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I personaggi tra shoujo e shounen

Ultimo Aggiornamento: 05/04/2007 20:20
02/04/2007 13:10
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Il mio primo topic sarà su un argomento molto frivolo. O almeno parte da un'occasione molto frivola.
Infatti, un giorno stavo vagando su un sito di shojo e guardando la lista di personaggi maschili appetibili da parte delle ragazze mi sono accorta che nessuno di loro mi diceva molto. Andando oltre nelle mie riflessioni, ho scoperto che la maggior parte dei personaggi per me interessanti (e affascinanti) provengono tutti da manga shounen (ovvero scritti in origine per un pubblico maschile). Lasciando da parte le mie preferenze personali, che sono raramente concentrate sugli "eroi" principali, anche nei comprimari noto un notevole calo di interesse negli shoujo. E questo nonostante avessi letto un buon numero di autrici di questo filone (Yuu Watase, Chiho Saito, Shizue Miuchi, Waki Yamato, Natsuki Takaya, Kaori Yuki, ecc.) quanto autori shounen.
Ora, finita l'introduzione sulle mie personali preferenze, mi sono chiesta se è un fattore personale o se effettivamente ci sono differenze a livello di caratterizzazione dei personaggi. Se dunque chi scrive per un pubblico maschile differenzi i personaggi rispetto a chi scrive per uno femminile nelle loro caratteristiche puù salienti. Oppure se i tipi sono gli stessi, e cambia invece il ruolo nella loro storia tanto che vengono percepiti in modo differente da chi legge: ricordiamoci che gli shoujo sono spesso e volentieri concentrati su storie d'amore mentre gli shounen riguardano più storie d'avventura/fantasy/fantascientifiche. E ancora: è una questione di chi legge, per cui da un genere si aspetta una certa tipologia di personaggi, oppure è una questione di chi scrive, perché deve sottostare a certi topoi che vanno molto di moda presso il pubblico per cui l'opera è destinata?
Come vedete, ho esteso il discorso anche al di là dei personaggi maschili, sopratutto perché sarebbe interessante anche vedere il rovescio della medaglia, ovvero come le donne sono rappresentate nelle due tipologie del manga. E anche come cambia il loro ruolo negli shoujo del passato rispetto a quelli moderni.
Ho messo in campo molti quesiti, lo so, ma la questione può essere affrontata da vari punti di vista che volevo almeno accennare per poi essere successivamente approfonditi.
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In Sommo Lutto

"Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto lo spazio dove piede d'uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto."

1998-2008

Dieci anni vissuti sommamente

"Everybody has a secret world inside of them. All of the people of the world, I mean everybody. No matter how dull and boring they are on the outside, inside them they've all got unimaginable, magnificent, wonderful, stupid, amazing worlds. Not just one world. Hundreds of them. Thousands maybe."

The Sandman


"Someone once said that the villain is the hero of the other side"

George R. R. Martin


Otherside Romanticide Storielle e storielline I eat books
02/04/2007 14:05
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Io sono dell'opinione che principalmente dipenda dall'autore, e in secondo luogo dal genere. Mi spiego. Per prima cosa, bisogna vedere che cosa vuole produrre l'autore in questione: se il suo obiettivo principale è avere riscontro di pubblico, allora si rientrerà facilmente nei topoi di cui parlavi tu stessa. Ovvio che, in una logica di mercato, un minimo di attenzione verso il lettore non può mancare, ma se proprio l'intento è quello di vendere tante copie e basta, le cose vanno da sé.
Poi c'è appunto la questione dei generi, che chiamano in qualche modo determinate tipologie di personaggi. Ma è ancora una questione di volontà dell'autore: non c'è scritto da nessuna parte che le linee guida di un tipo o dell'altro siano legge. Se poi uno le segue è perché, per un motivo o per l'altro, vuole farlo.
Non credo, quindi, che i tipi di per sé siano identici e che acquistino diversa valenza in un contesto o in un altro. Per dirne una, non ce la vedo una Aine (Strofe d'Amore) in One Piece. Che ci sta a fare lì, con le sue paranoie inutili e i suoi sospiri e i suoi sacrifici amorosi? Al massimo la affogherebbero (e farebbero bene, una buona volta!). Secondo me nella maggior parte dei casi l'autore stabilisce i caratteri dei personaggi funzionalmente alla storia che vuole raccontare. Poi, come dicevo, se questa storia si ribella ai topoi, allora può anche succedere che alcuni personaggi non siano proprio ingabbiati in un "tipo". Ma si tratta di eccezioni, io credo, in un panorama molto più uniforme e conformista (che poi è anche il motivo per cui tendenzialmente i personaggi finiscono per essere poco convincenti: sono sempre il solito stereotipo riproposto in veste diversa. Alla lunga, dicono sempre la stessa cosa).

