanche queste. Allora la dea lo trasformò in una conchiglia e scelse per compagno e servitore il giovane dio dell' amore, Eros. A questi diede le ali.

Un altro racconto considera Nerite come amante di Poseidone e alter ego di Fetonte. Quando viaggiava con il suo carro sopra le onde, il bel fanciullo era simile a Elio. Ma questo racconto proviene da un'età ancora più tarda di quella a cui risale la storia riferita poc'anzi.

Esistevano dei racconti secondo i quali Afrodite avrebbe scelto per sposo

Ares, dio della guerra.

Secondo altri racconti invece essa era moglie di Efesto. Infine vi e' un'altra storia, resa celebre da Omero, secondo cui Afrodite avrebbe tradito suo marito, Efesto, con Ares. Dall'unione di Afrodite con il dio della guerra, nacque, secondo i racconti dei Tebani la bella Armonia, la "unificatrice", quasi una seconda Afrodite. Suo marito era Cadmo, l'uccisore dei dragone e il fondatore di Tebe il cui nome ricorrerà nella storia d' Europa. Oltre ad Armonia erano considerati figli di Ares e di Afrodite, da una parte Fobo e Deimos, paura e Spavento, d'altra parte Eros e Anteros, Amore ed Amore ricambiato. Ciò però non e' quasi più mitologia, ma mera genealogia. Secondo un'altra genealogia, Eros era padre di Efesto.

Si dovrà parlare ancora molto di Efesto, ma sia detto sin d'ora che, secondo la maggior parte dei racconti, egli era un artigiano abile e robusto, ma nello stesso tempo anche un nano ingegnoso e storpio.

Egli fabbricava con l'oro vergini che si movevano, pensavano e lavoravano come persone vive. Ed egli creò la prima donna, Pandora. Questa non ebbe Efesto per marito, ma esseri che gli erano tuttavia molto affini. Tanto per Omero, nell' Iliade, quanto per Esiodo, sposa di Efesto era una Carite: per quest'ultimo, la Charis più giovane, Aglaia, l'ornamento. Si voleva intendere negli antichi racconti, noti ancora a quei poeti, un' opera d'arte vivente - poiché charis significa anche il fascino dell'arte, oppure si intendeva dare come sposa al dio fabbro una Afrodite minore, in luogo di quella grande? Ad ogni modo, la dea dell'amore poteva essere chiamata anche Carite. Nell'Odissea si chiama Afrodite la compagna di Efesto ed Ares e' il suo amante.

Un cantore, del popolo dei Feaci, che erano ancora più di noi vicini agli dei, cantò come Afrodite e il dio della guerra si unirono in amore per la prima volta.

Ciò accadde nel palazzo dei marito. Nessuno ne, sapeva niente ed Ares aveva fatto di tutto per poter, violare il matrimonio e il letto di Efesto. li Sole vide la coppia durante l'amplesso e si affrettò a darne notizia al celebre fabbro. L'annuncio lo colpi' dolorosamente. Egli si recò in fretta nella sua fucina e meditò vendetta. Mise la grande incudine sul piedistallo e preparò delle catene che non si potevano né sciogliere, né spezzare, ma che erano anche invisibili e sottili come ragnatele. Le applicò ai sostegni del letto e finse di recarsi a Lemno, sua isola preferita e città costruita bene. Ares non rimase inutilmente ad attendere.

Raggiunse subito il palazzo del maestro desiderando ardentemente Afrodite. Questa era appena ritornata dalla casa di suo padre, Zeus, e si tratteneva nella stanza. Egli entrò, le prese la mano e disse: Vieni, amata, corichiamoci e godiamo il nostro amore! Efesto e' lontano, e' andato a Lemno, dal suo popolo di lingua straniera, i Sinti. Anche lei desiderava coricarsi. Salirono sul letto e si addormentarono. Le catene di Efesto eseguite ad arte li avvolsero in modo tale che essi non poterono più muovere neppure un'estremità, nonché alzarsi. Allora si accorsero che non vi era più via d'uscita.

