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San Benedetto: La Santa Regola

Ultimo Aggiornamento: 14/03/2007 09:22
03/03/2006 14:28
 
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Un piccolo omaggio al Santo Patrono d’Europa e, indirettamente, al nostro Papa, qui sibi nomen imposuit Benedicti XVI anche per la sua particolare devozione a San Benedetto da Norcia, come egli stesso ha avuto occasione di spiegarci nel corso della prima udienza generale in Piazza S. Pietro lo scorso 27 aprile 2005.

“Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande “Patriarca del monachesimo occidentale”, san Benedetto da Norcia, compatrono d’Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell’Ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il Continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d’origine; costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà.
Di questo Padre del Monachesimo occidentale conosciamo la raccomandazione lasciata ai monaci nella sua Regola: “Nulla assolutamente antepongano a Cristo” (Regola 72,11; cfr 4,21). All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a san Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività!”


La Santa Regola nel testo originale latino (con italiano a fronte, tranquilli [SM=g27827]: [SM=g27827]: [SM=g27827]: !!!).



Codice Sangallese 914 - Inizio del capitolo 43 della Regola


03/03/2006 14:57
 
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06/03/2006 10:32
 
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Attualità di San Benedetto

Tratti dal sito www.ora-et-labora.net (una vera miniera di materiale su San Benedetto e il Monachesimo Occidentale! [SM=x40799] ) posto il link a due articoli che ci aiutano a leggere la Regola Benedettina non come un reperto archeologico e nemmeno un’icona del “buio” Medioevo, ma che ci fanno scorgere in essa la luce di un umanesimo che anche per noi, oggi, può significare qualcosa di bello e importante da vivere e da apprezzare.




Dalla storia passata alla storia futura, per una nuova Europa

L'idea benedettina dell'uomo e la sua attualità



Del resto, se la mentalità, lo stile di vita, i valori di San Benedetto abbiano una loro attualità ce lo ha spiegato anche lo stesso Joseph Ratzinger quando, ancora Cardinale, alla vigilia della morte di Papa Giovanni Paolo II ha pronunciato queste parole nel corso della conferenza tenuta il 1º aprile 2005 a Subiaco, al Monastero di Santa Scolastica, per la consegna all’autore del Premio San Benedetto "per la promozione della vita e della famiglia in Europa"


“Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli. Le raccomandazioni ai suoi monaci poste alla fine della sua regola, sono indicazioni che mostrano anche a noi la via che conduce in alto, fuori dalle crisi e dalle macerie. "Come c’è uno zelo amaro che allontana da Dio e conduce all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. È a questo zelo che i monaci devono esercitarsi con ardentissimo amore: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza a vicenda le loro infermità fisiche e morali… Si vogliano bene l’un l’altro con affetto fraterno… Temano Dio nell’amore… Nulla assolutamente antepongano a Cristo il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna" (capitolo 72)”.


07/03/2006 13:31
 
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La "Regula Benedicti" nel mondo.
Una pagina di utilissimi LINKS per leggere la Regola Benedettina in altre lingue.


[SM=g27821] [SM=g27821] [SM=g27821]

[Modificato da Discipula 07/03/2006 13.32]

09/03/2006 22:43
 
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Monasteri benedettini in Italia e nel mondo
Per chi fosse interessato a visitarli ecco un elenco dei principali monasteri benedettini in Italia

Sul sito ufficiale dell'ordine benedettino con l'atlas search è invece possibile fare una ricerca a livello mondiale di ogni monastero

Buon viaggio! [SM=g27822]
11/03/2006 21:43
 
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"Dieta" benedettina
I precetti alimentari nella Santa Regola

E' il titolo di una interessante tesi di Laurea discussa nel 2001 dalla Dott.ssa Anna Ferrero (relatore prof. Giuseppe Gullino) all'Università degli studi di Torino e ci aiuta ad approfondire un aspetto apparentemente secondario della Regola di San Benedetto.

Possiamo carpire i segreti della "dieta" monastica benedettina a questo link

Scopriremo che anche in questo aspetto così "ordinario" della vita del monaco, nella prescrizione di un digiuno senza estremismo, senza la richiesta di rinunce e sforzi sovrumani tipici ad esempio degli asceti orientali, con l'adattamento delle abitudini alimentari alle condizioni climatiche a ai lavori nei campi che segnavano la vita del monaco, la Santa Regola di San Benedetto si rivela ancora una volta "pensata da un uomo rivolta ad altri uomini di cui ben conosce la natura, le debolezze, le necessità. E’ destinata alla gente comune che vive una vita qualunque, non è scritta per mistici o eremiti; essa venne scritta per fornire un modello di crescita spirituale all’uomo medio intenzionato a vivere un’esistenza che andasse oltre la superficialità o l’indifferenza. E’ scritta per quanti hanno una profonda sensibilità e un serio interesse spirituale e non cercano di mettersi in cammino per fuggire dal proprio mondo, ma per infondere la visione di Dio nelle loro scelte etiche".





14/03/2006 07:52
 
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THANKS SOOOOOO MUCH!!!
[SM=g27811] [SM=g27811] I've been looking for info about monasteries [SM=g27811] [SM=g27811] I'm looking forward to spending a vacation w/ nuns/monks; a few years ago I visited and fell in love with Franciscan missions in California and of course I became even more interested in Benedict since Ratzinger became B16! [SM=g27823] [SM=g27823]

[SM=g27811] Keep up the good work [SM=g27811]
14/03/2006 14:08
 
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Re: THANKS SOOOOOO MUCH!!!

