Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

Aggiornamenti sul lavoro del Papa

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2019 00:14
06/06/2005 15:54
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 512
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Appuntamento Tv *****
Ore 19:30 In diretta dalla Basilica di San Giovanni in Laterano: Apertura del Convegno Diocesano sulla Famiglia. Presiede il Santo Padre BENEDETTO XVI.





PER POSSESSORI DI SKY CANALE 819 DALLE 19.25

POTETE SEGUIRE L'EVENTO ANCHE CLICCANDO ALLE 19.30 DIRETTAMENTE QUI
06/06/2005 18:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 1
Registrato il: 06/06/2005
Utente Junior
vorrei sapere cosa ne pensa il papa,per quanto concerne la ricerca sulle cellule staminali,se qualcuno ha delle info, posti,cercando magari di affiancare ai dati riportati un commento personale su cosa ne pensa a riguardo,grazie! [SM=g27823]
06/06/2005 23:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 105
Registrato il: 14/05/2005
Utente Junior
Papa Ratzi è contrario a questi esperimenti,l'ha espresso in modo abbastanza chiaro durante il discorso di presentazione di stasera a San Giovanni in Laterano.

A proposito,grazie di cuore Ratzigirl per il video,sono riuscita a vederlo dall'inizio,un'esperienza stupenda![SM=g27836]
RATZI FOREVER

Suor RATZGIRL
Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
07/06/2005 00:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 526
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Ehehehe
Io l'ho registrato!!! A proposito di video e di stasera, prima di postare l'omelia (fra le altre cose, una delle più belle che io abbia mai sentito...) E' Stato dolcissimo quando la bambina della famiglia scelta per la rappresentanza ha letto il suo messaggio e poi si è avvicinata al Papa per salutarlo, è stata una scena tenerissima!!![SM=g27835] [SM=g27836] [SM=g27835] [SM=g27836]
In attesa dell'omelia da pubblicare ecco alcuni momenti della serata (queste vanno anche nella sezione Foto Papa)GUARDATE CHE FOTOOOOO!!!!





Bellissima!! [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836]




Bambina super fortunataaaaa[SM=g27837] [SM=g27837] [SM=g27837]




07/06/2005 01:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 530
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Appuntamenti in Tv^__^
MERCOLEDI' 8 GIUGNO ORE 10.30 - P.zza San Pietro

UDIENZA GENERALE del Santo Padre BENEDETTO XVI

PER I POSSESSORI DI SKY L'EVENTO SARA' DISPONIBILE SUL CANALE 819,ALTRIMENTI è VISIBILE CON MEDIAPLAYER CLICCANDO QUI




GIOVEDI' (REPLICA)
ORE 20:30 UDIENZA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI VERONA (Canale 819 Sky)

[Modificato da Ratzigirl 07/06/2005 1.28]

07/06/2005 11:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 546
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Omelia del Congresso Diocesano
Alle 19.45 di lunedì 6 giugno, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato alla Basilica di San Giovanni in Laterano per presiedere l’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma su "Famiglia e Comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede".



Cari fratelli e sorelle,

ho accolto molto volentieri l’invito a introdurre con una mia riflessione questo nostro Convegno Diocesano, anzitutto perché ciò mi dà la possibilità di incontrarvi, di avere un contatto diretto con voi, e poi anche perché posso aiutarvi ad approfondire il senso e lo scopo del cammino pastorale che la Chiesa di Roma sta percorrendo.

Saluto con affetto ciascuno di voi, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e in particolare voi laici e famiglie che assumete consapevolmente quei compiti di impegno e testimonianza cristiana che hanno la loro radice nel sacramento del battesimo e, per coloro che sono sposati, in quello del matrimonio. Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario e i coniugi Luca e Adriana Pasquale per le parole che mi hanno rivolto a nome di voi tutti.

Questo Convegno, e l’anno pastorale di cui esso fornirà le linee guida, costituiscono una nuova tappa del percorso che la Chiesa di Roma ha iniziato, sulla base del Sinodo diocesano, con la Missione cittadina voluta dal nostro tanto amato Papa Giovanni Paolo II, in preparazione al Grande Giubileo del 2000. In quella Missione tutte le realtà della nostra Diocesi - parrocchie, comunità religiose, associazioni e movimenti - si sono mobilitate, non solo per una missione al popolo di Roma, ma per essere esse stesse "popolo di Dio in missione", mettendo in pratica la felice espressione di Giovanni Paolo II "parrocchia, cerca te stessa e trova te stessa fuori di te stessa": nei luoghi cioè nei quali la gente vive. Così, nel corso della Missione cittadina, molte migliaia di cristiani di Roma, in gran parte laici, si sono fatti missionari e hanno portato la parola della fede dapprima nelle famiglie dei vari quartieri della città e poi nei diversi luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle scuole e nelle università, negli spazi della cultura e del tempo libero.

Dopo l’Anno Santo, il mio amato Predecessore vi ha chiesto di non interrompere questo cammino e di non disperdere le energie apostoliche suscitate e i frutti di grazia raccolti. Perciò, a partire dal 2001, il fondamentale indirizzo pastorale della Diocesi è stato quello di dare forma permanente alla missione, caratterizzando in senso più decisamente missionario la vita e le attività delle parrocchie e di ogni altra realtà ecclesiale. Voglio dirvi anzitutto che intendo confermare pienamente questa scelta: essa infatti si rivela sempre più necessaria e senza alternative, in un contesto sociale e culturale nel quale sono all’opera forze molteplici che tendono ad allontanarci dalla fede e dalla vita cristiana.

Da ormai due anni l’impegno missionario della Chiesa di Roma si è concentrato soprattutto sulla famiglia, non solo perché questa fondamentale realtà umana oggi è sottoposta a molteplici difficoltà e minacce e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e concretamente sostenuta, ma anche perché le famiglie cristiane costituiscono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, l’edificazione della Chiesa come comunione e la sua capacità di presenza missionaria nelle più diverse situazioni di vita, oltre che per fermentare in senso cristiano la cultura diffusa e le strutture sociali. Su queste linee proseguiremo anche nel prossimo anno pastorale e perciò il tema del nostro Convegno è "Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede".

Il presupposto dal quale occorre partire, per poter comprendere la missione della famiglia nella comunità cristiana e i suoi compiti di formazione della persona e trasmissione della fede, rimane sempre quello del significato che il matrimonio e la famiglia rivestono nel disegno di Dio, creatore e salvatore. Questo sarà dunque il nocciolo della mia riflessione di questa sera, richiamandomi all’insegnamento dell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (Parte seconda, nn. 12-16).

