Dave Brubeck venne in Italia tre anni fa per un superbo concerto al Manzoni di Milano, e mi risulta che sia tornato da noi in tempi recenti, non so quando nè dove.
Il celeberrimo "take five", divenuto uno standard per molti musicisti, è compreso in uno dei due album che devo consigliare a chiunque, trattandosi di uno dei capolavori del jazz di tutti i tempi: il titolo e "Time Out", è del 1959, e non più tardi di qualche mese fa Sony lo proponeva in offerta.
Stacco di molti anni e propongo lo straordinario live, registrato al Blue Note, credo nei primi anni '90, intitolato "Late Brubeck", questa volta per l'etichetta Telarc, dove "These Foolish Things", il brano d'apertura, giustifica da solo la spesa del disco.
La figura di Brubeck, oggi 84enne, è affascinante anche per altri aspetti legati alla sua arte solo indirettamente: vale la pena ricordare che fu il primo band leader americano a dirigere una banda mista di musicisti bianchi e neri, cosa che gli costò diversi problemi negli anni '50, e la sua notevole verve intellettuale; nell'ambito più strettamente musicale, viene considerato come uno dei più grandi divulgatori (una grande caratteristica tipicamente americana)del jazz per la vena melodica e popolare di alcune sue composizioni, pur nel rispetto di livelli di produzione elevatissimi.
Probabilmente il suo profilo merita una discussione oltre il singolo brano o il singolo album. Appena ne avrò il tempo...
[Modificato da WebMichi 08/10/2004 12.43]
Finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä.
(Fabrizio De Andrè, 1984)