Scritto da: Catobsessed 14/03/2006 7.52
[SM=g27811] [SM=g27811] I've been looking for info about monasteries [SM=g27811] [SM=g27811] I'm looking forward to spending a vacation w/ nuns/monks; a few years ago I visited and fell in love with Franciscan missions in California and of course I became even more interested in Benedict since Ratzinger became B16! [SM=g27823] [SM=g27823]

[SM=g27811] Keep up the good work [SM=g27811]



I am flattered [SM=g27821] ! Thanks for your kind words of encouragement, I'll surely keep up this work delving into St. Benedict's Rule and Benedictine Monasteries, actually I am also about to open a thread concerning St. Francis of Assisi, in case you are interested after your visiting the Franciscan Missions in California and falling for them [SM=g27823] , but the opening of the topic will take me some more time since I still have to collect missing information and do further research. Bye bye. [SM=g27822]

[SM=x40801]
14/03/2006 22:49
 
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Excellent! Take your time with the Franciscans...:))))))))
Just wanted to leave an interesting link, so you'll understand why I fell in love with [SM=g27836] life on a franciscan mission in that unforgettable heavenly beautiful setting [SM=g27836]

www.californiamissions.com/cahistory/santabarbara.html
17/03/2006 14:24
 
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Vita di San Benedetto






I Dialoghi di San Gregorio Magno ed, in particolare, il Secondo Libro dell'opera, sono praticamente l'unica fonte che ci faccia conoscere la vita di San Benedetto.

Scritta verso la fine del 593 d.C., in una Roma assediata dai longobardi, la biografia di San Benedetto poggia sulla testimonianza di quattro abati, che Gregorio cita all'inizio dell'opera. Due di loro, Costantino e Simplicio, furono i successori di Benedetto a Montecassino. Un altro, Valentiniano, un tempo monaco dello stesso monastero, era stato a lungo superiore di una comunità romana costituita vicino al Laterano, residenza dei papi. Quanto all'ultimo, Onorato, era ancora vivo e dirigeva i monaci di Subiaco.


Completato da altri due testimoni, questo gruppo d'informatori ha fornito abbondante materia che il narratore ha ordinato a modo suo e costellato di riflessioni spirituali spesso mirabili. Ma per leggere con profitto questa Vita, non bisogna cercarvi quello che i nostri gusti di persone moderne ci fanno istintivamente desiderare: un ritratto individuale che mostri una personalità originale e un destino particolare. Ciò che interessa Gregorio e i suoi contemporanei non è questa fisionomia singolare dell'uomo Benedetto, ma al contrario i tratti comuni che fanno di lui un santo ordinario, per così dire, un santo di modello corrente, in tutto simile ai grandi uomini di Dio della Bibbia.

Di questa figura dall'aspetto biblico, uno dei tratti più evidenziati è il dono dei miracoli. E’ un problema per noi, uomini del XX secolo, abituati dalla scienza moderna a escludere ogni infrazione alle « leggi » della natura. Eppure è nella linea della Scrittura e dei vangeli che i nostri padri nella fede credevano volentieri a questi fatti straordinari, nei quali si manifesta la potenza invisibile di Dio. Come l'insieme dei Dialoghi, la Vita di Benedetto racconta a ogni pagina qualche miracolo, ed è percorrendo questa collezione di prodigi che si scopre l'itinerario spirituale del santo.


Leggere la Vita di Benedetto, come stiamo per fare, non è dunque far conoscenza solo con un personaggio eminente, modello di santità per tutti i tempi, ma anche con un'epoca passata della storia della Chiesa, un periodo del cristianesimo che non è quello presente. Il nostro arricchimento può essere grande, se ascoltiamo con rispetto questa voce del passato che a volte ci sconcerta, ma che è tuttavia, lo sappiamo, quella di Cristo e del suo Spirito che parlano attraverso un'umanità scomparsa.

Fonte www.ora-et-labora.net

18/03/2006 14:16
 
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St. Benedict's Biography
[For our Anglophone friends [SM=g27823] a short account of St.Benedict's life and a link to his biography written by St. Gregory The Great].

"Tradition teaches that St. Benedict lived from 480 to 547, though we cannot be sure that these dates are historically accurate. His biographer, St. Gregory the Great, pope from 590 to 604, does not record the dates of his birth and death, though he refers to a Rule written by Benedict. Scholars debate the dating of the Rule though they seem to agree that it was written in the second third of the sixth century.

Saint Gregory wrote about St. Benedict in his Second Book of Dialogues but his account of the life and miracles of Benedict cannot be regarded as a biography in the modern sense of the term. Gregory's purpose in writing Benedict's life was to edify and to inspire, not to seek out the particulars of his daily life. Gregory sought to show that saints of God, particularly St. Benedict, were still operative in the Christian Church in spite of all the political and religious chaos present in the realm. At the same time it would be inaccurate to claim that Gregory presented no facts about Benedict's life and works.

According to Gregory's Dialogues Benedict was born in Nursia, a village high in the mountains northeast of Rome. His parents sent him to Rome for classical studies but he found the life of the eternal city too degenerate for his tastes. Consequently he fled to a place southeast of Rome called Subiaco where he lived as a hermit for three years tended by the monk Romanus.

