VI C'HO NEL CUORE MA VI VO NEL CULO Orrino
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LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2005 23:15
16/02/2005 23:15
 
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Ullallah
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Collocato temporalmente nella Cina dell'859 d.c., all'apice della decadenza della dinastia Tang, La foresta dei pugnali volanti (presentato in anteprima italiana al Future Film Festival 2005 di Bologna) potrebbe in realtà ambientarsi in un qualsiasi altrove, in virtù del lirismo e dell'universalità delle emozioni espresse dal film. La minaccia al dominio imperiale proveniente dall'attività clandestina di alcune forze della resistenza, tra le quali la fazione "dei pugnali volanti", non è infatti altro che un mero pretesto per Zhang Yimou che declina un dramma profondamente intimo e romantico.
Mei (Zhang Ziyi), una danzatrice cieca di rara bellezza, è sospettata da due ufficiali dell'esercito - Jin (Takeshi Kaneshiro) e Leo (Andy Lau) - di essere l'erede del potente capo dei pugnali volanti, in incognito in una dimora di piacere. Jin, il più impetuoso dei due cavalieri, propone di sfruttare Mei come esca e smascherare l'identità dei leader della fazione nemica. Ma la trappola che Jin orchestra per la giovane, abile nella danza quanto nelle arti marziali e nel lancio dei pugnali, gli si ritorcerà violentemente contro: un sentimento sempre più insinuante investirà Jin e Mei, una passione sempre più potente che attanaglierà i destini di tutti i protagonisti, mutandoli definitivamente.

Rispetto a Hero, sostenuto da un fondamento concettuale e politico che rimandava direttamente alla genesi mitica e mitologica della Cina, La foresta dei pugnali volanti presenta un'impalcatura narrativa maggiormente fluida ed essenziale, priva di quell'intrecciata costruzione del racconto a flashback che caratterizzava la precedente pellicola del pluri-premiato regista cinese.
Ulteriore variazione del genere cinese per eccellenza, il wuxiapian (la saga degli eroi, dei cavalieri erranti dotati di incredibili doti aeree, che si muovono in un universo per molti versi intangibile, lontano dalle condizioni di gravità e soffuso di misticismo), il film è un'opera astratta, coreografica e spettacolare, in particolare nella battaglia fra le fronde della foresta (elemento canonico del genere), ma anche spiccatamente votata a una trattazione melodrammatica del tema di fondo: la coniugazione personale del potere, ossia la difficoltà di trovare un compromesso tra le ragioni del cuore e quelle della politica.
L'istanza ordinatrice di La foresta dei pugnali volanti è quindi completamente diversa da quella che muoveva e sosteneva Hero. Il protagonista assoluto della pellicola diventa l'amore: una forza prima sommersa, poi esplosiva, che non accetta barriere e imposizioni di sorta, che ignora le imposizioni della propria casa di appartenenza e la ragion di stato. L'amore, ci racconta Zhang Yimou, si rifiuta di obbedire a qualsiasi cosa che non siano le pulsioni umane più intime.

Immerso in una natura che riflette lo stato d'animo dei tre personaggi, vivendo in simbiosi con loro e con le loro stagioni affettive, il film si allontana ben presto da motivazione belliche concentrandosi esclusivamente sul triangolo passionale che si viene instaurando, triangolo rappresentato nelle sue convenzioni più classiche e patetiche (ma non nel senso più deteriore del termine). Lacrime e sangue, sospiri e baci, esprimo matericamente la carica emotiva di Mei, Jin e Leo, suscitando forse qualche risata nel pubblico, ma cristallizzando alla perfezione l'intensità del sentimento. Come spesso avviene per un sotto-testo melodrammatico, un ruolo decisivo è svolto dagli attori, che si rendono strumenti di convergenza della credibilità della storia e dell'immedesimazione del pubblico. Se Zhang Ziyi offre la prova della maturità dopo La tigre e il Dragone e Hero, anche Andy Lau e Takeshi Kaneshiro in particolare, con la sua grazia e vitalità, sono perfettamente in parte.





... e vissero per sempre felici e contenti
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