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eutanasia

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2006 02:05
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lettera di Piergiorgio Welby, co-presidente dell'associazione Luca Coscioni

Caro Presidente,

scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.

Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà.

Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.

La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”.

L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.

Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.

Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.

Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.

Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.

Piergiorgio Welby

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La riposta di Napolitano

Caro Welby,

ho ascoltato e letto con profonda partecipazione emotiva l’appello che lei ha voluto pubblicamente rivolgermi. Ne sono stato toccato e colpito come persona e come Presidente.

Lei ha mostrato piena comprensione della natura e dei limiti del ruolo che il Parlamento mi ha chiamato ad assolvere, secondo il dettato e lo spirito della nostra Costituzione.

Penso che tra le mie responsabilità vi sia quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimano sentimenti e pongano problemi che non trovano risposta in decisioni del governo, del Parlamento, delle altre autorità cui esse competono. E quindi raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più.

Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento.

Con sentimenti di rinnovata partecipazione,

Giorgio Napolitano

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Che dire Merio... Io sono per l'eutanasia, anche subito.
Perchè dovete decidere per altri? Perchè non volete permettere che qualcuno metta fine alle proprie sofferenze? Perchè?
Il malato non sta decidendo di far morire qualcun'altro...
Sta decidendo di far morire se stesso perchè è stanco ed avvilito.
So quanto hanno sofferto persone a me care per delle brutte malattie... ed è arrivato il miracolo? No, nn è arrivato.
Quindi, voi cristiani, decidete per voi. Scegliete di continuare a vivere sperando in un miracolo che non arriverà.
Lasciate agli altri però di decidere cosa fare con la propria vita.
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Penso che debba esistere il diritto a scegliere di morire, quindi sono perfettamente d'accordo sull'introduzione dell'eutanasia.
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Regolamentando bene la questione sono pienamente d'accordo sul fatto che una persona libera, capace di intendere e di volere, possa scegliere di morire.
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anche io d'accordo con l'eutanasia
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faccio mia la posizione di Marini sul testamento biologico
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Re:

Scritto da: Bisby King 24/09/2006 12.37
Regolamentando bene la questione sono pienamente d'accordo sul fatto che una persona libera, capace di intendere e di volere, possa scegliere di morire.



Quoto.
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Re:

Scritto da: wrestlemania x-seven 24/09/2006 13.05
faccio mia la posizione di Marini sul testamento biologico


cioè?
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Re:

Scritto da: Fedayn79 24/09/2006 3.24
Che dire Merio... Io sono per l'eutanasia, anche subito.
Perchè dovete decidere per altri? Perchè non volete permettere che qualcuno metta fine alle proprie sofferenze? Perchè?
Il malato non sta decidendo di far morire qualcun'altro...
Sta decidendo di far morire se stesso perchè è stanco ed avvilito.
So quanto hanno sofferto persone a me care per delle brutte malattie... ed è arrivato il miracolo? No, nn è arrivato.
Quindi, voi cristiani, decidete per voi. Scegliete di continuare a vivere sperando in un miracolo che non arriverà.
Lasciate agli altri però di decidere cosa fare con la propria vita.


Quoto col sangue.
24/09/2006 15:32
 
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Re:

Scritto da: Bisby King 24/09/2006 12.37
Regolamentando bene la questione sono pienamente d'accordo sul fatto che una persona libera, capace di intendere e di volere, possa scegliere di morire.



Il nocciolo della questione è il "regolamentando bene", unitamente al "capace di intendere e di volere".
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Re:

Scritto da: Fedayn79 24/09/2006 3.24
Che dire Merio... Io sono per l'eutanasia, anche subito.
Perchè dovete decidere per altri? Perchè non volete permettere che qualcuno metta fine alle proprie sofferenze? Perchè?
Il malato non sta decidendo di far morire qualcun'altro...
Sta decidendo di far morire se stesso perchè è stanco ed avvilito.
So quanto hanno sofferto persone a me care per delle brutte malattie... ed è arrivato il miracolo? No, nn è arrivato.
Quindi, voi cristiani, decidete per voi. Scegliete di continuare a vivere sperando in un miracolo che non arriverà.
Lasciate agli altri però di decidere cosa fare con la propria vita.