He was then discovered by a group of monks who prevailed upon him to become their spiritual leader. His regime soon became too much for the lukewarm monks so they plotted to poison him. Gregory recounts the tale of Benedict's rescue; when he blessed the pitcher of poisoned wine, it broke into many pieces. Thereafter he left the undisciplined monks.

Benedict left the wayward monks and established twelve monasteries with twelve monks each in the area south of Rome. Later, perhaps in 529, he moved to Monte Cassino, about eighty miles southeast of Rome; there he destroyed the pagan temple dedicated to Apollo and built his premier monastery. It was there too that he wrote the Rule for the monastery of Monte Cassino though he envisioned that it could be used elsewhere.

The thirty-eight short chapters of the Second Book of Dialogues contain accounts of Benedict's life and miracles. Some chapters recount his ability to read other persons' minds; other chapters tell of his miraculous works, e.g., making water flow from rocks, sending a disciple to walk on the water, making oil continue to flow from a flask. The miracle stories echo the events of certain prophets of Israel as well as happenings in the life of Jesus. The message is clear: Benedict's holiness mirrors the saints and prophets of old and God has not abandoned his people; he continues to bless them with holy persons.

Benedict is viewed as a monastic leader, not a scholar. Still he probably read Latin rather well, an ability that gave him access to the works of Cassian and other monastic writings, both rules and sayings. The Rule is the sole known example of Benedict's writing, but it manifests his genius to crystalize the best of the monastic tradition and to pass it on to the European West.

Gregory presents Benedict as the model of a saint who flees temptation to pursue a life of attention to God. Through a balanced pattern of living and praying Benedict reached the point where he glimpsed the glory of God. Gregory recounts a vision that Benedict received toward the end of his life: In the dead of night he suddenly beheld a flood of light shining down from above more brilliant than the sun, and with it every trace of darkness cleared away. According to his own description, the whole world was gathered up before his eyes "in what appeared to be a single ray of light" (ch. 34). St. Benedict, the monk par excellence, led a monastic life that reached the vision of God".

From The Modern Catholic Encyclopedia (A Michael Glazier Book), The Liturgical Press (1995) 78-79


[SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822]

[Modificato da Discipula 18/03/2006 14.23]

[Modificato da Discipula 18/03/2006 14.23]

21/03/2006 13:30
 
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21 marzo
Non dimentichiamoci che oggi, primo giorno di primavera, ricorre anche la tradizionale festa di San Benedetto!

Benedetto è uno dei santi universalmente più amati e venerati. Per i vari aspetti della sua vita e della sua dottrina è invocato con diversi titoli: tra l'altro come santo dell' Opus Dei, come santo del lavoro, come Padre d'Europa. Nel 1957 Pio XII lo ha dichiarato patrono degli speleologi, poi degli architetti e degli ingegneri italiani. Riconosciuto santo della pace e insigne costruttore dell'ordine sociale, ogni anno raccoglie intorno alla sua tomba i vincitori ed i vinti dell'ultima guerra, pellegrini di tutte le nazioni già belligeranti, che presso di lui proclamano propositi di cristiano amore tra i popoli ed accendono le cosiddette Lampade della Fraternità.

La festa più antica relativa a s. Benedetto è il 21 marzo, che cadendo sempre in quaresima, quando l'uso liturgico romano cercava di evitare feste di santi, non può spiegarsi se non come riconosciuto e ormai festeggiato "dies natalis" per gli ordini monastici. Di questa festa si ha notizia nei più antichi calendari cassinesi e nel Calendario marmoreo di Napoli del sec. VIII. La Chiesa universale celebra s. Benedetto l'11 luglio, ma agli ordini monastici fu lasciata la possibilità di conservare la data originaria del 21 marzo, giorno della morte del Santo secondo la tradizione.


[SM=x40792] [SM=x40792] [SM=x40792]
23/03/2006 13:44
 
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I Giorni di San Benedetto

L'abbazia di Montecassino al centro dell'Europa.

Un interessante ARTICOLO di Alessandro Renzo ci illustra le manifestazioni culturali che si sono svolte dall'11 al 21 marzo per celebrare il patrono d'Europa.


L’attualità dell’insegnamento di San Benedetto si irradia con grande intensità dai luoghi del suo passaggio e del suo magistero, a cominciare dall’abbazia di Montecassino. Il monastero benedettino ogni anno rinnova l'interesse e la riflessione sulla figura del santo patrono d'Europa con le celebrazioni de I Giorni di San Benedetto dall’11 al 21 marzo. Il luogo continua ad essere così una "piccola società ideale" costruita sui valori dell’integrazione di ogni singola persona. Un modello che sintetizza da sempre la vocazione di un intero continente, di quell’Europa di cui San Benedetto è il patrono.

"L’Europa nuova sarà un’Europa libera; la libertà non è un regalo, è un dovere e un diritto che non ammette condizionamenti ideologici. Con il Vangelo, San Benedetto vuole uomini liberi e semplici, accoglienti e disponibili" (Reginald Gregoire).




la fiaccola benedettina entra nell'abbazia di Montecassino
09/05/2006 22:50
 
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La medaglia di San Benedetto
Nella discussione Maligno e Malefici possiamo trovare la spiegazione del significato e del potere esorcistico della medaglia di San Benedetto.

