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I libri

Ultimo Aggiornamento: 14/04/2019 23:09
20/03/2007 12:44
 
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Re: Re:

Scritto da: Paparatzifan 12/03/2007 21.59

Diminuiscono i bagni di folla????? E' un libro affidabile questo? [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833]



E' la stessa domanda che mi pongo anch'io. La biografia in mano a un altro autore può diventare romanzo autobiografico... [SM=x40792] [SM=x40792] [SM=x40792] [SM=x40792] Meglio che gli anni di Pontificato li scriva il Papa [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823] Sarebbe il sequel de "La mia vita", n'est-ce pas? [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822]
27/03/2007 21:16
 
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Una biografia su Benedetto XVI, l'ultimo Papa europeo

CITTA’ DEL VATICANO - S'intitola «Benedetto XVI. L'ultimo papa europeo» (San Paolo, 130 pagine, 13 euro) il libro (nella foto, la copertina) scritto da Bernard Lecomte, biografia oltre i «luoghi comuni» su Ratzinger, dedicata a un Pontefice che ha scelto per sé il nome di un padre, spirituale e culturale, del continente europeo. Un Pontefice, Ratzinger, che si è fatto «paladino» dell'Europa, della sua vocazione, delle sue «luci», delle radici di civiltà di un continente che pure nel corso del '900 - come Ratzinger ha vissuto e sofferto in prima persona - ha conosciuto abissi di dolore e disgregazione, fra guerre, totalitarismi, «muri». Lecomte, grande esperto di questioni vaticane, è stato capo dei servizi esteri del quotidiano francese «La Croix», inviato di «L'Express» e redattore capo di «Figaro Magazine». Tra le sue opere ricordiamo «Le Vatican et la politique européenne» (scritto con altri autori) e una biografia del Servo di Dio Giovanni Paolo II.




[SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836]
"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

29/03/2007 22:17
 
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Dalla Germania
29/03/2007 23:07
 
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Re: Dalla Germania

Scritto da: Sihaya.b16247 29/03/2007 22.17



Oooohhh!! [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27821]
"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

04/04/2007 18:47
 
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Da Petrus
Saranno Schonborn e Cacciari a presentare il libro del Papa su Gesù. Ecco alcune anticipazioni

CITTA’ DEL VATICANO - Con la parabola del samaritano Gesu' insegna che ''ciasuno di noi deve diventare ''una persona che ama, una persona il cui cuore e' aperto per lasciarsi turbare di fronte al bisogno per l'altro. Allora trovo il mio prossimo, o meglio e' lui a trovarmi''. E' uno dei punti innovativi nel modo di leggere il Vangelo, contenuti nel libro del papa su Gesu' di Nazaret, che sara' presentato la prossima settimana e vengono anticipati oggi sul ''Corriere della Sera''. Il quotidiano anticipa infatti il capitolo VII, quello dedicato alle parabole nel quale papa Ratzinger affronta il tema di Gesu' e il rischio della vita giusta. A proposito della parabola del samaritano, l'autore scrive pensieri e riflessioni che aprono squarci indediti dell'anima dello studioso di teologia e invitano a riflettere e forse a rivedere quello che di lui si e' detto e scritto. Da queste prime anticipazioni Benedetto XVI appare ancora di piu' un Papa che i media conoscono poco. In quanto studioso egli cita addirittura Karl Marx con tono positivo. ''L'attualita' della parabola e' ovvia - si legge nel testo anticipato dal Corriere e dedicato alla parabola del samaritano -. Se l'applichiamo alle dimensioni della societa' globalizzata vediamo come le popolazioni dell'Africa che si trovano derubate e saccheggiate ci riguardano da vicino. Allora vediamo quanto esse siano prossime a noi; vediamo che anche il nostro stile di vita , la storia in cui siamo coinvolti li ha spogliati e continua a spogliarli. In questo e' compreso soprattutto il fatto che le abbiamo ferite spiritualmente. Invece di dare loro Dio, il Dio vicino a noi in Cristo, e accogliere cosi' dalle loro tradizioni tutto cio' che e' prezioso e grande e portarlo a compimento, abbiamo loro portato il cinismo di un mondo senza Dio, in cui contano solo il potere e il profitto; abbiamo distrutto i criteri morali cosi' che la corruzione e una volonta' di potere priva di scrupoli diventano qualcosa di ovvio. E questo non vale solo per l'Africa. Si', dobbiamo dare aiuti materiali e dobbiamo esaminare il nostro genere di vita. Ma diamo sempre troppo poco se diamo solo materia. E non troviamo sempre intorno a noi l'uomo spogliato e martoriato? le vittime della droga, del traffico delle persone, del turismo sessuale, persone distrutte nel loro intimo, che sono vuote pur nell'abbondanza di beni materiali. Tutto cio' riguarda noi e ci chiama ad avere l'occhio e il cuore di chi e' prossimo e anche il coraggio dell'amore verso il prossimo. Perche' - come detto - il sacerdote e il levita passarono oltre forse piu' per paura che per indifferenza. Dobbiamo, a partire dal nostro intimo, imparare di nuovo il rischio della bonta'; ne siamo capaci solo se diventiamo noi stessi interiormente buoni, se siamo interiormente prossimi e se abbiamo poi anche lo sguardo capace di indivduare quale tipo di servizio, nel nostro ambiente e nel raggio piu' esteso della nostra vita, e' richiesto, ci e' possibile e quindi ci e' anche dato per incarico''. Secono i Padri della Chiesa ''l'uomo che li' giace mezzo morto e spogliato ai bordi della strada non e' un'immagine di Adamo, dell'uomo in genere, che davvero e' caduto vittima dei briganti? Non e' vero che l'uomo, questa creatura che e' l'uomo, nel corso di tutta la sua storia si trova alienato, martoriato, abusato? La grande massa dell'umanita' e' quasi sempre vissuta nell'oppressione; e da altra angolazione: gli oppressori - sono forse essi la vera immagine dell'uomo o non sono invece essi i primi deformati, una degradazione dell'uomo? Karl Marx, ha descritto in modo drastico l'alienzazione dell'uomo; anche se non ha raggiunto la vera profondita' dell'alienazione, perche' ragionava solo nell'ambito materiale, ha tuttavia fornito una chiara immagine dell'uomo che e' caduto vittima dei briganti''. Il libro del Papa, in vendita dal 16 Aprile, giorno del suo 80° compleanno, sarà presentato il 13 in Vaticano dal Cardinale Arcivescovo di Vienna, Christoph Schonborn (nella foto), e dal sindaco di Venezia, Massimo Cacciari.
"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

04/04/2007 21:48
 
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BENEDETTO XVI
L'alba di un nuovo papato


Papa Ratzinger compie 80 anni e due anni di Pontificato.
Questo volume di splendide fotografie racconta Benedetto XVI: nel contatto con la gente comune e i potenti del mondo, nei suoi viaggi, nelle occasioni ufficiali.

