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UN FILOSOFO OGNI TRE GIORNI

Ultimo Aggiornamento: 17/12/2005 13:30
20/10/2005 16:35
 
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Casaiolo LAUREATU
Ogni tre giorni saranno inseriti dei filosofi...partendo dall'eta' classica...abbiamo tre giorni per commentare il filosofo del giorno e poi si passera' al prossimo...
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"forse l'unica cose ke rimane da fare è vergognarsi d'esistere..."(copiata da gianina)

"la normalità non è un valore a cui aspiro"

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TALETE
I primi passi della filosofia sono stati compiuti nelle colonie della Ionia, sulle vivaci coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia), come Mileto ed Efeso. Se le città del continente, lontane dal contatto con altre popolazioni, rimasero chiuse e vincolate all'orizzonte cosmico e religioso tradizionale, le città coloniali lambite dal mare sono invece caratterizzate da un maggior dinamismo anche sul piano intellettuale. Il fatto stesso che fossero terre di confine (e quindi a contatto con credenze e costumi diversi) contribuì a fare di queste aree zone in cui era molto sentito il problema della propria identità e della posizione del mondo. Un modo per risolvere questo problema può essere rintracciato nella ricerca di ciò che rende il mondo, al di là della varietà delle sue manifestazioni, una totalità unitaria.

