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Felicità in polvere dorata

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2006 14:30
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19/02/2006 14:30
 
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Non mi rovinate il topic...
[SM=x346112]

No, scherzo. [SM=g27828]

[SM=x346125] [SM=x346160]
§Johan Razev§

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"Possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso" Gandalf
----------------------------------------
"Venite amici che non è tardi per scoprire un mondo nuovo.
Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte
E se anche non abbiamo l'energia
che in giorni lontani
mosse la terra e il cielo,
siamo ancora gli stessi,
unica eguale tempra di eroici cuori
indeboliti forse dal fato
ma con ancora la voglia di combattere
di cercare
di trovare
e di non cedere." A. Tennyson - Ulysses -
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Veramente Immenso

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19/02/2006 14:24
 
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Grazie B r u n e l l a [SM=x346113]

"Che sciagura mi può mai aspettare?Non c'è deserto, precipizio o oceano che io non sia pronta ad attraversare con te" -Madame Bovary-
C'è solo una cosa al mondo più bella di una bella donna, una donna bella e intelligente. R.M.


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19/02/2006 14:22
 
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"ti regalerò un dizionario"


"è un po' come avviene nella vita di tutti noi,
quando si ha tanta scelta si è più selettivi,
quando si ha meno scelta ci si adatta di più a quel che c'è...
siamo un po' tutti folletti trombatori della ryan air"

Vera Guido
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19/02/2006 14:21
 
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ho messo il punto di domanda apposta...sono una gnorri...pazienza...

"Che sciagura mi può mai aspettare?Non c'è deserto, precipizio o oceano che io non sia pronta ad attraversare con te" -Madame Bovary-
C'è solo una cosa al mondo più bella di una bella donna, una donna bella e intelligente. R.M.


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19/02/2006 14:19
 
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ERRORE


"è un po' come avviene nella vita di tutti noi,
quando si ha tanta scelta si è più selettivi,
quando si ha meno scelta ci si adatta di più a quel che c'è...
siamo un po' tutti folletti trombatori della ryan air"

Vera Guido
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Re:

Scritto da: Volant 19/02/2006 13.45
attaccati dallo(?) steoporosi...


Aaahhh!!! [SM=x346089]
La Commissione Inquisitoria dell'Accademia della Crusca ti condanna senza alcuna possibilità d'appello a 10 anni di lettura forzata dello Zingarelli.
[SM=x346172] [SM=x346172] [SM=x346172]

CAMPIONI DEL MONDO!!!



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19/02/2006 13:45
 
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io e rijkaard e mille mila vecchi attaccati dallo(?) steoporosi... [SM=x346122] vabè, lasciamo perdere....

[Modificato da Volant 19/02/2006 13.45]

"Che sciagura mi può mai aspettare?Non c'è deserto, precipizio o oceano che io non sia pronta ad attraversare con te" -Madame Bovary-
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19/02/2006 13:26
 
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SEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!
[SM=x346134] [SM=x346134] [SM=x346134]

Fiuuu...

Ma eravate solo tu e Rijkaard? [SM=g27833]

[SM=x346125] [SM=x346160]
§Johan Razev§

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ps.il tuo sesto senso era errato.(fortunatamente) [SM=g27828]

"Che sciagura mi può mai aspettare?Non c'è deserto, precipizio o oceano che io non sia pronta ad attraversare con te" -Madame Bovary-
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[SM=g27811]

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Grazie!
[SM=g27821]

P.s. MISSIONE COMPIUTA!! [SM=g27836]

[SM=x346125] [SM=x346160]
§Johan Razev§

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14/02/2006 21:54
 
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Meravigliosa...
[SM=g27817]

"Che sciagura mi può mai aspettare?Non c'è deserto, precipizio o oceano che io non sia pronta ad attraversare con te" -Madame Bovary-
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11/02/2006 12:32
 
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..mmhh...l'ho riletta..e non è male. Mi piace. Bene, bene.
[SM=g27828]
Anche se, per colpa sua, stamattina (inteso come 3.40), ho fatto prendere un crepo a mia madre.

