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CONTRORDINE COMPAGNI: DEMONIZZARE PUO' FAR MALE (AL DEMONIZZATO). L'INTERVISTA A D'ALEMA

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2006 20:44
07/01/2006 20:44
 
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E dei contraccolpi elettorali che dice, ci saranno?

Non lo so. Non c’è dubbio che questa campagna possa avere creato disorientamento. Ma siccome ritengo che questa campagna non abbia fondamento, e che noi possiamo e dobbiamo rispondere, sviluppare un’azione politica, penso anche che questo disorientamento verrà recuperato. È chiaro che se dovesse perdurare una situazione di mancanza di chiarezza, di confusione, di messaggi manipolati, questo potrebbe avere un’influenza. Lo dico perché questo è un problema di responsabilità di tutti. Se noi dovessimo andare alle elezioni sotto il peso di una campagna come questa e poi scoprire che sotto non c’era nulla, sarebbe un problema serio per la democrazia italiana. Per questo è importante proprio quella iniziativa unitaria per cui lavora Prodi



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Marco Travaglio - CARTA CANTA - (6 gennaio 2006)

Accontentato
"Spero che i testi delle telefonate vengano resi pubblici in modo che tutti possano constatare che si tratta di conversazioni puramente informative e che non c'è nient'altro che uno scambio di opinioni"
(Piero Fassino, l'Unità, 13 agosto 2005).

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L'UNITA': Ci sono anche telefonate di D'Alema con Consorte?
D'ALEMA: Ce ne saranno, immagino di sì.
(Massimo D'Alema, l'Unità, 7 gennaio 2006)


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L'UNITA'
7 gennaio 2006
D'Alema a l'Unità: «I Ds non sono colpevoli di nulla»
di red

Ringraziamo il presidente D'Alema - inizia il direttore Antonio Padellaro - per avere accettato questa intervista-forum sulle questioni che agitano la politica in questi giorni. Anzitutto gli aspetti più grevi: sotto Natale Giuliano Ferrara sul Foglio ha scritto che i soldi che la Procura di Milano sta contestando a Consorte, 50 milioni di euro, sarebbero riconducibile a una maxitangente, destinata ai Ds e ha fatto il suo nome. La speculazione è caduta immediatamente, però ciò dimostra quale sia stato il livello dell'attacco scatenato in questi giorni nei confronti dei vertici dei Ds. Vuole commentare con noi questi fatti?

Abbiamo deciso di promuovere un’azione giudiziaria nei confronti de Il Foglio. Ci sembra un atto obbligato, e sarà l'occasione di approfondirne tutti gli aspetti, ne abbiamo parlato proprio ieri con l'avvocato Guido Calvi. Ma mi pare che queste insinuazioni non siano riuscite a fare breccia. È problema di Giovanni Consorte dimostrare se le operazioni finanziarie che egli ha avuto con Gnutti siano lecite o illecite. È tema su cui si pronuncerà la magistratura. Tema che non tocca per nulla il nostro partito, nel senso che si tratta di operazioni finanziarie di carattere personale. Oltre tutto, in questa vicenda si fa una gran confusione, schiacciando date e avvenimenti, per creare la sensazione che l'Opa-Bnl e i rapporti tra Consorte e Gnutti siano parti di una stessa vicenda. E a mio giudizio quella data non a caso coincide con la cessione di Telecom da parte di Gnutti a Tronchetti Provera. La vicenda, dunque, non ci ha riguardato minimamente. Non eravamo al governo, e io criticai quella operazione anche in pubblico. Non per ragioni personali, né certo per disistima nei confronti di Tronchetti Provera. Ma perché mi parve che l'operazione fosse per le sue modalità negativa per tanti piccoli risparmiatori, a differenza della tanto vituperata Opa di Colaninno. Ricordo per inciso che Consorte era stato partecipe di quell’operazione da me criticata, a conferma del fatto che Consorte e i ds non sono la stessa cosa.

È stata avanzata una critica politica nei confronti dei Ds riguardo ai rapporti, alle amicizie e alle alleanze di Giovanni Consorte...