[Modificato da Lan awn shee 02/04/2007 14.06]

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Io il paradiso l'ho sempre immaginato pieno di quei palloncini colorati che i bambini perdono alle fiere.
Daniele Luttazzi

Il cinismo è l'arte di dimostrare in maniera ironica cosa conta davvero nella vita.
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04/04/2007 20:04
Post: 74
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In linea generale tu dunque pensi che ogni genere (shoujo e shounen, intendo, non i generi letterari occidentali) abbia un proprio catalogo di personaggi tipici e poi sta all'abilità dell'autore manipolarli per farli diventare originali oppure seguire il topos perché a lui interessa poco o nulla l'originalità.
Diciamo che mi era venuto il dubbio che alla fine i personaggi avessero caratteristiche simili, se non uguali, e fosse soltanto la prospettiva in cui li guardavamo a farceli apparire diversi. Sì, un ragionamento contorto che solo io posso fare [SM=x1280771]
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04/04/2007 22:17
Post: 326
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Potrebbe essere anche come dici tu, eh! [SM=x1280742] Io non pretendo di avere un'opinione così autorevole in materia. Poi effettivamente, riflettendoci, ci sono alcune tipologie che possono entrare tranquillamente in entrambi i tipi, anche perché capita spesso che i generi si mescolino. Per esempio, Inu Yasha, pur rimanendo sostanzialmente uno shounen, purtroppo per noi ha molte parentesi degne di uno shojo. Allora in quel caso i personaggi comprimari, i gregari, i reggimoccolo (tipici degli shojo) possono trovare il loro spazio anche in uno shounen. Secondo me sono i protagonisti ad essere in linea di massima diversi. Ma, ripeto, dipende da che cosa voglia raccontare il mangaka di turno. [SM=x1280800]
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05/04/2007 00:15
Post: 274
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La riflessione di Laurie sfonda una porta aperta, dato che la maggior parte degli eroi degli shojo mi han sempre lasciata indifferente, se non portata a farmi quattro risate.
Anche io, come Laurie, preferisco i maschietti che fanno capolino dalle pagine degli shonen, questo perché non sono dei pazzi furiosi pieni di paranoie, cose non dette/non fatte/ non pensate ecc.

Per la mia esperienza, credo esistano sia due tipi diversi di sensibilità, a seconda se chi stia ai testi sia un maschietto o una femminuccia ( e su questo non ci piove), sia due tipi profondamente diversi di racconto, altrimenti non staremmo qui a chiamarli 'shojo' e 'shonen'.
[ Una doverosa precisazione: detesto e aborrisco con tutto il cuore e tutta l'anima l'allungamento riportato con le 'u' (shoUnen e shoUjo), poiché, sebben non sia sbagliato, ma anzi filologicamente il più corretto, può dare adito a fraintendimenti. Sentitevi liberi di scrivere come meglio vi aggrada, sappiate solo che io non li uso per libera scelta.]
Lo 'shojo' come tipo di racconto, deve rispettare alcuni prerequisiti, che cambiano col passare del tempo, ma che si rifanno a tutta una serie di stilemi e topoi tipicamente femminili.
Ecco allora i lustrini, i nastri, i fiori, gli sfondi inesistenti, le storie incentrate sui sentimenti, e, salvo alcune e poche benedette eccezioni (' Versailles no bara', 'Haikarasan ga Toruu', ed altre opere degli anni '70 per lo più) i maschietti androgini che sono più effemminati delle fanciulle.
Questo perché lo shojo è un prodotto per le femminucce, che nel 90% dei casi si assommano ( in Giappone) ad una massa di ragazze che imparano ad essere fanciulle rispecchiandosi nei patemi d'animo delle protagoniste dei manga. Mirabile, a questo proposito, una frase pronunciata da Mikako Koda in 'Gokinjo Monogatari' riguardo il mestiere della madre ( fumettista) "Per me i sussulti di un giovane cuore innamorato sono praticamente arabo".
Considerate anche che molti di questi stilemi vengono estremizzati. Ed ecco che alcune fanciulle sensibili si trasformino in piagnone stratosferiche ( vedi Lady Georgie) oppure in ragazzine infoiate, come la succitata Aine.

