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NOTIZIE DAL MONDO

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2011 23:11
09/06/2008 16:26
 
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Rapporto SIPRI: aumentano le spese belliche nel mondo


Le spese per le armi da parte degli Stati di tutto il mondo non fanno che aumentare: +6% nell’ultimo anno, una crescita dell’8% tra il 2005 e il 2006. È la drammatica fotografia del SIPRI, l’Istituto internazionale di ricerca per la pace, che ha diffuso oggi i dati del rapporto annuale 2008. Secondo l’istituto, con sede a Stoccolma, i capi di Stato spendono globalmente 851 miliardi di euro l’anno per la corsa agli armamenti, mentre hanno deciso di dedicarne solo 6,5 alla risoluzione dell’attuale crisi alimentare, come emerso nel vertice Fao appena concluso a Roma. Tra le ragioni dell’aumento della spesa ci sono obiettivi di politica estera quali minacce reali o presunte e il contributo a operazioni di mantenimento della pace. Secondo lo studio citato dalla Misna, negli ultimi dieci anni le spese belliche dell’America del Nord sono cresciute del 65%, del 62 quelle del Medio Oriente, mentre è la Russia con un significativo +13% a trainare il blocco est-europeo, che ha realizzato il volume di crescita più elevato. I cinque maggiori fornitori di armi, beneficiari dell’80% degli affari, sono Stati Uniti, Russia, Germania, Francia e Inghilterra. (R.B.)



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Pubblicato il rapporto di Save The Children: l'istruzione di base negata a oltre 70 milioni di bambini

“Le nazioni ricche stanno tradendo gli impegni assunti negli ultimi anni”. Lo denuncia il rapporto “Scuola, ultima della lista”, diffuso oggi da Save The Children sugli stanziamenti dei Governi per l’istruzione dei bambini in difficoltà. Secondo il documento nel mondo sono 72 milioni i minori che non hanno accesso all’istruzione di base, di questi 37 milioni vivono in Paesi in conflitto o reduci da guerre.



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Al via all'Onu la riunione sull'Aids. Obiettivo:esaminare i progressi compiuti nella lotta all'HIV e nell'accesso alle terapie

Al via oggi al Palazzo di Vetro di New York la due giorni di lavoro sull’AIDS, promossa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In base ai cosiddetti “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” prefissati dagli Stati dell’Onu, la riunione esaminerà i progressi compiuti in materia di lotta al virus dell’HIV e di accesso universale alle terapie. L’incontro è strutturato in una serie di tavole rotonde, tra cui quella promossa dalla Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, sul tema “Trattamento, prevenzione e assistenza: tre approcci per affrontare l’HIV/AIDS”.




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Myanmar: Amnesty International denuncia l’operato delle autorità locali


Continua l’emergenza in Myanmar nelle zone colpite dal ciclone Nargis il 2 e il 3 maggio, una tragedia da 130mila tra morti e dispersi e che ha lasciato due milioni e mezzo di persone senza niente. Amnesty International, nei giorni scorsi, ha denunciato al governo del Paese, l’operato delle autorità locali che ostacolano l’arrivo degli aiuti umanitari dall’estero. In particolare sotto accusa è finito il Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo, non nuovo a denunce di questo tipo, che già il 23 maggio aveva dichiarato la fine della fase di soccorso e l’inizio di quella della ricostruzione, avviando di fatto una campagna di sgombero dei rifugi governativi e privati da parte dei senzatetto. L’organizzazione umanitaria ha potuto accertare oltre 30 casi di violazioni di questo tipo e raccolto più di 40 denunce di aiuti confiscati, nascosti o dirottati verso altra destinazione. Secondo Benjamin Zawacki, ricercatore di Amnesty che ha appena visitato il Paese, la situazione, soprattutto nell’area dell’Irrawaddy, è molto critica, con zone colpite ancora non raggiunte e comunque ritenute inabitabili. Uno dei problemi principali causato dalla distruzione di molti edifici è l’impossibilità per i bambini di seguire le lezioni, proprio nel periodo d’inizio dell’anno scolastico. A lanciare l’appello, riportato dall’Osservatore Romano, è l’arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, che in una lettera al governo ha descritto in particolare la situazione del piccolo villaggio di Aima, in cui molte famiglie con bimbi vivono senza cibo né acqua potabile. Il presule ha sottolineato il delicato ruolo della Chiesa locale che, in collaborazione con la Caritas Internationalis, assiste 75mila persone, 20mila nella sola regione di Lebutta, offrendo rifugio e aiuti. Anche l’Opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS), ha stanziato ulteriori 80mila euro destinati proprio all’arcidiocesi di Yangon e alla diocesi di Pathein, che si trova proprio nel cuore dell’Irrawaddy, dove ci sono diversi villaggi abitati da popolazione Karen e di religione cristiana. Con questa cifra arrivano a 110mila euro gli aiuti di ACS all’emergenza nell’ex Birmania. Secondo l’Ufficio internazionale dei Gesuiti per i rifugiati, infine, il 70% degli sfollati hanno trovato riparo nei monasteri, il 28 negli edifici pubblici, il 2% nelle tendopoli. (R.B.)




