ciao Sonietta, benvenuta
riguardo alla tua richiesta, se può esserti d'aiuto e se già non lo conosci, riporto un articolo tratto dal sito di famiglia cristiana:
La recita del Rosario
"Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".
Ancora per questo num. della rivista, continuiamo il discorso, sempre ricco e articolato, che abbiamo iniziato nelle precedenti "puntate" della rubrica su ‘
La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato nel libro-intervista rilasciata dal Card. Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendendo altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema:
"La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].
Il misterioso segreto del Rosario
Dopo aver analizzato i punti trattati nei precedenti paragrafi ["Maria nel Vangelo", "I dogmi mariani" e su "I miracoli" attribuiti all’intercessione della Santa Vergine Maria], vediamo stavolta
il pensiero del futuro Papa Benedetto XVI su "Il Rosario".
Circa questa pia pratica, l’intervistatore Peter Seewald osserva che "dei misteri del Rosario è intessuta una preghiera molto particolare della Chiesa Cattolica: una specie di litania, scandita dai grani che compongono la corona, dove si articola tutta una serie di riflessioni sulla vita di Gesù Cristo e della sua santa Madre; in sostanza, l’intero Nuovo Testamento".
"Grandi peccatori e mistici di tutti i tempi - prosegue l’intervistatore -, hanno apprezzato le sue molteplici potenzialità e la sua forza spirituale. Oggi, per alcuni il Rosario rappresenta qualcosa di provocatoriamente fuori moda, per altri è una promessa ultraterrena cui ascrivono la capacità di soccorrere nella vita quotidiana e di far crescere la coscienza cristiana […].
Lei, Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del Rosario?".
Il Card. Joseph Ratzinger risponde puntualmente, tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del Rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: "L’origine storica del Rosario – dice – risale al Medio Evo. Era quello un tempo in cui i Salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i Salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un Salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.
Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.
In effetti, il Rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità […].
Coloro che allora recitavano il Rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal Cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera".
Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si sposta su note più personali circa il modo di recitare il Rosario dell’intervistato. Chiede Peter Seewald al futuro Papa Benedetto XVI:
"Lei ha una maniera particolare di recitare il Rosario?".
E il Card. Ratzinger risponde con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".
Insiste l’intervistatore:
"Ma come si fa? Recita una sola parte del Rosario o tutte e tre di seguito?"
– E Ratzinger, con umiltà e sincerità: "No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un Rosario intero sarebbe troppo".
Allargando il tema dal Rosario alla visione mariologica del futuro Papa Benedetto XVI [della quale siamo venuti discorrendo sulle pagine di questa rivista fin dal Luglio 2005], l’intervista di Peter Seewald chiude il capitolo dedicato a "La Madre di Dio" ponendo all’intervistato un interessante quesito:
"Come fare per riscoprire la centralità della spiritualità mariana nella Chiesa? Da dove incominciare?"
– Il grande teologo Joseph Ratzinger risponde con senso pastorale più pratico che speculativo: "Direi che non bisogna limitarsi alla meditazione [delle verità di fede enunciate] soltanto. Perché, se si tenta di avvicinarsi ai misteri di Dio [e della sua santa Madre] attraverso i meandri del pensiero, e se ci si vuole impadronire di questi da un punto di vista meramente teorico, allora si fallisce inesorabilmente. Si deve sempre combinare la riflessione con l’azione. Pascal ha detto una volta a un amico non credente: ‘Inizia a fare ciò che fanno coloro che credono, anche se al momento ti pare insensato’.
Non esiste un inizio valido per tutti, credo. Per molti - e la storia lo dimostra - Maria è la porta che introduce a Cristo. Per altri il vero inizio è Cristo, la lettura e la meditazione dei Vangeli. Direi che la lettura dei Vangeli è sempre un percorso di avvicinamento valido. Naturalmente, non può essere una lettura meramente teorica, quale quella che ci propongono gli storici o gli esegeti, che sezionano il testo per individuarne le fonti; dev’essere una lettura che ha come stella polare Cristo e che si concepisce come introduzione alla preghiera.
Direi che questo percorso di avvicinamento alla fede potrebbe essere impostato come un alternarsi - non esente talvolta da passi falsi - di prassi religiosa e ricerca spirituale fondata su lettura e meditazione […]".
La visione mariana del futuro Papa
Ci pare che quest’ultimo pensiero del Card. Ratziger corrisponda, nella sostanza, a quanto lo stesso scrive nel volumetto di sole 86 pagine, ma che da sole valgono un trattato completo di mariologia: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], dove ci è dato cogliere la centralità del pensiero sulla Madonna del futuro Papa Benedetto XVI.
Al riguardo, scrivevamo nel num. di Luglio 2005 che - come ouverture dell’insegnamento mariano del Card. Joseph Ratzinger - basterebbe il capitoletto introduttivo del libro citato, in cui l’illustre teologo commenta il passo di Isaia: "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto" [Is 55, 10-11], legandolo al passo del Vangelo di Matteo [cfr. 6, 7-15] sul "Padre nostro" che Gesù ci ha insegnato.
"Quando il profeta Isaia faceva questa affermazione – scrive Joseph Ratzinger –, essa non era affatto la constatazione di una cosa tanto ovvia, ma piuttosto una contraddizione rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Infatti, questo brano appartiene sicuramente alla narrazione della passione di Israele, ove si legge che i richiami di Dio al suo popolo subiscono continui scacchi e che la sua Parola resta invariabilmente senza frutto, mentre Dio appare assiso sul palco della storia, ma non come vincitore […]. In effetti, la semina di Dio nel mondo non sembrava dare risultati. Per questo, l’oracolo [del Profeta], sebbene avvolto nell’oscurità, è un incoraggiamento per tutti coloro che non ostante tutto continuano a credere nella potenza di Dio, convinti che il mondo non è soltanto terreno arido in cui il seme non può trovare spazio, e certi che la terra non sarà solo e sempre una crosta superficiale dove i passeri beccano il seme che vi è caduto, portandoselo via [cfr. Mc 4, 1-9].
Per noi Cristiani, un’affermazione del genere suona come promessa di Gesù Cristo, grazie al quale la Parola di Dio è ora veramente penetrata nella terra ed il seme è divenuto pane per tutti noi: seme che porta frutto per i secoli; risposta feconda, in cui il disegno di Dio si è radicato in questo mondo in modo vivente".
Su questa constatazione di fede, Joseph Ratzinger fa una applicazione profondamente biblica alla figura di Maria: "È difficile rinvenire altrove il mistero di Cristo collegato a quello di Maria in forma tanto chiara e stretta come nella prospettiva di questa promessa: perché quando si afferma che la Parola – meglio: il seme – porta frutto, si vuol dire che esso non cade sulla terra per rimbalzare via, ma che penetra invece profondamente nel suolo per assorbirne la linfa e trasformarla in se stesso. Assimilata così la terra in sé, produce realmente qualcosa di nuovo, mutando la stessa terra in frutto. Il chicco non resta solo: ad esso appartiene il mistero materno della terra, allo stesso modo che a Cristo appartiene Maria, suolo santo della Chiesa, come bellamente la chiamano i Padri.
Il mistero di Maria significa appunto questo: che la Parola di Dio non rimane sola, ma assume in sé l’altro, l’humus della terra: nella "terra" della madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio" [cfr. o.c., pp. 5-6].
Bruno Simonetto