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Roma, 17:57
CASSAZIONE: RACCOMANDAZIONE? SE DELLA MAFIA E' MINACCIA
L'avvicinamento mafioso ad un giudice non puo' mai essere considerato una semplice raccomandazione per l'imputato che sta per essere processato. La raccomandazione, in un contesto in cui Cosa Nostra domina con l'intimidazione, deve essere considerata una minaccia. Lo ha stabilito la 6a sezione della Cassazione con una sentenza, depositata oggi, che interviene sul delitto di minaccia al corpo giudiziario. Tutto nasce dall'avvicinamento di due giudici popolari della seconda Corte d'assise di Palermo che dovevano giudicare alcuni imputati accusati di tentato omicidio. Fra questi anche Toto' Riina, Michele Greco, Pippo Calo', Bernardo Provenzano e Francesco Madonia. Secondo la difesa il contatto con i giudici era avvenuto per questioni di carattere esclusivamente umanitarie ed era nato dalla sollecitazione dei familiari di Gaetano Z., uno degli imputati del processo, che aveva bisogno di un urgente intervento chirurgico per un problema alla retina. Non cosi' per la Cassazione che, in punto di diritto, interviene sulla questione, rilevando fra l'altro che nulla conta il fatto che uno dei giudici avvicinati, ascoltato dopo molti anni dal fatto accaduto, abbia cercato di sminuire la portata della pressione subita. "Non e' giuridicamente e istituzionalmente legittimo - sottolineano i Supremi giudici - assimilare un pesante avvertimento dato ad un giudice popolare che si appresta ad esercitare la propria funzione in Corte d'assise alla raccomandazione per la promozione scolastica di uno studente". Il codice penale, scrivono gli Alti giudici di Palazzaccio, "tutela l'autodeterminazione degli organi collegiali (politici, amministrativi o giudiziari) contro atti o condotte realizzate con violenza o minaccia, finalizzate ad impedirne, anche parzialmente o temporaneamente, o comunque di turbarne la regolare attivita'".
INES TABUSSO