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Appello del Consiglio Ecumenico per combattere la crisi alimentare mondiale


A pochi giorni dalla conclusione del vertice della FAO sulla fame nel mondo, svoltosi a Roma dal 3 al 5 giugno, il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha lanciato un appello per combattere la crisi alimentare mondiale. “Lo scandalo della fame esige l’attenzione immediata delle Chiese - afferma in una nota il segretario generale uscente del CEC, rev. Samuel Kobia – Oggi, circa 850 milioni di persone soffrono la fame in tutto il mondo. Di questi, circa 820 milioni vivono in Paesi in via di sviluppo. Molti muoiono per mancanza di cibo e molti altri soffrono per i disagi ed i problemi causati da diete povere o sbilanciate. Spesso – continua il rev. Kobia – sono i bambini ad essere vittime della malnutrizione e ad essere privati della possibilità di una vita piena. Il Vangelo, che ci invita ad amare il prossimo, obbliga i cristiani e le loro Chiese ad un maggior coinvolgimento nell’andare incontro ai bisogni del mondo”. Il segretario generale uscente del CEC esprime poi soddisfazione per il recente vertice della FAO, apprezzando la determinazione dei dirigenti internazionali presenti all’evento. Quanto alle cause prossime della mancanza di cibo nel mondo, Kobia ha voluto rilevare “il crescente predominio di corporazioni agricole, che hanno come obiettivo la produzione di alti profitti e questo ha incrementato pratiche di coltivazione dannose per l’ambiente”. Alla luce di tutto questo, il reverendo annuncia che il Comitato esecutivo del CEC affronterà la questione della fame nel mondo durante la prossima riunione, fissata per settembre: perché le Chiese possano “assumere il loro ruolo essenziale”, e a questo riguardo devono “esse affrontare la crisi alimentare mondiale tutte insieme”. (I.P.)



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Milioni di studenti senza scuola nella regione cinese colpita dal terremoto

Oltre 7mila scuole distrutte, 3mila danneggiate e diversi milioni di scolari senza istituto: è il bilancio del terremoto che, lo scorso 12 maggio, ha colpito la provincia cinese del Sichuan. A renderlo noto è l’UNICEF, al termine di una missione esplorativa al fianco delle autorità governative. Per facilitare la ripresa delle attività scolastiche, l'agenzia ONU per l’infanzia ha già fornito 1.200 tende, 60mila kit scolastici per alunni e 2mila per gli insegnanti, oltre a 50mila paia di scarpe, giacche e indumenti da bambino e 4mila sacchi a pelo. Ma non è sufficiente: sono necessari almeno altri 30 milioni di dollari, per gli interventi d'emergenza ed i successivi programmi di ricostruzione. Le priorità rilevate durante la missione esplorativa sono l'allestimento di ripari temporanei, l'installazione di gabinetti e infrastrutture idriche, la fornitura di materiale didattico e la formazione del personale scolastico affinché sia in grado di gestire i traumi subiti dai bambini. Intanto, il ministero dell'Istruzione cinese ha disposto un accurato controllo delle misure antisismiche su tutti gli istituti scolastici del Paese. Sarà verificata la sicurezza di tutti gli edifici e i campus scolastici, annunciano i media locali, con particolare attenzione per quelli costruiti prima del 2001. (B.B.)




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Nel mondo sono oltre 200 milioni i minori costretti a lavorare

Circa 218 milioni di bambini e adolescenti tra i 5 e i 17 anni in tutto il mondo, concentrati soprattutto nell'Africa sub-sahariana, sono costretti a lavorare. Di questi, 74 milioni sono coinvolti in attività considerate pericolose e 165 milioni hanno un età compresa tra i 5 e i 14 anni. Sono le stime diffuse dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), in occasione della vigilia alla Giornata internazionale contro il lavoro minorile. “Istruzione: la risposta giusta al lavoro minorile” è il tema scelto. Infatti, la OIL ha calcolato la presenza di 72 milioni di bambini nel mondo non scolarizzati e che le bambine hanno meno possibilità di istruzione rispetto ai coetanei maschi. “Estendere l’accesso a un’istruzione gratuita e obbligatoria è fondamentale per ridurre il fenomeno del lavoro minorile”, si legge nella nota diffusa dall’agenzia Sir. Anche il recente rapporto globale dell’OIL fa notare che l’istruzione universale fino ai 14 anni ha contribuito all'eliminazione del lavoro minorile in molti Paesi. Infatti – precisa l’agenzia – si è registrato un leggero calo dello sfruttamento minorile al lavoro, rispetto agli anni precedenti. (B.B.)