Egli nacque e visse a Mileto tra il settimo ed il sesto secolo a.C. e probabilmente non scrisse alcuna opera. La figura di Talete sfumò ben presto nella leggenda: su di lui vi sono parecchie testimonianze. Platone, per esempio, afferma che Talete era stato abilissimo nell'escogitare espedienti tecnici, mentre lo storico Erodoto ci racconta che Talete progettò e realizzò un canale per deviare un fiume dal suo corso e farlo rientrare più avanti nel suo alveo. Sempre Erodoto gli attribuisce la predizione di un'eclissi solare, più precisamente quella del 585 a.C., ed una grande abilità come consigliere politico. Altri autori (di epoche successive) fanno risalire a Talete la dimostrazione di alcuni teoremi di geometria, ma pare difficile che siano effettivamente suoi: tra questi ricordiamo la proposizione che il cerchio è dimezzato dal diametro, che è dimostrabile tramite la sovrapposizione delle due metà. Anche per quel che riguarda l'eclissi solare, è davvero difficile che Talete l'abbia intuita tramite complessi calcoli matematici, che all'epoca non erano in grado di effettuare neppure gli astronomi babilonesi. Pare che Talete, durante la sua permanenza egiziana, riuscì pure a misurare l'altezza delle piramidi tramite le loro ombre. Nel Teeteto, Platone racconta che Talete, per contemplare le meraviglie del cielo, cadde in un pozzo e una donna lo derise per il fatto che voleva guardare il cielo lui che non vedeva neppure cosa c'era per terra. Aristotele nella Politica narra che Talete, grazie alle sue conoscenze astronomiche e metereologiche, previde un abbondante raccolto di olive, fece incetta dei frantoi e in questa situazione di monopolio ricavò ingenti guadagni. Stando a quel che Aristotele sostiene, in veste di storico della filosofia, nel primo libro della Metafisica, Talete è il capostipite della ricerca delle cause (aitiai) e del principio (arch) da cui sarebbe scaturita l’intera realtà nelle sue manifestazioni. Per lui tutto, in ultima istanza, è costituito da acqua. Non sappiamo esattamente che cosa Talete intendesse con questa affermazione, ma possiamo immaginarlo. Probabilmente aveva in mente, per esempio, il ghiaccio, il vapore, l'umidità... Insomma, egli non poteva non notare l’assoluta centralità dell’acqua nella vita. Egli osservò poi che il cibo degli esseri viventi è in buona parte costituito da acqua, così come i semi degli esseri viventi sono umidi. E' anche possibile ipotizzare perchè Talete scelse proprio l'acqua come principio: intanto, come abbiamo appena detto, essa si trova praticamente ovunque, ma poi ha delle caratteristiche che la rendono ideale come principio esplicativo della realtà: è incolore, inodore, insapore... In altre parole l'acqua non ha caratteristiche e quindi può assumerle tutte. Per individuare un principio generalmente si scelgono cose che abbiano il minor numero possibile di caratteristiche: l'acqua per Talete, l'aria per Anassimene. Talete affermò che la Terra galleggiasse sull'acqua: secondo la concezione dell'epoca vi era un immenso Oceano, una Terra tonda e delle acque interne: su quest' Oceano infinito galleggiava, secondo le credenze dell'epoca, la Terra. In Talete riscontriamo un forte influsso orientale: l'idea che la Terra galleggiasse sull'Oceano era presente in diversi miti dell'Oriente. Per di più, come detto, sappiamo che lui stesso soggiornò in Egitto e probabilmente lì ebbe modo di assimilare questi miti. Però Talete non si accontenta di accettare la tradizione mitologica, ma da buon filosofo argomenta le sue tesi. Per lui l'acqua è sia sostanza (ciò che sta sotto, in Greco upokeimenon) sia essenza (ciò che effettivamente è, in Greco ousia): sotto il mutamento continuo (ghiaccio, vapore, umidità...) la sostanza rimane sempre la stessa: è sempre acqua. Con Talete cominciano a farsi sentire i primi cenni di astrazione, ma è ancora molto legato al mondo concreto: è infatti interessante notare che la parola upokeimenon (la sostanza, ciò che sta sotto) avrà sì voluto significare in senso astratto che l'acqua nel corso dei suoi mutamenti rimane sempre acqua, ma era pregna di significati concreti: concretamente, infatti, la terra, secondo Talete, galleggiava sull'acqua e di conseguenza l'acqua sta sotto alla terra (il termine upokeimenon viene preso alla lettera). A noi risulta strana questa mistura di concreto e astratto, ma all'epoca doveva essere normalissima. Però verrebbe da chiedere a Talete: se la terra galleggia sull'acqua, l'acqua su cosa galleggia? senz'altro Talete avrebbe risposto che essa è il principio e perciò non vi è risposta. Nella Metafisica Aristotele, ad un certo punto, dice - a riguardo dell'identificazione dell'acqua come principio - che forse Talete si è formato questa opinione vedendo che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo deriva dall'umido e vive di esso: pare interessante, oltre al termine "forse" che denota un'ipotesi personale di Aristotele, il fatto che si parli di principio di "tutte le cose". Si può avanzare un'obiezione: l'acqua non è il principio di tutte le cose, ma solo degli esseri viventi. Va subito precisato che concetti che per noi sono distinti, ai tempi di Talete non lo erano: non avevano distinzione tra