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Scuola di preghiera

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2007 12:52
24/02/2006 00:32
 
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Ho pensato di inserire questa piccola sezione che non avvia la sua esistenza con l'arroganza di essere tra le sezioni più frequentate, nè più quotate, ma si pone come obiettivo quello di "insegnare" a pregare, quello di fornire una giusta base per intraprendere il cammino verso Dio.

LECTIO 1

"I gradi dell'orazione



La tradizione spirituale della Chiesa latina considera la preghiera come un cammino di graduale maturazione nel dialogo con Dio. Come ogni altra relazione personale, anche il rapporto di amicizia col Signore ha bisogno di crescere e di approfondirsi nel tempo. Il battezzato passa perciò attraverso diverse forme di preghiera, in proporzione alla sua maturità spirituale: il primo gradino è rappresentato dalla preghiera vocale, il secondo da quella mentale, il terzo dalla preghiera del cuore, il quarto dalla contemplazione.


La preghiera più facile, ossia quella che costituisce il primo gradino del cammino spirituale è la preghiera fatta di formule. Con la definizione “orazione vocale” non si intende tanto la preghiera pronunciata ad alta voce (anche la preghiera del cuore può essere pronunciata ad alta voce), ma si allude alla preghiera accessibile a chi è ancora immaturo nel dialogo con Dio, e perciò non gli sgorga nulla da dire a Dio, oppure gli sgorgano richieste sbagliate. La Chiesa, allora, ha preparato delle preghiere standard (l’Ave Maria, l’Atto di Fede, l’Atto di Speranza, le preghiere del mattino e della sera…) in cui il battezzato può trovare ciò che va detto a Dio. La preghiera del “Padre Nostro”, insegnata da Gesù ai suoi discepoli – e che a suo tempo analizzeremo – risponde proprio a questa esigenza. In sostanza, nella fase immatura della vita cristiana non si sente il bisogno di parlare a Dio (così come non si sente il bisogno di ascoltarlo nella sua Parola), e la preghiera dei formulari è un aiuto per l’elevazione della mente a Dio.

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Il secondo gradino è la preghiera “mentale”. Questo tipo di preghiera è priva di formule. Anche qui la definizione non allude semplicemente al fatto che non è pronunciata con le labbra. Infatti, anche la preghiera vocale, ad esempio un’Ave Maria, può essere recitata mentalmente, pur essendo costituita da una formula prestabilita. Più precisamente, con la definizione “orazione mentale” ci si riferisce solitamente alla meditazione. La meditazione è una forma di preghiera elevata a cui non si arriva facilmente. Essa può essere definita pure “preghiera di ascolto”, perché si fonda su un rapporto profondo con la Parola di Dio. Questa forma di preghiera non consiste nel “dire” qualcosa a Dio, ma nella capacità di “ascoltare e capire” ciò che Egli sta dicendo proprio a me attraverso i testi biblici della Messa, e attraverso la lettura quotidiana della Bibbia.

Questo tipo di preghiera raggiunge la sua massima espressione nelle giornate di ritiro e negli esercizi spirituali. Beninteso, questa forma di preghiera non consiste nel capire il testo biblico, ma nella capacità di sentire quella parola utile e illuminante per le situazioni che io sto vivendo proprio adesso.


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[IMG]http://Terzo gradino: la preghiera del cuore. La preghiera del cuore consiste nel “dire” qualcosa a Dio. Essa rappresenta un livello ancora più alto di quello della meditazione. Quando la persona giunge a sentire il bisogno di “parlare” a Dio, di aprirgli il cuore con fiducia, di esprimergli l’affetto filiale e la lode senza formule prestabilite, ma con parole che vengono dall’intimo, come quelle che siamo soliti dire alle persone che più amiamo, allora significa che si è giunti alla preghiera del cuore e che si è ben avanti nello sviluppo della carità teologale. Questo tipo di preghiera si manifesta sia in momenti celebrativi comunitari, sia nella preghiera intima e individuale, e assume quindi sia il carattere vocale che mentale. Negli incontri di preghiera, quando la comunità si raduna per l’ascolto della Parola o per l’Adorazione, allora la preghiera del cuore si presenta come preghiera spontanea, perlopiù sotto la forma della lode. Nella preghiera individuale, la preghiera del cuore si ha nella spontanea e filiale consegna della propria vita quotidiana a Dio, sentito come Padre. La conoscenza di Dio come “mio” Padre è essenziale alla preghiera del cuore; senza questo rapporto veramente filiale con Dio non può esserci alcuna preghiera del cuore. Sarebbe inautentica se ci fosse.[/IMG]


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[IMG]http://La forma più elevata di preghiera è la contemplazione. La sua caratteristica peculiare è quella di essere “quasi senza parole”. In termini pratici, questa forma di preghiera si attua quando la persona si concentra su un mistero della fede, preferibilmente con l’aiuto di una icona o di un crocifisso su cui fissare lo sguardo, perché le distrazioni non producano eccessivo disturbo. Per questa preghiera conviene assumere una posizione comoda, in modo che ci si possa rilassare; poi, fissando lo sguardo sul crocifisso, o su un’icona, o sull’Eucaristia solennemente esposta, ridurre i pensieri al silenzio e lasciare che il mistero di Dio occupi tutto lo spazio della nostra interiorità. L’obiettivo è quello cogliere le meraviglie di Dio, intuire la sua bellezza, e guardarlo come si guardano gli innamorati, ossia con un senso di beatitudine e di stupore. Mentre l’attenzione è concentrata sul mistero di Dio, il pensiero non deve seguire alcun ragionamento. Al massimo, conviene far risuonare dentro di sé, di tanto in tanto, e secondo il proprio stato interiore, qualche breve frase evangelica o liturgica come ad esempio: “Se vuoi puoi guarirmi”, “Figlio di Davide, abbi pietà di me”, “Tu sei il Cristo”, “vieni, Spirito Santo”, “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, oppure semplicemente “Padre”. Ma tutto ciò senza che la mente sia afferrata dal ragionamento[/IMG]


24/02/2006 15:48
 
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E' un bellissimo argomento, grazie Ratzigirl!!!

[SM=x40800]

La preghiera è lo strumento più semplice e forse più efficace che abbiamo per avvicinarci a Dio e dobbiamo imparare a coltivarla con amore!!! [SM=g27821] [SM=g27821] [SM=g27821]
24/02/2006 21:44
 
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Grazie per questa lezione di preghiera.


Ti voglio ringraziare carissima, per questa pagina sui vari modi e significati della preghiera. Spero che continuerai a postare lezioni come queste che ci aiutano a curare il mezzo più bello ed efficace per parlare con Dio.

Grazie ancora Eugenia [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40791] [SM=g27811]
25/02/2006 00:02
 
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Ottima idea!
Grazie Miriam!!! [SM=x40800]
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BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE!

"Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa"

Mt 16,18





La strada è lunga, ma non esiste che un mezzo per sapere dove può condurre, proseguire il cammino.
(don Tonino Bello)


ANDIAMO AVANTI!

25/02/2006 00:23
 
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Grazie anche da parte mia!

Credo che questo angolo mi farà bene

[SM=g27821] [SM=g27821] [SM=g27821]
25/02/2006 02:11
 
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^__^
Sono contenta che questa cartella abbia riscosso così tanto inaspettato successo!!! [SM=g27823] [SM=g27823]

Grazie per l'accoglienza!!! [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822]

Continuiamo quindi con la LECTIO DUE


I tipi di preghiera conosciuti dalla Bibbia


I tipi fondamentali di preghiera sono quattro:
Intercessione:
Lode:
Ringraziamento:
Richiesta
:
Come già abbiamo detto, è opportuno ripercorrere i testi biblici per vedere in quali contesti e in quali situazioni vengono pronunciate.



