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DISMISSIONE DELLA BASE DELLA MADDALENA

Ultimo Aggiornamento: 08/06/2007 18:04
23/11/2005 20:47
 
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Il presidente della regione Sardegna Soru: «Notizia meravigliosa» «Via i sommergibili Usa dalla Maddalena» L'annuncio del ministro della difesa Martino dopo l'incontro con il suo omologo Rumsfeld


I sommergibili della base sull'isola di Santo Stafano, nell'arcipelago della Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti. L'operazione, concordata nel corso del'incontro fra il ministro della difesa Martino e il suo omologo Usa Rumsfeld, «si inserisce nel quadro di ridislocazione delle Forze USA in Europa e conferma che le notizie relative al potenziamento della presenza di sommergibili nucleari USA alla Maddalena e di un ampliamento della Base erano prive di fondamento e che non è prevista alcuna cessione di parte o di tutto l'Arsenale alla US Navy.

A Rumsfeld - riferisce la nota della difesa - il Ministro Martino ha espresso la propria condivisione e l'apprezzamento per la decisione presa, evidenziandone la coincidenza alle istanze regionali, e ha anche voluto esprimere tutta la riconoscenza italiana agli Stati Uniti per l'importante presidio di sicurezza che la Base ha rappresentato per oltre un trentennio e per il grande contributo che la sua presenza ha fornito allo stesso sviluppo ed alla crescita economico-sociale dell'area».
LA GIOIA DI SORU «È una notizia meravigliosa». Così il presidente della Regione Soru commenta l'accordo tra Martino e Rumsfeld per il trasferimento dei sottomarini. Una volta che il trasferimento fosse operativo, ha aggiunto, «si farebbero salti di gioia».

Fonte:Corriere.it
23/11/2005 20:49
 
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L'isola sarda ospita dal 1972 i sommergibili nucleari statunitensi
e da sempre è al centro delle contestazioni di autonomisti e ambientalisti

Martino: "Sarà trasferita fuori d'Italia
la base Usa della Maddalena"

La decisione è stata concordata tra Roma e il Pentagono

Soddisfazione del governatore Soru: "E' una cosa fantastica"



I sommergibili nucleari americani della base di Santo Stefano, La Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale, "secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti". Lo ha concordato il ministro della Difesa Antonio Martino nell'incontro con il suo collega Usa Donald Rumsfeld.

L'operazione, spiega il ministero, "si inserisce nel quadro di ridislocazione delle forze Usa in Europa e conferma che le notizie relative al potenziamento della presenza di sommergibili nucleari Usa alla Maddalena e di un ampliamento della Base erano prive di fondamento e che non è prevista alcuna cessione di parte o di tutto l'Arsenale alla Us Navy".

A Rumsfeld, Martino ha espresso la propria condivisione e l'apprezzamento per la decisione presa, evidenziandone la coincidenza alle istanze regionali e ha anche voluto esprimere "tutta la riconoscenza italiana agli Stati Uniti per l'importante presidio di sicurezza che la Base ha rappresentato per oltre un trentennio e per il grande contributo che la sua presenza ha fornito allo stesso sviluppo ed alla crescita economico-sociale dell'area".

Riconoscenza che senz'altro non è condivisa dai movimenti autonomisti, ambientalisti e pacifisti che da anni si battono per la chiusura della base militare, ritenuta tra le altre colpevole di un grave inquinamento radioattivo. Nell'isola di Santo Stefano sono ancorati infatti i sommergibili a propulsione nucleare impiegati dalla marina Usa in entrambe le guerra del Golfo.

La presenza statunitense alla Maddalena risale al 1972, quando il governo Andreotti e l'amministrazione statunitense siglarono un patto segreto che rendeva esecutivo un altro accordo del 1954, ugualmente top secret. Intese di cui gli oppositori dell'insediamento contestano la legittimità, non essendo mai stati ratificati dal Parlamento, come previsto invece dall'articolo 80 della Costituzione per tutti i trattati internazionali "di natura politica" o che comportano "variazioni del territorio".

La base, composta da due strutture, una della Nato ed
una dichiaratamente Statunitense (un distaccamento del Navy Support Activity costituito da 18 mila metri cubi di edifici e da una nave appoggio per l'assistenza ai sottomarini nucleari) gode di fatto - caso unico in Italia - di un regime di extraterritorialità ed extragiurisdizionalità.

Non a caso l'annuncio di Martino è stato accolto con entusiasmo dal presidente della regione Sardegna Renato Soru. "E' una cosa fantastica - ha commentato - è la più bella notizia degli ultimi tempi".

Fonte:Repubblica.it
27/11/2005 14:42
 
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Santo Stefano è già sotto assedio La prima offerta è di Sviluppo Italia



Smentendo la proverbiale lentezza degli enti di Stato, Sviluppo Italia ha già presentato a Renato Soru un’offerta per gestire la riqualificazione dell’area di Santo Stefano lasciata libera dagli americani. L’Agenzia del Tesoro, che ha tra i soci Pirelli e Fiat, avrebbe già un piano.
Sul tavolo del governatore è dunque arrivata la prima proposta per ridisegnare La Maddalena dopo l’addio dei militari statunitensi, che lasceranno l’arcipelago entro il 2006. Un record di velocità. Protagonista un’agenzia controllata dallo Stato. La notizia, data ieri dal Sole 24 Ore, trova conferme in Regione.
L’offerta è di Italia Turismo, una società controllata con il 51 per cento da Sviluppo Italia, a sua volta posseduta dal ministero del Tesoro. Il restante 49 per cento di Italia Turismo, invece, è nelle mani di alcuni big del salotto buono dell’industria e della finanza. C’è Ifil, la cassaforte del gruppo Fiat che, in campo turistico, possiede Alpitour, una società che ha avuto la gestione dell’hotel Abi d’Oru di Sergio Zuncheddu. C’è Pirelli Real Estate, di Tronchetti Provera, che ha in corso operazioni a Golfo Aranci e, forse, nel Sulcis e che è nell’azionariato di Capitalia, che a sua volta possiede ora il 50 per cento della Costa Smeralda. C’è, infine, anche Banca Intesa.
Un società che, ha spiegato l’amministratore delegato Sergio Iasi, punta decisamente sul sud e sulla Sardegna. Dopo alcuni interventi a Stintino e Arbus, ora Italia Turismo guarda all’affare della Maddalena: «Lo smantellamento della base militare nell’arcipelago è una grande occasione per la Sardegna e un banco di prova importante per il rilancio dei grandi progetti turistici per l’intero Paese - ha detto l’ad al giornale di Confindustria -. E’ decisivo dare oggi segnali positivi ai mercati e rimettere in moto gli investimenti, la Sardegna ha bisogno di accelerare sul fronte dell’industria turistica».
A Soru, naturalmente, è giunta solo una candidatura alla gestione della Maddalena: per il business plan ci vorrà molto tempo. Non è specificato neppure se Italia Turismo ha tra i suoi obbiettivi la riconversione dell’Arsenale militare. La struttura, ha spiegato Soru, passerà dall’Agenzia Industrie e Difesa alla Regione. Che, forse, sarà chiamata a decidere a chi affidare il piano di ristrutturazione. Finora sono due le domande arrivate a Roma, al ministero della Difesa. Una è dell’Aga Khan, che l’ha affidata allo Yacht Club Costa Smeralda. L’altra è di un Geie, un gruppo economico di intervento europeo, un speciale consorzio previsto dalla normativa europea per lo sviluppo transfrontaliero.
Una curiosità. Nel giugno del 2003, la Regione, giunta di Pili, aveva affidato a Italia Navigando, del gruppo Sviluppo Italia, la gestione di alcuni importanti porti turistici. Ma la giunta di Soru, nel settembre del 2004, aveva rescisso il contratto. Ora Sviluppo Italia torna alla carica.



Nuvoli annuncia le iniziative parlamentari e il progetto a breve scadenza
«Presto dismetteremo tutte le servitù»


«La dismissione della base americana della Maddalena è un fatto molto positivo che dev’essere accompagnato da un’adeguata politica di riconversione turistica che consolidi il tessuto economico dell’isola, senza farle perdere neanche un posto di lavoro, in sintonia con le attese della comunità maddalenina da me sempre sostenute». Nell’annunciare una serie di iniziative parlamentari, compresa una sua visita nell’arcipelago, il vicepresidente della Commissione Difesa della Camera Giampaoli Nuvoli (foto) si preoccupa del futuro della popolazione maddalenina. «Mi pare giusto - prosegue Nuvoli - sottolineare la proficua convergenza tra Renato Soru che, per la prima volta nella storia della Regione, ha posto seriamente e decisamente il problema, e il governo nazionale.
Entro la prossima settimana, inoltre, Nuvoli presenterà una proposta di legge «sulla dismissione di tutte le servitù militari dell’isola entro 2 anni».



L’OPINIONE
Il segno del cambiamento nei rapporti Stato-Regione


Perché, quasi all’improvviso, gli americani se ne vanno dalla Maddalena? Dopo il primo entusiasmo, la domanda merita un ragionamento e una risposta.
C’è un primo motivo, naturalmente, ed è che la Regione sarda ha finalmente saputo trovare i tempi, i modi e le parole adatte per ottenere il risultato che da decenni si prefiggeva. I tempi innanzitutto, che coincidono col cambiamento radicale nei rapporti tra Stati e regioni periferiche, solo sino a ieri condannate inesorabilmente alla subalternità e oggi invece sempre più soggetti autonomi nella nuova rete delle istituzioni europee. I modi, poi, cioè la capacità della Regione di proporre la questione delle servitù militari in modo realistico, nell’ambito di un riequilibrio nazionale dei pesi che ne derivano alla Sardegna.
Infine, ed è tutt’altro che irrilevante, le parole usate, perché era molto facile cadere nella tentazione di politicizzare lo scontro ripetendo il motivo tradizionale dell’ “a mare gli americani”, mentre invece qui si è stati attenti ad insistere su temi politicamente neutri e bipartisan come la sicurezza dei cittadini e il danno derivante dai vincoli militari; e si è persino avuta l’accortezza politica di tendere la mano agli americani, cacciati come militari ma invitati a tornare nella veste di turisti “amici”. A questo primo motivo se ne è aggiunto un altro: una volta tanto il governo di Roma, forse anche temendo contraccolpi elettorali, non ha remato contro. Persino l’inaccessibile ministro Martino sembra abbia lavorato alla causa comune. C’è stata un’attività diplomatica non palese ma tempestiva ed efficace. Si è fatta, se non proprio squadra, almeno alleanza tattica.
C’è infine un terzo motivo del successo, ed è stato probabilmente decisivo: gli americani hanno tenuto in questa occasione un atteggiamento del tutto diverso da quello, arroccato e sprezzante, sempre assunto nel passato. Se si rileggono anzi con attenzione le cronache degli ultimi mesi, comprese certe mezze frasi di qualche superesperto del Pentagono, ci si rende facilmente conto di come la decisione di smobilitare fosse in qualche modo nell’aria, o per lo meno fosse già stata inserita tra le opzioni possibili. Hanno contato, in questo senso, più che i buoni rapporti con l’Italia a guida berlusconiana, i grandi mutamenti in corso dello scenario strategico internazionale: la caduta definitiva dei fronti fissi della guerra fredda, le nuove esigenze di mobilità imposte dalla sfida al terrorismo e agli “Stati canaglia”, forse anche un’evoluzione degli armamenti (qualcuno ha scritto, anche se non so con quanta ragione, che i sommergibili nucleari starebbero diventando un’arma obsoleta). A Washington si sarà fatta - c’è da presumere - l’analisi dei costi/benefici: si sarà considerata l’estrema vulnerabilità di una base situata al centro di una delle aree a più alto insediamento turistico del Mediterraneo, indifesa o quasi davanti ad un attacco kamikaze; si saranno anche vagliati i rischi potenziali di un sempre possibile incidente nucleare. E si sarà valutata, non ultimo elemento, la determinazione della Regione a non mollare questa volta la presa. E’ difficile stabilire quale dei tre motivi sia risultato determinante. Probabilmente ognuno avrà influito sugli altri. Certo però derivano dalla vicenda della Maddalena due buoni insegnamenti dei quali bisognerà far tesoro. Il primo è che un potere anche “minore” come certamente (per peso prima di tutto economico e poi anche politico-elettorale) è quello della Regione sarda, se ben indirizzato, se orientato verso obiettivi chiari e comprensibili e soprattutto se determinato nel sostenere le sue buone ragioni, può ottenere molto, anzi moltissimo. Nel nuovo quadro della globalizzazione anche i vecchi equilibri stanno infatti cambiando: giocando d’anticipo, sfruttando il peso delle opinioni pubbliche e muovendosi al tempo stesso secondo una logica sanamente negoziale, si può oggi ottenere quello che la contrapposizione per blocchi del passato, tutta rinchiusa nel faccia a faccia a senso unico Stato-Regione, non consentiva di raggiungere. Il secondo insegnamento è che, sgombrata La Maddalena, si può e si deve andare oltre. Si apre ora il braccio di ferro decisivo delle servitù militari. Auguriamoci che la Regione sappia affrontarlo con la stessa intelligenza tattica. E che il Governo italiano, questa volta controparte, sappia applicare anche a sé stesso la lezione della Maddalena.


