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Il Segno del Comando - di Daniele D'Anza - con Ugo Pagliai, Carla Gravina, Franco Volpi

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2021 08:57
20/04/2015 20:33
 
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Re:
Ragno Nero, 18/04/2015 11:15:

Il racconto di Roberto sta prendendo una piega davvero inquietante.
Roberto, hai detto che ti è capitato veramente? [SM=x520491] [SM=x520491] [SM=x520491] [SM=x520491]



Ciò che ho detto (all'inizio dello scritto) lo confermo.
In effetti gli eventi stanno prendendo proprio una brutta, brutta piega... [SM=x520491] [SM=g27833]




________________________________________________________________

Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra di regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo.
Noi in questo territorio possiamo solo subire il mistero, che, anziché disvelarsi, si fa sempre più impenetrabile.
Io non so dire se questa sia una pena o un premio. Io non so dire nulla, ma so che questo luogo (...) non dev’essere in alcun modo cercato né in alcun modo trovato.

“Voci notturne”, 1995, epilogo.
20/04/2015 20:34
 
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-8-

“Che riesca a sentirmi o meno, e che questo possa esserle di una qualche consolazione o meno, sappia che non avevo altro modo di operare”. Rieccheggiavano ancora nella mia testa le parole ovattate che l’uomo delle carte aveva pronunciato mentre mi perquisiva.
“Quelli che ha in mano lei –la mia memoria si faceva lucida nel recupero di ogni sillaba del mio aguzzino-, caro figliolo, sono parte dei documenti un tempo appartenuti ad un famoso studioso byroniano, il prof. Edward Forster dell’Università di Cambridge, e dimostrano, tra le altre cose, che venne in Italia per motivi assai diversi da quelli ufficiali.
“Egli non aveva con sé, come disse a quel tempo, solamente i microfilm del diario romano di Lord Byron, ma anche questi materiali di provenienza ignota, concernenti sia il poeta che altri personaggi. E del resto, benché il particolare della provenienza non sia trascurabile, neppure io saprei dire come, quando e soprattutto da chi li avesse ottenuti, anche se tutto fa pensare che li ricevette proprio qui, nella capitale, durante il famoso soggiorno.
“Si trattava di carte strane, passate per mani misteriose che avevano curato di tenerle bene al riparo da occhi indiscreti. C’era una parte degli appunti di Ilario Brandani, il famoso alchimista settecentesco che ‘non può morire’; ma anche alcuni appunti di Marco Tagliaferri, un buon paesaggista morto negli anni della presa di Roma in circostanze mai chiarite.
“Forster era meno sprovveduto di quanto volesse far credere, o forse ad un certo punto si era liberato di quell’involucro di apparente buona fede di cui si era ammantato almeno per tutta la prima parte del suo soggiorno romano.
“Poi lui cambiò –la sua voce si faceva più grave- e tutto cambiò.”
Ho detto che sentivo riecheggiare quelle parole nella mia memoria, ma forse le avevo percepite anche in altri modi, ad es. leggendo il labiale, perché mentre l’uomo mi perquisiva i miei sensi si erano appannati del tutto cedendo gradualmente all’oblio. Non potrei quindi giurare circa quello che sto per dire, anche se, nello stato in cui mi trovavo, ricordare era l’unica attività che mi era consentita, e peraltro mi faceva sentire vivo.
L’uomo delle carte aveva guardato non tanto con interesse ma piuttosto con vera ansia i documenti di cui si era impossessato. Li aveva aperti sulla scrivania, dopo averla liberata d’un colpo; gettata via la copertina azzurra e ordinati i fogli l’uno accanto all’altro, facendone dei mucchi separati..
Dopo alcuni istanti di riflessione, la sua espressione era mutata dapprima in disappunto e poi in rabbia. Aveva urlato qualcosa che non potevo più comprendere, e si era avventato contro di me. Avevo sentito nuovamente le sue mani intente a perquisirmi. Mi aveva tolto la giacca con una furia cieca, mentre sentivo che il mio corpo si abbatteva inerte sul pavimento. Poi, gettata via la giacca, era tornato ad accanirsi su di me. Con gli occhi spenti avevo colto una vaga immagine del suo volto cambiata rispetto a prima: ora sembrava ancora più giovane, forse addirittura un’altra persona, se non fosse stato per gli occhi grigi pesantemente condizionati dalle folte soppraciglia.