Il fondamento antropologico della famiglia

Matrimonio e famiglia non sono in realtà una costruzione sociologica casuale, frutto di particolari situazioni storiche ed economiche. Al contrario, la questione del giusto rapporto tra l’uomo e la donna affonda le sue radici dentro l’essenza più profonda dell’essere umano e può trovare la sua risposta soltanto a partire da qui. Non può essere separata cioè dalla domanda antica e sempre nuova dell’uomo su se stesso: chi sono? cosa è l’uomo? E questa domanda, a sua volta, non può essere separata dall’interrogativo su Dio: esiste Dio? e chi è Dio? qual è veramente il suo volto? La risposta della Bibbia a questi due quesiti è unitaria e consequenziale: l’uomo è creato ad immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio: egli diventa simile a Dio nella misura in cui diventa qualcuno che ama.

Da questa fondamentale connessione tra Dio e l’uomo ne consegue un’altra: la connessione indissolubile tra spirito e corpo: l’uomo è infatti anima che si esprime nel corpo e corpo che è vivificato da uno spirito immortale. Anche il corpo dell’uomo e della donna ha dunque, per così dire, un carattere teologico, non è semplicemente corpo, e ciò che è biologico nell’uomo non è soltanto biologico, ma è espressione e compimento della nostra umanità. Parimenti, la sessualità umana non sta accanto al nostro essere persona, ma appartiene ad esso. Solo quando la sessualità si è integrata nella persona, riesce a dare un senso a se stessa.

Così, dalle due connessioni, dell’uomo con Dio e nell’uomo del corpo con lo spirito, ne scaturisce una terza: quella tra persona e istituzione. La totalità dell’uomo include infatti la dimensione del tempo, e il "sì" dell’uomo è un andare oltre il momento presente: nella sua interezza, il "sì" significa "sempre", costituisce lo spazio della fedeltà. Solo all’interno di esso può crescere quella fede che dà un futuro e consente che i figli, frutto dell’amore, credano nell’uomo. La libertà del "sì" si rivela dunque libertà capace di assumere ciò che è definitivo: la più grande espressione della libertà non è allora la ricerca del piacere, senza mai giungere a una vera decisione; è invece la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la libertà, donandosi, ritrova pienamente se stessa.

In concreto, il "sì" personale e reciproco dell’uomo e della donna dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e al tempo stesso è destinato al dono di una nuova vita. Perciò questo "sì" personale non può non essere un "sì" anche pubblicamente responsabile, con il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà. Nessuno di noi infatti appartiene esclusivamente a se stesso: pertanto ciascuno è chiamato ad assumere nel più intimo di sé la propria responsabilità pubblica. Il matrimonio come istituzione non è quindi una indebita ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori; è invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale.

Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il "matrimonio di prova", fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono invece espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell’uomo. Una tale pseudo-libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo. Il suo presupposto è che l’uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria dal punto di vista umano, da utilizzare come si vuole. Il libertinismo, che si fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà un dualismo che rende spregevole il corpo, collocandolo per così dire fuori dall’autentico essere e dignità della persona.

Matrimonio e famiglia nella storia della salvezza

La verità del matrimonio e della famiglia, che affonda le sue radici nella verità dell’uomo, ha trovato attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la parola: "Dio ama il suo popolo". La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d’amore, la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini: perciò la storia dell’amore e dell’unione di un uomo ed una donna nell’alleanza del matrimonio ha potuto essere assunta da Dio quale simbolo della storia della salvezza. Il fatto inesprimibile, il mistero dell’amore di Dio per gli uomini, riceve la sua forma linguistica dal vocabolario del matrimonio e della famiglia, in positivo e in negativo: l’accostarsi di Dio al suo popolo viene presentato infatti nel linguaggio dell’amore sponsale, mentre l’infedeltà di Israele, la sua idolatria, è designata come adulterio e prostituzione.

Nel Nuovo Testamento Dio radicalizza il suo amore fino a divenire Egli stesso, nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo. In questo modo l’unione di Dio con l’uomo ha assunto la sua forma suprema, irreversibile e definitiva. E così viene tracciata anche per l’amore umano la sua forma definitiva, quel "sì" reciproco che non può essere revocato: essa non aliena l’uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per riportarlo alla verità della creazione. La sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura dell’uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell’innalzarla al di là dei suoi propri confini. E come l’incarnazione del Figlio di Dio rivela il suo vero significato nella croce, così l’amore umano autentico è donazione di sé, non può esistere se vuole sottrarsi alla croce.

Cari fratelli e sorelle, questo legame profondo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio e l’amore umano, trova conferma anche in alcune tendenze e sviluppi negativi, di cui tutti avvertiamo il peso. Lo svilimento dell’amore umano, la soppressione dell’autentica capacità di amare si rivela infatti, nel nostro tempo, l’arma più adatta e più efficace per scacciare Dio dall’uomo, per allontanare Dio dallo sguardo e dal cuore dell’uomo. Analogamente, la volontà di "liberare" la natura da Dio conduce a perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice.




I figli


Anche nella generazione dei figli il matrimonio riflette il suo modello divino, l’amore di Dio per l’uomo. Nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita. Proprio da qui diventa del tutto chiaro quanto sia contrario all’amore umano, alla vocazione profonda dell’uomo e della donna, chiudere sistematicamente la propria unione al dono della vita, e ancora più sopprimere o manomettere la vita che nasce.

Nessun uomo e nessuna donna, però, da soli e unicamente con le proprie forze, possono dare ai figli in maniera adeguata l’amore e il senso della vita. Per poter infatti dire a qualcuno "la tua vita è buona, per quanto io non conosca il tuo futuro", occorrono un’autorità e una credibilità superiori a quello che l’individuo può darsi da solo. Il cristiano sa che questa autorità è conferita a quella famiglia più vasta che Dio, attraverso il Figlio suo Gesù Cristo e il dono dello Spirito Santo, ha creato nella storia degli uomini, cioè alla Chiesa. Egli riconosce qui all’opera quell’amore eterno e indistruttibile che assicura alla vita di ciascuno di noi un senso permanente. Per questo motivo l’edificazione di ogni singola famiglia cristiana si colloca nel contesto della più grande famiglia della Chiesa, che la sostiene e la porta con sé. E reciprocamente la Chiesa viene edificata dalle famiglia, "piccole Chiese domestiche", come le ha chiamate il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 11; Apostolicam actuositatem, 11), riscoprendo un’antica espressione patristica (San Giovanni Crisostomo, In Genesim serm. VI,2; VII,1). Nel medesimo senso la Familiaris consortio afferma che "Il matrimonio cristiano… è il luogo naturale nel quale si compie l’inserimento della persona umana nella grande famiglia della Chiesa" (n. 14).