Fotografie di Gianni Giansanti
Testi di Jeff Israely


In edicola dal 7 saprile con il giorno, la nazione, il resto del carlino a 9.90 euro più il prezzo del quotidiano
04/04/2007 22:01
 
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Re:

Scritto da: emma3 04/04/2007 21.48
BENEDETTO XVI
L'alba di un nuovo papato


Papa Ratzinger compie 80 anni e due anni di Pontificato.
Questo volume di splendide fotografie racconta Benedetto XVI: nel contatto con la gente comune e i potenti del mondo, nei suoi viaggi, nelle occasioni ufficiali.

Fotografie di Gianni Giansanti
Testi di Jeff Israely


In edicola dal 7 saprile con il giorno, la nazione, il resto del carlino a 9.90 euro più il prezzo del quotidiano


Ma come a 9.90 euro? Sarà una versione, diciamo, tascabile? [SM=g27833]
Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
04/04/2007 22:25
 
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Re: Re:

Scritto da: Paparatzifan 04/04/2007 22.01

Ma come a 9.90 euro? Sarà una versione, diciamo, tascabile? [SM=g27833]



non credo proprio, nella pubblicità sul giornale si vede un libro a rilegatura rigida con in copertina un bel primo piano di profilo del Papa in battello a Colonia. E' visibile poi una delle foto presenti all'interno (Papa tra la gente a Les Combes)
Le foto sembrano molto belle [SM=g27823]

[Modificato da emma3 04/04/2007 22.26]

04/04/2007 22:46
 
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”La mia interpretazione della figura di Gesù”


di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI

Al libro su Gesù, di cui ora presento al pubblico la prima parte, sono giunto dopo un lungo cammino interiore. Al tempo della mia giovinezza – negli anni Trenta e Quaranta – vennero pubblicati una serie di libri entusiasmanti su Gesù. Ricordo solo il nome di alcuni autori: Karl Adam, Romano Guardini, Franz Michel Willam, Giovanni Papini, Jean Daniel-Rops. In tutti questi libri l’immagine di Gesù Cristo venne delineata a partire dai Vangeli: come Egli visse sulla terra e come, pur essendo interamente uomo, portò nello stesso tempo agli uomini Dio, con il quale, in quanto Figlio, era una cosa sola. Così, attraverso l’uomo Gesù, divenne visibile Dio e a partire da Dio si poté vedere l’immagine dell’uomo giusto. A cominciare dagli anni Cinquanta la situazione cambiò. Lo strappo tra il “Gesù storico” e il “Cristo della fede” divenne sempre più ampio; l’uno si allontanò dall’altro a vista d’occhio. Ma che significato può avere la fede in Gesù Cristo, in Gesù Figlio del Dio vivente, se poi l’uomo Gesù era così diverso da come lo presentano gli evangelisti e da come lo annuncia la Chiesa a partire dai Vangeli? I progressi della ricerca storico-critica condussero a distinzioni sempre più sottili tra i diversi strati della tradizione. Dietro di essi, la figura di Gesù, su cui poggia la fede, divenne sempre più incerta, prese contorni sempre meno definiti. Nello stesso tempo le ricostruzioni di questo Gesù , che doveva essere cercato dietro le tradizioni degli Evangelisti e le loro fonti, divennero sempre più contraddittorie: dal rivoluzionario nemico dei romani che si oppone al potere costituito e naturalmente fallisce al mite moralista che tutto permette e inspiegabilmente finisce per causare la propria rovina. Chi legge di seguito un certo numero di queste ricostruzioni può subito constatare che esse sono molto più fotografie degli autori e dei loro ideali che non la messa a nudo di una icona diventata confusa. Nel frattempo è sì cresciuta la diffidenza nei confronti di queste immagini di Gesù, e tuttavia la figura stessa di Gesù si è allontanata ancor più da noi. Tutti questi tentativi hanno comunque lasciato dietro di sé, come denominatore comune, l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato la sua immagine. Questa impressione, nel frattempo, è penetrata profondamente nella coscienza comune della cristianità. Una simile situazione è drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto di riferimento: l’intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto. Ho sentito il bisogno di fornire ai lettori queste indicazioni di metodo perché esse determinano la strada della mia interpretazione della figura di Gesù nel Nuovo Testamento. Per la mia presentazione di Gesù questo significa anzitutto che io ho fiducia nei Vangeli. Naturalmente dò per scontato quanto il Concilio e la moderna esegesi dicono sui generi letterari, sull’intenzionalità delle affermazioni, sul contesto comunitario dei Vangeli e il loro parlare in questo contesto vivo. Pur accettando, per quanto mi era possibile, tutto questo ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il “Gesù storico” nel vero senso della espressione. Io sono convinto, e spero che se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù – quello dei Vangeli – sia una figura storicamente sensata e convincente. Solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù superavano radicalmente tutte le speranze e le aspettative dell’epoca, si spiegano la sua crocifissione e la sua efficacia. Già circa vent’anni dopo la morte di Gesù troviamo pienamente dispiegata nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi (2, 6-8) una cristologia, in cui di Gesù si dice che era uguale a Dio ma spogliò se stesso, si fece uomo, si umiliò fino alla morte sulla croce e che a lui spetta l’omaggio del creato, l’adorazione che nel profeta Isaia (45, 23) Dio proclamò come dovuta a lui solo. La ricerca critica si pone a buon diritto la domanda: che cosa è successo in questi vent’anni dalla crocifissione di Gesù? Come si giunse a questa cristologia? L’azione di formazioni comunitarie anonime, di cui si cerca di trovare gli esponenti, in realtà non spiega nulla. Come mai dei raggruppamenti sconosciuti poterono essere così creativi, convincere e in tal modo imporsi? Non è più logico anche dal punto di vista storico che la grandezza si collochi all’inizio e che la figura di Gesù fece nella pratica saltare tutte le categorie disponibili e poté così essere compresa solo a partire dal mistero di Dio? Naturalmente, credere che proprio come uomo egli fosse Dio e fece conoscere questo avvolgendolo nelle parabole e tuttavia in un modo sempre più chiaro, va al di là delle possibilità del metodo storico. Al contrario, se a partire da questa convinzione di fede si leggono i testi con il metodo storico e la sua apertura per ciò che è più grande, essi si aprono, per mostrare una via e una figura, che sono degne di fede. Diventano allora chiare anche la lotta a più strati presente negli scritti del Nuovo Testamento intorno alla figura di Gesù e nonostante tutte le diversità, il profondo accordo di questi scritti. È chiaro che con questa visione della figura di Gesù io vado al di là di quello che dice ad esempio Schnackenburg in rappresentanza di una buona parte dell’esegesi contemporanea. Io spero, però, che il lettore comprenda che questo libro non è stato scritto contro la moderna esegesi, ma con grande riconoscenza per il molto che ci ha dato e continua a darci. Essa ci ha fatto conoscere una grande quantità di fonti e di concezioni attraverso le quali la figura di Gesù può divenirci presente in una vivacità e profondità che solo pochi decenni fa non riuscivamo neppure a immaginare. Io ho solo cercato di andare oltre la mera interpretazione storico-critica applicando i nuovi criteri metodologici, che ci permettono una interpretazione propriamente teologica della Bibbia e che naturalmente richiedono la fede senza per questo volere e poter affatto rinunciare alla serietà storica. Di certo non c’è affatto bisogno di dire espressamente che questo libro non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del “volto del Signore” (Salmo 27, 8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza la quale non c’è alcuna comprensione. Come ho detto all’inizio della prefazione, il cammino interiore verso questo libro è stato lungo. Ho potuto cominciare a lavorarci durante le vacanze estive del 2003. Nell’agosto del 2004 ho poi dato forma definitiva ai capitoli dall’1 al 4. Dopo la mia elezione alla sede episcopale di Roma ho usato tutti i momenti liberi per portarlo avanti. Poiché non so quanto tempo e quanta forza mi saranno ancora concessi mi sono ora deciso a pubblicare come prima parte del libro i primi dieci capitoli, che vanno dal battesimo al Giordano fino alla confessione di Pietro e alla Trasfigurazione.

