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IL RIFORMISTA E L'UNITA'

Ultimo Aggiornamento: 13/08/2005 00:57
13/08/2005 00:57
 
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IL RIFORMISTA
EDITORIALE
martedì 9 agosto 2005
Controdine, torna il regime
E l?opposizione fa autogol

Basta leggere i titoli dell?Unità di ieri per avere un'idea di come verrà
impostata la campagna elettorale dalliopposizione e dai Ds (a meno che l?Unità
non sia di nuovo tornata ai tempi delle divergenze parallele con il suo gruppo
dirigente). Prima pagina con fotina di Berlusconi che fa le corna e titolo
d?apertura: «Scrive di suo pugno un'altra legge per fermare la magistratura»
(ma come, Prodi, D'Alema e Fassino non avevano detto che sulle intercettazioni
bisogna stare attenti e prevedere delle regole restrittive? E di essere disposti
a discuterne anche con la maggioranza?). Pagina 2, titolone su un pezzo di
Marco Travaglio dedicato al doppio standard del centrodestra (ha inzuppato
anche lui il pane nelle intercettazioni quando danneggiavano il centrosinistra):
«Attenti: Berlusconi ci guarda e ci ascolta». Pagina 5, titolo a un articolo
sulla lettera del Cavaliere al La Repubblica dopo il divorzio dell'Ingegnere:
«Berlusconi, il "diavolo" si sente acquasanta». Insomma, il regime è tornato.
Guerra santa contro il Grande Satana. Alla faccia del declino economico,
dell'Europa, del terrorismo, della nuova costituzione, del nuovo percorso
riformatore promesso da Prodi. La parola d'ordine è la questione morale contro
la cricca del malaffare guidata da Berlusconi, il quale ha venduto una fetta
di Mediaset per comprarsi il Corsera e ha messo alla Rai un suo famiglio
(Meocci) facendosi coprire da un diessino (Petruccioli), il che ha scatenato
l'ira funesta di Parisi per conto di Prodi. Alla vigilia di ferragosto siamo
a questo punto. Chissà dove arriveremo a Natale, magari con la Fiat in mano
alle banche, la Rcs non si sa a chi, ma la poltrona principe di via Solferino
sotto le alate natiche dei berluscones.
Ma c'è o no il regime? La libertà di stampa è o no minacciata? E con essa
l'indipendenza della magistratura? Se così stanno le cose, tutto ciò riguarda,
e come, il futuro dell'Italia, quindi deve stare al centro delle preoccupazioni
degli italiani. Sono le stesse domande che il centro-sinistra aveva posto
nella campagna elettorale del 2001. Purtroppo. E abbiamo visto come è andata
a finire. I nostri lettori sanno che a parlar di regime, ci viene l'orticaria.
Quindi, alla prima domanda possiamo anche non rispondere. Che Berlusconi
voglia al Corriere della sera un direttore amico, non è una novità. Per questo,
ci ha messo del suo (quanto meno qualche querela) nella defenestrazione di
Ferruccio de Bortoli. Poi ha scoperto che Stefano Folli non gli era così
amico. Ma questa volta a rimuoverlo ci ha pensato Luca di Montezemolo, appena
diventato presidente della Fiat e azionista rilevante di Rcs (non lui da
solo, ma le cronache raccontano che si è mosso con decisione e tempestività,
così come ha appena fatto a La Stampa).
Proprio per questo, si dice, Berlusconi ha deciso di attaccare la proprietà
del Corsera approfittando delle ambizioni di Stefano Ricucci e usando il
suo stratega Ubaldo Livolsi. Può darsi. Se è così, violerebbe anche quella
legge Gasparri che il presiedente del Consiglio ha tanto voluto. Ci sono
gli strumenti legali per impedirlo. Ma poiché siamo convinti che viviamo
ancora in una società aperta, capitalistica e (tutto sommato) di mercato,
nella quale il capo del governo non ha il potere di abolire la proprietà
privata né di espropriare un gruppo editoriale, siamo altrettanto certi che
gli azionisti del Corsera (i quali hanno sindacato il 58% del gruppo Rcs
e si chiamano Mediobanca, Fiat, Pirelli, Pesenti, Capitalia, Intesa, Mittel
Fondiaria, Della Valle, Lucchini, Romiti, Merloni), siano in grado di difendersi
con strumenti di mercato. Se i lettori avranno la pazienza di seguirci, possiamo
anche suggerire una modesta proposta che spieghiamo nell'editoriale seguente.
Quel che sta accadendo nel Gotha del capitalismo italiano non è di poco conto,
al contrario. E' un terremoto destinato a cambiarne gli equilibri. E avviene
non su impulso esterno (i new comers, i nouveaux riches), ma perché l?assetto
attuale è troppo debole. Il declino dell'Italia ha tante cause, ma la numero
uno è proprio questa. Altro che regime. Il centrodestra guidato da un capitalista,
uno dei principali, non solo non ha arrestato questo processo, ma l?ha aggravato
- se hanno ragione gli argomenti (alquanto solidi) dell?opposizione. La quale,
invece, fa marcia indietro e riscopre la presunta onnipotenza del Cavaliere.
Un clamoroso autogol. Una vera e propria autocastrazione sul piano della
propaganda politica. Ma come, Berlusconi non era così debole da meditare
il grande addio? Non bastava sedere sulla riva del fiume e aspettare? I sondaggi
non mostravano chiaramente che gli elettori diffidavano del grande incantatore?
Invece, all'improvviso, ecco tornare il pifferaio magico, con più fiato nei
polmoni che capelli in capo, e tutti pronti a seguirlo fino ad annegare nel
lago. Continuate così, amici e compagni, fatevi pure del male.




