Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
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Sine Dominico non possumus

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2007 01:27
03/05/2006 00:03
 
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Questa cartella che trova il suo titolo nella frase del Congresso Eucaristico di Bari dello scorso anno, mi è venuta in mente sfogliando un sito cattolico in rete. Ho pensato che effettivamente non avevamo nulla che riguardasse la Liturgia della Parola settimana...e ho pensato quindi di seguire con voi i passi del Vangelo, riletti alla luce della vita quotidiana...
Cosa ne dite? Vi stuzzica l'idea?
Inizio intanto a postarvi la riflessione riguardante le letture di domenica scorsa (III DOMENICA DI PASQUA)


Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi; Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto. Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».



SECONDA LETTURA

1Gv 2,1-5


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo d’averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.



VANGELO

Lc 24,35-48

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, di ritorno da Emmaus, i due discepoli riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».



Se Gesù risorto apparisse ora in mezzo a noi e ci dicesse “Pace a voi!” forse anche noi, come i discepoli, rimarremmo stupiti e spaventati …
Già da due settimane nella nostra comunità cristiana risuona questo annuncio: il Signore è veramente risorto! E noi che cosa ne abbiamo fatto di questa notizia?
Pasqua è passata, il lavoro e la scuola sono ricominciati a pieno ritmo; alcuni di noi, come ogni anno, nelle prossime domeniche saranno invitati a feste di Prime Comunioni, Cresime, Matrimoni … la vita è ripresa regolarmente e l’estate si avvicina …
Possibile che l’annuncio che il Signore è risorto, la notizia inaudita che la morte è stata definitivamente sconfitta, che la nostra vita non finisce, che già qui, su questa terra, siamo dei risorti, possibile che questa notizia si sia già persa nella routine quotidiana?

* Che cosa è cambiato nella nostra vita dal giorno di Pasqua?
Vedete, il Vangelo di domenica scorsa ci narrava di un discepolo, prima incredulo e poi pieno di fede nella persona di Cristo, definito alla fine proprio da Tommaso “mio Signore e mio Dio”; il vangelo di oggi ci narra dei due discepoli di Emmaus (dal capitolo 24, l’ultimo capitolo del vangelo di Luca, se volete poi rileggere il brano a casa per intero), due discepoli – dicevo - che tornano sui loro passi, tornano da Emmaus a Gerusalemme e raccontano ai compagni di aver incontrato il Signore risuscitato dai morti e di averlo riconosciuto allo spezzare del pane.
Ora, mentre raccontano, di nuovo Gesù in persona appare in mezzo a loro. Poiché sono stupiti e spaventati Gesù vivo mostra le mani e i piedi con i segni della crocifissione e poi si fa offrire del pesce arrostito. Ma non è tanto questo particolare del pesce mangiato da Gesù che deve destare la nostra attenzione, quanto le sue parole: Cristo ricorda ai discepoli che lui stesso in vita più volte aveva preannunciato la sua morte e la sua resurrezione e aggiunge che nel suo nome, cioè nel nome di Gesù, a tutte le genti verrà annunciato il Vangelo.

* A tutte le genti: cioè non solo a noi, ma anche a chi oggi non c’è a questa celebrazione, a chi è battezzato ma non pratica o non crede più; a tutte le genti: cioè a chi è di un’altra religione, nazione, razza, lingua … a tutti – dice Gesù - devono essere annunciati la conversione e il perdono dei peccati.

* Alla fine il Signore aggiunse: DI QUESTO VOI SIETE TESTIMONI. E i discepoli ricordarono bene questo mandato, questa missione che Gesù aveva loro dato e arrivarono dappertutto, annunciando l’amore di Dio per tutti, in Cristo Gesù morto e risorto per ciascun uomo. E non solo giunsero dappertutto, ma arrivarono anche a rimetterci la pelle, pur di rimanere fedeli alla missione affidata loro da Cristo Risorto.

* E la nostra Pasqua? La nostra missione di testimoniare l’amore di Dio che fine ha fatto? L’annuncio pasquale ci ha reso testimoni di pace, dentro e fuori di noi? Testimoni coraggiosi dei diritti del più debole sul più forte, della superiorità della croce sulla superbia, dell’onestà sul raggiro, della verità sulla menzogna, del primato della vita sulla cultura della morte?

* Dove è finita la nostra Pasqua?
A volte, fratelli e sorelle, possiamo cedere alla tentazione di tranquillizzare la nostra coscienza facendo ogni tanto l’elemosina o partecipando a qualche iniziativa di beneficenza per genti lontane, cose anche giuste e sacrosante, ma che da sole non ci permettono di dirci cristiani, di dirci risorti con Cristo.

* E lo specifica Gesù stesso dicendo ai suoi discepoli quando dà loro la missione di testimoni: “incominciando da Gerusalemme”, cioè incominciando da dove vivete, dal padre, dalla madre, dal marito, dalla moglie, dai figli, dai parenti, dai vicini rompiscatole, dai colleghi o capi di lavoro, dagli inquilini del nostro palazzo, dal nostro quartiere … ma se spesso non li conosciamo nemmeno!

