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Umberto Saba - Mezzogiorno d'inverno

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2004 15:01
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14/03/2004 18:46

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Mezzogiorno d'inverno


In quel momento ch'ero già felice
(Dio mi perdoni la parola grande
e tremenda) chi quasi al pianto spinse
mia breve gioia? Voi direte: "Certa
bella creatura che di là passava,
e ti sorrise". Un palloncino invece,
un turchino vagante palloncino
nell'azzurro dell'aria, ed il nativo
cielo non mai come nel chiaro e freddo
mezzogiorno d'inverno risplendente.
Cielo con qualche nuvoletta bianca,
e i vetri delle case al sol fiammanti,
e il fumo tenue d'uno due camini,
e su tutte le cose, le divine
cose, quel globo dalla mano incauta
d'un fanciullo sfuggito (egli piangeva
certo in mezzo alla folla il suo dolore,
il suo grande dolore) tra il Palazzo
della Borsa e il Caffé dove seduto
oltre i vetri ammiravo io con lucenti
occhi or salire or scendere il suo bene.

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[Modificato da Nausica17 14/03/2004 18.47]

Sesso: Maschile
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16/03/2004 12:11

Vorrei dire che in questa poesia appare forse più che in altre la " naività " di Saba che è capace di grandi commozioni per avvenimenti che, invece, lasciano il mondo completamente indifferente.
C'è un certo atteggiamento nei confronti delle realtà in questo grande poeta che talvolta io ritrovo anche nei commenti e nel modo di scrivere del nostro confratello " piccolo folletto ". Capite cosa voglio dire ? Quelo tono un po' disincantato, un po' malinconico, un po' struggente, un po disarmato, un po' naif che anch'egli possiede, e che ce lo fanno amare proprio per questo suo modo di scrivere e di vivere.
E' Saba un poeta che ricorda anche molto Leopardi, ma questo è già stato detto, da fonti più autorevoli di me.
A me, in tutta sincerità, il suo sentimentalismo un po' " fanè " di quello che si sente sempre emarginato ed escluso, non piace immensamente, gli prefersico di gran lunga Bertolucci, però ammetto che Saba abbia espresso una sua realtà semplice, di confinato, di chi è lontano dai centri dove si decideva la cultura del tempo, nel suo negozio di antiquario, al suo caffè.
Il suo monno lo capisco, lo accetto ma non è del tutto il mio.
Ho rispetto per lui, ma non un grande amore punto.
Non è il mio un commento estetico ma un commento a braccio, come al solito.
Grazie per la lettura.
Luigi
Luiss







Sesso: Maschile
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16/03/2004 19:51

mi addentro anch'io nel testo

Cari amici, concordo in linea generale con le acute riflessioni di Luigi sul testo proposto in questa occasione. Aggiungo che molte piccole cose, non sono poi così piccole! e bene fa un poeta a comprenderle e ad apprezzarle.
Detto ciò, m’introduco in un’analisi più particolare, sperando di non annoiarvi. [SM=g27823]

Il poeta dialoga, comunicando un breve momento felice della sua vita.
Il coinvolgimento del lettore avviene prima stimolandone l’interesse con una domanda, poi dando voce con il discorso diretto a chi legge (-Voi direte: “Certa bella creatura…”-).
Umberto Saba, tirando le somme della propria vita, quasi ritiene una colpa l’essersi sentito felice e chiede perdono per aver utilizzato tale termine. Personalmente, ritengo lecita e possibile la felicità, così come può offrirla questa esistenza. Non solo, siffatta felicità può anticipare e preparare una più grande e successiva felicità. [SM=g27823] Queste affermazioni vanno sotto la vostra autorevole correzione [SM=g27823] . D’altra parte, se ci chiudiamo in un pessimismo di sistema, tutto, nella nostra interiorità, può assumere tale sfavorevole caratterizzazione!

Due emozioni aumentano fino alla commozione, in un mezzogiorno invernale, la sua gioia:
il cielo nativo chiaro e risplendente come non mai ed un palloncino turchese sfuggito (probabilmente ad un incauto bambino) che sale e scende nel cielo. Il poeta ha come punto di osservazione l’esterno del Caffè dove egli è seduto.

L’autore ci sorprende rivelando, appunto, come un piccolo avvenimento provochi in lui stesso un grande effetto emotivo. Rileviamo, al riguardo, come la sua felicità del momento lo renda così interiormente recettivo da condividere, con grande tenerezza, il dolore del bambino, che ha visto volar via il suo amato giocattolo d’aria.

Su tutte le cose che fanno parte della scena visibile, s’innalza il palloncino. Le cose sono divine, forse perché partecipano a quell’istante “di grazia” che vive il poeta (che ne dici Nausica?). Il palloncino si eleva sulle altre cose (1) perché le supera in altezza, ma anche perché (2), rispetto alle alte cose amate e visibili, suscita in quell’attimo nel poeta un’emozione ancora più forte.

Nella poesia predominano i dati visivi riguardanti l’evento descritto e tutto lo scenario (bello e perfettamente consonante con lo stato d’animo del poeta) nel quale l’evento si è svolto.
Cara Nausica, alla fine poi ci dirai se questa poesia ti piace!!?? e dove in particolare… A tuo parere (ed a parere degli altri amici che leggono), perché Saba ritiene il ricordo di un momento di felicità quasi una “colpa”? la vita è forse solo una sorta di espiazione?!

Sempre grazie, Nausica, per il tuo gentile dialogare con noi!![SM=g27823]
Massimo


Sesso: Maschile
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17/03/2004 15:01

Mi piace accostare a questo testo di Saba una poesia tratta dagli "Ossi di seppia" di Montale in cui si ritrova l'immagine del palloncino sfuggito di mano. Trovo molto bello e interessante vedere come due poeti che scrivono negli stessi anni ("Mezzogiorno d'inverno" è del 1920 e gli "Ossi di seppia" sono del 1925) interpretino in maniera a mio avviso molto differente uno stesso semplice momento caricandolo di significati simbolici ed esistenziali personali.


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Felicità raggiunta, si cammina
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case

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Senza dubbio Montale risponde meglio di me alle domande di Massimo sulla vita e la felicità... [SM=g27822]

Alla prossima
Nausica
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