10/08/2005
L'UNITA'
SI VUOLE COMPRARE L'ITALIA
ANTONIO PADELLARO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050810/86xto.tif




IL RIFORMISTA
EDITORIALE
giovedì 11 agosto 2005
iperboli
Suvvia Padellaro, è solo Berlusconi non Superman

Il direttore del quotidiano finanziato (tra gli altri) dai parlamentari Ds
ha scritto ieri un editoriale piccato dal nostro editoriale del giorno precedente
nel quale invitavamo l'opposizione a non farsi del male continuando a demonizzare
Berlusconi o a esagerarne la sua potenza, proprio adesso che, invece, è manifesta
la sua debolezza. Nell'ultimo capoverso il direttore del suddetto giornale
confessa di scrivere: «anche a beneficio di chi alla parola regime si fa
venire l'orticaria». Non cita la nostra testata forse per paura di farsi
contagiare dalle bollicine sulla pelle. Ma noi che ci siamo vaccinati da
tempo, facciamo nome e cognome. Si tratta di Antonio Padellaro, che dopo
una brillante carriera al Corriere della Sera e un passaggio all?Espresso,
ha preso sulle sue spalle la complessa eredità di Furio Colombo e dirige
l?Unità.
Per far capire a noi testoni che di regime si tratta e non di altro, Padellaro
decripta in questi termini il progetto di Berlusconi: «Se vinco di nuovo
le elezioni governerò l'Italia, se le perdo me la compero». Può darsi che
il Cavaliere sia ormai immerso in un tale delirio onirico. Ma nessuno dei
due termini dell?equazione superomistica ci sembrano, per la verità, realizzabili.
Se vince le elezioni (cosa ancora possibile, l'opposizione ha poco da cullarsi
sugli allori) non governerà l'Italia così come non è riuscito a governarla
negli anni della luna di miele e della maggioranza strabocchevole. La crisi
economica resta il suo più grande fallimento e non averla affrontata è il
male peggiore che abbia fatto al paese (sì, anche peggiore delle leggi ad
hoc e del pur grave conflitto di interessi). Se perde, certo nessuno pensa
che si possa ritirare a Porto Cervo o alle Bermuda. Resta pur sempre uno
dei capitalisti più ricchi dell?intera Europa. Ma il suo core business, la
televisione, sarà sotto assedio. Poiché Mediaset resta una azienda locale
sul mercato, quanto meno europeo, dei media (hai idea caro Padellaro di quanto
vale News Corporation?), fondamentalmente protetta dalla concorrenza, e priva
di una vera strategia di sviluppo, è destinata a vivere tempi duri, durissimi.
Il Cavaliere lo sa, tanto che sta già facendo cassa e vuol diversificare
le sue attività. Come? Si fa presto a dire «mi compero l'Italia». Ma che
cosa? Rcs? E a che gli serve se non governa più? La casa editrice è anch?essa
troppo piccola e troppo poco profittevole. Si compera Telecom? Per mettersi
sul groppone 40 miliardi di debiti? Non parliamo poi di Fiat. O delle Generali,
una delle più grandi public company europee. Senza contare che Berlusconi
è stato un grande imprenditore nella tv, ma in altri campi non ha dato prove
brillanti (si pensi al fallimento della operazione Standa). Aggiungiamo il
fattore età, i problemi di eredità e di famiglia (uno come Rupert Murdoch
sa bene quanto siano importanti). Fininvest è ancora un gruppo personale,
con un uomo solo al comando. Che si chiama Silvio Berlusconi da Arcore, caro
Antonio Padellaro, non Clark Kent da Kripton.









INES TABUSSO
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