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"Abbattuti dallo Scirocco"

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2007 13:38
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"Abbattuti dallo Scirocco" - di Tullio Marcon


Nel corso della sua attività subacquea, finalizzata alla ricerca scientifica, il professor Gianfranco Purpura dell'ateneo palermitano s'è imbattuto nel mare di Cefalù nei relitti di tre aerei affioranti dalla sabbia dei fondali tra i 9 ed i 14 metri.
Il ritrovamento - a conferma di quanto già noto da anni ai pescatori della zona - riporta alla memoria un episodio della seconda guerra mondiale che, per un certa eccezionalità di svolgimento, aveva goduto di rilevanza non solo locale all'epoca del fatto, ma si era addirittura guadagnato una copertina a colori su uno dei più noti periodici di allora.
Il fatto si era concluso nelle prime ore del 12 novembre 1941, consentendo così al Quartier generale delle Forze armate di darne notizia con il Bollettino N. 528 dello stesso giorno in questi termini:

[...] Sempre nelle prime ore di stamane, quattro apparecchi da caccia pesante inglesi, intercettati dalle nostre forze, sono caduti nella zona di Cefalù. Tre sono scomparsi in mare, un quarto è precipitato a terra e l'ufficiale che lo pilotava è stato fatto prigioniero.

Ad integrazione della notizia, l'indomani si rendeva nota la cattura di altri sei superstiti. portando così a sette - come in realtà era - il numero dei prigionieri.
Ciò che invece non corrispondeva al vero, riguardava tanto il tipo dei velivoli coinvolti quanto la causa della loro perdita: erano infatti aerosiluranti "Swordfish", nei cui riguardi non v'era stata alcuna intercettazione; come i pescatori di Cefalù avevano efficacemente rilevato con immediatezza, essi erano stati "abbattuti dallo scirocco!".

La possibilità di attingere a due fonti qualificate - entrambe britanniche - consente di ricostruire e narrare ponendo, nel contempo, in evidenza certe discrepanze con una diversa versione sull'accaduto; come si vedrà, solo la seconda di esse si rivelerà pienamente attendibile.

Il protagonista è uno Squadron maltese: l'830°, già noto per la sua attività nella lotta al traffico e contro obiettivi in Sicilia[1]. Le sue capacità d'intervento notturno sul mare si sono incrementate dall'ottobre 1941, con l'arrivo nell'isola di 3 "Wellington" Mk. VIII muniti di radar e in grado di guidare i "Swordfish" verso il settore ove possono servirsi del loro più modesto impianto di bordo, per individuare il naviglio avversario. Questi accorgimenti, uniti al flusso d'informazioni "Ultra" (la decrittazione dei messaggi radio italo-tedeschi, n.d.r.) del quale ormai Malta gode quotidianamente ed alla presenza nell'isola della forza navale "K", si sono fusi in un "cocktail" micidiale per l'Asse, la cui più recente conseguenza (anche se non coinvolgente gli aerosiluranti) è stata la distruzione del noto convoglio "Duisburg" la notte del 9 novembre.

Stando alla prima delle due fonti citate[2], l'episodio di Cefalù sembra trarre origine proprio da detta distruzione, dal momento che uno dei provvedimenti immediati adottati dall'Asse per rimediare alla tragedia, consistette nell'inviare a Tripoli sulla rotta di ponente qualche modesto convoglio di piccoli bastimenti con materiali di prima necessità. Di conseguenza, sono pronti a salpare da Trapani alle 19,30 dell'11 novembre, con la scorta della torpediniera Prestinari, il piroscafo Le Tre Marie di 1.086 tsl ed il piccolo Sant'Antonio di sole 374 tsl, con 3.000 tonnellate di viveri e materiali per la Libia; velocità di soli 7 nodi.

Non essendovi altro per mare e ritenendo altamente probabile che "Ultra" abbia fornito a Malta la notizia, si può desumere che l'830° Squadron si accinga ad attaccare questo convoglio, che viene infatti dato come costituito da 2 mercantili scortati, a ponente di Pantelleria. Invero, la posizione appare prematura rispetto al suo orario di partenza, ma comunque s'è già alzato un "Wellington" alla sua scoperta, che è perciò in grado di fornire ogni utile ragguaglio.

Da un mese, il reparto ha un nuovo comandante: il Lieutenant Commander Hunt[3], proveniente dalla Gran Bretagna dove era stato capo istruttore al corso osservatori di Arbroath; ha già guidato una prima volta i suoi uomini nel fortunato attacco dell'11 ottobre, conclusosi con l'affondamento dei piroscafi italiani Zena e Casaregis.

