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Ultimo Aggiornamento: 21/11/2005 16:53
01/09/2004 19:48
 
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[SM=g27825] I migliori 100 romanzi del XX secolo (?)

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[Modificato da cassandrin 05/10/2004 0.11]

16/11/2004 16:26
 
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Elfriede Jelinek Premio Nobel 2004
Il Nobel 2004 per la letteratura e' stato assegnato all'austriaca Elfriede Jelinek, "per il flusso musicale di voci e controvoci nelle novelle e nelle sue commedie che, con straordinario zelo linguistico, rivelano l'assurdità dei cliché della società, con il loro tirannico potere".

La Jelinek è un'eminente esponente della letteratura tedesca contemporanea. I suoi libri - romanzi, testi teatrali e cinematografici, raccolte di articoli giornalistici, lavori per la radio - sono stati tradotti in decine di lingue. I piu' noti in Italia sono i romanzi 'La pianista' e 'Lussuria'.

"Ricevo questo premio anche in nome delle donne di e per le quali scrivo", ha affermato la cinquantasettenne Jelinek dopo aver appreso la notizia. "Ovvio che sono contenta per questo riconoscimento, è inutile negarlo. Ma in me i dubbi sopravanzano la gioia. Non sono una persona adatta a essere trascinata in piazza ed esposta alle luci dei riflettori."

Soprattutto negli ultimi anni, dopo essere stata fatta oggetto di attacchi personali da parte della parte politica più reazionaria del suo Paese, Frau Jelinek evita come e quando le è possibile di esibirsi, di mostrarsi in pubblico ("non voglio apparire e sembrare quella che non sono"). Pur accettando il Premio Nobel, non è anadata a Stoccolma a ritirarlo.

Nata nel 1946 a Mürzzuschlag (Stiria), la scrittrice vive da molti anni tra Vienna e Monaco di Baviera. Accomunata a Thomas Bernhard per la sua critica rabbiosa alla società austriaca e alle sue ingiustizie, ha una volta affermato in un'intervista televisiva: "Non amo questa terra. Amo alcuni suoi scorci paesaggistici, luoghi e persone che ho qui incontrato, ma non l'Austria come Stato. Gli sviluppi politici dal '45 in poi in questo Paese sono stati terribili."

E' una scrittrice veramente "scomoda"; un personaggio controverso che divide in due l'Austria, un'artista del linguaggio che si è attirata addosso l'odio di molte personalità che si sono sentite "ferite" dai suoi strali politici, dalla sua aggressività, dalle sue invettive.
Temi centrali delle sue opere: lo sfruttamento sessuale della donna, il neonazismo neanche tanto velato del kaiserlicchio Jörg Haider, la difesa dei diritti delle classi deboli.
16/11/2004 16:28
 
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Henry Miller: 'Tropico del Cancro'
Purtroppo, nel nominare Henry Miller si pensa subito a "letteratura oscena". Si tratta invece di un autore interessantissimo e "umano troppo umano".

Ho conosciuto diversi individui - obbligatoriamente dediti loro stessi alla scrittura - che mi hanno nominato uno o pi titoli di Miller tra i loro preferiti in assoluto: 'Big Sur', 'Tropico del Cancro', 'Tropico del Capricorno'... Io forse sono l'unico ad aver fatto una pubblicit accanita per 'Plexus', opera di oltre 600 pagine che scoprii a 16 anni e che ancora oggi suscita in me un grande entusiasmo.

La seconda opera milleriana che prediligo 'Primavera nera' (leggetevela! Sembra essere stata scritta da un Cline newyorkese). E poi ovviamente ci sono i suoi due lavori pi "classici", ovvero 'Il tempo degli assassini' (dedicato a Rimbaud) e 'Il colosso di Maroussi' (un omaggio alla Grecia, alla sua cultura e ai suoi abitanti).

La prima volta che lessi il 'Tropico del Cancro' ne
rimasi quasi deluso. Essendo ancora molto giovane, mi sgoment, quasi, la piattezza - a tratti - della prosa e, soprattutto, lo squallore delle scene ivi descritte. Soltanto con il tempo potei afferrare l'importanza che quest'opera ebbe per il divenire dello scrittore -orgogliosamente autodidatta- Henry Miller.

Un'interpretazione di Miller - l'artista - potrebbe forse essere questa: tutti i suoi libri sono autobiografici e, per contenuto, forma, stile e consistenza, sfuggono ai canoni comuni. Essi sono, ad un tempo, romanzi "e" saggi.
Miller si snuda per parlarci, con candore disarmante, di s, dei suoi rapporti con gli amici e con le amanti e mogli (delle quali Mona la
mattatrice indiscussa), e ovviamente delle sue letture, molto disordinate. Sebbene costretto dai venti dell'esistenza a patire fame ed umiliazioni, non perde mai la sua 'joie de vivre'. Si muove tra realismo (prostriboli e ghetti sociali) e metafisica (biblioteche, studiolo privato, la Brooklyn della sua infanzia). E' decisamente avanguardistico, ma potrebbe anche benissimo essere un monaco amanuense. Si contraddice, torna sui propri passi, e, in un fiume di rivelazioni, scoperte, verit e oscenit, ci abbaglia con la sua vitalit. Racconta tutto, fin nei minimi particolari: ogni scena, ogni episodio; ma sempre - 'bien entendu!' - senza minimamente rispettare l'ordine cronologico degli avvenimenti.