Sono accuse curiose, perché da una parte siamo invitati a evitare ogni collateralismo e contemporaneamente siamo chiamati a rispondere su chi sono i manager del movimento cooperativo e su quali siano i loro rapporti. Consorte è presidente dell'Unipol dal 1992, eletto a questo incarico dalle cooperative, e via via confermato nel suo ruolo per una serie di successi ottenuti da una società quotata in Borsa che è diventata la terza assicurazione del Paese. Il partito non c'entra nulla, né con la sua nomina, né con la sua carriera, né con le sue amicizie. Credo che oggi anche lui consideri essere stato un errore le relazioni così intime che si erano venute creando con finanzieri dai comportamenti discutibili. Tuttavia vorrei ricordare che in questo Consorte è stato in amplissima e autorevole compagnia. Il presidente del Consiglio è tra i soci della finanziaria Hopa di cui Gnutti è presidente, e Gnutti è stato sino a ieri vicepresidente e socio di riferimento di Olimpia, la finanziaria che controlla la più grande impresa italiana, e che non è piccola parte della proprietà del Corriere della sera. Non ricordo alcun editoriale indignato, né titoli del tipo: «Fuori i furbetti dal tempio dell'economia italiana». Non lo dico a scopo di ritorsione. Ma per riportare una notizia che non è facilissimo ritrovare sui giornali. Il quadro che emerge è assai preoccupante e propone l’esigenza di una riflessione autocritica più complessiva e tocca la responsabilità di un’intera classe dirigente alla quale noi non ci sottraiamo. Ma rifiutiamo l’idea grottesca che i ds siano l’epicentro di una nuova questione morale. Tanto più agitata da chi non sembra avere titolo per fare la morale a nessuno. È ragionevole che tutti veniamo chiamati a riflettere su come - nel corpo fragile dell'economia italiana - abbiano messo radici fenomeni speculativi, operazioni ai limiti della legalità, che sicuramente vanno molto al di là dei personaggi di cui si discute. Ma non c’è nessuna nuova Tangentopoli, anzitutto perché non ci sono tangenti, in primo luogo al nostro partito, e poi perché nella vicenda di Tangentopoli i partiti intervenivano per alterare i meccanismi della concorrenza, per truccare appalti pubblici. Noi non abbiamo alterato e truccato alcunché. Siamo non solo disponibili, ma interessati a una seria e serena discussione sulle regole, sul perché dei guasti prodotti e sulle responsabilità di un’intera classe dirigente. Aggiungo che ritengo necessario approfondire un confronto sulla realtà attuale del movimento cooperativo, perché è evidente che siamo di fronte a una realtà economica che è divenuta via via, crescendo, assai diversa dalle cooperative di tanti anni fa, e che si pongono seri problemi per quanto attiene al rinnovamento delle forme di governance e alla ridefinizione della missione di queste grandi imprese. E qui certo c’è anche un nostro ritardo.

Ma non c'è stato anche un eccesso di reazione nei confronti di questa campagna?

Sono d'accordo con Romano Prodi: la politica non deve occuparsi di affari, ma del futuro del paese. Ma non possiamo essere ingenui. Nei grandi Paesi europei gli interessi economici che hanno rilevanza nazionale si muovono con l'appoggio della politica. Se una grande banca spagnola viene in Italia non possiamo pensare che ciò avvenga senza il sostegno della politica. Così quando le grandi imprese italiane sono sbarcate all'estero e spesso ne sono state ricacciate, ciò è avvenuto per l'intervento del potere politico di quel paese. Il nostro è un Paese fragile dove - mancando una visione dell'interesse nazionale - siamo litigiosi e autolesionisti: un Paese in cui per antica tradizione ci si associa volentieri con lo straniero per fregare il connazionale: Franza o Spagna purché se magna, è da secoli lo slogan di una parte delle classi dirigenti. Non si coglie che il movimento cooperativo è un pezzo importante dell'economia italiana. stiamo attenti a un certo provincialismo per cui tutto ciò che viene dall’estero è innovatore o moralizzatore: basti pensare a quel che scrive il Wall Street Journal sull'Abn Amro.