La proposta di Dadea: «Puntiamo soltanto al turismo di qualità»


Tutta la giunta regionale alla Maddalena. Così è stato deciso, e non solo per le pressioni del centrosinistra locale, legittimamente preoccupato del futuro dell’arcipelago. Renato Soru guiderà i 12 assessori nella visita alla comunità maddalenina, durante la quale il sindaco Angelo Comiti esporrà le tante preoccupazioni legate alla riconversione dello scoglio, come gli abitanti chiamano affettuosamente la loro città. Visita guidata, dunque, ma ieri non è stata ancora fissata dalla data del confronto.
L’ipotesi di mercoledì diventa poco probabile per una serie di ragioni. Intanto, almeno nella mattina del 30 novembre prosegue la seduta del consiglio regionale, chiamato a discutere di trasporto pubblico locale e a votare su alcune nomine. Il secondo motivo è che l’indomani è in programma, a Roma, la manifestazione sulle entrate e molti partiranno nel pomeriggio per raggiungere la Capitale. A questo punto, è molto probabile che la riunione si tenga alla fine della settimana (venerdì 2 o sabato 3), o al massimo nei primissioni giorni di quella successiva.
«L’importante è farla in fretta - suggerisce il capogruppo diessino Pierfranco Zanchetta -, come abbiamo chiesto al nostro segretario regionale nell’ultima assemblea sulle entrate di Tramatza, prima della notizia del trasferimento della base americana». Che La Maddalena abbia bisogno di sostegno è indiscutibile, e l’assessore Massimo Dadea, nominato “ambasciatore” dell’isola all’interno dell’esecutivo regionale durante la sua recente visita nell’arcipelago, è un convinto assertore di questa tesi. «Appena venti giorni fa, quando ancora sembrava lontana la possibilità che gli americani potessero lasciare la base di Santo Stefano - dice Dadea - ho incontrato l’amministrazione della Maddalena. Un incontro cordiale e schietto dove sindaco, consiglieri comunali e provinciali, semplici cittadini posero all’attenzione della giunta regionale la “questione” La Maddalena. La questione cioè delicata e complessa del difficile passaggio dalla monocoltura della presenza militare ad un modello di sviluppo alternativo. In quella occasione fui insignito scherzosamente del titolo di “ambasciatore” della Maddalena presso il governo regionale e presi l’impegno di sostenere le giuste rivendicazioni dei maddalenini». A giudizio di Dadea «quell’incontro si è rivelato di buon auspicio e quel titolo di “ambasciatore” si è caricato di nuove e pesanti responsabilità. Oggi la questione La Maddalena” è diventata per tutti di stringente attualità. Eppure l’annuncio che gli americani lasceranno dopo 33 anni l’isola di Santo Stefano ha determinato sentimenti e stati d’animo ambivalenti: da un lato la gioia di quanti, in questi anni, hanno male sopportato il carico di una presenza militare ingombrante, e dall’altra l’incertezza e la precarietà di chi vede venir meno una fonte di reddito sicura. Sarebbe profondamente sbagliato - prosegue Dadea - se in questo delicato momento di transizione da una economia imperniata sulla presenza dei militari a una fondata sullo sviluppo di un turismo sostenibile, i maddalenini, e l’amministrazione comunale, si sentissero soli, se percepissero di vivere questo delicato momento in solitudine. Se non sentissero tutto il calore e la presenza delle istituzioni, dell’intera comunità regionale. Ma soprattutto se non toccassero con mano il sostegno fattivo, concreto del governo regionale, del presidente Soru che tanta parte ha avuto nel perseguire con tenacia e determinazione l’agognato sgombero della base USA». L’assessore poi aggiunge: Il comune della della Maddalena, a differenza di quanto è avvenuto in altre parti della Sardegna, ha avuto in tutti questi anni il grande merito di essere riuscita a preservare sostanzialmente intatto lo straordinario patrimonio ambientale del suo arcipelago. Bisogna allora creare le condizioni perché, nel pieno rispetto dell’ambiente, si possa dare vita a un “polo turistico di alta qualità”, per costruire, attraverso un sapiente ed oculato utilizzo del Parco nazionale, dell’Arsenale riconvertito ad un uso di prestigio e del cospicuo patrimonio immobiliare lasciato libero dagli americani, una alternativa economica concreta».
Anche il numero dell’Udeur nazionale Antonio Satta, dà un apporto al dibattito sulla “rinascita” della Maddalena.
«Sono stato uno dei primi - dichiara - a sostenere l’esigenza di lavorare per un progetto di sviluppo economico per La Maddalena. Oggi ritengo sia nostro dovere puntare a un polo alternativo che garantisca benesssere e occupazione a quella comunità».

28/11/2005 19:06
 
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Corsa a riconvertire gli stabili che erano in affitto agli Usa



L'arsenale alla Regione, ha detto Martino. Una realtà di inestimabile valore che il presidente Soru dovrà affidare nelle mani di un un imprenditore forte e abile. Potrebbe essere l'Aga Khan, visto che il suo peogetto contiene una serie di servizi, tra cui l'università e il centro diagnostico.



Ma potrebbe anche essere Sviluppo Italia, società partecipata dal ministero del Tesoro e da alcuni gruppi industriali italiani (Fiat e Pirelli), interessata ad investire alla Maddalena.
Ma non ci sono delle istituzioni nel ridisegno economico dell'isola. Anche i privati hanno un ruolo. Ci sono persone, ai più sconosciute, che si ritroveranno con un vero e proprio patrimonio da riconvertire per contribuire al rilancio turistico.
C'è una famiglia in particolare, che verrà coinvolta nel progetto di sviluppo. E' quella di Pinuccio Farina Bordini, ex insegnante di filosofia, che nel 1972 firmò il contratto con il Governo americano per affittare quello che è poi diventato il comando a terra, in via Principe Amedeo. Venti mila metri quadrati di area, di cui 5000 edificati. Una zona vasta, centrale, a due passi dal mare, per accaparrarsi la quale, i grandi investitori si metteranno in fila.
Quell'area, dunque, è privata. Li non c'è nessuna istituzione di mezzo. Venne acquistata alla fine dell'ottocento dalle famiglie Mordini e Vasino, arrivate alla Maddalena nell'epoca dell'istituzione della Base Navale e dell'Arsenale. L'ultimo imprenditore era stato Giacomo Mordini, ma dopo la sua morte (1972), l'azienda chiuse i battenti. Dopo una serie di passaggi all'interno della famiglia, quei 20 ettari andarono dunque a Teresa Lotti, nipote di Giacomo Mordini, sposata con Pinuccio Farina.
"Ma già prima della morte dello zio di mia moglie - continua l'ex insegnante - i contatti con il Governo americano erano stati presi e il primo anno di affitto venne pagato nel 1973. Venne stipulato un contratto di 5 anni (la cifra pattuita era di 36 milioni annui), poi si decise per un rinnovo ogni 12 mesi per altri 14 anni. Che sono diventati 33". La cifra è ovviamente cambiata, con il tempo, ma sembra che si tratti di una somma di poco al di sotto dei 500 mila euro l'anno "sui quali - precisa il professore - paghiamo le tasse. E tutto ciò avviene quì, non come nel caso di società che hanno investito da noi però mantenendo fari dalla Sardegna la sede fiscale".
Quando gli americani hanno preso possesso del complesso di via Principe Amedeo, ribattezzato da loro "Compound Mordini", non hanno costruito nulla. Hanno migliorato l'esistente - ricorda Pinuccio Farina - è stato messo in sesto l'edificio, sono stati fatti i nuovi impianti e sistemati i tetti, bitumate le strade sterrate. E lì, nella sede di via Principe Amedeo, la più grossa struttura data in affitto agli americani, sono stati sistemati uffici e magazzini".
E adesso anche per quel comando c'è l'esigenza di una riconversione. "Ero preparato a questa evenienza. Stiamo già valutando le varie soluzioni. Per le aree sarà necessario un piano coordinato: lì si potranno fare residenze (50 per cento) e servizi (altro 50 per cento)". E' contenta la famiglia Farina Bordini. "La Maddalena è l'unico centro che non è decollato dal punto di vista turistico, ma sarebbe stato meglio se si fosse arrivati alla riconversione già da tempo. Vorrei comunque fare i complimenti al governatore Soru che si è saputo muovere, Marino ha concluso un grande accordo. Indubbiamente qualche contraccolpo ci sarà. Non si deve quindi perdere tempo e tutte le scelte dovranno essere concretizzate immediatamente".
Vicino alla base a terra degli Usa, C'è un'altra costruzione data in affitto agli americani sempre 33 ani fa da un'altra famiglia maddalenina. "Anche noi stipulammo un contratto governativo, nonostante lo scopo non fosse militare - dice Bepi Gaspa - nel nostro stabile venne creato un laboratorio di ceramica, che esiste ancora, dove gli americani si incontrano. Una struttura di assistenza insomma, per le famiglie di civili e militari". Ma al contrario di Farina Bordini, la famiglia Gaspa è preoccupata. "Non siamo all'altezza dell'alternativa e sono convinto che due economie avrebbero potuto convivere. Davanti alla salute credo che tutti la pensino allo stesso modo: mio padre è morto di cancro, ma non per i sommergibili a propulsione nucleare. E invece spesso legandoli a questa presenza, si è parlato di tumori in aumento. Se avessi avuto il minimo dubbio avrei lasciato La Maddalena. C'è anche un'altro aspetto da considerare: gli americani sarebbero anche stati disponibili a eliminare le situazioni ambientali indecenti (abbiamo numerose discariche abusive) ma non gli è stato permesso. Da 33 anni io vivo grazie agli americani e come tanta altra gente. C'è un ufficio alloggi, tanto per fare un esempio, che si occupa di trovare le case agli abitanti a stelle e strisce. E anche qui il personale è tutto maddalenino. Concludo: il turismo per La Maddalena, è l'ultima ipotesi. Qui manca tutto e bisogna pensare a un'economia che giri a pieno ritmo sempre, non solo in estate".

02/12/2005 21:27
 
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"Meglio il nucleare che fare la fame"

La rabbia dei dipendenti della Base Usa per il rischio di disoccupazione


Quasi quattrocento persone hanno partecipato alle manifestazioni di protesta organizzata dai dipendenti italiani della Base Americana di Santo Stefano. Che hanno incassato la solidarietà di tutti.

"Chiuso per solidarietà con i futuri disoccupati dell'isola", recita un manifesto apposto nelle vetrine dei negozi del centro. In realtà solo pochissimi hanno chiuso per davvero. Ma non importa. Il giorno della rabbia è andato in scena lo stesso, con la sala consiliare, i corridoi, e l'andito del municipio affollatissimi. Non c'erano soltanto i dipendenti della base Us Navy in odore di licenziamento e quelli delle imprese che lavorano con gli americani, anch'essi preoccupati per la loro sorte. Ieri mattina c'erano tanti altri che volevano approfittare dell'occasione per avere una minuscola razione di gloria e qualche applauso, magari a spese di chi sta vivendo un momento drammatico.

"Avrei preferito il pericolo nucleare alla fame " urla un uomo sulla cinquantina. Poche parole, quasi uno slogan, che spiega molto bene l'incubo in cui è finita una parte rilevante dei maddalenini. I numeri non sono confutabili: 177 persone a busta paga Usa, poco meno gli addetti nelle aziende che si occupano della manutenzione degli impianti a Santo Stefano. Senza dimenticare il resto cioè gestori di bar e ristoranti, tassisti, proprietari di case e commercianti.

Il sindaco §Angelo Comiti, che qualcuno cerca di mettere sotto accusa, non si fa intimidire.

"Io non vi prometto nulla - esordisce subito, per eliminare ogni dubbio - giusto il mio massimo impegno perché quello che chiediamo è un atto dovuto. Il Governo un aiuto ce lo deve, abbiamo dato molto e per tanti anni alle cosiddette esigenze della difesa nazionale e internazionale, adesso è il momento di avere qualcosa indietro. Ma anche noi, soprattutto noi, dovremo fare la nostra parte, e non piangerci addosso". Il problema è il tempo. La decisione del Governo statunitense è stata repentina e, se è vero che la base sarà smantellata nel giro di un anno, non sarà facile trovare una soluzione". Marco Terrazzoni della Uil-Tucs, sembra avere le idee chiare. Spetta a Lui, attento a non cadere nella trappola della demagogia e del populismo dove sono finiti in troppi, a illustrare quattro punti, quattro su cui impostare la lotta. "Vogliamo - dice - che il piano di dismissione venga diluito in un tempo congruo. Che lo stato finanzi la riconversione delle strutture militari esistenti a La Maddalena. La proroga per tutto il 2005 della vecchia legge 98/91 (permetteva l'inserimento dei dipendenti italiani in basi militari straniere nella pubblica amministrazione). Garanzie per l'occupazione dei lavoratori delle ditte esterne". E' la bozza di un documento che sarà inviato in Regione e alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Ci sono volute quattro ore di dibattito e qualche accesissimo scontro verbale (a un certo punto si è sfiorata anche la rissa) per chiudere una mattinata di tensione. Smorzata dallo sesso Terrazzoni e dai toni del Sindaco. Che non ha risparmiato nessuno: "Chi ha pensato di riempire il suo forzierino in tutti questi anni, e mi riferisco agli imprenditori, che tirino fuori i soldi e l'investano qui. Anche questa è una forma di solidarietà". Applausi convinti da tutti, pur nell'incertezza.



La voce di chi ha paura del futuro

Il Sindaco Comiti: non è possibile fermare l'orologio della storia"

Quattro ore di discussione vivace, qualche volta aspra, ma in alcuni casi anche serena e propositiva. Le oltre trecento persone che ieri hanno partecipato all'assemblea convocata dai dipendenti della Us Navy hanno alla fine concordato un documento in quattro punti da presentare al Governo, ai vertici della Regione e alla Provincia per cercare di evitare il "collasso dell'isola". Il documento è passato per alzata di mano all'unanimità.

Il primo punto della mini-piattaforma e che il piano di dismissione della base sia diluito nel tempo (dieci anni), per permettere una riconversione dell'economia e, allo stesso tempo, presentare una piattaforma rivendicativa. Ci sono poi la richiesta di finanziamenti speciali per creare le premesse di una riconversione di una riconversione delle strutture e la proroga della legge 98 per i lavoratori assunti nel 2005. E infine, la richiesta di acellerazione del processo di riconversione per garantire occupazione anche a coloro che restano fuori dalla legge speciale.

E' stata un'assemblea intensa, con interventi di lavoratori, politici, cittadini, molti gli applausi, ma anche fischi.

L'assemblea era cominciata nel migliore dei modi, con toni pacati e distesi da parte di tutti, anche se in qualche passaggio il sindaco è stato attaccato, quando ha detto che "ce li hanno mandati e ora chi ha deciso di mandarli via deve farsi carico delle conseguenze che ne derivano. La comunità isolana deve essere risoluta. Nello stesso tempo il Governo deve aiutarci ad acellerare il processo di riconversione in termini di risorse finanziarie, competenze e di legge".

Dal canto suo Marco Terrazzoni della Uil (che ha organizzato l'assemblea) ha detto che, sono mancati i rappresentanti del Governo, della Regione e della Provincia, la causa è dovuta al fatto che le richieste sarebbero dovute partire meglio dall'amministrazione o dal sindaco per avere l'ufficialità più completa.

Il sindaco angioletto Comiti ha cercato di far capire a tutti che il suo ruolo non è quello di far promesse, ma di raccogliere più informazioni possibili per poi intervenire. Poi, con saggezza, , ha sottolineato che "non è possibile fermare le lancette dell'orologio della storia. L'allontanamento dei sommergibili a propulsione nucleare fornisce una grandissima opportunità a tutti i maddalenini, perché si rimette in moto un meccanismo di crescita economica". Comiti ha anche annunciato che oggi saranno a La Maddalena, l'addetto militare dell'ambasciata Usa in Italia, al quale chiederà informazioni sui tempi e i modi della Dismissione della Base Usa. Ha poi comunicato di aver inviato un telegramma all'ingegner Giuseppe Tomarchio, amministratore delegato della "Gemmo Impianti", l'impresa di Assugno Vicenza che gestisce l'apparato di forniture e servizi tecnici nella base americana. Comiti ha richiesto se corrisponde a verità la notizia del mancato rinnovo del contratto di ben otto maddalenini, e quale reali versioni possano aver determinato tale decisione".

