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Il Condottiero.

Ultimo Aggiornamento: 17/12/2004 13:17
13/12/2004 22:48
 
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L’alba stava rischiarando le creste delle montagne all’orizzonte incendiandole di una calda luce dorata. Nella gelida aria di metà febbraio pochi e sommessi erano i rumori che a tratti rompevano l’incantesimo dell’attesa. Non c’era nervosismo solo un’attesa che diveniva di minuto in minuto sempre più palpabile. I pochi fuochi erano ormai ridotti a braci sotto la cenere. Aspettavamo. Lentamente tutto tornava a vivere, lo sbuffare dei cavalli, gli ordini impartiti a voce sommessa ma decisa, il leggero clangore delle armature che gli scudieri si affrettavano a sistemare, le armi lucidate e affilate, le battute dei veterani e lo stomaco attorcigliato dei novellini. Lui fermo all’esterno della propria tenda lanciava occhiate, ora di rimprovero, ora di assenso a quelle poche persone che avevano l’ardire di guardarlo negli occhi. Non vi era alcuna traccia di preoccupazione nel suo sguardo, nulla poteva scuoterlo, attendeva. Attendeva l’inizio dell’ordalia di sangue che di li a poco sarebbe cominciata. Duro temprato da mille battaglie, sempre in testa ai propri uomini, senza paura, senza vanagloria, semplicemente solo ed unicamente il dovere nei suoi cocchi. Chiunque l’osservasse in quel momento mai avrebbe potuto nemmeno lontanamente pensare che la sua anima era in quel momento completamente divisa, nulla traspariva, ma il tormento interiore gli faceva continuamente cercare la spada che pendeva sul fianco. Era pronto alla battaglia che lo attendeva ma proprio non riusciva a rimettere pace dentro se stesso. Con la mente tornava all’infanzia, niente amore solo dovere, aspettative e ferite che gli avevano segnato il corpo e molto profondamente l’anima. Non era nato uomo d’armi ma presto era dovuto diventarlo pagando con il sangue e con l’umiliazione le dure lezioni della vita. Profonde cicatrici gli segnavano il corpo, ricordi incancellabili di molte battaglie, quelle dell’anima invece stentavano ancora a cicatrizzarsi nonostante il tempo fosse un’ottima medicina. Nato senza alto rango aveva dovuto farsi strada con le unghie e con i denti affilando la spada e tramando nell’ombra attento a cogliere ogni più piccola debolezza del nemico, dunque attaccare freddo, calcolatore, spietato mettendo da parte sentimenti e nascondendo ogni debolezza che avesse potuto rivelare la sua vera natura. Eroi di molte campagne osannato dal popolo e invidiato da qualsiasi guerriero, amato alla follia eppure così solo, tremendamente solo. Solo perché il potere non ammette debolezze ne indecisioni e tutti sono possibili nemici non potendosi mai fidare di nessuno. Tutte queste cose gli tormentavano l’anima ma gli uomini vedevano solo determinazione nei suoi occhi, vedevano rabbia, vedevano l’uomo che li avrebbe condotti alla vittoria, nessun dubbio su questo, nessun inganno. Come sempre avrebbe cavalcato in testa alle sue truppe e nessun generale avrebbe potuto convincerlo ad aspettare l’esito di una battaglia anche perché era lui stesso il fattore determinante in ogni battaglia. Lo credevano invincibile, immortale pronto a sedere austero e autoritario al fianco degli uomini che nella sala degli eroi avevano conquistato il loro posto ed attendevano solamente il momento propizio per tornare in vita e combattere per gli ideali che li avevano sostenuti durante tutta la loro gloriosa vita. Lui sapeva tutto questo ed ogni volta ne traeva una forza e una furia inimmaginabile che gli permetteva di essere il loro condottiero, ma non questa volta, lo sentiva , sarebbe stato tutto diverso questa volta non era paura ma la certezza di aver finalmente chiuso il cerchio che dentro nel profondo per troppi anni era rimasto aperto e volutamente ignorato.I generali cominciarono ad arrivare seguiti dai luogotenenti riportandolo bruscamente alla realtà. I loro visi mostravano solo determinazione e la devozione dovuta al loro Signore. Si fermarono tutti a circa due passi di distanza e rimasero immobili ad osservare la scena che andava componendosi nella valle sotto i loro occhi. Nessuno si azzardava a pronunciare la benché minima sillaba. Attendevano che il loro Signore decidesse il momento in cui avrebbero potuto parlare. Skendar sentiva la loro sete di sangue, coglieva il minimo respiro irregolare di ogni suo generale e ne assaporava la determinazione. Diede