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PASSIONI/VOCI - ENZO MOSCATO A NAPOLI

Ultimo Aggiornamento: 16/03/2006 14:58
16/03/2006 14:58
 
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Post: 81
Registrato il: 23/12/2004
Città: POMPEI
Sesso: Maschile
Utente Junior
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Orario spettacoli :
da martedì a sabato ore 21
domenica ore 18

Prezzi :
Da martedì a venerdì INTERO : 14 euro
Sabato e domenica INTERO : 16 euro

RIDOTTO UNDER 25 : 8 euro

RIDOTTO UNIVERSITARI (Valido solo il mercoledì) : 6 euro

Info e prenotazioni
ORARIO DI UFFICIO
dal lunedi al venerdi
9,30 | 13,30 - 15,30 | 19

è possibile effettuare prenotazioni telefoniche ai numeri :
081/406062 - 081/425958, in orario di ufficio

La prenotazione telefonica decade inderogabilmente un'ora prima dello spettacolo.



Il recital Passioni-Voci, condotto all' unisono su testi tratti da Salvatore Di Giacomo e da Enzo Moscato stesso (che vi è presente anche in qualità di attore e di regista) è nato tra la fine del 2004 e la primavera del 2005, in epoca, dunque, ancora non sospetta dA inflazione, quando, cioè, le celebrazioni e gli scritti, in memoria dei 70 anni dalla scomparsa dello scrittore napoletano, non erano così numerosi.
Conservando allora una propria autonomia rispetto a questi eventi, e mantenendo al proprio interno il desiderio di collocarsi il più lontano possibile da qualsivoglia idea di esaustività e di completezza, rispetto allo sguardo dato alla sterminata scrittura digiacomiana, e, anzi, rafforzando ancora di più quel taglio bizzarramente impressionistico, fantasioso ed ellittico, sincopato e recitativamente danzante-canoro, che già aveva al suo debutto, nella sala degli Angeli del Suor Orsola Benincasa, il lavoro può dire d'aver mantenuto, pressocchè intatte, le forme ideative ed estetiche, con cui si era presentato alla ribalta, nel maggio del 2005.
Innanzitutto, mantiene inalterati l'esplicitazione di un rigore e di una sottrazione, radicali, per quanto riguarda l'organizzazione della scena, dei costumi, della prossemica.
Quasi nessun orpello inutile. Pochi fiori (finti) sparsi e un tulle, basteranno a dire e dare la straordinaria semplicità e leggerezza del mondo delle parole di Di Giacomo.
Pressocchè ridotti al grado zero, dunque, ammiccamenti e ruffianerie d'allestimento, a favore di una messa in evidenza del linguaggio, o dei linguaggi, usati. Del loro soffio, organico e spirituale. Del ritmo. Della pulsionalità . Della musicalità , del testo. Veri e soli protagonisti della performance.
Saldamente legati a quanto detto sopra, poi, appaiono vieppiù sottolineati ed espressi, con convincimento, i tentativi ad-operati dalla regia di Enzo Moscato di allontanare e di estraniare Di Giacomo dal contesto, riduttivamente vernacolar-naturalistico, in cui una certa critica, letteraria e teatrale, l'ha confinato storicamente, a danno degli aspetti di una scritture che, a una lettura più attenta e profonda, ostenta, invece, a nostro avviso, inquieti e moderni tratti di visionarietà , frammentarietà , surrealismo, ipnotismo, deliquio, malattia, da permettere l'accostamento di essa non solo a tematiche e forme di scrittori molto più vicini a noi, per generazione (Moscato, in primis), ma soprattutto a quelle di artisti di vastissima risonanza internazionale (Artaud, Strindberg, Roth), a cui, per assonanza/risonanza emotiva, per una concezione del dettato narrativo, vissuto come de-ossificazione del dolore e della meschinità umana, l'universo di Di Giacomo è senz'altro riportabile.
Coerentemente in sintonia con questa de-strutturazione del Di Giacomo-santino del naturalismo e del sentimentalismo; in aperta rotta di collisione con un'illustrazione e una pratica del suo mondo espressivo, dato per lo più come banalmente localistico e bozzettistico, rispetto al segno di riferimento-Napoli, sono state usate anche le musiche a commento, che accompagnano la performance.
Dalle libere strofe a cappella di Di Giacomo stesso, tratte dai suoi hits canori, malinconici e de-lirici, ma come svuotate di senso tardo-romantico e confortativo, alle affascinanti ballate ebraiche, di stampo klezmer, che contrappuntano alcuni momenti del lavoro, ogni sonorità , ogni significante emesso, sia dal vivo che in registrazione, tutto concorre a suggerire l'idea di lontananza, di estranietà , di distanza e di "non profeta in patrià" (per quanto, apparentemente, accettato e celebratissimo) che l'autore di "Assunta Spina" e di "Era de maggio" dovette nutrire nel profondo rispetto alle sue origini, alle sue radici etniche, linguistiche, sociali.
In una parola sola: rispetto al suo shakespeariano essere/non essere, ad un tempo, veracemente napoletano.
Franzisko
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