Eccolo a perquisirmi ancora e ancora, strappandomi le tasche dei pantaloni e quelle del panciotto, ma invano. Addosso non avevo nient’altro al di fuori dei documenti che mi aveva già tolto. Ma quanto alla loro completezza aveva ragione: prima di uscire di casa, non so neppure io perché, avevo scientemente lasciato alcuni fogli sulla scrivania. Si trattava del materiale più pittoresco: poche righe alternate a scene animate, dal senso non immediatamente comprensibile. Alcune parti rivelano delle coloriture molto stinte, che restituivano l’idea di un insieme di vignette in origine molto ricche e vivaci. Avevo già visto qualcosa del genere nella mia vita di bibliofilo, e si trattava di trattati alchemici, in cui gli scrittori ricorrevano alle immagini, spesso associate a cifre enigmatiche, per rendere meno chiaro il contenuto ai curiosi. Anche in questo caso, come nei manoscritti di mia conoscenza, le vignette rappresentavano scene apparentemente incomprensibili, nelle quali però il tema dominante erano le porte, le toppe, gli accessi, gli antri e le chiavi. Una aveva colpito la mia fantasia, sicché la ricordavo meglio delle altre: un soggetto con uno strano berretto indicava con la mano destra una frase sovrastante e con la sinistra una scala. La frase recitava testualmente “non po’ morire”; mentre la scala scendeva in modo ripido, con scalini molto alti rispetto al personaggio. Appena sotto la scala, avvolta in un’ampolla di oscurità, c’era la scritta “vis”. La vignetta era come incorniciata da una filettatura a china che aveva una parte tonda e larga sulla sinistra, quella che conteneva il personaggio, lunga e sottile al centro, e discendente dalla parte e nel verso della scala.
Non posso escludere d’avere subito delle percosse mentre ero a terra, perché ho la vaga impressione di un dolore martellante e acuto al fianco. Quel filo di lucidità che riuscii a conservare per non so quanti istanti mi trasmise, inoltre, la sensazione d’essere stato scosso –prima o dopo delle percosse-, e rialzato di peso, forse per essere collocato in poltrona.
Di quei momenti conservo anche un odore particolare, anzi, una somma di odori.
Senza dubbio avvertii odore di muffa, che mi fa pensare ai momenti trascorsi a terra, riverso sui vecchi libri buttati a terra dall’uomo delle carte. Distinsi anche un odore pungente, forse di bruciato, ma che in realtà poteva ricordare qualcos’altro rispetto al semplice fuoco: direi piuttosto un vapore acqueo, la vaporizzazione di un preparato o di una mistura. E in effetti rammentai che tra le poche fonti di luce della stanza ve n’era una, molto dimessa e quasi nascosta, che avevo percepito dalla parte della finestra. Potrei identificarla come un fornelletto con un apparato sopra che non feci tempo a definire.
C’era poi un altro odore, anche se il sostantivo non rende perfettamente l’idea di ciò che avvertii. Non era propriamente un odore, infatti, ma piuttosto l’impressione di un’esalazione: se dalle sensazioni olfattive ci spostassimo a quelle visive lo definirei un registro molto ampio di diverse componenti, ciascuna delle quali aveva un suo corpo, una sua dimensione, una sua impronta sensibile. Era qualcosa che avevo già avvertito in passato, lontano anni luce da qualunque sentore odoroso avessi mai avvertito in precedenza, e fu proprio questa sua unicità a schiudermi un particolare ricordo che giaceva sepolto nel profondo della mia memoria.
Il ricordo apparteneva alla mia infanzia, e concerneva una vicenda che per me era stata scioccante. Mia madre mi aveva condotto, chissà perché, ad un appuntamento con gente che non avevo mai visto. Si trattava di persone anziane, dall’aspetto arcigno e spigoloso, che tuttavia avevano qualcosa da fare in comune. Rammento la suggestione di una sera senza luna, al chiaro di un lumino o di un candelabro, e queste persone attorno ad un tavolo che, sotto le loro mani, era come se prendesse vita in un inaspettato empito che mi sconvolse. E proprio in quel frangente, mentre me ne stavo tutto rannicchiato in disparte su una sediuccia malferma, sempre più atterrito da quel che vedevo e che sentivo, avvertii la stessa coinvolgente impressione olfattiva, associata ad un luccicore opaco che a tratti emergeva dal buio. Il luccicore descriveva una specie di sagoma, o almeno una sua parte, e si muoveva quasi consapevolmente in circolo, proprio alle spalle delle persone convenute attorno al tavolo. Sentii pronunciare un nome, che ora non ricordo, che suonava alle mie orecchie come un’invocazione, e l’odore farsi più forte, più persistente, più totalizzante.
Quel nome e quell’odore sconvolgevano ancora la mia mente.