[SM=x346125] [SM=x346160]
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11/02/2006 12:04
 
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Beh per essere la prima versione, e per essere stata scritta alle 3.00 di stamattina, non c'è proprio male!!
Molto bello il brano, e poi c'è il mitico karl, ma perchè ce l'ha tanto con il sorriso da imbecille?
Povero John! [SM=x346131]


"è un po' come avviene nella vita di tutti noi,
quando si ha tanta scelta si è più selettivi,
quando si ha meno scelta ci si adatta di più a quel che c'è...
siamo un po' tutti folletti trombatori della ryan air"

Vera Guido
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11/02/2006 03:37
 
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Sì, lo so cosa direte...sono fuori. So anche io che è tardi, ma quando siete andati mi sono messo ad ascoltare un po' di musica e, guardacaso, mi è capitata "sotto-orecchio" la musica "You're the voice". Ricordate?
Ebbene, ricordate anche che vi dicevo che, ascoltandola, riuscivo a vedere dettagliatamente dinanzi ai miei occhi una scena? Come fosse una scena di film? Bè, eccola qui (con alcune licenze poetiche..eheh).

Felicità in polvere dorata:

Dopotutto era finita. Perché pensare ancora a lei?
Si sedette al solito tavolo, salutò con un cenno del capo il vecchio proprietario del café, ed automaticamente, quasi non fosse nemmeno lui a parlare, disse:
<< Il solito. >>
All’esterno, al di là della fredda vetrata che dava sulla 42° strada, una fiumana di gente si rincorreva e si incrociava, persa nel caotico vortice cittadino. Tutto era uguale al solito, tutto, al di fuori di lui. Lo sentiva in ogni istante che l’orologio batteva alle spalle della cameriera alla cassa, lo percepiva in ogni suo singolo muscolo. Lo avvertiva ad ogni pensiero. La sua mente ritornò indietro di qualche ora, alla notte precedente e a quelle parole, sussurrate fra i singhiozzi:
<< Non è qui la mia vita. Devo andarmene. >>
Non credeva che due singole parole potessero avere un tale effetto. Ricordò che in lui sentì qualcosa cadere e spezzarsi, le sue gambe avevano faticato a reggerlo in piedi. Non aveva risposto, incredulo, stupito, impaurito. Non aveva trovato le parole.
E si erano dunque lasciati così, nel silenzio del parco, alla debole luce di quel piccolo lampione, sotto un cielo senza stelle, sotto la neve. Non si erano detti nulla, non un arrivederci, non un addio.
Scosse la testa cerando di scansare quei pensieri ma questi tornavano irrimediabilmente indietro, come richiamati da chissà quale suadente voce, di chissà qualche crudele essere che lo voleva tormentare. Perché pensare ancora a lei? A quell’ora doveva ormai aver preso il treno che l’avrebbe riportata indietro, al suo mondo e alla sua vita.
Eppure era stato tutto così perfetto. Come lui, cinico ed insensibile, mai avrebbe immaginato sarebbe potuto essere.
Con lei aveva cominciato a credere. In tutto.
Ma era finita.
<< Caffè macchiato e brioche alla marmellata, per lei. >> annunciò Lucy, la cameriera, appoggiando il vassoio davanti a lui.
<< Grazie, Lu. >> Rispose questi, distrattamente.
Lucy rimase qualche momento ad osservarlo, poi continuò, con voce rassicurante:
<< Mi dispiace. >>
<< Per cosa? >> Domandò lui, incuriosito.
<< Non lo so, ma non hai certo una bella cera. E mi dispiace per questo. >>
<< Non preoccuparti. Dopotutto lo sospettavo. >>
<< Che cosa? >>
<< Niente, niente. >> E si mise a sorseggiare il caffè, gettando lo sguardo all’esterno. Lucy, intanto, si allontanava sospirando.