* Solo allora sarà stata veramente Pasqua: se cominceremo a testimoniare con coraggio la verità e l’amore di Cristo e se sapremo essere cristiani veri dappertutto, cominciando da dove abitiamo e lavoriamo.
03/05/2006 00:18
 
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Ottima idea (e bellissimo titolo)! [SM=g27811]
Segnalo intanto, se non è il sito a cui ti riferisci tu (e se già non ce l'abbiamo), un sito in cui l'anno liturgico viene esplicato nei suoi vari momenti in maniera sintetica ma tutto sommato abbastanza completa: www.lachiesa.it/liturgia/
03/05/2006 00:24
 
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Grande idea, ci mancava proprio un topic di questo genere!!!

[SM=g27811] [SM=g27823]
05/05/2006 13:19
 
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Carissime,
[SM=x40790] volevo suggerire, se già non è presente ed io non ho saputo scovarla, l'idea di riservare un angolino di questa cartella alle omelie che ascoltiamo a Messa nelle nostre parrocchie, di domenica in domenica o in occasioni particolari: pur seguendo il fil rouge dell'anno liturgico, infatti, ogni celebrante apporta il suo contributo personale, spesso incisivo e toccante. Ecco, sarebbe bello che, quando ci va, trascrivessimo qui, a mo' di pensieri e riflessioni, le cose che abbiamo sentito a Messa e che più ci sono piaciute o ci hanno colpito.
Io? Io comincio domenica!!! [SM=x40790]
Sybella
05/05/2006 23:27
 
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Re:

Scritto da: Sybella 05/05/2006 13.19
Carissime,
[SM=x40790] volevo suggerire, se già non è presente ed io non ho saputo scovarla, l'idea di riservare un angolino di questa cartella alle omelie che ascoltiamo a Messa nelle nostre parrocchie, di domenica in domenica o in occasioni particolari: pur seguendo il fil rouge dell'anno liturgico, infatti, ogni celebrante apporta il suo contributo personale, spesso incisivo e toccante. Ecco, sarebbe bello che, quando ci va, trascrivessimo qui, a mo' di pensieri e riflessioni, le cose che abbiamo sentito a Messa e che più ci sono piaciute o ci hanno colpito.
Io? Io comincio domenica!!! [SM=x40790]
Sybella



A me sembra una bellissima idea,
anche se probabilmente non riusciro' a dare molti contributi in prima persona, il mio parroco
fa' delle omelie "lapidarie" durano al massimo 5 minuti
Se posso fare una breve "retrospettiva" mi e' rimasta impressa quella della domenica delle Palme,
quando invitando i fedeli alla veglia del sabato l'ha indicata come vera prova per i cristiani,
perche' davanti al sepolcro vuoto o si crede o si fugge!!
Ha un po' lo stile da "anatema"
ma e' d'effetto ed e' la pura verita'.....Il Regina Coeli del Papa di domenica mi ha fatto
venire in mente proprio quella frase.

Ah....Ogni tanto cita l'enciclica del Papa... [SM=g27811]

[Modificato da elena66c 05/05/2006 23.30]

"Il mondo e' redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini" (Benedetto XVI - Messa Inizio Pontificato)
“In ogni piccolo ma genuino atto di amore c’è tutto il senso dell’universo“: (Benedetto XVI - Angelus)
05/05/2006 23:51
 
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Re: Re:

Scritto da: elena66c 05/05/2006 23.27

A me sembra una bellissima idea,

[Modificato da elena66c 05/05/2006 23.30]




Grazie dell'apprezzamento Elena! [SM=x40791]
Anche il frate del santuario dove vado a Messa io cita spesso il Papa (l'ho amato quando ci ha detto 'Un Papa dono della Provvidenza") e ne tiene in confessionale l'enciclica, come spunto di riflessione ed incoraggiamento.
Una delle cose più belle che gli ho sentito dire finora (e tiene omelie bellissime, a tratti magari apocalittiche e 'tonanti' ma assai incisive) è stata 'Voi siete qui perchè credete, o almeno desiderate credere'...è un po' quello che ha sempre sostenuto il Papa, che cioè dovremmo comportarci 'veluti si Deus daretur' (come se Dio ci fosse)...molto spesso il resto viene da sè (e di certo male non farà!)...
Sybella
07/05/2006 22:57
 
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IV DOMENICA DI PASQUA
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro, pieno di Spirito Santo, disse: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo.
Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».



SECONDA LETTURA

1Gv 3,1-2


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.



VANGELO

Gv 10,11-18

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».



***********************************************************************

Quando Gesù parla di sé, spesso lo fa utilizzando immagini o parabole tratte dall'Antico Testamento. Nel capitolo decimo del suo Vangelo, Giovanni ci offre proprio due "similitudini" (è il termine usato in Gv 10,6) con le quali il Signore vuole spiegare la sua identità profonda: egli è la porta e il pastore delle pecore. Il pastore, in particolare, non è un pastore qualsiasi, ma quello "buono", il pastore "modello" (R.Brown). Quest'aggettivazione ("buono") potrebbe essere confrontata col racconto della chiamata di Davide, scelto e unto re mentre pascola il gregge del padre (1Sam 16,11-12), e descritto dall'autore sacro come "fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto" (nel greco della LXX: "bello a vedersi", con un aggettivo – agathos – che significa anche "buono").