(continua verso...l'impossibile conclusione [SM=x520491] )


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Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra di regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo.
Noi in questo territorio possiamo solo subire il mistero, che, anziché disvelarsi, si fa sempre più impenetrabile.
Io non so dire se questa sia una pena o un premio. Io non so dire nulla, ma so che questo luogo (...) non dev’essere in alcun modo cercato né in alcun modo trovato.

“Voci notturne”, 1995, epilogo.
20/04/2015 20:48
 
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Re:
Guardiavariaga, 20/04/2015 01:47:

Sarei curioso di conoscere la vostra opinione su questo strampalato articolo:

www.lospeaker.it/la-doppia-morte-in-musica/




Io lo trovo un articolo molto interessante ma da prendere con le molle.

Un Giambattista Vitali (Bologna, 1632-Modena, 1692) fu realmente un compositore piuttosto considerato nel suo tempo, autore, tra l'altro, di salmi (1677) e di inni; e qui ne possiamo ammirare un suggestivo ritratto:
imslp.org/wiki/Category:Vitali,_Giovanni_Battista

Mi pare, tuttavia, che le notizie del Di Iorio non si sovrappongano, se non parzialmente, a questo personaggio, a partire dal luogo di nascita (Cremona per lo pseudo-Baldassarre e Bologna per il nostro Giambattista). Le altre, sinceramente, mi sembrano pescate proprio dal nostro ISdC.
Non voglio essere ingeneroso, ma più che un profilo biografico mi sembra un divertissement.


[Modificato da Roberto@C 20/04/2015 20:51]


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Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra di regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo.
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“Voci notturne”, 1995, epilogo.
20/04/2015 21:01
 
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Non hai trovato nulla in rete per la semplicissima ragione che Baldassarre Vitali non è mai esistito (la partitura del Salmo XVII è opera di Romolo Grano, un musicista che all'epoca lavorava per la RAI), è un'invenzione letteraria a cui l'articolo segnalato cerca di dare "carne e sangue" affastellando informazioni in parte errate e comunque incongrue tra loro per costruire una biografia posticcia.
05/05/2015 13:24
 
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Mavaffffffff!!
Re:
Roberto@C, 20/04/2015 20:34:





(continua verso...l'impossibile conclusione [SM=x520491] )



Emh....è possibile conoscere l'impossibile conclusione? [SM=x520505] [SM=x520499]




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"Notte, ore 11 - Esperienza indimenticabile...luogo meraviglioso...piazza con rudere di tempio romano...chiesa rinascimentale...fontana con delfini...messaggero di pietra...musica celestiale...tenebrose presenze"
"Ricordo ancora notte indimenticabile in casa di O. Che io possa essere dannato se accetto di nuovo un suo invito"
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Eh, si! Please!! [SM=x520506]


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... c'è solo una spiegazione al silenzio: il figuro, se non l'ha fatto allora, si è sbarazzato definitivamente del buon Roberto!!!! [SM=x520491] [SM=x520491] [SM=x520491]


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Nel 1925 il principe Filippo von Hessen-Kassel sposa Mafalda di Savoia, secondogenita di Vittorio Emanuele III. Nel 1930 aderisce al partito nazista e nel 1933 viene nominato da Hitler governatore della Provincia d'Assia-Nassau.
Durante il suo soggiorno in Italia (1925-1933) – durante il quale risiedette a Roma a villa Polissena adiacente alla residenza ufficiale della famiglia reale (Villa Savoia) – rappresentò la Germania presso la corte dei Savoia, agendo come intermediario nei rapporti tra Mussolini e Hitler.
Ufficiale delle SA, in cui era entrato nel 1931, durante la seconda guerra mondiale, nell'aprile 1943 viene trasferito al quartier generale di Hitler, che un mese dopo emanò un decreto che vietava ai nobili tedeschi di ricoprire cariche nel partito nazista. L'arresto di Mussolini il 25 luglio rese la sua posizione ancora più difficile. Arrestato a sua volta dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, fu internato nel campo di concentramento di Flossenbürg.
La principessa Mafalda fu invece deportata il 23 settembre e morì nel campo di concentramento di Buchenwald il 28 agosto 1944. Mentre gli alleati avanzavano in Germania nell'aprile 1945, Filippo fu portato al campo di concentramento di Dachau. Dopo soli dieci giorni, però, fu trasferito in Tirolo insieme a circa 140 altri detenuti di spicco, dove fu liberato dalle truppe americane il 4 maggio 1945 a Villabassa.
A causa del suo precedente incarico di governatore d'Assia-Nassau, fu inviato in un centro di detenzione degli alleati sull'isola di Capri, ma fu successivamente rilasciato.
22/05/2015 20:48
 
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Carissimo Roberto, ci stai facendo preoccupare!!!!!