La preghiera di intercessione



La prima preghiera di intercessione registrata dalla Bibbia risale all’epoca patriarcale ed è pronunciata da Abramo presso le querce di Mamre. Qui Dio gli svela il proposito di distruggere le città di Sodoma e Gomorra (cfr. Gen 18,16ss), allora Abramo ricorre a una argomentazione molto efficace: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse ci sono cinquanta giusti nella città…” (Gen 18,23-24). Dio si lascia convincere da Abramo e si dichiara disposto a risparmiare tutta la città in forza non di cinquanta ma anche di dieci giusti. Il testo intende sottolineare l’importanza della preghiera di intercessione, con la quale molti mali possono essere evitati, perché Dio non gode della rovina dell’uomo. Il Signore vuole che l’uomo sia consapevole del peccato e del dolore che travagliano il mondo, ma non per schierarsi contro e accusare l’umanità, ma per schierarsi in favore come fa un avvocato difensore. Dio, in sostanza, non ha bisogno di essere “difeso” davanti all’umanità peccatrice; ha bisogno solo di avvocati difensori che attenuino la sua giustizia verso di essa. Egli infatti non gradisce quelli che si calano nel ruolo di avvocati difensori della sua causa, ma a scapito dell’umanità. A Dio va riconosciuta la gloria e la giustizia che gli sono proprie, ma il peccato del mondo va riconosciuto unitamente alla richiesta della divina misericordia. Vi sono diversi esempi biblici che rendono chiara questa intenzione di Dio. Uno di questi è senz’altro la figura di Giona (cfr. Il libro di Giona), mandato a Ninive per annunciare un castigo imminente, che si sarebbe verificato entro quaranta giorni. La popolazione prende sul serio l’avvertimento del profeta e si sprofonda nella penitenza e nel digiuno. Dio allora revoca la sua sentenza e il castigo non si verifica. A questo punto Giona ci rimane molto male: si sente preso in giro da Dio che lo aveva mandato ad annunciare una cosa che poi non si è verificata. Il testo sottolinea a più riprese la grettezza della mentalità del profeta, che non capisce che Dio avrebbe preferito avere in lui non un giudice ma un intercessore.

Un altro caso significativo è quello dei tre amici di Giobbe che vanno a trovarlo nel tempo della sua malattia. Rimangono accanto a lui per una settimana senza dire neanche una parola, ma poi cominciano a parlare. I loro discorsi ruotano tutti intorno a un nucleo centrale che si può sintetizzare così: se un uomo viene colpito dalla sventura, allora è segno che egli è sotto la divina riprovazione. Giobbe professa la sua innocenza, ma gli amici non accettano di considerarlo un uomo giusto, perché se fosse giusto non sarebbe stato colpito così dalla sventura. In sostanza, l’atteggiamento dei tre amici di Giobbe è quello che Dio non vuole trovare nei suoi servi: gli amici di Giobbe non fanno altro che affermare la giustizia e l’impeccabilità di Dio, ma a prezzo di calpestare la dignità di Giobbe, che al peso della malattia sente aggiungersi quello del biasimo morale dei suoi amici: “Dio ti ha colpito; non puoi che essere un peccatore. Dio è infinitamente giusto, se ti ha colpito ha sicuramente una buona ragione per farlo”. Alla fine entra in scena Dio stesso, condannando i ragionamenti teologici falsi degli amici di Giobbe e affidandoli alla sua preghiera di intercessione (cfr. Gb 42,7-8). Dal discorso di Dio si comprende che anche qui Egli avrebbe voluto trovare nei tre amici di Giobbe non tre teologi che esaltano la giustizia di Dio schiacciando la persona umana, ma tre intercessori che si schierano accanto alle miserie umane e pregano perché Dio faccia grazia.

Nei libri dell’Esodo e dei Numeri viene particolarmente sottolineata la preghiera di intercessione di Mosè. Prima della partenza dall’Egitto, egli intercede per far cessare le piaghe che tormentano il faraone e il suo popolo. Dopo la liberazione, l’intercessione di Mosè si rivolge unicamente a Israele. Essa ha tre fondamentali sfaccettature, che si ritrovano anche nelle altre parti della Scrittura: è preghiera di richiesta di perdono, è preghiera di guarigione e di liberazione. La prima grande preghiera di intercessione di Mosè è quella che si collega al peccato del vitello d’oro. Fino a quel momento, l’Israele uscito dall’Egitto aveva avuto soltanto impennate dinanzi alle difficoltà del deserto e moti di ribellione o di mormorazione. La produzione del vitello d’oro rappresenta il primo peccato organizzato in grande stile e lucidamente studiato. Mosè si trova ancora sul monte, quando Dio gli rivela che Israele si è fatto un vitello d’oro per adorarlo, e aggiunge il suo proposito di annientarlo: “Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te farò invece una grande nazione” (Es 32,10). Mosè non accetta la prospettiva di divenire capostipite di una grande nazione a prezzo dell’annientamento di Israele e innalza a Dio una preghiera di intercessione che comprende i vv. 11-13 del cap. 32 dell’Esodo. Altri episodi in cui Mosè intercede hanno luogo dopo la partenza dal Sinai e sono narrarti dal libro dei Numeri.

Dopo la partenza dal Sinai, il popolo comincia a lamentarsi a motivo della scarsità del cibo. Più precisamente, il problema non consiste nella mancanza di cibo, ma nel fatto che a un certo momento tutti si stancano di mangiare sempre manna (cfr. Nm 11,4-9). Lo sdegno del Signore divampò, ma l’intercessione di Mosè ottiene al popolo le quaglie e a se stesso la collaborazione di settanta uomini saggi, su cui si posa lo Spirito del Signore, per suddividere il peso del governo del popolo. Mosè intercede ancora per guarire la propria sorella dalla lebbra, che l’aveva colpita per la sua maldicenza nei confronti di Mosè (cfr. Nm 12, 1-15). Nella stessa maniera, quando la mormorazione contro Mosè assume un carattere organizzato o assembleare e viene messa in discussione la sua legittima autorità, l’ira del Signore si accende e il popolo viene colpito da un qualche castigo; allora è sempre l’intercessione di Mosè che libera il popolo dalla piaga che lo tormenta (cfr. Nm 14 e 16). Dall’insieme dello svolgimento dell’intercessione di Mosè si comprende come Dio, nella sua giustizia, non possa lasciare impunito il peccato dell’uomo, ma al tempo stesso, nel suo amore, Egli cerca ansiosamente qualcuno che fermi la sua Mano, intercedendo per i propri fratelli colpevoli. Mosè intercede sempre per Israele, anche quando la colpa è stata commessa direttamente contro di lui.Un altro grande intercessore per Israele è il profeta Samuele. Per lui sarebbe addirittura un peccato contro Dio tralasciare la preghiera di intercessione: “Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro il Signore, tralasciando di supplicare per voi” (1 Sam 12,23). Nella stessa linea, anche Elia esercita un ministero di intercessione in favore di Israele e ottiene la pioggia in un periodo di estrema siccità (cfr. 1 Re 18,41-46). Anche il re Salomone, nel giorno della consacrazione del Tempio di Gerusalemme, innalza a Dio una lunga preghiera di intercessione, chiedendogli di ascoltare chiunque venisse a pregare in quel luogo per svariate necessità (cfr. 1 Re 8,22-53).