Il robusto artiere si avvicinò, poiché il Sole aveva spiato come sempre e tradito gli amanti. Il marito restò fermo sulla porta, preso da ira selvaggia, e con voce terribile chiamò tutti gli dei:

Padre Zeus e voi tutti, dei felici ed eterni! Venite a guardare ciò che accade qui di ridicolo e obbrobrioso. Osservate come mi disonora la figlia di Zeus, Afrodite, poiché io sono uno storpio. Essa ama il fatale Ares, perché e' bello ed ha i piedi regolari mentre io zoppico. Ma nessuno ne ha colpa, se non i miei genitori: non dovevano mettermi al mondo! Guardate come dormono li, nell'amplesso amoroso, nel mio letto! Questo spettacolo mi addolora. Resteranno li, io credo, sdraiati per un pezzo dato che si amano tanto, ma ci resteranno loro malgrado: sono le mie catene che li terranno fermi, finché il' padre non si deciderà a ripagarmi di ciò che ho speso per i regali fatti alla sua figlia svergognata; poiché essa e' bella, ma non virtuosa.

Cosi' parlò. Gli dei si radunarono nel suo palazzo, nell'edificio che aveva soglie di bronzo. Vennero Poseidone, Ermes, Apollo. Le dee pudicamente restarono in casa. Gli dei rimasero sulla soglia. Quando i beati osservarono il capolavoro dell'astuto Efesto, risuonò il loro riso irrefrenabile. L'uno diceva all'altro: L'azione ingiusta non porta buoni frutti. il lento cattura il veloce. Chi e' stato colto in fallo deve scontare l'adulterio. Apollo chiese a Ermes: ti piacerebbe giacere in simili catene con l'aurea Afrodite? E questi di rimando: Ah, se ciò potesse accadere, sopporterei pure catene tre volte più forti! Potreste guardarmi tutti, voi, dei e dee, perché io giacerei felice con l'aurea Afrodite! Risero di nuovo gli immortali, soltanto Poseidone non rise. Egli pregò il maestro di sciogliere Ares e si costitui' garante davanti a tutti gli dei dell'ammenda che doveva essere pagata al marito. Efesto acconsenti' non senza difficoltà e sciolse i due amanti. Essi balzarono in piedi: Ares si precipitò al paese dei Traci, Afrodite a Cipro, nel suo tempio di Pafo. Le Cariti l'accolsero con un bagno. Unsero la dea con olio immortale, il cui profumo e' proprio degli dei, e la avvolsero di nuovo nella sua veste bellissima, deliziosa.

Pigmalione era reputato dai Ciprioti re ed amante di Afrodite.

Qualunque fosse il nome che gli davano gli adoratori non greci della dea, cioe' i Fenici di Cipro, e qualunque il significato di quel nome, noi lo conoscevamo anche nella forma di Pygmaion, che per noi non poteva avere altro significato che quello di pygmaios, nano. Tanto più che, secondo i nostri antichi racconti, anche altre isole del Mediterraneo orientale erano abitate nei tempi primordiali da esseri che si potevano definire tanto nani quanto grandi dei. Tali erano i Cabiri di Samotracia e gli ingegnosi artefici Telchini di Rodi, e cosi' era, a Lemno, anche Efesto.

Si raccontava che il re Pigmalione si fosse innamorato della statua eburnea nuda di Afrodite; infatti, una tale immagine cultuale non era rara presso la gente non-greca dei tempi antichi. Egli voleva sposare la statua e la posò sul suo letto.

Tanto non basterebbe naturalmente per trarne una storia. Ma si raccontava pure che Pigmalione stesso avesse fatto la bella statua femminile d'avorio, di cui poi si era innamorato. Nel suo disperato amore, egli rivolse le sue preghiere ad Afrodite, che ebbe pietà di lui. La statua diventò viva e Pigmalione la prese in moglie.