Gesù si colloca sulla scia di coloro che, nel suo popolo, hanno operato il bene, come Davide. Ma in queste figure, come pure in quella di Mosè – anch'egli investito della chiamata quando pascola il gregge di Ietro – si trovano pur sempre segni di debolezza umana, di povertà e di peccato. Davide, soprattutto, anche se così grande davanti a Israele, non è capace di essere fino in fondo solidale con esso. Anzi, proprio mentre il suo esercito è in guerra e offre la vita per il suo re, Davide rimane nel suo palazzo, si alza tardi nel pomeriggio, e così per la sua indolenza giunge a possedere una donna che non è sua, Bersabea, e per questo capriccio arriva anche all'omicidio (cfr. 2Sam 11,1-17). Ecco perché, nonostante i molti pastori che lo guidano, Israele ha comunque coscienza che il suo vero pastore, quello buono, può essere Dio soltanto: "Il Signore è il mio pastore", recita il Salmo 23,1. Gesù – poi – nel Nuovo Testamento è chiamato "il pastore grande delle pecore" (Eb 13,20), come anche nella Prima Lettera di Pietro è visto come il "pastore supremo" (l'arci-pastore; 1Pt 5,4), che tornerà per aver cura del suo gregge per sempre.

L'evangelista Giovanni spiega che il pastore modello non scappa davanti ai pericoli, e fa di tutto pur di proteggere le sue pecore, fino a dare la sua vita. Ma aggiunge un dettaglio significativo: Gesù non solo offre la sua vita per le pecore, ma la riprende (cfr. Gv 10,17.18). Forse possiamo insistere su tali espressioni. È chiaro che si sta parlando qui della morte e della risurrezione di Gesù, che in questo Vangelo sono particolarmente congiunte. Allora, quando Gesù dice di offrire la sua vita, non si tratta di un'offerta "apparente", falsa, come se Gesù stesse dicendo: la offro per finta, per poi magari tirarmi indietro se possibile... Giovanni, proprio nel suo Vangelo, spiega bene che Gesù ha amato i suoi e li ha amati fino in fondo, "sino alla fine" (13,1). Ma in che senso può anche "riprenderla"? Due sono i punti principali.

Il primo: la può riavere proprio perché Gesù offre la sua vita volontariamente e liberamente. Questo aspetto è molto chiaro nella passione di Giovanni. Quando arrivano le guardie al Getsemani, per arrestare Gesù, egli dice loro "Sono io": in quel momento, registra Giovanni, "appena disse Sono io, indietreggiarono e caddero a terra" (18,6). Anche nel dialogo con Pilato, Gesù nel Quarto Vangelo dice: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei". (18,36). Gesù non si tira indietro, anche se – lo si capisce bene – potrebbe farlo: ha lui il controllo della situazione, tanto che le guardie si spaventano; e nemmeno Pilato, se Gesù volesse, potrebbe resistergli.

Il secondo senso dice che Gesù non muore come tutti gli altri uomini e donne: ha il potere di risorgere, che è tutto suo, è caratteristico del suo essere profondamente conosciuto dal Padre (10,15), in una perfetta comunione con Lui. La morte di Gesù non è destinata a essere ricordata come tutte le altre morti. Anche se assimilabile agli eroici sacrifici di tanti uomini e donne della storia, che non hanno avuto timore di perdere la vita per amore, o magari per un ideale, per la patria, per la libertà... pur esemplari, questi gesti si risolvono nell'esemplarità del loro eroismo. A essi si potranno dedicare dei sepolcri, custodi di memorie e valori, ma nei quali, "all'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto" il "sonno della morte" certo non è meno duro (U.Foscolo). Solo il sepolcro di Gesù è vuoto: colmato del suo gesto d'amore per il gregge, ora quello spazio disabitato è segno di un amore ancora più grande, quello di un Padre che è fedele e non abbandona il suo Figlio, nessuno dei suoi figli.
07/05/2006 23:09
 
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Omelia domenicale (07 maggio, Giornata Mondiale per le Vocazioni)
2 perle di saggezza dal celebrante della Messa cui ho partecipato oggi (persona senza peli sulla lingua, ma sincera e profonda):
1) Non esiste la possibilità di dire 'Gesù sì, preti/Chiesa no'; non c'è fede al di fuori, ed è troppo comodo evitare di partecipare alla Messa perchè fa troppo freddo d'inverno, fa un bel caldo che invoglia al mare d'estate, ed intanto la Bibbia rimane un bel volumone decorativo - e mai aperto - nella biblioteca del soggiorno di casa;
2)'Non esistono vocazioni migliori o peggiori, ma solo vocazioni diverse'; ognuno di noi, laico o consacrato, coniugato o celibe, ha un carisma da mettere - con entusiasmo - al servizio del prossimo.
Sybella
[SM=x40794]

[Modificato da Sybella 07/05/2006 23.20]