Uno dei compiti di cui si sentono investiti i profeti di Israele è la preghiera di intercessione. Isaia riceve una parola per gli abitanti di Gerusalemme: “Popolo di Sion… tu non dovrai più piangere; a un tuo grido di supplica il Signore ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta” (Is 30,19). Il profeta Amos, viene avvertito da Dio circa l’imminenza di due castighi: le cavallette e la siccità. Entrambi vengono scongiurati grazie alla preghiera di intercessione del profeta (cfr. Am 7,1-6). Il profeta Ezechiele riceve da Dio una parola durissima nei confronti dei peccati di Gerusalemme e profetizza un saccheggio e uno sterminio della popolazione; ma mentre profetizza egli stesso si sente sopraffatto dalla visione del castigo: “Io mi gettai con la faccia a terra e gridai con tutta la voce: Ah! Signore Dio, vuoi proprio distruggere quanto resta di Israele?” (Ez 11,13). Il Signore risponde manifestando al profeta il suo progetto di radunare il popolo dopo la sua dispersione, insieme al dono di un cuore nuovo (cfr. Ez 11,14-21). Nel NT, sia nei Vangeli che nel libro degli Atti, sono molto numerose le allusioni alla preghiera di intercessione sia da parte del singolo Apostolo, sia da parte della comunità cristiana nel suo insieme. In Gv 11,3 gli Apostoli si rivolgono a Gesù in occasione della malattia di Lazzaro: “Signore, il tuo amico è malato”; in questo caso, la preghiera di intercessione ha il taglio specifico della richiesta di guarigione. Come sappiamo dal seguito del cap. 11, nei confronti di Lazzaro, Cristo intervenuto a modo suo, e da ciò si comprende come la risposta di Dio alla preghiera dell’uomo c’è sempre, anche se non sempre è data nella medesima linea delle aspettative dell’orante. In At 12,5, mentre Pietro si trova in carcere, tutta la chiesa prega per lui incessantemente, e Dio manda un angelo a liberarlo. La comunità cristiana non deve mai tralasciare la preghiera per i suoi pastori, e infatti nella celebrazione eucaristica è prevista la preghiera di intercessione per il Papa, per il Vescovo del luogo e in generale per tutto l’ordine sacerdotale. Dall’altro lato, anche l’Apostolo mette la comunità tra gli obiettivi primari della sua preghiera di intercessione: “Quel Dio, a cui rendo culto nel mio spirito, annunziando il Vangelo del Figlio suo, mi è testimone che io mi ricordo sempre di voi” (Rm 1,9). Intercessione apostolica, a cui fa eco la preghiera della comunità: “Vi esorto… a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio” (Rm 15,30). La preghiera di intercessione per le necessità della Chiesa non ha limiti e può abbracciare tutto l’arco dei bisogni da quelli concreti, come la rimozione degli ostacoli di ordine materiale, a quelli spirituali, come la conoscenza del progetto di Dio; la comunità degli Atti si raduna in preghiera sia per chiedere a Dio il soccorso nei momenti di persecuzione (cfr. At 4,23-31), sia per conoscere in pieno la volontà di Dio (cfr. 13,2; Col 1,9-12). La preghiera di intercessione della Chiesa deve infine farsi carico anche dei bisogni della società civile (cfr. 1 Tm 2,1-4)


26/02/2006 14:29
 
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La preghiera di guarigione - La preghiera di liberazione

Un particolare tipo di preghiera di intercessione è quella che ha come obiettivo specifico la guarigione della persona, che può essere una richiesta tanto di guarigione fisica quanto di guarigione interiore. Sono troppi i passi biblici in cui il Signore è presentato come colui che guarisce, a cui sta a cuore la nostra salute piena. Ne possiamo solo citare qualcuno: “Io sono il Signore, colui che ti guarisce” (Es 15,26); “Io percuoto e io guarisco” (Dt 32,39); “Nella malattia, prega il Signore ed egli ti guarirà” (Sir 38,9). Uno dei testi più espliciti sulla preghiera di guarigione è Gc 5,16: “Pregate per essere guariti”. In sostanza, l’insegnamento biblico esorta ad aggiungere la preghiera di guarigione ai mezzi umani della medicina e della terapia. E’ un dato della fede cristiana il fatto che la guarigione passi comunque per le mani di Dio prima che in quelle del medico. Sia Cristo sia gli Apostoli portano avanti un ministero di guarigione, che considerano parte integrante dell’annuncio del Vangelo. La parola di Dio è essa stessa una forza di guarigione: “Li guarì la tua Parola, o Signore” (Sap 16,12). Anche il centurione del Vangelo, pur essendo un pagano, coglie molto bene il fatto che ciò che guarisce è la Parola di Cristo, cioè l’espressione della sua divina volontà: “Signore… di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Mt 8,8). Chi accoglie la Parola di Cristo, inizia un cammino di guarigione globale della sua persona.La questione della guarigione fisica non si può affrontare da sola, ossia svincolata dalla guarigione interiore. Quando il Vangelo parla di “guarigione”, il riferimento non va alla eliminazione di una particolare malattia di cui si può essere affetti. Infatti, nonostante la preghiera e la vita di fede, determinate malattie fisiche persistono. Il Vangelo indica innanzitutto il mistero della volontà di Dio, che talvolta ci chiama a condividere la croce del Figlio; tale chiamata alla croce può avere anche il volto di una malattia fisica. A condizione che sia vissuta bene dal soggetto. Esiste infatti una guarigione offerta dalla Parola di Cristo, anche quando Dio vuole che la malattia persista. Si tratta della guarigione del rapporto con la propria malattia; talvolta, ciò che ci rende veramente malati non è la malattia in sé, ma è il rapporto scorretto che abbiamo instaurato con la nostra malattia. La guarigione si ha allora quando la malattia non è sentita più dal soggetto come una forza distruttiva operante nel proprio corpo, ma come una crescita nella santità cristiana: “Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti, il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2 Cor 4,16-17). Chi giunge a vivere la propria malattia, o la propria sofferenza di qualunque natura (vi sono anche malattie invisibili, come le ferite interiori causate dalle cattive esperienze della vita), in questa ottica è una persona radicalmente guarita. La preghiera di guarigione fatta dalla comunità cristiana chiede a Dio innanzitutto questo tipo di guarigione, ma chiede anche, quando Dio lo ritenga opportuno, la guarigione fisica, senza escludere per questo l’intervento del medico. L’espressione sacramentale di questa dottrina è rappresentata dall’unzione degli infermi, che il cristiano medio non è capace ancora di valorizzare. Il sacramento si affianca alla preghiera della Chiesa, per ottenere all’ammalato quella forza spirituale, interiore, che non lo faccia sentire schiacciato sotto il peso del suo dolore.Un ambito importante della preghiera di guarigione è quello della guarigione delle malattie interiori, ossia le ferite emozionali, a cui abbiamo accennato sopra tra parentesi. Anche qui non si vuole mettere il medico a riposo, ma si vuole ribadire che secondo la fede cristiana la guarigione è prima nelle mani di Dio, e poi in quelle del medico. La comunità cristiana deve quindi farsi carico non solo di coloro che soffrono fisicamente, circondandoli con la sua solidarietà e la sua preghiera, ma anche di coloro che sono in qualche modo disturbati nella loro personalità. Qui non ci vogliamo riferire alla malattia mentale in senso stretto, ma ci riferiamo a quelle forme di perturbazioni della personalità che derivano semplicemente da esperienze negative non integrate. Talvolta è sufficiente qualcosa come la perdita inaspettata di una persona cara, oppure un obiettivo non raggiunto dopo tanti sacrifici, un tradimento da parte di chi ci si mostrava amico; sono eventi che si possono verificare abbastanza spesso e che turbano gravemente gli equilibri emozionali di una persona. Qui deve subentrare la solidarietà e la preghiera di guarigione della comunità cristiana.

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Un’altra specificità della preghiera di intercessione è costituita dalla cosiddetta “preghiera di liberazione”. Questo genere di preghiera ha come suo oggetto specifico tutta quella serie di mali che il maligno può procurare a una persona mediante le pratiche occulte, spiritiche e magiche. Le esperienze connesse all’occultismo non lasciano mai la persona senza conseguenze e senza squilibri bisognosi di risanamento. In questo ambito lo psicoterapeuta può fare oggettivamente poco, dal momento che i disturbi che la persona accusa non sono di natura psicologica, anche se la loro sintomatologia è molto simile. Il rischio maggiore è che la persona venga imbottita di psicofarmaci, senza che le cause profonde del suo malessere vengano rimosse.

