ciao amelie io c'ero ovviamente.
il concerto è stato bello ma forse "strano".certo devi capire che il nostro sta sbizzarrendosi con nuove sperimentazioni ormai non è solo cantautore ma cantante della band ( come gli piace definirsi).
ti allego l'articlo del mattino di napoli che forse ti chiarià le idee, cari saluti e fatti viva.
SUCCESSO AL PALAPARTENOPE
De Gregori più dylaniano di Dylan Metamorfosi di un cantautore
Parte con l'omaggio a Pier Paolo Pasolini il lungo viaggio di Francesco De Gregori attraverso i suoi trent'anni di musica. Niente parole facili e prevedibili, solo la splendida «A Pà» (da «Scacchi e tarocchi») per ricordare l'uomo e l'intellettuale amatissimo proprio nel trentennale della terribile scomparsa. Mercoledì sera al Palapartenope di Fuorigrotta il ritorno del Principe dopo il pienone a fine giugno al Caivano Rock Festival per il tour promozionale di «Pezzi». Senza la pressione di un album da rilanciare, né l'ansia di buttarla in politica, Francesco ribadisce la voglia di divertirsi e divertire cantando e suonando. E lo fa alla sua maniera, che è ormai più dylaniana di Dylan stesso, («Caldo e scuro» su tutte) facendo e disfacendo i capisaldi del suo canzoniere, tra schitarrate rock e inusitate soluzioni melodiche. Si fa fatica a tenergli dietro, i fan cantano «La leva calcistica della classe '68» e «Niente da capire» come se il tempo non fosse mai passato, con l'ossequio che si usa verso i classici, ma Francesco osa e spinge l'acceleratore, fino a giocarsi un blues ruvido e trascinante sulle note di «Rimmel». Tra il pubblico i suoi coetanei, i fedelissimi, e tante facce giovani, quelli che si sono fatti ammaliare dall'elogio del libero arbitrio di «Vai in Africa, Celestino» e sanno rifare voce e chitarra le sue prime canzoni. A suo dire sempre meno cantautore (eppure da lui non si può prescindere) e sempre più rocker (e Vasco e Liga gli sono grati), De Gregori per oltre due ore di concerto alterna canzoni recenti alle perle più attese. E così dopo una travolgente versione di «Tempo reale» con quattro chitarre, basso e batteria (puntuale la band sempre sotto l'egida del funambolico Guido Guglielminetti), arrivano una «Titanic» tinta di rumba e «L'abbigliamento di un fuochista» vestita da mazurca dondolante. Tanti i pezzi attesi e tante le assenze, ma basta una commovente «La donna cannone» solo voce e piano a riconciliare gli animi e ricordarsi che di belle canzoni Francesco ne ha fatte davvero troppe per poterle eseguire tutte. Per il richiestissimo bis «La storia» in versione country-rock e la marcia rock dell'«Agnello di Dio», spietati pezzi di realtà che oggi più che mai testimoniano la coerenza di una coscienza civile. Saluto finale con la dissacrante rilettura blue-grass di «Buonanotte fiorellino», che smette le sue vesti di valzer per riavvolgere le fila di un'epoca che non c'è più. Perché ogni grande canzone vive di molte vite, mai rinnegando la propria.