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12/06/2015 21:40
 
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Scusate, ma qualcuno ha notizie di Roberto? A parte per il finale della storia... [SM=x520491]

In questi giorni mi sono imbattuto in un libro. Dapprima si fa accenno ad un appartamento in Via dei Coronari e si cita Piazza San Salvatore in Lauro. In più, uno dei protagonisti effettua ricerche nella Biblioteca Angelica. Ok, coincidenze, ma quando questi si spaccia per il prof. Foster dell'Università di Cambrigde mi è parso chiaro che l'autore deve aver visto almeno una volta lo sceneggiato!!! :)


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20/06/2015 14:01
 
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Re:
Ragno Nero, 12/06/2015 21:40:

Scusate, ma qualcuno ha notizie di Roberto? A parte per il finale della storia... [SM=x520491]



Io ho notizie di Roberto [SM=x520490] e sono pessime [SM=x520486] perché non ha la faccia di farsi vedere qui, se non dopo avere postato il finale della storia [SM=x520502]
Comunque: provvede! [SM=x520497]



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20/06/2015 18:56
 
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Re:
Ragno Nero, 12/06/2015 21:40:



In questi giorni mi sono imbattuto in un libro. Dapprima si fa accenno ad un appartamento in Via dei Coronari e si cita Piazza San Salvatore in Lauro. In più, uno dei protagonisti effettua ricerche nella Biblioteca Angelica. Ok, coincidenze, ma quando questi si spaccia per il prof. Foster dell'Università di Cambrigde mi è parso chiaro che l'autore deve aver visto almeno una volta lo sceneggiato!!! :)



ma di che libro si tratta?


20/06/2015 22:06
 
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Re: Re:
Roberto@C, 20/06/2015 14:01:



Io ho notizie di Roberto [SM=x520490] e sono pessime [SM=x520486] perché non ha la faccia di farsi vedere qui, se non dopo avere postato il finale della storia [SM=x520502]
Comunque: provvede! [SM=x520497]





M'ero spaventato!! Credevo che qualcuno t'avesse messo a tacere per non svelare il finale!!! Comunque, tutto bene, no? [SM=x520488]

Nel libro (poi dirò il titolo), si parla anche di un angelo di pietra con una botola sotto il basamento. Viene riportata inoltre la frase "Lui non è come te", che ricorda molto quella detta dalla zingara a Foster, riferendosi a Lucia ("Lei non è come noi"). Che dite, sempre coincidenze?


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28/03/2016 23:55
 
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Auguri Edward Forster!!!

Ma i misteri sono finiti?
18/11/2020 10:11
 
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Eilà!? Di nuovo online!!
Dove siete finiti tutti???
Tidus, Roberto@C, Lucawenz...
Roberto devi completare il tuo raccontooooooo!!!!!
Buona giornata a tutti!


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Buongiorno a tutti! A maggio ricorreranno i 50 anni dalla prima messa in onda... chissà se si riuscirà a fare qualcosa? Di mezzo abbiamo pure 'sto cavolo di virus... speriamo bene!!


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16/02/2021 09:25
 
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Dopo Ritratto di donna velata, voglio provare ad analizzare questo capolavoro, sperando di non apparire dissacrante. La cosa non è facile, data la complessità della trama, anche se il triplice spiegone finale, insolitamente esaustivo, chiarisce molti misteri dello sceneggiato. Alcune integrazioni, soprattutto per quanto riguarda il finale, si trovano nel racconto di Giuseppe D’Agata, tratto dallo sceneggiato.
Nonostante questo, rimane ancora qualcosa da indagare perché, ogni volta che si approfondisce, invece di risposte emergono nuove domande, come se lo sceneggiato avesse vita propria. Spiegherò alla fine cosa intendo dire con questa frase.