Grazie Regin! [SM=g27811]
09/05/2006 23:33
 
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Santa Scolastica

Ho visto inoltre che Black Dahlia, nella discussione DONNE NELLA CHIESA ha postato un link per ricordare Santa Scolastica, sorella di San Benedetto.

Ricordiamola anche in questo topic, grazie Black Dahlia! [SM=g27811]
10/05/2006 08:53
 
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Ancora su Santa Scolastica



SANTA SCOLASTICA
480-543 ca


Estratto da "Monachesimo benedettino femminile" a cura di Anna Maria Cànopi
- edito dall'Abbazia San Benedetto - Seregno (MI)


«Poté di più colei che amò di più»
Dialoghi, 11, 33


"La sua sorella di nome Scolastica, consacrata al Signore onnipotente fin dalla più tenera età, soleva fargli visita una volta all'anno. L'uomo di Dio scendeva ad incontrarla in una dipendenza del monastero, non molto lontano dalla porta. Un giorno, dunque, come di consueto ella venne, e il suo venerabile fratello, accompagnato da alcuni discepoli, scese da lei. Trascorsero l'intera giornata nella lode divina e in colloqui spirituali, e quando ormai stava per calare l'oscurità della notte, presero cibo insieme. Sedevano ancora a mensa conversando di cose sante, e ormai s'era fatto tardi, quando la monaca sua sorella lo supplicò dicendo: «Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste». Ma egli le rispose: «Che dici mai, sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal monastero».
Il cielo era di uno splendido sereno: non vi si scorgeva neppure una nuvola.
Udito il rifiuto del fratello, la monaca pose sulla mensa le mani intrecciando le dita e reclinò il capo su di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò la testa, si scatenarono tuoni e lampi cosi violenti e vi fu un tale scroscio di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui poterono metter piede fuori della casa in cui si trovavano. La vergine consacrata, reclinando il capo sulle mani, aveva sparso sulla mensa un tale fiume di lacrime da volgere in pioggia, con esse, il sereno del cielo. E la pioggia torrenziale non seguì di qualche tempo la sua preghiera, ma fu ad essa simultanea, a tal punto che mentre ancora la donna alzava il capo dalla tavola, già scoppiava il tuono; tutto avvenne nel medesimo istante; col sollevare del capo la pioggia incominciò a scrosciare.
L'uomo di Dio, vedendo che in mezzo a tali lampi, tuoni e tanta inondazione d'acqua non poteva affatto ritornare al monastero, cominciò a rammaricarsene e, rattristato, le disse:
«Dio onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?». Ma ella rispose: «Vedi, io ti ho pregato, e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero».
Ma egli, non potendo uscire dal coperto, fu costretto a rimanere suo malgrado là dove non aveva voluto fermarsi di sua spontanea volontà.
Passarono cosi tutta la notte vegliando e saziandosi reciprocamente di sante conversazioni concernenti la vita dello spirito.
Per questo ti avevo detto che vi fu qualcosa che l'uomo di Dio, pur volendolo, non poté ottenere. Se infatti consideriamo la sua intenzione, appare in tutta evidenza il suo desiderio che il cielo si mantenesse sereno come quando era sceso dal suo monastero. Ma contrariamente a quanto desiderava, egli si trovò davanti a un miracolo operato per la potenza di Dio dal cuore ardente di una donna. E non c'è da meravigliarsi se in quell'occasione poté di più la sorella, che desiderava trattenersi più a lungo con lui. Secondo la parola di Giovanni, infatti, Dio è amore; per giustissimo giudizio, dunque, poté di più colei che amò di più (SAN GREGORIO MAGNO, Dialoghi, libro II, c. 33).
Il volto di santa Scolastica è per sempre scolpito da queste ultime parole del racconto di san Gregorio Magno: «... quia enim juxta Johannis vocem, Deus caritas est, justo valde judicio illa plus potuit, quae amplius amavit». Poté di più, presso Dio, colei che amò di più. Amore e preghiera e desiderio del Cielo costituiscono il fascino spirituale di questa donna che, secondo la tradizione, fu sorella gemella del grande patriarca dei monaci d'Occidente, Benedetto da Norcia.
«Consacrata a Dio onnipotente fin dall'infanzia», la troviamo - al tramonto della sua santa esistenza - in un monastero di sanctimoniales nelle vicinanze di Montecassino, all'ombra, quindi, del grande fratello di cui certamente osservano la Regola.
Null'altro sappiamo al di fuori di questo e di quanto san Gregorio Magno dice nel capitolo 34° del secondo libro dei Dialoghi, cioè che dopo tre giorni da quel prolungato incontro (c. 33), san Benedetto, stando alla finestra della sua cella, vide l'anima della sorella Scolastica, in forma di colomba, penetrare nelle altezze dei cieli.
L'esordio della vita e della vocazione di Scolastica lo si può, quindi, rintracciare seguendo le orme del fratello. Se veramente furono gemelli anche per nascita naturale, quale sarà stato il loro crescere insieme nell'ambito della famiglia, in quella cittadina umbra, dolcemente adagiata nel verde e tutta pervasa di religioso senso della vita?
Nata verso il 480, Scolastica è - come il fratello - fin dalla fanciullezza attratta verso la vita interamente consacrata a Dio. E' probabile che la risoluta partenza di Benedetto l'abbia spinta a seguirlo in una forma di vita consona alla sua indole e al suo ideale cristiano. Perciò l'indistruttibile legame di sangue esistente tra lei e Benedetto divenne ancor più forte e definitivo nella comune vocazione che li rendeva uno in Cristo per l'eternità.
La nativa Norcia, dunque, la famiglia satura di fede e aperta ai progetti di Dio plasmarono l'animo di Scolastica, preparandola a quell'austera e insieme serena vita monastica che san Benedetto propone con la sua Regola ai più generosi seguaci di Cristo.
Per questo non ci sembra arbitrario fare in certo modo una rilettura della «santa Regola» attraverso la figura stessa di santa Scolastica quale traspare dall'unico episodio - unico, ma assai emblematico! - che della sua vita ci è rimasto.
Notiamo anzitutto la «consuetudine» dei due fratelli di vedersi una volta all'anno. Forse - e ci piace pensarlo - nel tempo pasquale per la gioia di incontrarsi nella luce del Signore risorto.