La Bibbia esorta caldamente a mantenere una distanza di sicurezza dal mondo dell’occulto. Qualche citazione potrebbe bastare: “Non praticherete alcuna sorta di magia” (Lv 19,26); “Non si trovi in mezzo a te chi esercita la magia” (Dt 18,10); “Non vi rivolgete ai negromanti” (Lv 19,31); “Non date retta ai vostri indovini” (Ger 27,9); “Gli indovini vedono il falso” (Zc 10,2). Questa insistenza dell’insegnamento biblico non si capirebbe se in tutte queste cose non ci fosse un rischio concreto o una minaccia per la salute spirituale dell’uomo. Di fatto, l’esperienza insegna che chi ha praticato lo spiritismo, e in generale l’occultismo, o ha frequentato maghi, ne esce scosso nei suoi equilibri emozionali, e sovente perde la pace e la serenità della vita quotidiana. Più precisamente, viene imprigionato dalla paura che certe entità negative possano fargli del male e, per evitare questo, uno è portato a compiere quei gesti superstiziosi che terrebbero buone tali entità. In sostanza, la persona cade in una forma di prigionia psicologica, la cui sintomatologia può avvicinarsi – nei casi più gravi - alle nevrosi ossessive.

Qui deve intervenire la preghiera di intercessione e la solidarietà della comunità cristiana, la quale, nell’annuncio dell’unica Signoria di Gesù Cristo, restituisce serenità a coloro che si sentono minacciati da piccoli tiranni invisibili; tutti i piccoli tiranni, sia visibili che invisibili, in Cristo sono stati vinti, e il vero cristiano si sente un uomo libero. Non solo. Cristo ha dato ai suoi discepoli il potere sugli spiriti immondi, perciò il battezzato che vive bene la sua fede deve sapere che, vivendo in grazia di Dio, è il demonio che deve avere paura di lui e non viceversa: “Chiamati a Sé i dodici, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi” (Mt 10,1); “La folla accorreva portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti” (At 5,16); “Nel mio nome scacceranno i demoni” (Mc 16,17).

La preghiera di liberazione porta sollievo e accelera il processo di guarigione di chi è caduto nella prigionia di questo genere di angosce. La guarigione piena dipende però dal cammino di conversione della persona stessa e dalla sua volontaria rinuncia alle opere di satana. L’esperienza più autentica di liberazione si verifica solo nello sviluppo della vita cristiana e lungo la crescita personale nella fede: “Se rimanete fedeli alla mia Parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Poi più avanti aggiunge: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (v. 36). Cristo promette qui una liberazione autentica, cioè non semplicemente un sollievo, che non è affidata alla preghiera della comunità cristiana, bensì alla crescita personale nel discepolato. In realtà è lo sviluppo della santità cristiana che guarisce e libera la persona in maniera totale e irreversibile. Per questo, attendersi una liberazione dalla preghiera della comunità, senza un impegno personale di conversione e di rinuncia alle opere di satana, sarebbe un errore. In questi casi si può avere un sollievo, ma non la piena liberazione. La persona può essere sempre riafferrata dalle forze del male, pur indebolite dalla preghiera della Chiesa, se la persona stessa non impara a opporvisi con tutte le proprie forze nel combattimento spirituale.La preghiera di liberazione infine non va confusa con l’esorcismo. L’esorcismo viene praticato solo dal sacerdote autorizzato, mentre la preghiera di liberazione può essere fatta da qualunque battezzato, da solo o in gruppo.


28/02/2006 23:36
 
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Preghiera di lode - Preghiera di Ringraziamento - Penitenziale
Preghiera di lode

Tra tutte le forme di preghiera è l’unica che può definirsi “senza tempo”. E’ infatti quel modo di rivolgersi a Dio che caratterizza il culto celeste; mentre tutte le altre forme elencate sotto presuppongono lo stato di pellegrinaggio, insieme alle difficoltà e alle ombre della vita presente, la preghiera di lode è la preghiera di chi si sente libero, come fosse già risorto. Questa preghiera è perciò possibile quando la persona riesce ad allentare la naturale concentrazione su se stessa, dal momento che è l’unica forma di preghiera ad avere come obiettivo Dio in quanto Dio.

La preghiera di lode si apprende soprattutto dai Salmi. Il Salmo 8 è una preghiera di lode allo stato puro. Analizzando il testo, ci rendiamo conto che la lode non è motivata da un’opera o da un beneficio che Dio ha personalmente procurato all’orante; il Salmo 8 esprime infatti uno stato d’animo rapito nella visione della bellezza e della grandezza di Dio. Un altro esempio chiaro di preghiera di lode è il Salmo 19(18), dove di nuovo l’unico motivo che spinge alla preghiera è la grandezza e la magnificenza di Dio. A questo proposito si può vedere anche il Salmo 34(33), il Salmo 46(45), il Salmo 47(46), il Salmo 48(47), il Salmo 62(61), il Salmo 63(62), il Salmo 84(83), il Salmo 91(90), il Salmo 92(91), il Salmo 93(92), il Salmo 100(99), il Salmo 103(102), il Salmo 104(103), il Salmo 135(134), il Salmo 145(144), il Salmo 146(145), il Salmo 147(146-147), il Salmo 148, il Salmo 148 e il Salmo 150.
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Preghiera di Ringraziamento

E’ una preghiera che nasce dalla capacità di vedere l’opera di Dio nella nostra vita, e perciò è in un certo senso il risultato di una guarigione. Infatti, la preghiera di ringraziamento non è quella preghiera che si fa quando, una volta ogni tanto, ci si riconosce liberati da qualche grave malanno, ma è la preghiera che si fa quando i nostri occhi si aprono al mistero della Presenza di Dio nel mondo, nella creazione, nell’itinerario della nostra crescita umana e della nostra esperienza personale. Allora nasce il ringraziamento, ma nasce al contempo anche la lode. Chi non sente il bisogno di ringraziare Dio non deve pensare che ciò provenga dal fatto di vivere una vita serena e tutto sommato non bisognosa di miracoli, ma deve pensare, più verosimilmente, che non ha ancora aperto gli occhi sull’insonnia di Dio verso le sue creature.Nel libro dei Salmi troviamo alcune preghiere di ringraziamento che possono essere utili a meglio illustrarci i contenuti e la struttura del ringraziamento: Salmo 18(17), Salmo 30(29), Salmo 40(39), Salmo 65(64), Salmo 66(65), Salmo 107(106), Salmo 116(114-115), Salmo 118(117), Salmo 124(123), Salmo 138(137).

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Penitenziale

E’ la preghiera del “tempo della caduta”. La richiesta di perdono non è limitata al momento sacramentale, ma è una preghiera personale e indipendente del battezzato. La formula tradizionale della preghiera della sera, conteneva, tra le altre cose, la richiesta di perdono del male commesso durante la giornata. La celebrazione eucaristica prevede all’inizio un rito penitenziale per preparare l’assemblea, mediante la richiesta di perdono. Non ha dunque nessun senso il ragionamento di chi dice: “Prima di fare la comunione mi dico un atto di dolore”. La Chiesa lo prevede già in forma comunitaria sotto la presidenza del celebrante.Nella Bibbia le preghiere penitenziali si trovano soprattutto nel libro dei Salmi e nella letteratura profetica. Una preghiera penitenziale completa è quella riportata nel libro di Daniele al capitolo 3, versetti 25-45. Essa esprime la struttura completa di una preghiera penitenziale: l’inizio è la lode (vv. 26-28), poi la memoria e la confessione del peccato (vv. 29-32), poi il dispiacere di avere peccato provocando tante rovine intorno a sé (vv. 33-38), poi la richiesta di perdono (vv. 39-40), poi il proposito di cambiare stile di vita (vv. 41-43).Alcune preghiere penitenziali del libro dei Salmi: Salmo 32(31), Salmo 38(37), Salmo 51(50), Salmo 79(78), Salmo 106(105), Salmo 130(129).