mondo vivente e mondo non vivente: noi l'abbiamo perchè siamo avvantaggiati da strumenti tecnici. In mancanza di strumenti scientifici, la prima cosa che viene spontaneo fare per capire quali esseri sono viventi è osservare il movimento, la capacità di muoversi (Platone stesso definirà la vita come qualcosa che si muove da sè). Se cogliamo nel movimento la distinzione tra vivo e non vivo (che è la distinzione più ovvia che ci sia), di conseguenza dovremmo attribuire a tutto il mondo, sebbene non nella stessa misura, la vita. Spieghiamo il perchè servendoci di un esempio: anche una penna, se lanciata, si muove. Dunque l'atteggiamento di Talete era di attribuire vita alla materia: si parla a tal proposito di "ilozoismo" (dal greco ulh, materia + zwa, animali). In realtà si tende ad evitare questa parola perchè suggerisce che partendo dall'idea di materia inerte Talete e gli altri materialisti le abbiano attribuito la capacità di movimento e quindi la vita: per Talete, invece, la materia si è sempre mossa. Una testimonianza ci dice che Talete, che fu il primo ad occuparsi di elettricità, affermò che il magnete fosse vivo perchè in grado di far muovere le cose (infatti attrae il ferro) e che avesse un'anima. Viene da chiedersi perchè Talete parli proprio del magnete e non in generale della materia. La risposta è che questi filosofi presocratici, per dimostrare, partivano da situazioni chiare per tutti (come il fatto che il magnete sposti il ferro) per poi estenderle all'intera realtà. Voleva dimostrare che la vita non c'è solo negli esseri viventi, e per farlo si serve dell'esempio più chiaro e comprensibile per tutti. Egli si serve della generalizzazione dell'esperienza: osserva attentamente la realtà e ciò che ha osservato in determinati casi particolari lo estende. Per Talete, così come l'animale fiuta il cibo e si avvicina, così il magnete sente il ferro e si avvicina. Talete affermò pure che "tutto è pieno di dei": sembra un'affermazione religiosa, il che per un filosofo sarebbe strano. In realtà risulta evidente che il principio è la trascrizione in termine filosofico della divinità, in quanto principio è ciò da cui tutto deriva: dire che tutto è pieno di dei è lo stesso che dire che tutto è pieno di acqua. Come accennavamo, Talete, oltrechè filosofo, fu anche grande matematico: calcolò l'altezza delle piramidi sfruttando l'ombra da esse proiettata ed elaborò il celebre teorema che porta il suo nome. Il teorema di Talete dice che un fascio di rette parallele determina su due trasversali insiemi di segmenti proporzionali. Talete muove dalla convinzione che l’arch, ovvero il principio da cui tutto deriva, sia l’acqua e – come poc’anzi notavamo - dalla convinzione secondo cui l’acqua sarebbe alla base di ogni realtà, fa addirittura conseguire la tesi – che a noi non può strappare un sorriso – secondo cui la Terra stessa galleggerebbe sull’acqua e si troverebbe pertanto in un equilibrio precario. Aristotele, con la curiosità filosofica che lo contraddistingue, prova anche a domandarsi come possa essere la concezione propria di Talete dell’acqua come causa materiale: pur in assenza di certezze (il che è testimoniato dal "forse" che Aristotele premette alla propria constatazione), non si può escludere che Talete sia addivenuto alle sue note conclusioni partendo dall’osservazione che l’umido sta alla base di ogni cosa - perfino del caldo – e che i semi stessi, da cui nasce la vita, sono anch’essi umidi. Da ciò ben si evince come Talete si basasse, nel proprio procedere filosofico, soprattutto sull’osservazione diretta dei fenomeni. Aristotele sembra anche suggerire, in certa misura, che Talete, nella formulazione delle proprie tesi, tenesse conto di quella tradizione mitica – cantata nei poemi di Omero e di Esiodo – in cui Oceano e Teti non erano che i progenitori del mondo: in questo senso, Talete avrebbe sostenuto la stessa tesi dei poeti, ma da essi si sarebbe differenziato per aver dismesso la veste teologica e mitica e per aver indossato quella ipercritica della filosofia. Fare di Talete un razionalista nell’accezione moderna – affermatasi da Cartesio in poi – sarebbe però sbagliato, anche perché su di lui influiscono concezioni animistiche che lo inducono a ritenere vivo il magnete – perché capace di muoversi in presenza del ferro – o ad affermare enigmaticamente che "tutto è pieno di dei" (frase facilmente convertibile in: "tutto è pieno d’acqua"). Anche se Aristotele trascura questo aspetto, noi possiamo tentare di spiegare l’importanza da Talete concordata all’acqua facendo riferimento alla particolare zona in cui egli è vissuto: Mileto era una città marinara, in cui l’acqua era di fondamentale importanza per i traffici e, dunque, per la sopravvivenza dei suoi cittadini. Una domanda destinata a restare senza risposta è se Talete abbia avuto discepoli e, in tal caso, se Anassimandro di Mileto rientrasse nella sua cerchia. Pare assai improbabile (anche se non escludibile) che ciò sia possibile, anche perché nel VII secolo a.C. non abbiamo testimonianze sull’esistenza del rapporto di discepolato; ciò non toglie, tuttavia, che Anassimandro abbia potuto frequentare Talete e prestare ascolto ai suoi insegnamenti.