Essa gli partori' Pafo, il cui figlio Cinira fondò poi la città di Pafo con il santuario di Afrodite.

Secondo questo racconto il culto della grande dea dell'amore avrebbe avuto inizio a Cipro soltanto con Pigmalione e con la sua opera, l'ídolo nudo. Si diceva che Pigmalione fosse stato per i Ciprioti, ciò che era stato Adone, il signore e l'amante di Afrodite.

La storia del giovane signore e amante della grande dea dell'amore era da noi, e lo era già stato sicuramente in quelle regioni orientali dalle quali noi l'avevamo presa, cioe' in Siria, a Cipro, in Asia minore - messa in relazione con la storia di un albero. Questa storia si riferiva a quella pianta araba chiamata myrrha o smyrna, la cui resina fortemente profumata era per i popoli dell'antichità il più prezioso tra tutti i succhi d'albero. Anche la resina si chiamava myrrha o smyrna.

Il racconto diceva: Mirra o Smirna era la figlia di un certo Tia, re del Libano, o del re Cinira di Cipro, fondatore di Pafo, per non menzionare altri nomi. Mirra si era innamorata perdutamente di suo padre. Si adducono vari motivi per giustiflcare questo fatto, come l'ira del dio Sole o l'ira di Afrodite, perché Mirra si sarebbe vantata di avere capelli più belli di quelli della dea. La figlia riusci' a ingannare o a inebriare il padre, ciò che accade anche in un racconto biblico. Essa giacque con lui come una fanciulla sconosciuta, per dodici notti di seguito o forse meno. Alla fine il padre scoperse, alla luce di un lume nascosto, chi era la sua compagna di letto e prese a inseguirla con la spada brandita. Mirra portava già in seno un bambino concepito in quell'amore proibito ed era piena di vergogna. Pregò gli dei di non essere in nessun luogo, né tra i vivi, né tra i morti. Forse Zeus, o forse Afrodite, una divinità ebbe misericordia di lei. La trasformò nell' albero che piange con le lacrime più aromatiche il proprio frutto, il frutto del legno: Adonis. Infatti, questi, futuro amante di Afrodite, nacque dalla corteccia apertasi déll' albero della mirra.

Adone era bello, cosi' bello che Afrodite nascose il bambino appena nato in una cassa e lo consegnò a Persefone perché lo custodisse. La regina degli Inferi apri' la cassa, vide il bel bambino e non volle più restituirlo. La contesa tra le dee fu portata davanti a Zeus. Il re degli dei decise che Adone potesse passare una parte dell'anno per conto suo, un'altra parte poteva restare con Persefone e una terza con Afrodite. La morte che portò Adone da Persefone, negli Inferi, veniva descritta per lo più come se questi, in qualità di cacciatore, fosse stato ferito a morte da un cinghiale. Il suo sangue si spandeva, ne sorgevano anemoni rossi e il fiume Adonis del Libano ebbe le acque rosseggianti. Il cinghiale doveva esser stato mandato contro il giovane da Artemide o da Ares. Afrodite però doveva piangere Adone, invece di possederlo per sempre. Le feste che celebravano il suo doloroso amore rievocavano il giorno del congiungimento e quello della separazione della dea dell'amore dal suo giovane signore. Il delicato giovane stava disteso e veniva amato e pianto da Afrodite. Inutilmente la dea tentava di trattenerlo. Il giorno successivo egli si dileguava oltre il mare e nell'aria. Le donne gli offrivano piccoli giardini che facevano crescere rapidamente in cocci di terracotta e in pentole, perché appassissero pure presto. Esse offrivano se stesse agli stranieri nei santuari orientali. Quelle che non lo facevano, sacrificavano i loro capelli ad Adone.

