“dunque, se ho capito bene (devo dire che la cosa
non mi è chiara):
si traduce in modo diverso dal letterale
solo se la traduzione non è chiara a livello
grammaticale e non dottrinale. Giusto?”
Un greco nell’esaminare Matteo 12:7 non legge: “Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio”, legge “Se aveste compreso che cosa è: Misericordia io voglio e non sacrificio”. Potrebbe intenderlo come significa, ma per lui è il verbo essere. Il problema è solo nostro che se volessimo mantenere il costrutto greco avremmo un italiano osceno.
“poi si è detto che "Estin" vuole dire "è"
e, come in italiano, "essere" può voler dire
"significare", così vale anche per "estin"
che può voler dire "significa".”
Non ho detto questo, ho detto che eimi può voler dire “significa” nella stessa misura in cui il verbo “essere” italiano può voler dire “significa”. Pur attribuendo questa valenza a seconda dei contesti, nessuno trasponendo un verbo “essere” in inglese o francese lo tradurrebbe con “significare”, anche se è quello il senso. Si tratta di capire che resta il verbo essere, “significa” è un’interpretazione possibile sia in italiano che in greco, ma qui francamente non vedo il motivo di fare dell’ermeneutica così pencolante.
“Quindi, come traduzione letterale,
è più esatto scrivere "essere";
dico "più" esatto perchè,
in teoria, non sarebbe sbagliato
scrivere "significa".”
Va tradotto con essere a meno che la resa italiana non lo richieda, perché eimi è il verbo essere. Furuli stesso ammette che la cosa migliore era tradurre con "è" e mettere in calce una nota dove si spiegava il senso della frase.
A presto
[Modificato da Polymetis 15/09/2004 22.23]