Prima di iniziare vorrei far notare come nello sceneggiato ricorrano in modo assai frequente i numeri 1, 3, 7: 31/3/1771, salmo 17, via Margutta 33, interno 13, stanza 33, targa 317, via Delle 3 Spade. Qui servono gli esperti di numerologia per chiarirne il significato.


1 Il Segno Del Comando


Come da titolo, tutta la storia ruota attorno al Segno Del Comando, quello che è indicato nei manoscritti come “il Segreto lascito”.
Non si specifica cosa sia questo Segreto lascito perché è «qualcosa che solo gli iniziati possono sapere. Certe vecchie leggende lo definiscono il Segno del comando. Che cos'è? È un sigillo magico, dicono. Altri parlano di un pugnale o di una spada, una spada fiammeggiante il cui fuoco non si estinguerà mai. Secondo qualcuno invece sarebbe un filtro o una tavola contenente delle profezie», e a guardia di questo segreto ci sarebbe un Messaggero di Pietra.

In un manoscritto della fine del ‘700 di un discepolo del Maestro di musica Baldassarre Vitali si parla di un segreto lascito che non era destinato a mani profane, ma veniva affidato alla custodia di un «messaggero che aveva bensì corpo ma non anima», cioè la statua di un angelo. Questo lascito è stato nascosto da gente fidata della casa di Vitali, nei pressi di un tempio romano e a una fontana con delfini. Si tratta della piazza di cui Byron parla nel diario e che è stata rappresentata in un quadro dal pittore Marco Tagliaferri.
Il manoscritto apparteneva all’omonimo colonnello Marco Tagliaferri e, dopo la sua morte, è passato al principe Anchisi. Il libro si presenta trapassato più volte da un pugnale, da «qualcuno che in questo libro cercava qualcosa che non è riuscito a trovare» perché può farlo solo chi è designato dal destino.
Subito dopo aver mostrato a Forster il manoscritto, Anchisi gli fa vedere un pugnale di scena dell’orafo Ilario Brandani. Sembra quindi che sia stato proprio Anchisi a rovinare il testo, ma l’ipotesi non regge perché, come abbiamo detto prima, il libro era in possesso del colonnello Tagliaferri, a meno che non lo abbia fatto subito dopo averlo ricevuto. Ma anche questa ipotesi non tiene, perché Anchisi aveva già messo Forster sulle tracce del SDC. E se fosse semplicemente una incongruenza nella sceneggiatura?

Il SDC, come verrà rivelato alla fine, era un medaglione con impressa una civetta, coniato dall’orafo Ilario Brandani, che aveva il potere di conferire l’immortalità a chi lo possedeva, o di prolungare la vita, secondo il racconto. Il medaglione, oggetto maledetto secondo la tradizione, non apparteneva a Vitali ma lo aveva rubato a Brandani dopo averlo ucciso.
Il simbolo della civetta lo ritroviamo sulla porta della casa del pittore Tagliaferri e di Vitali. «Dicono che fosse un sigillo dei Borgia. ancora oggi qui a Roma il popolino pensa che la civetta porta disgrazia».

C’è un altro segreto lascito, nascosto nel medesimo luogo, ma che non ha nulla di paranormale: il Carteggio Von Hessel, un’imbarazzante corrispondenza tra gli inglesi e i nazisti, che un ufficiale delle SS ha nascosto prima di essere catturato dagli alleati. Il tedesco era appassionato di musica e di spiritismo e frequentava la casa di un musicologo cieco, che in precedenza era di Vitali, dove ha visto il Salmo XVII, e frequentava anche quella del principe Anchisi. È in questo modo che è venuto a conoscenza del segreto, ha interpretato correttamente il Salmo XVII ed è arrivato al nascondiglio. Non vi ha trovato il medaglione, ma ha sfruttato la nicchia per nascondervi il carteggio. Nel racconto, invece, Von Hessel possedeva il diario di Byron, tuttavia non ne aveva informato Anchisi.