Le storie della grande dea dell'amore fin qui narrate si svolgevano al margine sud-orientale del Mediterraneo, a Cipro e in Siria. Scena del racconto seguente la regione di Troia, nell'Asia Minore.

In questo troviamo Afrodite accompagnata da animali selvaggi. Il racconto veniva cantato in un inno che si attribuiva ad Omero.

Afrodite non aveva alcun potere su tre dee: su Atena, Artemide ed Estia. Essa trionfava ' su tutti gli altri dei e le altre dee, costringeva perfino Zeus ad amare donne mortali e a dimenticare la, propria sposa-sorella divina, Era, figlia di Crono e di Rea. Perciò Afrodite dovette, per volere di Zeus, innamorarsi di un mortale, del pastore Anchise. Questi pascolava i suoi buoi sulle alture dei monte Ida ed era bello come gli immortali. Afrodite lo vide e se ne innamorò appassionatamente. Si recò in fretta a Cipro, nel suo tempio di Pafo. Chiuse dietro a sé le porte del tempio; le Cariti le prepararono un bagno e unsero, la grande dea con l'olio immortale il cui profumo avvolge gli dei eterni. In una bellissima veste ornata d'oro la dea ritornò subito a Troia, al monte Ida, dalla madre degli animali selvaggi.

Prese la via attraverso la montagna verso le stalle. La seguirono, dimenando le code, lupi grigi, leoni dallo sguardo torvo, orsi e agili leopardi, animali che non si saziano mai abbastanza di gazzelle. La dea si rallegrò alla vista degli animali e infuse nel loro cuore l'amore, di modo che essi si sdraiarono a coppie all'ombra dei boschi. Afrodite entrò nella tenda dei pastori e trovò Anchise solo. Egli passeggiava su e giù, sonando la cetra. Afrodite si presentò a lui come una bella e delicata fanciulla mortale. Anchise la vide e si stupi' della sua bellezza, della sua statura e delle sue splendide vesti. Essa aveva una veste, il cui color rosso abbagliava più della fiamma viva; i suoi seni splendevano in modo meraviglioso, come se fossero circonfusi di luce lunare. Anchise divampò d'amore e parlò alla dea. La salutò come una immortale, le promise altari e sacrifici e la pregò di proteggere lui stesso e i suoi discendenti. Allora la dea gli menti', affermando di essere una fanciulla mortale, figlia di un re frigio, e che però parlava anche la lingua dei Troiani. Raccontò che dal coro di Artemide, in cui essa danzava insieme alle sue compagne di gioco e con le Ninfe, Ermes l'aveva rapita per portarla colà dalla Frigia, attraverso l'aria; essa ,a quanto aveva detto il divino messaggero, era destinata a diventar sposa di Anchise. Pregò però il pastore di non toccarla ancora, ma di presentarla prima ai genitori e ai fratelli, di cui essa doveva diventare nuora e cognata, di mandare anche un messo ai genitori di lei per la dote e di voler soltanto poi celebrare le nozze.

.Con queste parole la dea alimentò ancor di più l'amore di Anchise. Se tu sei una fanciulla mortale e destinata a diventare mia sposa, nessun dio o uomo può più trattenermi da te. Anche se Apollo dovesse in seguito colpirmi a morte, ora io voglio amarti subito a costo di morire dopo! Essa lo segui' fino al letto, sempre voltandosi indietro, come se volesse ritornare sui suoi passi e con i begli occhi abbassati. Su morbide coperte erano stese pelli di orsi e di leoni abbattuti da Anchise stesso. Egli le tolse gli ornamenti risplendenti, le sciolse la cintura e la spogliò. Secondo il volere degli dei l'uomo mortale giacque dunque con la dea immortale, senza saperlo. Soltanto nell'ora in cui i pastori dovevano tornare, Afrodite svegliò il suo amante addormentato e gli si mostrò nella sua vera figura e in tutta la sua bellezza. Anchise restò atterrito quando vide i suoi begli occhi; voltò la testa, si copri' il viso e implorò da lei salvezza, poiché nessun uomo mortale poteva essere sano e salvo per il resto della sua vita, dopo aver dormito con una dea.