07/05/2006 23:34
 
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L'omelia parrocchiale(7 maggio 2006)
...ma... anche il mio parroco ha fatto la polemica quest'oggi!! [SM=g27837] [SM=g27837] [SM=g27837]
In realtà polemizzava con il Papa, in quanto egli(don Vittorio) ritiene che le ordinazioni sacerdotali stiano scemando a causa della rigidità della Chiesa nei seminari. Lui crede che la Chiesa sia retrograda in quanto non permette a chi si vuole ordinare di esprimere come meglio può sè stesso. Ritiene che il conservatorismo (anche dello stesso Papa) sia dannoso alla Chiesa del futuro.Sono sincera: lle sue parole mi hanno lasciata perplessa: è vero che ognuno debba esprimere il meglio di sè, nel seminario e nella professione, ma è vero anche che il sacerdozio è una scelta, è un impegno!
Altrimenti possiamo lasciar perdere tutte le belle omelie sull'impegno e sulla fedeltà ascoltate fin ora e buttarle nel cestino. Che significa che nostro Signore ha valorizzato tutti per ciò che erano? Non certo che una persona che de ide di farsi prete, può permettersi di fare ciò che gli passa per la testa.
Tremavo questa mattina: ad un certo punto ho pensato che si mettesse a fare la propaganda per i preti coniugati!!! [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27825]
07/05/2006 23:56
 
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bisogna capire se si preferisce il concetto ratzingeriano di Chiesa salda nella fede e nella tradizione ma, forse, minoritaria, o di Chiesa in evoluzione che, potrebbe, si, aumentare le vocazioni ma...che tipo di vocazioni? Vere chiamate spirituali o alternative professionali? E questi moderni professionisti della fede sarebbero in grado di richiamare più fedeli o finirebbero, togliendo spiritualità al loro ministero, per allontanare i fedeli ancora di più? In fin dei conti non mi sembra che le chiese protestanti godano di così tanta salute.... [SM=g27819]
14/05/2006 10:39
 
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Omelia di oggi (14 maggio)
Torno ora da messa; anche oggi il celebrante ha saputo essere assai incisivo. Partendo dall'immagine evangelica del ramo che viene potato pur portando molto frutto, ha parlato della sofferenza, di quanto essa sembri 'ripugnante' su un piano puramente umano e di come essa in realtà sia connessa al disegno salvifico di Dio (e qui ha citato san Tommaso).
Ancora una volta, un netto richiamo che ha saputo toccare con forza temi scottanti, dall'aborto alla droga alla violenza, fino al generale svalutamento dell'esistenza umana priva di una vera luce di fede.
Quel che posso commentare io è che alla fine ci guardiamo tutti abbastanza smarriti, come se dal pulpito ci avesse lanciato non parole ma macigni...ma è anche per questo che la Basilica è sempre piena.
Che Dio benedica i sacerdoti che hanno il coraggio delle loro parole e la coerenza delle loro azioni.
Sybella
14/05/2006 10:57
 
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Purtroppo


Purtroppo ce ne sono pochissimi cara Sonia.
14/05/2006 14:10
 
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V Domenica di Pasqua (liturgia della parola del 14 Maggio 2006)
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni Paolo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo.
Allora Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo. Venutolo però a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo.



SECONDA LETTURA

1Gv 3,18-24



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.



VANGELO

Gv 15,1-8

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».


-------------------------------------------------------------------------

Quest’oggi chiederei a tutti di fare un piccolo sforzo di memoria e di andare, per un attimo, a scavare tra i ricordi per richiamare - alla vostra mente e al vostro cuore - i sentimenti e le emozioni che avete provato il vostro primo giorno di scuola o di lavoro, o quando avete cambiato casa e per la prima volta siete entrati in un nuovo condominio...provate, concretamente, a rifigurarvi la scena davanti agli occhi...
Ripensando a quel giorno, non credo di sbagliarmi nel dire che tutti noi, tra i tanti sentimenti che abbiamo vissuto, accanto all’emozione, all’entusiasmo e alla curiosità, siamo passati anche per l’esperienza del timore, della diffidenza iniziale, del sospetto. Quando si intraprende qualcosa di nuovo, quando si devono affrontare nuove situazioni o instaurare nuovi rapporti, siano questi amicali o lavorativi, avvertiamo tutti il bisogno di conoscere e studiare le cose e le persone; cerchiamo di comprenderne il carattere, la sensibilità, le opinioni, il vissuto, per capire meglio come dobbiamo relazionarci con loro.

* Se rileggiamo la pagina degli Atti degli Apostoli (I lettura) con cui si è aperta la liturgia della Parola odierna, ci rendiamo conto che questi stessi sentimenti, questo sospetto, questa diffidenza, questa paura, attanagliavano anche il cuore della prima comunità cristiana quando in mezzo a loro si presentò Paolo, il convertito sulla via di Damasco: “In quei giorni Paolo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo. Allora Barnaba, lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore…”
Immaginate la paura e i sospetti di quei discepoli a cui Barnaba lo stava presentando: quest’uomo, che fino a poco prima era stato un accanito ed agguerrito persecutore dei seguaci di Gesù, desidera ora unirsi a loro. È bello cogliere come, tanto Paolo quanto Barnaba, non si lascino scoraggiare da questa diffidenza iniziale ma, attraverso il racconto di come il Risorto si era manifestato a lui sulla via di Damasco e di quello che aveva iniziato ad operare attraverso la sua vita e la sua testimonianza, riescano a tessere un legame di comunione e condivisione.

