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A DAY AT THE RACES nel mirino: il degno seguito di Opera?

Ultimo Aggiornamento: 15/07/2013 12:33
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01/04/2012 18:14
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Re:
Bo Rhap, 01/04/2012 15.56:

a me pare che abbiano voluto "emulare" ANATO, facendo un album dalla struttura e dalle sonorità abbastanza simili...
e secondo me ADATR è una copia abbastanza sbiadita del capolavoro precedente.
però contiene canzoni spetacolari... ed io lo adoro!

ah i 70's queenici!!




Non penso abbiano voluto emulare ANATO, mi sembra abbastanza chiaro che Races sia stato concepito praticamente nello stesso periodo quindi è inevitabile che si assomiglino. Ripensandoci sarebbe stato un bel doppio album, ma penso non fosse praticabile all'epoca.

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beh però se cosi fosse il secondo disco sarebbe stato più sbiadito rispetto al primo, anche se molto molto belli entrambi.
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Se io sciolgo il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo.

Io non dire che Perdomo giocare come mio cane. Io dire che lui potere giocare a calcio solo in parco di mia villa con mio cane

Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello!

(V. Boskov)
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Forse il secondo è più sbiadito semplicemente perchè viene dopo, qualitativamente sono entrambi di altissimo livello secondo me.


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Se fossero usciti come un unico doppio album sarebbe stato il "Mellon Collie and the Infinite Sadness" degli anni 70!

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si comunque premetto che entrambi sono dischi FENOMENALI... però trovo che ANATO abbia più guizzi e genialate, rispetto al pur bello, ma inferiore, ADATR
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Io non dire che Perdomo giocare come mio cane. Io dire che lui potere giocare a calcio solo in parco di mia villa con mio cane

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(V. Boskov)
02/04/2012 12:46
Re:
Bo Rhap, 01/04/2012 22.27:

si comunque premetto che entrambi sono dischi FENOMENALI... però trovo che ANATO abbia più guizzi e genialate, rispetto al pur bello, ma inferiore, ADATR




Sì anch'io preferisco ANATO a questo. Alla fine posso essere d'accordo con chi dice che in pratica possano essere considerati come un sorta di doppio album: fratelli Marx, colori opposti, stile...

ADATR è più omogeneo di ANATO ma resta comunque un album molto vario. Canzoni bellissime. Ripeto il problema dell'album è la produzione. Si sente l'assenza di qualcuno che razionalizza alla fine il tutto...

Mike Stone in quest'album infatti non ricoprì il ruolo di produttore, ma era ancora ingegnere al suono...certo immagino che fu lui alla fine, gioco forza, quello che gestì tutto e che finì per rimpiazzare la figura di Baker ma si sente l'assenza della figura del produttore...
[Modificato da _Gianfrancesco_ 02/04/2012 12:47]
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mi mancava solo questa:

Brian May parla al telefono con un giornalista e perde il suo famoso aplomb: “Babbeo, l’intervista doveva essere sul mio interesse per i tassi, non sui tassi d’interesse”. Chiude il telefono e si scusa. Roger rivolge uno sguardo imbarazzato al mio collega olandese.
“Dunque stavamo parlando di A Day At The Races” fa Brian mentre chiude gli occhi per ricordare meglio gli episodi. “Uhm, sì, venivamo dal successo di A night at the opera e per questo seguito avevamo voluto riprendere un altro titolo dei fratelli Cohen”. Roger lo corregge educatamente, “i fratelli Marx, Brian”
“Ah, sì, certo. Dunque, Mike Deacon è sempre stato un tipo tranquillo e così anche Freddie, che però in quel periodo era fissato con le docce e perciò usava tanto borotalco. La trovavi dappertutto, quella polveraccia bianca e Freddie non faceva altro che tirarla per il naso perché, diceva, ti rinfresca anche dentro”. Roger annuisce trattenendo a stento una risata. Si diverte ad ascoltare i ricordi strampalati del ricciolone incanutito ed interviene di rado. E così Brian, alla fine della chiacchierata, ha sbagliato 7 titoli, osannato Freddie anche quando non ce n’era bisogno e si è commosso su Love of My Life, dimenticando però che la delicata canzone piano e arpa è sul disco precedente, di cui A Day at the Races è il degno successore. Già, il disco in questione non ha di certo i colpi di genio delle lunghe The prophet’s song e Bohemian Rhaposdy ma ha dalla sua alcuni brani che sembrano un perfezionamento di quelli contenuti nel disco dell’anno prima.
Si inizia subito con Tie Your Mother Down, pezzo heavy in cui May suona più riff di quelli che creerà dal 1998 al 2013. Taylor è potente senza essere cafone e Mercury risulta credibile nello snocciolare il testo su un appuntamento fra adolescenti. You take my breath away è una ballata pianistica in Mercury sussurra come una sirena ammarata alla ricerca del lost love. Se non siete uno dal pianto facile, saltate questo brano e passate a Long Away , uno dei tanti gioielli nascosti della regina, con le sue chitarre arpeggiate e la voce timida ma decisa di May. The Millionaire Waltz, con Mercury al massimo della follia e della genialità (o è tutto merito del…ehm…borotalco?) unisce walzer ed heavy metal! May fa il suo assolo clownesco mentre Taylor picchia con la furia di un pugile ubriaco e lo zelo di un impiegato al suo primo giorno di lavoro (la coscienza di…zelo, appunto). Deacon si esercita sul canale sinistro.
Il bassista scrive You and I, delizioso tascabile sull’amore e fa finta di cantare nei cori di Somebody to love, capolavoro assoluto dell’album e uno dei picchi compositivi di un Mercury in forma come non mai.
Forse l’unico momento debole è White Man, didascalico blues di critica sociale che però ha degli interessanti stacchi musicali.
Good old fashioned lover boy, “il brano in cui Freddie dichiara il suo amore a Mary” (nelle parole di un mai lungimirante May) è in realtà un divertissement omoerotico in cui Mercury dà sfogo a tutta la sua ironia.
Taylor dimentica per un momento il rock n roll brado dei sui brani precedenti e scrive Drowse, canzone dall’andamento volutamente pigro e sonnolento, fantastica rappresentazione sonora di una rottura di coglioni.
Chiude Teo Torriatte di May, ballatone “volemose bene” in cui Mercury offre una interpretazione magistrale. La canzone, grazie al ritornello in giapponese, ha fatto credere a molti di sapere il giapponese provocando un flop delle uscite “inglese-giapponese” della De Agostini.
Se non si è ancora capito, il mio disco preferito dei Queen.
[Modificato da fraccobaldo79 24/06/2013 22:29]
I'M A FAST TALKIN HELLRAISING SON OF A BITCH