"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

04/04/2007 22:50
 
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Re: Re: Re:

Scritto da: emma3 04/04/2007 22.25


non credo proprio, nella pubblicità sul giornale si vede un libro a rilegatura rigida con in copertina un bel primo piano di profilo del Papa in battello a Colonia. E' visibile poi una delle foto presenti all'interno (Papa tra la gente a Les Combes)
Le foto sembrano molto belle [SM=g27823]

[Modificato da emma3 04/04/2007 22.26]



Quello che ho io è questo:



E costa 19,50.

Allora sarà un'edizione speciale da vendere col giornale con una copertina diversa.
Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
05/04/2007 01:08
 
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Eccone l'estratto....

ANTEPRIMA IL NUOVO LIBRO DEL PAPA GESÙ E IL RISCHIO DELLA VITA GIUSTA

di JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI


La parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37). Al centro della storia del buon samaritano vi è la domanda fondamentale dell'uomo. È un dottore della Legge, quindi un maestro dell'esegesi, che la pone al Signore: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» (10,25). Luca aggiunge che il dottore avrebbe fatto quella domanda a Gesù per metterlo alla prova. Egli personalmente, in quanto dottore della Legge, conosce la risposta che a essa dà la Bibbia, ma vuole vedere che cosa dice al riguardo quel profeta digiuno di studi biblici. Il Signore lo rimanda molto semplicemente alla Scrittura che questi, appunto, conosce e lascia che sia lui stesso a dare la risposta. Il dottore della Legge risponde con esattezza mettendo insieme Deuteronomio 6,5 e Levitico 19,18: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10,27). Riguardo a questa domanda Gesù non insegna cose diverse dalla Torah, il cui intero significato è unito in questo duplice comandamento. Ora, però, quest'uomo dotto, che da sé conosce benissimo la risposta alla sua domanda, deve giustificarsi: la parola della Scrittura è indiscussa, ma come essa debba essere applicata nella pratica della vita solleva questioni che sono molto dibattute nella scuola (e anche nella vita stessa).
La domanda, nel concreto, è: chi è «il prossimo»? La risposta abituale, che poteva poggiarsi anche su testi delle Scritture, affermava che «prossimo» significava «connazionale». Il popolo costituiva una comunità solidale, in cui ognuno aveva delle responsabilità verso l'altro, in cui ogni individuo era sostenuto dall'insieme e quindi doveva considerare l'altro, «come se stesso», parte di quell'insieme che gli assegnava il suo spazio vitale. Gli stranieri allora, le persone appartenenti a un altro popolo, non erano «prossimi»? Ciò, però, andava contro la Scrittura, che esortava ad amare proprio anche gli stranieri ricordando che in Egitto Israele stesso aveva vissuto un'esistenza da forestiero. Tuttavia, dove porre i confini restava argomento di discussione. In generale si considerava appartenente alla comunità solidale e quindi «prossimo» solo lo straniero che si era stanziato nella terra d'Israele. Erano diffuse anche altre limitazioni del concetto di «prossimo». Una dichiarazione rabbinica insegnava che non bisognava considerare «prossimo» eretici, delatori e apostati (Jeremias, p. 170). Inoltre era dato per scontato che i samaritani, che a Gerusalemme, pochi anni prima (tra il 6 e il 9 dopo Cristo) avevano contaminato la piazza del tempio proprio nei giorni della Pasqua spargendovi ossa umane (Jeremias, p. 171), non erano «prossimi».
Alla domanda, resa in questo modo concreta, Gesù risponde con la parabola dell'uomo che sulla strada da Gerusalemme a Gerico viene assalito dai briganti che lo abbandonano ai bordi della via, spogliato e mezzo morto. È una storia assolutamente realistica, perché su quella strada assalti simili accadevano regolarmente. Passano sulla medesima strada un sacerdote e un levita — conoscitori della Legge, esperti circa la grande domanda della salvezza di cui erano al servizio per professione — e vanno oltre. Non dovevano essere necessariamente uomini particolarmente freddi; forse hanno avuto paura anche loro e hanno cercato di arrivare più presto possibile in città; forse erano maldestri e non sapevano da che parte cominciare per prestare aiuto – tanto più che, comunque, sembrava che non ci fosse più molto da aiutare. Poi sopraggiunge un samaritano, probabilmente un mercante che deve percorrere spesso quel tratto di strada ed evidentemente conosce il padrone della locanda più vicina; un samaritano — quindi uno che non appartiene alla comunità solidale di Israele e non è tenuto a vedere nella persona assalita dai briganti il suo «prossimo».
Bisogna qui ricordare che, nel capitolo precedente, l'evangelista ha raccontato che Gesù, in cammino verso Gerusalemme, aveva mandato avanti dei messaggeri che erano giunti in un villaggio di samaritani e volevano preparare per Lui un alloggio: «Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme» (9,52s). Infuriati, i figli del tuono — Giacomo e Giovanni — dissero allora a Gesù: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Il Signore li rimproverò. Si trovò poi alloggio in un altro villaggio.
Ed ecco ora apparire il samaritano. Che cosa farà? Egli non chiede fin dove arrivino i suoi doveri di solidarietà e nemmeno quali siano i meriti necessari per la vita eterna. Accade qualcos'altro: gli si spezza il cuore; il Vangelo usa la parola che in ebraico indicava in origine il grembo materno e la dedizione materna. Vedere l'uomo in quelle condizioni lo prende «nelle viscere», nel profondo dell'anima. «Ne ebbe compassione», traduciamo oggi indebolendo l'originaria vivacità del testo. In virtù del lampo di misericordia che colpisce la sua anima diviene lui stesso il prossimo, andando oltre ogni interrogativo e ogni pericolo. Pertanto qui la domanda è mutata: non si tratta più di stabilire chi tra gli altri sia il mio prossimo o chi non lo sia. Si tratta di me stesso. Io devo diventare il prossimo, così l'altro conta per me come «me stesso».
Se la domanda fosse stata: «È anche il samaritano mio prossimo?», allora nella situazione data la risposta sarebbe stata un «no» piuttosto netto. Ma ecco, Gesù capovolge la questione: il samaritano, il forestiero, si fa egli stesso prossimo e mi mostra che io, a partire dalmio intimo, devo imparare l'essere- prossimo e che porto già dentro di me la risposta. Devo diventare una persona che ama, una persona il cui cuore è aperto per lasciarsi turbare di fronte al bisogno dell'altro. Allora trovo il mio prossimo, o meglio: è lui a trovarmi.
Helmut Kuhn, nella sua interpretazione della parabola, va certamente oltre il senso letterale del testo e tuttavia individua correttamente la radicalità del suo messaggio quando scrive: «L'amore politico dell'amico si fonda sull'uguaglianza dei partner. La parabola simbolica del samaritano, invece, sottolinea la radicale disuguaglianza: il samaritano, che non appartiene al popolo d'Israele, sta di fronte all'altro, a un individuo anonimo, egli che aiuta di fronte alla vittima inerme dell'attacco dei briganti. L'agape, così ci fa intendere la parabola, attraversa ogni tipo di ordinamento politico in cui domina il principio del