In quest'ultimo incontro, la sorella è quanto mai avida di stare con il fratello per parlare delle gioie del cielo; ma deve premere su Benedetto ligio alla norma che prevedeva il rientro in monastero prima di sera. Scolastica compie un prodigio in forza dell'intensità del suo amore e della sua preghiera. E' un miracolo che si iscrive sotto il segno della gratuità, quasi come quello ottenuto da Maria alle nozze di Cana, per prolungare la gioia conviviale.
San Benedetto nella Regola per i monaci dà il primato alla ricerca di Dio - Si revera Deum quaerit...(Se veramente cercano Dio) (RB 5 8, 7), all'amore di Cristo - Nihil amori Christi praeponere (Nulla anteporre all'amore di Cristo) (RB 4, 2 1), e conseguentemente alla preghiera - Nihil Operi Dei praeponatur (Niente venga anteposto all'Opera di Dio) (RB 43, 3). Scolastica realizza pienamente la sua vita in questo senso. Giunta ormai in vista della meta, altro non desidera che Dio, la comunione con lui nella luce del suo Regno. E' di questo che desidera ardentemente parlare con il santo fratello supplicandolo: «Ti prego... rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste».
Non stava forse anche scritto nella Regola: «Desiderare con tutto l'ardore dell'animo la vita eterna»? (RB 4, 46). Il forte affiato escatologico che caratterizza la spiritualità della Regola benedettina raggiunge in questa santa monaca la massima intensità. Traspare inoltre da questo unico episodio la consuetudine che Scolastica aveva alle sante veglie di meditazione e di preghiera. Proprio la preghiera, sgorgante da un cuore puro e ardente, è la forza con la quale la sorella vince.. la sfida con il fratello, più attento all'austera disciplina. Ma anche questa, anche la preghiera di Scolastica è la realizzazione splendida e fedele di quanto Benedetto ha proposto nella sua Regola: «... non dobbiamo forse elevare con tutta umiltà e sincera devozione la nostra supplica a Dio, Signore dell'universo? E rendiamoci ben consapevoli che non saremo esauditi per le nostre molte parole, ma per la purezza del nostro cuore e la compunzione fino alle lacrime» (RB 20, 2-3). Con l'intensità della sua supplica e l'abbondanza delle sue lacrime, Scolastica ottiene dal Signore dell'universo un repentino mutamento di atmosfera. La pioggia scrosciante impedisce a Benedetto di ripartire e dona a Scolastica la gioia di rimanere più a lungo con lui per pregustare, nella contemplazione, le gioie del cielo.
Per essere pervenuta a tale intensità di vita interiore e di preghiera da poter essere esaudita dal Signore all'istante e oltre misura, la santa sorella del patriarca dei monaci aveva certamente compiuto un generoso e alacre cammino di fede, di umiltà, di povertà, di obbedienza, di carità, di essenzialità e di unificazione interiore. Aveva vissuto fedelmente la vocazione monastica secondo le direttive della Regola di Benedetto e «per ducatum evangelii» si era lasciata condurre là dove l'unica legge è quella dello Spirito che è amore e libertà.
Colpisce, nel racconto dei Dialoghi, la personalità di Scolastica. E' veramente donna, con tutte le caratteristiche della femminilità: dolcezza e affettività, costanza e persino audacia nell'intento di ottenere quanto desidera; ma presenta anche una vena di simpatica ilarità, quando dal fiume di lacrime passa al radioso sorriso per il miracolo avvenuto: «Vedi - risponde al fratello rammaricato per il temporale - io ti ho pregato e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero». E' una rivincita che non dispiace certamente a Benedetto, poiché proprio lui le aveva insegnato a rivolgersi - nelle difficoltà - a Colui cui tutto è possibile (cfr. Prologo 4, 4 1; RB 68, 5). Per coloro che servono il Signore con totale dedizione si realizza la promessa: «I miei occhi saranno su di voi, le mie orecchie si faranno attente al vostro grido, e ancor prima che mi invochiate, dirò: Eccomi!» (Prol. 18). Dio obbedisce prontamente a coloro che gli hanno totalmente sottomessa la loro propria volontà.
Scolastica ha consumato la sua esistenza in assoluta fedeltà alla vocazione che le era sbocciata nel cuore fin dall'infanzia; ora, giunta alla piena maturità, dimostra di avere conservato la stessa fede semplice e sicura in un animo fresco come polla d'acqua sorgiva.
In lei si incarna splendidamente la tensione escatologica che percorre tutta la Regola benedettina. Dire Scolastica è immergere lo sguardo nelle azzurre «misteriose profondità del cielo» dove la sua anima, sotto la candida sembianza della colomba, è penetrata, attratta dalla forza dell'Eterno Amore. Così la poté contemplare - con quali occhi? - il santo padre Benedetto mentre pregava affacciato alla finestra della sua cella, specola del cielo. L'itinerario tracciato dalla Regola si era concluso per Scolastica con il «miracolo» segno della «perfetta carità» raggiunta. Carità verso Dio ardentemente desiderato, e carità verso i fratelli teneramente amati (cfr. RB 72). La preghiera - subito esaudita dal Signore - appare come il puro ed efficace linguaggio dell'Amore.
Non è forse questo il messaggio essenziale che ci viene, ancora oggi, dalla santa sorella del patriarca dei monaci d'Occidente? Perché rammaricarci di non avere di lei altre notizie per poterne scrivere una biografia? Tutto quello che ella visse prima della «santa notte» del fraterno colloquio e dell'ora del suo altissimo «volo» non poteva che essere cammino decisamente orientato alla meta, così come tutto il lavoro della radice, dello stelo e delle foglie è ordinato allo sbocciare del fiore.
Scolastica, la prima monaca benedettina, è una docilissima «scolara» alla scuola del divino servizio nella quale apprende la sapienza del cuore a tal punto da... vincere il Maestro ed arrivare prima là dove insieme, correndo, erano diretti.
San Gregorio riferisce che Benedetto volle deporre il corpo della sorella «nel sepolcro che aveva preparato per sé» sulla santa montagna di Cassino. «E così, essendo sempre stati un solo spirito in Dio, neppure i loro corpi furono separati nella sepoltura» (Dialoghi, II, 34). La comunione dei Santi inizia sulla terra, nel tempo, e si compie in cielo, nell'eternità.
Chi sale oggi - dopo quindici secoli di storia -, alla maestosa abbazia di Montecassino, non può non essere preso da un fremito di commozione nel trovarsi davanti alla tomba dei Santi fratelli che stanno all'origine di una numerosa stirpe di cercatori di Dio".