* Se vogliamo riportare tutto questo al nostro vissuto, è bene ricordarci ogni giorno che la comunione nasce sempre dalla comunicazione! Se non c’è dialogo non può esserci scambio! Il dialogo è quella realtà che ci spinge a porre la nostra esperienza accanto, di fronte all’altro, mossi dal desiderio di mostrargli e di condividere con lui i valori e le cose belle che in essa percepiamo e respiriamo, solo così potremo offrirgli le motivazioni per cui desideriamo che anche lui condivida la nostra esperienza. Dobbiamo imparare sempre meglio a porre la nostra parola a servizio di uno scambio di significati, di valori, di ascolto, di silenzio… Dialogare, allora, significa essere uomini capaci di ascolto e ascoltare significa dare all’altro la propria presenza, il proprio tempo, in un atteggiamento di fiducia e di amore, ricordandoci sempre che l’ultima parola sul nostro vivere scaturisce dalla Pasqua, dalla forza dell’amore di Dio ed il nostro camminare insieme è vero in forza del fatto che nella nostra vita assumiamo, facciamo nostre le intenzioni, i sentimenti di Dio.

* Ecco, allora, che il vangelo viene in nostro aiuto e, attraverso l’immagine della vite e dei tralci ci ricorda che – nella nostra vita di credenti – è fondamentale rimanere in lui. Così, infatti, si esprime Cristo stesso nel vangelo che abbiamo ascoltato: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me”.
È giusto, allora, chiederci quali sono gli strumenti, le realtà che il Signore mette a nostra disposizione per aiutarci a crescere nella comunione con lui e tra di noi.
In primis la sua Parola. Come non ricordare a questo proposito l’esortazione di Paolo nella II Timoteo (3,14-4,2): “Carissimo, rimani saldo in quello che hai imparato… fin dall’infanzia conosci le Sacre Scritture… tutta la Scrittura è … utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo ( > Scrittura principio “unificatore” della nostra vita) e ben preparato per ogni opera buona ( > Scrittura principio “ispiratore e chiarificatore” di ogni azione)”.

* Rimanere saldi, ancorati alla Scrittura, è ciò che ci permette di trovare il principio “unificatore” della nostra vita e quello “ispiratore e chiarificatore” di ogni nostra azione. Non dimentichiamocelo mai: noi porteremo la Parola agli altri se ci lasceremo portare dalla Parola (cfr. Atti 20, 32).Questo significa che ciascuno di noi è chiamato a mettere la propria fede nella Parola di Dio e non in se stesso o in altre realtà; significa che ogni mattina/domenica, quali autentici servi del Signore, facciamo attento il nostro orecchio per ascoltare come discepoli la Parola (Isaia 50, 4); significa che ogni mattina/domenica lasciamo che il Signore ci apra l’orecchio senza tirarci indietro (Isaia 50, 5)… noi dobbiamo poter dire come Gesù: “Io custodisco-osservo la Parola di Dio” (Gv 8, 55).

* Il Vangelo, però, prosegue: “Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. È forse questo il secondo aspetto che, oggi, la Parola di Dio ci suggerisce per aiutarci a capire quali sono le cose che ci fanno crescere umanamente e spiritualmente. Tutti noi siamo passati, o passeremo, per l’esperienza della “potatura” ma questo non significa, come credono alcuni, che Dio manda dolori e sofferenze per provarci e per purificarci. Io sono convinto che le difficoltà che la realtà – e dunque la provvidenza che la giuda – pone sul nostro cammino fanno parte di una pedagogia della maturazione della nostra persona mediante la quale il Signore ci vuole preparare ad essere veramente capaci di assumere e di reggere quelle nuove responsabilità a cui la vita ci chiama giorno dopo giorno. La vita è sempre un itinerario o, forse meglio, una crescita... e come tutte le cose che crescono è in costante mutamento e divenire. Per non incappare nel rischio di arenarci, di cristallizzarci sulle nostre posizioni, noi dobbiamo accettare di camminare ogni giorno (… non è un caso che i primi cristiani si definissero pellegrini e stranieri!). La vita cristiana, per sua natura, è dinamica, pasquale, potremo dire, esodica. Per questo non c’è età della vita che non richieda cambiamenti e correzioni, che non richieda una costante conversione dall’io a Dio… e ai fratelli! C’è un salutare mistero nell’esperienza del nostro limite, nell’esperienza dei piccoli o grandi fallimenti a cui la nostra vita (scolastica, lavorativa, personale e comunitaria) è soggetta. Sono forse proprio quelli i momenti in cui acquistiamo la consapevolezza che non bastiamo a noi stessi e che l’altro (l’Altro-Dio) ci è necessario come l’aria che respiriamo. Solo nel rapporto, nel confronto con l’altro, noi impariamo a conoscere veramente noi stessi, i pensieri e i sentimenti che abitano il nostro cuore.