do ut des, superandolo e caratterizzandosi in questo modo come soprannaturale. Per principio essa si colloca non solo al di là di questi ordinamenti, ma si comprende anzi come il loro capovolgimento: i primi saranno ultimi (cfr. Mt 19,30). E i miti erediteranno la terra (cfr. Mt 5,5)» (p. 88s). Una cosa è evidente: si manifesta una nuova universalità, che poggia sul fatto che io intimamente già divengo fratello di tutti quelli che incontro e che hanno bisogno del mio aiuto.
L'attualità della parabola è ovvia. Se la applichiamo alle dimensioni della società globalizzata, vediamo come le popolazioni dell'Africa che si trovano derubate e saccheggiate ci riguardano da vicino. Allora vediamo quanto esse siano «prossime» a noi; vediamo che anche il nostro stile di vita, la storia in cui siamo coinvolti li ha spogliati e continua a spogliarli. In questo è compreso soprattutto il fatto che le abbiamo ferite spiritualmente. Invece di dare loro Dio, il Dio vicino a noi in Cristo, e accogliere così dalle loro tradizioni tutto ciò che è prezioso e grande e portarlo a compimento, abbiamo portato loro il cinismo di un mondo senza Dio, in cui contano solo il potere e il profitto; abbiamo distrutto i criteri morali così che la corruzione e una volontà di potere priva di scrupoli diventano qualcosa di ovvio. E questo non vale solo per l'Africa.
Sì, dobbiamo dare aiuti materiali e dobbiamo esaminare il nostro genere di vita. Ma diamo sempre troppo poco se diamo solo materia. E non troviamo anche intorno a noi l'uomo spogliato e martoriato? Le vittime della droga, del traffico di persone, del turismo sessuale, persone distrutte nel loro intimo, che sono vuote pur nell'abbondanza di beni materiali. Tutto ciò riguarda noi e ci chiama ad avere l'occhio e il cuore di chi è prossimo e anche il coraggio dell'amore verso il prossimo. Perché — come detto — il sacerdote e il levita passarono oltre forse più per paura che per indifferenza. Dobbiamo, a partire dal nostro intimo, imparare di nuovo il rischio della bontà; ne siamo capaci solo se diventiamo noi stessi interiormente «buoni», se siamo interiormente «prossimi» e se abbiamo poi anche lo sguardo capace di individuare quale tipo di servizio, nel nostro ambiente e nel raggio più esteso della nostra vita, è richiesto, ci è possibile e quindi ci è anche dato per incarico.
I Padri della Chiesa hanno dato alla parabola una lettura cristologica. Qualcuno potrebbe dire: questa è allegoria, quindi un'interpretazione che allontana dal testo. Ma se consideriamo che in tutte le parabole il Signore ci vuole invitare in modi sempre diversi alla fede nel regno di Dio, quel regno che è Egli stesso, allora un'interpretazione cristologica non è mai una lettura completamente sbagliata. In un certo senso corrisponde a una potenzialità intrinseca del testo e può essere un frutto che si sviluppa dal suo seme. I Padri vedono la parabola in dimensione di storia universale: l'uomo che lì giace mezzo morto e spogliato ai bordi della strada non è un'immagine di «Adamo», dell'uomo in genere, che davvero «è caduto vittima dei briganti»? Non è vero che l'uomo, questa creatura che è l'uomo, nel corso di tutta la sua storia si trova alienato, martoriato, abusato? La grande massa dell'umanità è quasi sempre vissuta nell'oppressione; e da altra angolazione: gli oppressori — sono essi forse le vere immagini dell'uomo o non sono invece essi i primi deformati, una degradazione dell'uomo? Karl Marx ha descritto in modo drastico l'«alienazione» dell'uomo; anche se non ha raggiunto la vera profondità dell'alienazione, perché ragionava solo nell'ambito materiale, ha tuttavia fornito una chiara immagine dell'uomo che è caduto vittima dei briganti.
La teologia medievale ha interpretato i due dati della parabola sullo stato dell'uomo depredato come fondamentali affermazioni antropologiche. Della vittima dell'imboscata si dice, da un lato, che fu spogliato (spoliatus); dall'altro lato, che fu percosso fin quasi alla morte (vulneratus: cfr. Lc 10,30). Gli scolastici riferirono questi due participi alla duplice dimensione dell'alienazione dell'uomo. Dicevano che è spoliatus
supernaturalibus e vulneratus in naturalibus: spogliato dello splendore della grazia soprannaturale, ricevuta in dono, e ferito nella sua natura. Ora, questa è allegoria che certamente va molto oltre il senso della parola, ma rappresenta pur sempre un tentativo di precisare il duplice carattere del ferimento che grava sull'umanità. La strada da Gerusalemme a Gerico appare quindi come l'immagine della storia universale; l'uomo mezzo morto sul suo ciglio è immagine dell'umanità. Il sacerdote e il levita passano oltre — da ciò che è proprio della storia, dalle sole sue culture e religioni, non giunge alcuna salvezza. Se la vittima dell'imboscata è per antonomasia l'immagine dell'umanità, allora il samaritano può solo essere l'immagine di Gesù Cristo. Dio stesso, che per noi è lo straniero e il lontano, si è incamminato per venire a prendersi cura della sua creatura ferita. Dio, il lontano, in Gesù Cristo si è fatto prossimo. Versa olio e vino sulle nostre ferite — un gesto in cui si è vista un'immagine del dono salvifico dei sacramenti — e ci conduce nella locanda, la Chiesa, in cui ci fa curare e dona anche l'anticipo per il costo dell'assistenza.
I singoli tratti dell'allegoria, che sono diversi a seconda dei Padri, possiamo lasciarli serenamente da parte. Ma la grande visione dell'uomo che giace alienato e inerme ai bordi della strada della storia e di Dio stesso, che in Gesù Cristo è diventato il suo prossimo, la possiamo tranquillamente fissare nella memoria come una dimensione profonda della parabola che riguarda noi stessi. Il possente imperativo contenuto nella parabola non ne viene infatti indebolito, ma è anzi condotto alla sua intera grandezza. Il grande tema dell'amore, che è l'autentico punto culminante del testo, raggiunge così tutta la sua ampiezza. Ora, infatti, ci rendiamo conto che noi tutti siamo «alienati» e bisognosi di redenzione. Ora ci rendiamo conto che noi tutti abbiamo bisogno del dono dell'amore salvifico di Dio stesso, per poter diventare anche noi persone che amano. Abbiamo sempre bisogno di Dio che si fa nostro prossimo, per poter diventare a nostra volta prossimi.
Le due figure, di cui abbiamo parlato, riguardano ogni singolo uomo: ogni persona è «alienata», estraniata proprio dall'amore (che è appunto l'essenza dello «splendore soprannaturale» di cui siamo stati spogliati); ogni persona deve dapprima essere guarita e munita del dono. Ma poi ogni persona deve anche diventare samaritano — seguire Cristo e diventare come Lui. Allora viviamo in modo giusto. Allora amiamo in modo giusto, se diventiamo simili a Lui, che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,19).