Diverso il caso degli shonen. Anche negli shonen trovano spazio i sentimenti, ma non sono il fulcro principale della storia, e anche quando ciò succede, il tutto è filtrato attraverso una lente maschile, più ad ampio raggio( Vedi 'Oh mia dea' e 'Video Girl Ai').
Prendiamo ad esempio One Piece, dove i sentimenti non sono necessariamente un lui che ama riamato una lei, oppure Slam Dunk, dove il nostro eroe Sakuragi ama, non corrisposto, la bella (???) Haruko, oppure i sentimenti di Ryota per Ayako, o il rancore che prova Mitsui per il basket.
Hanamichi e Ryota sono innamorati di due ragazze, Mitsui di un pallone a spicchi, eppure i loro caratteri non sono plasmati ad uso e consumo dei loro sentimenti. Sono personaggi tridimensionali, che hanno altri interessi oltre ai sentimenti.

La cosa paradossale è che mentre per uno shojo, incentrato sui sentimenti, serve una scrittrice con le palle esagonali per sfornare personaggi maschili credibili e che piacciano anche ai ragazzi ( vedi Ren di 'Nana' oppure André di 'Versailles no bara', o anche 'Shinobu' di 'Haikarasan ga Toru'), per lo shonen anche il più becero degli scrittori, come Kurumada, risulta a tutto tondo non appena fa aprire bocca al suo Seiya ( tacciato altrove d'idiozia perché onnipresente come ogni protagonista che si rispetti deve essere) e gli fa dire ad una pignonissima Miho il suo punto di vista sulla vita e sul cosa significhi essere giovani e non potersi godere la cosiddetta 'età felice' per salvare il mondo.

Consiederiamo poi che un autore è costretto a seguire dei binari ben tracciati dalle case editrici, che richiedono agli autori delle storie di un certo target. Ecco allora che per un fumetto che deve uscire su una rivista come "Amie" si presupporrà un cast più in linea con l'età media delle lettrici e a cui capitino storie in cui le fanciulle alla lettura possano immedesimarsi, mentre per uno che esca su 'Zipper', rivista di settore per giovani stilisti, la stessa autrice si potrà prendere delle libertà in più, pur scrivendo uno shojo.
Ovviamente, mi sto riferendo a "Tenshi nanka janai" e a "Paradise Kiss", entrambi di Ai Yazawa, entrambi shojo manga ed entrambi con una protagonista 'perfettina' che però seguono strade diverse e pervengono ad esiti diversi, pur terminando entrambi con un happy ending che più happy non si può.
Riassumendo, ritengo che la difficoltà nel rendere credibile un maschietto in uno shojo manga medio ( e quindi all'interno di un prodotto stereotipato e confezionato come fosse una torta con gli ingredienti già dosati) sia dovuta in parte dalle capacità di chi sta ai testi&maite, ma soprattutto dalle imposizioni di genere che ci sono a monte.

[Modificato da |Francine| 05/04/2007 0.22]









05/04/2007 01:13
Post: 11
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Forse una delle maggiori differenze sta nella relativa "disparità" dei temi trattabili dai due generi: se lo shonen si può permettere molte più libertà per quanto riguarda tema ed ambientazione della propria storia, passando da commedie romantiche a storie fantastiche/fantascientifiche/horror, nello shojo alla fin fine ciò che conta è la tematica amorosa. Sta poi all'autore/autrice non solo sviluppare i personaggi mantenendosi coerente con le premesse di base (e non tutti ci riescono. Quando in uno shojo l'autrice ci riesce, come la Yazawa o Natsuki Takaya in Fruits Basket, il risultato è estremamente apprezzabile), ma riuscire a rendere tali personaggi interessanti ed accattivanti.
Ed è ovvio che se siamo di fronte ad un'autrice, molto spesso essa ci mostrerà personaggi maschili posti sotto un filtro femminile, e viceversa un autore maschio presenterà le ragazze del proprio manga attraverso un punto di vista maschile.
Ciò che, come avete giustamente sottolineato, si può notare è la maggior facilità con cui gli autori di shonen riescano - o sembrino riuscire - a delineare i propri personaggi rispetto a chi invece scrive shojo.
Consiglio comunque a tutti, se volete vedere come un autore di manga davvero dotato dal punto di vista della narrazione psicologica riesca a delineare con accuratezza ed impegno i propri personaggi, di leggere "Monster" di Naoki Urasawa. In questo manga anche le comparse sono ben caratterizzate sotto il profilo caratteriale o psicologico, e io stesso durante la lettura mi sono ritrovato ad emozionarmi e a commuovermi per la sorte di personaggi apparsi magari una decina di pagine prima.