28/02/2006 23:49
 
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I tempi della preghiera

LECTIO DUE

La preghiera può essere fatta a qualunque ora del giorno e della notte, e non vi sono particolari restrizioni in proposito; tuttavia, dall’insegnamento biblico si ricava una scansione di tempo per la quale vi sono determinate ore che la Bibbia considera tradizionalmente come ore di preghiera. La Chiesa ha ben appreso questa lezione e ha distribuito la preghiera dei Salmi, che è la sua preghiera ufficiale, in quelle determinate ore. Il libro della liturgia delle ore è il risultato di questo insegnamento. Sarà opportuno ripercorre i luoghi biblici più importanti a riguardo. Possiamo però anticipare, dicendo che i tempi della preghiera cristiana sono: il mattino, la sera, la notte e le ore cosiddette terza, sesta e nona.La giornata del cristiano si apre con la preghiera: la vita quotidiana viene così offerta e consacrata a Dio; il lavoro e la fatica vengono presentati sull’altare del proprio cuore fin dal mattino come un sacrificio gradito a Dio. Per il cristiano non c’è nulla di profano e le opere quotidiane non si esauriscono nella loro causa contingente, ma acquistano un valore anche davanti a Dio, oltre che davanti agli uomini per i quali esse vengono compiute. Ciò che valorizza le opere della giornata in una dimensione soprannaturale è appunto la preghiera del mattino con la quale si chiede a Dio di illuminare e fecondare la fatica del giorno. La preghiera del mattino è esplicitamente richiesta dalla Bibbia: “Fin dal mattino ti invoco e sto in attesa” (Sal 5,4); “Al risveglio mi sazierò della tua presenza” (Sal 17,15); “Al mattino giunge a te la mia preghiera” (Sal 88,14); “Saziaci al mattino con la tua grazia” (Sal 90,14). La liturgia delle ore risponde a questa esigenza con la preghiera delle Lodi mattutine.La sera, ossia a conclusione della giornata lavorativa, la Bibbia suggerisce al cristiano di mettersi ancora una volta alla presenza di Dio per ringraziarlo della giornata trascorsa e chiedergli perdono delle eventuali mancanze o omissioni. Anche la preghiera della sera è esplicitamente richiesta: “Come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera” (Sal 141,2); “All’offerta della sera… sono caduto in ginocchio e ho steso le mani al mio Signore” (Esd 9,5). Questa orazione legata all’offerta della sera è rappresentata, nella vita della Chiesa, dalla preghiera del Vespro, che appunto si recita al tramonto, ovvero alla fine della giornata lavorativa.

La Bibbia conosce anche delle ore minori, ossia delle interruzioni brevi del lavoro quotidiano che si hanno nelle tradizionali ore di terza (09,00), sesta (12,00) e nona (15,00). Gli Apostoli solevano pregare in queste ore: “Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio” (At 3,1), ossia all’ora nona. In At 10, Pietro è descritto nell’atto di salire sulla terrazza della casa che lo ospita, per pregare verso mezzogiorno (v. 9), e sarebbe questa la preghiera dell’ora sesta. Ancora il libro degli Atti descrive la comunità cristiana radunata in preghiera con Maria (cfr. 1,14) e all’ora terza, cioè verso le nove del mattino, la Chiesa viene battezzata nello Spirito a Pentecoste (cfr. 2,15). La preghiera dell’ora terza è quindi particolarmente importante in quanto ricorda l’effusione dello Spirito sulla prima comunità.

Queste tre ore di preghiera previste dalla liturgia delle ore hanno anche un riferimento cristologico: le nove del mattino è l’ora della crocifissione: “Erano le nove del mattino quando lo crocifissero” (Mc 15,25). L’ora sesta è l’ora dell’eclisse che accompagna l’agonia di Gesù: “Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio” (Mc 15,33). Infine, l’ora nona segna la morte fisica di Cristo (cfr. Mc 15,34).

Accanto a queste ore di preghiera diurna, la tradizione cristiana conosce anche la preghiera notturna, ma meglio rimandare l’argomento e parlarne nel contesto dell’insegnamento di Gesù sulla preghiera, insegnamento nel quale la preghiera notturna ha un notevole rilievo.Tra i tempi idonei alla preghiera cristiana non si può sorvolare il giorno che i cristiani, fin dalla prima generazione, dedicano alla celebrazione della Risurrezione del Signore: la Domenica. Per i cristiani i giorni non sono tutti uguali. Il giorno del Signore è diverso dagli altri. In esso si mettono da parte le fatiche e le preoccupazioni dei giorni feriali: ci si comporta da uomini liberi, affrancati dagli obblighi del lavoro servile. Ciò è chiaro fin dalla Legge mosaica: “Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore… non fare lavoro alcuno” (Dt 5,13-14). Si tratta di un giorno destinato a Dio, un giorno in cui l’uomo è sollevato dai pesi della sua fatica quotidiana: “Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là” (Dt 5,15). Il giorno del Signore intende insomma celebrare la liberazione del popolo che dalla condizione di schiavitù è stato condotto verso una nuova dignità di nazione sovrana.Nella pasqua cristiana, però, il giorno del Signore non è più il sabato ma è la domenica. E la memoria che si celebra non è più quella della liberazione dall’Egitto ma quella della liberazione dal peccato e dalla morte. Questa celebrazione non poteva più avvenire di sabato, per il semplice fatto che Cristo è risorto all’alba della domenica. La celebrazione eucaristica intende rivivere la pasqua di Cristo, e perciò la domenica è il giorno più adeguato. Del resto, Cristo stesso ha orientato la comunità cristiana verso la domenica, quando è apparso più volte ai discepoli “il primo giorno dopo il sabato” (Gv 20,1.19.26). Il veggente dell’Apocalisse, riceve l’ultima rivelazione del NT “nel giorno del Signore” (Ap 1,10).

La domenica è il giorno in cui il Risorto si rivolge alla sua Chiesa radunata e la nutre con la Parola e l’Eucaristia. A questo proposito sentiamo il bisogno di fare alcune importanti precisazioni: la celebrazione eucaristica è innanzitutto composta da due momenti, la celebrazione della Parola e la celebrazione della Eucaristia. Molti ancora oggi ritengono che la Messa sia composta dalla celebrazione della Eucaristia con una introduzione di qualche lettura biblica. Questa concezione è falsa. La conseguenza è che costoro non prendono nulla della Parola annunciata e rimangono ignoranti nella dottrina cristiana. Poi si fanno la comunione e si ritengono falsamente a posto con Dio. Questi battezzati sono soliti confessarsi di non essere andati a Messa una domenica, mentre dovrebbero confessarsi di esserci andati sempre con una disposizione d’animo fondamentalmente scorretta. Questo è il vero peccato di cui dovrebbero confessarsi. Il battezzato la domenica deve fare due comunioni, la Parola e l’Eucaristia. La seconda senza la prima non può nutrire la fede, perché la fede si nutre della dottrina. Il sacramento dell’Eucaristia corrobora il cammino di fede, ma il cammino di fede a sua volta prende l’avvio dalla Parola.
03/03/2006 00:44
 
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I luoghi della preghiera


Nell’AT e nella tradizione ebraica i luoghi della preghiera erano ben determinati, secondo le diverse epoche. Nel periodo patriarcale bastava una teofania, ossia una qualche manifestazione di Dio a uno dei patriarchi, per costituire un luogo sacro. Possiamo ricordare il famoso sogno di Giacobbe, nel quale egli vide una scala che collegava cielo e terra, mentre gli angeli vi salivano e scendevano (cfr. Gen 28,10ss). Al mattino Giacobbe comprende di avere avuto una rivelazione durante la notte e erige una stele, rinominando il luogo simbolicamente col nome di Betel, cioè “casa di Dio”. Così quel luogo diventa un santuario per lui e per i suoi discendenti. Fino alla nascita della monarchia esistono diversi santuari periferici, finché con la costruzione e la consacrazione del , viene considerato legittimo solo il culto celebraTempio di Gerusalemmeto lì. Vi sono poi altre vicissitudini storiche, ma non è opportuno trattarne in questa sede. A noi interessa giungere al NT e all’esperienza cristiana, per sapere se il luogo ha o no un influsso determinante sulla preghiera. In generale dobbiamo dire che la comunità cristiana non ha luoghi obbligatori per la preghiera personale o comunitaria. L’Apostolo Pietro prega indifferentemente nel Tempio o sul terrazzo di una casa, come abbiamo già visto; questo significa che il cristiano può ritenersi libero da un qualsivoglia legame locale o geografico. Il cristiano può pregare là dove si trova. Infatti, il Tempio in cui il cristiano prega è Cristo stesso. Il battesimo ci inserisce nel Corpo di Cristo come in un Tempio, in cui la preghiera arriva al Padre anche se pronunciata nel profondo di una selva. L’insegnamento del Vangelo di Giovanni è chiaro su questo punto: “Distruggete questo Tempio e in tre giorni lo farò risorgere… Ma egli parlava del Tempio del suo Corpo” (Gv 2,19.21). Da questo momento, dunque, il Tempio è il Corpo di Cristo, ossia la comunità cristiana: “Non sapete che siete Tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1 Cor 3,16). Se allora si edificano luoghi sacri per il culto cristiano ciò non è per indicare l’esclusività della celebrazione in un determinato luogo, ma solo in ragione della praticità e in vista di un culto ordinato e stabile.Qualcosa di simile avviene quando in seguito a un’apparizione della Madonna un certo luogo acquista un particolare significato religioso. Si tratta di un “particolare significato religioso”, ossia di un luogo che Dio ha dato al popolo cristiano come luogo dell’appuntamento, come polo di attrazione per la nostra sensibilità umana sempre bisognosa di segni, ma non come luogo esclusivo per incontrare la salvezza.