* Per questo la II lettura ci esortava a “non amare a parole né con la lingua ma coi fatti e nella verità” (potrebbe essere questa la terza provocazione che la Parola di Dio ci consegna quest’oggi). L’eloquenza dei nostri gesti è molto più efficace e utile di tante parole. Come ci suggeriva il vangelo di domenica scorsa, ricordiamoci che come Gesù anche noi verremo riconosciuti dalle mani e dai piedi... il nostro annuncio della risurrezione di Cristo sarà efficace e credibile solo se come discepoli sapremo anche noi mostrare agli uomini le nostre mani e i nostri piedi segnati da opere di amore, di rispetto, di servizio e accoglienza reciproca.
È dunque la carità, la forza dell’amore che viene da Dio, attraverso lo Spirito che accogliamo e che agisce in noi, quella che dà valore e spessore al nostro vivere, conducendolo nella via della verità, la via di Dio che è Cristo. È sempre l'amore, come continuava l’apostolo Giovanni, a “rassicurare il nostro cuore” davanti al Padre, “qualunque cosa esso ci rimproveri...”. Se è vero che nessuno di noi, davanti a Dio, è giusto/perfetto, tuttavia, l'impegno ad amare, a perdonare, a condividere, a servire i fratelli, ci risana dalle molte fragilità e, tutto quel che avremo fatto, nel nome di Cristo, al più piccolo degli uomini, ci introdurrà nella beatitudine eterna, nell'eterno, immutabile dimorare, con Cristo, in Dio.

Preghiamo allora oggi il Signore perché nel segno di quel pane offerto e quel vino versato che tra poco offriremo sull’altare, le nostre povere vite ne siano sempre più trasformate e vivificate.

[Modificato da Ratzigirl 14/05/2006 14.14]

21/05/2006 10:31
 
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Omelia di oggi (21 maggio)
Anche oggi ho ascoltato una grandissima omelia. Il celebrante è partito da lontano, da una frase messa in bocca a Pietro nel romanzo 'Quo Vadis' (laddove si dice che la Grecia ha dato al mondo la bellezza, Roma il diritto ed i cristiani l'amore) per approdare (parole sue...e parole sante) al 'nostro grande Pontefice' ed alla sua 'meravigliosa' enciclica tutta incentrata sul comandamento dell'amore.
Il celebrante ha anche ricordato (utile promemoria...non sempre si tengono a mente tutte quante) le 7 opere di misericordia corporale e le 7 opere di misericordia spirituale che come cristiani dovremmo compiere, tenendo comunque presente (nota purtroppo prosaica ma verissima) che 'non si predica bene il Vangelo agli stomaci vuoti'!
Sybella
21/05/2006 15:53
 
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Re: Omelia di oggi (21 maggio)

Scritto da: Sybella 21/05/2006 10.31
Anche oggi ho ascoltato una grandissima omelia.
Sybella



Beata te, nella mia parrocchia c'è un sacerdote "apostata", quando celebra lui mi viene a voglia di tapparmi le orecchie! E' L'anti Ratzinger per eccellenza, è paladino del relativismo, dice che il cristianesimo è "una" delle tante e possibile vie alla salvezza (in questo screditando la verità di fede sancite nella Dominus Iesus)..., dice che i preti dovrebbero sposarsi e via di questo passo.Insomma, io sto proprio perdendo la pazienza... [SM=g27812]
"Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam et portae inferi non praevalebunt adversum eam " (Mt 16,18)
Nel menù di hitleriani e maomettani, gli ebrei, pochi di numero e relativamente deboli, sono soltanto l'antipasto: il piatto più consistente è a base di cristiani! (C. Langone)
EXTRA ECCLESIAM NULLA SALUS
21/05/2006 19:16
 
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VI DOMENICA DI PASQUA (21 Maggio 2006)
Dagli Atti degli Apostoli

Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anch’io sono un uomo!». Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l’acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.



Dal vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri»


___________________________________________________________________________

Non servi, amici
di Don Marco Prates

In questo passo, continuazione del vangelo di domenica scorsa, Gesù insiste sull'unità profonda e piena che desidera formare con i suoi discepoli: "Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quel che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose udite dal Padre mio". Il servo non conosce, l'amico conosce. Conoscienza significa qui comunione con l'altro, vicinanza, partecipazione, interesse per lui, significa presenza dell'uno nell'altro. Ignoranza è separazione, non partecipazione, disinteresse, assenza.
Dio vuole mettere tutto in comune con noi, e di questa volontà ci offre due segni inquivocabili. Primo: dà la vita per gli amici. Secondo: si fa conoscere nell'intimo. "Vero segno di amicizia è rivelare i segreti del proprio cuore" (S. Tommaso).
Di fronte a queste "confessioni" del Signore siamo costretti a misurare la mostruosità dell'offesa che facciamo a Dio quando lo vediamo come un padrone che ama mantenerci in soggezione, tenerci a distanza, farci fare anticamera, signore geloso dei suoi privilegi e ansioso di mantenerseli, Dio invidioso della nostra felicità. Il "giogo soave" diventa allora schiavitù, l'osservanza dei comandamenti legalismo, la morale senso del dovere, il timore di Dio servilismo. Ma Dio non vuole schiavi, non gente che cerca di tenerselo buono obbedendogli ed evitando di contrariarlo, come un qualsiasi tiranno da quattro soldi. Dio vuole amici; vuole che osserviamo il suo comandamento da amici, da persone libere che condividono tutto con lui. Segno di questa condivisione è l'adempimento del comandamento dell'amore.
"Siete miei amici, se fate le cose che vi comando". Non si tratta certo, da parte di Dio, di un amore condizionato, quasi: "se non obbedite, non vi amo". Gesù proclamerebbe qui il manifesto del legalismo, autenticherebbe la strada rassicurante della schiavitù (che facilmente diventa poi la strada distruttiva della ribellione e del nichilismo).
No, Dio vuole che osserviamo il comandamento perché, come ogni buon amico, desidera reciprocità, vuole uguaglianza tra noi e lui. Solo così la sua gioia in noi può diventare piena. Questa è una promozione vertiginosa per noi ("troppa grazia" verrebbe da dire...), e come tale va intesa.
Un amore così da parte di Dio per noi è veramente paradossale: non potremmo crederci se lui stesso non l'avesse rivelato. Non è iniziativa nostra, questa, ma elezione da parte di Dio. Non realizzazione umana, ma vocazione divina. Non nascita da "carne e sangue", ma rinascita da Spirito Santo.
"La carità è cosa per se stessa così sublime, che in alcun modo non può germinare né dalla volontà dell'uomo, né da quella della carne. Ma essendo Cristo nato ab aeterno da Dio Padre, come suo natural Figliolo, da Dio colla natura divina trasse ab aeterno la carità; e noi formando ora con esso lui un solo corpo partecipiamo per adozione a quella sua generazione sempiterna, e, insieme con lui volontariamente e liberamente della stessa carità. Rallegriamoci dunque ed esultiamo in spirito: noi possiamo con un santo ardire intraprendere l'opera grande, anzi sovrumana di votarci a quella carità. Poiché vive in noi Cristo e il suo Spirito ama in noi"