I lavoratori della base hanno raccontato il loro timore di perdere i posti di lavoro e le loro incertezze per il futuro. Chi è stato molto schietto è stato Pinuccio Farina, il comproprietario dell'edificio dove è ospita la Nsa. Farina ha detto "di non poter sputare nel piatto dove per 33 anni ha mangiato" dicendo però di diffidare di quelli che cercano il facile applauso". "Sappiate - ha detto - che le prospettive future della Maddalena non sono più con i militari, siano essi italiani o americani. Ecco perché bisogna chiedersi che cosa dobbiamo fare. Intanto non piangerci addosso. Poi si deve marciare su due bina: nell'immediato, difendere posti di lavoro minacciati e sentirci tutti patriottici nel difendere le buste paga".

"In futuro - ha continuato - però si deve pensare ad un'economia diversa per quest'isola anche perché ci sono, sia le idee che le prospettive per le quali bisogna credere"




Il presidente Soru incontra due diplomatici americani

Primo contatto tra il presidente della Regione Renato Soru e due funzionari dell'ambasciata Usa a Roma dopo l'annuncio del prossimo smantellamento della base Us Navy di appoggio per sottomarini a propulsione nucleare di Santo Stefano. L'incontro era stato programmato prima della notizia del prossimo ritiro dei militari Usa dalla base sarda, ma è servito per una prima presa di contatto in vista dell'avvio del processo di smobilizzo delle strutture della Us Navy.

I due funzionari hanno confermato al presidente Soru i termini generali della decisione del Pentagono annunciata dal ministro Martino, dopo il recente incontro a Washington con il suo collega Rumsfield.

I due emissari dell'ambasciatore Ronald. P. Spogli hanno anche ribadito la massima trasparenza per tutte le fa si delle operazioni e la volontà degli Stati Uniti di continuare a mantenere rapporti di collaborazione con la Sardegna e con la comunità della Maddalena.

In questa ottica è stata anche prospettata la posibilità di soggiorni negli Stati Uniti di cittadini o amministratori dell'Arcipelago interessati, per esempio ai modelli del Parco e di soluzioni di tutela ambientale adottati negli Stati Uniti.

Il presidente Soru ha ringraziato i rappresentanti diplomatici e ha confermato la stima e amicizia che hanno segnato in questi anni i rapporti dei militari statunitensi con la comunità sarda e maddalenina in particolare.

La missione dei due diplomatici statunitensi sembra sia quella di preparare la visita ufficiale dell'ambasciatore Ronald . Spogli in Sardegna. Dopo aver incontrato in serata il prefetto di Sassari i due oggi saranno a La Maddalena.



Intervista a Renato Soru

«Asili, scuole e parchi al posto della base»

Parola d'ordine: sgomberare. I militari se ne vanno, smantellano la base e portano via anche i sommergibili a propulsione nucleare finiti al centro di numerose polemiche e proteste. Lo yankee go home ha l’effetto di restituire aree, strutture e terre, con tanto di specchi di mare attualmente off limits, agli abitanti, ai pescatori e al popolo di turisti che ogni anno invade l’isola parco. Il Pentagono ha deciso: di fronte ad «una nuova serie di minacce» la base de La Maddalena non serve più. «La scelta di lasciare la base - è scritto in una nota del Pentagono - è un risultato del riallineamento della impostazione della difesa degli Stati Uniti su scala globale». L’intesa firmata prevede la chiusura della base e il totale smantellamento e inoltre il trasferimento di uomini, strutture e apparati, compresi i sommergibili a propulsione nucleare in un altro paese dell’Unione Europea. Un esodo sollecitato da tempo dai rappresentanti del centrosinistra e dal governatore della Sardegna. Fu proprio Renato Soru ad invitare gli americani a «fare le valigie in amicizia e senza rancore» per restituire «le terre alla Sardegna».


Gli americani fanno le valigie. È più soddisfatto o più stupito per questa vittoria?
«Non ci si deve mai disperare davanti a una cosa che va male ed esaltare davanti a un’altra che va bene. È un risultato atteso che arriva un po’ prima di quanto pensassi. E, come tutte le conquiste, ci mette davanti alle nostre responsabilità».

La firma dell’accordo ha come conseguenza, oltre allo sgombero dei sommergibili, la chiusura delle basi e il trasferimento. Che cosa succederà a La Maddalena, un’isola dove buona parte dell’economia è stata sostenuta proprio dalla presenza dei militari, tanto italiani quanto americani?
«La Maddalena ha davanti a sé un’opportunità e anche una responsabilità. La Regione starà accanto alla popolazione».

In che modo?
«In primo luogo cercando di far passare tempestivamente al demanio regionale i beni dismessi. Lo chiederò al ministro Martino. A lui chiederò anche i tempi tecnici di tutta questa operazione».

La chiusura delle strutture militari lascerà senza lavoro anche centinaia di persone attualmente impegnate nell’arsenale militare e nella base Usa, si parla di non meno di 250 persone.
«A loro deve essere garantito il lavoro e un impiego dignitoso, sia ai civili sia ai militari e naturalmente ai numerosi abitanti».

Una volta liberate come saranno sfruttate e utilizzate le aree e le strutture?
«Non bisogna dimenticare l’aspetto turistico di questo territorio. Poi assieme al Comune e alla Provincia della Gallura cercheremo di studiare soluzioni migliori senza dimenticare la necessità di asili e scuole per i residenti».

Intanto però la base militare sta crescendo...
«Nessun problema: anche le nuove opere passeranno al Comune e saranno comunque utilizzate per creare nuove opportunità di lavoro anche per le future generazioni».


03/12/2005 18:23
 
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Progetti, idee e finanziamenti per ridisegnare l’arcipelago
Maratona del governatore e della giunta regionale nell’isola dopo l’addio della Us Navy



. Il senso di una giornata intensa e infinita è nella battuta affilata che Soru dedica ai sindacalisti e ai lavoratori, che avevano detto le loro paure e i loro timori per un futuro orfano dello Zio Sam e chiedevano speranza e prospettive.
«Il cambiamento, ogni cambiamento - dice il presidente - fa paura. Quando si nasce, per esempio, si piange, ma è meglio nascere e vivere la vita. Perché la vita vale la pena viverla». E per far capire che le sue non sono parole vuote o proclami porta alla Maddalena la giunta regionale al completo. Segnale politico fortissimo, questo. Come dire: non è una mia promessa, ma è l’impegno di tutta la Regione.
Non basta. Perché Soru porta anche il disegno di un percorso ben definito per arrivare alla riconversione dell’economia con le stellette dell’arcipelago e porta perfino una robusta dote di risorse: 45 milioni di euro. E’ la benzina che serve per avviare il motore di un cambiamento radicale. Carne e sangue per un progetto di trasformazione economica, ma anche culturale.
La lunga giornata comincia tra applausi e fischi, sintesi di un clima nel quale si incontrano e si condensano paure e speranze. Centinaia di persone attendono Soru in Comune. Poi, comincia subito la maratona con le delegazioni della Provincia e del Comune, guidate da Pietrina Murrighile e Angelo Comiti. Il confronto comincia alle 10,30 e si protrae fino alle 15. Emerge qui una strategia che si muove su due tempi e due livelli. Prima di tutto, tamponare l’emergenza-lavoro e mettere in moto processi di risanamento ambientale e urbanistico; poi, l’attivazione di meccanismi finalizzati a traghettare l’arcipelago verso il suo destino naturale. Cioé quello di diventare uno straordinario laboratorio nel quale si agglutinano la difesa dell’ambiente e lo sviluppo di un turismo di altissima qualità.
Dopo il “vertice blindato”, l’incontro con i sindacati e con i lavoratori che si sentono in pericolo dopo l’annuncio di Rumsfeld di voler salpare le ancore della Us Navy dalla Maddalena. Soru vuole subito mettere una cosa in chiaro: lo sforzo straordinario della Regione non è finalizzato solo a salvare i circa 320 lavoratori a rischio, ma anche a dare una prospettiva ai duemila disoccupati dell’isola, drammatica conseguenza anche della lenta e silenziosa ritirata della Marina italiana. Ed ecco l’immaginifica sintesi del governatore: «La Maddalena ai primi del Novecento era conosciuta come la piccola Parigi, centro e cuore di tutta la Gallura. Questo mentre Olbia era ridotta a un paese senza ruolo. Poi, le cose sono cambiate: mentre La Maddalena restava ferma, all’ombra delle sue piccole sicurezze date dai militari, la Gallura si è messa a correre, a crescere, mostrando un eccezionale dinamismo nell’interpretare il turismo. Ora è saltato il tappo e l’arcipelago può cominciare a sognare il destino che merita».
Per quanto riguarda i dipendenti civili della Us Navy, l’impegno è quello di “rianimare” la legge 98 del 1971 che consentirà un loro passaggio alla pubblica amministrazione. Una partita alla quale lo Stato non può certo sottrarsi. Per quanto riguarda i lavoratori dell’indotto, c’è pronta una serie di iniziative per riconvertirli.
In questo quadro il parco gioca ovviamente un ruolo fondamentale. Ma per Soru deve essere cancellata l’anomalia che vede un sindaco e un presidente che governano nello stesso territorio. La soluzione del governatore è semplice: «Si devono cambiare le regole: il sindaco deve essere anche presidente del Parco».
Le prime risorse per mettere in moto la riconversione, arriveranno con l’alleggerimento dal bilancio del Comune delle spese idriche che passeranno ad “Abbanoa”. Non poco, visto che si parla del 25% del bilancio. Con una linea diretta con la giunta, poi si attiveranno cantieri per rimettere a posto scuole, infrastrutture e sanità e si procederà subito alla riqualificazione ambientale. Anche dai rifiuti e dal loro riciclo c’è un progetto per creare impresa e occupazione.
Sfogliando il programma, ecco un altro milione di euro (riprogrammabile) per un’iniziativa mutuata dall’esperienza di Barcellona: il ridisegno della città con la formula “Maddalena si fa bella”. E ancora: soldi per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Garibaldi, per valorizzare la casa di Caprera dell’Eroe dei due Mondi, offrire l’isola come set attraverso la “Film Commission”, cinque milioni di euro per l’edilizia sociale e automatico recupero delle vecchie batterie che saranno ristrutturate.
Ma il cuore intorno al quale ruota tutto è l’Arsenale. Il ministro Martino ha fatto capire molto chiaramente a Soru che rispetterà l’articolo 14 dello statuto speciale sardo. Per questo motivo, la struttura passerà alla Regione che favorirà la nascita di un polo cantieristico navale di altissima qualità. «Avrà l’Arsenale - dice Soru - chi presenterà il progetto più funzionale allo sviluppo che abbiamo pensato e non quello economicamente più conveniente».
Sono poi pronti altri 15 milioni di euro per il piano integrato di sviluppo. Soru fa capire che gli investitori non mancano: «Anzi, c’è un eccesso di domanda».
Alla fine, il tutto viene condensato in un’intesa istituzionale firmata a tarda sera tra Regione, Provincia e Comune. Un’indiscrezione: La Maddalena avrà una sua specificità anche nel nuovo piano territoriale paesistico.
Tra i commenti, da registrare quello dell’ex sindaco dc Pasqualino Serra che ha sempre avuto un rapporto difficile con i militari americani: «Viviamo in un campo di grano con spighe grosse e pesanti. Ci occorre solo la trebbia per raccogliere tutta questa ricchezza». E poi la soddisfazione del consigliere provinciale Pierfranco Zanchetta: «Sta cominciando una nuova stagione grazie al sostegno della Regione. E il governo deve essere impegnato nel risarcimento a quest’isola che tanto ha dato allo Stato. Il primo passo è il salvataggio dei posti di lavoro a rischio, il secondo avere gli strumenti per trasformare La Maddalena in un modello che non ha eguali nel Mediterraneo».
Le critiche arrivano da Cagliari, dal capogruppo azzurro in consiglio regionale Giorgio La Spisa: «L’intervento di Soru e della giunta regionale alla Maddalena è una semplice distribuzione di ansiolitici alla popolazione. La riconversione produttiva che si renderà necessaria con l’uscita di scena dei militari richiede strategie di investimenti, tempi di realizzazione e risorse finanziarie ben più consistenti rispetto a quelle di cui si è parlato». Intanto, da Roma, il sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu rilancia: «Ora la Regione dovrà fare la sua parte per la riconversione economica dell’arcipelago».
Soru le sue carte le ha messe sul tavolo. E per confermare che non si tratta di carte truccate dice: «Tra qualche giorno saremo di nuovo qui».




Prima i fischi poi gli applausi
Il governatore è riuscito a rasserenare i maddalenini
«Non abbiate paura, vogliamo far rinascere quest’isola bellissima»


Si è conclusa in tarda serata la lunga giornata della visita del presidente Soru e della giunta regionale alla Maddalena. Una giornata terminata con l’assemblea popolare durata oltre un’ora e mezzo. Il momento conclusivo è stato quello che ha permesso a Soru di parlare per la prima volta ai maddalenini, dopo che era toccato a lui stesso annunciare l’abbandono da parte della marina militare Usa della base di Santo Stefano, all’uscita da un incontro col ministro Martino. Le contestazioni di un gruppo di lavoratori italiani della base Usa che al suo arrivo si erano confuse con gli applausi, si sono poi trasformate nel corso della giornata in un dialogo molto fitto e costruttivo tra i tre esecutivi: quello regionale, comunale e provinciale. Ma c’è stato anche un approfondito confronto tra la giunta regionale e le delegazioni dei rappresentanti civili della base americana, le organizzazioni sindacali e quelle produttive, quella con i gli ex sindaci prima di una partecipata assemblea popolare.
Nonostante le molte cautele che lo stesso presidente Soru ha riconosciuto come legittime, il governatore ha rassicurato e incoraggiato la gente parlando di ottimismo, continuando a ripetere la metafora del «campo di grano dentro il quale non si può morire di fame». E paragonando l’arcipelago di La Maddalena ad un immenso patrimonio naturalistico ambientale. Durante l’assemblea, interrotta da molti applausi, il presidente Soru ha riepilogato i termini delle questioni approntate nel corso della giornata. E’ stato lo stesso Soru ad indicare la loro entità in 15 milioni di euro, 10 milioni nel bilancio del regionale e cinque prelevati dal CIPE. La cifra più consistente riguarderà un investimento nell’edilizia economica popolare, operazione che permetterà di liberare gli edifici e le aree attorno all’arsenale ed in alcuni casi nelle batterie militari.
A rasserenare gli animi, sono stati gli appelli che il presidente Soru ha lanciato non solo ai dipendenti italiani all’interno della base, ma anche a quei 2000 disoccupati dell’isola che attendono un posto di lavoro. «Non abbiate paura, vi saremo vicini per far rinascere questa meravigliosa isola che merita tutta la nostra attenzione, quella della provincia e del governo. Per i 300 lavoratori della base e dell’indotto c’è la sicurezza che il lavoro può arrivare, finalmente, più facilmente che da una attività militare che faceva da tappo e da muro di sbarramento, da un’altra attività di sviluppo, come gli altri paesi limitrofi o città della costa circostante hanno dimostrato. Ora ci sarà la possibilità di dare lavoro a quelli che potrebbero perderlo, ma anche a chi un lavoro non l’ha mai avuto».




