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SIMPATIA PELOSA

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2006 23:25
14/01/2006 23:25
 
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CORRIERE DELLA SERA
14 gennaio 2006
E IL CAVALIERE TOGATO ORA IMBARAZZA I GARANTISTI DEL POLO
Francesco Verderami

Gianni De Michelis lo considera «un errore», non pensava che per strappare alla sinistra la veste della «diversità», Silvio Berlusconi finisse per perdere la sua in una Procura. Da oltre dieci anni il Cavaliere riempiva l’immaginario collettivo di molti garantisti, e quei socialisti che durante la bufera di Tangentopoli avevano piantato le loro tende nel suo campo, lo avevano fatto proprio in ostilità al giustizialismo dei postcomunisti. CONTINUA A PAGINA 2
Perciò la decisione del premier di rivolgersi a un pubblico ministero pur di ribaltare le sorti del contenzioso elettorale, è stato per De Michelis come rivivere una stagione che ancora oggi continua a condannare. E non gli importa se ha da poco rinnovato il patto con Berlusconi in vista delle urne, perché «comunque bisogna rifuggire dalla logica del chi la fa l’aspetti», non intende restituire ai Ds i patimenti con altri patimenti: «Non si può brandire l’arma giudiziaria a mo’ di clava, in una pura lotta di potere». Lui, che negli anni di Mani Pulite è stato per il popolo della Quercia l’icona della decadenza, l’idea riccioluta e dissipata dello Stato finito in discoteca, lui che doveva scappare per le calli di Venezia inseguito dagli strali moralisti, oggi dice di «simpatizzare con Fassino e D’Alema, perché ho vissuto sulla mia pelle il linciaggio delle intercettazioni telefoniche, che hanno un impatto più devastante di una sentenza, distruggono l’immagine e l’anima di una persona».
L’esponente socialista non condivide la scelta del premier , come altri protagonisti della Prima Repubblica che militano anche in Forza Italia. C’era un moto interiore di ripulsa, prima che una valutazione politica negativa, nelle brevi frasi di Giuseppe Gargani riportate ieri sulla Stampa da Amedeo La Mattina. Il responsabile giustizia azzurro, che è stato dirigente della Dc, sosteneva la stessa tesi di De Michelis: «Sbaglia Berlusconi a seguire una strategia che molto somiglia a quella dei nostri avversari. Abbiamo criticato i metodi della sinistra e ci mettiamo a fare come loro, scendendo allo stesso livello?». È vero che Gargani ha poi precisato il senso delle sue «perplessità» sulla deposizione del premier, è forte in questi giorni la pressione in un partito dove il dissenso dal capo non ha cittadinanza. L’area garantista di Forza Italia vive male questo passaggio, e un vecchio liberale come Alfredo Biondi è dovuto ricorrere alla retorica forense per esprimere il disagio, perché non si sente «un garantista stagionale», e «sarebbe cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, lasciar lavorare i giudici e affrontare le urne confrontandosi sui programmi».
De Michelis chiosa il pensiero di Biondi, richiamandosi «all’appello di Ciampi», affinché lo scontro tra i due schieramenti «non faccia di nuovo rotolare il Paese in una guerra truculenta. Andremmo a picco». L’«errore» del Cavaliere, a suo avviso, è aver mischiato impropriamente le «valutazioni politiche» con «i risvolti giudiziari»: «Non doveva andare in Procura, ma dire in tivvù ciò che poi ha detto al magistrato, consentendo all’opinione pubblica di capire». Un concetto che ricalca le parole usate da un altro rappresentante della Prima Repubblica, Paolo Cirino Pomicino. «Se Berlusconi fosse rimasto davanti alla telecamere - prosegue De Michelis - avrebbe svelato l’ipocrisia dei Ds, che giuravano di aver fatto solo il tifo per la scalata Unipol alla Bnl, mentre invece esercitavano la loro influenza per indirizzare il risultato».
Non che la cosa lo scandalizzi, «non mi stupisco se D’Alema ha avuto dei colloqui con uomini della finanza o del mondo bancario per agevolare l’operazione di Giovanni Consorte. Gli stessi metodi li usava Bettino Craxi. Così si comportò quando decise che l’Alfa Romeo andasse alla Fiat e non finisse in mani straniere».
Il vento giustizialista scuote le tende dei socialisti del Polo in coincidenza di un triste anniversario: sei anni fa, il 19 gennaio, moriva l’ex segretario del Psi, che De Michelis ricorderà la prossima settimana. In memoria di Craxi dirà che «nessuno ha titolo di dare lezioni di moralità». E siccome «non mi sento diverso da nessuno, simpatizzo con Fassino e D’Alema. Immagino, perché l’ho vissuto, come si sentano. Ma questo è il frutto di errori passati. Ecco cosa ha provocato la logica di Tangentopoli, il prevalere dello stato etico sullo stato di diritto, la teoria della superiorità morale appartenuta alla mitologia berlingueriana, e che ora costringe gli epigoni del Pci a imbarazzate autocritiche». Epperò anche Berlusconi ha commesso un «errore»: per strappare alla sinistra la veste della «diversità», ha perso la sua in una Procura.

INES TABUSSO
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