La famiglia e la Chiesa

Da tutto ciò scaturisce una conseguenza evidente: la famiglia e la Chiesa, in concreto le parrocchie e le altre forme di comunità ecclesiale, sono chiamate alla più stretta collaborazione per quel compito fondamentale che è costituito, inseparabilmente, dalla formazione della persona e dalla trasmissione della fede. Sappiamo bene che per un’autentica opera educativa non basta una teoria giusta o una dottrina da comunicare. C’è bisogno di qualcosa di molto più grande e umano, di quella vicinanza, quotidianamente vissuta, che è propria dell’amore e che trova il suo spazio più propizio anzitutto nella comunità familiare, ma poi anche in una parrocchia, o movimento o associazione ecclesiale, in cui si incontrino persone che si prendono cura dei fratelli, in particolare dei bambini e dei giovani, ma anche degli adulti, degli anziani, dei malati, delle stesse famiglie, perché, in Cristo, vogliono loro bene. Il grande Patrono degli educatori, San Giovanni Bosco, ricordava ai suoi figli spirituali che "l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone" (Epistolario, 4,209).

Centrale nell’opera educativa, e specialmente nell’educazione alla fede, che è il vertice della formazione della persona e il suo orizzonte più adeguato, è in concreto la figura del testimone: egli diventa punto di riferimento proprio in quanto sa rendere ragione della speranza che sostiene la sua vita (cfr 1 Pt 3,15), è personalmente coinvolto con la verità che propone. Il testimone, d’altra parte, non rimanda mai a se stesso, ma a qualcosa, o meglio a Qualcuno più grande di lui, che ha incontrato e di cui ha sperimentato l’affidabile bontà. Così ogni educatore e testimone trova il suo modello insuperabile in Gesù Cristo, il grande testimone del Padre, che non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (cfr Gv 8,28).

Questo è il motivo per il quale alla base della formazione della persona cristiana e della trasmissione della fede sta necessariamente la preghiera, l’amicizia con Cristo e la contemplazione in Lui del volto del Padre. E la stessa cosa vale, evidentemente, per tutto il nostro impegno missionario, in particolare per la pastorale familiare: la Famiglia di Nazareth sia dunque, per le nostre famiglie e per le nostre comunità, oggetto di costante e fiduciosa preghiera, oltre che modello di vita.

Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, cari sacerdoti, conosco la generosità e la dedizione con cui servite il Signore e la Chiesa. Il vostro lavoro quotidiano per la formazione alla fede delle nuove generazioni, in stretta connessione con i sacramenti dell’iniziazione cristiana, come anche per la preparazione al matrimonio e per l’accompagnamento delle famiglie nel loro spesso non facile cammino, in particolare nel grande compito dell’educazione dei figli, è la strada fondamentale per rigenerare sempre di nuovo la Chiesa e anche per vivificare il tessuto sociale di questa nostra amata città di Roma.

La minaccia del relativismo

Continuate dunque, senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà che incontrate. Il rapporto educativo è per sua natura una cosa delicata: chiama in causa infatti la libertà dell’altro che, per quanto dolcemente, viene pur sempre provocata a una decisione. Né i genitori, né i sacerdoti o i catechisti, né gli altri educatori possono sostituirsi alla libertà del fanciullo, del ragazzo o del giovane a cui si rivolgono. E specialmente la proposta cristiana interpella a fondo la libertà, chiamandola alla fede e alla conversione. Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie,G e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione. Dentro a un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione: senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune.

E’ chiaro dunque che non soltanto dobbiamo cercare di superare il relativismo nel nostro lavoro di formazione delle persone, ma siamo anche chiamati a contrastare il suo predominio nella società e nella cultura. E’ molto importante perciò, accanto alla parola della Chiesa, la testimonianza e l’impegno pubblico delle famiglie cristiane, specialmente per riaffermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi e amministrativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli, compito essenziale per il nostro comune futuro. Anche per questo impegno vi dico un grazie cordiale.

Sacerdozio e vita consacrata

Un ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata: sappiamo tutti quanto la Chiesa ne abbia bisogno! Perché queste vocazioni nascano e giungano a maturazione, perché le persone chiamate si mantengano sempre degne della loro vocazione, è decisiva anzitutto la preghiera, che non deve mai mancare in ciascuna famiglia e comunità cristiana. Ma è anche fondamentale la testimonianza di vita dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la gioia che essi esprimono per essere stati chiamati dal Signore. Ed è ugualmente essenziale l’esempio che i figli ricevono all’interno della propria famiglia e la convinzione delle famiglie stesse che, anche per loro, la vocazione dei propri figli è un grande dono del Signore. La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la valorizzazione del matrimonio cristiano: l’uno e l’altra, in due maniere differenti e complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.

Cari fratelli e sorelle, vi affido queste riflessioni come contributo al vostro lavoro nelle serate del Convegno e poi durante il prossimo anno pastorale. Chiedo al Signore di darvi coraggio ed entusiasmo, perché questa nostra Chiesa di Roma, ciascuna parrocchia, comunità religiosa, associazione o movimento partecipi più intensamente alla gioia e alle fatiche della missione e così ogni famiglia e l’intera comunità cristiana riscopra nell’amore del Signore la chiave che apre la porta dei cuori e che rende possibile una vera educazione alla fede e formazione delle persone. Il mio affetto e la mia benedizione vi accompagnano oggi e per il futuro.
08/06/2005 14:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 606
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Udienza generale 8 giugno (un po' ventosa)
SALMO 110

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
nel consesso dei giusti e nell'assemblea. Grandi le opere del Signore,
le contemplino coloro che le amano.
Le sue opere sono splendore di bellezza,
la sua giustizia dura per sempre.
Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi:
pietà e tenerezza è il Signore.
Egli dà il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.

Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l'eredità delle genti.
Le opere delle sue mani sono verità e giustizia,
stabili sono tutti i suoi comandi,
immutabili nei secoli, per sempre,
eseguiti con fedeltà e rettitudine.
Mandò a liberare il suo popolo,
stabilì la sua alleanza per sempre.

Santo e terribile il suo nome.
Principio della saggezza è il timore del Signore,
saggio è colui che gli è fedele;
la lode del Signore è senza fine.





CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari Fratelli e Sorelle,

1. Oggi sentiamo il vento forte. Il vento nella Sacra Scrittura è simbolo dello Spirito Santo. Speriamo che lo Spirito Santo ci illumini adesso nella meditazione del Salmo 110 ora ascoltato. In questo Salmo si incontra un inno di lode e di ringraziamento per i tanti benefici che definiscono nei suoi attributi e nella sua opera di salvezza: si parla di «pietà», di «tenerezza», di «giustizia», di «potenza», di «verità», di «rettitudine», di «fedeltà», di «alleanza», di «opere», di «prodigi», persino di «cibo» che egli dona e, alla fine, del suo «nome» glorioso, ossia della sua persona. La preghiera è, quindi, contemplazione del mistero di Dio e delle meraviglie che egli opera nella storia della salvezza.