PS: Laurie, ma quello nel tuo avatar è Yuki o è qualche altro personaggio della Takaya?
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05/04/2007 10:24
Post: 144
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Oddio, quante cose da imparare... sono annichilita.
Domanda (con la quale già so di dimostrare tutta la mia ignoranza): ma tutti gli anime o sono shonen o sono shojo? Oppure ci sono degli altri generi? E se sì, quali sono?


05/04/2007 10:42
Post: 12
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Shonen e Shojo, in soldoni, sono due grandi insiemi in cui vengono raggruppati i manga che hanno come target di riferimento i ragazzi (Shonen) e le ragazze (Shojo) fino ai 18 anni. Ovviamente all'interno di questi raggruppamenti possiamo trovare manga molto diversi per tema, tipologia e complessità.
Ci sono poi i Seinen e i Josei, che sono i corrispettivi di Shonen e Shojo ma rivolti ad un pubblico più maturo (di norma, fra i 18 e i 30 anni).
In Giappone queste differenze sono più sentite che da noi, in quanto i manga prima di uscire in volume vengono pubblicati, al ritmo di un capitolo alla settimana o al mese, su riviste che raccolgono solo manga di un certo insieme.
Certo, poi capita di vedere anche in giro degli impiegati giapponesi quarantenni che si leggono Shonen Jump (la rivista più venduta di Shonen, che contiene manga come Dragon Ball, Naruto, Yu-gi-oh).
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05/04/2007 14:28
Post: 16
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Concordando quasi totalmente con la somma dei discorsi, vorrei fare un'aggiunta partendo da una quote:


"Per me i sussulti di un giovane cuore innamorato sono praticamente arabo"



Con questa citazione credo che la Franza abbia perfettamente colto la questione: il problema principale di uno shojo è che parte da una maggiore pretesa di realismo, essendo il suo target principale composto da ragazzine la strategia è - almeno negli intenti, credo - creare situazioni in cui esse si possano identificare, nel loro periodo di primi sentimenti e incertezze, e appassionare. Il problema è che, nella ricerca di situazioni sia identificabili che appassionabili, quindi a cavallo tra verosimiglianza e ruffianeria, non solo credo che quest'ultima abbia prevalso ma anche che lo shojo soffra di una generale tendenza alla cristallizzazione. Quindi alla fine l'ottica del realismo ha ceduto il passo alla ricerca di personaggi fighi, di situazioni topiche etc.: valga sia per lo shojo che per il suo corrispettivo shonen - e qui spero che i più esperti tipo DK non mi fustighino [SM=x1280769] - ossia la harem comedy, che qui, più in nome della soddisfazione ormonale del pubblico che dei requisiti shojo, percorre però gli stessi problemi di una fossilizzazione. Intendiamoci, uno shojo o una harem comedy possono essere certo godibili, ma di solito non sconfiniamo in grande originalità e quindi anche le tipologie di personaggio cominciano a ripetersi. Ma, siccome di personaggi si tratta, cerco di frenarmi prima di approdare ad un discorso troppo narrativo. E alla fine, sia shonen che shojo, le tipologie 'fisse' di personaggi sono ovunque: solo che, nei prodotti per ragazzi, è un vantaggio la presenza di situazioni più eterogenee, dalla lotta all'intrigo, che - a idfferenza, come si diceva, della realtiva monotonia di una serie di 'sentimenti' - contirubiscono a vedere un personaggio sotto diversi angoli e quindi a renderlo appunto più tridimensionale.