[Ho scelto questa tra le omelie che avrei potuto proporvi perchè, conoscendo bene Don Marco Pratesi, so che ha il dono della sintesi e al contempo della chiarezza! Grazie quindi per questa riflessione!!]

[Modificato da Ratzigirl 21/05/2006 19.17]

21/05/2006 23:49
 
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Re: Re: Omelia di oggi (21 maggio)

Scritto da: stupor-mundi 21/05/2006 15.53


Beata te, nella mia parrocchia c'è un sacerdote "apostata", quando celebra lui mi viene a voglia di tapparmi le orecchie! E' L'anti Ratzinger per eccellenza, è paladino del relativismo, dice che il cristianesimo è "una" delle tante e possibile vie alla salvezza (in questo screditando la verità di fede sancite nella Dominus Iesus)..., dice che i preti dovrebbero sposarsi e via di questo passo.Insomma, io sto proprio perdendo la pazienza... [SM=g27812]



Nessuno informa la Curia di quanto va cianciando il prete? [SM=g27818]


21/05/2006 23:59
 
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Re: Re: Omelia di oggi (21 maggio)

Scritto da: stupor-mundi 21/05/2006 15.53


Beata te, nella mia parrocchia c'è un sacerdote "apostata", quando celebra lui mi viene a voglia di tapparmi le orecchie! E' L'anti Ratzinger per eccellenza, è paladino del relativismo, dice che il cristianesimo è "una" delle tante e possibile vie alla salvezza (in questo screditando la verità di fede sancite nella Dominus Iesus)..., dice che i preti dovrebbero sposarsi e via di questo passo.Insomma, io sto proprio perdendo la pazienza... [SM=g27812]



consiglio: informare subito il Vescovo di questa mancanza (se ti accorgi che è dalla sua parte rivolgiti più in alto ancora..)
28/05/2006 10:35
 
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Omelia domenicale (28 maggio, Ascensione)
Anche questa domenica ho potuto ascoltare parole forti ed intense. Nella sua omelia il celebrante è partito dal Vangelo di oggi per ricordare che, se certo noi non possiamo sperare di ascendere al cielo come Gesù, nondimeno dobbiamo continuare ad arrampicarci verso l'alto, ogni giorno, magari scivolando in giù ma insistendo, tentando di tenerci al di sopra del marciume e di tutti gli -ismi: e qui ha ricordato tutto ciò che rende più squallida la vita...edonismo, materialismo, ateismo...con tratti tonanti che mi hanno riportata all'omelia Pro Eligendo Pontifice.
Il finale era però aperto alla speranza: citando fra gli altri Dante e V. Hugo, ha concluso ricordando che 'Cristo è il nostro capo e deve diventare la nostra meta'.
Sybella
29/05/2006 00:43
 
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Omelia del 28 maggio 2006 - Ascensione del Signore

Dagli Atti degli Apostoli

Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio.
Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni».
Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra».
Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: «Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini».
Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.
È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo.


Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.


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Omelia di Mons. Vincenzo Paglia :

"Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono"