Oh yes.



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Re:

Scritto da: Bisby King 24/09/2006 12.37
Regolamentando bene la questione sono pienamente d'accordo sul fatto che una persona libera, capace di intendere e di volere, possa scegliere di morire.



Sono d'accordo anch'io. Obbligarla a soffrire ulteriormente se non ci sono chances di miglioramento è decisamente crudele.
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Posso spendere poche parole per dire che sono d'accordo sul fatto che ogni persona possa decidere o meno di cessare la propria esistenza.
Se mi trovassi nella medesima condizione è innegabile che anch'io stesso vorrei liberarmi di una sofferenza irrimediabile.
Fatto sta però che ritengo questa decisione un vero e proprio peccato secondo la nostra religione, nonostante ci siano motivi che portano a questa scelta.
Ritengo comunque che stia ad ogni persona decidere se e come farla finita, trovo sbagliato impedire a chi vive in condizioni così estreme di poter decidere di smettere di 'vivere', perchè forse per loro non è nemmeno vita.
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Re: Re:

Scritto da: Marilyn. 24/09/2006 15.32


Il nocciolo della questione è il "regolamentando bene", unitamente al "capace di intendere e di volere".



Provo ad argomentare meglio: "capace di intendere e di volere" sottintende che l'individuo sia razionalmente capace di avere presente la propria situazione e sappia prendere autonomamente le decisioni a lui più adatte. Stavo per scrivere le decisioni più giuste per la sua tutela, ma evidentemente non è questo il caso dell'eutanasia, se non letto con una accezione piuttosto ampia.

"Regolamentando bene" provo ad immaginarlo. Presupporrebbe che al cittadino vengano fornite tutte le nozioni utili per sopportare al meglio il proprio disagio. Che venga fornita una assistenza degna di tale nome. E che passi un lasso di tempo tra una prima richiesta ed una successiva conferma.
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Personalmente io sono contro l'eutanasia ma ancora più contrario all'accanimento biologico.
Mi spiego: se una persona entra in uno stato di coma irreversibile ed è appurato che mai più si risveglierà, allora a che serve tenerla attaccata (anche per anni a volte, e casi recenti lo testimoniano) ai macchinari?
E' solo un prolungamento dell'agonia e questo non lo giudico giusto.
Se una persona è spacciata e vive solo grazie ai macchinari, trovo giusto darle dignità e lasciarla spegnere come natura vorrebbe.

Per l'eutanasia c'è un discorso differente da fare secondo me...l'eutanasia è a tutti gli effetti un "omicidio" perchè non si tratta di staccare una persona dai macchinari (e far avvenire la morte "secondo natura"), bensì, di provocarne la morte (tramite iniezione letale il più delle volte).
E, personalmente (ma sono questioni personali anche dettate dalla morale che è per ognuno diversa, almeno in alcune sfumature) sono contrario all'eutanasia, ma, ripeto, ancora di più all'accanimento biologico.

E poi faccio una considerazione: c'è chi, come nel caso di Welby, vive grazie ai macchiari, per cui, staccando tali macchinari, morirebbe, per cui anche il suo caso potrebbe rientrare nell'ottica dell' "accanimento biologico" secondo cui si dovrebbero staccare i macchinari e lasciare che la morte naturale avvenga, solo che i macchinari non si staccano, stando a quello che so, se il malato è comunque valido a livello cerebrale...in soldoni, l' "accanimento biologico" c'è solo contro coloro ai quali è "morto" il cervello...viceversa, per la medicina, chiunque abbia ancora il cervello "attivo", anche se per le altre funzioni fisiche sia più parente ad un vegetale che ad un essere umano, deve essere "preservato" e gli si deve allungare la vita.
Questo è giusto o sbagliato?
Non lo so e nessuno credo potrà dirlo mai, fatto sta che, personalmente, una società che come caposaldo morale abbia quello della vita e della sua difesa a oltranza (ripeto, a patto che non ci sia morte cerebrale) a me va bene (ma magari, fossi nelle condizioni di Welby, parlerei in modo opposto).
Bella gatta da pelare comunque, in ogni senso.
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