Un’intesa istituzionale tra Regione, Provincia e Comune
Ecco la sintesi dei dieci punti sui quali si fonda l’inizio del processo di riconversione



1. L’area dell’Arsenale, che ha perso le sue originarie funzioni, è parte integrante del sistema urbano e che come tale deve essere utilizzata.
2. Dimissioni di Soru da presidente della Comunità del Parco a favore del sindaco. E’ indispensabile andare oltre l’attuale legislazione e far sì che la comunità della Maddalena sia messa nelle condizioni di governare, d’intesa con la Regione e la Provincia, il proprio territorio.
3. Impegno della Regione ad attivare un processo di sviluppo economico integrato, ecosostenibile e alternativo alla monocultura militare, che si fondi sull’incremento del turismo di qualità.
4. Sviluppo delle strutture sanitarie nell’isola. Sarà costituita una Rsa, per la quale ci sono già finanziamenti e progetti.
5. L’onere della gestione del sistema idrico comunale sarà assunto dalla società Abbanoa entro il 28 febbraio.
6. Finanziamento delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi e disponibilità per un milione e 200 mila euro per la riqualificazione del territorio comunale.
7. Per l’edilizia residenziale a carattere sociale è destinata una quota di risorse non inferiore a 5 milioni di euro. I proventi dalla dismissione dell’Arsenale saranno totalmente impiegati per l’edilizia popolare.
8. Tavolo tecnico per affrontare la particolare situazione di Caprera.
9. La peculiare condizione della Maddalena sarà riconosciuta nella programmazione urbanistica, favorendo la crescita del settore turistico e la creazione di strutture alberghiere diffuse nel centro cittadino.
10. Quindici milioni di euro da utilizzare nel finanziamento di specifici progetti di sviluppo.



“Nessuno è mai pronto per i cambiamenti”


Oggi La Maddalena è nella condizione del contadino della vecchia favola russa che addormentato subì l’intrusione attraverso la bocca aperta di un serpente che gli occupò il ventre, costringendolo con violenza a vivere secondo le sue pesanti esigenze. Dopo un po’ di tempo, che sembrò al povero malcapitato un’eternità, come era all’improvviso entrato il serpente altrettanto improvvisamente strisciò fuori dal corpo del contadino. Inizialmente l’uomo fu preso da una grande gioia per la liberazione, ma ben presto si rese conto di non sapere che cosa fare. Nel periodo del dominio assoluto del serpente egli si era ormai abituato a sottomettere la sua volontà alla volontà di quello, aveva perso la capacità di desiderare, di tendere a qualcosa, di agire autonomamente. Con la fuoriuscita del serpente si sentì svuotato, e invece della libertà gli sembrava di aver trovato il vuoto. Fino a quando non riprogettò autonomamente la propria vita.
L’apologo, col suo esplicito insegnamento, dice ai maddalenini che con il serpente non c’era l’autonomia di utilizzare le proprie risorse interne, date dalla nostra indole estroversa e flessibile, e le risorse esterne delle meraviglie che il buon Dio ci ha affidato e dell’orgoglio di goderle e farle godere. I maddalenini, come il contadino, devono adesso trovare le energie per superare il momento di sbandamento iniziale e darsi le ragioni per vivere il futuro con un progetto rinnovato. La crisi maddalenina ha però connotazioni di particolare gravità, perché nel tempo ha dovuto subire anche contemporaneamente ben due serpenti, anche se il secondo più pericoloso del primo. Il serpente della marina militare italiana ha posseduto totalmente l’Arcipelago, dandogli per i primi 50 anni l’illusione di una soluzione progressiva ed eterna e successivamente il perverso senso del diritto acquisito all’assistenza. Il serpente nucleare della Us Navy ha convissuto nel possesso e poi, con il progressivo abbandono del primo, ha acquisito quote sempre più alte del corpo maddalenino, riproponendo l’illusione dell’eternità ritenuta dovuta.
C’è un segno di profonda disperazione nelle parole di chi non crede nella risorsa turistica. All’isola si giustifica questa disperazione con la consapevolezza innocente che scrive sui muri: neppure sappiamo dove stia di casa il turismo?. Lo sanno invece i palaesi, i teresini, gli arzachenesi e gli olbiesi con il loro reddito pro-capite più elevato della Sardegna.
Ma la cantieristica il maddalenino la conosce, è stata gran parte della sua storia militare. La sua cultura del lavoro è impregnata dei tempi, delle parole e dei gesti del lavoro del cantiere navale. Si tratta di riconvertire la finalità militare in quella del diportismo. Non a caso il cinico sindaco di Olbia non vorrebbe l’isola libera della servitù militare e capace di esprimere la propria potenzialità nel settore nautico e turistico. Con La Maddalena libera la sua leadership sarebbe una splendida realtà per tutta la regione. A questo punto la più subdola delle tentazioni sarebbe quella di questuare un inottenibile rinvio a tempi di incerta maggiore preparazione, combinata con la lamentazione secondo cui non c’è nulla di pronto. La nostra storia ha dimostrato che non si è mai pronti a mollare l’esistente e che non ci può essere nulla di pronto fin tanto che vige la totalizzante monocultura militare, incapace per definizione di condividere gli stessi spazi fisici con altra realtà.
Quel pochissimo di significativa infrastrutturazione turistica esistente nell’Arcipelago è stata predisposta prima dell’insediamento statunitense e in piena fase assistenzialistica della Marina italiana. Non è senza significato, d’altro lato, che la sola notizia dell’allontanamento della base nucleare ha sollecitato prestigiose proposte di intervento. Il rispetto delle preoccupazioni dei lavoratori che traggono il loro reddito dal servizio nella base statunitense non può giustificare l’inerzia sull’attivazione delle azioni che danno futuro di nuovo sviluppo a tutta l’isola. La preoccupazione per il lavoro che viene a mancare deve, d’altra parte, caricare di responsabilità le istituzioni per la predisposizione di soluzioni di legge, esistenti o da creare ex novo, a tutela piena dei lavoratori. Perdere un lavoro non può significare perdere il lavoro.


05/12/2005 21:21
 
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Regione: 15 mln di euro per La Maddalena


La Giunta Regionale ha pronto un piano di sviluppo integrato per salvaguardare il lavoro nell'Isola di La Maddalena dopo la dipartita degli Americani che dovrebbero lasciare la base di Santo Stefano entro 12 mesi. Sarebbero già stanziati 15 milioni di euro a cui si vanno ad aggiungere ulteriori finanziamenti che dovrebbero derivare da un accordo Stato- Regione sulle zone smilitarizzate. Intanto Soru è pronto a lasciare la Presidenza del Parco dell'Arcipelago al Sindaco di La Maddalena, Angelo Comiti.

15 milioni di euro per sostenere lo sviluppo di La Maddalena all'indomani dello smantellamento della Base Usa di Santo Stefano e che potrebbero garantire un lavoro futuro agli attuali 2.000 disoccupati maddalenini. E' la proposta che il Presidente della Regione, Renato Soru, ha portato all'attenzione dei cittadini dell'Isola, ma soprattutto al Consiglio Comunale e alla Provincia della Gallura, dopo un'intera giornata di discussione sul futuro, soprattutto economico, per gli abitanti del luogo, molti dei quali lavorano a stretto contatto con i militari Americani. L'intenzione della Regione è qualla di investire sul turismo di qualità che tenga conto degli aspetti naturalistici dell'arcipelago della Maddalena.

Secondo il Presidente Soru nessuno perderà il proprio posto di lavoro. Oltre ai 10 milioni di euro
stanziati dalla Regione ed i cinque del Cipe, altri fondi verranno stanziati nell'ambito dei provvedimenti a favore delle zone smilitarizzate i cui dettagli verranno stabiliti a gennaio 2006 in un incontro col ministro della Difesa, Antonio Martino. Per quanto riguarda altre possibilità di sviluppo, Soru ha prospettato di realizzare nell'arcipelago un polo sanitario di eccellenza ha chiarito la necessità di verificare tutte le questioni legate alla gestione del parco, In questo senso il presidente della Regione Soru si è detto disponibile a cedere al sindaco maddalenino Angelo Comiti la stessa Presidenza del Parco.

La giornata non era iniziata nei migliori dei modi. Dopo il grande successo della manifestazione di Roma, il Presidente della Regione e la Giunta hanno dovuto incassare i fischi della popolazione di La Maddalena accorsa in massa nel municipio di piazza Garibaldi per la riunione tra la Giunta regionale, il presidente della Provincia di Olbia-Tempio, Pietrina Murrighile, il sindaco Angelo Comiti e il consiglio comunale. Nei giorni scorsi la tensione era salita alle stelle dopo che si era diffusa la notizia che la Base Usa per sommergibili nucleari sarebbe stata smantellata in tempi molto più brevi di quelli sperati dagli stessi maddalenini, 400 dei quali operano all'interno dell'installazione americana. Proprio alcuni dipendenti civili della base hanno chiesto al Presidente Soru, in uno schietto faccia a faccia, il mantenimento dei livelli occupazionali e il rispetto della
dignità dei lavoratori.

07/12/2005 19:24
 
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Santo Stefano. Gli americani hanno fatto riaprire il cantiere

La Maddalena, al via i lavori per l'ampliamento della base

Le dichiarazioni di Rumsfeld non bloccano il progetto di ristrutturazione
per 52mila metri cubi. Va avanti anche la costruzione di 400 appartamenti


¦ Se è vero che c’è un
accordo tra il ministro della
Difesa americana Donald
Rumsfeld e il collega italiano
Antonio Martino, che prevede
di smantellare la base americana
di Santo Stefano, è pur
sotto gli occhi di tutti che,
nell’isola, i lavori di ristrutturazione
e forse anche di ampliamento
sono tutt’altro che
interrotti, anzi proseguono a
pieno ritmo. Quindi sembrerebbe
proprio che il Milcon p -
995, il piano di migliorie infrastrutturali
a Santo Stefano
sia in atto. Ristrutturare per
chi e per quale motivo? Tirar su
appartamenti a La Maddalena
per militari americani. Perché?
E per chi? Dubbi e interrogativi
anche perché a breve non ci
saranno più i sommergibili a
propulsione nucleare e la base
dovrà essere smantellata.
Ora tutto è nelle mani dei
governi di Italia e Usa. Anche
perché, stando a quando ha
detto il delegato dell’ambasciatore
americano in Italia, Ronald
P. Spogli al sindaco di La
Maddalena Angelo Comiti sarà
un negoziato a stabilire tempi e
modi che saranno poi comun
i c at i .
MA C’È ANCHE DA DIRE che
finora non è stato comunicato
nulla ai vertici militari americani
della base sul possibile
smantellamento. La decisone
per ora è solo politica. Bocche
cucite (e non potrebbe essere
duversamente) dai responsabili
della Pizzarotti di Parma,
che ha un cantiere anche a La
Maddalena, incaricata di portare
avanti i lavori di ristrutturazione
e ottimizzazione di
circa 52 mila metri cubi di
fabbricati nell'isola di Santo
Stefano, compresa la costruzione
di più di 400 appartamenti
nella zona di Mongiardino
a La Maddalena, sempre
per militari Us. Si sa solo che il
contratto che lega questa impresa
agli americani, prevedeva
che i lavori di Santo Stefano
siano portati a termine entro il
gennaio del 2007.
Tanti gli interrogativi senza
risposta. Come, ad esempio,
per quale motivo si continua a
mettere su cemento, a costruire
le fondamenta, a trasportare
materiale da costruzione nell’isola,
se gli americani devono
andare via. Una delle spiegazioni
potrebbe anche essere
quella che proviene da fonti
non ufficiali, secondo cui sarebbe
più conveniente per la
marina militare americana pagare
i lavori in corso, secondo
cifre già preventivate nell’ordine
di svariate centinaia di
milioni di euro, piuttosto che
interrompere un grosso contratto
e farsi carico della penale
per non aver rispettato gli accordi.
Ma la verità è che, della base
dei misteri, ancora non si sa
nulla. E intanto i lavori per
ampliare e ristrutturare la base
vanno avanti. ¦
Bocche cucitedai
responsabili dell'azienda
che ha vinto l'appalto
Il sindaco incontra
i delegati americani
07/12/2005 19:32
 
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LETTERA
II solito vecchio scontro sulle servitù militari

