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STELLA: LAUREA IN OFFERTA SPECIALE PER I DIPENDENTI DEL VIMINALE

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2006 19:05
22/03/2006 19:05
 
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CORRIERE DELLA SERA
22 marzo 2006
La convenzione «miracolosa» con l’Università San Pio V fa risparmiare da 12 a 18 esami
Laurea in offerta speciale per i dipendenti del Viminale
di GIAN ANTONIO STELLA


Era dai tempi di Solforio, il personaggio di Alto Gradimento inventore del
«pacco operaio, pacco del lavoratore», che non si vedevano offerte simili.
Al posto del piumino termico, del set asciugamani o della mitica supposta a
tre punte, ci sono ora le lauree facili. Proposte in convenzione come
batterie di pentole.
Una sagra di offerte speciali: e in più ti ci metto l'esame di diritto
pubblico, più l'esame di statistica e più, mi voglio rovinare, l'esame di
diritto privato! Da non perdere la proposta ai dipendenti del Viminale
dell'«Università San Pio V»: solo 6 esami, lisci lisci, ed eccoti dottore!
Per carità: è tutto formalmente in regola. La nuova legge prevede appunto
che gli atenei possano riconoscere agli aspiranti laureandi dei «crediti»,
maturati facendo per anni un certo lavoro, che rendono loro superflua
l'imposizione di un esame. Esempio: si suppone che un impiegato della
Ragioneria dello Stato da venti anni addetto a leggere i bilanci si sia
fatto col tempo una infarinatura intorno a certi argomenti e ne sappia
perfino di più di qualche studente che ha appena dato l'esame.
Fin qui, poche obiezioni. Alzi la mano chi oserebbe contestare un
salvacondotto per una laurea agevolata in letteratura a Dario Fo, in storia
del teatro a Giorgio Albertazzi o in scienze al paleontologo veneziano
Giancarlo Ligabue, protagonista di decine di spedizioni per le maggiori
università del mondo e autore di scoperte che oggi portano il suo nome come
il Masrasector ligabuei (un creodeonte oligocenico) o l'Araripescorpius
ligabuei (uno scorpione cretacico). L'innovazione ha però spalancato una
porta nella quale hanno fatto irruzione un mucchio di atenei, spesso gli
ultimi arrivati e i più discussi, che vanno in cerca di clienti esattamente
come una compagnia assicurativa va in cerca di gente disposta a fare una
polizza vita. E va da sé che (sono affari, bellezza...) la concorrenza è
spietata e spinge le varie università a offrire le condizioni migliori, i
prezzi più bassi, i percorsi più facili bussando di porta in porta come un
tempo i rappresentanti della Folletto. L'Università telematica non statale
Tel.ma, ad esempio, ha inviato ai sindacati dell'Usi/Rdb-Ricerca, la
proposta di una convenzione già compilata in ogni dettaglio salvo un po' di
puntini di sospensione da riempire a cura della controparte. Nessuno però,
per quanto se ne sa, ha messo all'amo le esche che ha messo la «Libera
Università degli studi S. Pio V», di Roma, nella convenzione firmata con il
ministero degli Interni.
Nata nel 1996 con un forte «riferimento ai valori cristiani», guidata dal
rettore Francesco Leoni, già docente a Chieti e a Cassino, additata da
qualche malalingua come vicina all'Opus Dei e alla ciellina Compagnia delle
Opere, la «S.Pio V» ha sede in via delle Sette Chiese (e ti pareva...) ed
era già finita sui giornali. Prima per i nomi dei professori via via
coinvolti, da Rocco Buttiglione a Salvo Andò, da don Giacomo Tantardini a
Ferdinando Adornato. Poi per un convegno sui diritti umani. Convegno che,
scartati i lugubri centri congressi moldavi e i cupi alberghi bulgari, venne
organizzato nella caliente Avana con estensione a Varadero. E infine per le
polemiche sollevate nell'ottobre 2003 da un sontuoso finanziamento: un
milione e mezzo di euro l'anno corrispondente, secondo il diessino Walter
Tocci che cercò inutilmente di mettersi di traverso, a dieci volte la somma
media stanziata per le fondazioni private di ricerca. Così da suonare come
un «regalo inspiegabile, ingiusto e offensivo per tutti gli altri». E da
spingere Repubblica a bollare l'ateneo come «l'Università miracolata». Poco
ma sicuro, altre polemiche scoppieranno adesso. Nella convenzione col
Viminale, infatti, la «S. Pio V» offre ai dipendenti del ministero di «Area
B» e con «Posizioni economiche B2 e B3» (per capirci traducendo dal
burocratese: quelli che una volta si chiamavano gli impiegati di concetto)
la possibilità di ottenere una laurea triennale in Scienze Politiche e
Sociali facendo soltanto una manciata di esami: elementi di diritto e
procedura penale, sociologia della devianza, sociologia dei processi
culturali, storia delle relazioni internazionali, psicologia sociale,
psicopatologia, geopolitica, pedagogia sociale, sociologia dei fenomeni
politici, scienza della politica, diritto internazionale o dell'Ue e infine
demografia. Totale: una dozzina di esami.
Di quelli che gli studenti considerano da sempre, a torto o a ragione,
«facili». Quelli «dove si chiacchiera». Quelli dove non c'è il rischio di
restare impigliati in una definizione testuale, una legge, un comma. E tutti
gli altri, quelli più difficili? Abbonati. Ancora più ghiotta, però, è
l'offerta agli aspiranti dottori che al Viminale hanno raggiunto grazie ai
concorsi interni (più volte bocciati e sanzionati dai giudici, ma
inutilmente) posizioni per le quali sulla carta sarebbe stato necessaria la
laurea. Come i dirigenti prefettizi, quelli di «Area 1» e quelli di «Area
C», vale a dire, molto schematicamente, i funzionari e i vecchi direttori di
sezione. A loro, di esami, ne vengono abbonati 18. E che esami! Praticamente
tutti, ma proprio tutti, quelli che i giuristi di lingua spagnola chiamano
troncales perché costituiscono il tronco di un percorso universitario e
mediamente tolgono il sonno agli studenti bravi e volonterosi inchiodandoli
al tavolino per un paio di mesi l'uno: dal diritto pubblico al diritto
amministrativo, da statistica a diritto privato, da economia politica a
diritto costituzionale comparato. Via tutti gli incubi, avanti con gli
esami-materasso: sociologia della devianza, sociologia dei processi
culturali, psicologia sociale, psicopatologia, geopolitica, pedagogia
sociale. Sei prove in totale: bene, bravo, brindisi, lei è dottore. Alla
faccia di chi attende da anni i concorsi per occupare i posti destinati ai
laureati veri. Per carità: bene così. Purché si abolisca però, come invocano
le persone serie, il valore legale dei titoli di studio. E purché ai nuovi
dottori venga dato in omaggio, s'intende, un set di pentole antiaderente.
Gian Antonio Stella




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