L'attualità della parabola è ovvia. I popoli dell'Africa derubati ci guardano da vicino. Noi abbiamo portato loro il cinismo di un mondo senza Dio, dove contano potere e profitto.

Corriere della sera, 4 aprile 2007

[Il libro promette proprio bene...anche se non avevo dubbi!!!]
05/04/2007 19:41
 
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Un libro su Benedetto XVI insieme ai quotidiani della Poligrafici Editoriale


CITTA’ DEL VATICANO - Per celebrare l’ottantesimo compleanno di Joseph Ratzinger, QN-Quotidiano Nazionale, Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione propongono ai propri lettori il libro ‘Benedetto XVI – L’alba di un nuovo papato’ (nella foto accanto, la copertina). Il libro offre un ritratto fuori dall'ufficialità del pontefice succeduto a Giovanni Paolo II grazie ai testi di un vaticanista esperto, Jeff Israely, e il reportage realizzato da Gianni Giansanti, uno dei pochi fotografi autorizzati a testimoniare da vicino il dietro le quinte della vita papale. Il libro sarà in edicola per un mese da sabato 7 aprile in abbinamento facoltativo con i quotidiani della Poligrafici Editoriale a 9,90 euro. A supporto dell’iniziativa è prevista una campagna pubblicitaria, frutto di creatività interna, con annunci sui quotidiani e sui periodici del gruppo.



"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

08/04/2007 18:01
 
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Re: Eccone l'estratto....