Profondo Friuli, anni sessanta. Gli abitanti di un paesino sul Cellina-Meduna convivono con un battaglione di bersaglieri. Cinema, bar, pizzeria, alimentari e affittuari di case, non chè qualche ragazza, apprezzano i vantaggi della presenza militare e ne accettano di buon grado i condizionamenti.
Tutto fila liscio finchè una voce “politica” comincia a tuonare contro le servitù militari. Un giornale locale fa da cassa di risonanza. La maggioranza silenziosa, come sempre, tace. Le cose vanno avanti finchè lo stato maggiore dell’esercito, stanco degli articoli di stampa, decide di anticipare il trasferimento del battaglione in un'altra caserma, peraltro non ancora ultimata, sulla riva destra del Tagliamento, una ventina di chilometri più a est.
Apriti cielo! Tuona una seconda voce politica (antagonista alla prima), con tanto di mobilitazione popolare e di interpellanza parlamentare: come mai quel trasferimento? Il provvedimento deve essere revocato o almeno rinviato. I bersaglieri devono fare marcia indietro e tornare dov’erano.
Ma è troppo tardi. Gestori di cinema, bar eccetera mugugnano, mentre le ragazze volgono sguardo e cuore altrove.
Campagne contro le servita militari e interpellanze della serie «aridatece i militari» si ripetono, identiche, in altre parti d'Italia. Questi ricordi giovanili mi sono tornati alla mente nel leggere la «notizia meravigliosa» che riguarda La Maddalena: finalmente gli americani se ne vanno. Il tripudio è grande. Ma allora perché questo stillicidio di mugugni mai sentiti prima? Duecento famiglie senza stipendio? Embé! Che ci vuole a realizzare tutto ciò che non è stato possibile fare finora per colpa di quella stramaledetta base. E perché si vorrebbe che lo sgombero fosse rinviato, quando, si sa se per mettere su una base ci vuole del tempo, in quattro e quattr'otto la si può sgomberare.
È curioso che mai come in questi giorni sia capitato di sentire gente comune che commenta la «notizia meravigliosa» con osservazioni del tipo: «Ma perché cacciare i nostri alleati se da decenni Asl e università vanno ripetendo che lì di inquinamento radioattivo non c'è traccia?».
Un po' come a Perdasdefogu: per anni si è cercato, ma senza trovarlo, l'uranio impoverito. In compenso si è trovato l'arsenico delle miniere di Baccu Locci, ma... chi se ne frega dell'arsenico. Si voleva l'uranio.
A questo punto intensificherò la mia azione fiancheggiatrice a favore di «Gettiamo le basi», di Gavine Sale (a proposito, dov'è? Perché non va a festeggiare a La Maddalena?) e di quanti si battono perché anche i poligoni di Teulada, Predasdefogu e Capo Frasca vengano chiusi. Nell'ambiente militare vado ripetendo da tempo che lo Stato Maggiore dovrebbe decidersi ad abbandonare Capo Teulada, nonostante i costi sostenuti negli anni Cinquanta per acquistare il comprensorio (a prezzi, si badi bene, sensibilmente più alti di quelli di mercato, e col consenso dei proprietari).
Perché continuare a gettare al vento i soldi spesi per portare i reparti in poligono e poi andarsene, per le protese a mare dei pescatori, senza aver fatto un'esercitazione a fuoco? Perché non incrementare l'utilizzo dei poligoni rumeni, giordani ecc.? Vero è che la rinuncia ai poligoni sardi, oltre a risparmiare un sacco di fastidi, comporterebbe la chiusura o la ridislocazione della Brigata Sassari (il continente trabocca di caserme vuote); in compenso la programmazione addestrativa non sarebbe condizionata da continui ricatti, dai quattro mesi di «fermo turistico» e dal clima di endemica litigiosità.
Solo cosi finalmente si consentirebbe al governo regionale di realizzare, sui circa cinquanta chilometri ci costa dei citati poligoni, i progetti che risolleverebbero l'economia locale. Resta la curiosità di capire perché, fino ad oggi, qualcuno di quei progetti non sia stato realizzato nei restanti duemila chilometri di costa isolana. L'importante è che, dopo questa prima notizia meravigliosa, si proceda rapidamente, perché la Sardegna non può continuare ad essere, con un Pii al -0,3%, il fanalino di coda della già disastrata economia nazionale (Pil a + 0,2%).
La Maddalena, Teulada, Perdas, Sant'Anna Arresi ecc., finora penalizzate dalla presenza militare, potranno finalmente decollare. C'è solo da augurarsi di non incappare, in futuro, nell'ennesima dimostrazione davanti a lazzi regionali, e vedere striscioni invocanti l'andati militari di friulana memoria. Di proteste bastano quelli pescatori invocanti firmi protocolli, degli agricoltori strozzati dai debiti dei pastori esasperati perché il 1atte, munto a fatica viene pagato meno dell'acqua minerale che sgorga gratis.
Per concludere un auspicio; che questa «notizia meravigliosa» rappresenti il marinaresco giro di boa che si lascia alle spalle la scura scia dei No (no alla presenza militare, all'edilizia sotto i due chilometri dalla costa, ai parchi, all'energia eolica, ai sardi nella sanità regionale, ai gasdotti) e intraprendere la luminosa rotta dei Sì (purchè non si tratti solo di Sì ad una crescente disoccupazione, al flusso di pubblico denaro nella casse di Tiscali a quel turismo di élite che poco ha giovato all'econimia sarda).
P.S. A proposito: qualunque punto di La Maddalana e di Santo Stefano dista dal mare meno di due chilometri. E mo' che si fa?
Generale Nicolò Manca
Sinnai

09/12/2005 18:48
 
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La recente decisione americana

IMPEGNO USA AD ARMONIZZARE RITIRO CON ITALIA E SARDEGNA


di lasciare la base di Santo Stefano alla Maddalena, in Sardegna, è stata discussa dal sottosegretario alla difesa Salvatore Cicu in incontri a Washington col segretario alla difesa americano Donald Rumsfeld e col comandante delle forze navali Usa in Europa, ammiraglio Harry Ulrich. Cicu ha avuto i colloqui a margine della riunione dei ministri della difesa della Sedm, l'organizzazione di sicurezza dell'Europa del Sud-Est, svoltasi lunedì e ieri. Secondo quanto si apprende da un comunicato, Cicu ha fatto rilevare a Rumsfeld che, nel definire tempi e modi del rispiegamento della U.S.Navy, occorre "tenere in grande considerazione le ricadute economiche relative all'indotto, stimato intorno ai 55 milioni di euro, e la salvaguardia dei livelli occupazionali" (180 sono i dipendenti civili della base di Santo Stefano)."Il trasferimento della U.S.Navy - ha dichiarato il sottosegretario italiano - dovrà avvenire con gradualità e, soprattutto, contestualmente a tutti quei provvedimenti di carattere amministrativo che la Regione deve immediatamente porre in essere a La Maddalena, per concretizzare un piano di sviluppo economico alternativo dell'isola. Il piano deve essere complessivo e non centrato solo sulle strutture militari, in modo tale che, quando gli americani lasceranno la base,sull'isola ci siano già nuove opportunità di crescita e di occupazione" che sfruttino anche le possibilità aperte dalla dismissione della presenza Usa.

"Il ministro Rumsfeld - ha aggiunto Cicu - ha confermato la disponibilità e l'attenzione della Marina americana a pianificare la partenza da La Maddalena nei modi più rispettosi dell'ambiente e dell'economia dell'isola, che ha offerto, in questi anni, una straordinaria ospitalità agli americani, che ne saranno per sempre riconoscenti". "Infatti - ha concluso Cicu - l'ammiraglio Ulrich mi ha assicurato che i lavori di ristrutturazione e di adeguamento degli immobili all'interno della base di Santo Stefano proseguiranno come programmato due anni fa, in modo da restituire una struttura immediatamente efficiente e funzionale ai nuovi piani di sviluppo economico de La Maddalena. Inoltre, tutti gli ulteriori passaggi riguardanti il dislocamento saranno definiti di concerto con il governo italiano".

Nell'incontro con Cicu, Rumsfeld, a quanto s'é appreso,ha manifestato il proprio riconoscimento all'Italia per l' impegno nella lotta al terrorismo e nel mantenimento della pace internazionale, anche e in particolare nell'ambito della Sedm, che - era stato ieri annunciato - invierà una brigata internazionale, la Seebrig, in Afghanistan, all'interno dellamissione Isaf (un impegno cui l'Italia parteciperà con propri ufficiali e sottufficiali e dando un contributo di 1,5 milioni di euro).

09/12/2005 18:54
 
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Il presidente si oppone con forza all’ipotesi dell’abbandono graduale della base Usa
Soru: fermate quei lavori, non siete autorizzati
«Ci mando la Forestale per verificare se hanno le licenze». Pronto un esposto alla Procura
Il Consiglio di Stato ha già bloccato la costruzione di una caserma della Finanza edificata senza licenza nel parco della Maiella

«Gli americani non fermano i lavori? Ci mando la Forestale, a controllare se hanno le licenze per costruire». Renato Soru entra a gamba tesa sul sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu, e sulla sua teoria dell’abbandono graduale della base da parte del governo Usa, dopo l’incontro dello stesso Cicu con il segretario dalla Difesa Donald Rumsfeld. «Devono chiudere il cantiere immediatamente - incalza Soru - anche perché mi risulta che questi non siano autorizzati».
Americani abusivi? La notizia avrebbe del clamoroso, ma le “indagini” svolte fino a oggi dalla Regione hanno portato a un solo risultato: non esiste traccia di alcuna autorizzazione per quei 52mila metri cubi che l’amministrazione americana intendeva realizzare a Santo Stefano, come supporto alla presenza dei propri militari impiegati nella base per i sommergibili a propulsione nucleare.
Alla Forestale, dunque, il compito di verificare subito - su incarico di Renato Soru - se queste benedette autorizzazioni esistono. Ma la Regione non ha intenzione di fermarsi a questo controllo. Tira aria di esposto alla Procura di Tempio. Ne dà conferma il direttore generale della Presidenza Fulvio Dettori. «Sto lavorando da alcuni giorni alla ricerca di un parere positivo su quelle costruzioni. Mi sono rivolto all’Ufficio Tutela del Paesaggio e mi è giunta la risposta: negativo. Dalla Soprintendenza dei Beni Ambientali di Sassari invece non ho avuto ancora nessuna risposta: ora aspetto l’esito della richiesta di accesso agli atti. La comunicazione alla Procura tempiese - prosegue l’alto funzionario della Regione - partirebbe nel momento in cui ci fosse il riscontro ufficiale della mancanza di qualsiasi autorizzazione amministrativa. Credo sia mio preciso dovere investire del caso la magistratura».
La Regione pare si stia muovendo in questa direzione dopo aver appreso il contenuto di una sentenza del Consiglio di Stato che avrebbe bloccato i lavori di costruzione di una caserma della Guardia di Finanza nel territorio che fa capo al parco della Maiella. Secondo quella sentenza, non esisterebbe alcuna deroga alla norma generale che impone l’emissione di una licenza anche per immobili da destinare ai comandi militari.
Il braccio di ferro Soru-Cicu, a questo punto, fa venire allo scoperto una palese contraddizione tra quanto sostenuto a suo tempo dal ministro della Difesa Antonio Martino, il quale, fin dall’annuncio della partenza degli americani dall’arcipelago maddalenino, aveva confermato l’immediato stop ai lavori sull’isola di Santo Stefano, e quello che invece oggi auspica il sottosegretario Salvatore Cicu. Il quale ha parlato di «trasferimento graduale e comunque contestuale ai provvedimenti amministrativi che la Regione deve realizzare per concretizzare un piano di sviluppo economico alternativo all’isola. L’indotto dell’Us Navy sulla Maddalena si attesta sui 55 milioni di euro e bisogna salvaguardare i livelli occupazionali».
«Il sottosegretario Cicu - chiosa Renato Soru - pensa ai 180 dipendenti civili, quando alla Maddalena i disoccupati sono oltre duemila. La verità è che quella è un’economia povera, che oggi ha un’enorme opportunità di crescita e di sviluppo».




«Il governo venga nell’isola»
La Cisl organizza un incontro Pezzotta-Cicu-Soru
Angelo Comiti: «Vogliamo solo che si faccia chiarezza Necessario il confronto con il ministro»


«Parlano sempre da Roma o da Washington. Adesso i rappresentanti del governo devono venire qui, alla Maddalena, a parlare con i cittadini e riferire quale sarà il futuro dell’isola».
Così il sindaco Angelo Comiti dopo le ultime comunicazioni del sottosegretario alla Difesa, Salvatore Cicu, sulla dismissione della base di Santo Stefano.
L’occasione è già in agenda: un convegno organizzato dalla Cisl sul tema «Politica di sviluppo del territorio maddalenino» che si terrà il prossimo 16 dicembre, alle 10 nella bibblioteca della Marina militare italiana. Oltre al segretario generale Savino Pezzotta, sono stati invitati a partecipare proprio il sottosegretario della Difesa, Salvatore Cicu, il presidente della Regione, Renato Soru, e il sindaco Comiti.
«Una volta annunciato dal ministro Martino l’allontanamento degli americani da La Maddalena, abbiamo assistito a pronunciamenti da parte di esponenti del governo dalle parti più disparate del mondo - ha commentato il sindaco - però nessuno, benché invitato, è venuto nell’isola a dire ai cittadini cosà accadrà realmente. L’unico che ha risposto in termini concreti e non elettoralistici è stato il presidente della Regione che è venuto alla Maddalena con la sua giunta al completo non per fare un un comizio, ma per mettere a disposizione delle somme, che non sono certamente esaustive, e per tracciare dei percorsi da compiere insieme, concretamente».
Il sindaco, quindi, si augura quanto prima di incontrare il sottosegretario Cicu, magari già in occasione del convegno della Cisl. «Avrei preferito che il governo venisse qui alla Maddalena o concordasse con l’amministrazione locale un incontro con la cittadinanza, come del resto ha fatto il presidente Soru, per iniziare a tracciare un percorso, anche dal punto di vista governativo, per uno sviluppo possibile della città senza la base statunitense. Percorso che non può prescindere dalle potenzialità turistica dell’isola».
Alla Maddalena, infatti, nessuno pensa che a dover lavorare per la riconversione economica dell’isola sia solo la Regione. «Credo - conclude il sindaco Angelo Comiti - che questa sia sinceramente una interpretazione di comodo, perché lo Stato nei confronti di questa ha qualche debito da pagare e credo pertanto che debba scendere in campo con tutte le risorse che il caso richiede. Il problema, infatti, è di enorme rilevanza avendo implicazioni non solo di carattere locale, regionale o nazionale, ma addirittura internazionale. Ecco perché adesso il governo deve venire alla Maddalena per discutere con noi e per farci sapere quali sono le nostre prospettive economiche e il futuro che ci aspetta».
A proposito dei tempi necessari per la dismissione della base di Santo Stefano, il sindaco Comiti precisa che «l’amministrazione locale dovrà sedersi intorno a un tavolo con la Regione, il governo, la Provincia e gli stessi americani per concordare dei tempi che dovranno essere accettabili. Quello che non è accettabile è che venga aperta una parentesi a lunga scadenza. La risposta deve arrivare subito, senza indugio».




Anche l’Ue aveva intimato l’alt
Era stato violato un articolo del trattato comunitario


Anche l’Unione Europea, lo scorso 18 ottobre, aveva intimato lo stop ai lavori di ampliamento della base della Us Navy nell’arcipelago della Maddalena. Il governo comunitario infatti aveva inviato una lettera di “costituzione in mora” all’Italia per la violazione dell’articolo 10 del trattato Ue. E cioé per non aver risposto alle richieste di spiegazioni poste da Bruxelles, dopo le interrogazioni parlamentari presentate dalla deputata verde Monica Frassoni e gli esposti presentati dagli ecologisti del “Gruppo d’Intervento giuridico” e degli “Amici della Terra”.
Secondo quell’intimazione, il governo avrebbe dovuto bloccare i lavori in corso a Santo Stefano e procedere a quella valutazione di incidenza ambientale che avrebbe dovuto invece precedere l’attuazione del progetto della Marina americana. Nella lettera spedita da Bruxelles si leggeva: «L’intervento è suscettibile di avere un impatto ambientale significativo sulla zona di conservazione dell’arcipelago della Maddalena, che l’Italia ha proposto come sito da includere nella rete Natura 2000 di siti di conservazione istituita dalla direttiva Habitat». Una posizione che era stata già espressa addirittura il 10 dicembre 2003 dall’ex commissario all’Ambiente Wallstrom nella risposta alla prima interrogazione della Frassoni. Linea ribadita recentemente anche dall’attuale commissario, il greco Dimas, il quale, rispondendo agli ecologisti, aveva scritto che «i lavori sarebbero dovuti essere preceduti perlomeno dalla vincolante procedura di valutazione di incidenza ambientale. Da Roma, silenzio, fino al giorno in cui il ministro della Difesa Antonio Martino aveva annunciato l’immediato stop, salvo poi essere contraddetto dal sottosegretario Salvatore Cicu che invece l’altro ieri ha ipotizzato e caldeggiato un abbandono graduale.
Va comunque precisato che l’offensiva di Bruxelles si riferisce al primo progetto presentato dalla Sesta Flotta. Siamo quindi ancora a quell’intervento definito di «ristrutturazione per migliorare le condizioni di vita del personale» (volumetria dichiarata: 52 mila metri cubi e un investimento da 37 milioni di dollari, cioé poco più di 71 miliardi di vecchie lire). Non quindi il progetto che gli americani avevano tenuto segreto, ma che, nelle scorse settimane, è finito nelle mani del presidente della giunta regionale Renato Soru. Per capire meglio di cosa si sta parlando, basti pensare che a Santo Stefano si passerebbe da una superfice coperta di circa tremila metri quadri ad addirittura 38 mila metri quadrati.