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Aristotele (Metafisica, I) ci presenta proiettato in questa ricerca il presocratico Talete, il primo filosofo che la storia ricordi. Leggiamo dunque la sua preziosa testimonianza:

"La maggior parte di coloro che primi filosofarono pensarono che princípi di tutte le cose fossero solo quelli materiali. Infatti essi affermano che ciò di cui tutti gli esseri sono costituiti e ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo, è elemento ed è principio degli esseri, in quanto è una realtà che permane identica pur nel trasmutarsi delle sue affezioni. E, per questa ragione, essi credono che nulla si generi e che nulla si distrugga, dal momento che una tale realtà si conserva sempre. E come non diciamo che Socrate si genera in senso assoluto quando diviene bello o musico, né diciamo che perisce quando perde questi modi di essere, per il fatto che il sostrato – ossia Socrate stesso – continua ad esistere, cosí dobbiamo dire che non si corrompe, in senso assoluto, nessuna delle altre cose: infatti deve esserci qualche realtà naturale (o una sola o piú di una) dalla quale derivano tutte le altre cose, mentre essa continua ad esistere immutata. Tuttavia, questi filosofi non sono tutti d’accordo circa il numero e la specie di un tale principio. Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio è l’acqua (per questo afferma anche che la Terra galleggia sull’acqua), desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò da cui tutte le cose si generano è, appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida e l’acqua è il principio della natura delle cose umide". (Aristotele, Metafisica 983 b)
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dobbiamo decidere però di parlarne alla casa anche
21/10/2005 00:08
 
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su questo nn c'e' problema...per quanto riguarda la filosofia classica c'e' asero ke sa di tutto...e adesso grazie a lui anke io per ke ne so qualkosa e mi piace...
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decidete i giorni e le discussioni e avviatele...
22/10/2005 00:30
 
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Secondo me Talete diceva che l'arche' era l'acqua perche':L'acqua è una sorta di agglomerato di palline che può assumere diverse forme: gas, liquido e solido.
Se le palline se ne vanno ognuna per conto suo e si allontanano tra di loro abbiamo il gas.
Se se ne stanno a rotolare una addosso all'altra abbiamo il liquido.
Se le mettiamo ordinate, inchiodate una accanto all'altra abbiamo il solido.
[...] Per cambiare di stato l'acqua basta semplicemente cambiarne la temperatura.
Ovviamente cambia il peso a parità di volume.
Non annoiatevi che ho quasi finito.
Se una bottiglia la riempiamo di gas d'acqua (vapore) peserà poco.
Se la riempiamo di acqua solida (ghiaccio) peserà un po' di più.
Se la riempiamo di acqua liquida peserà un ancora un po' di più.
L'acqua pesa di più se è liquida.
Ora pochi sanno che l'acqua a 4° centigradi pesa più che a 3° o 5°. [SM=g27832]
4° Centigradi!Non 1°, o 99°, a 4° centigradi!!! [SM=g27811]
Questo permette ai pesci che vivono ai poli di stare sempre sotto al ghiaccio, ecco perchè il capitano findus guida una nave e non una motoslitta.
Chi ha inventato l'acqua, secondo me, è un essere supremo. [SM=g27811]