Ci sono 4 gruppi di personaggi implicati in questo mistero: un gruppo di spiritisti (la signora Giannelli, il numismatico Prospero Barengo, il principe Raimondo Anchisi e il sarto Paselli, più altri personaggi di contorno), in qualche modo usati da Powell, che attirano Forster a Roma con una falsa foto della suddetta piazza, con lo scopo di fargli ritrovare il SDC; l’ambasciatore e membro del servizio segreto britannico Powell, che è interessato a recuperare il carteggio, e si unisce agli spiritisti quando scopre perché Sullivan è interessato alle loro ricerche e perciò attira Forster con un invito a tenere una conferenza su Byron; Lester Sullivan, il barone Rosso che, insieme a Olivia, ha lo stesso scopo di Powell, ma agisce indipendentemente; e infine Lucia, modella del pittore Tagliaferri, che il SDC lo possiede, ma vuole darlo a Forster, legittimo destinatario. È lei alla fine che si serve di tutti nelle vesti di medium.
Riassumendo, Powell, attraverso il gruppo di spiritisti, manovrava Forster e attraverso Forster era al corrente dei movimenti di Sullivan e Lucia, come medium, guidava tutti.

Il carteggio Von Hessel viene effettivamente trovato da Powell, che immediatamente lo invia a Londra.
Il SDC, cioè il medaglione, sembra non essere stato recuperato da nessuno. Il commissario Bonsanti ipotizza che il SDC lo abbia trovato il tedesco, ma che non gli sia servito a nulla. Forster non lo crede e neanche Anchisi ci crede quando Powell formula la medesima ipotesi, visto che l’ufficiale è morto e Forster è ancora vivo.
In realtà il SDC è nelle mani di Forster fin dall’inizio della storia, dono della misteriosa modella Lucia.
Nessuno dei personaggi coinvolti nella storia lo riconosce come SDC e questo perché la leggenda dice che può trovarlo solo il predestinato. Il SDC diventa riconoscibile come tale solo se lo si trova nella statua del Messaggero di Pietra; se lo stesso oggetto è visto al di fuori del suo contesto, appare come un semplice medaglione.
L’identificazione del Segno del Comando con il medaglione viene svelata solo alla fine dello sceneggiato da Lucia, che appare un’ultima volta nella misteriosa Taverna dell’Angelo: «Io sola prima di te sapevo dov’era e sapevo che altri lo cercavano. Per questo ho preferito affidarlo subito a te».

C’è una cosa che vorrei segnalare.
Lo sceneggiato crea un alone di mistero e un’atmosfera magica attorno al SDC e al Messaggero di Pietra: il manoscritto, il luogo di ritrovamento ecc., ma guardiamo i fatti in modo più razionale.
Nel manoscritto c’è scritto che Vitali fa nascondere da gente fidata il SDC all’interno della statua di un angelo vicino a casa sua. Il suo personale non doveva essere tanto fidato se anche il suo discepolo conosceva il luogo. Se poi questi mette per iscritto il nascondiglio, che segreto è? Chiunque lo legga individua subito il luogo: c’è un’unica statua con un angelo, vicino alla sua casa, come si legge anche sul diario di Byron. Il salmo in questo modo diventa assolutamente inutile.
Quando Forster comincia a contare i passi e si trova davanti alla statua, la osserva con uno stupore comico, come se avesse scoperto chissà cosa: lo sapeva già della statua. Bastava che, trovata la casa, andasse direttamente in giardino e la ispezionasse, senza tutta quella messinscena.
L’errore è stato quello di mettere nel manoscritto il luogo esatto del nascondiglio. Se si fosse scritto soltanto che Vitali nasconde il SDC, senza indicare il luogo, allora il salmo acquista un senso: contando i passi arrivi alla statua. Ma il messaggero che aveva bensì corpo ma non anima faceva certamente più scena! Al limite bastava nominarlo solo sul diario di Byron e in questo caso dava effettivamente un elemento di mistero in più da chiarire.

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[Modificato da bgiordy 16/02/2021 09:27]
21/02/2021 16:43
 