2. Il Salmo si apre col verbo del ringraziamento che sale non solo dal cuore dell’orante, ma anche da tutta l’assemblea liturgica (cfr v. 1). L’oggetto di questa preghiera, che comprende anche il rito del ringraziamento, è espresso con la parola «opere» (cfr vv. 2.3.6.7). Esse indicano gli interventi salvifici del Signore, manifestazione della sua «giustizia» (cfr v. 3), termine che nel linguaggio biblico indica prima di tutto l’amore che genera salvezza.

Pertanto il cuore del Salmo si trasforma in un inno all’alleanza (cfr vv. 4-9), a quel legame intimo che vincola Dio al suo popolo e che comprende una serie di atteggiamenti e di gesti. Così si parla di «pietà e tenerezza» (cfr v. 4), sulla scia della grande proclamazione del Sinai: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34,6).

La «pietà» è la grazia divina che avvolge e trasfigura il fedele, mentre la «tenerezza» è espressa nell’originale ebraico con un termine caratteristico che rimanda alle «viscere» materne del Signore, ancor più misericordiose di quelle di una madre (cfr Is 49,15).

3. Questo legame d’amore comprende il dono fondamentale del cibo e quindi della vita (cfr Sal 110,5) che, nella rilettura cristiana, si identificherà con l’Eucaristia, come dice san Girolamo: «Come cibo diede il pane disceso dal cielo: se ne siamo degni, cibiamoci!» (Breviarium in Psalmos, 110: PL XXVI, 1238-1239).

C’è poi il dono della terra, «l’eredità delle genti» (Sal 110,6), che allude alla grande vicenda dell’Esodo, quando il Signore si rivela come il Dio della liberazione. La sintesi del corpo centrale di questo canto è, quindi, da cercare nel tema del patto speciale tra il Signore e il suo popolo, come dichiara in modo lapidario il v. 9: «Stabilì la sua alleanza per sempre».

4. Il Salmo 110 è suggellato al termine dalla contemplazione del volto divino, della persona del Signore, espressa attraverso il suo «nome» santo e trascendente. Citando poi un detto sapienziale (cfr Pr 1,7; 9,10; 15,33), il Salmista invita ogni fedele a coltivare il «timore del Signore» (Sal 110,10), inizio della vera sapienza. Sotto questo termine non si cela la paura e il terrore, ma il rispetto serio e sincero, che è frutto dell'amore, l’adesione genuina e operosa al Dio liberatore. E, se la prima parola del canto era stata quella del ringraziamento, l’ultima è quella della lode: come la giustizia salvifica del Signore «dura per sempre» (v. 3), così la gratitudine dell’orante non conosce sosta, risuona nella preghiera «senza fine» (v. 10). Per riassumere, il Salmo ci invita alla fine a scoprire le tante cose buone che il Signore ci dà ogni giorno. Noi vediamo più facilmente gli aspetti negativi della nostra vita. Il Salmo ci invita a vedere anche le cose positive, i tanti doni che riceviamo, e così trovare la gratitudine, perchè solo un cuore grato può celebrare degnamente la grande liturgia della gratitudine, l'Eucaristia.

5. A conclusione della nostra riflessione vorremmo meditare con la tradizione ecclesiale dei primi secoli cristiani il versetto finale con la sua celebre dichiarazione reiterata altrove nella Bibbia (cfr Pr 1,7): «Principio della saggezza è il timore del Signore» (Sal 110,10).

Lo scrittore cristiano Barsanufio di Gaza (attivo nella prima metà del VI secolo) così lo commenta: «Che cosa è principio di sapienza se non astenersi da tutto ciò che è odioso a Dio? E in che modo uno può astenersene, se non evitando di fare alcunché senza aver domandato consiglio, o col non dir nulla che non si deve dire e inoltre stimando se stesso folle, stolto, disprezzabile e niente del tutto?» (Epistolario, 234: Collana di testi patristici, XCIII, Roma 1991, pp. 265-266).

Giovanni Cassiano (vissuto a cavallo tra il IV e il V secolo), tuttavia, preferiva precisare che «c'è molta differenza fra l'amore, al quale nulla manca e che è il tesoro della sapienza e della scienza, e l'amore imperfetto, denominato "inizio della sapienza"; questo, contenendo in sé l'idea del castigo, viene escluso dal cuore dei perfetti per il sopraggiungere della pienezza dell'amore» (Conferenze ai monaci, 2,11,13: Collana di testi patristici, CLVI, Roma 2000, p. 29). Così, nel cammino della nostra vita verso Cristo, al timore servile che c'è all'inizio si sostituisce un timore perfetto che è amore, dono dello Spirito Santo.



Saluto in lingua italiana

Saluto con grande cordialità e gioia tutti i pellegrini di lingua italiana. Sento il vostro fervore: grazie! In particolare, i partecipanti alle manifestazioni promosse per il VII centenario della morte di S. Nicola da Tolentino, le persone non udenti del Centro Beato don Smaldone in Roma, i soci del Lyons Club di Rieti, i fedeli della parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo in Morcone.

Cari amici, auspico che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli sia per ciascuno stimolo a continuare con rinnovato fervore nel cammino di fede intrapreso.

Saluto, inoltre, il caro Cardinale Lubomyr Husar, Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini, e i Vescovi greco-cattolici che lo accompagnano; a loro auguro ogni desiderato bene.

Infine rivolgo un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Cari giovani, la ricchezza del Cuore di Cristo e la tenerezza del Cuore di Maria vi sostengano sempre. Aiutino voi, cari ammalati, ad affidarvi con generoso abbandono nelle mani della Provvidenza divina; ed incoraggino voi, cari sposi novelli, a vivere la vostra unione familiare con paziente comprensione e reciproca dedizione. Dio vi benedica tutti!



08/06/2005 20:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 618
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
REPLICA!!
E' adesso in onda (ore 20.45) la replica dell'udienza generale di questa mattina in San Pietro!!

PER CHI HA SKY (non si vede dal computer) CANALE 819 !!!




CORRETE!!!!
08/06/2005 23:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 146
Registrato il: 14/05/2005
Utente Junior
UFFY
Perché non ho Sky??[SM=g27813] [SM=g27813]
Com'era radioso e sereno oggi Papa Ratzi!Il mio cuore esulta di gioia quando lo vedo cosi'.[SM=x40790]
RATZI FOREVER

Suor RATZGIRL
Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
09/06/2005 12:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 626
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Appuntamento tv
Questa sera 9 Giungo ore 20.30 (in replica)

Canale 819 PER TUTTI I POSSESSORI DI SKY


UDIENZA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI VERONA.