Us Navy, solo un pugno di dollari
Dal 2000 al 2004 dati in appalto lavori per 5 milioni di euro
Gli investimenti più grossi a società della Penisola


Otto imprese con sede fiscale alla Maddalena. Sette con sede nella provincia della Gallura. Tutto qui: in quattro anni, solo quindici aziende hanno avuto lavori dalla Us Navy. Il tutto per un valore complessivo di 5 milioni 181 mila euro. E’ questa l’economia che produce (direttamente) la marina statunitense direttamente sull’isola. Il resto - dal piano di potenziamento di Santo Stefano ai servizi dati in appalto - va a ingrossare i bilanci di società della Penisola.
E’ il dato che emerge dalla consultazione delle migliaia di pagine del sito internet Governmentcontractswon.com. Una banca dati che raccoglie tutti gli appalti che la Difesa degli Stati Uniti ha assegnato dal 2000 fino al 2004 in tutte le sue basi nel mondo. Milioni e milioni di dollari. Grandi società, americane ed europeee (Fiat, Telecom, fra le altre). Quelle della Maddalena, però, hanno un ruolo minimo, persino impercettibile. Otto in tutto (quelle, almeno, censite). Per un valore di 2 milioni 648 mila euro.
Le imprese maddalenine. La società che avuto il volume d’affari maggiore con la Us Navy è la Euroimpianti sas. Si occupa di impiantistica e, in quattro anni, ha avuto commesse per 1 milione 107 mila dollari (pari a 962.362 euro). Un’impresa di costruzioni, la Imprevir snc, ha fatto lavori alla base di Santo Stefano e nelle altre aree della Us Navy negli anni 2000, 2001 e 2003. In tutto, ha incassato 975.371 dollari (816mila euro). Sempre in questo ramo, la GPD edilizia srl, per lavori tra il 2000 e il 2002, ha guadagnato 335.360 dollari (280.565 euro). Il mattone è il settore preferito dagli americani: infatti alla ditta Casalloni, tra il 2000 e il 2003, sono stati assegnati appalti per 284.964 dollari (238.403 euro). Come volume d’affari, segue una società, la Girardi snc, che si occupa di mobili ed elettrodomestici: tra il 2001 e il 2003, ha preso dagli Usa 206.579 dollari (172.826 euro). Nel settore degli arredamenti, c’è la Felix snc, che in due anni, tra il 2002 e il 2003, ha raccolto commesse per 118.963 dollari (99.525 euro). Un’altra società che ha lavorato in quel periodo, la Dvd Edilizia, ha portato nelle proprie casse 58.266 dollari (48.745 euro). Poi, ancora più sotto, a livello di volume, la Soget srl, che ha avuto compesi per 36.156 dollari (30.248 euro).
La Gallura. Numeri piuttosto contenuti anche quando in ballo ci sono le imprese del resto della provincia: 2 milioni 532 mila euro in tutto, in quattro anni. La voce grossa è quella della Geasar. La società di gestione dell’aeroporto di Olbia ha avuto commesse, e la marina Usa non può farne a meno, per 1 milione 872.431 dollari (1.566.494 euro). La Essetti srl, una società di Olbia che si occupa di trasporti speciali, ha avuto appalti per 537.563 dollari (449.730 euro). La Turmo Travel snc, di Olbia, ha incassato 372.054 dollari (311.264 euro) per il servizio di trasporto, con autobus, dei militari americani e delle loro famiglie. Il Cantiere di Porto Cervo, del gruppo Colony Capital, ha effettuato lavori per Santo Stefano nel periodo tra aprile e settembre del 2004: compenso di 174.733 dollari (146.183 euro). Sempre per trasporti speciali, una ditta di Arzachena, la Cmds Group, nel 2004 ha avuto un lavoro da 65mila dollari (54.379 euro). Un’altra ditta di autolinee, la Caramelli di Tempio, ha percepito, per un servizio, 3.178 dollari (appena 2658 euro). La Sardegnatours di Palau, che si occupa di autonoleggi, ha avuto 2.717 dollari (2273 euro). Fine.
La perdita. Quando la base della Us Navy smantellerà, e lo farà, come ha confermaro due giorni fa il ministro della Difesa americana Rumsfeld, le società maddalenine e galluresi perderanno insomma poco più di un milione di euro all’anno.
Un dato, per finire. Preoccupante. Delle otto società maddalenine, solo una nel 2004 ha visto riconfermato il rapporto con la marina americana. Difficile dire che cosa sia realmente successo. Forse, il calo di commesse è stato causato dalla richiesta della Us Navy di avere imprese certificate: e molte di quelle isolane non lo sarebbero. Ma potrebbe esserci un’altra spiegazione: tra il 2003, anno dell’incidente all’Hartford, e il 2004, il clima verso gli americani alla Maddalena è decisamente peggiorato. Come mai prima, in 32 anni, era accaduto.




Pronti a voltare pagina e a sperare nel rilancio turistico
Gli imprenditori maddalenini: «Riconvertiremo le attività»


Preoccupati, sì. Rassegnati, no. Anzi, molti di loro stanno già lavorando per riconvertire le attività. Gli imprenditori maddalenini che hanno avuto lavori dalla Us Navy lanciano un segnale di ottimismo: finita l’economia militare, sperano in quella turistica.
«Noi saremo molto penalizzati, perché la società lavora quasi esclusivamente per la Us Navy» dice Luigi Gallo, rappresentante dell’Euroimpianti. «Siamo in dieci, tre soci, sette dipendenti. E’ chiaro che se la base dovesse andare via nel giro di poco tempo, per noi potrebbero esserci problemi. Potremmo essere costretti a tagliare qualche posto di lavoro». Gradualità, ecco il punto. «Riconvetire un’attività dalle commesse militari a quelle civili, non è semplice - spiega Gallo -. Ci vorrebbero tre anni, almeno. Sono convinto che, con quel tempo a disposizione, sia noi che le altre imprese della Maddalena saremmo in grado di sfruttare le opportunità dell’economia turistica».
«Sono preoccupatissimo - dice Tonino Satta, della Felix -. E’ vero che partecipare agli appalti della Us Navy è sempre più difficile: nel 2004 ne ho perso uno per 2mila euro. Ho lavorato bene tra il 2002 e il 2003, ma debbo dire la verità: ho già cominciato a ricovertire la mia attività». Satta, che è un ex amministratore comunale ed è responsabile di Forza Italia, ha avviato lavori nell’edilizia: un modo, in anticipo, per diversificare. Anche perché, spiega, «l’obbiettivo della smobilitazione degli Usa potrebbe anche essere condivisibile. Ciò che è inaccettabile è l’accelerata che è stata impressa a questo processo. Non è pensabile che La Maddalena riesca a passare da un’economia militare a un’altra nel giro di un anno, o addirittura di sei mesi».
E gli impegni della Regione? «Io sono fiduciosi nei nostri mezzi, non aspetto l’intervento pubblico» dice Amedeo Girardi, della Girardi snc, otto fratelli impegnati nell’azienda. «Noi, direttamente e indirettamente, abbiamo il 50 per cento del lavoro dagli americani: mobili, elettrodomestici, 100 mila euro all’anno di servizi alla Seis, la società immobiliare. Poi, una società, la Giotto, che affitta 18 appartamenti: due agli americani, ma che fanno per gli altri sedici». Ma i Girardi sono già impegnati nel turismo: bar, locali commerciali: «Ci vorrà tempo: dovremo cambiare i nostri esercizi, renderli funzionali ai turisti, non più ai militari. Non siamo preoccupati, ma serve gradualità». (g.pi.)




LA DESTRA
Bardanzellu: il presidente Soru sta tirando la volata a Prodi



«Quello che ha enunciato il presidente Soru, durante la sua visita alla Maddalena, è di ordinaria amministrazione; solo l’ultima parte del documento sottoscritto dal sindaco Comiti, dal presidente della Provincia Murrighile e dal presidente della Regione Soru, sa di amministrazione straordinaria». E’ questo il giudizio espresso dal capogruppo della lista Forza La Maddalena, Franceschino Bardanzellu, dell’opposizione. «Arsenale, sviluppo sociale, parco, sistema sanitario, sistema idrico, ritorno del premio Solinas, Maddalena: sono tutti problemi vecchi che non si sono mai risolti e dei quali si parla sempre come in questa occasione. In questo modo il governo regionale, nella quasi totale assenza delle opposizioni, sta “tirando” la volata elettorale al centrosinistra nazionale, che dopo la miserabile e dannosa campagna stampa orchestrata contro gli americani ha prodotto quale unico risultato il repentino e irritato smantellamento della base Usa con il risultato di gettare nell’incertezza e nell’angoscia migliaia di maddalenini. Tutto questo è stato accelerato - ha detto ancora Bardanzellu - dal continuo terrorismo ideologico e psicologico esercitato attraverso la stampa con lo spettro dell’incidente nucleare, smentito poi a tutti i livelli dalle istituzioni sanitarie locali regionali e nazionali. E’ venuta l’ora di mettere in campo tutte le idee, le intelligenze, le capacità degli uomini per affrontare questa gravissima situazione, avendo però l’onestà morale e politica di produrre atti». Alla fine del documento sono stati lanciati strali avvelenati contro le parole pronunciate dal presidente Soru «venuto alla Maddalena per “anestetizzare” la nostra comunità con parole che sono sembrate aberranti, perché non si può manifestare gioia per un evento verso il quale la comunità non ha le risorse e i mezzi per poterlo affrontare dignitosamente senza pericolose e non auspicabili tensioni sociali». Populista, Soru, secondo Bardanzellu, «perché ha cercato di comprare il consenso dei maddalennini ancora scioccati» e illusorio, «perché la fiction televisiva non è la ricetta per far uscire la nostra città dalle inevitabili crisi».




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Giochi di guerra Storia di un’isola a stelle e strisce



Per decine di migliaia di turisti che ogni estate decidono di trascorrerci le vacanze, l’arcipelago della Maddalena è una sorta di paradiso terrestre bagnato da acque color smeraldo. Per il governo degli Stati Uniti, invece, almeno da una trentina d’anni è semplicemente un luogo strategico dove parcheggiare (e quindi far transitare) i sottomarini a propulsione nucleare. Poco importa se quell’area che comprende isolotti incantevoli come Spargi e Budelli dal 1996 è un parco nazionale protetto. O se nel 1987, chiamato a pronunciarsi con un referendum, l’80 per cento degli italiani ha scelto di rinunciare alle centrali atomiche. Nulla sembra contare quando di mezzo ci sono «giochi di guerra». E infatti proprio «Giochi di guerra, la vera storia della base militare di Santo Stefano» è il titolo del pamphlet scritto dall’avvocato cagliaritano Carlo Dore, coordinatore del Gruppo per le tematiche ambientali della «Margherita Sardegna». Edito dalla Cuec, il libro è stato presentato a Cagliari questo giovedì. Presente, insieme all’autore, Raffaele Paci, preside della Facoltà di Scienze politiche all’università di Cagliari e direttore del Crenos, e i giornalisti Giorgio Melis e Giacomo Mameli, che ha anche coordinato il dibattito. Il saggio di Dore è di fatto un dossier che in un centinaio di pagine ripercorre la trentennale storia della rimessa per sottomarini a propulsione atomica costruita nel bel mezzo dell’arcipelago della Maddalena. La stessa che da qualche settimana gli americani hanno clamorosamente annunciato di voler smantellare, anche se poi non è dato sapere quando e come questo ripiegamento avverrà. «Tanto più che - spiega Dore - l’impresa appaltatrice dei lavori di ampliamento della base continua a procedere nella sua opera come se nulla fosse accaduto». L’autore di «Giochi di guerra» non salta neanche un passaggio dell’intricata vicenda. E, partendo da quando nel 1972 il governo Andreotti permise agli Stati Uniti di realizzare in quell’area un «punto d’appoggio» per i sottomarini nucleari, finisce con l’elogiare la ferma intenzione dell’attuale esecutivo regionale di ottenere la chiusura del presidio militare. «Certo - continua l’autore del libro - a spingere gli Usa ad annunciare il ritiro hanno poi concorso tanti altri fattori: dalla nuova consapevolezza acquisita dai sardi sulle tematiche ambientali, all’intervento pesante delle istituzioni comunitarie». Per Dore - che individua nell’accordo bilaterale «stipulato in gran segreto» dal governo Andreotti sia illegittimità a livello costituzionale sia a livello di alleanza atlantica - la concessione fatta agli americani (poi giustificata con esigenze legate alla «Guerra Fredda») sarebbe quantomeno superata dalla Storia. «Sembra impossibile - spiega ancora - che davanti ai cambiamenti geopolitici avvenuti dopo il 1989, le nostre istituzioni non siano state capaci di assumere alcuna iniziativa contro la base di Santo Stefano, ma ne abbiano addirittura autorizzato l’ampliamento con una colata di 50mila metri cubi di cemento». Nel dossier di Carlo Dore c’è spazio anche per rievocare lo strano caso del naufragio della motonave Moby Magic, che l’11 settembre del 2003 alla volta del porto di Olbia entrò in collisione «con un corpo sommerso». Se poi questo corpo misterioso fosse uno scoglio (come recita la versione ufficiale) o fosse invece un sottomarino in fase di emersione (come invece sostengono i legali dei comandanti del traghetto) lo dovrà ancora accertare la magistratura. «Sta di fatto - denuncia l’autore del libro - che la seconda ipotesi potrebbe anche apparire fantasiosa se non si tenesse conto di alcuni gravi incidenti occorsi negli ultimi anni ai sottomarini Usa, per esempio quello al sommergibile “Hartford”, avvenuto guarda caso nel settembre 2003 nei pressi del porto di Olbia, o quello al “Ray”, nel’77 vicino a Villasimius». Ma anche del risultato di una recente analisi fatta da un istituto francese, il Criirad, che nelle acque della Maddalena ha rilevato tracce al di sopra dei limiti di sicurezza di «torio 234», componente della catena dell’uranio. Ce n’è abbastanza, secondo Dore, affinché la Regione Sardegna faccia valere le proprie ragioni in sede giudiziaria: «Ovvio, c’è sempre il rischio che un magistrato si faccia condizionare dalla ragion di stato. Ma al di là dell’esito della causa, sarebbe un grande segnale».