04/03/2006 19:16
 
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La posizione del corpo
Dobbiamo interrogare la Bibbia per sapere se anche la tradizione ebraico-cristiana prevede per la preghiera determinati gesti o atteggiamenti del corpo. Dobbiamo subito rispondere di sì, ma dobbiamo precisare che vale anche in questo ambito quel che abbiamo detto a proposito dei luoghi della preghiera: non c’è nulla di assoluto o di obbligante; la posizione del corpo, come pure il luogo, ha senso in quanto favorisce la preghiera e la rende ordinata e non confusa. Interroghiamo però la Bibbia circa la posizione del corpo dell’orante.

Il Vangelo riporta la consuetudine dei farisei di pregare in piedi: “Amano pregare stando ritti nella sinagoga” (Mt 6,5); ma in generale la tradizione dell’AT conosce un modo di pregare in piedi: “Salomone si mise in piedi e benedisse tutta l’assemblea” (1 Re 8,55); durante la cerimonia di dedicazione del Tempio l’assemblea partecipa pregando in piedi (cfr. 2 Cr 7,6). In prossimità di una guerra santa “i leviti si alzarono a lodare il Signore” (2 Cr 20,19). Anche il nostro cerimoniale liturgico prevede che in alcune parti della Messa l’assemblea stia in piedi.Un altro atteggiamento che dalla tradizione ebraica è passato in quella cristiana è la consuetudine di inginocchiarsi per pregare: “Giosafat si inginocchiò… e gli abitanti di Gerusalemme si prostrarono davanti a Signore” (2 Cr 20,18). Quando Mosè ritorna in Egitto, dopo l’incontro con Dio nel roveto ardente, si fa incontro agli israeliti radunandoli, e questi, avendo udito le parole che Dio aveva detto a Mosè, si inginocchiano (cfr. 4,31). Durante la dedicazione del Tempio, Salomone rimane per un certo tempo inginocchiato davanti all’altare (cfr. 1 Re 8,54). Il testo più esplicito che fonda teologicamente questo atteggiamento di pregare in ginocchio è comunque Is 45,23: “Davanti a me si piegherà ogni ginocchio”. Anche gli Apostoli sogliono pregare in ginocchio: quando i fratelli della comunità portano Pietro a visitare il cadavere di Tabità, “Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: Tabità, alzati!”. Ed essa aprì gli occhi” (At 9,40). L’Apostolo Paolo prega inginocchiato prima di partire per Gerusalemme dove sarebbe stato arrestato; così prima di lasciare Efeso “si inginocchiò con tutti loro e pregò” (At 20,36), come pure sulla costa di Tiro “accompagnati da tutti loro con mogli e figli, inginocchiati sulla spiaggia pregammo, poi ci salutammo a vicenda” (At 21,5).

Un altro atteggiamento ricorrente nella preghiera biblica è la prostrazione. Questa posizione per la preghiera si riscontra sovente nei patriarchi, ma anche in epoca monarchica: “Allora Abramo disse: andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi” (Gen 22,5); anche Mosè prega in questa posizione: il Signore scese nella nube presso di lui, allora “Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò” (Es 34,8). Anche di Davide si dice che “andò alla casa del Signore e vi si prostrò” (2 Sam 12,20). Questa posizione per la preghiera è inoltre esplicitamente richiesta dal Sal 29,2: “Prostratevi al Signore in santi ornamenti”, come pure da Is 66,23: “Verrà ognuno a prostrarsi davanti a me, dice il Signore”. La prostrazione è perfino descritta dall’Apocalisse nel culto celeste: “i 24 vegliardi si prostrarono” (Ap 4,10).

Infine occorre aggiungere qualche parola sui gesti delle braccia: la preghiera biblica prevede anche le braccia alzate. Questo atteggiamento si riscontra nella preghiera di Mosè: “Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte” (Es 17,11). Le sorti della battaglia vengono stranamente determinate non dalle armi ma dalla intercessione di Mosè. Anche Salomone è descritto nell’atto di alzare le braccia per pregare: “Salomone stese le mani verso il cielo” (1 Re 8,22). In Ne 8,6 tutto il popolo prega a mani alzate, rispondendo Amen. I Salmi indicano ripetutamente questo gesto per l’orante: “Alzo le mie mani verso il tuo santo tempio” (Sal 28,2); “nel tuo nome alzerò le mie mani” (Sal 63,5). Anche il NT prevede questo gesto per la preghiera cristiana: “Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese” (1 Tm 2,8).
La consuetudine comune ha recepito questo gesto quasi esclusivamente per la preghiera del Padre Nostro, ma potrebbe estendersi anche alle altre forme preghiera.
06/03/2006 01:07
 
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La contemplazione:


la bellezza di poter veder Dio con gli occhi chiusi;
ascoltarlo nel silenzio;
toccare Lui senza forma;
parlare senza dire niente;
essere nel tempo vivendo l'infinito;
amare perdendosi nell'amante.


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La preghiera di Gesù
LECTIO TRE

La preghiera di Gesù



Sarà in primo luogo opportuno chiederci “come” Cristo ha pregato nella sua vita da uomo. Uno sguardo generale ai cenni evangelici sulla preghiera di Gesù ci permette di dire che Lui ha pregato frequentemente ritirandosi in luoghi deserti, preferibilmente la notte o prima dell’alba. Questa preghiera di Gesù scandisce la sua attività di evangelizzazione e non sembra avere scopi pratici aldilà di un ristoro del suo cuore nell’intimità con il Padre. Notiamo anche l’assenza di preghiera in occasione dei miracoli: Gesù non prega prima di operare il miracolo, tranne in due casi, la moltiplicazione dei pani e la risurrezione di Lazzaro. Oltre alla preghiera ordinaria che scandisce il ritmo delle sue attività apostoliche, vi è una preghiera circostanziale, ossia una preghiera dettata dal momento particolare che Cristo si trova a vivere; vediamo così Cristo in orazione prima di prendere le decisioni più importanti, come la scelta dei Dodici; oppure in momenti cardine del suo ministero, come il battesimo e la trasfigurazione (secondo Luca); quando gli Apostoli stanno per essere vagliati dalla bufera della Passione, Cristo prega in particolare per Pietro (cfr. Lc 22,31-34); infine Cristo prega per ottenere dal Padre la forza di affrontare il tempo della prova e di essere in grado di affrontare la morte.

Si può dire inoltre che Cristo ha praticato le forme più importanti di preghiera note all’AT: la preghiera di lode, di intercessione, di richiesta di perdono (anche se mai per Se Stesso), di domanda.