E qui espongo più sulle mie idee a riguardo: dato il problema della fossilizzazione, in quale caso anche i personaggi di uno shojo diventano memorabili ? Sarà una risposta banale, ma quando si cerca di forzare o evadere il topos, accentuando qualcosa di diverso dalla pura tematica sentimentale, così i personaggi non sono più semplicemente nomi associati agli immutabili attori di un canovaccio prestabilito, ma acquistano una loro autonomia perchè a quel punto il racconto è uscito da binari determinati ed ha acquistato una propria personalità. Questa, secondo me, è la condizione necessaria per un shojo e josei. Così per esempio nei manga della Yazawa (autrice che sto scoprendo da poco ma con grande piacere) i personaggi sono riconoscibili, coi loro tic e visioni di vita, anche perchè i manga non sono più la sola ricostruzione delle ansie amorose della protagonista ma - per esempio - inquadrano un'intera sottocultura generazionale. Così i protagonisti di Honey and Clover (che per me è l'apice, nel mondo josei) si fanno amare perchè quello che vivono non solo è più realistico, ma è più vita quotidiana nella sua interezza. Ma ciò si può dire anche di altre serie che al contrario fanno leva su un'atmosfera più surreale o umoristica, etc.; quello che conta, secondo me, è che avvicinandosi all'eterogeneità dello shonen lo shojo può far vivere personaggi ugualmente apprezzabili.
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05/04/2007 20:20
Post: 79
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Avete detto molte cose interessanti. Vorrei sottolineare due cose in particolare:
- la prima è che anche gli shounen possono essere stereotipati (penso che Aion voleva intendere quello). Non a caso i manga Shounen Jump stanno diventando gli esponenti di storie alla moda e commerciali, di grande successo sì ma anche molto ruffiane (rubo l'espressione ad Aion perché mi è piaciuta).
E' anche vero, e concordo con Francine, che gli shoujo sono esponenzialmente più stereotipati. Sopratutto nelle serie più recenti si ritrovano le stesse situazioni, gli stessi temi, gli stessi tipi di personaggi e l'onnipresente tematica amorosa che ingloba a sè tutta la storia e di fatto ne costituisca l'ossatura. C'è quindi una sorta di livellamento della tridimensionalità dei personaggi che devono piegarsi alle leggi della relazione amorosa classica. Ovviamente le eccezioni, anche all'interno di questo scenario, ci sono: Fruits Basket è una piacevole storia che parte come una storia scolastica, con il classico triangolo e si evolve in un appassionato svisceramento delle relazioni umane. Se confronto queste serie moderne con vecchi classici, resto sconfortata. Non mi sembra vero che il genere in cui hanno fatto storia la Hagio e l'Ikeda (giusto per citare due mangaka di alto livello) sia ridotto alla bella (o supposta tale) che ricerca l'amore e non ha altre prospettive nella vita. In questo senso Nana Komatsu è il prototipo perfetto di questo tipo di eroine.

- Lan sosteneva che i comprimari possono essere intercambiabili nei due tipi di storia. Io credo che questo discorso potrebbe anche estendersi ai protagonisti. Messo in conto che dobbiamo sempre considerare che in uno shounen è un eroe maschile a dare la prospettiva alla storia al contrario dello shoujo, ho confrontato il protagonista maschile tipo nei manga popolari: è un ragazzo solitamente con un passato doloroso alle spalle, ma nonostante questo positivo nella vita e molto attaccato ai suoi amici, all'apparenza non sempre il classico bravo ragazzo ma dal cuore d'oro. Ora, questa tipologia si incontra spesso nello shounen. Spostiamoci nell'altro genere: non ricorda tanto il tipo scapestrato ma infondo uno zuccherino che l'amore della nostra eroina riuscirà a sciogliere?
E' chiaro, qui siamo in un'ottica diversa, qui siamo nella prospettiva femminile, qui siamo nella classica situazione scolastica dove si consuma la relazione fra litigi e coccole tra i due, ma i caratteri qualcosa in comune ce l'hanno.
Questo non esclude che possano esserci anche altri tipi di personaggi maschili per i quali la nostra eroina spasima (penso che il catalogo completo dei topoi si ritrovi perfettamente in Ouran Host Club, con intenti comici in questo caso).

In linea generale concordo su quanti dicono che la fossilizzazione delle storie shoujo su un solo genere (il romance) o comunque su una predominanza dell'elemento amoroso limiti di molto le potenzialità dei personaggi. Ci vuole un'autrice molto brava, e molto poco interessata al solo fanservice per ragazzine che vogliono sognare l'amore ideale, per creare personaggi credibili, interessanti e tridimensionali.

P.S. Il personaggio dell'avatar è Akito, DK, sempre da Furuba.

[Modificato da Laurie85 05/04/2007 20.21]

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