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2 Il quadro

Il quadro è il punto di partenza di questa catena di fatti misteriosi. Si tratta di un dipinto di Marco Tagliaferri in cui è rappresentata una Piazza con rudere di tempio romano, chiesa rinascimentale, fontana con delfini, di proprietà del principe Anchisi. Nel racconto invece abbiamo: Piazza con portico, tempio romano e fontana con delfini, più compatibile con la piazza postbellica, dove non c’è traccia della chiesa e più coerente con il manoscritto.
Una foto del quadro, inviata dal pittore a Forster, dimostra che la piazza descritta da Byron esiste e non è una fantasia del poeta. In realtà si tratta della fotografia taroccata del quadro che gli spiritisti hanno spedito per convincere Forster a venire a Roma.
Il quadro è stato messo all’asta dal principe prima che Forster avesse la possibilità di esaminarlo. Dalla scena dell’asta sembra che Anchisi sia d’accordo con il numismatico Barengo, affinché Forster possa comprarlo, come dimostra il segnale con il banditore quando entra Forster. Tuttavia Barengo non sembra contrariato quando ad acquistarlo è un intermediario di Sullivan.
Allora il quadro è veramente importante? Secondo Powell: «Chi ha avuto interesse a disputarlo così accanitamente, incaricando un'altra persona per di più? Siamo sicuri che non nasconda qualche segreto?». E Forster: «Powell non è possibile. Le ripeto, se fosse così Anchisi se lo sarebbe tenuto». P.: «Forse l'ha mandato all'asta convinto che sarebbe finito nelle sue mani». F.: «Non credo. Me lo avrebbe dato direttamente o comunque avrebbe trovato il modo di farmelo avere. Penso piuttosto che se ne siano serviti come di una specie di trappola. Certo! Per verificare se c'è qualcun altro interessato alla vicenda che ruota attorno a Tagliaferri e a me. Un modo per indurre eventuali concorrenti a uscire allo scoperto. E così è stato mi pare».
Il quadro è sì importante, ma solo per dimostrare l’esistenza della piazza, non perché nasconda qualche segreto. Per trovarla, e quindi arrivare al luogo del SDC, è sufficiente la sua descrizione o la foto del quadro.
Forster ha quindi ragione e quando la medium/Lucia indica in modo criptico dove si trova il quadro, risponde solo perché è una richiesta di Forster e non perché abbia l’esigenza di farglielo trovare.
Il quadro è in mano a Sullivan, che lo dà a Olivia come regalo per Forster: «Sullivan ha comprato quel quadro convinto di trovare qualche cosa. Se poi l’ha abbandonato qui è perché ha capito che non serviva a niente. E infatti è stato un acquisto inutile. È servito soltanto a stanarlo, a farlo cadere in trappola».

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26/02/2021 16:09
 
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3 Ilario Brandani

Ilario Brandani era un abile orafo, nato il 28 marzo 1735 (31 marzo 1734 nel racconto), che aveva forgiato medaglioni, bracciali, impugnature di spade, strumenti musicali, orologi. Gli oggetti erano riconoscibili dalle iniziali IB e avevano fama di essere maledetti.
Un pugnale con lama retrattile, ma in grado di bloccarsi una volta in una sequenza variabile di 13 colpi, era in possesso del principe Anchisi e un orologio con incisa la scritta “Sant'Onorio” apparteneva al colonnello Tagliaferri.
Brandani era famoso non soltanto come orafo, ma come mago, negromante, stregone in grado di evocare i defunti ed era chiamato "L'uomo che non può morire". «Si diceva, infatti, che avesse il segreto dell'eterna giovinezza. Altri invece credevano che fosse un reincarnato, un defunto tornato in vita, perché conosceva tutti i segreti dell'aldilà». Il numismatico Barengo afferma che, «nonostante la sua fama di immortale, Brandani morì in circostanze misteriose». In realtà, si sapeva che era stato ucciso da un suo rivale in negromanzia, Baldassarre Vitali, per carpirgli un segreto potere: il Segno del comando. Brandani conosceva effettivamente il segreto dell’immortalità o comunque il modo di prolungare vita, tanto che era stato in grado di forgiare un medaglione per questo scopo, ma non poté goderne il potere perché proprio quel giorno, il 28 marzo del 1771, lo stesso giorno della sua nascita, è stato ucciso e gli fu rubato il SDC. Brandani, morendo, maledì Vitali e giurò di reincarnarsi ogni secolo in un uomo che avrebbe avuto la missione di ritrovare il segreto guardato dal Messaggero di Pietra.
Il cambiamento della data da 28 a 31 marzo nel testo, può essere spiegato con la necessità di far coincidere le date di due leggende, quella in cui chi vede la ragazza nel palazzo di Anchisi è destinato a morire entro il mese e quella legata al Segno del Comando, cioè il predestinato/reincarnato che non lo trova, muore. Forster avrebbe potuto morire dopo il 28 marzo rispettando la leggenda del fantasma ma cozzando con la data di morte del Brandani. Spostandola al 31, le date delle due leggende coincidevano.
Rimane un mistero invece l’indicazione della chiesa di S. Onorio: perché Brandani fa incidere il nome di quel luogo sull’orologio? Che cosa vi succedeva lì?

