Catwoman

Torna Catwoman, la Donna Gatto in mascherina nera e tuta di cuoio che passeggia sopra i tetti di New York, alias Gotham City. Fa balzi felini da un palazzo all’altro, si arrampica ovunque e precipita senza farsi male, sempre pronta a graffiare, scalciare e picchiare chiunque si fa sotto. Quest’unico personaggio femminile fra gli arcinemici di Batman (il Joker, il Pinguino, il Trasformista e l’Enigmista, resi popolari anche dal cinema) apparve nel 1940, un anno dopo il battesimo dell’eroe sulla rivista Detective Comics.
Per la fisionomia della bella-pericolosa, il suo creatore Bob Kane (1915-1998) si ispirò alla diva viennese Hedy Lamarr, considerata la più seducente donna del mondo, ma in base ai gusti dei successivi illustratori l’immagine cambiò di continuo; e sugli schermi si incarnò in un’intera dinastia di donne gatto, fra le quali Julie Newmar, Eartha Kitt e l’imbattibile Michelle Pfeiffer di Batman - Il ritorno (1992).
Ora è il turno di Halle Berry in una curiosa variazione della saga dove Batman non c’è più e la bellicosa streghina cambia nome, pur conservando la doppia identità: da Selyna Kyle diventa Patience Philips disegnatrice pubblicitaria. Lavorando per due loschi coniugi titolari di una grande ditta di cosmetici, Sharon Stone e Lambert Wilson, Halle scopre casualmente un vertice in cui si constatano i devastanti effetti di un nuovo prodotto. A sua volta scoperta mentre sta occhieggiando, la poveretta viene inseguita dagli sgherri dei padroni finché morte ne segue. A questo punto, dopo un quarto d’ora, il film sarebbe finito se non intervenisse Midnight, magico gatto con ascendenze nell’Egitto dei faraoni, che ritrovato il cadavere della ragazza su uno scoglio del fiume le insuffla nuova vita e strabilianti superpoteri.
Sicché Catwoman diventa un film della vendetta, complicato dal fatto che un poliziotto alquanto gnocco, Benjamin Bratt, si innamora della Donna Gatto dopo averne ammirate le acrobazie. Dopo varie prodezze dalla parte della legge, a differenza di ciò che avviene nel fumetto originario dove Catwoman è una malavitosa, Halle viene inguaiata dalla perfida Sharon che avendo ucciso per gelosia il proprio marito ha la faccia tosta di accusarla del delitto. Il tutto finisce a botte da orbi fra le femmine scatenate per attingere a un finale in cui Catwoman dovrà rassegnarsi alla solitudine che comportano i superpoteri.
È del tutto improbabile che la Stone (candidata per Casino, 1995) e la Berry (laureata per Monster’s Ball, 2001) ritornino grazie a questo film alle glorie dell’Oscar nel prossimo febbraio. Se Sharon si ripresenta mummificata e resa inespressiva dai restauri facciali, Halle negli abitini dell’ingenua Patience sembra Lilia Silvi e trasformandosi in supereroina delega rischi e fatiche alle controfigure.
Del resto, come appare dalle prestazioni dell’intero cast, il regista Pitof (al secolo Jean-Christophe Comar) non sa dirigere gli attori e quando non c’è da fare capriole con la macchina da presa se la cava maluccio.Chissà come è riuscito ad approdare a Hollywood questo mago francese degli effetti speciali, promosso regista nel 2001 con il vorticoso e stancante Vidocq, che gira e monta saltabeccando da un’immagine all’altra con effetti da avanguardia storica. Il risultato è una pellicola da oltre 80 milioni di dollari che non ne ha incassati neppure la metà. Al bilancio catastrofico si accompagna il pollice verso di tutto il fronte della critica. E tuttavia alcuni scorci della metropoli notturna sono innegabilmente suggestivi e quella gatta vagabonda sul tetto irradia il fascino erotico della bella maledetta. !!!

Bello anche questo....