Si racconta ancora,. che, Afrodite fece ad Anchise i migliori váticini per il figlio che essa aveva da lui concepito e per tutti i discendenti. li figlio era Enea che doveva diventare celebre , come fondatore della nazione dei Latini. La dea si rammaricò con se stessa di essersi data a un mortale. Anchise non doveva rivelare a nessuno di aver avuto il figlio da lei, quando le Ninfe glielo avrebbero portato come se fosse stato il figlio d'i una di loro. Altrimenti lo avrebbe colpito il fulmine di Zeus. A questo proposito si racconta che più tardi nell'ebbrezza Anchise se ne sarebbe vantato e sarebbe stato colpito da un fulmine di Zeús, divenendo quindi storpio. Un altro racconto sostiene invece che egli divenne cieco per aver visto la nudità della dea. Le api gli 'avrebbero punto gli occhi.

Troppi racconti della nostra mitologia che trattavano proprio delle divinità più note, sono andati perduti. li significato dei racconti era nella figura della divinità stessa; nessun singolo racconto poteva contenere la figura completa, in tutti i suoi aspetti. Gli dei vivevano nell'anima dei nostri antenati e non si trasfondevano in alcun racconto interamente.

In ogni storia però restava, e resta tuttora vivo, qualcosa di loro che apparteneva all'insieme della loro figura. Dal canto loro. i racconti non si possono riassumere mai interamente in un'unica parola, nel nome o in un appellativo della divinità. Tuttavia, fino a un certo punto, essi sono compresi in questi come, per esempio, il racconto sulla nascita di Afrodite e' implicito nell'epiteto Anadiomene. Cosi' anche gli epiteti che ci son rimasti ci aiutano a conoscere la' nostra mitologia. Nel caso di Afrodite bisogna per forza enumerarne ancora alcuni, per rendere evidenti tutti gli aspetti della nostra grande dea dell'amore.

La parola apbrodite nella nostra lingua ha assunto il significato di voluttà amorosa.

A questo dono della dea si riferisce, nei poeti antichi, l'epiteto chryse, l'aurea. Ma non bisogna prendere questa parola alla lettera, perché essa esprime tutta l'atmosfera di Urania, dea orientale del Cielo, che a Cipro portava anche l'epiteto di Eleemon, la misericordia.

E' già una riduzione di quest'atmosfera, quando le etere veneravano la dea come una di loro, sotto i nomi di Afrodite Hetaira o Porne. In quest' atmosfera ridotta sorgevano opere d'arte che mostravano la bellezza della dea come Kalliglutos o Kallipygos ,colei che ha belle natiche, con la veste sollevata, dopo che i nostri artisti poco a poco avevano ottenuto che la nudità della dea al bagno non incutesse più un sacro orrore agli spettatori. A Sparta, dove le donne godevano molte libertà nell'amóre, Afrodite portava lo stesso titolo "Signora", che era generalmente il nome di una sposa di Zeus: veniva chiamata Afrodite Era. In un santuario degli Spartani essa era venerata sotto due aspetti e due appellativi: amata, come Afrodite Enoplia, incatenata, come Afrodite Morfo, colei che ha una forma o che cambia forma: probabilmente un altro nome per quella Eurinome, madre delle Cariti che, come si sentirà tra poco, era pure bimorfa e incatenata. A Sparta Afrodite si chiamava anche Ambologera, colei che ritarda la vecchiaia. In Atene essa aveva i suoi giardini come Aphrodite en kepois ed era venerata anche come Urania e come la Moira più antica. Al Capo Coliade, sulla costa attica, si chiamava anche Genetillide come la Venus Genetrix dei Latini, una dea tutelare delle nascite. Conduceva un gruppo di tre dee e riceveva, come Ecate, anche sacrifici di cani. In una bella pittura vascolare la vediamo a cavallo di un'oca, mentre sotto il nome di Epitragia cavalcava anche un caprone. I poeti la chiamavano Cipria o Ciprigna da Cipro, la sua isola prediletta.

