proprio oggi corrono sei mesi dalla mote di Luigi Veronelli, che evterò di definire, come molti farebbero "il famoso enogastronomo" e che voglio chiamare, meno superficialmente,come uomo di cultura del novecento italiano.
Nato nel 1926, Luigi Veronelli è stato per quasi 50 anni il critico enogastronomico per eccellenza. Uomo di battaglie, intuizioni, stimoli, idee a favore della cultura del mangiar e del bere bene e dell'agricoltura italiane.
Se oggi i vini, la cucina e "i giacimenti gastronomici" d'Italia - come li aveva definiti - stanno avendo il successo che meritano, gran parte è stata opera sua.
Scrittore brillante, battutista tagliente e creatore di un lessico tutto suo, Veronelli era uomo di grandi polemiche. Basti ricordare, ad esempio, il contrasto (e la penalizzazione a livello di giudizio) con un grande chef come Vissani, reo di non usare l'olio extra vergine di oliva nel fritto. Le sue Guide - le ultime sui ristoranti, sul vino e sugli alberghi sono appena uscite - hanno fatto scuola e tendenza.
Veronelli non classificava solo i ristoranti ma premiava i piatti che più lo avevano affascinato, descrivendoli con una prosa smagliante e sontuosa. Le sue idee sui cru, sui barrique, la spinta a considerare in un ettaro coltivato più la qualità che la quantità, il recupero dei vitigni autoctoni, la classificazione dei vini e molte altre intuizioni hanno fatto di Veronelli un critico che - come è stato detto - non "assaggiava" i vini ma ci "dialogava". E le sue descrizioni sono rimaste celebri: da "Bocca piena e calda", a "vino da meditazione", al recente "prime wine".
Assistente in gioventù del filosofo Giovanni Emanuele Bariè, collaboratore di Lelio Basso, Veronelli è stato amico di Luigi Carnacina con il quale ha scritto grandi testi (La grande cucina, Mangiare e bere all'italiana, La cucina rustica regionale) di Gianni Brera (con cui è stato autore di La pacciada), di Mario Soldati che di lui scrisse: "se Brera è il Gadda dello sport, Veronelli è il Gadda dell'enogastronomia". Ma anche amico di Giangiacono Feltrinelli e dell'architetto design Silvio Coppola. Tanto battagliero da essere condannato anche a sei mesi di carcere per istigazione alla rivolta dei vignaioli piemontesi per protesta contro i grandi monopoli. E a tre mesi per aver pubblicato un libro di De Sade.
Negli anni Sessanta e Settanta è stato autore di trasmissioni televisive sulla cultura dei vini e dei cibi. A 78 anni aveva nel cassetto un romanzo giallo e una miniera di idee per difendere la qualità, come le battaglie condotte con il sostegno dell'Anci a favore delle Denominazioni Comunali dei giacimenti gastronomici e dell'olio d'oliva.
Un profilo complesso, di notorietà internazionale maggiore del riconoscimento avuto in Italia, anche per la scarsa diffusione delle sue posizioni, censurate, come lui stesso, dai media televisivi dagli anni ottanta ad oggi.
Finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä.
(Fabrizio De Andrè, 1984)