Vi vengono rimproverate, però, dichiarazioni avventate e contraddittorie…

Mi dà fastidio il moralismo a comando: in questa campagna c'è chi ha scoperto improvvisamente che non va più bene colui che fino a ieri è stato suo socio, anzi che è ancora suo socio. Non conosco Fiorani, non conosco Ricucci; per essere precisi conosco Profumo, ma non conosco Gnutti. Ma tra loro i contendenti si conoscono. È davvero curioso che vengano a fare la morale a me.

È stata rimproverato un atteggiamento di eccessiva tifoseria, e il coordinatore della segreteria dei Ds, Chiti, ha ammesso che si è trattato di un errore.

Chiti ha detto che si è peccato di eccessiva tifoseria da una parte e dall'altra. E ho letto decine di interviste a favore o contro questa Opa. Persino Bertinotti ne ha rilasciato una con il titolo: «Il Banco di Bilbao deve comprare la Bnl». Sarà lecito, dunque, se tanta parte del mondo politico tifava per gli spagnoli, che qualcuno tifasse per gli italiani. Comunque il tifo non mi pare un peccato mortale. Posso capire che adesso si dica: ora stiliamo una nuova regola, quando c'è un'Opa la politica taccia. Finché non c'è questa nuova regola non vedo, però, nessuno scandalo se il leader del maggiore partito si informa sull'andamento di un'operazione. Continuo a ritenere che se sorgesse in Italia una realtà bancaria legata alla Lega delle cooperative ciò arricchirebbe il pluralismo e rafforzerebbe il sistema economico italiano: è un'opinione politica di cui rivendico la legittimità.

La telefonata di Fassino e Consorte su cui si è imbastita la campagna di aggressione ai Ds non è stata uno sbaglio?

Non ritengo che si possa imputare a Fassino una telefonata in cui si chiedono informazioni, e che non ha nessuna rilevanza di natura giudiziaria. È un tipo di materiale facilmente manipolabile, basta cambiare una virgola per cambiare il senso, da una trascrizione non si riesce a capire se quella è una battuta di spirito, non c'è alcun valore di documento in quel brogliaccio di frasi prive di contesto. Ma la verità è che siamo l'unico Paese al mondo in cui leggendo su un giornale di proprietà della famiglia del premier la trascrizione illegittima della intercettazione telefonica di un leader dell'opposizione, anziché scattare su e denunciare lo scandalo, l'attentato alla democrazia, si discute del contenuto della telefonata. Come se per il Watergate negli Stati Uniti si fosse discusso del contenuto delle conversazioni tra i leader democratici, e non del fatto che essi erano spiati dal governo. Il che dimostra una scarsa cultura democratica di questo Paese. Questa vicenda è il termometro di qualcosa d'altro: senza nessuna base che poggi sui fatti scatta verso di noi un linciaggio che non verrebbe consentito contro nessun altro, forse perché si pensa che venendo da una certa storia noi siamo quelli che possiamo essere presi a calci in bocca…

Ci sono anche telefonate di D'Alema con Consorte?

Ce ne saranno, immagino di sì.

Tra gli attacchi ai Ds ce n’è stato uno rivolto al vostro tesoriere, Ugo Sposetti, da una personalità molto vicina al centrosinistra, Gad Lerner.

Ieri ho parlato a lungo al telefono con Gad Lerner, perché lo conosco da tanti anni, gli voglio bene e proprio per questo sono stato dispiaciuto per la sua uscita. Lo considero nel novero non di quelli che ci odiano, ma uno con il quale siamo impegnati in una comune battaglia politica, anche se ha una storia diversa dalla nostra e mantiene con ogni evidenza una riserva su di noi.

Ha scritto che Sposetti non poteva non sapere... Lei che cosa gli ha risposto?

Gli ho detto: “Guarda Gad, ti sbagli, perché Sposetti è una persona assolutamente perbene che fa un lavoro difficile”: perché amministrare un grande partito con pochi soldi, dover gestire debiti, dismissioni, per chi non naviga nell’oro è un impegno estremamente difficile, di pesante responsabilità. E lo ha fatto con assoluta correttezza personale.

Anche con altri importanti giornalisti vi conoscete da tanti anni: uno di questi in particolare durante un dibattito pubblico ha detto che chi viene dal Pci deve ancora depurarsi...