Scritto da: Ratzigirl 05/04/2007 1.08

IL NUOVO LIBRO DEL PAPA GESÙ




Oggi su Rai1 ne hanno mostrato in anteprima la copertina: il libro sarà presentato venerdì prossimo e uscirà im libreria il prossimo 16 Aprile!!!
13/04/2007 01:22
 
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Attesa in tutto il mondo per la presentazione, del libro di Benedetto XVI "Gesù di Nazaret"






Cresce l’attesa per la presentazione del libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret, che sarà in vendita nelle librerie da lunedì 16 aprile nelle edizioni italiana (Rizzoli), tedesca (Herder) e polacca (Wydawnictwo M). L’opera verrà presentata, alle ore 16, nell’Aula del Sinodo presso l’Aula Paolo VI. Nella prefazione del libro, già resa nota nei giorni scorsi, il Papa scrive che con questo volume si propone “di presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il Gesù storico nel vero senso della espressione”. Il Papa si dice convinto che “questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni”. Su questo passaggio, Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del biblista padre Giulio Michelini, docente di Nuovo Testamento presso l’istituto teologico di Assisi:
**********


R. – Penso che ce ne fosse bisogno e tutti accolgono favorevolmente questa iniziativa. C’è il desiderio di riappropriarsi di un qualcosa che è stato, forse, dimenticato. In questo senso l’iniziativa del Pontefice è buona per far ritornare i credenti alla radice del problema, perché – forse in Italia in particolare – siamo in una situazione in cui il catechismo che è stato insegnato ai bambini non basta più ed è necessario riappropriarci della fede che ci è stata donata, purché lo si faccia senza sconfessare una tradizione bimillenaria che ci è stata consegnata. Cosa che, invece, sta accendo, mi sembra con alcune pubblicazioni.


D. – Padre Michelini, nella prefazione al suo libro, che è stata anticipata, il Papa racconta che alcuni studi critici dagli anni Cinquanta in poi hanno lasciato l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato questa immagine. Ha parlato di una situazione drammatica per la fede, da questo punto di vista. Come studioso del Nuovo Testamento, cosa pensa di queste parole del Papa?


R. – Io sono d’accordo, anche perché ora siamo sull’onda lunga di questo scetticismo che vedeva un divario invalicabile ed incolmabile tra la figura del Gesù storico e il Cristo della fede, per esempio quello presentato dalle Chiese e in particolare facciamo riferimento alla nostra Chiesa cattolica. Questi studi, che pure sono meritevoli e sono stati forse necessari, hanno però portato alla conclusione che è irraggiungibile la figura di Gesù. C’è ora un’altra onda lunga che credo venga dal Nord America e che ha un’altra impostazione e cioè che noi siamo di fronte ad un mito nuovo delle origini cristiane. Se dagli anni Cinquanta – come scrive il Papa – si diceva che il Gesù della storia fosse diverso dal Cristo della fede presentato dalle Chiese, ora si dice che il Cristo presentato dalle Chiese è un Cristo falso, un Cristo che non corrisponde alla storicità. Questo si legge anche in recenti pubblicazioni, che sono state anche fortemente pubblicizzate nel panorama italiano e in base alle quali noi nelle Chiese sentiremmo parlare di un Gesù totalmente diverso da quello che Lui è realmente stato. Questo non è vero, perché certo la Chiesa ha la fatica di presentare il Volto di Cristo, ma è anche sempre stata attenta che non dicesse delle fandonie, che non inventasse dei miti, ma che pronunciasse proprio quel Vangelo che era il Vangelo ricevuto duemila anni fa.


**********

Il libro, scrive sempre il Papa, è frutto “di un lungo cammino interiore”. Benedetto XVI avverte nella prefazione che il suo Gesù di Nazaret “non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione” della sua “ricerca personale del Volto del Signore”. Sul contributo che questo libro può offrire alla conoscenza della figura di Gesù Cristo, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Michele Piccirillo, archeologo presso lo Studium Biblicum Francescanum di Gerusalemme:

**********
R. – Credo che il Papa voglia tirare le fila di un discorso che va avanti oramai da una cinquantina d’anni: passato cioè il periodo dell’Ottocento e poi anche la prima metà del Novecento, in cui si parlava un po’ di un Gesù mitico e dell’esegesi che guardava al Vangelo come un fatto semplicemente di fede, si sono fatti degli sforzi in Germania – ed anche fuori della Germania – per superare questa impasse e quindi di cercare di far capire che si può dare un messaggio di fede pur utilizzando fatti storici. Su questa linea già diversi studiosi - anche in Italia - si erano mossi per fare qualcosa di positivo. Linea, questa, che ha seguito anche il Papa con questo libro.


D. – Ecco, un libro come “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI può suscitare interesse e magari in qualcuno semplicemente curiosità, capace però di spingerlo ad avvicinarsi ai Vangeli?



R. – Credo che, al di là dell’autorità del Papa come studioso e al di là dell’autorità del posto che occupa nella Chiesa, sarà un libro di successo. Anche se lui non si aspetta questo, certo non lo ha scritto per questo! Sarà certamente una buona occasione per spingere qualcuno ad andare alle fonti. Abbiamo questi quattro Vangeli ed io, scherzando con i miei amici esegeti, dico: “Scrivete tanti libri sui quei poveri quattro libretti, ma per fortuna che non li cambiate e restano sempre gli stessi!”.
13/04/2007 11:08
 
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Copertina.



Manca poco alla presentazione......7 ore ancora..... [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40799]
13/04/2007 18:18
 
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'GESU' DI NAZARET'
Il 'professor' Ratzinger loda e bacchetta

Il volume appena uscito raccoglie nelle sue 446 pagine citazioni in lode e anche bacchettate


Città del Vaticano, 13 aprile 2007 - Benedetto XVI lo aveva chiarito fin dall'annuncio dell'uscita del suo libro 'Gesù di Nazareth': il volume potrà essere discusso liberamente da chiunque, poichè non vincola all'infallibilità pontificia, non trattandosi di un testo inserito nel Magistero Papale nè in atti ufficiali del Mandato Petrino. Ovviamente a questa concessione corrisponde una contropartita: se è il libro del 'professor Ratzinger' possono trovare spazio nelle sue 446 pagine citazioni in lode e anche bacchettate. E infatti nei dieci capitoli non mancano nè le une nè le altre.

A godere delle lodi papali è per primo lo scrittore cattolico Vittorio Messori, del quale a pagina 46 è citato "l'importante libro 'Patì sotto Ponzio Pilato' ". È un debito di riconoscenza quello saldato con queste parole: Messori è infatti il coautore del libro di Joseph Ratzinger più venduto fino all'elezione, 'Rapporto sulla fede', una coraggiosa requisitoria sui danni delle forzature post-conciliari; oltre che coautore del primo libro di Papa Wojtyla, 'Varcare la soglia della speranza'.