La neve era caduta abbondante in quei giorni e ve ne era ancora molta ai margini delle strade. Quella mattina, però, sembrava che il tempo avesse voluto fare una tregua. Il sole brillava alto nel cielo.
Addentò la brioche, quasi di controvoglia. Si disse che, in effetti, se lo sarebbe dovuto aspettare. Non gli era mai capitato di incontrare qualcuna così, non aveva mai provato qualcosa del genere, non voleva innamorarsi, perché l’Amore è cosa da deboli, cosa da sognatori, e lui non era mai stato né l’uno né l’altro. Di fronte a tutto quello che aveva passato, l’Amore era un’inezia, non poteva permettersi di amare. Eppure era accaduto e doveva aspettarsi che l’Amore l’avrebbe lasciato. In fondo non vi aveva mai creduto, non si era mai preparato al suo arrivo e la sua ignoranza l’aveva punito. Quindi dopo essersi ripetuto per l’ennesima volta “che stupido che sono”, decise che doveva smettere di tormentarsi. Si cercò di convincere che l’indomani avrebbe dimenticato tutto, e se non l’indomani, il giorno dopo, e se nemmeno il giorno dopo, allora il giorno dopo ancora. Il tempo lo avrebbe curato.
Eppure sentiva che non voleva guarire. Non voleva sentirsi meglio, perché avrebbe voluto dire dimenticarla. No, mai. Non avrebbe mai potuto.
Bevve l’ultimo sorso di caffè.
Con calma prese a tastarsi addosso, in cerca del portafogli. Prese da questo qualche moneta e la appoggiò sul tavolo, accanto alla tazzina. Giocherellò con una di queste, senza parlare.
<< Ehi, Jo. >> Lo chiamò il proprietario del café.
John, così si chiamava lui, alzò lo sguardo verso il vecchio.
<< Dov’è la tua bella? Finita? Bè, questa volta ci hai messo più del previsto. Cinque mesi sono tanti, se contiamo che solitamente le tieni per due settimane scarse. >>
John non rispose, riprendendo a giocherellare con la moneta che teneva fra le mani.
<< Ehi Jo. >> Lo richiamò il barista.
<< Non ho voglia di parlarne, Karl. >> Affermò lui, con un tono che non ammetteva repliche. << Questa volta è ben più complesso. >>
E lo era davvero. Karl, comunque, decise di non insistere più sul discorso.
“Devo andarmene”. Come ha potuto? Dopo tutto questo tempo. Dopo tutto quello che le ho dato, che mi ha dato. Non può semplicemente prendersi su ed andarsene. Ma si accorse di non riuscire ad essere arrabbiato con lei. Non le poteva affibbiare alcuna colpa, in effetti. Tutto ciò accadeva per volere di altri e lei era costretta a fare ciò che stava facendo. Certo non voleva andarsene. Certo non voleva abbandonarlo.
Per un brutto scherzo del destino, fuori passò un uomo con un mazzo di rose rosse. John, involontariamente, fece l’ultima cosa che pensava di poter fare allora: sorrise. Era così che era cominciato tutto, ricordò. Con un mazzo di fiori rossi. Come con tutte. E lei, all’inizio, era come tutte. Un brivido di ribrezzo verso sé stesso lo scosse da capo a piedi. Che orribile uomo sono stato, si disse. Poi davanti ai suoi occhi ricomparve quello stesso mazzo di rose rosse, con quel bigliettino da scrivania incollato al di sopra di quello originale che lui aveva scritto, quel bigliettino da scrivania su cui lei aveva risposto: Mi dispiace, hai proprio ragione quando dici che “non sono come tutte le altre”. Cerca qualcun’altra.
Sorrise ancora. Gli era sempre piaciuto quel suo carattere forte, quella sua sincerità disarmante, e da quella inusuale risposta era cominciato tutto. Prima avvertì come una nota di genuina curiosità, poi un fioco interesse che crebbe, crebbe, fino a che il suo cuore non venne chiuso in una morsa di profonda ossessione. E si accorse che quella “frase fatta” che le aveva scritto sul biglietto, dopotutto, recitava il vero, lei era diversa da tutte le altre.