Volendo rispondere con una battuta si potrebbe chiedere quanti decenni ci vogliono per quelli che vengono da potere operaio, almeno noi non predicavamo l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato...

Ricordo un'intervista sull’Unità a Sergio Sergi il 10 giugno, quando la vicenda era ancora sotto traccia, eppure in quell'intervista l'allarme era molto forte, si diceva che c'erano veleni all'interno del centrosinistra. Non c'è stata una sottovalutazione di quell'allarme? La stessa lettera di Prodi non è stata propriamente amichevole nei confronti dei Ds...

Al di là delle discussioni passate, credo che nell’Unione oggi si sia compresa la portata di una operazione che mira a disgregare la maggiore forza del centrosinistra. Forse fino adesso non era stato compreso appieno che, colpendo i Ds, si vogliono indebolire le prospettive del centrosinistra e della governabilità del Paese.

Repubblica le attribuisce queste frasi: “Non mi alleo con chi sospetta che il nostro sia un partito di delinquenti. Meglio lasciar perdere. Tanto c’è il proporzionale. Ognuno vada per conto suo”...

Non ho fatto alcuna intervista a Repubblica. Si riprendono battute, sfoghi.

Ma tutto ciò peserà sul cammino della lista unitaria e del Partito democratico?

Sono uno dei più convinti assertori della necessità di trasformare l’Ulivo nel principio costitutivo di una nuova grande forza politica di centrosinistra democratica e riformatrice in grado di dare al bipolarismo italiano un asse forte. Sostengo questa tesi da molti anni, ho sostenuto tutte le proposte che vanno in questa direzione. Ogni volta che si è parlato di gruppi unici sono stato a favore, quando Prodi propose la lista unitaria alle europee mi schierai subito a favore. Questa è la linea sostenuta in questi anni con coerenza dalla maggioranza del nostro partito. All’indomani della sconfitta del 2001 parlai della necessità di una svolta profonda e dell’esigenza di superare quella contrapposizione tra ulivismo e partiti che è stato il male del centrosinistra. E superarlo con la costruzione di una nuova grande forza politica.

Ha cambiato opinione negli ultimi giorni?

No. Non ho cambiato opinione rispetto a questo convincimento. Però dev’essere chiaro a tutti i protagonisti che un processo come questo richiede che non ci siano né egemonismi né damnatio memoriae<>. Cioè non si può pensare che si possa costruire una cosa di questo genere sulle macerie della sinistra italiana, sulla delegittimazione politica e morale dei suoi gruppi dirigenti. Così come noi non possiamo pensare che si tratti di un processo di assorbimento, della creazione di una sorta di grande Quercia. Quindi, se volete, nella forma di uno sfogo, era un modo per dire: “Signori, se volete che questo processo vada avanti non si può accettare che esso venga presentato come la liquidazione di un patrimonio o di una forza politica. Mi pare, ho visto anche l’intervista di Franco Marini su Repubblica, che il messaggio sia stato compreso. E che si comprenda che ci vuole rispetto reciproco tra le forze che sono in campo.

Perché si prendono di mira proprio i Ds?

Siamo una forza che ha un’idea precisa dell’autonomia della politica e questo, forse, a qualcuno dà fastidio.

Come valuta l’articolo di Prodi sulla Stampa?

Non ho osservazioni da fare a un articolo dove si parla, pure, di fumus persecutionis nei nostri confronti. Ho detto che andava benissimo tutto. Forse, però, il riferimento all’attacco contro i Ds poteva essere più esplicito. Perché è evidente che c’è un’aggressione contro di noi che ha assunto toni grotteschi. Abbiamo subito un vero e proprio linciaggio, anche personale. È naturale che ci attendiamo la solidarietà dei nostri alleati. D’altro canto con Prodi abbiamo conversato. È stato un colloquio utile amichevole, l’intento di Prodi era dire che vuole lavorare perché da questa vicenda si esca con un forte rilancio unitario. Io ho anche chiarito con lui che non doveva prendere alla lettera certi sfoghi che de relato erano finiti sui giornali. Una telefonata utile di un leader che ha chiamato me, Piero, Rutelli. Ha fatto il compito suo: il capo del centrosinistra chiama le principali personalità per dire: “Vediamo come uscire insieme da questa difficoltà”. L’ho trovato molto apprezzabile l’intento, il tono, anche il senso di questo colloquio.