Una prosa invero impulsiva e fluente, la sua. Come dimostrano, del resto, certi stralci di 'Tropico del Cancro', che - vi assicuro - alcuni
individui di mia conoscenza saprebbero citarvi a memoria.


:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Consiglio 1: leggete questo romanzo solo dopo aver assimilato la 'Crocefissione in rosa' ('Sexus', 'Plexus' e 'Nexus').

Consiglio 2: procurarsi il video o DVD del film
del 1970 'Tropico del Cancro' diretto da Joseph Strick e interpretato dal grande Rip Torn: non vi troverete le "porcherie' del libro, ma potrebbe rappresentare un'ottima anticipazione della lettura.
12/01/2005 13:34
 
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J.D. Salinger - Il giovane Holden
Ho letto questo romanzo a 16 anni (o forse ne avevo già 18, e dunque due in più del protagonista, ma non importa) e mi è rimasto nel cuore fino ad oggi.
Ognuno si crea la sua personalissima "biblioteca" di classici e per me 'The Catcher In The Rye' sta sullo scaffale d'oro insieme a 'Arancia meccanica' di Anthony Burgess, 'Plexus' di Henry Miller e... i fumetti di Alan Ford.

Holden ero io, senza ombra di dubbio: il più grande bugiardo del mondo, uno che ripete a spron battuto "Cristo santo!" e "ci scommetto", e che pensa ancora e sempre alla cara, perduta Jane, e che ama ed ammira la sorellina Phoebe fino al limite dell'incesto e... "e compagnia bella".

Salinger, che - se è ancora vivo - conduce la vita di un eremita, che ha spesso minacciato i giornalisti di sparare loro a vista se solo si azzardavano ad avvicinarsi alla sua casa e che ha rotto con tutti i suoi familiari (in un recente libro su di lui, una sua figlia lo ha accusato, tra le altre cose, di taccagneria conclamata), si è arricchito grazie a questo suo lavoro d'esordio. Abbiamo certamente a che fare con un tipo assai "strambo", un lunatico per eccellenza, ma io gli sono ugualmente riconoscente per avermi fatto capire, quand'ero ragazzo, di non essere né matto né anormale: avevo un fratello in spirito, e questo fratello si chiamava Holden Caufield.

Per interesse personale e anche professionale, di Salinger ho in seguito letto anche tutte le altre "opere" - le virgolette ci vogliono -, in lingua originale. Ebbene, ci si mette poco a scoprire che questo autore in fondo ha sempre raccontato una sola storia: quella della famiglia in cui è cresciuto. Una vera e propria ossessione, la sua. Sì, alcune pagine di 'Nove racconti' e di 'Alzate l'architrave, carpentieri' "mi hanno lasciato secco" - come direbbe il buon Holden -, ma, in generale, non sono libri esaltanti. La vita viene raccontata da un posizione eccentrica, non comune, e fin qui ci siamo. Ma l'inquietudine, la tenerezza e, soprattutto, l'umorismo che permea la storia di Holden vengono in essi messi in ombra da una tecnica scribatoria più smaliziata ed "eccetera eccetera" "e via discorrendo".
Anche se ovunque è presente il "college slang" e anche se i protagonisti, che appartengono al ceto medio-borghese, vengono coinvolti in situazioni di vita-amore-morte che di norma risulterebbero coinvolgenti, la voce dello scrittore si sente di più che ne 'Il giovane Holden'.

"Sul serio."

Il genio di Salinger è la sua stessa pazzia, e senza dubbio l'ha espressa tutta in quel suo primo romanzo.

Ora, apprendo che l'autore - ammesso e non concesso che sia ancora in vita; ma è possibile? Ha quasi cent'anni!... - conserva gelosamente alcuni manoscritti inediti. Sarebbe interessante gettare un'occhiatina a quelle carte... Ma io non mi faccio alcuna illusione. Non credo, purtroppo, che possiamo aspettarci da lui un secondo capolavoro. Sarebbe quasi troppo...
21/11/2005 16:53
 
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Harry Crews - Celebration
Crews ha firmato diversi bei romanzi, tutti contrassegnati da una lucidità e un'ironia che rasentano il cinismo. Il suo Sud sono principalmente la Georgia e/o la Florida, dove ogni particolare viene messo allucinatamente in risalto da un sole che sembra bruciare la terra senza tregua. Il fisico umano, anche quand'è "estetico" come in - per esempio - Lucidi corpi, diventa grottesco a causa di troppa... spettacolarità. Le storie e lo stile rimandano obbligatoriamente a Faulkner, ma un Faulkner con la lente d'ingrandimento al posto degli occhiali.
Celebration è ambientato in un campeggio/parcheggio di roulotte della Florida, che Stump, il proprietario, ha pensato bene di trasformare in una sorta di ospizio. A causa dell'età e di un braccio mancante, il medesimo Stump (che significa "moncherino") è un relitto umano. La vita al 'Forever and Ever' scorre in maniera monotona e piatta, con Stump che beve e tratta non proprio amorevolmente i "cari vecchietti". Poi, un bel giorno, arriva Too Much, una ragazza di libere usanze, la quale infonde nuova linfa vitale non solo nell'amareggiato Stump, ma anche nei matusalemmi che dimorano dentro gli squallidi camper.

Questo romanzo di Crews è una rivelazione (qualcuno lo ha definito, non a sproposito, un capolavoro) il cui messaggio è, per dirla con l'angelo-meretrice Too Much: "C'è sempre un modo per ottenere una possibilità ultima ed estrema" ( "the chance of ultimate possibility").
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