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ANCORA SU TRONCHETTI E LA TELECOM, CONSORTE E I CONTI DI MONTECARLO

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2006 22:50
26/01/2006 22:50
 
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CORRIERE DELLA SERA
26 GENNAIO 2006
Tronchetti, la Telecom e quelle «spiacevolissime sorprese»
Dalla francese 9 Telecom alla brasiliana Globo.com: un conto da 13 miliardi

MILANO - C’è quell’ipotesi, truffa, per cui ha affidato a Guido Rossi un mandato a «valutare e procedere». E poi, su un altro piano, ci sono quelle «spiacevolissime sorprese» trovate «appena ci siamo messi sui conti». Così, con queste parole, l’altra sera a un convegno milanese Marco Tronchetti Provera ha aperto una discussione pubblica sulle vicende Telecom negli anni 1999-2001. Provocando non pochi commenti, compreso quello del premier Silvio Berlusconi. E riaccendendo l’attenzione degli osservatori. Chiarissimo il riferimento a Emilio Gnutti e Gianni Consorte sul sospetto di truffa. Ma quali erano, che cosa intendeva Tronchetti parlando di «spiacevolissime sorprese»? Nemmeno lì, in fondo, il riferimento era velato. «Cattiva gestione». Imputata implicitamente a Roberto Colaninno. Per una serie di minusvalenze a nove zeri legate a operazioni che già avevano attirato gli sguardi e che gli analisti, ora, non faticano a individuare. Compilando anche il conto finale: 13 miliardi, euro più euro meno. Con le sorprese si comincia subito, ricordano, nel 2001. I nuovi azionisti Telecom comprano in agosto, entrano a fine settembre. Nei tre mesi successivi, di partecipazioni da azzerare o svalutare pesantemente ne trovano a decine. Quasi sempre aziende (o quote) acquistate appunto tra il 1999 e il 2001.
Non tutte, o non totalmente, finiscono a zero già nel bilancio 2001: tre mesi non bastano a fare pulizia totale. Però già il primo anno, dopo i primi tre mesi di gestione Pirelli, i conti Telecom prendono una botta da 5 miliardi. L’operazione-pulizia porta a svalutare pesantemente, se non annullare del tutto, almeno una ventina di partecipazioni. E, nel mucchio, spiccano dossier con dentro affari non proprio inattaccabili. Sul mercato, per esempio, non dimenticano la francese 9 Telecom: acquisto spalmato tra il 1998 e il 2001, un’Opa sulla Jet Multimedia avviata senza coinvolgere il consiglio della casa madre e su cui nel frattempo indaga la Cob francese (costerà una condanna per insider a due top manager Telecom), un valore di 892 milioni attribuito dalla squadra Colaninno ma subito azzerato dalla gestione Tronchetti. O, ancora, il capitolo Globo.com, data d’ingresso Telecom il 2001: nessuno, nel settore, anche tenendo conto della bolla che allora gonfiava qualsiasi cosa avesse una parvenza di net economy, aveva capito perché gli italiani avessero sborsato una cifre-monstre per un portale brasiliano. Lo capisce ancora meno la nuova proprietà, appena visto il portale e soprattutto il conto: 586 milioni. Anche questi semplicemente cancellati.
Arriva il 2002, le pulizie vanno avanti, la botta è ancora più pesante. A partire dal famoso put Seat con J.P. Morgan. Sarà svalutato per circa 4 miliardi. E non basta. Per passare dalla finanza al core business industriale: biennio 2000-01, gara in Turchia. Telecom la vince, ricordano nel settore, ma strapagando: l’offerta è di 2,5 miliardi di dollari (tre con le tasse). Un miliardo in più sulla massima offerta dei concorrenti. Solo che la new entry turca non è mai decollata. E infatti finisce azzerata: 2,3 miliardi.
Su molte di queste operazioni, per la verità, sulla loro razionalità o sostenibilità già in passato erano stati sollevati dubbi. Anche in consiglio, con Angelo Benessia e Domenico Siniscalco (allora rappresentante del Tesoro) che denunciano zone d’ombra sui 9 Telecom, Globo.com, ma anche sull’acquisto di azioni Tim da parte di Telecom e su Telegate-Seat.
Il primo non voterà il bilancio 2001 e si dimetterà, il secondo lascerà poco dopo. Poi, però, con l’arrivo dei nuovi azionisti, l’elenco dello «shopping insensato» si completa. E si allunga. Porta al 20% dell’attivo il peso delle svalutazioni. E racconta un’altra storia anche su quanto sia stato rispettato il piano industriale promesso al lancio dell’Opa. La Telecom che Colaninno promise il 17 marzo 1999, ricorda chi c’era, doveva per esempio focalizzarsi in Europa. In realtà il conto da 8,5 miliardi di investimenti è prevalentemente extraeuropeo. I costi, che nella telefonia fissa dovevano essere tagliati di 4,64 miliardi nel biennio 2000-02, sono scesi solo di uno. Quanto ai debiti, il gruppo aveva a fine ’99 questa situazione: quasi 20 miliardi in Olivetti, 8 in Telecom. Il piano del marzo ’99 prevedeva che a fine 2002 la cifra per Telecom scendesse a circa 4,4 miliardi. Il 30 settembre di quell’anno, per la sola Telecom era invece salita a 25,6. L’intero indebitamento, insomma, anziché scendere era passato da 28 miliardi ai 43,4 ereditati da Tronchetti. Che sì, i debiti li conosceva. Ma le «spiacevolissime sorprese»...
Raffaella Polato


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A MONTECARLO
Consorte portò all’estero anche soldi di Casale usando poi lo scudo fiscale
MILANO - Giovanni Consorte ha «scudato» anche i soldi dell’amico immobiliarista Vittorio Casale come se fossero suoi: nel 2000 portando in contanti a Montecarlo i soldi «di un’eredità paterna» che Casale gli aveva consegnato in Italia in gestione fiduciaria per 1,5 milioni di euro, e nel 2002 facendoli tornare in Italia con lo stesso «scudo fiscale» usato per regolarizzare i propri soldi a Montecarlo (quelli datigli da Emilio Gnutti). Consorte con il doppio, anzi triplo lavoro. Ufficialmente, presidente di Unipol. Riservatamente, «consulente» (insieme al vice Ivano Sacchetti) del finanziere Emilio Gnutti (sdebitatosi con 24,5 milioni a testa). Ma un po’ anche «spallone» per l’amico Casale, 45enne immobiliarista di «Operae» (800 milioni di patrimonio), settimo contribuente italiano, massone, importatore in Italia del Bingo, intercettato in estate mentre discuteva con Consorte di possibili alleati disposti a supportare la scalata di Unipol a Bnl dietro lo schermo di «una scatola vuota» in Lussemburgo.
A Montecarlo (ieri meta dei pm per una rogatoria), Consorte apre un conto alla banca CFM nell’agosto 2000, in più viaggi portando di persona e versando i contanti di Casale. Sul conto nel 2001 riceve i primi compensi da Gnutti, 5 milioni. Nell’estate 2002, detratti 1,7 milioni che Consorte sposta in aprile su un suo secondo conto a Montecarlo (il n.3844 all’Ubs), e tolti due prelievi da oltre 200mila euro l’uno che Consorte ritira in contanti per «spese e acquisti vari», Consorte utilizza lo «scudo fiscale» e tramite il commercialista Claudio Zulli fa rientrare in Italia l’intero saldo: 5,4 milioni.
lferrarella@corriere.it
Luigi Ferrarella
INES TABUSSO
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