Tra le strumentalizzazioni c’è anche la questione del leasing per la barca a vela e del mutuo presso la Banca di Fiorani?

Non mi ribello al fatto di dover spiegare per l’ennesima volta di avere speso circa 230mila euro (per altro in larga parte derivanti dalla vendita della barca precedente) per comprarmi un terzo di una barca a vela. Ma trovo sconcertante che in un Paese nel quale a differenza di altri Paesi europei non esiste alcun serio controllo della stampa sull’arricchimento personale dei politici (e forse ce ne sarebbe bisogno) l’unico a essere passato al setaccio con reiterate campagne sono io. Ricordate Affittopoli? Linciare quelli scomodi e fare l’occhiolino agli altri. Questo purtroppo è lo stile di un certo sistema dell'informazione. In ogni caso vorrei spiegare a Beppe Grillo che ho notato appassionarsi a questo che avendo versato in banca in un conto cointestato i proventi della vendita della nostra barca , da lì ritiriamo ogni mese il necessario per pagare il leasing. A Grillo del quale non sempre condivido le opinioni politiche e che tuttavia è uomo simpatico e intelligente dico che può se ritiene venirci a trovare a casa, e si renderà conto che non siamo degli arricchiti senza principi ma delle persone normali.

Il suo governo non si oppose all’Opa lanciata da Olivetti su Telecom Italia che creava le condizioni per un mercato aperto che avvicinava il sistema italiano ai grandi mercati internazionali. Un’operazione di rilevanza industriale, finanziaria e politica che, però, colpiva interessi consolidati, un capitalismo abituato a governare con lo 0,6% - come lei sostenne in polemica con la famiglia Agnelli...

...era una cifra precisa...

Pensa che la campagna di oggi contro i Ds nasca da questo suo “peccato originale”?

Sì, il peccato originale fu quello. A noi, cioè, viene imputato di avere rispettato le regole e di avere consentito che decidesse il mercato. Evidentemente si preferiva una politica pronta a intervenire al servizio degli interessi costituiti. È curioso che quello che si rimprovera fu proprio la neutralità della posizione del governo. Una scelta di assoluta correttezza. Ricordo d’altro canto che ministro del Tesoro era Ciampi e capo della direzione generale era Draghi, che certo non avrebbero avallato scelte non corrette. Tuttora per sostenere il contrario, e cioè che il governo avrebbe favorito l’Opa Telecom, si ricorre all’argomento ridicolo che io avrei dichiarato il mio favore ai “capitani coraggiosi”. A parte il fatto che non ho mai pronunciato questa frase in vita mia, è del tutto evidente che le scelte di un governo sono negli atti che compie e non nelle frasi che vengono attribuite a questo o a quell’esponente. Gianni Agnelli, con il quale avevo anche un rapporto di cordialità personale, mi disse simpaticamente: “Lei ha avuto un gesto di coraggio ma in un Paese come questo l'establishment non perdona”. Nulla di personale, quindi. Solo l’idea che la politica, appunto, deve avere una sua autonomia.

Autonomia della politica vuol dire mettere al servizio del Paese un grande progetto e non parteggiare per una lobby o per l’altra. Nella vicenda della scalata alla Bnl non c’è stato un’errore strategico che ha legato le mani ai Ds anche nel denunciare gli aspetti inquinanti della scalata parallela al Corriere della Sera, per esempio?

Non è vero che noi non abbiamo denunciato la gravità della scalata al Corriere della Sera. Io personalmente dissi che un grande giornale non è la stessa cosa di una banca, e che è un bene che deve essere tutelato. Così come il pluralismo e la libertà d’informazione.

Poi però si scoprì una matrice politica che portava verso la destra

Esatto, ma quando si capì che semmai c’erano stati rapporti con ambienti finanziari e politici della destra, e non solo italiana, finì tutto. Anche coloro che avevano fatto la campagna sul “compagno Ricucci” nascosero tutto.

Ma non è illusorio il miraggio di cambiare il capitalismo cambiando i capitalisti?