RATZ, non puoi chiedere a qualcuno che conosci x farti il favore? alcuni appuntamenti sono davvero imperdibili!!Vedi l'udienza di ieri mattina...è davvero un peccato[SM=g27813] [SM=g27813] [SM=g27813]

Ah, però le udienze del mercoledì mattina puoi vederle dal pc!!

Sorry mi ero forse scordata di dirvelo!![SM=g27819] [SM=g27819] [SM=g27819]

[Modificato da Ratzigirl 09/06/2005 12.58]

09/06/2005 14:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 633
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Udienza delegazione internazionale della Comunità Ebraica


Benedetto XVI ha ricevuto in udienza una delegazione dell'International Jewish Committeeon interreligious consultations. L’impegno a proseguire il dialogo sull’esempio di Paolo VI e Giovanni Paolo II.



CITTA’ DEL VATICANO - Continuare il dialogo tra cristiani ed ebrei, che assume particolare valore oggi a quaranta anni dalla dichiarazione Nostra Aetate, e allo stesso tempo non dimenticare la shoah, per proseguire insieme la strada della riconciliazione. È il messaggio di Benedetto XVI alla delegazione dell'International Jewish Committeeon interreligious consultations, ricevuta oggi in Vaticano insieme al suo presidente, il rabbino Israel Singer, e al presidente del World Jewish Congress, Edgar Bronfman. Il papa ha ricordato l'anniversario della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che condannava ''tutte le manifestazioni di odio, persecuzione e antisemitismo.




All'inizio del mio pontificato, desidero assicurare che la chiesa rimane fermamente convinta, nella sua catechesi e in ogni aspetto della sua vita, ad continuare in questo importante insegnamento”. Si tratta di percorrere “il sentiero tracciato dai predecessori, papa Paolo VI e, in modo particolare, Giovanni Paolo II che hanno fatto passi significativi per incrementare le relazioni con il popolo ebraico”. “La storia delle relazioni tra le nostre due comunità – ha aggiunto – è stata complessa e spesso dolorosa, ma sono convinto che il patrimonio spirituale, preservato da Cristiani ed Ebrei, è fonte di saggezza e di ispirazione capace di guidarci verso un futuro di speranza secondo il piano divino”. Allo stesso tempo, ha osservato il Pontefice, “la memoria del passato resta per le due comunità un imperativo morale ed una fonte di purificazione nei nostri sforzi di pregare e lavorare per la riconciliazione, la giustizia, il rispetto per la dignità umana e per la pace, che è un dono di Dio”.

L'International Jewish Committee on Interreligious Consultations (Ijcic) di New York, è un'organizzazione internazionale che comprende tutte le agenzie ebraiche del mondo impegnate nel dialogo interreligioso. Da 35 anni la Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l'ebraismo è in contatto con l'Ijcic, quale partner di dialogo, che si è mostrato molto utile in un contesto non sempre facile. Gli ospiti sono stati accompagnati all’udienza con il papa dal cardinale Walter Kasher, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo e dal reverendo Norbert Hofmann, segretario. Sempre all'insegna dei rapporti interreligiosi, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza questa mattina anche il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo di Sao Paulo (Brasile); il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi (India); e monsignore Michel Sabbah, patriarca di Gerusalemme dei Latini.
09/06/2005 23:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 646
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
SCAGIONATO DAGLI EBREI DAL PASSATO NELLA HITLER JUGEND
Rabbino Rosen: l'appartenenza era una scelta obbligata
I vertici dell'American Jewish Committee scendono in campo per difendere a spada tratta Papa Ratzinger dopo gli attacchi della stampa anglosassone che è andata a rispolverare il suo passato nella Hitler Jugend, la gioventù hitleriana. "E' semplicemente spazzatura". "Rubbish".

Il rabbino David Rosen non esita a far presente che "chi nutre preoccupazioni su questo Papa è evidente che non sa chi era il cardinale Ratzinger. Il suo comportamento è sempre stato evidente. E' sempre stato massimamente impegnato nel dialogo col popolo ebraico". Rosen è uno degli otto rabbini che stamattina sono stati ricevuti in Vaticano in udienza privata. "Chi conosce un minimo di storia sa che l'appartenenza alla gioventù hitleriana era una scelta obbligata per tutti i bambini tedeschi. E poi - ha rimarcato - un uomo adulto non è la stessa cosa di un giovane".


Il rabbino David Rosen

L'incontro che i rabbini hanno avuto stamattina con Benedetto XVI viene descritto con toni carichi di entusiasmo. "E' stato un incontro ancora più caloroso di quello avuto col suo predecessore. Papa Ratzinger è sceso dal suo trono, ha parlato con ognuno di noi, ci ha salutati con grande gentilezza. E' un uomo dolce, gentile e sorridente" ha aggiunto il rabbino Rosen.

Vengono percepite differenze nell'accoglienza tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI? "No non ce ne sono. Diciamo però - ha aggiunto il direttore dell'America Jewish Committee - che è stato il predecessore di Ratzinger ad aver permesso questo cammino e questa comunicazione. Wojtyla ha fatto passi da gigante in materia di dialogo interreligioso, e ora in Vaticano è normale che il Papa mostri tutto questo calore. Segno evidente di un rapporto tutto speciale col popolo ebraico".
10/06/2005 00:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 166
Registrato il: 14/05/2005
Utente Junior
E'un piacere immenso per me(e per tutti coloro che come me amano Papa Ratzi)leggere notizie come questa.[SM=x40790]
Alla faccia di certi giornalisti![SM=g27816]
RATZI FOREVER

Suor RATZGIRL
Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
10/06/2005 02:40
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 655
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Anacronisticamente parlando...
Lo so che è anacronistico rispetto alla notizia precedente, ma è troppo bella quest'omelia per non postarla!!!


OMELIA DELLA VEGLIA DI PASQUA

DELL’EM.MO CARD. JOSEPH RATZINGER



La liturgia della notte santa di Pasqua– dopo la benedizione del cero pasquale – comincia con una processione dietro la luce e verso la luce. Questa processione riassume simbolicamente tutto il cammino catecumenale e penitenziale della Quaresima, ma riprende anche il lungo cammino di Israele nel deserto verso la terra promessa e simbolizza infine anche il cammino dell’umanità, che nelle notti della storia cerca la luce, cerca il paradiso, cerca la vera vita, la riconciliazione tra le genti, tra cielo e terra, la pace universale.