22/12/2005 21:15
 
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«Evitiamo allarmismi sui tumori»
L’assessore alla Sanità interviene dopo la diffusione dei dati
Michele Secci precisa: ‘Ancora ignota la genesi del linfoma non Hodgin’




Una spiegazione tecnica, dettata dalla necessità di evitare «facili demagogie o speculazioni politiche generatrici di inutili allarmismi». Michele Secci, medico, vicesindaco e assessore alla Sanità, Igiene Pubblica e problemi socio-assistenziali del comune maddalenino, interviene dopo la diffusione dei dati sulla diffusione delle patologie tumorali da parte dell’assessorato regionale alla Sanità.
«I dati divulgati dall’assessore Nerina Dirindin - dice Michele Secci - attengono a uno studio a largo raggio sulla popolazione maddalenina e dimostrano in modo chiaramente matematico che, sebbene l’incidenza delle malattie tumorali in genere rientri nelle medie regionali e nazionali, esistono fondamentalmente due tipi di neoplasie che a La Maddalena incidono in maniera superiore: il mesotelioma pleurico e il linfoma non Hodgin. Il mesotelioma - spiega il medico - è una neoplasia abbastanza rara che interessa la pleura polmonare, cioè il foglietto di rivestimento di ciascun polmone». Un tumore subdolo spesso di difficile interpretazione diagnostica «soprattutto nelle sue prime fasi e a prognosi quasi sempre infausta. A La Maddalena - aggiunge l’assessore alla Sanità - la sua incidenza, che nella media risulta essere di un caso ogni diecimila abitanti per anno, é superiore di circa quattro volte». Chiara e testata la genesi di questi tumori: «La sua insorgenza - continua Secci - é dovuta all’accumulo delle fibre di asbesto, componente dell’amianto, nell’apparato respiratorio. Tutti i pazienti ammalatisi di questa patologia (tutti maschi) nel passato recente o lontano hanno o avevano lavorato nel corso degli anni con materiali contenenti amianto. Si tratta, pertanto, di una malattia e incontestabilmente professionale». Meno chiara la genesi del linfoma non Hodgkin. «Si tratta di una neoplasia che colpisce le ghiandole linfatiche e che si distingue dal linfoma di Hodgkin, che ha una prognosi meno severa, in maniera prettamente istologica più che clinica o strumentale - spiega Michele Secci -. L’eziopatogenesi di questa neoplasia non é attualmente nota. A La Maddalena questo tipo di tumore incide con una percentuale del 176% superiore alla norma: se in una comunità di 15mila abitanti si manifestano normalmente 10 casi, a La Maddalena se ne verificano 17 o 18, massimamente nelle persone di sesso maschile. Non essendo nota la causa esatta di questa malattia e non essendo possibile creare (come per il mesotelioma) una stretta correlazione tra la patologia e l’attività lavorativa svolta dal paziente, questo dato - aggiunge l’assessore - ci deve far riflettere e indurre ad approfondire le ricerche». Uno studio già annunciato da Gianni Cerchi, direttore generale dell’Asl 2 di recente nomina: «Nel corso di un incontro tenuto con l’amministrazione comunale - spiega Michele Secci - ha manifestato l’intenzione di studiare con cura sia l’aspetto epidemiologico sia l’aspetto clinico -ambientale di questo tipo di patologia e soprattutto di volere appurare scientificamente l’esistenza di una possibile correlazione tra questa neoplasia e la presenza della base Usa a La Maddalena. Il neo-manager - conclude il vicesindaco - ha manifestato il suo interesse anche sul sistema di monitoraggio ambientale, per l’eventuale presenza di “nucleare” nelle acque dell’arcipelago, riservandosi di dedicare la dovuta attenzione a questa ulteriore questione».


22/12/2005 21:17
 
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Il governo Usa blocca i lavori per 90 giorni


Stop di novanta giorni, ordine del governo americano. A Santo Stefano, cuore della Us Navy, scatta il congelamento dei nuovi interventi, metà cantiere si ferma. Tradotto in volumi, su 27mila metri cubi non potrà essere più mosso nemmeno un mattone. Sull'isola approdo dei sommergibili a propulsione nucleare, andranno avanti solo le opere già cominciate. Nel dettaglio, le infrastrutture portuali (magazzini),gli impianti elettrici e di potabilizzazione dell'acqua, e il rifacimento del depuratore. Sul resto delle cubature (altri 27mila metri cubi come previsto nel progetto di riqualificazione da 25 milioni) si solleva un punto interrogativo. e i tempi di smantellamento della base potrebbero essere messi in discussione. Venti giorni fa Donald Rumsfield, a capo della Difesa Usa, aveva parlato di una dismissione lenta che al contrario rischia di marciare a tappe forzate.

L'IMPRESA - Dalla Pizzarotti di Parma, che nel giugno 2004 ha vinto l'appalto di Santo Stefano, confermano lo stop. "proseguono solo le attività in corso", dice l'ingegnere-manager Stefano Soncini. Che annuncia: "il 6 gennaio prossimo incontreremo i rappresentanti della Marina Americana a cui verrà consegnato l'inventario dei lavori".

Un'altra richiesta del Governo statunitense che si prende dunque novanta giorni prima di definire con certezza il destino della presenza militare nell'arcipelago.

POSTI DI LAVORO - La prima bordata all'occupazione è così arrivata. L'azienda di Parma non impiegherà alti venti nuovi dipendenti, come annunciato lo scorso 12 dicembre. L'obbiettivo era accelerare la riqualificazione che per contratto dovrebbe concludersi entro marzo 2007. Anzi adesso a rischiare il posto sono i lavoratori gia occupati nell'intervento della base, altri 35 tra tecnici e operai. Aggiunge Soncini: "Il rischio esuberi è concreto, inutile nasconderlo".

CALA CHIESA - Per ora nessun blocco a Guardioli dove la Pizzarotti sta realizzando per gli americani 40 villette che verranno cedute in "build to lease" (costruire per affittare) la fine dei lavori è prevista per ottobre 2006. Ma la lottizzazione di Cala Chiesa potrà essere un'ottima cartina di tornasole per capire quando gli Stati Uniyi lasceranno davvero La Maddalena. Un addio definitivo forse molto vicino.

23/12/2005 22:26
 
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Le costruzioni a Guardioli

Il secondo stop del Governo Usa: villette bloccate



I semafori rossi si accendono uno dopo l'altro. Gli americani cominciano a preparare la ritirata. A Guardioli non andranno: spalle al centro storico, 22mila metri quadrati dove i militari Usa avrebbero dovuto occupare quaranta villette, da 130 metri quadrati ciascuna. Tutto in costruzione, ma il cantiere si blocca. . E la fine dei lavori era programmata per il 2006. Dunque c'è una prima data certa che potrebbe che potrebbe segnare il confine temporale della smobilitazione, annunciata il 22 novembre scorso dal ministro della Difesa italiana, Antonio Martino, al ritorno dal summit al Pentagono con il collega Donald Rumsfield. Uno stop che sembra confermare l'accelerata impressa allo smantellamento della Us Navy nell'ultima settimana. Non solo a Santo Stefano ma anche a La Maddalena che fa contare 4000 presenze statunitensi, il 25 % della popolazione, sono dodicimila invece gli italiani residenti.

GUARDIOLI - Il paradiso blindato sulla collina di Cala Chiesa era stato dato in appalto un anno fa. Alla Pizzarotti & C. Spa. L'impresa di Parma che sta riqualificando a Santo Stefano: nei giorni scorsi è scattato il blocco, su metà cantiere, 27 mila metri cubi congelati sui 54 mila previsti nel progetto, che vale 25 milioni di opere sul fronte-mare. A Guardioli gli americani avevano sigillato un contratto in "buil to lease" (costruire per affittare). Ovvero villette a misura di statunitensi nella distribuzione dei volumi: 15.300 metri cubi residenziali, più 4.300 di servizi, un piano di lottizzazione approvato nel 2000 dal sindaco diessino Mario Birardi e convenzionato col Comune dalla giunta di Rosanna Giudice nel gennaio 2003. Pochi mesi dopo i vecchi proprietari, gli eredi Moriani-Caocci, avevano venduto alla Pizzarotti. Ma Da Parma, ieri nessun commento, nemmeno sul destino di quel quarto di ettaro dove le ruspe si fermano. Bocche cucite anche all'ufficio Housing (alloggi) di La Maddalena, che gestisce residenze e affitti dei militari Usa, un giro d'affari che sull'isola muove molti milioni di euro durante tutto l'anno.

IL COMUNE - L'assessore all'Ambiente Gianfranco Dedola non si sorprende. "Era inevitabile che gli Usa imponessero la fine dei lavori, non ha senso che continuino a investire se hanno deciso di andarsene.

23/12/2005 22:28
 
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Gruppi tecnici per la riconversione
Ieri una riunione operativa tra Regione, Comune e Provincia



Iniziano ad arrivare le prime indicazioni sugli interventi che la Regione intende adottare alla Maddalena per avviare la riconversione dell’economia locale dopo l’abbandono della base americana. Il 2 dicembre un protocollo d’intesa era stato sottoscritto dai presidenti di Regione e Provincia e dal sindaco della Maddalena: la Regione si impegnava a garantire la riconversione, verificando la possibilità di riservare all’isola una quota particolare di risorse finanziarie: 15 milioni di euro da utilizzare sulla base di specifici progetti di sviluppo, come premialità aggiuntiva rispetto agli interventi ordinari.
Ieri, quindi, a venti giorni esatti dalla firma, sono arrivati nell’isola i responsabili dell’assessorato agli Affari generali, personale e riforma della Regione, per fornire le prime indicazioni relative all’individuazione di nuove vie di sviluppo per La Maddalena.
A incontrare i funzionari della Regione, il sindaco Comiti, gli assessori locali, i capigruppo, i responsabili dell’area tecnica oltre alla presidente della Provincia Pietrina Murrighile, assieme a tutti gli assessori. Assente per altri impegni l’assessore Pigliaru, a fare le sue veci è stato il direttore generale della Programmazione Salvatore Orlando, che ha illustrato le nuove linee preparate per lo sviluppo della Maddalena.
La riunione è stata considerata operativa perchè si sono presentati punto per punto gli impegni della Regione che sono stati esplicitati a livello tecnico, e individuate per ogni punto le attività che la Regione metterà in atto, i passaggi che verranno affrontati dai vari assessorati e il ruolo che dovranno avere il comune, la provincia. Tanto da essere considerate un avanzamento operativo per gli impegni che ha assunto la Regione nell’ultimo incontro.
I punti su cui la Regione ha lavorato sono molteplici: riguardano essenzialmente tutta la parte relativa ai servizi collettivi, acqua e rifiuti, per il problema dell’uso potabile dell’acqua, all’isola ecologica, per le quali - ha detto Orlando - «noi abbiamo delle ipotesi di lavoro ben complete. L’idea è di fare di ognuno di questi problemi sostanzialmente dei gruppi tecnici composti dalla Regione, Comune e Provincia e poi vederci entro gennaio con un piano operativo specifico e con delle soluzioni tecniche da proporre».
«Ma non è tutto - ha detto il sindaco di La Maddalena dopo aver visto le indicazioni della Regione -. Hanno pensato anche al turismo per il quale si sta studiando come poter aumentare le presenze dei turisti sull’isola, soprattutto in quei sei mesi di spalla e poi a fronte di questo, quali attività vanno intraprese sulla ricettività. Ponendo anche come i poteri della casa vacanza, sulle batterie da utilizzare per ricettività, dei pacchetti turistici di promozione, tutte cose che vanno discusse con gli imprenditori locali». Tutti problemi, insomma, che vanno affrontati, sviscerati per poi portarli a soluzione.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie, si avranno di volta in volta. Ma il problema maggiore è quello della capacità del comune o dei soggetti per realizzare questi interventi, perchè ci sono difficoltà oggettive negli uffici tecnici a procedere sui bandi, sull’esecutività e sulle verifiche. C’è anche l’idea del parco. È intenzione però anche della Regione di portare avanti il caso di La Maddalena come un caso specifico, coinvolgendo anche la Commissione europea.


27/12/2005 21:46
 
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La paura del futuro frena la festa
Strade e piazze deserte, affari magri per i commercianti
Gli ospiti della mensa hanno ricevuto la visita del sindaco Comiti






Che desolazione! È stata questa l’esclamazione più diffusa da parte di quanti il giorno di Natale è andato a fare una passeggiata in centro. Piazza Garibaldi quasi deserta fino alle 11, negozi chiusi, bar altrettanto: solo un albero addobbato e le luminarie all’ingresso del municipio donavano aria di festa. Era comunque nell’aria un Natale così “sotto tono”, senza nessun entusiasmo e soprattutto senza le spese pazze. Indubbiamente la situazione critica in cui si è venuta a trovare l’isola, in seguito al prossimo abbandono della marina americana, e quella probabile della italiana, ha creato molte incertezze.
La situazione delle circa 300 famiglie che ancora non conoscono il proprio futuro, i probabili licenziamenti per i circa 40 dipendenti della cooperativa Sema che lavorano nelle mense delle scuole sottufficiali, come quella degli addetti alle pulizie delle camere dei sottufficiali, l’incertezza dei 17 insegnanti, che hanno inviato una lettera al ministro Martino, ma anche ad altri ministeri per chiedere l’intervento affinché cinque di questi non rimangano senza stipendio dal primo gennaio: tutte situazioni che pesano come macigni sull’economia locale. Testimoni diretti della crisi sono i commercianti, che poco hanno potuto fare per frenare l’esodo verso i grandi magazzini che offrono molti articoli a prezzi più convenienti.
Festa grande, invece, per i più piccoli. La serata della vigilia è stata movimentata dalla presenza del calesse trainato da un cavallo sul quale sono potuti salire molti bambini per fare un giro divertente. Questo grazie ad Alessandro Monni, responsabile della cavalla Marsala, che mettendo a disposizione il calesse e il cavallo ha potuto far divertire i bambini. Stessa festa a Moneta, dove la Boutique della carne, di Severino Gala e market Betti- Gianni, sempre insieme a Monni, hanno messo a disposizione dei bambini un calesse d’epoca vittoriano, trainato da un cavallo alla cui guida c’era Babbo Natale in persona. A questo si è aggiunto anche un altro calesse della famiglia Manconi sul quale hanno fatto un giro molti bambini, tra i quali sono stati distribuiti circa 70 chilogrammi di caramelle. Poi tutti a casa per il cenone.
La messa di mezzanotte è stata seguita da migliaia di fedeli. Il giorno dopo, il sindaco Angioletto Comiti e gli assessori Secci, Dedola e Zanchetta sono andati a trovare gli ospiti della mensa civica, una quindicina di persone. Oltre al panettone e allo spumante, hanno ricevuto parole di conforto e di augurio per un felice Natale. Subito dopo il pranzo speciale, con antipasti, agnello e dolci a volontà.