Anche questa volta, prenderà posto sul velivolo di testa che, pilotato dal Lieutenant Osborn[4], veterano del reparto con quest'ultima azione da compiere prima del suo trasferimento come istruttore a Pensacela negli U.S.A., è provvisto di radar ASV e quindi non porta carico bellico; gli altri 6 velivoli sono invece armati di siluro.
La formazione decolla che è già notte, mentre è in corso una robusta sciroccata, con raffiche che superano i 30 nodi (oltre 50 km/h); evento - per altro - non eccezionale in questa stagione per il Mediterraneo centrale, ingrossatosi da Creta al Canale di Sicilia ed oltre.

Ben presto, tre velivoli rientrano per noie ai motori; e sarà la loro fortuna. Gli altri quattro proseguono e raggiungono le acque a ponente di Pantelleria, cercando il convoglio. Non rintracciandolo, virano a nord-est percorrendone la rotta usuale, oltrepassando Trapani e poi piegando a levante, sino all'altezza di Palermo. Qui giunti, tornano indietro seguendo lo stesso percorso, sino a raggiungere nuovamente Pantelleria, e senza aver avvistato alcunché: caso invero strano, visto che il piccolo convoglio, seppur tormentato dal mare al traverso che lo obbliga a procedere a neppure 6 nodi, sta seguendo proprio la rotta che lo porterà a "puggiare" sull'isola[5].

Sempre stando alle cronache dello Squadron, i quattro "Swordfish" sono in volo ormai da circa 4 ore, avendo percorso oltre 700 km; la loro autonomia con carico bellico e 762 litri di carburante (nei due serbatoi di dotazione normale) è di oltre 850 km; ma si sa che, per l'occasione, hanno imbarcato dietro il sedile del pilota un terzo serbatoio supplementare, con altri 273 litri di benzina, il che porta l'autonomia a quasi 1.200 chilometri. Orbene, visto che ve ne sono 250 tra Pantelleria e Malta, e pur maggiorandoli di un altro centinaio a causa dello scirocco in prora, il rientro alla base appare ancora possibile; ed infatti, i gregari s'attendono da un momento all'altro l'ordine di virare verso levante.

Invece, il velivolo del comandante inverte la rotta puntando nuovamente sulla Sicilia, avendo acquisito la certezza di non farcela ed obbligando gli altri a seguirlo. Tuttavia, l'ammaraggio o l'atterraggio forzato non avvengono - come sarebbe logico - sul primo tratto di costa sicula raggiunto (ad esempio tra Capo Lilibeo e Capo Granitola), ma il volo prosegue oltrepassando Trapani e Palermo, per concludersi infine davanti a Cefalù, ossia dopo altri 300 chilometri !
Da quanto fin qui fedelmente riportato, nasce la naturale convinzione che qualcosa non quadri nel racconto; tra l'altro, la fonte da per disperso anche il "Wellington" inviato alla scoperta delle navi, il che è invece negato dal suo stesso pilota, il Flight Lieutenant Spooner[6] che, vivo e vegeto, diverrà poi l'autore di varie opere sulla guerra a Malta, consentendo in una di esse[7] - la seconda fonte, appunto - di ricostruire l'accaduto in termini reali, avvalendosi della testimonianza del già citato Osborn.

Questi ha a bordo - come già detto - il comandante, che s'è assunto il compito di fare da navigatore per la formazione, malgrado la mancanza d'esperienza nel nuovo teatro operativo (anche sotto il profilo meteorologico) lo sconsigliasse.

Inizialmente, si punta nella direzione di Lampedusa, ma poi, circa a metà strada, Hunt corregge la rotta ritenendo che il vento sia cambiato e spiri adesso da nord-ovest; forse intende così compensare la deriva. Osborn esegue, ma resta in dubbio poiché sa che durante le forti sciroccate come quella in atto, il vento non "salta" improvvisamente di 180°. Passa ancora un'ora, ed infine, nel buio tra la nuvolaglia, si avvista la sagoma indistinta di un'isola, che per Hunt è Lampedusa; perciò, ordina di puntare su Pantelleria. Osborn gli propone di chiedere a Malta una verifica della loro posizione, ma il comandante risponde che non ve n'è bisogno. Osborn insiste ed alla fine si chiama Malta; ma questa non risponde, il che da ad Osborn la certezza che ormai sono fuori rotta e ben lontani dalla base, che non può più ascoltarli. Allora chiede ad Hunt dove secondo lui si trovano; dopo una lunga pausa, questi azzarda che forse sono nel Golfo di Sfax!

A questo punto, sul "Swordfish" avviene un qualcosa che assomiglia all'ammutinamento del Caine in miniatura: Osborn, che ormai ha la certezza che il comandante ha perso - è il caso di dirlo - la bussola e che stanno volando alla cieca andando verso il disastro, disconnette il tubo portavoce per non ricevere ulteriori ordini senza senso e decide di prendere in mano la situazione.