Così la processione implica tutta la storia come le parole della benedizione del cero pasquale proclamano: "Cristo ieri e oggi. Principio e fine… A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno..." Ma la liturgia non si perde in idee generali, non si accontenta con utopie vaghe, ci offre invece indicazioni molto concrete circa il cammino da prendere e circa la meta del nostro cammino. Israele nel deserto fu guidato di notte da una colonna di fuoco, durante il giorno da una nuvola. La nostra colonna di fuoco, la nostra sacra nuvola è il Cristo risorto, simboleggiato dal cero pasquale acceso. Cristo è la luce; Cristo è via, verità e vita; seguendo Cristo, tenendo fisso lo sguardo del nostro cuore verso Cristo, troviamo la strada giusta. Tutta la pedagogia della liturgia quaresimale concretizza questo imperativo fondamentale. Seguire Cristo significa innanzitutto: essere attenti alla sua parola. La partecipazione alla liturgia domenicale settimana per settimana è necessaria per ogni cristiano proprio per entrare in una vera familiarità con la parola divina: l’uomo non vive solo del pane o del denaro o della carriera, vive della parola di Dio, che ci corregge, ci rinnova, ci mostra i veri valori portanti del mondo e della società: La parola di Dio è la vera manna, il pane del cielo, che ci insegna la vita, l’essere uomini. Seguire Cristo implica essere attenti ai suoi comandamenti – riassunti nel duplice comandamento di amare Dio ed il prossimo come noi stessi. Seguire Cristo significa avere compassione per i sofferenti, avere un cuore per i poveri; significa anche avere il coraggio di difendere la fede contro le ideologie; avere fiducia nella Chiesa e nella sua interpretazione e concretizzazione della parola divina per le nostre circostanze attuali. Seguire Cristo implica amare la sua Chiesa, il suo corpo mistico. Camminando così accendiamo piccole luci nel mondo, rompiamo le tenebre della storia.

Il cammino di Israele fu orientato verso la terra promessa, tutta l’umanità cerca qualcosa come la terra promessa. La liturgia pasquale è molto concreta su questo punto. La sua meta sono i sacramenti dell’iniziazione cristiana: il battesimo – la cresima – la santa eucaristia. La Chiesa ci dice così che questi sacramenti sono l’anticipazione del mondo nuovo, la sua presenza anticipata nella nostra vita. Nella Chiesa antica il Catecumenato era un cammino passo per passo verso il battesimo: un cammino di apertura dei sensi, del cuore, dell’intelletto a Dio, un apprendimento di un nuovo stile di vita, una trasformazione del proprio essere nella crescente amicizia con Cristo in compagnia con tutti i credenti. Così, dopo le diverse tappe di purificazione, di apertura, di conoscenza nuova l’atto sacramentale del battesimo era il dono definitivo di una vita nuova – era morte e risurrezione, come dice S. Paolo in una specie di autobiografia spirituale: "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). La risurrezione di Cristo non è semplicemente il ricordo di un fatto passato. Nella notte pasquale, nel sacramento del battesimo, si realizza oggi realmente la risurrezione, la vittoria sulla morte. Perciò Gesù dice: "Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna ed… è passato dalla morte alla vita" (Giov 5,24). E nello stesso senso dice a Marta: "Io sono la risurrezione e la vita…" (11,25). Gesù è la risurrezione e la vita eterna; nella misura, in cui siamo uniti a Cristo, siamo già oggi "passati dalla morte alla vita", viviamo già adesso la vita eterna, che non è solo una realtà che viene dopo la morte, ma comincia oggi nella nostra comunione con Cristo. Passare dalla morte alla vita – questo è col sacramento del battesimo il nucleo reale della liturgia di questa notte santa. Passare dalla morte alla vita – questo è il cammino, del quale Cristo ha aperto la porta, a cui ci invita la celebrazione delle feste pasquali.




Cari fedeli, la maggior parte di noi ha ricevuto il battesimo da bambino, a differenza di questi cinque catecumeni, che ora si apprestano a riceverlo in età adulta. Essi sono qui pronti per proclamare ad alta voce la loro fede. Per la maggioranza di noi invece, sono stati i nostri genitori che hanno anticipato la nostra fede. Ci hanno donato la vita biologica senza poterci chiedere, se volevamo vivere o no, convinti giustamente, che è bene vivere, che la vita è un dono. Ma erano ugualmente convinti che la vita biologica è un dono fragile, anzi, in un mondo segnato da tanti mali, un dono ambiguo e divenga un vero dono solo, se si può, nello stesso momento, donare la medicina contro la morte, la comunione con la vita invincibile, con Cristo. Insieme col dono fragile della vita biologica ci hanno dato la garanzia della vera vita, nel battesimo. Sta adesso a noi appropriarci di questo dono, entrare sempre più radicalmente nella verità del nostro battesimo. La notte pasquale ci invita ogni anno, ad immergerci di nuovo nelle acque del battesimo, a passare dalla morte alla vita, a divenire veri cristiani.

"Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà", dice un antico canto battesimale, ripreso da S. Paolo nella lettera agli Efesini (5,14). "Svegliati, o tu che dormi… e Cristo ti illuminerà", dice oggi la Chiesa a noi tutti: Svegliamoci dal nostro cristianesimo stanco, privo di slancio; alziamoci e seguiamo Cristo la vera luce, la vera vita. Amen.
12/06/2005 22:29
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 662
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Angelus 12 giugno 2005
Cari fratelli e sorelle!

Prosegue l’Anno dell’Eucaristia, voluto dall’amato Papa Giovanni Paolo II per ridestare sempre più nelle coscienze dei credenti lo stupore verso questo grande Sacramento. In questo singolare tempo eucaristico, uno dei temi ricorrenti è quello della Domenica, il Giorno del Signore, tema che è stato al centro anche del recente Congresso Eucaristico italiano, svoltosi a Bari. Durante la Celebrazione conclusiva, io pure ho sottolineato come la partecipazione alla Messa domenicale debba esser sentita dal cristiano non come un’imposizione o un peso, ma come un bisogno e una gioia. Riunirsi insieme con i fratelli, ascoltare la Parola di Dio e nutrirsi di Cristo, immolato per noi, è un’esperienza che dà senso alla vita, che infonde pace al cuore. Senza la domenica noi cristiani non possiamo vivere.



Per questo i genitori sono chiamati a far scoprire ai loro figli il valore e l’importanza della risposta all’invito di Cristo che convoca l’intera famiglia cristiana alla Messa domenicale. In tale cammino educativo, una tappa quanto mai significativa è la Prima Comunione, una vera festa per la comunità parrocchiale, che accoglie per la prima volta i suoi figli più piccoli alla Mensa del Signore. Per sottolineare l’importanza di questo evento per la famiglia e per la parrocchia, il 15 ottobre prossimo, a Dio piacendo, terrò in Vaticano uno speciale incontro di catechesi con i bambini, in particolare di Roma e del Lazio, che durante quest’anno hanno ricevuto la Prima Comunione. Questo festoso raduno verrà a cadere quasi alla fine dell’Anno dell’Eucaristia, mentre sarà in corso l’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi incentrata sul mistero eucaristico. Sarà un circostanza opportuna e bella per ribadire il ruolo essenziale che il sacramento dell’Eucaristia riveste nella formazione e nella crescita spirituale dei fanciulli.