06/06/2006 10:31
 
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Perché "Ora, lege et labora?"



Il motto divenuto tradizionale per i Benedettini (ma non c'è nella Regola, né è stato coniato dai monaci, ma applicato ad essi da altri), cioè "ORA et LABORA", passa sotto silenzio la "LECTIO DIVINA", alla quale la Regola di S. Benedetto e tutta la tradizione monastica accordano una particolare attenzione.

San Benedetto, stabilendo nel capitolo 48 l'orario del monaco, distribuisce tra il lavoro e la lectio divina il tempo rimasto libero dalla preghiera. Per molto tempo, durante il periodo patristico e l'alto medioevo, la pratica della lectio divina fu continua e molto sentita tra i monaci e fuori; man mano, a partire dal sec. XII, divenne più rara e scomparve del tutto all'epoca del massimo sviluppo della "devotio moderna" (sec. XV), quando la spiritualità trovò una forma di preghiera nuova e l'orazione mentale divenne un esercizio di pietà che non si alimentava più principalmente alla Bibbia.

Tutto questo è durato fino al movimento biblico del sec. XX con il ritorno alla S. Scrittura; tra il 1940 e il 1950, con lo sviluppo del movimento liturgico francese, la formula si diffuse di nuovo largamente tra i monaci e fuori.

Il nostro tempo ha dunque riscoperto l'importanza almeno - se non ancora la pratica abituale e sapienziale - della lectio divina, soprattutto dopo la Costituzione dogmatica "Dei Verbum" sulla divina rivelazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, che è tutta nutrita di termini e di idee fornite dalla tradizione della lectio divina nelle diverse epoche; si può dire che tutta la parte finale della "Dei Verbum" ne raccomandi la pratica.

Nelle "Proposte" approvate dal Congresso degli Abati del 1967 ("La vita benedettina"), la lectio divina è presentata come una delle attività principali del monaco, insieme alla preghiera e al lavoro. Così si è tornati - almeno a livello di convinzione - alla triplice articolazione della giornata monastica: PREGHIERA - LECTIO - LAVORO.


[Estratto da "Appunti sulla Regola di S. Benedetto" di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv. - pubblicato sul sito Web del Monastero S. Vincenzo di Bassano Romano (VT) - (http://sanvincenzo.silvestrini.org)]

03/07/2006 17:11
 
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CD "benedettino"
ORA ET LABORA (storie e miracoli di San Benedetto)



MICHELE PAULICELLI

Autore di uno dei musical italiani

più seguiti degli ultimi anni

(Forza Venite Gente)

ritorna in scena con

il suo nuovo progetto musicale



ORA ET LABORA

(storie e miracoli di San Benedetto)

7 luglio

A Leno (BS)

La presentazione dal vivo

del pensiero benedettino



@ ABBAZIA DI VILLA ABBADIA – LENO (BS)

APERTURA CANCELLI H 20.15

INIZIO SPETTACOLO; H 21.15

INGRESSO, 10 EURO

INFOLINE;

www.faustinipromotion.it

030 7376675





Sono passati più di 40 anni da quando, il 24 ottobre 1964, il Papa bresciano Paolo VI dichiarò san Benedetto patrono d’Europa.