Noi abbiamo perseguito una politica di liberalizzazione, abbiamo cercato di creare le condizioni per un mercato più aperto, di definirne meglio le regole, di garantire una maggiore trasparenza in un Paese in cui esisteva una grande concentrazione di poteri. Quando siamo stati al governo abbiamo introdotto riforme. Questo a mio giudizio, purtroppo, si è fermato a metà strada. Ed è questa una delle vere responsabilità della Banca d’Italia.

Vi hanno imputato una certa timidezza sulla vicenda Bankitalia...

Siamo stati noi, all’indomani dello scandalo Parmalat e Cirio di cui non parla più nessuno - forse perché non toccano i furbetti ma qualche furbone - a proporre una legge seria che potenziasse la Consob, sottraesse alla Banca d’Italia la somma delle funzioni che presiedono alla stabilità e regolano la concorrenza. Sono passati due anni e mezzo, uno scandalo. Abbiamo votato in Parlamento per una norma sul Governatore che avrebbe portato alla temporaneità della carica e che venne bocciata dalla destra. Se si fosse fatto quello che avevamo proposto, e nel momento in cui l’avevamo proposto, questi scandali non ci sarebbero stati.

Nessuna timidezza nemmeno sulla richiesta di dimissioni di Fazio?

Siamo stati accusati ingiustamente di essere stati reticenti. Accusa falsa, perché i comportamenti politici e parlamentari del nostro partito sono stati opposti a quelli che ci vengono attribuiti. L’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di uscire da questa crisi senza minare l’indipendenza di Bankitalia. È stata questa la nostra preoccupazione, non quella di difendere Fazio. Una preoccupazione analoga a quella della presidenza della Repubblica: sbarrare la strada all’occupazione politica di Bankitalia.

Intanto va avanti l’inchiesta giudiziaria anche sulla fuga di notizie a proposito delle intercettazioni telefoniche tra Fassino e Consorte...

Ho assoluto rispetto dell’attività dell’autorità giudiziaria. Siamo in una fase politica delicatissima e noi corriamo il rischio di vivere tra indiscrezioni, voci, eccetera, un'intera campagna elettorale di veleni, di intercettazioni e di annunci di intercettazioni. Sarebbe una catastrofe per il Paese. Si potrebbe determinare tra l’altro una pesante manipolazione dell’opinione pubblica. È essenziale che si faccia chiarezza al più presto su tutti gli aspetti di questa vicenda, sulle responsabilità personali, sulle eventuali connessioni. Ho apprezzato molto che la Procura di Milano abbia aperto un procedimento contro ignoti per il fatto che neanche i brogliacci, ma i nastri, siano stati passati al Giornale. Siamo di fronte al fatto che dall'interno di apparati dello Stato si trasmettono illecitamente i nastri al quotidiano della famiglia del presidente del Consiglio. A me sembra una cosa molto grave. Se qualche funzionario o qualche magistrato passasse a L'Unità le telefonate private di Berlusconi che cosa accadrebbe? Oltre tutto un ex Presidente della Repubblica...

Cossiga...

...sì, ha fatto un’interrogazione parlamentare che tecnicamente si presenta a tutti gli effetti come una denuncia, in cui ha scritto anche un nome. Non accade nulla però, malgrado il reato grave. E siamo in un Paese in cui c'è l'obbligatorietà dell'azione penale. Nessun partito, come il nostro, ha avuto nei confronti della Magistratura un comportamento sempre corretto e rispettoso. Ricordo le indagini che furono fatte contro il povero Marcello Stefanini. Fu anche quella una delle ragioni che accelerarono la sua morte. Dovemmo attendere che lui morisse per apprendere il giorno dopo che non aveva fatto nulla. Occhetto e io abbiamo subito otto anni di indagini da parte della Procura di Venezia, che ha disposto il sequestro su tutto il territorio nazionale di tutti gli atti relativi ai rapporti tra il nostro partito e le cooperative. La Guardia di Finanza ha perquisito tutte le nostre sedi. Interi camion di carte sequestrate. Non abbiamo detto nulla, non abbiamo levato un solo lamento. Otto anni di indagini, se ci fosse stato uno spillo non saremmo qui. Noi siamo rispettosi, allo stesso tempo però diciamo alla magistratura, di cui difendiamo l'indipendenza: “Badate, questa inchiesta interagisce drammaticamente con un passaggio democratico, quindi fate chiarezza il prima possibile”.