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05/03/2021 16:39
 
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4 Baldassarre Vitali

Baldassarre Vitali è un musicista e organista romano del Settecento, di cui si hanno scarsi dati biografici. Non è dato sapere quanto sia vissuto, né dove sia stato sepolto. L’affermazione del fatto che era un musicista della fine del Settecento, fa riferimento alla sua opera e non alla sua vita. Dovrebbe invece essere morto alla fine del Settecento, vista la data in uno scritto del suo anonimo discepolo.
La casa di Vitali, posta nei pressi della piazza descritta da Byron e rappresentata in un quadro di Tagliaferri, si trova in via Delle Tre Spade 119, dove sul muro c’è il simbolo della civetta.

Apprezzato al suo tempo, ha poi conosciuto un’eclissi di fortuna. Ha composto diverse opere per organo, che sono state date come lascito (tranne una, che non è mai uscita dalla sua casa) alla chiesa di S. Onorio nella seconda metà dell'Ottocento. Neanche il parroco conosce il motivo della custodia dei manoscritti nella chiesa, c'è però la coincidenza dell'orologio di Brandani con la scritta “Sant'Onorio” e il fatto che i manoscritti di Vitali siano proprio in quella chiesa: se due negromanti vi bazzicavano, qualcosa di misterioso doveva avvenire in quel luogo. Vitali, infatti, era ritenuto un mago, rivale in negromanzia di Brandani, che aveva rapporti con l'aldilà e che era al servizio delle potenze occulte.

Il lascito a S. Onorio non comprendeva il Salmo XVII, ovvero “della doppia morte”, perché ritenuto una musica maledetta. Doppia morte di chi? Della sua anima e del suo corpo? Sua e di Brandani? Mah.
Il salmo, secondo una leggenda, contiene un segreto: quale?
Vitali uccise il negromante rivale Ilario Brandani per rubargli il segreto della sua forza, il Segno del comando. Era lui ora ad avere il potere di cancellare il confine fra la vita e la morte. Si rese però conto del male compiuto ed espresse il suo turbamento nei versi riportati nel Salmo XVII: «VOLTAI LE SPALLE AL SIGNORE / E CAMMINAI SUI SENTIERI DEL PECCATO. / VOLTAI LE SPALLE AL SIGNORE / MA QUANDO IL TEMPO FINÌ / SEPPI CHE ERO GIUNTO DOVE NON DOVEVO GIUNGERE. / DIRITTA È LA STRADA DEL MALE. / MA QUANDO IL TEMPO FINÌ / LA STRADA ERA FINITA / E COSÌ L'ANIMA MIA. / PERCHÉ AVEVO VOLTATO LE SPALLE AL SIGNORE». Nel racconto ci sono delle piccole modifiche al testo.

Secondo il manoscritto settecentesco di un suo discepolo, quando Vitali si sentì vicino alla morte, poiché per il delitto che aveva commesso non poteva che morire [nel racconto], il Segreto lascito, che non era destinato a mani profane, veniva affidato da gente fidata della sua casa, alla custodia di un messaggero “che aveva bensì corpo ma non anima”, il Messaggero di Pietra, cioè la statua di un angelo, nei pressi di un tempio romano e a una fontana con delfini e ciò affinché nessun altro potesse abusarne dopo la sua morte. [Frase già detta in precedenza, ma necessaria per la comprensione].
Nel sotterraneo della casa di Vitali, passata a Sir Percy Delaney, e dove ora vi abita un musicologo cieco - e che ancora custodisce il salmo -, c'è un’immagine sacra in una cornice di pietra, partendo dalla quale, secondo le indicazioni dei versi del salmo XVII, si arriva a un cortile con la statua dell’angelo che custodisce il SDC.

Vitali, in veste di fantasma, appare una sera, nella casa di Sir Percy Delaney, a Byron che, turbato, ne trascrisse i versi quando ritornò a casa. Non è dato sapere se Vitali ha fatto qualche comunicazione sul SDC.
Chissà se anche la musica d’organo che Forster ha sentito provenire da una stanza chiusa del palazzo di Anchisi - e quando apre la porta nessuno sta suonando - era uno scherzo di Vitali o una semplice suggestione. Ma cosa aveva a che fare Vitali con Anchisi? Il fatto che ci fosse un antico organo nel palazzo potrebbe far pensare che Vitali avesse suonato in quel luogo. Ad ogni modo, secondo il racconto, la musica d’organo fa parte della leggenda insieme al fantasma di Lucia.

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