I caratteri della preghiera di Gesù


La prima cosa che ci viene di notare in riferimento alla preghiera di Gesù è il suo pieno inserimento nell’esperienza religiosa di Israele. Cristo si reca di sabato nella sinagoga e lì prega insieme alla comunità ebraica: “Si recò a Nazaret ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga” (Lc 4,16). E ancora: “Gesù insegnava nelle loro sinagoghe” (Mt 4,23). La sinagoga e la preghiera comunitaria rappresentano quindi la prima tappa della manifestazione pubblica di Cristo. La comunità che si raduna in preghiera è sempre il primo e necessario riferimento del singolo credente, il quale impara a pregare dalla comunità che prega.Più volte il Vangelo fa riferimento al fatto che Gesù soleva ritirarsi in luoghi solitari a pregare (Mt 14,13; Mc 1,35), ma non ci dice mai in cosa consistesse questa preghiera solitaria né quali contenuti avesse. I discepoli hanno infatti desiderato sapere come Cristo pregasse, quindi hanno intuito nella preghiera di Cristo qualcosa di nuovo e di diverso da quel che tradizione ebraica aveva loro comunicato; e gli hanno chiesto esplicitamente di insegnare loro a pregare come pregava Lui. Sarà appunto questo l’argomento del successivo paragrafo. L’unico punto in cui potrebbe venire alla luce quel che la preghiera solitaria di Cristo poteva essere, è il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, dove viene portata la lunga preghiera di Gesù che affida alla custodia del Padre gli Apostoli e la Chiesa futura. Si tratta di una preghiera piena di confidenza filiale, ma anche piena di una divina consapevolezza, per la quale Cristo può dire perfino, rivolgendosi al Padre: “Voglio che anche quelli che mi hai dato siano con Me” (Gv 17,24). La preghiera di Gesù conosce dunque sia l’adesione piena del Figlio al volere del Padre, sia la coscienza lucida dell’uguaglianza nella natura divina e nell’unica maestà, identica per il Padre e per il Figlio.Cristo non mette sullo stesso piano la preghiera e l’attività apostolica, né si ritira a pregare solo quando non ha nulla da fare. Al contrario, Egli si ritira a pregare anche quando le folle lo cercano per ascoltare la sua Parola e ricevere al guarigione: “Folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Lc 5,15-16). Neppure l’incalzare della piena dei bisogni umani lo ferma dalla ricerca della solitudine e della intimità col Padre. Significa che la preghiera deve avere la priorità assoluta su ogni attività. Mentre lo cercano, Egli si ritira in luoghi solitari. Non sempre ci riesce, perché talvolta la folla intuisce dove sta per andare e lo precede. Qui Cristo si commuove e apre a chi lo cerca i tesori del suo Cuore (cfr. Mc 6,30-34). La notte è perciò l’unico tempo di preghiera che Lui riesce a ricavarsi senza interruzioni.

I momenti più importanti e più determinanti dell’attività apostolica di Gesù sono scanditi dalla preghiera. Il Vangelo di Luca sottolinea la preghiera di Gesù nel battesimo e nella trasfigurazione, due grandi momenti teofanici che Cristo vive immerso nella preghiera e astratto dal mondo (cfr. Lc 3,21 e 9,28-29). Certe esperienze forti, insomma – quei momenti di incontro con Dio che sono orientati alla nostra crescita -, non possono essere vissute dal cristiano con l’animo distratto o svagato, o assente. Cristo stesso si è concentrato e ha messo in fuga distrazioni e superficialità nel giorno del suo battesimo e della sua trasfigurazione, quando il Padre lo ha accreditato dinanzi agli uomini come testimone verace.Un altro momento cardine del ministero pubblico di Cristo è la scelta dei Dodici. Anche in questa circostanza Egli ha voluto sprofondarsi nella preghiera prima di prendere una decisione così importante e determinante per la vita della Chiesa: “In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a Sé i suoi discepoli e ne scelse dodici” (Lc 6,12-13). Non c’è dubbio che il cristiano debba sentirsi interpellato dinanzi a questo quadro: le svolte della vita, le grandi decisioni e le scelte definitive non possono essere prese nel rumore e nel trambusto della vita quotidiana, né possono prescindere da una consultazione del Signore nel silenzio e nella preghiera prolungata.Come già dicevamo, nella preghiera personale di Gesù troviamo sia la preghiera di lode che quella di intercessione. La sua preghiera di lode è riportata in Lc 10,21: “In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode Padre… che hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. La preghiera di lode di Gesù non è di origine cerebrale, intellettuale, ma non è neppure frutto di un moto sentimentale: si tratta di una esultanza nello Spirito Santo. Può giungere alla preghiera di lode solo chi giunge a provare la gioia dello Spirito, ossia a percepire intimamente che ciò che Dio comanda e vuole è qualcosa di meraviglioso che riempie di stupore; chi pensa che il Vangelo contiene una serie di idee belle e buone non è ancora arrivato a scoprire questa esultanza; essa non si prova dinanzi alle cose belle e buone, ma solo dinanzi alle cose divine. Chi arriva a sentire dentro di sé che il Vangelo è divino, che il modo di essere uomo personificato da Cristo è divino, che la Parola che risuona nella Chiesa non è solo “moralmente buona” ma è divina, allora costui può giungere alla preghiera di lode, che esprime l’esultanza dell’animo riempito di stupore dinanzi alla bellezza divina del Cristo.La preghiera di intercessione di Gesù è riportata da Lc 22,31: “Simone, Simone, satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede”. Poco prima di essere arrestato, Gesù prepara l’Apostolo Pietro non solo avvertendolo della bufera che sta per scatenarsi, ma soprattutto pregando per lui così che la sua fede non venga annullata dalla persecuzione. Sarà infatti Pietro il punto di riferimento della comunità postpasquale e il kerygma cristiano comincerà proprio con lui nel giorno di Pentecoste (cfr. At 2).

L’altra grande preghiera di intercessione è quella riportata da Gv 17, dove Gesù, prima di essere arrestato, prega per la Chiesa che nascerà dalla predicazione apostolica e chiede al Padre di conservarla nell’unità della Trinità.


06/03/2006 17:32
 
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Re:

Scritto da: Regin 06/03/2006 1.07
La contemplazione:


la bellezza di poter veder Dio con gli occhi chiusi;
ascoltarlo nel silenzio;
toccare Lui senza forma;
parlare senza dire niente;
essere nel tempo vivendo l'infinito;
amare perdendosi nell'amante.



Sono commosso...



... e non trovo faccine che piangono (uffa!)
"Wait for me now. I will be there for you. This I will vow if you still want me to. But it won't be, this I have always known. And in the dark, there's no one to pray for me now...."
06/03/2006 18:05
 
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Re: Re:

Scritto da: Il Mendicante 06/03/2006 17.32


Sono commosso...



... e non trovo faccine che piangono (uffa!)



non è proprio una faccina....



ma mi sembra indicata
07/03/2006 21:19
 
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Re: Re:

Scritto da: Il Mendicante 06/03/2006 17.32


Sono commosso...





ah...poeta ...ora ho capito...



07/03/2006 21:43
 
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Re:

Scritto da: Regin 06/03/2006 1.07
La contemplazione:


la bellezza di poter veder Dio con gli occhi chiusi;
ascoltarlo nel silenzio;
toccare Lui senza forma;
parlare senza dire niente;
essere nel tempo vivendo l'infinito;
amare perdendosi nell'amante.



--Da qui parte la firma!--
Per un relativista 1+1=3 per valori molto grandi di 1
Che Dio ti raddoppi tutto quello che mi auguri ^_^
08/03/2006 00:14
 
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Bellissimo! [SM=g27821]
RATZI FOREVER

Suor RATZGIRL
Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
08/03/2006 01:23
 
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L'atto di abbandono
Don Dolindo Ruotolo, sacerdote napoletano vissuto e morto in concetto di santità, ha scritto questo insegnamento sull'abbandono in Dio ispiratogli da Gesù stesso.


Perché vi confondete agitandovi?

Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà.

Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.

Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi e cambiare così l'agitazione in preghiera.

Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero della tribolazione, e rimettersi a me perché io solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, all'altra riva.