Affido fin d’ora questo incontro alla Vergine Maria, perché ci insegni ad amare sempre più Gesù, nella costante meditazione della sua Parola e nell’adorazione della sua presenza eucaristica, e ci aiuti a far scoprire alle giovani generazioni la "perla preziosa" dell’Eucaristia, che dà senso vero e pieno alla vita.



DOPO L’ANGELUS

Saluto i donatori di sangue del mondo intero, in particolare quelli presenti oggi in Piazza San Pietro, venuti in occasione della Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, che ricorrerà dopodomani. Cari fratelli, so che avete partecipato alla santa Messa presieduta dal Cardinale Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio della Salute. Cristo, che ci ha redenti con il suo Sangue, sia sempre il modello del vostro volontariato.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, de modo particular a los del Colegio San José de Reus y a los de las parroquias de Nuestra Señora del Carmen de Játiva y Valencia. Os exhorto con las mismas palabras de Jesús en el Evangelio de hoy: "Id y proclamad que el Reino de Cielos está cerca". ¡Qué Dios os bendiga!

Z veseljem pozdravljam romarje iz Preddvora v Sloveniji. Romanje na grob zavetnika vaše župnije naj poživi vašo vero in zvestobo evangeliju!

[Con piacere saluto i pellegrini da Preddvor in Slovenia. Il pellegrinaggio alla tomba del Patrono della vostra Parrocchia rafforzi la vostra fede e la vostra fedeltà al Vangelo!]

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Terni, Lodi, Pantigliate, Pergo di Cortona, Mirteto, Roma, Ruvo di Puglia, Leverano, Gioia Sannitica, Napoli, Bellizzi, Palau e Macomer, Catania e dalla diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia. Saluto, inoltre, gli anziani della Comunità di Sant’Egidio, i bambini e gli insegnanti delle scuole di Nerviano e di San Benedetto del Tronto, la Banda musicale di Gallipoli e il Coro "Laurentianum" di Lizzanello.

Auguro a tutti una buona domenica.
13/06/2005 21:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 702
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Il 28 giugno inizia il processo di beatificazione
Il 28 giugno il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II
A confermarlo è stato il Card. Camillo Ruini che ha annunciato per la festività di S.Pietro e Paolo l'apertura ufficiale del processo di beatificazioni per il Santo Padre Giovanni Paolo II.
A confermarlo è stato il Card. Camillo Ruini che ha annunciato per la festività di S.Pietro e Paolo l'apertura ufficiale del processo di beatificazioni per il Santo Padre Giovanni Paolo II.




“Martedì 28 giugno, alle ore 19.00, in questa Basilica di San Giovanni in Laterano, nei primi vespri della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, apriremo ufficialmente la causa di beatificazione e canonizzazione (applausi) del nostro amatissimo vescovo e Papa, Giovanni Paolo II. Il vostro applauso testimonia ancora una volta il bene che tutti gli vogliamo e il bene che egli ci ha fatto. Sarà per tutti noi un grandissimo dono e uno straordinario motivo di rendere grazie al Signore" Questo è stato l'annuncio del Presidente dei Vescovi Italiani , Card. Camillo Ruini, nella Basilica di S.Giovanni in Laterano dove ha chiuso i lavori del Convegno della diocesi di Roma su famiglia e comunità cristiana.
Una notizia attesa fin dal 13 maggio scorso, giorno in cui Benedetto XVI aveva annunciato, sempre nella Basilica Lateranense, la dispensa dei 5 anni canonici di attesa per l’avvio del processo di beatificazione per Papa Wojtyla
15/06/2005 03:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 754
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Udienza generale
10:30 In diretta dal Vaticano: UDIENZA GENERALE del Santo Padre BENEDETTO XVI

PER I POSSESSORI DI SKY L'EVENTO è DISPONIBILE SUL CANALE 819

L'EVENTO E' ALTRESI' VISIBILE TRAMITE MEDIAPLAYER COLLEGANDOSI AL CTV CLICCANDO QUA


(il collegamnto televisivo inizierà verso le 10.25 ca.)
15/06/2005 14:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 776
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Udienza Generale mercoledì 15 giugno

Salmo 122

A te levo i miei occhi,
a te che abiti nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni;
come gli occhi della schiava,
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
gia troppo ci hanno colmato di scherni,
noi siamo troppo sazi
degli scherni dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.





CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari Fratelli e Sorelle,

avete purtroppo sofferto sotto la pioggia. Adesso speriamo che il tempo migliori.

1. In modo molto incisivo Gesù, nel Vangelo, afferma che l’occhio è un simbolo espressivo dell’io profondo, è uno specchio dell’anima (cfr Mt 6,22-23). Ebbene, il Salmo 122, ora proclamato, è tutto racchiuso in un incrociarsi di sguardi: il fedele leva i suoi occhi al Signore e attende una reazione divina, per cogliervi un gesto d’amore, un’occhiata di benevolenza. Anche noi eleviamo un po' gli occhi e aspettiamo un gesto di benevolenza dal Signore.

Non di rado nel Salterio si parla dello sguardo dell’Altissimo che «si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c’è uno che cerchi Dio» (Sal 13,2). Il Salmista, come abbiamo sentito, ricorre a un’immagine, quella del servo e della schiava che sono protesi verso il loro padrone in attesa di una decisione liberatrice.

Anche se la scena è legata al mondo antico e alle sue strutture sociali, l’idea è chiara e significativa: quell’immagine ripresa dal mondo dell’Oriente antico vuole esaltare l’adesione del povero, la speranza dell’oppresso e la disponibilità del giusto nei confronti del Signore.

2. L’orante è in attesa che le mani divine si muovano, perché esse opereranno secondo giustizia, distruggendo il male. Per questo spesso nel Salterio l’orante eleva il suo occhio colmo di speranza verso il Signore: «Tengo i miei occhi rivolti al Signore, perché libera dal laccio il mio piede» (Sal 24,15), mentre «i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio» (Sal 68,4).

Il Salmo 122 è una supplica in cui la voce di un fedele si unisce a quella dell’intera comunità: infatti, il Salmo passa dalla prima persona singolare - «levo i miei occhi» - a quella plurale - «i nostri occhi» e «pietà di noi» (cfr vv 1-3). Viene espressa la speranza che le mani del Signore si aprano per effondere doni di giustizia e di libertà. Il giusto attende che lo sguardo di Dio si riveli in tutta la sua tenerezza e bontà, come si legge nell’antica benedizione sacerdotale del Libro dei Numeri: «Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,25-26).