31/12/2005 18:43
 
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Base Usa, la Cgil si schiera in prima linea
La Maddalena, nominati tre dirigenti che si occuperanno dei lavoratori




C’erano quasi tutti i lavoratori italiani della base americana che prestano la loro opera negli uffici della Nsa e a Santo Stefano, alla riunione organizzata dalla Cgil lavoratori, alla quale hanno partecipato il segretario Lorenzo Porcheddu e il senatore diessino Gianni Nieddu che fa parte della commissione Difesa del Senato. Proprio ieri è stato nominato un gruppo di tre persone che avranno il compito di curare i rapporti con gli americani.
Una scelta che va controcorrente, dato che gli americani non ammettono altre sigle sindacali al di fuori della Uil Tucs, e che ha rallegrato i quasi 40 iscritti. Il terzetto è composto da Elio Fiori, Adriano Michelini e Angelo Conti che dovranno portare avanti le richieste che la Cgil proporrà per tutelare i lavoratori.
L’altra notizia, che ha sconcertato i presenti, è che al rappresentante della Uil è stato imposto dai dirigenti sindacali di non partecipare nele riunioni congiunte con gli altri sindacati. Fatto che anche il sindaco non ha affatto gradito.
Il senatore Nieddu ha chiesto invece chiarezza sui tempi della partenza da Santo Stefano, in modo che lo stato italiano possano affrontare il problema della ricollocazione dei lavoratori. Per far ciò è il caseo di utilizzare norme che sono già state adottate in casi precedenti e analoghi, riguardanti il licenziamento di dipendenti civili impiegati nelle strutture alleate dopo la dismissione.
A giudizio del senatore, però, bisogna sollecitare ulteriormente il ministro Martino affinché «venga in parlamento e ci dica cosa l’amministrazione e il ministro Rumsfield hanno detto su Santo Stefano. Dobbiamo sapere esattamente quando la base verrà dismessa, proprio per disporre gli strumenti legislativi volti a ricollocare direttamente il personale. E poi serve predisporre un disegno di sviluppo alternativo per l’intera comunità maddalenina».
Il responsabile della Cigl Lorenzo Porcheddu ha annunciato che ben 37 lavoratori della base americana ci sono iscritti a questo sindacato e pertanto «abbiamo costituito il gruppo dirigente con l’intenzioni seguire la vertenza in corso, secondo gli strumenti e le norme che regolano, quindi contro il riconoscimento totale per l’organizzazione sindacale della Cgil». Porcheddu, ha chiesto la modifica della legge 98 del 71 per quanto riguarda i tempi, poi l’allargamento agli enti locali, alla sanità ed al parastato, quindi agenzie fiscali, Inail e Inps.

31/12/2005 18:52
 
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Il sindaco Comiti: «Tutti insieme costruiremo il futuro dell’isola»
L’addio della Us Navy: in una lettera Romano Prodi si dichiara ottimista, «ora partirà un nuovo sviluppo»



Bilancio di fine anno da parte del sindaco Angelo Comiti, a otto mesi dall’insediamento della sua maggioranza. Ieri il sindaco si è soffermato in particolare sui possibili scenari futuri. «La città sta vivendo un momento delicato - ha detto Angelo Comiti -, si sta per chiudere una fase che, nel quadro di un’economia prevalentemente assistenziale di tipo statalista, ha assicurato benessere e occupazione. L’avvento della marina statunitense ha determinato un progressivo disimpegno di quella italiana: ora si apre un’altra pagina di storia».
«Le due marine hanno prodotto consapevolmente - ha aggiunto il sindaco Comiti - un ceto politico e sociale funzionale ai loro bisogni e quindi incapace di delineare uno scenario che ricomprendesse una possibile altemativa alla monocultura economica militare. L’annuncio dato da Rumsfield e da Martino relativo alla dipartita in tempi brevi della Us Navy dall’arcipelago ha affossato definitivamente l’ipotesi di un’economia di tipo turistico all’ombra dei sommergibili. Questo è un momento delicato, ma c’è bisogno di essere uniti per affrontare con la dovuta determinazione un fase difficile ma, in prospettiva, esaltante». E che sembra avviata a felice conclusione: questo è il pensiero espresso da Romano Prodi nella lettera di risposta a quella che Comiti gli aveva inviato il 19 ottobre. L’importante, scrive Prodi, è che gli impegni assunti vengano rispettati e che si proceda in tempi accettabili». Prodi ritiene indispensabile agire «nella direzione indicata, vale a dire nel richiedere alla Difesa Usa un rapido e totale rispetto dell’impegno di abbandono assunto dal Segretario di Stato Rumsfeld. Ciò anche se una partenza in tempi brevi del personale americano renderà molto difficile risolvere il problema del reperimento di una nuova occupazione per le persone che lavorano all’interno della struttura statunitense». Prodi però confida nel fatto che si possano elaborare differenti ipotesi che consentano di evitare un aggravio del locale tasso di disoccupazione.
In questo contesto si inserisce l’attività dell’amministrazione comunale: numerosi gli obiettivi elencati dal sindaco Comiti. Al primo posto, adeguarsi alle normative urbanistiche per favorire insediamenti ricettivi adeguati e di qualità. Subito dopo, realizzare un adeguato potenziamento delle infrastrutiure portuali delocalizzando il porto destinato al traffico pesante e riqualificando tutto il water front da Padule a Punta Chiara con destinazione prevalente per il naviglio da crociera e la nautica in generale. Per quanto riguarda l’arsenale, Comiti è convinto che vada riconvertito in una struttura moderna per la manutenzione e le riparazioni di yacht e imbarcazioni. Ancora, dotare la città di nuove infrastrutture sanitarie, assistenziali, sportive; migliorare la viabilità; destinare nuove aree per insediamenti produttivi; preparare un piano di risanamento ambientale e riqualificare il centro storico, obbligando gli operatori a una linea di condotta conforme agli obiettivi dell’amministrazione, imponendo orari di apertura e di chiusura in funzione delle presenze turistiche reali e potenziali, anche in bassa stagione.






Per rinascere servono idee chiare, progetti forti e persone serie



La crisi è acuta. I munifici benefattori dell’arcipelago si sono dileguati. Sul futuro di una collettività priva di modelli socio-economici diversi da quelli rappresentanti dal terziario statale si addensano nubi minacciose. Nel mare in tempesta si naviga a vista. I luoghi comuni si sprecano per descrivere la fase delicatissima. Nessuno, come è accaduto sino a un decennio fa, è più disposto a sbarcare a La Maddalena da Roma o da Cagliari, magari a ridosso di una campagna elettorale determinante, per sostenere con enfasi tutto va ben madama la marchesa. Perché qui, a parte il fascino indiscutibile del mare d’inverno, non vi è più nulla di attraente. Il problema è che in questi giorni non se ne può proprio fare a meno di parlare di questi luoghi. Siamo sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali. Siamo la comunità più ammirata dell’intera nazione, quale onore, per essere riusciti a vincere la battaglia più dura della nostra storia. Più difficile di quella che il temerario Domenico Millelire combatté contro i franco-corsi più di due secoli fa o di tutte quelle altre che provocarono disastri a terra e a mare durante la seconda guerra mondiale. Perché il depotenziamento della piazzaforte della Marina militare italiana e la partenza definiva dei sommergibili a testata nucleare, raffigurano sì una storica opportunità per i maddalenini che possono, finalmente, riappropriarsi del proprio avvenire. Ma, proprio perché questo avvenire è stato sinora nelle mani di soggetti sovraordinati, gli eventi inattesi impongono un mutamento repentino per il quale nessuno o quasi, in città, è preparato. Il presidente della Regione, Renato Soru, è venuto tra noi e, per dimostrare che in questa fase cruciale gli abitanti dell’arcipelago non devono contare sulle proprie, esclusive forze, ha promesso che farà cadere su La Maddalena una pioggia di milioni di euro. «Tutti i problemi della Sardegna fossero quelli vostri», ha detto il governatore. Lasciando intendere: «Non piangetevi addosso perché avete il mare, la natura, l’ambiente: fateli fruttare e sarete tutti più ricchi». In linea di pura teoria il ragionamento non fa una grinza. Una volta risolte le emergenze e ricollocati i dipendenti italiani della base Usa che perderanno il posto di lavoro, il successivo step è rappresentato dai progetti legati allo sviluppo dell’industria delle vacanze. Si fa presto a dire turismo, però. La svolta culturale che deve accompagnare la rivoluzione antropologica e la creazione del modello socio-economico è di certo la più difficile da attuare. La confessione di questa impotenza consiglia prudenza. Ma qualcosa va fatto. La vita delle destinazioni turistiche, di norma, dipende dalla capacità degli operatori di tenere vivo il mercato attraverso la promozione, le novità, l’attività di marketing, le soluzioni geniali. Nel caso nostro, la fortuna ci ha assistito. Siamo partiti della Costa Smeralda, con strutture ricettive di richiamo internazionale e, pur considerando il turismo come fenomeno marginale, perché traevamo di che vivere in un altrove lontano, abbiamo conservato il privilegio di metà turistica à la page senza far nulla per meritarlo. Non siamo gli artefici del prodotto che offriamo: questo esiste in natura. Per diverse ragioni siamo stati capaci di non alterarlo in maniera compromettente. Adesso, forse, è arrivato il momento di metterlo in valore e ciò implica qualche sacrificio supplementare rispetto alla routine. Di sicuro i risultati non saranno tangibili dall’oggi al domani. Tuttavia, abbiamo il diritto di crederci, di essere degli inguaribili ma lucidi ottimisti. Il mutamento di rotta significa l’assunzione di responsabilità nuove: se vogliamo rilanciare la competitività di un prodotto che necessita di un operazione di make up dobbiamo essere consapevoli che l’illusione di un benessere diffuso, che dura lo spazio di una stagione estiva, è falsa. Per essere competitivi dobbiamo essere professionali. Quando, a titolo di esempio, dobbiamo confrontarci con il lusso a misura di Vip della costa dirimpettaia, essere professionali significa essere più bravi degli altri. Più bravi non solo a praticare l’arte dell’accoglienza, ma anche a capire se certi investimenti immobiliari che comportano rinunce in termini di territorio costiero da concedere, siano praticabili o meno. Perché ora, nell’arcipelago, arriveranno i cosiddetti investitori, con le valigette piene zeppe di danaro da far fruttare. Come si distingue l’imprenditore serio dallo speculatore cinico? Forse, non soltanto dalla quantità di danaro che possiede. Gli imprenditori seri sono quelli che arrivano in città, si presentano dal sindaco e illustrano un piano di fattibilità in cui sono valutati, oltre ai costi e ai benefici, l’impatto sull’ambiente, le ricadute occupazionali e la portata dell’investimento dell’investimentosull’economia, sulla società, sulla cultura locale. La Regione ha promesso che ci aiuterà e, fino a prova contraria, crediamo alle parole di Renato Soru. Ma, anticipamo i tempi, presentiamo i progetti, elaboriamo le idee. Non aspettiamo che siano ancora gli altri a suggerirci come dobbiamo impostare il nostro riscatto. Per evitare il rischio che i 45 milioni che conterà per noi il governatore servano solo per sfamarci in un momento in cui è arduo imbandire la tavola. Il sostegno finanziario è vitale per avviare un processo di emancipazione da secolari tutele e per farci, alla fine, camminare con le nostre gambe.

03/01/2006 22:05
 
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GLI STANZIAMENTI PER IL PARCO

"Non sarà un'azione indiscriminata"

Il direttore Vincenzo Satta parla di fondi per gli abbattimenti


Pochi giorni prima della fine dell'anno, il direttore generale del del ministero per l'Ambiente ha stanziato 380 mila euro per il Parco dell'Arcipelago della Maddalena. I fondi serviranno per eliminare gli abusivismi all'interno dei confini del Parco. Gli interventi riguarderanno per lo più a strutture leggere, come i pontili abusivi che circondano l'isola. In verità non è la prima volta che qualcosa si muove per contrastare l'abusivismo da tempo imperante nel territorio.

Ci aveva provato il commissario Portelli, senza però realizzare alcun intervento di rilievo. "Con questo 380 mila euro - commenta i direttore del Parco Vincenzo Satta - che sono certamente insufficienti per risolvere i problemi ambientali legati agli usi e agli abusi presenti nell'Isola, si vuole dare un segnale di forte presenza e azione non solo da parte del ministero, ma del Parco come l'Ente del Comune con cui questi soldi verranno spesi in comune accordo".

Sono coinvolte anche case abitate? "Questo problema è abbastanza particolare - spiega Satta - gli abusi alla Maddalena sono numerosissimi e sono tante anche le domande di sanatoria che il Parco ha ricevuto, come del resto tante altre ne sono state sanate in precedenza. Il problema che ci troviamo oggi, in realtà, è che molte abitazioni sono seconde e terze case, spesso affittate durante il periodo estivo ed utilizzate per questo scopo, e non come prime case. Per questo molto spesso ci troviamo di fronte a speculazioni edilizie. Ci sono, però, diverse situazioni con ordinanze di messa in pristino di luoghi e abbattimenti che vanno avanti da vent'anni. Un sistema che non è più accettabile. Alcune case sono di prima necessità e pertanto non sarà possibile abbatterle, mettendo per strada le famiglie, forse sarà necessario prima provvedere con l'edilizia popolare e poi procedere alla messa in pristino. Mentre invece altre sono delle vere e proprie speculazioni e queste talvolta sono presenti anche nel lato di ponente dell'isola e magari sono quelle già interessate da segnalazioni e ordinanze di sequestro".

C'è poi la questione delle case costruite entro centocinquanta metri dal mare. "Fra questi ci sono alcuni abusi che sono totalmente insanabili e per i quali si interverrà nei termini e nei modi, valutando le opportunità che la legge consente, aggiungendo anche il buon senso, al contrario del commissario Portelli".

Come mai è il Parco ora che viene interessato agli abusi e non il Comune "Parco e Comune sono la stessa cosa, da questo punto di vista - termina Satta - non vedo differenze. L'importante è riuscire ad avere i finanziamenti per potersi muovere. Non si possono fare figli e figliastri alla Maddalena, tanto che i soldi non sono un obbiettivo e il fine primo per l'abbattimento, ma un obbligo di legge, altrimenti in questo caso il Parco diventa inadempiente. Il fine principale ora è eliminare alcune situazioni vergognose presenti nell'Arcipelago, sostituendole con strutture sicure meno pericolose e pericolanti".

Quando inizierete? "Dovremmo sfruttare il tavolo gia avviato tra Comune, Capitaneria e Parco, sentendoci tutti insieme e concordando gli interventi. La logica e il buon senso saranno lo strumento guida: non ci sarà un'azione indiscriminata.

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