Per prima cosa, e sempre seguito dai gregari, scende di quota fino a 30 metri ed ha così la conferma che il vento spira sempre con violenza da sud-est. Fa allora mente locale e, ripercorrendo il cammino, conclude - ed è nel vero - che l'isola avvistata non era Lampedusa bensì Pantelleria; quindi, stanno volando da un pezzo non verso la Sicilia, bensì verso la Sardegna! Sono ormai passate più di 3 ore dal decollo, sicché è presumibile che Malta disii circa 300 miglia, troppo per farcela con almeno 30 nodi di vento in prora. Non resta allora altra scelta: bisogna puntare sulla Sicilia e prendervi terra.

Interpellato Hunt e non avendone risposta, Osborn decide per tutti ed ordina di virare a dritta, assumendo rotta per est-sud-est: prima o poi, dovrà apparire la Sicilia. Ciò infatti avviene quando, a conti fatti, non restano che una ventina di minuti di volo: quella che si vede è la costa settentrionale dell'isola e la riconoscono.

È il momento di liberarsi dei siluri; uno dei quattro velivoli lo sgancia in direzione del porto di Palermo, che ora è al traverso; ma non farà danno. Poi, si avvista Cefalù e si nota un tratto di costa ove sarebbe possibile atterrare. Ma da terra s'alza il fuoco antiaerei, che obbliga la formazione a riprendere il largo e compiervi l'ammaraggio forzato. Vi riescono due velivoli, quello di Osborn e quello del Sub Lieutenant Campbell[8]; il parigrado Taylor raggiunge invece la spiaggia, ove il suo "Swordfish" si pianta però con il muso. Il quarto velivolo è l'unico a finire tragicamente, esplodendo per cause imprecisate al contatto con il mare (o con qualche scoglio)[9]; andranno così dispersi il Lieutenant Wigram ed il Sub Lieutenant Griffith.

Mentre per Taylor ed il parigrado Robinson che era con lui l'avventura si conclude quasi subito con la cattura, altri 5 uomini sono ancora in mare: Hunt ed Osborn con il Sergeant Parke, loro TAG[10] e Campbell con il TAG Fallon. Questi ultimi due, saliti sul battellino (che si gonfia automaticamente al contatto con l'acqua), sono presi a fucilate da terra: l'involucro viene forato e debbono perciò guadagnare la riva a nuoto. Per gli altri tre va peggio, anche perché si trovano più al largo e la pistola lanciarazzi Very per chiedere soccorso è rimasta sul velivolo. Aiutandosi con le mani, si avvicinano con il battellino alla costa, ma un raggio di luna li rivela e da terra una mitragliatrice apre il fuoco[11]. Poi, torna il buio ed è scansato il pericolo; ma, quando erano già ad un miglio dalla costa, il vento li respinge al largo e ve li tiene fino al pomeriggio, quando un peschereccio li recupera e li porta a Cefalù. Raggiungeranno i compagni sopravvissuti al Gran Hotel di Palermo, prima d'esser avviati in prigionia.

A tal proposito, Osborn scriverà tanti anni dopo: "Da tutti i siciliani che incontrammo, non ricevemmo altro che gentilezze"[12].

A Malta, frattanto, avevano perso le speranze. Il "Wellington" di Spooner, dopo aver atteso inutilmente la formazione, era rientrato ritenendo che essa avesse rinunciato all'azione per mancanza di carburante. All'alba, un "Swordfish" decollò per una ricerca nelle acque di Pantelleria, rivelatasi ovviamente inutile. Infine, la certezza sull'accaduto - non sulle cause - la si ebbe dalla radio italiana, che veniva regolarmente ascoltata a Malta, che ne riferì con il già citato Bollettino.

Campbell, trasferito dall'Italia in Germania, riuscì ad evadere dalla prigionia nel tardo 1943, raggiungendo la Gran Bretagna attraverso la Svezia. Fu da lui che l'830° Squadron ricevette un primo rapporto sui fatti; rapporto presumibilmente impreciso, ove si parlava di un salto di vento e non d'un errore di navigazione[13].

Poiché era stata proprio questa la causa determinante dell'accaduto, scirocco a parte; e bene lo avrebbe spiegato Osborn, dopo essersi sorbito tre anni e mezzo di prigionia, rientrando in patria a guerra finita. E la rabbia per la beffa giocatagli dalla sorte alla vigilia del trasferimento traspare ancora adesso dalle sue parole.

Tullio Marcon in "Storia Militare" n. 52, anno 6.

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07/02/2007 13:38
 
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