[Modificato da santiska 22/10/2005 0.34]

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IL NUOVO FILOSOFO
ANASSIMANDRO

Nel contesto dei presocratici e dei Milesi si colloca insieme a Talete anche Anassimandro, che nacque a Mileto nel 610 circa a.c. e morì intorno alla metà del sesto secolo: la tradizione vuole Anassimandro discepolo di Talete; dato che a quei tempi non c'erano le scuole, si doveva trattare di un vero e proprio rapporto di disdcepolato personale. Senz'altro Anassimandro ha preso qualcosa da Talete: egli infatti si cimenta nella ricerca di un solo principio e per di più che ha a che fare con l'acqua (sebbene non sia proprio acqua pura).Anassimandro scrisse un'opera in prosa (Sulla natura, Peri fusewV): la poesia cessa di essere l'unico veicolo o, comunque, il veicolo per eccellenza per trasmettere le conoscenze sull'universo e sugli uomini. Ciò non toglie, tuttavia, che lo stile prosastico da lui impiegato non concedesse ampi margini ad un linguaggio immaginifico e poetico, volto ad accattivarsi l’attenzione dei lettori. Di tutta la sua opera, però, possediamo un solo frammento, peraltro difficile da contestualizzare. Se ci basassimo solo su questo frammento, Anassimandro ci sembrerebbe interessato solamente di cosmogonia. Però tramite varie testimonianze ci è possibile comprendere che in realtà Anassimandro si interessava di parecchie cose e la sua opera doveva spaziare nei campi più vasti. A quei tempi il suo libro sarebbe senz'altro stato catalogato come di "storia" (dove la parola storia assume un significato differente da quello che comunemente le attribuiamo: tale parola è infatti riconducibile alla radice eid-, a sua volta riconducibile al verbo greco oraw , vedere ), ossia di descrizione del mondo: l'opera iniziava con una cosmogonia (da cui è tratto il frammento che ci è pervenuto) in cui Anassimandro cercava di dare una spiegazione all'origine dell'universo e poi proseguiva con una cosmologia, dove egli spiegava la struttura dell'universo. La sua opera non si limitava alla cosmologia e alla cosmogonia (che però senz'altro dovevano essere le parti più filosofiche), ma toccava anche altri argomenti. Ad Anassimandro viene tra l'altro attribuita la prima cartina geografica del mondo allora conosciuto e l'invenzione dell'orologio solare: in tal modo spazio e tempo diventano entità descrivibili e misurabili; l'universo e il tempo in cui si scandisce la sua vicenda possono uscire dalla dispersione e essere ricompresi in una prospettiva unitaria. Oltre alle questioni di ordine stilistico, la grande innovazione apportata da Anassimandro risiede nell’aver individuato l’arch non già in un qualcosa di materiale ed empiricamente constatabile (al pari dell’acqua di Talete), bensì una realtà soprasensibile, forse in base al ragionamento che l’arch non può essere una sola delle entità visibili, ma piuttosto un qualcosa da cui tutte scaturiscano. Per questa via, Anassimandro passa dal visibile all’invisibile. Tale arch invisibile è da lui ravvisato nell’apeiron, ovvero – letteralmente – in "ciò che non ha limiti" (a + peraV). Questo "illimitato" trova una sua collocazione fisica alla periferia di un universo sferico al cui centro è posizionata la Terra, dotata di forma cilindrica ed equidistante dalla periferia (essa è dunque in perfetto equilibrio nella sua immobilità, senza bisogno di alcun sostegno, nemmeno dell’acqua supposta da Talete). Dall’apeiron si generano in primis le "qualità contrarie" (caldo/freddo, secco/umido, ecc), ossia gli elementi, giacchè alla natura di ciascun elemento corrisponde una data qualità (così al fuoco corrisponde il caldo, all’acqua il freddo, ecc). In questo senso, allora, l’apeiron manca, oltre che di limiti, anche di qualità: proprio da questo sostrato aqualitativo nascono i quattro elementi costituenti la realtà. Non è un caso che, nell’universo, ogni cosa sia dotata di limiti precisi: dalla realtà illimitata (apeiron) nascono tutte le cose e ciascuna di esse diventa col nascere il limite di tutte le altre (tant’è che nel definirla non facciamo che distinguerla dalle altre. In realtà la parola apeiron è intraducibile a causa della sua polisemia e si preferisce non tradurla: in essa ci sono infatti troppi sottintesi e significati per cui scegliendone uno (che può benissimo essere corretto) se ne tagliano automaticamente fuori altri altrettanto corretti. I due significati principali della parola sono "infinito" e "indefinito", il primo con valenza quantitativa, il secondo con valenza qualitativa. Per Anassimandro, però, entrambe i significati erano allo stesso modo contenuti nel termine apeiron. Ora dobbiamo meglio spiegare perchè Anassimandro abbia scelto come principio proprio l'apeiron: il principio è quel qualcosa da cui deriva tutta la realtà, quel qualcosa dove tutta la realtà va a finire e quel qualcosa in cui tutta la realtà permane. Se il principio è quindi ciò da cui deriva tutto il resto, Anassimandro deve aver pensato che esso deve essere una fonte inesauribile di tutto, senza fine. Già Talete a suo modo aveva effettuato un ragionamento del genere: l'acqua era per lui il principio di tutto perchè non aveva caratteristiche e poteva di conseguenza assumerle tutte. L'introduzione dell'apeiron rappresenta un grandissimo passo verso l'astrazione: esso ancora più dell'acqua non ha caratteristiche; però per Anassimandro l'apeiron non è solo infinito, ma anche indeterminato (indefinito): egli è convinto che il principio non debba avere alcuna caratteristica e quale è la cosa che ha meno caratteristiche dell'infinito? Anassimandro quindi si distacca da Talete: l'acqua non è più il principio, ma è parte integrante dell'apeiron . Riportiamo ora il celebre frammento di Anassimandro : "principio delle cose che sono è l’illimitato… donde le cose che sono hanno la generazione, e là hanno anche il dissolvimento secondo la necessità. Infatti esse pagano l’una all’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo" . Mentre per Talete era implicito che la materia fosse dotata di movimento, per Anassimandro è esplicito: in realtà a parlarci di Anassimandro e a riportare il suo frammento è un filosofo minore di nome Simplicio: è difficile tradurre e capire che cosa egli intendesse dire. Sembra quasi volerci dire che Anassimandro sia stato il primo ad introdurre il fattore movimento, ma probabilmente Simplicio voleva soltanto dire che Anassimandro è stato il primo ad usare la parola "arkè" in senso filosofico, con la valenza di principio. In quell’unico frammento di Anassimandro conservatosi fino a noi il limite è descritto in termini di ubriV, ossia di violenza e di prevaricazione delle cose fra loro, una sorta di ingiustizia di cui le cose pagano il fio con la distruzione (al che provvede il processo