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Lotta all'AIDS: riunione di alto livello al Palazzo di Vetro di New York



E' iniziata ieri al Palazzo di Vetro di New York una riunione di alto livello sull’AIDS, promossa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In base ai cosiddetti “Obiettivi di Sviluppo del Millennio”, la riunione esaminerà i progressi compiuti in materia di lotta al virus dell’HIV e di accesso universale alle terapie. L’incontro è strutturato in una serie di tavole rotonde, tra cui quella odierna, promossa dalla Missione di osservazione permanente della Santa Sede presso l'ONU, sul tema “Trattamento, prevenzione e assistenza: tre approcci per affrontare l’HIV/AIDS”. Ieri, il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon aveva chiesto di eliminare le restrizioni, attualmente imposte da più di 70 Paesi nel mondo, all'ingresso dei sieropositivi sul loro territorio. Ma a che punto è oggi la lotta all’Aids? Ascoltiamo Giuseppina Liuzzi, infettivologa dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, intervistata da Giada Aquilino:


R. – Mentre nei Paesi occidentali abbiamo a disposizione farmaci e terapie che consentono di affrontare la malattia e che permettono di poter continuare a vivere, la situazione nei Paesi in via di sviluppo è completamente differente: la gente continua a morire di AIDS, non arrivano i farmaci che normalmente utilizziamo nelle nostre realtà e la malattia diventa una delle principali cause di morte tra la popolazione. Parliamo sicuramente dell’Africa, che è il Continente che meglio conosciamo, ma ci sono anche altre realtà, come i Paesi orientali, di cui non abbiamo ancora dati epidemiologici a sufficienza.


D. – L’accesso universale alle terapie è, dunque, un altro punto importante della lotta all’AIDS…


R. – Io direi che è sicuramente il punto fondamentale: se non riusciamo ad arrivare in quei Paesi e a portare i farmaci, non riusciremo neanche a combattere in maniera adeguata la malattia. Sicuramente dobbiamo cercare di far in modo di consentire l’accesso ai farmaci - di cui oggi disponiamo - a tutta la popolazione.


D. - Quanto è lontano, nel tempo, un vaccino per l’AIDS?


R. – Ci troviamo di fronte ad un’infezione molto particolare, a un virus che muta continuamente. Per cui diventa difficile riuscire ad approntare, da un punto di vista specificamente tecnico, un vaccino adeguato. E diventa difficile anche la sperimentazione di un vaccino nel termine classico della nostra cultura, quindi di un qualcosa che protegga completamente. Sicuramente si arriverà ad un tipo di vaccino, in qualche modo terapeutico, da somministrare a chi è già infetto.


D. – Come si realizza la prevenzione soprattutto nelle donne e in particolare nei Paesi in via di sviluppo?


R. – La prevenzione diventa a questo punto sicuramente il mezzo fondamentale per affrontare la malattia. Nei Paesi in via di sviluppo la cosa importante è anzitutto l’informazione, ma è necessario anche cercare di combattere quella che – anche lì – rappresenta la vergogna della malattia. Basti pensare alle donne che continuano ad allattare i propri figli perché negare il latte ad un bambino diventa un modo per far riconoscere la propria sieropositività o a quelle donne che affrontano da sole un parto per non manifestare agli altri la propria condizione. Fondamentale è quindi l’informazione, ma forse anche il superamento di concetti sbagliati.



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Oggi Giornata mondiale contro il lavoro minorile


Oggi ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, dedicata quest’anno al tema dell’istruzione. Nel mondo sono circa 165 milioni i bambini lavoratori di età compresa tra i 5 e i 14 anni e di questi almeno 74 milioni sono coinvolti in attività pericolose. I dati sono stati diffusi dall’ILO, l'Organizzazione internazionale del lavoro. Una situazione che rischia di peggiorare anche a causa della crisi alimentare mondiale, come conferma Furio Camillo Rosati, esperto internazionale di lavoro minorile.



