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Quote rosa?

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2015 09:41
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15/10/2005 15:02
 
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Sono fermamente convinto che, se ci fossero molte più donne nel nostro Parlamento e nelle nostre Amministrazioni locali, avremmo una Italia nettamente migliore. Ma non credo sia proprio una questione di quote assegnate per Legge: o mi sbaglio? Voi che ne dite?
Per aiutarvi a riflettere:

Donne in politica: in Italia, ci vorrebbe lo shock di un forte partito delle donne
Rita Bernardini risponde a Ferrara. La tesoriera di Radicali Italiani, Rita Bernardini, risponde all’editoriale del Foglio “Le donne, i cavalier, l’armi, gli amori”


Roma, 14 ottobre 2005


Caro Ferrara, però…

ho capito che la Prestigiacomo non ti piace e, consentimelo, è questione di gusti. Ma hai provato a paragonarla a ciascuno dei novecento parlamentari maschi che compongono il parlamento italiano? Tutti più bravi, preparati, culturalmente scintillanti, meno monotoni?



La verità è che le donne, per farcela in politica, devono essere non dieci ma cento volte più brave degli uomini e, infatti, descrivi a meraviglia il tuo ideale: se non è economista che voglia andare al tesoro o ricca donna di potere che intimidisce la truppa maschile, deve almeno essere una donna di popolo che sappia cosa pensano le altre donne e di che cosa hanno bisogno. Già perché di che cosa abbiano bisogno le donne e che cosa pensino, nulla sa la Prestigiacomo e tutto sai tu insieme a coloro che pretendono di spiegare alle donne parto, divorzio, aborto, contraccezione, sempre pronti a frugare nelle mutandine anche quando nessuna lo vuole o ve lo chiede.



Credo che per superare l’assurdità di un parlamento in cui il 90 per cento dei componenti sono uomini, non serva l’umiliante elemosina delle quote femminili, ma partiti nuovi e, forse, lo shock di un forte partito delle donne che contribuisca a sgominare l’anomalia italiana che – come ci ricorda Miriam Mafai – colloca il nostro Paese al SETTANTESIMO posto nella classifica dei parlamenti del mondo e al VENTINOVESIMO dei parlamenti in Europa!



Con ironia, capacità e forza d’animo Emma Bonino fece la sua campagna “Emma for president” con lo slogan “finalmente, l’uomo giusto”… un grande successo che, però, ha determinato la violenta reazione del potere politico italiano che si è prodigato, riuscendoci, ad espellerla dall’Italia.

www.radicali.it/view.php?id=43427

Bonino: quote rosa? Ridicole
La bocciatura alla Camera: "Sono un provvedimento emergenziale da Afghanistan"


• da La Stampa del 15 ottobre 2005, pag. 2


di Antonella Rampino

«E insomma, ancora con le quote rosa...». Un pò si stranisce Emma Bonino, a sentirsi chiedere di qualcosa che evidentemente considera la mitica arretratezza della politica anche femminile italiana. E non perché, ai tempi, la sua campagna «Emma for president» fosse tutta impostata sull'«uomo giusto per il Quirinale». Ma, naturalmente, perché «il vero dramma è il ritorno al proporzionale che c'era negli anni Ottanta, la violazione delle regole, l'insulto agli elettori che con i referendum hanno scelto con chiarezza il maggioritario..».

Però, Bonino, quello delle quote-rosa si è configurato come un dramma nel dramma. Lei le giudica alla stregua di liste-Panda, riserva d'apartheid femminile. Ma con la situazione che c'è in Italia, resa plasticamente evidente con il voto segreto per affossarle, e richiesto proprio dal centrosinistra, non si può considerare necessità una non-virtù?

«Ancora con i provvedimenti emergenziali? Ma allora le donne sono davvero parte della politica! Guardi, sono accettabili in Afghanistan, in Marocco. Non in Italia».

Lo dice perché il trenta per cento di quote rosa nelle proposte della Cdl e della Margherita erano ben al di sotto della riserva afghana, notoriamente fissata al cinquanta per cento?

«Anche. Ma il punto è che fa ridere pensare che in Italia abbiamo bisogno di quote. Il punto, come è noto, è il potere delle donne all'interno dei partiti, per quel che riguarda la politica. E forse è anche meglio che non siano passate, visto che per metterci una pezza tutti, da Forza Italia ad An ai diesse, hanno poi assicurato che ci saranno percentuali forti di candidate. Badi bene che quando dico "nei partiti" intendo "nella società". E' per quello che le quote sono ridicole. Che vogliamo fare, tot giornailiste alla Rai, tot signorine negli enti pubblici?».

Quindi, meglio che la Camera abbia bocciato...

«Meglio. A me sembra che noi donne dovremmo ritenere e cercare di valere ben oltre la semplice appartenenza a un genere. Le faccio un esempio: quando nel 1976, non per legge ma per scelta politica, tutti i capilista del partito radicale erano donne, non per legge ma per scelta politica, verificammo la ridicolaggine. Fu difficilissimo non dover ricorrere a certe signorine che non avevano requisiti politici, o di intelligenza, difetti che si riscontrano naturalmente anche tra le donne, oltre che tra gli uomini. E bisognerebbe invece chiedersi perché, a parte la Aglietta, la Francescato e me, in Italia non ci sono e non ci siano state donne segretario di partito».

Dunque un'emergenza c'è. Ed è, se vuole, un'emergenza che non riguarda solo le donne, essendo legata al meccanismo di selezione delle classi dirigenti, che in Italia ancora avviene troppo spesso più per cooptazione che per merito...

«La fermo subito. Io non penso affatto che i mezzi giustifichino i fini. Piuttosto, i mezzi prefigurano i fini. E a me prefigurare una società a quote, in cui dobbiamo essere tot neri, tot gialli, tot bianchi, tot donne nere, tot donne gialle...».

Questo lei lo dice per via della sua larga esperienza nelle istituzioni internazionali, dove, dall'Onu alla Commissione europea, dal Fondo Monetario alla World Bank, le quote ci sono, e da sempre.

«Lì è un problema di nazionalità, ed è una regola che vige anche e soprattutto in base ai finanziamenti, nazione per nazione. Si chiameranno anche quote, ma non sono stabilite da leggi, si tratta di semplice consuetudine, legata al fatto che chi più mette, più posti vuole. Una specie di lottizzazione, che nella Ue è legata specificatamente a criteri di grandezza e contributi dei paesi. E guardi che non produce risultati particolarmente brillanti. Anzi, è spesso uno dei motivi non secondari di disfunzione e inefficienza di queste istituzioni».

E tuttavia le quote rosa in Germania e in Francia esistono, anche se certo non sono state loro a produrre nè Edith Cresson, nè Angela Merkel...

«In Germania le quote ci sono, ma all'interno dei partiti. In Francia non hanno prodotto, se così possiamo dire, neanche un sindaco. Ma farle in Italia, per il Parlamento, sa cosa signilicherebbe? In un Paese come il nostro produrrebbe quote tra i direttori di giornali, di banche pubbliche, di ospedali... E poi lei parlava di cooptazione: anche le quote lo sono. Perché c'è sempre qualcuno che decide, i segretari di partito, gli editori di giornali o televisioni, di enti locali o finanziari. E loro, in un mondo in cui c'è la cooptazione e non la meritocrazia, molto semplicemente invece degli amichetti loro ci metteranno le amichette loro. Problema non risolto, insomma».

www.radicali.it/view.php?id=43518









   
   
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