per altre delizie verbose, et voilà..
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Re:
fraccobaldo79, 24/06/2013 22:24:

mi mancava solo questa:

Brian May parla al telefono con un giornalista e perde il suo famoso aplomb: “Babbeo, l’intervista doveva essere sul mio interesse per i tassi, non sui tassi d’interesse”. Chiude il telefono e si scusa. Roger rivolge uno sguardo imbarazzato al mio collega olandese.
“Dunque stavamo parlando di A Day At The Races” fa Brian mentre chiude gli occhi per ricordare meglio gli episodi. “Uhm, sì, venivamo dal successo di A night at the opera e per questo seguito avevamo voluto riprendere un altro titolo dei fratelli Cohen”. Roger lo corregge educatamente, “i fratelli Marx, Brian”
“Ah, sì, certo. Dunque, Mike Deacon è sempre stato un tipo tranquillo e così anche Freddie, che però in quel periodo era fissato con le docce e perciò usava tanto borotalco. La trovavi dappertutto, quella polveraccia bianca e Freddie non faceva altro che tirarla per il naso perché, diceva, ti rinfresca anche dentro”. Roger annuisce trattenendo a stento una risata. Si diverte ad ascoltare i ricordi strampalati del ricciolone incanutito ed interviene di rado. E così Brian, alla fine della chiacchierata, ha sbagliato 7 titoli, osannato Freddie anche quando non ce n’era bisogno e si è commosso su Love of My Life, dimenticando però che la delicata canzone piano e arpa è sul disco precedente, di cui A Day at the Races è il degno successore. Già, il disco in questione non ha di certo i colpi di genio delle lunghe The prophet’s song e Bohemian Rhaposdy ma ha dalla sua alcuni brani che sembrano un perfezionamento di quelli contenuti nel disco dell’anno prima.
Si inizia subito con Tie Your Mother Down, pezzo heavy in cui May suona più riff di quelli che creerà dal 1998 al 2013. Taylor è potente senza essere cafone e Mercury risulta credibile nello snocciolare il testo su un appuntamento fra adolescenti. You take my breath away è una ballata pianistica in Mercury sussurra come una sirena ammarata alla ricerca del lost love. Se non siete uno dal pianto facile, saltate questo brano e passate a Long Away , uno dei tanti gioielli nascosti della regina, con le sue chitarre arpeggiate e la voce timida ma decisa di May. The Millionaire Waltz, con Mercury al massimo della follia e della genialità (o è tutto merito del…ehm…borotalco?) unisce walzer ed heavy metal! May fa il suo assolo clownesco mentre Taylor picchia con la furia di un pugile ubriaco e lo zelo di un impiegato al suo primo giorno di lavoro (la coscienza di…zelo, appunto). Deacon si esercita sul canale sinistro.
Il bassista scrive You and I, delizioso tascabile sull’amore e fa finta di cantare nei cori di Somebody to love, capolavoro assoluto dell’album e uno dei picchi compositivi di un Mercury in forma come non mai.
Forse l’unico momento debole è White Man, didascalico blues di critica sociale che però ha degli interessanti stacchi musicali.
Good old fashioned lover boy, “il brano in cui Freddie dichiara il suo amore a Mary” (nelle parole di un mai lungimirante May) è in realtà un divertissement omoerotico in cui Mercury dà sfogo a tutta la sua ironia.
Taylor dimentica per un momento il rock n roll brado dei sui brani precedenti e scrive Drowse, canzone dall’andamento volutamente pigro e sonnolento, fantastica rappresentazione sonora di una rottura di coglioni.
Chiude Teo Torriatte di May, ballatone “volemose bene” in cui Mercury offre una interpretazione magistrale. La canzone, grazie al ritornello in giapponese, ha fatto credere a molti di sapere il giapponese provocando un flop delle uscite “inglese-giapponese” della De Agostini.
Se non si è ancora capito, il mio disco preferito dei Queen.