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Giornata mondiale contro il lavoro minorile


Nel mondo sono circa 165 milioni i bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni che lavorano e di questi 74 milioni sono coinvolti in attività considerate pericolose. Inoltre sarebbero 72 milioni i bambini in età da scuola primaria non scolarizzati. Una realtà drammatica fotografata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che promuove per oggi la Giornata contro il lavoro minorile, dedicata quest'anno al tema dell'istruzione. Ad incidere in maniera negativa sul fenomeno è intervenuta ora anche la grave impennata nei prezzi dei prodotti alimentari, come conferma Furio Camillo Rosati, esperto internazionale di lavoro minorile e coordinatore di un progetto sullo studio delle cause alla base del lavoro minorile. L’intervista è di Stefano Leszczynski.


R. - Nell’immediato ci sono alcuni rischi derivanti dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari. I prezzi sono aumentati così rapidamente che rappresentano un grande shock per le famiglie, per il reddito che le famiglie hanno a disposizione. Quindi, soprattutto le famiglie più deboli possono essere costrette ad utilizzare i bambini per cercare di aumentare il loro reddito.

D. – L’ILO ha deciso di puntare sull’educazione per ridurre ulteriormente il fenomeno. In sintesi, come si può descrivere questo progetto?

R. – E’ una strategia globale dell’ILO che vede nell’educazione la vera alternativa al lavoro minorile, quindi, nella necessità, nella possibilità di offrire un’educazione accessibile a tutti e di qualità, lo strumento migliore per indurre le famiglie ad investire nei loro figli in termini di educazione, piuttosto che farli contribuire immediatamente alla produzione di reddito. Le politiche specifiche ovviamente variano da Paese a Paese.

D. – Quali sono le aree geografiche più colpite dal fenomeno e quelle magari dove è più facile avviare un intervento di prevenzione, di recupero?

R. – In termini assoluti, il numero dei bambini lavoratori più elevato è in Asia. In termini, però, di incidenza percentuale è nell’Africa subsahariana che osserviamo i tassi di partecipazione dei bambini e degli adolescenti al mercato del lavoro più elevati. L’area nella quale si sono riscontrati i maggiori successi in termini di riduzione del lavoro minorile è l’area dell’America Latina, dove c’è stato un notevole impegno dei governi e abbiamo osservato una sostanziale riduzione del fenomeno.

D. – Ci sono delle buone possibilità per raggiungere alcuni degli obiettivi contro questo fenomeno, entro una data prefissata?

R. – Io credo di sì. I trend del passato sono positivi. Se i governi e le organizzazioni internazionali, non solo l’ILO, mettono il lavoro minorile al centro delle politiche di sviluppo, insieme ad altri elementi, quali l’educazione, la formazione delle infrastrutture e così via, credo ci siano ottime possibilità di raggiungere obiettivi sostanziali nei prossimi anni.




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Laura Bush annuncia contributo Usa extra di 1 mld alla Fao





Gli Stati Uniti si impegnano a fornire un contributo supplementare di un miliardo di dollari al Programma Alimentare Mondiale, (Pam) per combattere la crisi alimentare in corso, per un totale di 5 miliardi in due anni. L'annuncio è arrivato dalla first lady americana Laura Bush, intervenuta al consiglio esecutivo del Pam, prima tappa del suo viaggio a Roma. Per Laura Bush è indispensabile cambiare il sistema di distribuzione del cibo: per milioni di persone, ha aggiunto, «prezzi troppo alti del cibo fanno la differenza fra poter mangiare una volta al giorno e non mangiare affatto». I rincari dei generi alimentari costituiscono «un problema globale che richiede una soluzione globale».

Per Laura Bush è necessaria una maggiore solidarietà internazionale per combattere la fame nel mondo e ha fatto appello per un più stretto coordinamento tra gli Usa e le agenzie internazionali nella consegna degli aiuti umanitari. Gli Usa sono il primo donatore del Pam con 573 milioni di dollari all'anno.

La signora Bush è giunta all'ora di pranzo da Parigi a Ciampino, con un volo speciale presidenziale. Il suo programma è strettamente privato e non prevede appuntamenti ufficiali accanto al presidente George W. Bush. Nella mattinata di domani mentre il marito sarà in udienza con Papa Benedetto XVI in Vaticano, la signora Bush visiterà il Centro Studi Americani e incontrerà i Fulbright American English Teaching Assistants. (N.Co.)


