«La Chiesa esiste nelle persone»
do Pigi Colognesi
Sei mesi di catechesi del mercoledì dedicate alle figure degli Apostoli. L’avventura personale di ciascuno di loro rimane nella storia come un paradigma per ogni credente. In ogni ritratto il Papa fa emergere la sua preoccupazione di fondo: mostrare che il cristianesimo non è un discorso, una dottrina astratta, ma una Persona. «Vogliamo vederli uno a uno, per capire nelle persone che cosa sia vivere la Chiesa, che cosa sia seguire Gesù». «Nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva»
Dal 15 marzo 2006 Benedetto XVI sta svolgendo la settimanale catechesi del mercoledì intorno al «mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa, considerandolo a partire dall’esperienza degli Apostoli». La Chiesa, infatti, è una «nuova famiglia» che «esiste nelle persone», a cominciare dai Dodici. La loro personale avventura di conoscenza e rapporto con Cristo rimane nella storia come paradigmatica per ogni credente. Il Papa ha specificamente dedicato le udienze dal 17 maggio al 18 ottobre a ognuno degli Apostoli per «vederli a uno a uno, per capire nelle persone che cosa sia vivere la Chiesa, che cosa sia seguire Gesù».
Si tratta di testi facilmente recuperabili con qualche clic (partendo da
www.vatican.va, si accede all’insegnamento di Benedetto XVI e si selezionano le udienze). Il linguaggio di questi «piccoli ritratti» è semplice e piano. Ma non privo di sorprese, ricco di insegnamento, fecondo per la meditazione.
In ogni suo intervento il Papa ha cura di sottolineare una preoccupazione di fondo: il cristianesimo non è una dottrina, ma una Persona. Essere cristiani, quindi, non può significare acquisire discorsi o precetti, ma «stare» con la persona di Gesù, condividere la sua vita, camminare con Lui, avere la libertà di porgli domande e la disponibilità a essere corretti, accettare l’umiliazione di non capirlo o addirittura di tradirlo e sorprendersi per la infinitezza della sua misericordia: «è ciò che avviene tra amici» e «l’amicizia ha bisogno della vicinanza». Infatti «nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva».
“Stare” con Gesù
Trattandosi, quindi, di un nesso vitale tra persona e persona, è chiaro che viene a galla la questione della diversità. Ognuno di noi, come ciascuno dei dodici Apostoli, è una personalità irriducibile a quella di ogni altro. Ma questo non produce nessuno scandalo nella Chiesa; anzi è fonte di ricchezza e stabilisce per ciascuno il suo irripetibile volto e, quindi, la sua insostituibile funzione nella costruzione comune. Partendo dalle pagine del vangelo, Benedetto XVI descrive la peculiare personalità di ogni Apostolo con tratti realistici e incisivi.
Pietro ha «un carattere deciso e impulsivo», che gli consentirà, attraverso un itinerario personalissimo e sofferto, di arrivare a essere costituito come la solida roccia dell’edificio ecclesiale.
Andrea «era un uomo che cercava» e quindi non aveva timore «a porre domande a Gesù».
Giovanni è «il silenzioso che conosce lo scambio dei cuori».
Filippo è l’uomo «concreto e realista» e nello stesso tempo «pronto ad accogliere domande e invocazioni da qualunque parte vengano».
Tommaso è persona «franca» e Natanaele il giusto prudente che impara a fidarsi. Tutti diversi l’uno dall’altro. Ma «Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. A Lui interessano le persone, non le categorie sociali o le etichette». «Il gruppo dei Dodici è la prefigurazione della Chiesa, nella quale devono avere spazio tutti i carismi, i popoli, le razze, tutte le qualità umane, che trovano la loro composizione e la loro unità nella comunione con Gesù».
La strada del cambiamento
Ogni singolo particolare delle vicende degli Apostoli viene poi utilizzato dal Papa per trarre un «insegnamento per noi». Il metodo, però, non è quello della deduzione meccanica di principi morali, ma quello della immedesimazione. Si tratta cioè di riconoscere nella vicenda unica del rapporto tra Cristo e i suoi Apostoli i tratti di una amicizia che possiamo e dobbiamo ritrovare nella nostra personale storia. Benedetto XVI lo esplicita quando parla di Tommaso che interroga Gesù durante l’ultima cena, fornendogli così «l’occasione per pronunciare la celebre definizione: “Io sono la via, la verità, la vita”». Commenta il Papa: «È dunque primariamente a Tommaso che viene fatta questa rivelazione, ma essa vale per tutti noi e per tutti i tempi. Ogni volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo metterci col pensiero a fianco di Tommaso e immaginare che il Signore parli anche a noi così come parlò con lui».