Quest’anno, in ricordo del santo, cui si è ispirato Joseph Ratzinger quando ha scelto il suo nome papale, Michele Paulicelli, già conosciuto a molti per essere l’autore di uno dei musical più seguiti degli ultimi anni (25 anni di vità, più di 2000 repliche, più di 2 milioni di persone l’hanno visto), in collaborazione con la Fondazione Dominato Leonense - gemellata all’abbazia di Montecassino, che si rifà alla regola “ora et labora”, e che sta lavorando per il recupero delle rovine dell’abbazia benedettina di Leno (BS) -, ritorna in scena con la sua nuova creatura; un CD musicale dedicato a San Benedetto.



Il titolo, ORA ET LABORA (storie e miracoli di San Benedetto), rimanda chiaramente a uno dei punti chiave del pensiero benedettino (prega e lavora, appunto).

E’ un CD in cui Michele Paulicelli è stato accompagnato da una band elettrica (in stile pop, come per il suo progetto di grande successo, Forza Venite Gente), ma anche da un’orchestra d’archi.

I testi sono stati scritti dallo storico braccio destro di Michele; Piero Castellacci.

Le musiche da Michele.

All’interno del CD anche un cameo di Nilla Pizzi, che duetta con Paulicelli.



Considerando la valenza del santo (patrono d’Europa), il disco è stato suonato da musicisti provenienti da tutta Europa, registrato a Bartenheim (Svizzera) e verrà proposto anche in versione inglese.



Il CD diventerà spettacolo itinerante e sarà presentato in anteprima venerdì 7 luglio a Leno (BS).

Non è un caso che il progetto venga presentato in anteprima in questa sede.

“La storia millenaria dell’abbazia di Leno, figlia primogenita di Montecassino, ha inciso profondamente nell’identità del nostro territorio, situato nel cuore della pianura padana – spiega Vittorio Biemmi, presidente della Fondazione Dominato Leonense, che ha supportato il lavoro di Paulicelli. “E’ una terra dove concretamente si vive e si pratica “l’ora et labora”. L’obiettivo di questo progetto è di far conoscere in modo semplice, diretto e piacevole ai giovani la figura di San Benedetto, tanto importante quanto finora poco nota”.



Lo spettacolo verrà in seguito proposto, sia in Italia che all’estero, in zone e abbazie legate alla storia dei monaci benedettini e al corso di evangelizzazione dell’Europa cui tanto San Benedetto e i suoi adepti hanno contribuito con la dedizione alla regola benedettina del “ora et labora”.



INFORMAZIONI SU “ORA ET LABORA”

UFFICIO STAMPA LUNATIK – 035 833 676 – info@lunatik.it

www.fondazionedominatoleonense.it


04/10/2006 16:53
 
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La ricchezza della liturgia benedettina

Intervista al presidente del Pontificio Istituto Liturgico di Roma

SANTO DOMINGO DE SILOS, mercoledì, 4 ottobre 2006 (ZENIT.org).- Esiste una liturgia benedettina? In una conversazione con il monaco benedettino Juan Javier Flores – presidente del Pontificio Istituto Liturgico di Roma (nell’Ateneo Pontificio Sant’Anselmo) –, ZENIT ha affrontato la questione, estremamente attuale dall’elezione di Benedetto XVI.

Padre Juan Javier Flores, dell’abbazia benedettina di Santo Domingo de Silos, ha spiegato l’influenza dei monasteri benedettini nella vita liturgica della Chiesa.

Si può parlare specificamente di una liturgia benedettina o è un’espressione inadguata?

P. Flores: Non esiste una “liturgia monastica”, come non esiste una liturgia bendettina, né è mai esistita; esiste un modo monastico o benedettino di celebrare la sacra liturgia, perché la liturgia appartiene alla Chiesa ed è pensata, attuata e vissuta per tutti i cristiani.

I monaci non si allontanano dalla liturgia della Chiesa; piuttosto se ne avvalgono e vivono di lei, visto che la liturgia appartiene alla Chiesa.

Con questo principio come base, penso che quella dei monasteri di oggi debba essere una liturgia che riflette lo spirito e la lettera dei libri liturgici rinnovati dopo la riforma liturgica.

Senza nostalgie né ritorni ad un passato romantico, i monasteri sono stati all’avanguardia del movimento liturgico e, in linea con questo, dovranno continuare ad essere luoghi in cui si celebra e si vive la liturgia di oggi con lo spirito di sempre.

La Regola di San Benedetto non ha alcuna peculiarità rispetto all’Eucaristia o al resto dei sacramenti. E’ un documento del VI secolo, quindi riflette la situazione ecclesiale del momento.

Solo per quanto riguarda l’ufficio divino – che ora chiamiamo liturgia delle ore – ha una grande peculiarità ed originalità. Nel corso del tempo e fino ad oggi, nella Chiesa latina ci sono stati due tipi di uffici, quello monastico e l’ufficio cattedrale o clericale.

L’ufficio benedettino si basa sui principi della tradizione monastica precedente, riunisce ed ordina elementi liturgici che al suo tempo vengono usati in varie chiese. Sia nel suo insieme che in innumerevoli dettagli, l’ufficio divino della Regola benedettina ha una grande originalità.

Qual è stata l’influenza dei Benedettini nella storia della liturgia?