3. Quanto sia importante lo sguardo amoroso di Dio si rivela nella seconda parte del Salmo, caratterizzata dall’invocazione: «Pietà di noi, Signore, pietà di noi!» (Sal 122,3). Essa si pone in continuità con la finale della prima parte, ove si ribadisce l’attesa fiduciosa «finché il Signore nostro Dio abbia pietà di noi» (v. 2).

I fedeli hanno bisogno di un intervento di Dio perché si trovano in una situazione penosa di disprezzo e di scherni da parte di gente prepotente. L’immagine che ora il Salmista usa è quella della sazietà: «Già troppo ci hanno colmato di scherni, noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi» (vv. 3-4).

Alla tradizionale sazietà biblica di cibo e di anni, considerata un segno della benedizione divina, si oppone ora un’intollerabile sazietà costituita da un carico esorbitante di umiliazioni. E sappiamo come oggi tante Nazioni, tanti individui realmente sono colmati di scherno, troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi. Preghiamo per loro e aiutiamo questi nostri fratelli umiliati.

Per questo i giusti hanno affidato la loro causa al Signore ed egli non rimane indifferente a quegli occhi imploranti, non ignora la loro e la nostra invocazione, né delude la loro speranza.

4. In finale lasciamo spazio alla voce di sant’Ambrogio, il grande Arcivescovo di Milano, il quale, nello spirito del Salmista, scandisce poeticamente l’opera di Dio che ci raggiunge in Gesù Salvatore: «Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla febbre, è fontana; se sei oppresso dall’iniquità, è giustizia; se hai bisogno di aiuto, è forza; se temi la morte, è vita; se desideri il cielo, è via; se fuggi le tenebre, è luce; se cerchi cibo, è alimento»


16/06/2005 11:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 817
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Dichiarazione del direttore della sala stampa Navarro Valls
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, DR. JOAQUÍN NAVARRO-VALLS



Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Dr. Joaquín Navarro-Valls, ha rilasciato ai giornalisti la seguente dichiarazione:

"Il prossimo 28 giugno, nel corso di una solenne Celebrazione Liturgica alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, sarà presentato il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica preparato da una Commissione speciale, presieduta dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger.

Il volume del Catechismo della Chiesa Cattolica era stato consegnato ai fedeli di tutto il mondo il 7 dicembre 1992 da Papa Giovanni Paolo II, che lo presentava come "testo di riferimento sicuro e autentico".

Successivamente, alla richiesta di una maggiore valorizzazione del Catechismo e per venire incontro a una diffusa esigenza emersa nel Congresso Catechistico Internazionale del 2002, fu istituita nel 2003 dal Santo Padre una Commissione speciale, presieduta dallo stesso Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con il compito di elaborare un Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, contenente una formulazione più sintetica e dialogica dei medesimi contenuti della fede e della morale cattolica.

L’avvio della sua diffusione avverrà a partire dal prossimo 29 giugno 2005, nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa universale ed evangelizzatori esemplari del Vangelo. Tutta la Chiesa è invitata, ora, a imitarli nel loro slancio missionario e a pregare il Signore affinché le conceda di seguire anche oggi il loro insegnamento che ha portato il gioioso annuncio del Vangelo al mondo intero.

A quarant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II e nel cuore dell’anno dell’Eucaristia, il Compendio può rappresentare un prezioso sussidio per soddisfare la fame di verità che ogni persona umana di qualunque età e condizione avverte.

Il testo del Compendio sarà pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana in coedizione con le Edizioni San Paolo, che ne cureranno anche la diffusione in tutta Italia. Mentre per le traduzioni e le edizioni nelle varie lingue saranno coinvolte le rispettive Conferenze Episcopali."
17/06/2005 04:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 860
Registrato il: 10/05/2005
Utente Senior
Il papa: ''Il nostro impegno per l'unità dei cristiani è irreversibile''



Benedetto XVI ha ricevuto in udienza in Vaticano il pastore metodista Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec). La conferma dell'impegno dei cattolici sulla strada del dialogo.





CITTA' DEL VATICANO - "L'impegno della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità dei cristiani è irreversibile". Lo ha detto questa mattina Benedetto XVI ricevendo in udienza in Vaticano il pastore metodista Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), accompagnato da una delegazione dell'organismo. Soffermandosi sulle "relazioni sviluppatesi tra la Chiesa cattolica e il Cec durante il Concilio Vaticano II", il Papa ha ricordato la nascita del "Gruppo congiunto di lavoro" nel 1965, "come strumento di ulteriore contatto e cooperazione" nel cammino verso l'unità. "Il prossimo mese di novembre - ha proseguito Benedetto XVI - si svolgerà un'importante consultazione sul futuro del Gruppo per segnare il quarantesimo anniversario della sua fondazione. La mia speranza e la mia preghiera sono affinché i suoi propositi e la metodologia di lavoro vengano ulteriormente chiariti al fine di una sempre più effettiva comprensione, cooperazione e di un maggiore progresso ecumenico". Il Papa ha quindi espresso l'auspicio che la visita di Kobia "presso la Santa Sede sia stata fruttuosa e che abbia rafforzato i legami di comprensione e amicizia tra noi. L'impegno della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità dei cristiani - ha proseguito Benedetto XVI - è irreversibile. Desidero pertanto rassicurarla che essa è desiderosa di proseguire la cooperazione con il Consiglio mondiale delle Chiese". Infine, "una speciale parola di incoraggiamento" e l'assicurazione" che lei è nelle mie preghiere ed ha la mia salda amicizia".

Da parte sua, il pastore Samuel Kobia ha ringraziato il pontefice per la sua affermazione sull'assoluta priorità del suo papato sull'ecumenismo. "Teniamo a dirgli che siamo davvero pronti a lavorare insieme per dare visibilità all'unità dei cristiani''. "E' nostra intenzione - ha detto - continuare con maggiore impegno il lavoro insieme al Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani. Ci sono temi importanti in discussione, come ad esempio quello riferito al mutuo riconoscimento del battesimo, ma un tema importante su cui non sono stati fatti molti passi avanti e sul quale dobbiamo lavorare, è il tema dell'eucarestia. Auspichiamo davvero che su questo fronte sia possibile trovare delle convergenze. Altro tema che ci sta a cuore è quello dell'ecumenismo a livello locale. La chiesa cattolica è ormai membro di 70 diversi consigli nazionali di chiese in varie parti del mondo. Questo conferma un significativo sviluppo dell'ecumenismo locale. E' necessario che si accetti questa nuova realta', e che gli si dia il giusto valore''.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag cloud   [vedi tutti]

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:10. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com