del nascere e del perire): sulla scia di Talete, Anassimandro fa leva sul senso comune, spiegando l’ingiustizia cosmica attraverso le ingiustizie che patiamo quotidianamente. Anassimandro ha poi aperto prospettive molto moderne: il concetto di infinito per esempio ricorre spesso anche nella nostra società. Anassimandro arrivò a dire che il nostro universo è un qualcosa di infinito: a noi pare ovvio, ma si è per lungo tempo pensato che fosse finito: questa concezione di finitezza dell'universo si era radicato ai tempi dei Pitagorici, che avevano attribuito al termine "infinito" una connotazione fortemente negativa e confusionaria. Anassimandro diceva che il mondo era nato e che prima o poi sarebbe morto: Aristotele invece diceva che il mondo esistesse da sempre e che sarebbe sempre esistito. Per Anassimandro il nostro mondo non è il solo nell'universo: per lui l'intera realtà universale è cosparsa di mondi come il nostro. Egli concepiva l'universo come un oceano di apeiron con sparsi qua e là infiniti mondi come il nostro. Questi mondi erano per lui realtà definite e tra l'uno e l'altro c'era l'apeiron. Ma che cosa è che dà vita ai vari mondi, che fa sì che si stacchino dall'apeiron primordiale? Per Anassimandro è il movimento che consente la separazione dei mondi dall'apeiron. Probabilmente mentre effettuava questi ragionamenti aveva in mente i mulinelli dell'acqua: se sulla superficie ci sono corpi galleggianti (pagliuzze, rametti ...) a causa della densità si separano gli uni dagli altri. Così anche nell'apeiron ci potevano essere vortici in grado di separare i vari contrari. Infatti l'apeiron è tale proprio perchè tutto è mescolato e finisce per essere indistinto: infatti caldo-freddo, secco-umido etc. se mescolati sono indefiniti. E' il movimento che riesce a separarli. Ma non è un movimento qualunque: quello dell'apeiron infatti è un movimento capace di generare e di separare. Infatti di per sè nell'apeiron i contrari non esistono ancora: vengono successivamente generati dai vortici. Questa è la cosmogonia anassimandrea: esaminiamo ora la cosmologia, vale a dire l'assetto del mondo. Anassimandro non ci parla ancora di caldo e di freddo in modo astratto, ma li identifica nell'acqua e nel fuoco, ossia in sostanze concretamente esistenti. Egli ci fa notare che il rapporto tra i contrari è conflittuale: per lui al centro del mondo c'è l'acqua fredda, in periferia il fuoco caldo: essi tendono a scontrarsi costantemente. Il fuoco fa evaporare l'acqua marina con una duplice conseguenza: la formazione di sale e di vapore acqueo. Il sale sta a rappresentare la terra, il vapore acqueo l'aria. Va senz'altro notato che Anassimandro era particolarmente attento e sensibile alle questioni di evaporazione perchè a Mileto vi erano grandi paludi e doveva quindi essere un fenomeno molto diffuso. Quindi per lui al centro c'era l'acqua, in periferia il fuoco ed in una periferia ancora più periferica una corona in cui aria e fuoco si mescolavano. La luna ed il sole non sono nient'altro che "buchi" in cui è possibile scorgere questa corona di periferia. Senz'altro per la sua cosmologia Anassimandro deve aver preso spunto dal funzionamento della pentola a pressione. Il fuoco attacca l'acqua causandone l'evaporazione, ma essa si "vendica" attaccando la corona periferica e smantellandola. Questa sua strana idea del fuoco che agisce a discapito dell'acqua deve essergli derivata dal fatto che egli scorgeva spesso fossili marini a chilometri di distanza dal mare o addirittura sui colli: significava quindi che vi era un'evaporazione costante e che il fuoco "rosicchiava" sempre più terreno all'acqua facendola evaporare. Oltre a notare l'interesse di Anassimandro per gli aspetti comuni della vita, gli va senz'altro riconosciuto il merito di aver capito che cosa fossero i fossili (cosa che non aveva invece capito Aristotele) . Quindi per lui il nostro mondo sarebbe finito quando il fuoco sarebbe riuscito a far evaporare tutta l'acqua (che , come aveva notato Talete, è davvero fondamentale per la vita). Per Anassimandro un contrario non può vivere da solo, quindi la scomparsa dell'acqua decreterebbe anche quella del fuoco e del mondo intero. Il mondo, una volta finito, sarebbe ritornato nell'apeiron e lì ne sarebbe poi nato uno nuovo. Sempre a riguardo della cosmologia anassimandrea, va ricordato che egli non pensava che la terra fosse rotonda nè che fosse in movimento: la immaginava come il tamburo di una colonna. Per lui la terra sarebbe ferma semplicemente per il fatto che non avrebbe nessun motivo di muoversi: è al centro di tutto e quindi perchè mai dovrebbe spostarsi? Torniamo ora al frammento a noi giunto: l'espressione "secondo l'ordine del tempo" non si è sicuri che sia effettivamente anassimandrea. E' chiaro che quando dice "da dove hanno origine, hanno fine" allude all'apeiron: il mondo, una volta finito torna, nell’apeiron. Poi egli parla di "ingiustizia": essa consiste sia nel distacco dall'apeiron del mondo (che può essere visto come una sorta di peccato originale ) sia (soprattutto) nel conflitto che oppone un contrario all'altro. A riguardo dell'idea del peccato originale dobbiamo riallacciarci alla religione orfica, che vedeva la nascita dell'uomo come una colpa originaria: la vita sulla terra è sia l'effetto della colpa sia la punizione. Anassimandro estende questa concezione all'intero mondo: il distaccamento dall'apeiron è un peccato: i contrari stessi, opponendosi, commettono una sorta di peccato nei confronti dell'apeiron. E' interessante l'espressione "secondo necessità": dà l'idea che le cose avvengano secondo un ordine preciso e non casualmente. Comincia a subentrare un primo e rudimentale concetto di "legge naturale" con il "secondo necessità". Si può riscontrare nella visione del mondo di Anassimandro un forte pessimismo legato alla tradizione orfica . Anassimandro nel suo scritto, oltre a dedicarsi alla cosmologia e alla cosmogonia, si dedica anche alla biologia e alle prime forme di vita: egli - così ci dice una testimonianza di Aezio - sostiene che i primi viventi furono generati dall'umido (va senz'altro notato come Anassimandro sia influenzato da Talete e alle sue dottrine che vedevano l'acqua protagonista della realtà), avvolti in membrane spinose e che col passare del tempo approdarono all'asciutto e, spezzatasi la membrana, mutarono in fretta il genere di vita. Per lui dalla terra e dall'acqua riscaldate nacquero o dei pesci o comunque degli animali molto simili ai pesci; in questi concrebbero gli uomini ed i feti vi rimasero rinchiusi fino alla pubertà. Quando questi si spezzarono, allora finalmente ne uscirono uomini e donne che potevano già nutrirsi. Sembra quasi che in un certo senso anche per Anassimandro il vero principio sia l'acqua.