un’ultima occhiata alla vallata sottostante, valutando il dispiegamento delle forze nemiche e la loro consistenza, cercava automaticamente tutti i possibili punti deboli e allo stesso tempo formulava piani di attacco e difesa. Sarebbe stata una giornata di gloria, comunque fosse finita la battaglia, in quel giorno si sarebbe decisa la sorte dell’impero e nulla sarebbe più stato come prima. Nelle file nemiche si percepiva un certo nervosismo che in parte derivava dal fatto di dover comunque combattere contro i propri fratelli e questo, pensava Skendar, avrebbe giocato a suo favore. Nessuno dei suoi uomini, dal primo dei generali all’ultimo dei fanti, avrebbe avuto la minima esitazione, forgiati da troppe battaglie avrebbero fatto il loro dovere sino alla fine, fino a rendere l’anima agli Dei se fosse stato necessario. La coalizione che si trovavano davanti era molto superiore di numero ma allo stesso tempo, pur essendo ben armati e riposati, non potevano vantare la stessa superiorità tattica che lui e i suoi uomini potevano mettere in campo. Lasciò vagare ancora un poco lo sguardo e alla fine si voltò guardando negli occhi, uno ad uno, i propri generali, che involontariamente si irrigidirono, aspettando un ordine che non avrebbe tardato ad arrivare. –Seguitemi nella mia tenda,
i luogotenenti possono attendere qui.- Si avviò dunque senza nemmeno aspettare una risposta, che comunque non ci sarebbe stata, i quattro generali lo seguirono con passo marziale sicuri che il momento era finalmente giunto. Arrivati alla tenda Skendar fece cenno agli uomini di accomodarsi e senza indugiare oltre prese una carta della zona e la dispiegò sul tavolo. - Signori, quella di oggi sarà la battaglia che chiuderà finalmente questa inutile guerra, ci troviamo a dover affrontare un nemico numericamente superiore, preparato ma non per questo invincibile. Tatticamente siamo in una posizione favorevole-. Lanciò un occhiata circolare ed i quattro annuirono senza proferire parola, indicando la carta proseguì – Questo è il terreno su cui ci dobbiamo muovere, come tutti sapete noi siamo accampati qui a sud su una collina che ci permette di difendere bene la posizione ma che allo stesso tempo ci pone il problema di evitare un accerchiamento data la superiorità numerica del nemico. Dunque attaccheremo noi per primi osservate la carta.Come dicevo noi siamo qui- e indico un punto a sud sulla carta- Il nemico si attestato sulle colline a nord, in mezzo la pianura, ad ovest il fiume Rona e ad est questo bosco che sale sino alle pendici delle montagne Dipinte. Gli esploratori dicono che il bosco potrebbe crearci grossi problemi, pare che Murak stia dislocando li gli arcieri e questo sinceramente non mi stupirebbe affatto. Ora tenendo conto delle eventuali sorprese che ci attendono io ho pensato di agire così. – Gli occhi di Skendar cercarono il primo dei generali alla sua destra che si irrigidì immediatamente. – Arauchar tu sarai la carta decisiva che potrà risolvere la situazione in caso di accerchiamento. Io alla testa della cavalleria caricherò frontalmente mentre Mambis ci coprirà con i suoi arcieri facendo in modo che la carica risulti efficace. Barkos tu attenderai l’esito della prima carica disponendoti a mezzaluna e avanzando sistematicamente. Cercheremo di spezzare in due tronconi l’esercito nemico e mentre la cavalleria tornerà a coprire i fianchi cercheremo di spingere il nemico verso il fiume e verso il bosco. A te Mouthar la fase rischiosa della battaglia. Con i tuoi veterani dovrai snidare gli arcieri dal bosco, se ci sono, e in un secondo tempo prendere alle spalle l’esercito nemico. Inutile che vi ricordi che tutto dipende dalla perfetta esecuzione di ogni mio ordine e che nessuno, ripeto nessuno, darà ordine di ritirarsi se non io personalmente. Non ho alcun dubbio sulla vostra fedeltà e sul coraggio che già avete dimostrato di avere. Se io dovessi cadere in battaglia Arauchar prenderà il comando. A lui la vostra totale ed incondizionata fedeltà, tanta quanta ne avete dimostrata a me nel corso della vostra vita. A te mio fedele amico un ordine solo: Vincere!!. – Detto questo si fermò a guardare i generali, negli occhi uno per uno, ed ognuno di loro con un accenno di assenso sancì la propria fedeltà al proprio signore. Skendar si alzò e disse: Se non ci sono domande vi congedo, impartite gli ordini e radunate le truppe, parlerò loro non appena sarete pronti. I quattro si alzarono strinsero brevemente