"fantastica rappresentazione sonora di una rottura di coglioni. "

Tu hai un dono, ragazzo, mi hai fatto morire.
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Re:
fraccobaldo79, 24/06/2013 22:24:

mi mancava solo questa:

Brian May parla al telefono con un giornalista e perde il suo famoso aplomb: “Babbeo, l’intervista doveva essere sul mio interesse per i tassi, non sui tassi d’interesse”. Chiude il telefono e si scusa. Roger rivolge uno sguardo imbarazzato al mio collega olandese.
“Dunque stavamo parlando di A Day At The Races” fa Brian mentre chiude gli occhi per ricordare meglio gli episodi. “Uhm, sì, venivamo dal successo di A night at the opera e per questo seguito avevamo voluto riprendere un altro titolo dei fratelli Cohen”. Roger lo corregge educatamente, “i fratelli Marx, Brian”
“Ah, sì, certo. Dunque, Mike Deacon è sempre stato un tipo tranquillo e così anche Freddie, che però in quel periodo era fissato con le docce e perciò usava tanto borotalco. La trovavi dappertutto, quella polveraccia bianca e Freddie non faceva altro che tirarla per il naso perché, diceva, ti rinfresca anche dentro”. Roger annuisce trattenendo a stento una risata. Si diverte ad ascoltare i ricordi strampalati del ricciolone incanutito ed interviene di rado. E così Brian, alla fine della chiacchierata, ha sbagliato 7 titoli, osannato Freddie anche quando non ce n’era bisogno e si è commosso su Love of My Life, dimenticando però che la delicata canzone piano e arpa è sul disco precedente, di cui A Day at the Races è il degno successore. Già, il disco in questione non ha di certo i colpi di genio delle lunghe The prophet’s song e Bohemian Rhaposdy ma ha dalla sua alcuni brani che sembrano un perfezionamento di quelli contenuti nel disco dell’anno prima.
Si inizia subito con Tie Your Mother Down, pezzo heavy in cui May suona più riff di quelli che creerà dal 1998 al 2013. Taylor è potente senza essere cafone e Mercury risulta credibile nello snocciolare il testo su un appuntamento fra adolescenti. You take my breath away è una ballata pianistica in Mercury sussurra come una sirena ammarata alla ricerca del lost love. Se non siete uno dal pianto facile, saltate questo brano e passate a Long Away , uno dei tanti gioielli nascosti della regina, con le sue chitarre arpeggiate e la voce timida ma decisa di May. The Millionaire Waltz, con Mercury al massimo della follia e della genialità (o è tutto merito del…ehm…borotalco?) unisce walzer ed heavy metal! May fa il suo assolo clownesco mentre Taylor picchia con la furia di un pugile ubriaco e lo zelo di un impiegato al suo primo giorno di lavoro (la coscienza di…zelo, appunto). Deacon si esercita sul canale sinistro.
Il bassista scrive You and I, delizioso tascabile sull’amore e fa finta di cantare nei cori di Somebody to love, capolavoro assoluto dell’album e uno dei picchi compositivi di un Mercury in forma come non mai.
Forse l’unico momento debole è White Man, didascalico blues di critica sociale che però ha degli interessanti stacchi musicali.
Good old fashioned lover boy, “il brano in cui Freddie dichiara il suo amore a Mary” (nelle parole di un mai lungimirante May) è in realtà un divertissement omoerotico in cui Mercury dà sfogo a tutta la sua ironia.
Taylor dimentica per un momento il rock n roll brado dei sui brani precedenti e scrive Drowse, canzone dall’andamento volutamente pigro e sonnolento, fantastica rappresentazione sonora di una rottura di coglioni.
Chiude Teo Torriatte di May, ballatone “volemose bene” in cui Mercury offre una interpretazione magistrale. La canzone, grazie al ritornello in giapponese, ha fatto credere a molti di sapere il giapponese provocando un flop delle uscite “inglese-giapponese” della De Agostini.
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A parte che (come sempre) sei fantastico... ce ne fosse di ironia cosi!!! [SM=g27989]
Se non ricordo male Drowse a te piaceva!!! Magari era solo il testo... ma mi sembra che non lo disprezzavi! O no?
White Man a me è sempre piaciuta tanto e poi (secondo me)in questo disco ci sono 2 delle più belle ballate della loro produzione.
Grande Fracco
fred91dami
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