Una citazione con lode che spicca ancora di più perchè nel suo libro dedicato ai Vangeli il Pontefice non cita invece teologi e biblisti italiani di grande fama, come il card. Carlo Maria Martini, l'arcivescovo Bruno Forte e mons. Gianfranco Ravasi. È citato invece, con lode però implicita, il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn, al quale del resto è stata affidata oggi la presentazione del libro. Citazioni anche di Budda, Confucio, Ghandi, Goethe, Martin Buber e del preposito generale dei gesuiti padre Peter Hans Kolvenbach.

Bacchettate, invece, per la "traduzione interconfessionale", che il Papa cita con l'espressione comune di "traduzione della Cei", cui rimprovera di aver "addolcito" tra l'altro lo "spavento" suscitato dal modo di insegnare di Gesù in un semplice "stupore".

Una curiosa coincidenza con il fatto che secondo i giornali alla Cei, in Vaticano, qualcuno rimprovera di questi tempi - ma la circostanza è stata smentita - proprio di non addolcire il Messaggio del Vangelo. E bacchetatte (e guarda caso in linea con l'impostazione identitatria) anche per l'utopia di un dialogo tra le religioni che abbia come finalità la pace nel mondo: "per il resto - rileva polemicamente Ratzinger - potrebbero ben mantenere le loro tradizioni, vivere ognuna la propria identità, e pur conservando le loro diverse identità dovrebbero collaborare per un mondo in cui siano decisivi la pace, la giustizia e il rispetto della creazione". Il rischio è quello di fare «chiacchiere utopistiche» dimenticandosi di Dio.

Il Papa ha dedicato alla stesura del libro "tutti i momenti liberi" fino al settembre 2006, data in cui ha completato le bozze. Si tratta di un volume diviso in 10 capitoli dedicati alla figura umana di Gesù, dal battesimo fino alla trasfigurazione. La parte relativa all'infanzia è stata "rimandata" dal Pontefice alla seconda parte del libro, di cui non è nota la data di uscita. Per ora, il Papa teologo ha preferito quindi concentrarsi sull'attività "pubblica" di Cristo

QNet
13/04/2007 18:26
 
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dal Corriere
Nel volume il Papa affronta i temi decisivi del nostro tempo

Il libro del Papa: «Liberi di contraddirmi»

Presentato il volume di Benedetto XVI, «Gesù di Nazaret» in uscita lunedì: «Non un atto di magistero, ma una ricerca sul Gesù reale»

ROMA - Un libro che parla di Gesù ma che affronta anche i temi decisivi del nostro tempo dalla politica alla morale. «Ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio», una figura «storicamente sensata e convincente». È questa una delle affermazioni che aprono il nuovo libro del Papa presentato alla stampa in Vaticano. «Gesù di Nazaret», questo il titolo della nuova fatica di studioso del Papa teologo, un'opera impegnativa che si compone di 448 pagine.


Una ricerca profonda ma, precisa il Papa nella premessa, non un atto di magistero: «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente l'espressione della mia ricerca personale del volto di Cristo. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione». Il volume è edito da Rizzoli e costa 19,50 euro. «Io sono convinto, e spero che se ne possa rendere conto anche il lettore - scrive ancora il Papa - che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni». «Io ritengo - afferma Ratzinger - che proprio questo Gesù - quello dei Vangeli - sia una figura storicamente sensata e convincente».

Il testo si compone di 10 capitoli più una premessa e una introduzione, quindi il libro si avvale di una lunga nota bibliografica nella quale vengono richiamati tutti i principali studi di carattere storico e teologico sulle varie fasi della vita di Gesù, sui Vangeli e sulla Bibbia.

PERCHE' E' STATO SCRITTO - «Gesù di Nazaret», che è, occorre ricordarlo, il primo libro di papa Ratzinger da pontefice, è frutto, come spiega nella premessa, di un «lungo cammino interiore» che, in qualche modo, affonda le sue motivazioni nella necessità di prendere posizione in quello che si determinò a partire dagli anni '50 e che definisce «lo strappo tra il Gesù storicò e il Cristo della fede», dove «l'uno si allontanò dalla vista dell'altro». Prima - grazie anche ad autori come Adam, Guardini, Willam, Papini, Claude-Rops l'immagine di Gesù Cristo veniva delineata dai Vangeli sottolineando come Egli, attraverso l' uomo, «divenne visibile Dio e a partire da Dio si potè vedere l'immagine dell'autentico uomo». Una immagine, dice ancora Benedetto XVI, che, attraverso la ricerca storico-critica, «divenne sempre più nebulosa, prese contorni sempre meno definiti».


E questa stessa immagine prese, via via, a seconda anche degli ideali di coloro che ne intesero chiarire il profilo, connotazioni diverse e lontane, dal rivoluzionario anti-romano al «mite moralista», causa della sua stessa rovina. Da questo, dice Benedetto XVI, si trae l'impressione che «sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo in seguito la fede nella sua divinità abbia plasmato la sua immagine», una situazione «drammatica per la fede perchè rende incerto il suo autentico punto di riferimento: l'intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto».

LA CRITICA ALL'IDEOLOGIA DEL SUCCESSO - Nel libro Benedetto XVI critica la «ideologia del successo e del benessere» anche in un passaggio del capitolo sul Padre nostro, analizzando la invocazione «liberaci dal male». Il male, osserva, «minaccia di ingoiarci» e «a questo si accompagna la disgregazione degli ordini morali mediante una forma cinica di scetticismo e illuminismo». «Anche oggi - aggiunge - ci sono da un lato le potenze del mercato, del traffico di armi, di droghe e di uomini, potenze che gravano sul mondo e trascinano l'umanità in vincoli ai quali non ci si può sottrarre. Anche oggi - aggiunge - c'è dall'altro, l'ideologia del successo, del benessere, che ci dice: Dio è solo una finzione, ci fa solo perdere tempo e ci toglie la voglia di vivere». Mentre il Padre nostro ci vuole dire: «solo quando hai perduto Dio hai perduto te stesso, allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione. Allora il "drago" ha vinto davvero. Finchè egli non riesce a strapparti Dio tu, - rimarca il Papa - nonostante tutte le sventure che ti minacciano, sei ancora rimasto intimamente sano».