Il crack di Parmalat, quello Cirio: ogni volta a rimetterci sono stati i piccoli risparmiatori. Lei dice che vi siete battuti contro questa opacità del capitalismo e della finanza, ma forse questa battaglia non è stata portata avanti fino in fondo.

A parte il fatto che quello di una crescita della rendita finanziaria a fronte di una difficoltà dell’economia reale è un fenomeno che attraversa tutta l’Europa, non è un dato soltanto italiano. Però è vero, questo è un problema molto preoccupante, che tra l’altro determina uno spostamento dei rapporti di forza. Quando si dice, giustamente, che noi dobbiamo privilegiare il capitalismo che produce rispetto alla rendita finanziaria, si pone un problema reale. Non c’è dubbio che noi dobbiamo cercare, se - come io spero - torneremo al governo, di favorire invece una ripresa economica, di riorientare il sistema verso l’innovazione, lo sviluppo, gli investimenti nel campo industriale, dei servizi. Questo è il grande tema che riguarda il futuro del Paese. Ed è molto importante, da questo punto di vista, il funzionamento del sistema bancario.

Lei non ha dato un giudizio positivo dell’acquisto nel 2001 di Telecom da parte di Tronchetti Provera.

Sì, ma ho sempre distinto le cose. Fui critico verso quell’operazione, per il modo in cui avvenne e poi anche per gli episodi che vennero dopo, come l’acquisto di Edilnord. Episodi, a proposito di rapporti tra politica e affari, su cui anche Berlusconi dovrebbe meditare prima di parlare.

Tornando al ruolo svolto dalla stampa ...

Mi volete male...

...a parte il Giornale della famiglia Berlusconi, in questa campagna si è distinto in maniera particolare il Corriere della Sera, che continua a pubblicare pagine e pagine sulla telefonata di Fassino e Consorte. Ma ora è intervenuto anche Repubblica, con un editoriale di Ezio Mauro molto duro nei vostri confronti.

Mauro poneva un problema cui credo giusto rispondere. Anch’io sono rimasto colpito in modo sgradevole dalle forme di arricchimento personale di manager cooperativi. Sicuramente è qualcosa che, ancorché diffuso in ambienti manageriali, ha turbato il mondo cooperativo. È qualcosa che è scarsamente comprensibile e accettabile da parte degli iscritti e degli elettori del nostro partito, me compreso. Da questo punto di vista, se questo è il tema che solleva Mauro, possiamo condividere questo sentimento, fermo restando che poi sarà l’indagine della magistratura a chiarire tutti gli aspetti. Comunque o distinguo tra chi pone questi interrogativi legittimi, e chi invece dice che siamo dei ladri, dei protagonisti di una nuova Tangentopoli. Semplicemente, perché mancano i presupposti.

La questione non è giudiziaria. Vi si dice: di fronte a episodi che contrastano con una certa etica, dovreste reagire.

Ma è chiaro che sono episodi che lasciano una sensazione sgradevole e che secondo noi richiedono di essere chiariti nei loro diversi aspetti. Anch’io ritengo che, fino a prova contraria, questi guadagni possono essere legittimi, e che tuttavia, essendo di quelle dimensioni, lasciano molto perplessi, specie se riferiti a persone che vengono da una storia diversa e che dovrebbero mantenere comportamenti diversi rispetto ad altri manager. Non credo però che questo possa essere presentato come la prova che il mondo cooperativo è parte di un’associazione per delinquere. Non è così. Semmai quanto è avvenuto testimonia di come oggi si siano determinate delle disparità enormi di reddito, di come esista un ceto imprenditoriale, manageriale, che ha accesso alla possibilità di guadagni finanziari enormi. È cresciuta in modo abnorme la forbice retributiva. Se ci fosse trasparenza ci si renderebbe conto che è un problema che non riguarda solo i Ds ma l’economia italiana, il Paese.

Ha parlato solo di Repubblica...