[Modificato da santiska 23/10/2005 14.20]

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24/10/2005 11:41
 
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Re: TALETE
E'molto interessante per me il fatto di riprendere questo tema. Ho vecchi ricordi anzi forse solo uno: il fatto di avere intrapreso al 3° anno questi primi personaggi tra cui però non ricordo davvero niente dal punto di vista di ciò che hanno detto. Mi fa quindi immenso piacere rileggere questo magnifico filosofo che è Talete.
E' bello e sarà ancora più interessante ricostruire una mappa storica della filosofia riscoprendo ad uno ad uno i pensieri di questi uomini.
Su Talete mi colpiva, sul discorso principale dell'acqua:


Scritto da: santiska 20/10/2005 16.39
Si può avanzare un'obiezione: l'acqua non è il principio di tutte le cose, ma solo degli esseri viventi. Va subito precisato che concetti che per noi sono distinti, ai tempi di Talete non lo erano: non avevano distinzione tra mondo vivente e mondo non vivente: noi l'abbiamo perchè siamo avvantaggiati da strumenti tecnici. In mancanza di strumenti scientifici, la prima cosa che viene spontaneo fare per capire quali esseri sono viventi è osservare il movimento, la capacità di muoversi (Platone stesso definirà la vita come qualcosa che si muove da sè). Se cogliamo nel movimento la distinzione tra vivo e non vivo (che è la distinzione più ovvia che ci sia), di conseguenza dovremmo attribuire a tutto il mondo, sebbene non nella stessa misura, la vita. Spieghiamo il perchè servendoci di un esempio: anche una penna, se lanciata, si muove. Dunque l'atteggiamento di Talete era di attribuire vita alla materia: si parla a tal proposito di "ilozoismo" (dal greco ulh, materia + zwa, animali)




E' un pensiero che sinceramente avevo dato sempre per scontato: il fatto cioè di saper distinguere essere viventi da esseri non viventi. Il movimento effettivamente non ci basta per distinguere la materia dagli esseri viventi. Bella intuizione anche se oggi, tutto ciò, sembra proprio scontato.

Volevo dire a Santi che il ragionamento con il capitan Findus ci sta a pennello. eheheh [SM=g27824]

[Modificato da stefano.20 24/10/2005 11.50]

°°°
Solo per il fatto di non poter smentire sarei, nella verità o nella non verità, un illuso incapace di riflettere
27/10/2005 11:14
 
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aspetto l'altro filosofo
dai che mi stavo appassionando [SM=g27836]
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27/10/2005 13:01
 
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quando arrivate a Cartesio mi fate un fischio!
cmq perchè non proporre degli incontri di Filosofia, cioè non dobbiamo (chiedo scusa mi sento parte della casa. chiedo il permesso: ste posso) invitare dei professori di Filosofia. ma siamo noi a tenere l'incontro su quello che ci piace e ci ha colpito di quel filosofo. questo però non si deve fare solo con la filosofia, ma con tutte le passioni. poiche nessuna e meno importante di altre.

°°°°
"La vita è breve, ma io vorrei vivere sempre".
Yukio Mishima
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27/10/2005 13:10
 
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Avevamo intenzione di fare una serie di incontri,ma non avevamo pensato all'idea di invitare qualche professore,comunque sarebe bello anche farlo fra di noi,ovviamente se c'è la figura di qualcuno più preparato è molto meglio,CMQ SERGIO...DEVI ESSERE PARTE DELLA CASA...non devi chiedere il permesso a nessuno...la casa è di tutti...e soprattutto di chi ha voglia di fare....
27/10/2005 13:18
 
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Re:

Scritto da: Ejzenstein 27/10/2005 13.10
Avevamo intenzione di fare una serie di incontri,ma non avevamo pensato all'idea di invitare qualche professore,comunque sarebe bello anche farlo fra di noi,ovviamente se c'è la figura di qualcuno più preparato è molto meglio,CMQ SERGIO...DEVI ESSERE PARTE DELLA CASA...non devi chiedere il permesso a nessuno...la casa è di tutti...e soprattutto di chi ha voglia di fare....



quoto in pieno le parole di gianluca. sono perfettamente daccordo con lui. non c'è bisogno di chidere alcun permesso
Per tornare al discorso secondo me ha ragione sergio nel chiamare alcuni professori. credetemi sono molto coinvolgenti e certi trasmettono a pieno la loro passione. Nei 3 giorni che sono stato a Siracusa una lezione in particolare di Filosofia mi ha colpito particolarmente. Non parlava di nessun personaggio in particolare però l'incontro è stato interessantissimo e ricco di consigli (secondo me ) nell'affrontare al meglio il nostro presente.

fatemi sapere che ne pensate

P.S.Sergio tu hai gli appunti del professore proveniente da Bari? Era il primo incontro
°°°
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27/10/2005 14:12
 
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scusatemi il ritardo...sto cercando qualkosa di bello su Anassimandro,stasera lo mettero'
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"forse l'unica cose ke rimane da fare è vergognarsi d'esistere..."(copiata da gianina)

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e bene che sappiate che ogni cosa che dico (sopratutto tra parentesi) la dico per scherzare. quanto agli incontri di filosofia non ho detto invitiamo un professore di filosofia (che sono una razza in estinzione). ho detto che una cosa cosi deve partire da noi, semplicemente, evidenziando una cosa che ci ha colpito, un interesse una passione. solo cosi si può far cultura, altrimenti è la tomba.
Caro Ste gli appunti di Esposito li devo chiedere ad Alessio, cmq appena li avrò tra le mani li metterò nel forum
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27/10/2005 19:56
 
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scusa [SM=g27816]
avevo letto male
non escludevo il fatto che nasce da una nostra passione però anche l'intervento di alcuni professori potrebbe essere fondamentale. Cmq sia sono daccordo nel farlo e nel migliore dei modi e nel modo in cui pensiamo e pensate di realizzarlo
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Solo per il fatto di non poter smentire sarei, nella verità o nella non verità, un illuso incapace di riflettere
27/10/2005 19:58
 
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grazie per gli appunti
sono curioso di leggere i concetti che ne sono usciti fuori e
che davano una grande carica!
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27/10/2005 21:34
 