GESU' DONA LA VITA - In conclusione dell'opera, Benedetto XVI torna sugli stessi concetti elencando le sette «parole-immagini» che Gesù si attribuisce nel Vangelo di Giovanni: «Io sono il pane della vita - la luce del mondo - la porta - il buon pastore - la risurrezione e la vita - la via, la verità e la vita - la vera vite», grandi immagini, le definisce, alle quali «è lecito aggiungere anche quella della sorgente d'acqua». Citando lo studioso Schnackenburg, il Papa osserva che «tutte queste espressioni figurate non sono che variazioni sull'unico tema: Gesù è venuto nel mondo affinchè gli uomini abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». E questo perchè «l'uomo desidera e abbisogna, in fin dei conti - scandisce Ratzinger -, di una cosa sola: la vita, la vita piena - la felicità». «L'uomo, in fondo - sono le conclusioni del Papa -, ha bisogno di un'unica cosa che contiene tutto; ma deve prima imparare a riconoscere attraverso i suoi desideri e i suoi aneliti superficiali ciò di cui necessita davvero e ciò che vuole davvero. Ha bisogno di Dio». E dietro le varie espressioni figurate del Vangelo «c'è in ultima istanza questo: Gesù ci dà la vita perchè ci dà Dio: ce lo può dare perchè è Egli stesso una cosa sola con Dio. Perchè è il Figlio. Egli stesso è il dono - Egli è la vita».


13/04/2007 19:17
 
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a proposito di bacchettate......

LIBRO DEL PAPA: RATZINGER CORREGGE LUCIANI, DIO NON E' MADRE

"Madre nella Bibbia e' una immagine, non un titolo di Dio". Lo chiarisce Benedetto XVI nel suo libro "Gesu' di Nazaret" nel quale "corregge" la celebre definizione data al Creatore da Papa Luciani, per il quale invece "Dio e' papa'; piu' ancora e' madre" perche' i figli "hanno un titolo di piu' per essere amati dalla mamma". Per il Papa di oggi Dio non e' "ne' uomo ne' donna, ma appunto Dio, Creatore dell'uomo e della donna" e quindi per Ratzinger "nonostante le grandi metafore dell'amore materno, 'madre' non e' un titolo di Dio, non e' un appellativo con cui rivolgersi a Dio". Papa Ratzinger rileva nel suo libro che se "l'amore della madre appare iscritto nell'immagine di Dio e' tuttavia vero che Dio non viene mai qualificato ne' invocato come madre, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento". "Noi preghiamo cosi' come Gesu', sullo sfondo della Sacra Scrittura, ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo cosi' - spiega il Pontefice - preghiamo nel modo giusto". Ed ecco le parole testuali pronunciate da Giovanni Paolo I all'Angelus del 10 settembre 1978 dedicato agli accordi di Camp David e alla pace in Medio Oriente. "Noi - disse - siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papa'; piu' ancora e' madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di piu' per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di piu' per essere amati dal Signore".
14/04/2007 14:38
 
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Padre Lombardi sul libro del Pontefice. “Incuriosisce e stimola la riflessione”

CITTA' DEL VATICANO - “Una festa, anche perché diamo il benvenuto a un libro molto atteso, importante, molto bello”. Con queste parole padre Federico Lombardi (nella foto), direttore della sala stampa della Santa Sede, ha dato inizio alla conferenza stampa di presentazione del nuovo libro del Papa, “Gesù di Nazaret”, edito per l’Italia da Rizzoli (in libreria da lunedì prossimo). “Non è una novità che venga presentato il libro di un Papa”, ha detto Lombardi ricordando i “diversi libri” pubblicati da Giovanni Paolo II nell’arco del suo pontificato. “La novità è il genere, la natura di questo libro”, ha aggiunto, “il libro di un teologo”, scritto da “un Papa che è un grande teologo”. “Gesù di Nazaret”, infatti, “non si presenta come documento magisteriale, ma come opera del teologo Joseph Ratzinger, frutto di un’intera vita di studio e di riflessione”, proposto “con grande libertà e umiltà”. È questa, ha concluso il direttore della sala stampa vaticana, “l’originalità e la novità della situazione” di oggi, che “incuriosisce e stimola la riflessione”.
"Shemà Israel,Adonai elohenu,Adonai ehad"

14/04/2007 22:16
 
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Re: a proposito di bacchettate......

Scritto da: Ratzigirl 13/04/2007 19.17

LIBRO DEL PAPA: RATZINGER CORREGGE LUCIANI, DIO NON E' MADRE

"Madre nella Bibbia e' una immagine, non un titolo di Dio". Lo chiarisce Benedetto XVI nel suo libro "Gesu' di Nazaret" nel quale "corregge" la celebre definizione data al Creatore da Papa Luciani, per il quale invece "Dio e' papa'; piu' ancora e' madre" perche' i figli "hanno un titolo di piu' per essere amati dalla mamma". Per il Papa di oggi Dio non e' "ne' uomo ne' donna, ma appunto Dio, Creatore dell'uomo e della donna" e quindi per Ratzinger "nonostante le grandi metafore dell'amore materno, 'madre' non e' un titolo di Dio, non e' un appellativo con cui rivolgersi a Dio". Papa Ratzinger rileva nel suo libro che se "l'amore della madre appare iscritto nell'immagine di Dio e' tuttavia vero che Dio non viene mai qualificato ne' invocato come madre, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento". "Noi preghiamo cosi' come Gesu', sullo sfondo della Sacra Scrittura, ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo cosi' - spiega il Pontefice - preghiamo nel modo giusto". Ed ecco le parole testuali pronunciate da Giovanni Paolo I all'Angelus del 10 settembre 1978 dedicato agli accordi di Camp David e alla pace in Medio Oriente. "Noi - disse - siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papa'; piu' ancora e' madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di piu' per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di piu' per essere amati dal Signore".


Quella frase non è un'invenzione di Luciani: lui citava soltanto un testo metaforico d'Isaia. Tutto lì!
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