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13/06/2008 21:44
 
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No dell'Irlanda al Trattato di Lisbona. La Commissione Ue: "Andiamo avanti con le ratifiche"


L’Irlanda ha detto no al trattato di Lisbona. Al referendum i contrari hanno ottenuto il 53.4 per cento dei voti e hanno vinto in 27 contee su 43. Nonostante sia mancata l’unanimità alla costituzione europea, il presidente della Commissione Barroso crede che la ratifica negli altri Stati dell’Unione debba andare avanti.La replica in serata da parte del premier iralndese : " Non c’è una soluzione rapida” .



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Incertezza nell'UE dopo il 'no' dell'Irlanda al Trattato di Lisbona


Gli irlandesi, poco meno dell'1% della popolazione europea, hanno bocciato con il referendum di ieri il Trattato di Lisbona, pensato per far funzionare meglio l'Unione Europea, gettando l'intera comunità in una fase di profonda incertezza. Da parte sua il premier sloveno Janez Janza, ricorda oggi che il Trattato è già stato ratificato da 18 Paesi e che tutti i leader dei Paesi che rimangono sono determinati nel continuare il processo di ratifica. Il servizio di Fausta Speranza

Il futuro verrà discusso al vertice dei capi di Stato e di governo, che inizia giovedì a Bruxelles. Dunque i primi giorni della settimana saranno davvero bollenti di trattative. Sorpresa e disorientamento nelle capitali europee per il no referendario dell’Irlanda al Trattato di Lisbona. Ma anche tanti commenti fortemente decisi ad andare avanti, a partire dal ministro degli Esteri italiano Frattini che dice: 'Trasformiamo la sorpresa, il rammarico, ed i fiumi d'inchiostro sulla presunta 'morte' del Trattato di Lisbona, in uno slancio nuovo''. Per il cancelliere tedesco Angela Merkel ''l'Unione Europea non è in crisi, nonostante il duro colpo". Anche dal Foreign Office britannico proposito positivo: ''La Gran Bretagna – si dice - andra' avanti con la ratifica del Trattato a dispetto della bocciatura irlandese''. Nella storia dell’Europa su 10 referendum 6 hanno segnato sconfitte. Per gli irlandesi è il secondo no: nel 2001 avevano bocciato il Trattato di Nizza per poi approvarlo con un secondo referendum l’anno seguente. Più danno nel 2005 dopo il no di Francia e Olanda alla Costituzione: ci sono voluti più di due anni di riflessione per proporre il nuovo testo firmato a Lisbona lo scorso dicembre.

Per capire cosa comporti il ‘no’ e da quali problematiche scaturisce, Luca Collodi ha intervistato Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento Europeo:


R. - A mio avviso, è un no dato al deficit della democrazia degli attuali assetti dell’Unione Europea. E’ un no che, in qualche modo, è il completamento di un percorso di distorsione del progetto dei padri fondatori che ha pesantemente segnato l’Unione Europea della tecnocrazia di questi ultimi 25-30 anni.

D.- La sensazione, è però che il no dell’Irlanda confermi un distacco tra l’Unione Europea e la gente comune...

R. – E’ un dato di fatto che, mentre all’inizio c’era un programma politico breve ma molto coeso, e cioè il giudizio di Schuman e di Adenauer, per cui ‘ciò che ci unisce è più forte di ciò che divide’, poi nel nel tempo gli Stati hanno messo in evidenza la convenienza, invece, di ciò che divide. E questo, ha dirottato l’esistenza e la funzionalità delle istituzioni europee sul superfluo; siamo arrivati quindi al quasi ridicolo discutendo sulle dimensioni di zucchine e cocomeri. Questo dà un po’ il senso del bene che è stato smarrito o sprecato in questa circostanza. Quello che mi aspetto è, diciamo, un ulteriore raffreddamento della sensibilità nei confronti delle istituzioni europee, in vista delle prossime elezioni, e questo, credo, chiede ai protagonisti delle istituzioni, particolarmente ai capi di Stato e di governo, di essere coraggiosi in questo momento, di venire allo scoperto e di dire: “Ci interessa l’Europa, o vogliamo che sia semplicemente un sistema di relazioni economiche?" In questo caso togliamo anche parte di ciò di cui oggi si occupa e lasciamo che viva sotto la forma del mercato. Se invece ci interessa come progetto originale di integrazione politica, allora bisogna affrontare, prendere il toro per le corna e decidere se l’Europa merita di avere una sua politica estera, merita di avere un suo esercito per una politica di difesa comune; merita insomma di trasferire quelle competenze che, sole, fanno una vera e propria istituzione sopranazionale, fare insomma veramente gli Stati Uniti d’Europa.
D. – L’aver rinunciato alle radici cristiane dell’Europa ha facilitato il precipitare della situazione dell’Unione Europea?