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[SM=g27813] il filosofo.....?
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27/10/2005 23:44
 
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Casaiolo MARITATU
scusate il ritardo ma non sono stato a casa e non ho avuto modo di scrivere il prossimo filosofo,giuro che domani dopo pranzo avremo finalmente il nostro amato nuovo filosofo...scusate
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ANASSIMENE

Generalmente Anassimene viene collocato, insieme a Talete e ad Anassimandro, nel contesto dei "milesi", vale a dire i filosofi della città di Mileto, nella Ionia Minore: egli visse poco dopo il VI secolo a.C. Con Anassimene, la filosofia in terra di Ionia compie un passo indietro: anch’egli autore di un’opera in prosa intitolata Sulla natura (Peri fusewV), abbandona l’indagine "astratta" intrapresa da Anassimandro e torna alla ricerca di un unico principio materiale, che egli individua non già nell’acqua, bensì nell’aria. Quanto anche la sua sia una filosofia del senso comune lo si può facilmente arguire dall’importanza rivestita dall’aria per la nostra vita, in particolare per la respirazione: secondo Anassimene, l’aria opera a livello cosmico come a livello umano, cosicché essa dà origine e tiene in vita tanto gli uomini quanto l’universo nel suo insieme. Per spiegare il processo di derivazione degli elementi (terra, acqua, fuoco) dall’aria, egli fa riferimento a due processi contrari: la rarefazione e la condensazione. L’acqua riscaldata, infatti, si trasforma in aria, e così via. In questa maniera, le trasformazioni del mondo vengono spiegate come trasformazioni dell’aria, giacchè tutte le cose costituenti l’universo non sono che aria in un diverso grado di densità. Come i suoi due colleghi , anche Anassimene individua un unico principio dal quale sarebbe derivato tutto il resto. Mentre Talete scelse l'acqua e Anassimandro l’apeiron, Anassimene afferma che tutto deriva dall'aria. Si possono avanzare ipotesi sul motivo di questa scelta: in fondo l'aria si identifica un po’ con quel cielo che era la sede degli dei e quindi non pare una scelta insensata. Di per certo sappiamo che Anassimene affermò che l'aria è il principio di tutto in quanto è principio della vita: bisogna tenere in considerazione che il termine greco che indica la vita (l'anima) è yuch, che in origine significava proprio "soffio vitale". Comunque Anassimene viene solitamente trattato a piccoli cenni ed è sempre stato considerato inferiore rispetto agli altri due milesi: Talete fu l'iniziatore della ricerca del principio, Anassimandro fece un grande passo avanti introducendo il concetto di astrazione e Anassimene, se ponderiamo accuratamente la situazione, ha fatto un passo indietro e non ha introdotto nulla di nuovo: è rimasto legato ad un elemento concreto quale è l'aria. Tuttavia ultimamente è stato rivalutato per diverse ragioni: tra le tante, una merita di essere ricordata: in epoche successive a quelle dei Milesi, Diogene di Apollonia penserà di riprendere la filosofia milesia e tra i tre autori scelse proprio di esaminare Anassimene, da cui mutuò l’aria come principio cosmico. Ci deve dunque essere un motivo se un uomo colto come Diogene scelse proprio Anassimene . La risposta è che evidentemente Anassimene dei tre era il più coerente e classico per i successori. Anassimene non si limitò a dire che l'aria era il principio di tutto, ma si sforzò e cercò di spiegare il processo (a differenza di Talete): per lui il processo tramite il quale l'aria si trasforma in tutte le altre cose è quello della rarefazione e della condensazione. Come Talete aveva dimostrato la presenza della vita negli esseri non viventi mediante l'esempio del magnete che attira il ferro e che quindi è vivo, così Anassimene partì da un esempio particolare per poi estendere le sue tesi all'intera realtà . Egli si servì dell'esempio della respirazione. Notò che a seconda dell'apertura della bocca l'aria usciva diversamente: a bocca larga usciva calda, mentre a bocca stretta usciva fredda. Così estese il processo all'intera realtà sostenendo che freddo e caldo fossero il risultato di un fatto quantitativo. L'aria a seconda che sia più condensata o rarefatta implica il freddo e il caldo. Il caldo e il freddo sono quindi il risultato di processi quantitativi: sono quindi qualità derivanti da una quantità diversa d'aria. Al di là di un certo livello di condensazione si ha l'acqua, e al di là di un certo livello di rarefazione si ha il fuoco. L'aria attraverso passaggi quantitativi può quindi trasformarsi in tutto. Era il più coerente dei Milesi perché Talete non spiegava chiaramente come l'acqua potesse trasformarsi in tutto, mentre Anassimandro nell'ambito delle ricerche naturali dei milesi era uscito un po’ fuori tema introducendo il concetto di apeiron; Anassimene sarà anche stato un po’ monotono (non solo nelle tematiche, ma pure nello stile), ma è comunque stato coerente e ha sempre motivato coerentemente le sue affermazioni. Va poi detto che fu il primo ad ipotizzare che la qualità derivasse dalla quantità, tematica poi ripresa dai Pitagorici.
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