Quello che vi sconvolge e vi fa un male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi aflligge.

Quante cose io opero quando l'anima, nelle sue necessità spirituali e in quelle materiali, si volge a me, mi guarda, e dicendomi “Pensaci Tu” chiude gli occhi e riposa!

Avete poche grazie quando vi assillate per produrle; ne avete moltissime quando la preghiera è un affidamento pieno a me.

Voi nel dolore pregate perché lo tolga, ma perché lo tolga come voi credete...

Vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma che gliela suggeriscono.


Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater:
“sia santificato il tuo nome”, cioè sii glorificato in questa mia necessità
“venga il tuo regno”, cioè tutto concorra al Tuo regno in noi e nel mondo
“sia fatta la tua volontà”, ossia pensaci Tu.

Io intervengo con tutta la mia onnipotenza, e risolvo le situazioni più chiuse.
Ecco, tu vedi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: "Sia fatta la Tua Volontà, pensaci Tu". Ti dico che io ci penso, e che intervengo come medico, e compio anche un miracolo quando occorre.

Tu vedi che l'infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e dì: “Pensaci Tu”. Ti dico che io ci penso.

È contro l'abbandono la preoccupazione, l'agitazione e il voler pensare alle conseguenze di un fatto. È come la confusione dei fanciulli quando pretendono che la mamma pensi alle loro necessità, e vogliono pensarci loro, intralciando con le loro idee e i loro capricci infantili il suo lavoro.

Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia, chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare, chiudete gli occhi e non pensate al momento presente, stornate il pensiero dal futuro come da una tentazione.

Riposate in me credendo alla mia bontà, e vi giuro per il mio amore che, dicendomi con queste disposizioni: “Pensaci Tu”, io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero vi conduco. E quando debbo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi, io vi addestro, vi porto nelle mie braccia, poiché non c'è medicina più potente di un mio intervento di amore.

Ci penso solo quando chiudete gli occhi. Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare, e vi abbandonate così alle forze umane, o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. È questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come io desidero da voi questo abbandono per beneficarvi e come mi accoro nel vedervi agitati!

Satana tende proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda delle iniziative umane.

Confidate perciò in me solo, riposate in me, abbandonatevi a me in tutto.

Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in me, e del nessun affidamento in voi: io spargo tesori di grazie quando voi siete nella piena povertà!

Se avete vostre risorse, anche in poco, o se le cercate, siete nel campo naturale, seguite quindi il percorso naturale delle cose che è spesso intralciato da Satana.

Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi.

Opera divinamente chi si abbandona a Dio.

Quando vedi che le cose si complicano, dì con gli occhi dell'anima chiusi: “Gesù, pensaci Tu”. E distraiti, perché la tua mente è acuta... per te è difficile vedere il male.

Confidare in me spesso, distraendoti da te stesso: fa’ così per tutte le tue necessità, fate così tutti, e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli. Ve lo giuro per il mio Amore. Io ci penserò, ve lo assicuro.

Pregate sempre con questa disposizione di abbandono, e ne avrete grande pace e grande frutto, anche quando io vi faccio la grazia dell'immolazione di riparazione e di amore che impone la sofferenza. Ti sembra impossibile?

Chiudi gli occhi e dì con tutta l'anima “Gesù, pensaci Tu”. Non temere ci penso io. E tu benedirai il tuo nome umiliando te stesso.

Le tue preghiere non valgono un patto di fiducioso abbandono; ricordatelo bene.

Non c'è novena più efficace di questa: “O Gesù, mi abbandono in Te, pensaci Tu”

Abbandonati al mio cuore... e vedrai. Voglio che tu creda nella mia onnipotenza, e non nella tua azione, voglio che tu cerchi di mettere in azione Me, non te negli altri.

Tu cerca la mia intimità, esaudisci il mio desiderio di averti, di arricchirti, di amarti come voglio.

Lasciati andare, lasciami riposare in te, lasciami sfogare su di te continuamente la mia onnipotenza.

Se tu rimarrai vicino a me e non ti preoccuperai di fare per conto tuo, di correre per uscire, per dire di avere fatto, mi dimostrerai che credi nella mia onnipotenza e io lavorerò intensamente con te quando parlerai, andrai, lavorerai, starai in preghiera o dormirai perché “ai miei diletti dò il necessario anche nel sonno” (salmo 126).

Se starai con Me senza voler correre, né preoccuparti di cosa alcuna per te, ma la rimetterai con totale fiducia a Me, Io ti darò tutto quello che ti necessita, secondo il mio disegno eterno.

Ti darò i sentimenti che voglio da te, ti darò una grande compassione verso il tuo prossimo e ti farò dire e fare quello che Io vorrò. Allora la tua azione verrà dal mio Amore.

Io solo, non tu con tutta la tua attività, potrò fare dei figli nuovi, che nascono da Me.

Io ne farò tanti di più quanto più tu vorrai essere un vero figlio quanto il mio Unigenito, perché lo sai che "se farai la Mia Volontà mi sarai fratello, sorella e madre" per generarmi negli altri, perché Io produrrò nuovi figli, servendomi di veri figli.

Quello che tu farai per riuscire è tutto fumo in confronto a quello che faccio Io nel segreto dei cuori per quelli che amano. “Rimanete nel Mio Amore.. se rimarrete in Me e rimangono in voi le mie parole, chiedete quello che volete e vi sarà dato” (Gv 15).



08/03/2006 19:03
 
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Preghiera sul Golgota
Tra il Getsemani e il Golgota



La preghiera di Gesù raggiunge il vertice nel momento più delicato e drammatico della sua vita terrena: le ore oscure della Passione. Qui Gesù prega per ottenere dal Padre la forza di attraversare quel mare di odio che stava per riversarglisi addosso. Il messaggio è abbastanza chiaro anche per il cristiano: se è importante la preghiera nelle svolte e nelle grandi decisioni della vita, lo è soprattutto nella svolta più grande che è rappresentata dall’esperienza del dolore e dalla prossimità della morte. Cristo prega non solo in prossimità della morte, ma anche nelle ore lunghe dell’agonia, prima di perdere conoscenza.Nel Getsemani, Gesù vuole la compagnia di tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. A loro chiede un particolare tipo di preghiera, che consiste semplicemente nel rimanere accanto a Lui: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con Me” (Mt 26,38). Cristo non chiede loro particolari formule da recitare, non chiede la proclamazione di qualche Salmo, ma semplicemente di restare con Lui. Restare e vegliare, ossia offrirgli una presenza non distratta ma attenta, concentrata sulla sua divina Persona. E’ in sostanza la preghiera di semplice sguardo che si fa davanti all’Eucaristia; una preghiera senza parole, ma carica di attenzione, dove la tensione del cuore è tutta nello sguardo.La preghiera di Gesù nel Getsemani è una preghiera essenziale, fatta di poche parole: “Se è possibile passi da Me questo calice! Però non come voglio Io, ma come vuoi Tu” (Mt 26,39). Queste stesse parole Gesù le ripete più volte (cfr. Mt 26,44); è quindi possibile che, in momenti particolarmente intensi, la preghiera del cristiano si componga anche di poche e brevi frasi, ripetute più volte. Come vedremo, Gesù mette esplicitamente in guardia i suoi discepoli dalla pratica di una preghiera parolaia, che non giunge di fatto al cuore di Dio. Serve solo a ingolfare la vita interiore del discepolo con le molte parole e i ragionamenti non necessari.Gesù prega soprattutto mentre sulla croce sente che la vita a poco a poco gli sfugge. La sua preghiera è una preghiera di richiesta di perdono per tutti coloro che lo hanno colpito: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Ma è anche una preghiera di infinita fiducia in Colui che lo ha abbandonato (cfr. Mc 15,34) nelle mani dei nemici: “Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito” (Lc 23,46). Anche qui c’è un intero programma per il cristiano, che non può giungere impreparato alla morte, né farne l’esperienza senza immedesimarsi profondamente nel mistero della croce. E ciò non può avvenire se non nella preghiera.

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