R. – Questo senza dubbio: ecco, il problema di fondo è in che cosa l’Europa crede, perché non c’è la pace in genere, non c’è lo sviluppo in genere, le cose non si fanno a caso. E’ un’Europa per la quale tutte le soluzioni erano poi sullo stesso piano, dove tutto si reputa possa essere plausibile; parliamo proprio della natura e del valore delle cose, e quindi una certa idea di famiglia, una certa idea di società, una certa idea della vita. Questo, inevitabilmente, ha finito col creare una cortina, un velo che si è insinuato tra i cittadini e l’affermazione di questo grande ideale che –voglio far notare- non è ideale solo dei padri fondatori: è ideale che è nella storia dei nostri popoli, della nostra gente, dalla notte dei tempi.




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Al via a Saragozza l'Esposizione Internazionale su "Acqua e Sviluppo sostenibile"


“Questa mostra vuole richiamare l’attenzione del mondo sull’acqua, preziosa risorsa insostituibile per l’uomo e per la Terra”. Con queste parole ieri sera il re spagnolo Juan Carlos ha inaugurato l’Esposizione di Saragozza 2008, dedicata all’Acqua e allo Sviluppo sostenibile. L’enorme struttura organizzata su 25 ettari sulle rive del fiume Ebro, viene aperta al pubblico oggi e per tre mesi ospiterà oltre 5 mila spettacoli e 32 mila esperti che si confronteranno sull’odierna penuria dell’oro blu. Oltre sei milioni e mezzo i visitatori attesi. L'esposizione – la prima a carattere monografico – vede la partecipazione di oltre 100 Paesi, promotori di altrettante proposte e idee su questa grande sfida del XXI secolo. Presente anche la Santa Sede che nel Padiglione realizzato dall’architetto Joaquín Sicilia Carnicer, propone al visitatore un percorso di riflessione in tre tappe sui temi “Acqua, vita e speranza”; “Acqua e arte nella Storia della Salvezza” e “Acqua, bene di tutti e a favore di tutti”. Qui, inoltre, dal 10 al 12 luglio, alla vigilia della Giornata della Santa Sede all’Esposizione, verrà promosso un Convegno internazionale dal titolo “La questione ecologica: la vita dell’uomo nel mondo”. L’acqua, elemento della Creazione divina, spesso richiamato nella Sacra Scrittura e nella vita liturgica e sacramentale della Chiesa, è stata recentemente definita da Papa Benedetto XVI “bene della famiglia umana e diritto inalienabile”. Eppure oggi sulla Terra una persona su tre è esposta alla carenza di acqua, un quinto della popolazione mondiale soffre la penuria idrica e l’uso industriale dell’acqua oscilla tra il 10% nei Paesi a reddito basso o mediano e il 59% in quelli ad alto reddito. Per questo, “Saragozza 2008” illustrerà anche le tecnologie più recenti e innovative in termini di utilizzo, gestione e protezione delle risorse idriche e ospiterà la “tribuna dell’acqua”, un forum di dibattito scientifico sotto la guida di esperti al fine di promuovere tra i governi l’assunzione di impegni internazionali da far confluire nella “Carta di Saragozza”. (S.G.)




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No dell'Iran all'ONU: i programmi nucleari vanno avanti


Teheran chiude alla proposta del “5+1” che prevedeva incentivi in cambio della sospensione del programma di arricchimento dell'uranio. L'Iran, ha fatto sapere il portavoce del governo, ''respingerà qualsiasi proposta della comunità internazionale'' riguardo i suoi piani nucleari. Da Parigi il presidente Sarkoky e Bush, al termine dell'incontro che dovrebbe far dimenticare i burrascosi rapporti durante la presidenza Chirac, si sono detti molti delusi della scelta di Teheran. Il servizio di Marco Guerra:


La Repubblica islamica non è disposta ad accettare alcun pacchetto che preveda uno stop alle attività di arricchimento dell’uranio. Il governo iraniano respinge così al mittente le nuove proposte messe a punto dal “5+1”, proprio mentre stamani, nella capitale del Paese, il responsabile della politica estera della UE, Solana, illustrava al capo della diplomazia di Teheran l’offerta degli incentivi in cambio della sospensione del programma nucleare. Si tratta in pratica di aiuti economici e commerciali che avrebbero potuto aprire la strada a uno sblocco della disputa su basi diplomatiche, per scongiurare il ricorso alle ulteriori sanzioni minacciate di recente da Unione Europea e Stati Uniti. Un pacchetto che tuttavia non è altro che la versione aggiornata e ampliata di quello che Teheran aveva rifiutato nel 2006. Per questo motivo lo stesso Solana, alla vigilia della sua missione diplomatica, aveva comunque avvertito che non ci si sarebbe dovuti attendere una vera e propria svolta nelle trattative. Ciò nonostante Bush e Sarkozy, al termine del colloquio all’Eliseo di questa mattina, che aveva in cima all’agenda proprio la questione del nucleare iraniano, hanno espresso tutto il loro rammarico per il rifiuto di Teheran di accogliere la richiesta della comunità internazionale di sospendere l’arricchimento dell’uranio. "Si tratta di un'indicazione al popolo iraniano che la loro leadership vuole isolarli ancora di più”, ha commentato Bush in conferenza stampa. I due capi di Stato hanno poi lanciato un monito alla Siria affinché si dissoci il prima possibile dalle politiche dell’Iran.



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Appello del G8 all'Opec: "Fermate il caro-petrolio, grave minaccia per l'economia globale"



"I prezzi elevati delle materie prime, in particolare del petrolio e dei prodotti alimentari, costituiscono una sfida seria per la crescita economica globale”. Questo uno dei passaggi chiave del documento redatto al vertice di Osaka dai ministri finanziari del G8. L’incontro si è concluso oggi con un forte appello ai Paesi esportatori di greggio perchè incrementino la produzione e favoriscano gli investimenti stranieri e un mercato più trasparente, l’unica strada per calmierare i prezzi dell’oro nero. Sulla questione, tuttavia non sono mancate divisioni all’interno del vertice, laddove il segretario del Tesoro americano Henry Paulson ha negato che si possa legare l’impennata dei prezzi del barile alla speculazione, così come sostenuto dal ministro italiano Giulio Tremonti. Entro ottobre, comunque, il Fondo Monetario Internazionale e l’Agenzia Internazionale dell’Energia si pronunceranno a riguardo: il G8 ha stabilito infatti la necessità di avviare un’inchiesta internazionale sulle cause, reali e finanziarie, del fenomeno rincari. Tra gli altri temi affrontati al vertice anche l’aumento dei beni alimentari che ha fortemente colpito molte aree a basso reddito e che richiede oggi uno sforzo congiunto dei Paesi donatori per far fronte all’emergenza. Un’azione urgente e concertata è stata invocata anche rispetto alle gravi conseguenze dei cambiamenti climatici, mentre sul fronte monetario, dopo aver riconosciuto il recente miglioramento delle condizioni dei mercati internazionali, si è ribadito “l’impegno verso una politica di investimenti aperta” e la volontà di “resistere alle tentazioni protezioniste”. (S.G.)



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Il Consiglio d'Europa lancia domani a Zagabria la campagna contro le punizioni corporali sui bambini


Il programma del Consiglio d’Europa “Costruire un’Europa per e con i bambini” lancia domani a Zagabria, in Croazia, un’attività di sensibilizzazione contro le punizioni corporali sui bambini, con lo slogan: ”Le mani dovrebbero servire a proteggere, non a colpire. Alzate le mani contro lo scapaccione”. Con l’iniziativa si intende ottenere la proibizione formale dei castighi corporali nei confronti dei bambini, la promozione di una genitorialità positiva e la sensibilizzazione ai diritti dei bambini in tutto il Continente europeo. I castighi fisici costituiscono una delle forme più evidenti di violenza sui bambini e continuano ad essere praticati nei luoghi in cui i piccoli dovrebbero essere maggiormente protetti, quali la scuola, l’ambito familiare o i collegi. In numerosi Paesi la società tollera o addirittura ammette alcune forme di violenza “ordinaria” sui bambini, nonostante l’esistenza di accordi internazionali e regionali. Per contrastare il fenomeno, il Consiglio ha messo in campo diversi progetti, tra cui un’attività di sensibilizzazione per l’abolizione delle punizioni corporali e un programma di azione, basato sulle “quattro P”: prevenzione, procedimento giudiziario, protezione e partecipazione, nell’ambito dell’azione generale contro qualsiasi forma di castigo fisico in ogni ambito e senza eccezione. L’odierna manifestazione, presso il Teatro delle Marionette della capitale croata, domani vedrà la partecipazione di esponenti governativi, rappresentanti di organizzazioni internazionali, parlamentari, giovani, bambini ed esperti del settore dell’infanzia. (M.V.)