Partendo dalla immedesimazione, l’insegnamento di Cristo agli apostoli - e quindi a noi - diventa più chiaro, tenero pur nelle sue radicali esigenze. Benedetto XVI mette, infatti, in evidenza che per gli apostoli (e ognuno secondo la sua particolare personalità, situazione esistenziale, bagaglio culturale) seguire Cristo ha significato incamminarsi verso la strada del cambiamento.
Pietro deve correggere la sua visione di un «Messia che compia le attese della gente imponendo a tutti la sua potenza»; e proprio lui «spavaldo, apprende a sue spese l’umiltà».
Giacomo il Maggiore «che inizialmente aveva chiesto di sedere accanto al Maestro nel suo Regno, fu proprio il primo a bere il calice della passione» nel martirio.
Matteo capisce che «non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù» e
Simone il Cananeo «ardente di zelo per l’identità giudaica» la oltrepassa in nome della universalità della amicizia di Cristo, tanto da poter diventare amico di Matteo rispetto al quale politicamente e culturalmente si trovava «agli antipodi»: «era Cristo stesso, infatti, il motivo di coesione».
Il mistero della scelta
Solo uno degli Apostoli non accettò il cambiamento richiesto dall’amicizia che per parte sua Cristo non gli fece mai venir meno, fin nel momento supremo del tradimento:
Giuda Iscariota. Anche la sua storia ha molto da insegnarci. Anzitutto che «il mistero della scelta rimane» perché «le possibilità di perversione del cuore umano sono davvero molte». E poi che Dio non si ferma di fronte ai nostri limiti: «Nel suo misterioso progetto salvifico, Dio assume il gesto inescusabile di Giuda come occasione del dono totale del Figlio per la redenzione del mondo». Redenzione cui pure noi partecipiamo: «Anche se nella Chiesa non mancano cristiani indegni e traditori, spetta a ciascuno di noi controbilanciare il male da essi compiuto con la nostra limpida testimonianza a Gesù Risorto».
Terminati i «piccoli ritratti» dei dodici Apostoli, la catechesi di Benedetto XVI continua con «altri personaggi importanti per la vita della Chiesa primitiva»; primo tra tutti san Paolo. Ma noi ci fermiamo qui. Ci basta aver dato un assaggio e invogliato alla lettura.
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La comunione ecclesiale è suscitata e sostenuta dallo Spirito Santo, custodita e promossa dal ministero apostolico. (…) Lo Spirito appare come il garante della presenza attiva del mistero nella storia, Colui che ne assicura la realizzazione nel corso dei secoli. Grazie al Paraclito l’esperienza del Risorto, fatta dalla comunità apostolica alle origini della Chiesa, potrà sempre essere vissuta dalle generazioni successive, in quanto trasmessa e attualizzata nella fede, nel culto e nella comunione del Popolo di Dio, pellegrino nel tempo. (…)
In questa trasmissione dei beni della salvezza, che fa della comunità cristiana l’attualizzazione permanente, nella forza dello Spirito, della comunione originaria, consiste la Tradizione apostolica della Chiesa. (…) La Tradizione non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti. Il grande fiume che ci conduce al porto dell’eternità. Ed essendo così, in questo fiume vivo si realizza sempre di nuovo la parola del Signore, che abbiamo sentito all’inizio dalle labbra del lettore: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Udienza generale. Mercoledì, 26 aprile 2006
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La comunità, nata dall’annuncio evangelico, si riconosce convocata dalla parola di coloro che per primi hanno fatto esperienza del Signore e da Lui sono stati inviati. Essa sa di poter contare sulla guida dei Dodici, come anche su quella di coloro che essi via via si associano come successori nel ministero della Parola e nel servizio alla comunione. Di conseguenza, la comunità si sente impegnata a trasmettere ad altri la “lieta notizia” della presenza attuale del Signore e del suo mistero pasquale, operante nello Spirito. (…)
La Tradizione, pertanto, è la storia dello Spirito che agisce nella storia della Chiesa attraverso la mediazione degli Apostoli e dei loro successori, in fedele continuità con l’esperienza delle origini. (…)
Così, in un modo diverso dagli Apostoli, abbiamo anche noi una vera e personale esperienza della presenza del Signore risorto. Attraverso il ministero apostolico è così Cristo stesso a raggiungere chi è chiamato alla fede. La distanza dei secoli è superata e il Risorto si offre vivo e operante per noi, nell’oggi della Chiesa e del mondo. Questa è la nostra grande gioia. Nel fiume vivo della Tradizione Cristo non è distante duemila anni, ma è realmente presente tra noi e ci dona la Verità, ci dona la luce che ci fa vivere e trovare la strada verso il futuro.
Udienza generale. Mercoledì, 3 maggio 2006
tracce gennaio 2007