Un altro aspetto, al quale apparteneva in certo qual modo già il caprone, era espresso in epiteti come Melena o Melenide, la nera e Skotia, l'oscura. Se questi nomi alludono al buio, di cui l'amore ama circondarsi, questo aspetto della dea si ricollega con quanto precedentemente descritto. Ma l'Afrodite nera può stare altrettanto bene a lato delle Erinni,

tra le cluali essa viene pure contata. Epiteti come Andropbonos, l'assassina, Anosia, l'empia, Tyimborychos, la seppellitrice, accennano alle sue possibilità oscure e pericolose. Come Epitymbia essa appare addirittura come colei che sta sulle tombe. Quale Persephaessa viene invocata come regina degli Inferi. Le spetta anche. il titolo Basilis, la regina. L'epiteto Pasiphaessa che splende dovunque, la collega anche con la dea della Luna. Da tutto ciò si deduce che una volta vi erano dei racconti che identificavano la dea dell'amore con la dea della morte, comparabile alla Venus Ubitina dei Romani.

La forma maschile del nome di Afrodite, Afrodito, fa supporre che ci siano stati altri racconti. Ad Amatunte, nell'isola di Cipro, la dea era venerata sotto tale nome ed era raffigurata con il volto barbuto.

da: www.venusweb.it/
[Modificato da moi00000000 29/12/2007 17:36]
30/12/2007 16:18
 
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VENERE - AFRODITE

VENERE, FIGLIA DI URANO,il primo fra gli Dei,i greci la chiamavano Afrodite,perchè era nata dalla spuma (aphròs) del mare.La spuma era il sangue di Urano ,scorso nell'acqua del mare,dopo il colpo dato del suo figlio, il Titano Kronos,con la falce di diamante.Dea della bellezza e dell' amore sensuale,era figlia del Cielo e del Mare:divinità più mediterranea di cosi...!Era rappresentata con il voluttuoso corpo cinto di rose e di mirto,velata nella sua femminilità da una misteriosa cintura(il cinto di Venere).Fu una delle contendenti nella disputa sorta fra dèe per l'attribuzione del titolo di "più bella",e che ella vinse grazie al famoso Giudizio di Paride.
VENERE vive,si può dire,ancora oggi,perchè è la dea dell'amore e della seduzione.Fu amata dal principe troiano Anchise,persino dèi rozzi come il brutto Vulcano,che ne fu il marito,o "rambo"nerboruti come Marte(il vero dio della Guerra),che ne fu uno degli amanti(dalla loro unione nacque Eros,Dio dell'amore!),ne subirono il fascino(godendone ovviamente anche delle ...generose prestazioni).Mentre altre dèe nutrivano verso di lei un forse giustificabile risentimento.
FU UNA DEA capricciosa e volubile,e molti guai combinò ai mortali suscitando o sciogliendo vincoli e passioni amorose.Capricci di qui essa stessa fu poi a sua volta vittima ,quando il suo malizioso figlio,Amore(Eros),le scagliò una delle sue frecce e la fece invaghire di Adone: un giovane e bellissimo cacciatore,la qui prematura morte(ucciso da Ares - Marte-,geloso per il vero amore esistente tra Venere e Adone),gettò l'innamorata dea nella disperazione.
Il BURBERO-BENEFICO Giove,che di amori e amorazzi se ne intendeva ,se ne impietosi e consenti che ogni anno il bell'Adone tornasse fra i vivi e trascorresse quattro mesi con l'amata dea.Ed è in questa resurrezione che gli antichi videro l'eterno rifiorire della natura e il risorgere di ogni tenace amore.

da: giovegiunone.blog.dada.net
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