la mano a Skender solo Arauchar parlò: Signore, aspetta! E così dicendo pose una mano sulla spalla di Skendar guardandolo dritto negli occhi. – Hai dimenticato una cosa. Come prima dell’inizio di ogni battaglia sempre abbiamo sempre rispettato il giuramento. Ricordi mio Signore? Ed oggi noi qui stiamo vivendo la Storia, tutte le generazioni future ricorderanno il tuo nome. - Skender lo guardò e per un attimo qualsiasi suono si spense, solo un refolo di vento fece tremolare la fiamma del braciere, cinque uomini decidevano il destino del mondo conosciuto. – Arauchar – disse – la storia la scrivono i vincitori ed alla fine di questa giornata solo gli Dei sapranno chi scriverà questa pagina di sangue. Il giuramento oggi non è solo per noi. Oggi giureremo con tutti i nostri uomini. – Detto questo voltò le spalle ed uscì dalla tenda come un uragano urlando ordini a destra e sinistra e trovando dentro di se la furia che fin da ragazzo lo aveva sostenuto in tutte le sue battaglie. I quattro non attesero oltre, uscirono e come i quattro guerrieri dell’inferno cominciarono a dare ordini per preparare l’attacco. Nessuno ebbe dubbi o esitazioni tutti erano ormai pronti, tutti avevano raccomandato l’anima a qualche Dio o qualche demone, tutti credevano in Skender e nei suoi quattro cavalieri e tutti erano sicuri che l’ultima battaglia sarebbe assurta a leggenda solamente il giorno dopo e tutti, morti o feriti o sopravvissuti avrebbero fatto parte della leggenda. Ordinatamente tutti occuparono i loro posti, non vi era incertezza, solo gli ordini eseguiti e l’attesa che finalmente sembrava sfociare nell’azione. Quando tutti i ranghi furono completati Arauchar si presentò a Skendar seguito dagli altri generali: Mio Signore, siamo pronti, le truppe sono schierate aspettano una tua parola. – Bene – rispose Skendar che aveva seguito tutti i preparativi coordinando la sua guardia personale ed impartendo precisi ordini al capitano. –Seguitemi- disse e si avviò verso la pare più alta della collina da dove avrebbe potuto essere ascoltato da tutti e tutti avrebbero potuto guardarlo negli occhi. Alla sua apparizione qualsiasi brusio si spense, sembrava che persino gli animali provassero rispetto per il loro Condottiero. Skender abbracciò con una sola occhiata tutti gli uomini, alzò lo sguardo al cielo e lanciò un urlo lacerante che lacerò il silenzio. L’urlo che sempre in ogni battaglia attendeva solo di essere liberato. I quattro generali si sentirono gelare il sangue e lanciarono anche loro il proprio urlo a cui si aggiunse quello di tutti i guerrieri. L’urlo riecheggiò nella valle per alcuni interminabili istanti giungendo fino alle orecchie del nemico e sconvolgendo tutti coloro che mai avevano udito i demoni dell’inferno urlare. Molte delle reclute nemiche, arruolate a forza anche tra i contadini, non riuscirono a mantenere la lucidità necessaria, già la superstizione lavorava a favore di Skendar, mollarono tutto e si diedero alla fuga, nonostante molti fossero giustiziati sul posto per diserzione dai loro capitani, nessuno riuscì a trattenerli. Skendar sorrise, un sorriso feroce che poco aveva di umano, poi inspirò e con tutta l’autorità del suo rango parlò: Guerrieri. Oggi si compie l’ultimo atto di una campagna che dura ormai da troppi anni. L’alba domani mattina ci dirà se abbiamo avuto la forza di piegare il destino al nostro volere. L’alba ci dirà se potremo ancora vivere in pace o se inutilmente abbiamo combattuto solo contro noi stessi. Una cosa vi posso dire niente sarà mai più come prima, che noi vinciamo o meno avremo una sola certezza quella di aver combattuto con onore, sarete tutti eroi. Ora vi invito a rinnovare con me il Giuramento. – Tutti gli uomini lo guardarono sbalorditi, il giuramento veniva solitamente pronunciato solo dal Signore e dai suoi più fedeli alleati, anche se tutti lo conoscevano mai veniva menzionato, era una sorta di preghiera e tutti ne avevano un profondo rispetto. Skendar lesse lo sbalordimento misto a gioia sui volti dei soldati e con quanto fiato aveva in corpo disse: - Avoi riservo questo onore e mai più a memoria d’uomo sia dimenticato che Io Skendar Signore di tutto il mondo conosciuto e unico Condottiero dell’Impero vi nomino oggi miei pari innalzandovi al rango di fratelli di sangue, sangue versato da me dai miei generali e da voi. Che nessuno di voi dimentichi ed ora Giuriamo!! – Skendar tacque chiuse gli occhi alzò di nuovo lo sguardo al cielo e intonò:


A voi padri
Giunga il tributo
Di sangue versato
Mia supplice preghiera.

In questa piana desolata
Silenzio e dolore
I compagni riposano
Certi della vittoria.

Spiegatemi il sangue
Gli occhi aridi di vita
Le cicatrici sul corpo
L’anima divisa.

Padri ai miei figli
Lascerò solo odio
Ed una vedova bambina
Piangerà il suo destino.



tutti, i Generali, gli uomini, gli scudieri, i fabbri e i servi intonarono il giuramento, alcuni con le lacrime, lacrime per l’onore loro tributato e per l’imminente resa dei conti. Il grido si sparse nella pianura, tutto tacque, nemmeno il vento si azzardò a interrompere il Giuramento di un popolo e del suo Signore. Skendar assaporò quegli istanti, la forza confluiva in lui, tutte quelle anime si fondevano alla sua, ora solo l’odore del sangue e della paura avrebbe placato la sua anima e quella della sua gente.

Loshrike..... continua..

[Modificato da loshrike 13/12/2004 23.36]

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Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
16/12/2004 21:36
 
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Sei molto molto molto bravo, molto più bravo di tanti che srivono libri come lavoro.
Stai diventando il mio romanziere di successo preferito[SM=g27836]
Visto che uso gli affarini qua sotto adesso?
Quando diventi famoso, e ricco, vengo alla tua prima così mi metti la firma sul libro[SM=g27823] non manca tanto vero?
ciao romanziere condottiero
[SM=g27838]
Sally
Sally
16/12/2004 22:33
 
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caspita losh, ma chi è Wilbur Smith al tuo confronto

mi sembra che tu riesca a passare da un genere ad un altro quasi senza fatica, e in ogni "tipo" di racconto riesci ad incuriosire il lettore

quando dico che riesci ad incuriosire il lettore intendo dire che riesci a portarlo avanti nella storia senza farlo cedere inizialmente

e tenuto conto che un editore prende in considerazione un libro solo se le primissime pagine sembrano interessarlo, direi che hai dei punti non indifferenti

i miei complimenti, davvero, fosse un certo tipo di spazzatura che si vede in giro stai tranquillo che non avrei problemi nel dirtelo (alla cane sciolto magari[SM=g27824] )

e se aggiungiamo che hai già ki compra i tuoi libri ad okki kiusi (vedi sopra [SM=g27824] ) potresti diventare pure ricco

ciao ciao
chicom[SM=g27822]

17/12/2004 13:17
 
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Siete..

Veramente troppo gentili..
..vi ringrazio per il vostro commento e per la sincerità delle vostre parole.. mi avete fatto arrossire va finirire che mi monto la testa... eheh [SM=g27828]

Sally: autografo?... certo ma aspetto sempre che scriva qualcosa anke tu...

Chicom: .. grazie per la particolare sincerità.. in effetti temevo un intervento del caro Cucciolo... eheh [SM=g27820]

Loshrike
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