E poi piano piano il cambiamento. Quello che ora poteva contemplare in tutta la sua interezza. Si guardò le mani come fosse la prima volta.
<< Ehi Jo… >> Cominciò ancora Karl.
<< Ti ho detto che non ne voglio parlare. >> Disse ancora lui, cercando di essere il più incisivo possibile.
<< Oh, bè, ma non voglio che ne parli a me. Piuttosto a lei. >>
Il cuore batté più forte, balzandogli in gola e bloccandogli il respiro. I suoi occhi vorticarono in tutte le direzioni fino ad essere catturati da una figura ferma al di là del vetro.
Lei!
Si alzò di scatto, non accorgendosi di avere stampato in viso un sorriso di quelli che Karl avrebbe definito “da imbecille”, ma in effetti non ci fece nemmeno caso. Tutta la sua mente era occupata da…qualcosa. Felicità? Stupore? Non ebbe il tempo di indagare, ma sapeva che sia l’una che l’altra ne facevano parte. Si sentì morire e rinascere. Di là dal vetro, sul marciapiede, stava lei, sì, sì, non stava sognando, lei. Alexis.
<< A…arrivo! >> Balbettò John, facendole segno di non muoversi e di aspettarlo. E lei rideva, coprendosi la bocca con una mano, e lo rassicurava con lo sguardo che di lì non si sarebbe spostata.
John corse alla porta, ignorando le parole di Karl che, scherzosamente, lo avvertivano:
<< Se non paghi nemmeno questa volta qui non potrai più entrare. >>
Ed è proprio da Karl che ho ottenuto la descrizione di quel momento. Egli disse che non ricordava di aver mai visto due persone più felici di quelle. Quando John fu uscito in strada, si avvicinò lentamente ad Alexis, come intimidito, impaurito, sorrideva come un bambino (con quel suo sorriso da imbecille, volle specificare Karl), ed anche lei faceva lo stesso, ferma, in mezzo a quella massa di persone che li circondava, e guardava per terra, girando il piede, con le mani legate dietro la schiena. Poi John le disse qualcosa, allungandosi verso di lei. E lei scosse il capo, mentre ancora sorrideva. John domandò qualcos’altro ed ancora lei rispose negativamente.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, ma nessuno dei due smise mai di sorridere. Come due soli che si illuminavano a vicenda ed, insieme, illuminavano chi stava loro intorno, tanto che era come se si fossero creati un’isola serena nel caos della città. Erano loro due…e poi tutto il resto.
Karl smise di pulire i bicchieri tanto era preso da ciò che vedeva: John arrossire per una donna! Che roba!
I due, intanto, continuavano a guardarsi, senza parlare eppure si riusciva a vedere, a percepire come una tensione che li stava avvicinando e che, da un momento all’altro, sarebbe scattata.
Fu John il primo a muoversi, il quale, veloce, prese Alexis per i fianchi e la issò per aria, lei, dal canto suo, lo abbracciò forte. Girarono intorno ed era come se, a quel movimento, felicità, sì, sì, proprio felicità, in polvere dorata, si spargesse sui passanti, i quali gettavano sguardi incuriositi sui due e, voltandosi di nuovo per la loro strada, questi si scioglievano in un sorriso. Felicità in polvere dorata. Il sole che luccicava sulla neve.

P.s. Perdonatemi per evenutali errori ma, oltre ad essere la prima versione, è anche "un po'" tardi. Ah, già! Buona notte!

[SM=x346125] [SM=x346160]
§Johan Razev§

[Modificato da Johan 11/02/2006 3.44]


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