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La Caritas: carenti gli aiuti in Myanmar, servono altri 8 milioni di dollari


In Myanmar, la Chiesa locale ritiene ancora insufficienti gli aiuti forniti finora alla popolazione colpita dal ciclone Nargis. Per questo la Caritas Internazionalis ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché siano raccolti almeno altri 8 milioni di dollari per proseguire gli interventi umanitari. Era la notte tra il 2 e il 3 maggio quando il ciclone Nargis sconvolse il sud ovest del Paese, causando la morte di oltre 100 mila persone. Ad oltre un mese dall’evento, il lavoro di volontari e cattolici continua senza sosta. Ma occorrono altri interventi collettivi per far fronte all’emergenza e alla ricostruzione del territorio. “La Chiesa locale, da sola, – afferma l’arcivescovo di Mandalay, mons. Paul Zinghtung Grawng – non può far fronte alla mole di sostegno richiesto”. Finora, in collaborazione con la Caritas, è riuscita a portare cibo, coperte e medicine ad oltre 75 mila persone. Nonostante le difficoltà ed i pochi mezzi a disposizione, sono stati raggiunti anche i villaggi più isolati. Per commemorare le vittime, la Commissione interreligiosa dell’arcidiocesi di Mandalay ha organizzato una veglia di preghiera alla quale hanno partecipato i leader di diverse confessioni religiose: cristiani, musulmani, induisti ed indù. (B.B.)



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Al G77 + Cina: fondo per l’assistenza e definizione di linee guida per lo sviluppo dei Paesi poveri


L’approvazione della “Piattaforma di sviluppo per il sud” e la creazione di un “Fondo per l’assistenza umanitaria d’emergenza” sono i risultati della 12.ma riunione del Comitato intergovernativo di monitoraggio e di coordinamento della cooperazione economica tra i Paesi del G77 e la Cina. Il G77, organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite formata da 131 Paesi in via di sviluppo, è stata fondata nel 1964 con lo scopo di promuovere gli interessi economici dei Paesi meno sviluppati e rafforzare la loro capacità negoziale. Il Comitato del G77 si è riunito, insieme ad una rappresentanza del governo cinese, nella capitale della Costa d’Avorio Yamoussoukro. Lo ricorda l'agenzia MISNA. Nel corso della riunione, è stata approvata la Piattaforma di sviluppo per il sud, che definisce un quadro di riferimento e di orientamento politico affinché sia rafforzata la partecipazione e l’integrazione dei Paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale. Il Fondo per l’assistenza umanitaria d’emergenza, invece, sarà depositato in Qatar. Il capitale ammonterà, in un primo momento, a circa 16 milioni di euro ma gli Stati membri sperano di poter raddoppiare la cifra entro il 2010. Predisposti anche alcuni progetti futuri relativi alla crisi alimentare, alla sanità, alla scienza e alla tecnologia. (B.B.)




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Appello del G8 all'Opec: "Fermate il caro-petrolio, grave minaccia per l'economia globale"


"I prezzi elevati delle materie prime, in particolare del petrolio e dei prodotti alimentari, costituiscono una sfida seria per la crescita economica globale”. Questo uno dei passaggi chiave del documento redatto al vertice di Osaka dai ministri finanziari del G8. L’incontro si è concluso oggi con un forte appello ai Paesi esportatori di greggio perchè incrementino la produzione e favoriscano gli investimenti stranieri e un mercato più trasparente, l’unica strada per calmierare i prezzi dell’oro nero. Sulla questione, tuttavia non sono mancate divisioni all’interno del vertice, laddove il segretario del Tesoro americano Henry Paulson ha negato che si possa legare l’impennata dei prezzi del barile alla speculazione, così come sostenuto dal ministro italiano Giulio Tremonti. Entro ottobre, comunque, il Fondo Monetario Internazionale e l’Agenzia Internazionale dell’Energia si pronunceranno a riguardo: il G8 ha stabilito infatti la necessità di avviare un’inchiesta internazionale sulle cause, reali e finanziarie, del fenomeno rincari. Tra gli altri temi affrontati al vertice anche l’aumento dei beni alimentari che ha fortemente colpito molte aree a basso reddito e che richiede oggi uno sforzo congiunto dei Paesi donatori per far fronte all’emergenza. Un’azione urgente e concertata è stata invocata anche rispetto alle gravi conseguenze dei cambiamenti climatici, mentre sul fronte monetario, dopo aver riconosciuto il recente miglioramento delle condizioni dei mercati internazionali, si è ribadito “l’impegno verso una politica di investimenti aperta” e la volontà di “resistere alle tentazioni protezioniste”. (S.G.)






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