La festa dell'Ascensione di Gesù ci rende più presente, vorrei dire più attuale, la visione del "cielo". Mi torna in mente la riflessione di un monaco copto egiziano. Egli diceva che gli uomini di oggi pensano a sufficienza alla loro dimora permanente, mentre per la maggior parte dei cristiani la vita nel cielo non è altro che un'appendice, un supplemento alla vita terrena, ritenuta la vera vita stabile e permanente. La vita del cielo è considerata una specie di post-scriptum, l'appendice di un libro di cui la vita terrena è, appunto, il vero testo. La verità – concludeva il monaco – è esattamente il contrario. La vita sulla terra è solo la prefazione di quel libro il cui testo è la vita del cielo.
Questa riflessione è saggia. Certo, potrebbe suonare semplicistico dire che si pensa troppo a questa vita terrena e poco a quella celeste. Tutti pensiamo che la vita terrena sia una cosa e quella del cielo totalmente un'altra. In realtà, la Scrittura ci suggerisce una continuità della vita, sebbene ci sarà una cesura alla fine dei tempi. Ed è in questa prospettiva che nel Credo si parla di "vita eterna" e non semplicemente di vita futura o dell'aldilà. È come dire che questa vita già da ora deve essere impastata di eternità; e lo è sia nel bene che nel male. Il paradiso e l'inferno iniziamo a costruirli da questa terra e in questo nostro tempo. Pertanto, la nostra vita terrena sarebbe trasformata di molto se avessimo lo sguardo rivolto verso il futuro, verso il cielo. L'Ascensione viene a mostrarci qual è il futuro che Dio ha riservato ai suoi figli: quello raggiunto da Gesù. Ecco perché abbiamo bisogno di "vedere" già il cielo, sebbene "in speculum et in enigmate" come dice l'apostolo Paolo, per poter vivere bene già su questa terra.
Il mistero dell'Ascensione, appena accennato dal Vangelo di Marco, è narrato con maggiore ampiezza dagli Atti degli Apostoli. Gesù, scrive l'autore degli Atti, al termine dei suoi giorni, dopo aver parlato ai discepoli, "fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo". Fu un'esperienza straordinaria per quel piccolo gruppo di credenti. Possiamo immaginare il misto di stupore e di tristezza per la separazione; tanto che rimasero a guardare il cielo. Mentre erano fissi in questa posizione, "ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù... tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". Normalmente si interpreta questo testo come una sorta di dolce ma fermo rimprovero ai discepoli perché non si fermino a guardare le nubi del cielo, ma ritornino con il loro sguardo e soprattutto con il loro impegno nell'orizzonte della vita di tutti i giorni. Del resto non è stato Gesù stesso ad esortare gli apostoli, proprio un momento prima di lasciarli, dicendo: "andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16, 15-20)? Tutt'altro quindi che restare a guardare il cielo.
Ma c'è anche una verità nel tenere gli occhi fissi al cielo. Non che i cristiani debbano essere un gruppo di esoterici, fermi a contemplare dottrine astratte, magari per evadere la complessa e talora durissima vita quotidiana. Tenere gli occhi fissi verso il cielo vuol dire tenere ben ferma la mèta ove dobbiamo condurre noi stessi e il mondo, le nostre comunità e l'intera storia umana. Scriveva il profeta Isaia: "Nessun orecchio ha mai sentito e nessun occhio ha mai visto... ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano" (Is 64, 3). L'ignoranza del cielo che Dio ci ha rivelato rende senza senso e quindi amara e triste, violenta e crudele, la vita sulla terra. L'apostolo Paolo sembra insistere perché i credenti guardino oltre il presente: "La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo" (Fil 3, 20). Del resto, chi non vede quanto sia necessario far salire più in alto, appunto verso quel cielo che Gesù ha riaperto, questo nostro mondo spesso sbattuto così tragicamente in basso? Questo nuovo millennio è iniziato senza utopie, senza sogni, con ciascuno ripiegato su se stesso. E le guerre e le violenze continuano ad avere un predominio incontrastato. Per di più sembra affermarsi la ragione della forza piuttosto che quella del diritto, del dialogo e del confronto pacifico.
La festa della Ascensione è un dono per esortarci ad alzare gli occhi più in alto del nostro orizzonte abituale. E ci viene offerto il futuro della storia umana, anzi dell'intera creazione; un futuro concreto, fatto di "carne ed ossa come vedete che ho io", potremmo dire parafrasando una affermazione di Gesù risorto. Egli per primo, infatti, inaugura il nuovo futuro di Dio entrandovi con tutto il suo corpo, con la sua carne e la sua vita, che sono carne e vita di questo nostro mondo. Da quel giorno, il cielo inizia a popolarsi della terra, o, con il linguaggio dell'Apocalisse, iniziano i nuovi cieli e la nuova terra. Il Signore li inaugura e li apre perché tutti possano prendervi parte. Già la sua madre, Maria, lo ha raggiunto, assunta anch'essa con il suo corpo. L'Ascensione è il mistero della Pasqua visto nel suo compimento, scorto dalla fine della storia. L'Ascensione non è solo l'ingresso di un giusto nel regno di Dio, ma la gloriosa intronizzazione del Figlio "seduto alla destra" del Padre.
Questa raffigurazione, presa dal linguaggio biblico, esprime simbolicamente il potere di governo e di giudizio sulla storia umana del Cristo risorto: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" dice Gesù ai discepoli dopo la Pasqua (Mt 28,18). Non siamo più immersi in una storia senza orientamento, vittime del caso o di forze oscure e incontrollabili. Il Signore è il nostro cielo e la nostra sicurezza. Egli ci attrae verso il futuro che Lui ha già raggiunto in pienezza. E ai discepoli di ogni tempo conferisce il potere di dirigere la storia e il creato verso questa meta: essi possono scacciare i demoni e parlare la lingua nuova dell'amore; possono neutralizzare i serpenti tentatori e vincere le insidie velenose della vita; possono guarire i malati e confortare chiunque ha bisogno di consolazione. Questa forza sostiene e guida i discepoli sino ai confini della terra e verso il futuro della storia. Il Vangelo di Marco conclude: "partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro". Così sia per ciascuno di noi e per tutte le nostre comunità cristiane.
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