Io distinguo tra chi ci pone degli interrogativi - anche in modo che può apparire sgradevole, perché possono anche esserci degli amici scomodi - e chi invece ha orchestrato una campagna di demonizzazione del partito, delle persone, persino con l’idea di utilizzare un mezzo di informazione per determinare le scelte della politica interna di un grande partito. Questa non è un’informazione che dialoga, controlla, critica la politica, ma è un’informazione che fa politica, in una maniera peraltro vecchissima.

Berlusconi tenta di sfruttare la situazione. Che ci sia delusione lo vediamo dalle lettere che riceviamo. Questa vicenda peserà, in termini elettorali?

Intanto, quando Berlusconi prende la parola non possiamo che essergli grati. Nel senso che non c’è il minimo dubbio che il ritorno in campo di Berlusconi sia utile, perché chiarisce molte cose, anche agli incerti. Berlusconi è talmente poco credibile, in generale, e in particolare in questo campo, che è ancora meno credibile di altri moralizzatori già scarsamente credibili. Quanto alle lettere, devo dire che ne riceviamo molte anche noi, e il rapporto è dieci a uno. Nel senso che dieci sono lettere di solidarietà, persino di indignazione. Il che mi dà la sensazione che il nostro mondo sia in una parte notevole un mondo che capisce, che si rende conto del carattere strumentale, caricaturale, dell’immagine che viene data di un gruppo dirigente.

E dei contraccolpi elettorali che dice, ci saranno?

Non lo so. Non c’è dubbio che questa campagna possa avere creato disorientamento. Ma siccome ritengo che questa campagna non abbia fondamento, e che noi possiamo e dobbiamo rispondere, sviluppare un’azione politica, penso anche che questo disorientamento verrà recuperato. È chiaro che se dovesse perdurare una situazione di mancanza di chiarezza, di confusione, di messaggi manipolati, questo potrebbe avere un’influenza. Lo dico perché questo è un problema di responsabilità di tutti. Se noi dovessimo andare alle elezioni sotto il peso di una campagna come questa e poi scoprire che sotto non c’era nulla, sarebbe un problema serio per la democrazia italiana. Per questo è importante proprio quella iniziativa unitaria per cui lavora Prodi.

L’atteggiamento prevalente tra i ds è sembrato fino a qualche tempo fa: non sono questi i problemi che contano. Non c’è stata sottovalutazione sulla presa del caso sull’opinione pubblica?

Sì, noi abbiamo sottovalutato. Innanzitutto la portata della aggressione che si andava preparando contro di noi, anche perché non avendo fatto nulla di male era difficile attendersela. È stato, lo dico per me, un difetto di ingenuità non capire che qualcuno lavorava per fare di questa vicenda l’occasione della resa dei conti. Noi sottovalutiamo sempre quanto odio c’è contro di noi. Ma non bisogna farlo perché c’è una parte del potere in questo paese che se potesse farci la festa sarebbe molto contento. Ogni volta che ci dimentichiamo questo compiamo un errore. La nostra è la sottovalutazione di chi non avendo fatto niente di cui rimproverarsi, pensa, come dice una vecchia barzelletta russa, che per chi non ha fatto niente il massimo della pena è cinque anni... Ma non è vero, siamo in un Paese in cui la pena può anche essere prolungata, se si ha il difetto di essere una persona indigesta per un certo sistema di potere. Che impatto ha questo, su un paese che vive una condizione di incertezza? Qui è il veleno di questa campagna: presentare il nostro come un mondo di ricchi e di privilegi economici. Il rischio è di fare una grande confusione.

Lei non ha privilegi?

Certo, ho il privilegio di avere un ottimo stipendio, non l’ho mai negato. Anche al netto del contributo che va al partito rimane molto più elevato di quello che va alla maggior parte dei lavoratori. Eccolo qui, ho in tasca la busta paga. È lo stesso privilegio che ha Bertinotti. Ho pubblicato otto libri, alcuni dei quali hanno avuto successo. Mia moglie è professore universitario. Siamo una famiglia che vive bene, ma con i frutti del proprio lavoro e non di conti in Svizzera. Tuttavia siamo persone che per scelta politica e ideale si battono perché anche gli altri possano stare meglio

INES TABUSSO
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