P. Flores: I monasteri benedettini hanno avuto fin dal loro inizio un ufficio diverso dal clero diocesano e dagli altri ordini religiosi, basandosi sulla distribuzione del salterio di San Benedetto.

Il principio della Regola che si è mantenuto categoricamente nei secoli fino ad oggi è che si badi che “in tutta la settimana si reciti l'intero salterio di centocinquanta salmi” (RB 18). Bisogna ammettere che non si tratta di una – e ancor meno della – forma esistenziale della vita monastica benedettina, ma del suo modo di organizzare una cosa così importante come la preghiera comunitaria.

E bisogna anche riconoscere che la pietà monastica è stata caraterizzata dall’inizio in grande misura dalla pietà dei salmi.

Se è certo che i monasteri benedettini non devono essere musei di storia della Chiesa né di storia della liturgia, per cui non si dovrebbero trasformare in questo, è nonostante tutto legittima la speranza che si possa mantenere nei monasteri benedettini il Psalterium per hebdomadam, che ha più di 1.500 anni di tradizione, almeno nell’ufficio monastico.

I monasteri benedettini si adattano al tempo e al luogo. Potersi allontanare dal principio assunto dal monacato di recitare i 150 salmi in un modo determinato è previsto nello stesso capitolo 18 della Regola Benedettina: “se qualcuno non trovasse conveniente tale distribuzione dei salmi, li disponga pure come meglio crede” (RB 18, 22), ma – agginge San Benedetto – mantenendo il principio precedente del salterio settimanale.

Come si organizza la distribuzione dei salmi?

P. Flores: La riforma dell’ufficio divino nei monasteri benedettini si basa unicamente sul Thesaurus Liturgiæ Horarum Monasticæ, preparato da e per la Conferedazione Benedettina, in cui si presentano altri modi di distribuzione del salterio in base alle possibilità dei vari monasteri.

Le quattro possibilità che i monasteri possono scegliere sono lo schema A – o della Regola –, lo schema B – Fuglister –, che distribuisce il salterio in una o due settimane con criteri esegetici e biblici diversi da quelli che aveva San Benedetto nella sua epoca, più altri due schemi che hanno avuto meno risonanza.

Per questo, oggi i vari monasteri hanno la possibilità di scegliere un ufficio divino che risponda maggiormente alle esigenze di tempo, luogo e lavoro di ogni monastero.

Alcuni hanno optato per mantenere lo schema tradizionale benedettino; la gran parte segue oggi lo schema B con distribuzione del salterio in una o due settimane; alcuni hanno anche deciso di adottare la stessa liturgia delle ore romana.

E’, quindi, più che altro una responsabilità propria di ogni monastero benedettino scegliere l’uno o l’altro schema, sapendo che tra gli elementi della vita benedettina l’Ufficio Divino deve occupare il primo luogo (RB 8,20; 43,3) e non gli si deve anteporre nulla.

Quale influenza hanno i monasteri benedettini sulla vita liturgica della Chiesa?

P. Flores: Nel corso dei secoli, i monasteri benedettini sono stati luogo di irradiazione spirituale e liturgica; ancor di più, durante il Medioevo hanno mantenuto la cultura e dalle loro scuole sono sorti i personaggi della Chiesa del momento. Pensiamo ai grandi monasteri come Cluny, Saint Gall, ecc..

Nel 1909, intorno al monastero belga di Mont César, iniziò il “movimento liturgico” per mano di don Lamberto Beauduin, che da sacerdote dedito al mondo operaio era diventato monaco benedettino in quel monastero. Da questo movimento liturgico si passò alla riforma liturgica alla base del Concilio Vaticano II.

I monasteri benedettini sono stati centri di irradiazione spirituale e quindi liturgica; pensiamo a Solesmes (Francia), Beuron e Maria Laach (Germania), Montserrat e Silos (Spagna), Montecassino e Subiaco (Italia), Maredsous e il già citato Mont César (Belgio), ecc.

Tutti questi monasteri tengono la porta aperta al loro tesoro più prezioso, la loro preghiera liturgica, perché la preghiera della comunità che vive lì sia condivisa con ospiti e visitatori che in questo modo vengono introdotti nella grande preghiera della Chiesa.

Questo può considerarsi l’apostolato monastico per eccellenza. In questo modo i monasteri hanno evangelizzato. Anche oggi esiste un modo eccellente di trascorrere le “vacanze” andando in un monastero e partecipando alle varie ore della giornata, insieme e con l’aiuto dei monaci e delle monache benedettini.

Papa Benedetto XVI è stato influenzato da questa spiritualità liturgica benedettina?

P. Flores: Papa Benedetto XVI ha manifestato grande amore e apprezzamento per l’ordine benedettino e per San Benedetto. Il fatto di aver scelto il nome del patriarca dei monaci d’Occidente è molto significativo, come ha spiegato egli stesso pochi giorni dopo la sua elezione.

La liturgia ha fatto parte della sua vita, come afferma nella sua autobiografia, fin dagli anni del seminario. Visitava regolarmente il monastero benedettino tedesco di Scheyern, in Baviera, e ogni anno per la festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, quando viveva già a Roma, si recava al monastero delle monache benedettine di Rosano, vicino Firenze, dove partecipava alla liturgia delle monache e presiedeva personalmente la processione del Corpus.

(fonte: www.zenit.org)


04/10/2006 19:01
 
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Bellissimo...


...e interessantissimo thread. Complimenti!!! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
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